La demenza vascolare

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3 CLINICA DI NEUROLOGIA DIPARTMENTO DI MEDICINA CLINICA E NEUROLOGIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Rita Moretti / Paola Torre Rodolfo Antonello / Gilberto Pizzolato La demenza vascolare Realtà cliniche, prospettive terapeutiche, identità biologiche

4 Copyright MMVII ARACNE editrice S.r.l. via Raffaele Garofalo, 133 A/B Roma (06) ISBN I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: dicembre 2007

5 INDICE Cap.1 INTRODUZIONE Pag. 7 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Cap. 2 VASCOLARIZZAZIONE CEREBRALE: ANATOMIA E FISIOLOGIA Pag. 22 Moretti, Torre, Vilotti Cap.3 LE ALTERAZIONI VASCOLARI NELL ANZIANO Pag. 34 Moretti, Torre, Antonello Cap. 4 L ISCHEMIA CEREBRALE Pag. 41 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Cap. 5 LA DEFINIZIONE OPERATIVA DI DEMENZA VASCOLARE Pag. 51 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Cap. 6 DEMENZA VASCOLARE MULTI-INFARTUALE Pag. 61 Moretti, Torre, Antonello, Vilotti Cap. 7 DEMENZA DA SINGOLI INFARTI STRATEGICI Pag. 66 Moretti, Torre, Antonello Cap.8 DETERORAMENTO COGNITIVO VASCOLARE SOTTOCORTICALE Pag. 71 Moretti, Torre, Antonello, Vilotti Cap. 9 IL CONTRIBUTO DELLA NEUROIMMAGINE NEL DETERIORAMENTO Pag. 80 COGNITIVO Moretti, Torre, Antonello, Bratina, Ukmar Cap. 10 NEUROPSICOLOGIA DEL DETERIORAMENTO COGNITIVO VASCOLARE Pag. 88 Moretti, Torre Cap. 11 CASI CLINICI Pag. 95 Moretti, Torre, Vilotti, Antonello Cap. 12 TERAPIA DEL DETERIORAMENTO COGNITIVO VASCOLARE Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Pag. 108 Cap. 13 RUOLO DELL ACETILCOLINA NEL DETERIORAMENTO VASCOLARE Moretti, Torre, Antonello Pag. 123 Cap. 14 INIBITORI DELLA COLINESTERASI NEL TRATTAMENTO DELLA DEMENZA Pag. VASCOLARE 130 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Cap.15 RIVASTIGMINA NEL TRATTAMENTO DELLA DEMENZA VASCOLARE Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Pag. 140 Cap. 16 CONCLUSIONI Pag. 150 Cap. 17 BIBLIOGRAFIA Pag. 151

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7 INTRODUZIONE Rita Moretti, Paola Torre, Rodolfo M. Antonello, Gilberto Pizzolato Clinica Neurologica, Università di Trieste Nel nostro Paese, la dinamica della popolazione anziana è una delle più significative nel mondo intero; in Italia, la percentuale di ultrasessantacinquenni (16%) ha superato quella dei soggetti con meno di 15 anni (15%). Considerato che l'attuale speranza di vita alla nascita e a 65 anni sia significativamente aumentata nelle ultime decadi, che la longevità sia una delle più elevate del mondo, e che la fecondità sia una delle più basse del mondo (1.2 figli per donna), si presuppone che si vada incontro ad una graduale senilizzazione della popolazione. Secondo un estrapolazione, nel 2030 gli ultrasessantacinquenni saranno 14,4 milioni (il 27% della popolazione totale). In termini relativi, rapportando le due code della distribuzione per età, ovvero gli ultrasessantacinquenni ai giovani con meno di 15 anni di età, la trasformazione rispetto al recente passato sarebbe ancor più straordinaria. Agli inizi degli anni '50 si contavano 3 giovani per ogni anziano; nel 1991 il rapporto era di 1:1; oggi, è già diventato di 1,13:1. Conformemente ai dati ISTAT, si osserva infatti che l indice di vecchiaia (cioè il numero degli ultrasessantacinquenni in rapporto alla popolazione di età compresa tra 0 e 14 anni) va salendo, a partire dal 1990, con una velocità costante. Nel 1990 l indice era pari a 87; nel 2010 si eleverà a quota 168. La composizione per età della popolazione anziana è destinata ad invecchiare ulteriormente e già nella seconda decade del prossimo secolo i "grandi vecchi", con più di 75 anni di età, diverranno numerosi quanto i 65-74enni e ciascuna delle due fasce d'età raggiungerà e supererà il 10% del totale della popolazione. Già intorno al 2020, più di due persone su otto avranno più di 65 anni di età e, tra queste, una avrà tra i 65 e i 74 anni e l'altra più di 75 anni di età (Vedi Tab. 1 e Fig. 1).

8 8 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Tabella 1. Speranza di vita alla nascita e a 65 anni (da: Relazione generale sulla condizione economica del paese, 1995). Maschi Femmine Alla A 65 anni Alla A 65 anni nascita nascita Veneto Lombardia Indice di vecchiaia delle Regioni italiane (>65 anni/0-14 anni) Piemonte Liguria Toscana Marche Abbruzzo Campania Basilicata Sicilia Fig. 1. Indice di vecchia delle Regioni Italiane E' diffusa l'opinione che l'invecchiamento si accompagni inesorabilmente alla perdita di numerose funzioni sia fisiche che mentali. Il deterioramento delle capacità mentali - che una cultura obsoleta continua a considerare "naturale" - è in realtà causato, più spesso di quanto non si creda, oltre che da numerose malattie (alcune delle quali curabili), dall'abbandono, dall'emarginazione sociale, dalla perdita di relazioni affettive, nonché dalla carenza di esercizio mentale e fisico. Va sottolineato fin da ora che la grande maggioranza delle persone anziane conserva un cervello in grado di funzionare in modo corretto. Sono numerosi gli anziani che in età avanzata conservano la capacità di svolgere compiti complessi e di rivestire incarichi sociali impegnativi.

9 Introduzione 9 L invecchiamento è un processo continuo e progressivo, che si caratterizza per una estrema eterogeneità inter-individuale (le manifestazioni sono variabili in qualità e in quantità tra individuo ed individuo) che intra-individuale (non tutti gli apparati ed i sistemi sono interessati in maniera omogenea al processo di senescenza). Da qui il principio fondamentale della geriatria: l anziano è soggetto a massima individualità biologica, del quale non è possibile identificare un modello paradigmatico di riferimento, espressione della normalità (Senin, 1999). L invecchiamento è un processo che si sviluppa lungo l intero arco della vita di un individuo, ma che inizia a manifestarsi, fenotipicamente, dopo il raggiungimento della maturità. Nell uomo le modalità con cui esso si realizza sono il risultato dell interazione di numerosi fattori, biologici, psicologici, ambientali, sociali ed economici. I progressi della medicina, i miglioramenti della situazione igienica, alimentare e lavorativa hanno prolungato la vita e sembrano aver protratto il tempo della vecchiaia. Mentre un tempo la vecchiaia era la fase della saggezza e dell equilibrio morale e l anziano era la memoria storica della società, il custode delle tradizioni e il detentore di un patrimonio di esperienze professionali tramandabile alle generazioni future, la cultura dominante oggi è quella della last information, della rincorsa all ultima notizia, dell aggiornamento continuo. Per una società che sembra rinnegare o quanto meno dimenticare le sue origini, l anziano ha meno valore di un individuo in età attiva, in quanto al momento del pensionamento si riduce il suo ruolo sociale ed economico. L anziano inoltre può perdere un condizione di salute ottimale e l autosufficienza per il graduale subentrare di malattie croniche invalidanti e di processi di deterioramento cognitivo..alle volte tutto ciò può interagire in modo conflittuale con il contesto sociale e diventare ancora più grave (Lori, 1995). Fisiologicamente, il cervello senile è caratterizzato da una serie di reperti morfologici involutivi: si possono perciò osservare depositi citoplasmatici di lipofuscine, che si accumulano tipicamente a livello di alcuni nuclei, in

10 10 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato particolare dell olivare inferiore, del nucleo dentato, del nucleo pallido. Si osservano anche la comparsa di vescicole di 3-5microm di diametro, con core centrale indefinito, forse contenenti proteine tau, neurofilamenti e microtubuli, molto evidenti a livello dell ippocampo, ma pure presenti a livello del nucleo basale di Meynert, dell amigdala, della corteccia frontale e del giro cingolato. Si osservano inoltre corpi di Lewy, derivati da accumuli di proteine neurofilamentari, dei corpi di Hirano (costituiti da actina degenerata, vinculina, tropomiosina e proteine tau, evidenti soprattutto a livello dell ippocampo) e dei grovigli neurofilamentari, la cui formazione, espressione della distorsione e del collasso dei microtubuli, potrebbe essere sinonimo di un alterazione del flusso citoplasmatico assonale. Queste alterazioni dei meccanismi di trasporto causano il rallentamento del transito delle proteine verso le strutture assonali. Fig. 2. Grovigli neurofibrillari (in alto a sinistra) e placche senili (frecce bianche) ed espressione di angiopatia congofila (frecce nere) (in alto a destra) Nel cervello senile sano, i grovigli neurofibrillari si localizzano esclusivamente nelle strutture mediali del lobo temporale (amigdala e ippocampo), mai nella neocortex, come invece avviene di regola nella Malattia di Alzheimer. Inoltre, si osservano accumuli di beta amiloide, diffusi, ma poco strutturati presenti nell archicortex (ippocampo, amigdala ed ipotalamo).

11 Introduzione 11 Anche la glia si modifica e va ad aumentare il numero di astrociti corticali, che determinano la cosiddetta gliosi senile. Dal punto di vista fisiopatologico poi, il microcircolo va incontro ad una degenerazione ialina, tipico risultato dello stress di parete esercitato dalla corrente ematica. In più si osserva una riduzione dell attività enzimatica della fosfofruttochinasi e probabilmente dell isocitrato sintetasi, enzimi coinvolti nel ciclo di Krebs. Nel cervello senile si verifica una riduzione della trasmissione neuronale, correlata sia a modificazioni quantitative che qualitative, sia ad una ridotta sensibilità recettoriale. Questo fenomeno viene ritenuto in parte responsabile dell alterata risposta clinica che si verifica negli anziani sottoposti a trattamenti psicofarmacologici, con ipersensibilità agli effetti indesiderati dei farmaci (Blennow et al., 1991; Blennow e Gottfries, 1998). Anche dal punto di vista neurotrasmettitoriale vi è un impoverimento dell encefalo senile rispetto a quello dell adulto; sembra che vi sia un deficit del sistema colinergico, tant è che un trattamento con scopolamina (antagonista dall acetilcolina per i recettori muscarinici) è causa di alterazione della conservazione della traccia mnesica, con progressiva riduzione dell apprendimento di nuovo materiale (Ehlert et al., 1994). Fig. 3. Proiezioni colinergiche cerebrali

12 12 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Con l invecchiamento si osserva una progressiva riduzione di tutte le attività enzimatiche legate al metabolismo delle catecoalmine: la dopamina diminuisce a partire dal ventesimo anno di età, a livello dello striato, dell ippocampo, del nucleo accumbens e della substantia nigra. Inoltre, si osserva una riduzione progressiva con l età, dell attività enzimatica biosintetica tiroxinaidrossilasi, cui si affianca un incremento dei livelli di dopamina nei neuroni residui (Palmer e DeKosky, 1993). I meccanismi alla base dell invecchiamento sono oscuri, ma le modificazioni neurbiologiche dell invecchiamento, al pari del coinvolgimento differenziale dei sistemi funzionali, possono influenzare il modo di invecchiare (Coffey e Cummings, 2001). Alterazione Diminuzione livelli di acetilcolinesterasi Diminuzione livelli di anidrasi carbonica Aumento dei livelli di catecolo O- metiltransferasi Diminuzione dei livelli di colina O- acetiltransferasi Diminuzione dei livelli dell acido glutamico decarbossilasi Aumento dei livelli di monoamino ossidasi Aumento dei livelli del recettore tipo 2 della dopamina Diminuzione dei livelli dei recettori muscarinici Diminuzione dei livelli dei recettori della serotonina Diminuzione dei livelli della neurotensina I livelli di somatostatina non cambiano Diminuzione dei livelli della sostanza P Aumento dei livelli del poli-peptide vasoattivo intestinale Area cerebrale colpita Ippocampo, nucleo di Meynert Corteccia Ippocampo Ippocampo, nucleo di Meynert Corteccia, talamo, gangli basali Corteccia frontale, globo pallido, substantia nigra, striato Tutti Corteccia, ippocampo Corteccia Substantia nigra Tutti Putamen Lobo temporale Adattata da American Geriatrics Society: Geriatrics Review Syllabus, ed. 3, edited by Reuben DB, Yoshikawa TT, Besdine RW. New York, American Geriatrics Society, 1996, p. 17. Tabella 2. Alterazioni neurotrasmetittoriali nel cervello senile

13 Introduzione 13 I disturbi della memoria rappresentano uno dei motivi che più frequentemente inducono l'anziano a rivolgersi al medico. La memoria è influenzata dalla presenza di malattie sistemiche la cui cura consente un completo recupero delle capacità di ricordare. Anche l'uso improprio di farmaci può compromettere il buon funzionamento della memoria. La depressione e l'ansia costituiscono una causa frequente e potenzialmente reversibile di disturbo della memoria. E' opportuno sottolineare che in alcuni soggetti anziani normali si può manifestare un disturbo della memoria, che non compromette le abituali attività quotidiane. Una percentuale minoritaria di anziani (10% degli ultra 65enni) soffre, invece, di disturbi della memoria ingravescenti, tali da comportare la perdita dell'autosufficienza; in queste situazioni la causa va studiata, diagnosticata e seguita nel tempo. Le ricerche degli ultimi anni hanno identificato una condizione di transizione tra la normalità e la demenza conclamata denominata Mild Cognitive Impairment (MCI, deterioramento cognitivo moderato), con un corrispettivo vascolare nella definizione di Vascular Cognitive Impairment No Dementia (VIND, deterioramento cognitivo vascolare, di grado modesto, senza le caratteristiche di demenza), nella quale si osserva un disturbo di memoria di entità superiore a quello atteso per l'età, senza che siano presenti i criteri per la diagnosi di demenza. Queste condizioni sono oggi considerate forme precliniche di demenza, che nel 35% dei casi, evolvono nei successivi due anni in demenza franca. Fino a non molto tempo fa, la demenza è stata considerata una normale sequela del processo di invecchiamento cerebrale, una sorta di conditio sine qua non della senescenza neuronale, cui si è data per molto tempo un unica etichetta arteriosclerosi, accomunando in questa condizione sia le patologie dementigene degenerative che quelle vascolari. Oggi, un approccio multidisciplinare e varie scale di valutazione consentono di poter stabilire in una grande maggioranza di casi l origine vascolare, degenerativa pura (per esempio,

14 14 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato la malattia di Alzheimer, AD) o associata ad altre estrinsecazioni neurologiche (quadri di deterioramento cognitivo associati, ad esempio, alla corea di Huntington). Il rischio di demenza negli anziani aumenta in maniera esponenziale con l'età. Nei paesi occidentali la malattia colpisce circa il 5% dei soggetti ultrasessantacinquenni, per arrivare ad interessare fino ad un terzo dei soggetti oltre gli 80 anni. Ogni anno, circa l'1% dei soggetti sopra i 65 anni si ammala di demenza. Le stime esatte della prevalenza della demenza variano a seconda della definizione della soglia di età utilizzata nella valutazione, ma è dato incontrovertibile il fatto che vi sia un aumento della prevalenza con l aumentare dell età: colpisce il 5-8% dei soggetti sopra i 65 anni, il 15-20% dei soggetti sopra i 75 anni e il 25-50% degli individui che hanno superato gli 85 anni di vita. Ciò comporta una crescita esponenziale conseguente delle problematiche sociali e sanitarie, con conseguente aumento delle spese di ospedalizzazione e di carico diagnostico e terapeutico per queste unità. In Italia, vengono ritenute valide stime approssimative di circa 127 nuovi casi di demenza l anno, ogni centomila abitanti di età superiore a 65 anni, ma anche qui si stima un raddoppiamento dei casi di demenza nei prossimi 25 anni. PREVALENZA DELLA DEMENZA tasso di prevalenza % Età M F M+F Fig. 4. Prevalenza del deterioramento cognitivo in rapporto all età

15 Introduzione 15 I dati dello studio ILSA indicano una prevalenza della demenza in Italia, per i soggetti di età compresa tra i 65 e gli 84 anni, del 5,3% negli uomini e del 7,2% nelle donne. In Italia si calcola, dunque, che le persone affette da questa patologia siano oltre Ciò considerando, dati di semplice estrapolazione consentono di affermare con ragionevole confidenza che si debba assistere ad un progressivo incremento dei casi di demenza in tutto il mondo, tenendo conto del graduale invecchiamento della popolazione. L età media della popolazione mondiale è in aumento e la fascia di popolazione ottuagenaria è quella che cresce piu rapidamente rispetto al resto della popolazione mondiale. L impatto sociale della demenza diventa devastante: le stime che provengono dall estrapolazione dei dati USA sono, a dir poco, eclatanti. Negli USA, infatti, il numero delle persone con demenza ospedalizzate e/o istituzionalizzate è in costante aumento: nel 1990 le persone ricoverate erano oltre un milione e mezzo. Nel 2005, esse hanno raggiunto quota due milioni e seicentomila persone. Di pari passo, le spese per l istituzionalizzazione di questi soggetti sono salite a valori pari a ventimila milioni di dollari nel E stato stimato che attualmente, in Italia, per ogni paziente con malattia di Alzheimer vengano spesi in media euro l anno: ciò include costi diretti ed indiretti. Infatti, le spese sociali globali comprendono non solo le cure offerte ai pazienti (terapie mediche, fisioterapie, istituzionalizzazioni), ma anche i costi derivati dalle ore di lavoro perdute e dalle eventuali terapie mediche offerte ai caregiver.

16 16 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato Fig. 5. Costi diretti dei deterioramenti cognitivi I risultati di una ricerca sul tema realizzata dal Censis nel corso del 1999, su un campione rappresentativo relativo all'intero territorio nazionale, di 802 caregiver di pazienti affetti da malattia di Alzheimer e non istituzionalizzati, hanno dimostrato il forte coinvolgimento delle famiglia nella cura e nell'assistenza del malato di Alzheimer. Il quadro emerso dall'indagine conferma in modo drammatico il carattere "familiare" della malattia di Alzheimer: intanto perché totale è risultato il coinvolgimento della famiglia nella cura, nelle assistenza, nel sostegno psicologico e nella tutela del proprio congiunto, che la progressione della malattia rende non solo sempre più dipendente ma anche sempre più debole ed indifeso nei confronti di un mondo esterno che ignora o stenta a comprendere e comunque teme gli effetti devastanti delle malattia; a ciò si aggiunga la carenza dei servizi sanitari e socio-assistenziali di supporto ai sempre più pressanti bisogni di assistenza, che configurano i tratti di una delega praticamente totale alla famiglia nel trattamento di tali malati. L'insufficienza delle risposte istituzionali accentua il peso e le richieste esercitate dalla malattia sulla famiglia e acuisce il processo di isolamento di una famiglia abbandonata a se stessa e, spesso ad un destino di impoverimento e marginalizzazione. I familiari dei malati di Alzheimer dedicano mediamente sette

17 Introduzione 17 ore al giorno all'assistenza diretta del paziente e quasi undici ore alla sua sorveglianza. L'impatto dell'attività assistenziale è tanto più rilevante quanto più essa finisce per sommarsi all'impegno legato allo svolgimento di altri ruoli, professionali, familiari, genitoriali, con tutte le conseguenze che ciò comporta sulla dimensione affettiva, la disponibilità di tempo, lo stress psicofisico. Infatti, i caregiver sono in prevalenza donne con famiglia e figli che, soprattutto nei casi di malattia grave, ospitano il malato in casa. Il 74% dei caregivers è di sesso femminile e la percentuale di donne cresce al crescere della gravità della malattia degli assistiti (coloro che assistono malati gravi sono, per l'81,2%, donne); inoltre il 65% circa dei casi il caregiver convive col malato, il che avviene in oltre 2/3 dei casi per le situazioni di malattia grave. L impegno per i caregiver diventa spesso insostenibile, soprattutto se lasciati a se stessi, senza il supporto di strutture di riferimento. Dati molto recenti hanno dimostrato che almeno il 50% dei caregiver soffre di episodi depressivi; essi stessi riferiscono di essere impegnati una media di ore settimanali per accudire con costanza il proprio caro, riducendo le ore di sonno effettive, che pure sono di scarsissima qualità. Il 40% dei caregiver occupati perdono piu di diciassette giorni lavorativi all anno e un 20% di essi cessa ogni impegno lavorativo per affiancare il proprio congiunto. Al contrario di altre patologie croniche, in cui comunque l assistenza continua risulta gravosa, onerosa e difficile; qui i familiari supportano l impegno fisico speso a curare, lavare e nutrire questi soggetti, anche dalla netta e precisa sensazione del disgregarsi della personalità del loro congiunto; spesso manifestazioni di aggressività fisica o verbale, apatia o indifferenza per i problemi circostanti, agnosie anche per i volti più familiari non vengono accettati come spia di condizione morbosa e vengono vissuti ed interpretati come atti deliberati del congiunto e quindi non accettati oppure negati a viva forza. Qui, più che altrove si rivela con costante ed incontrastata puntualità la sindrome del burn out.

18 18 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato È noto che la causa principale di ricovero di persone anziane affette da demenza in case protette o in residenze sanitarie assistite è rappresentata da disturbi del comportamento. È altrettanto noto che l assistenza domiciliare, in buona parte dei casi non riesce a gestire in modo soddisfacente questi problemi. Inoltre, i disturbi del comportamento nel paziente anziano affetto da demenza sono responsabili di visite al pronto soccorso, di ricoveri in reparti medici, riducono la qualità di vita sia dei pazienti che dei familiari. Le capacità di funzionalità sociale e personale di questi pazienti sono significativamente compromesse, rispetto a quanto lascerebbero prevedere la sola presenza dei disturbi cognitivi. L osservazione e la valutazione clinica (anche delle eventuali comorbilità) sono fondamentali; l approccio al disturbo comportamentale deve prevedere la valutazione dell impatto sul paziente stesso (è nettamente differente l approccio clinico nei confronti di allucinazioni senza partecipazione emotiva e di allucinazioni che siano terrifiche, o che incutano tensione, ansia e disagio) e sul caregiver. Per ottimizzare la sperimentazione e, la pratica quotidiana, obiettivo primario del clinico deve essere quello di riconoscere i segni di alterazione cognitiva e non, in pazienti con un sovrapporsi di altre patologie, quali ad esempio alterazioni cerebrovascolari o disordini parkinsoniani. In quest ottica, assume un fondamentale riscontro la demenza vascolare, che è probabilmente il secondo tipo, in ordine di frequenza, di decadimento cognitivo. Nei Paesi Occidentali, essa è considerata come la responsabile di circa il 15 (7-21%) di tutti i casi di demenza in casistiche autoptiche, laddove un altro 10% (4-15%) è causato dall associazione della Malattia vascolare con la Malattia di Alzheimer (Rocca et al., 1991; Cazzullo e Clerici, 1999). Numerose alterazioni cerebrali sono state associate alla demenza vascolare, ma rimane a tutt oggi mal definito in che termini esse siano causa diretta o

19 Introduzione 19 sequenza logica del processo di decadimento cognitivo. Gli studi di Tomlinson (Tomlinson et al., 1970) hanno ipotizzato che la demenza vascolare sia associata alla perdita di volume di tessuto cerebrale, maggiore di una soglia limite di ml. Questi dati non sono stati confermati da studi successivi, che invece sembrano univocamente ritenere che il danno ipossico/ischemico/ metabolico esteso alle porzioni encefaliche sottocorticali sia la caratteristica della demenza vascolare, rispetto a quella di Alzheimer. Globalmente, i pazienti che si presentano con quadri di demenza vascolare mostrano alle neuroimmagini segni di molteplici lesioni ischemiche, corticosottocorticali, più facilmente riscontrabili a sinistra, con un aumento del rapporto volume ventricolare/volume cerebrale, con aree di leucoaraiosi e con un allargamento maggiore del corpo dei ventricoli laterali, rispetto al normale standard di invecchiamento cerebrale. Le macroscopiche alterazioni della sostanza bianca rivestono un ruolo didascalico nell estrinsecazione del danno cognitivo, tipico della demenza vascolare, con l interruzione dei circuiti di proiezione cortico-sottocorticali, indispensabili per la speditezza dell esecuzione di tutti i compiti cognitivi. Da ciò deriva che il quadro di più comune riscontro quindi, nell ambito di un decadimento vascolare è quello di una straordinaria lentezza nell esecutività delle funzioni superiori. Inoltre, se ne deduce che sia inaccettabile oggi parlare di deterioramento vascolare come un unicum concettuale: un conto è il deterioramento cognitivo sottocorticale, un conto il deterioramento da malattia multiinfartuale, un altro ancora è quello determinato da alterazione vascolare di singoli infarti strategici. Tuttavia, secondo i criteri dell Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD- 10), il deterioramento cognitivo vascolare è una forma di decadimento in cui vi è una compromissione costante, e quindi tipica, delle capacità mnesiche, mentre le capacità di critica e di giudizio dovrebbero essere conservate. Sta di fatto, che come per tutte le realtà scientifiche, l empirismo dominante finisce per ottenebrare le definizioni di una rigida categorizzazione, e quindi, anche i pochi

20 20 Moretti, Torre, Antonello, Pizzolato dati di certezza vengono oggi ribaltati: secondo la più comune classificazione NINDS-AIREN, si è autorizzati a parlare di demenza vascolare probabile quando vi è l oggettività di un impairment cognitivo che compromette le attività comuni del vivere sociale, con coesistenza di segni neurologici focali compatibili con una diagnosi di ischemia cerebrale, associata ad un evidenza neuroradiologica e quando sia rispettato il nesso di correlazione temporale tra insorgenza di demenza e cerebro-vasculopatia. I vecchi criteri diagnostici, che sostenevano che un punteggio della scala di Hachinski (Hachinski et al..,1975) superiore a 7 fosse indicativo di una sicura diagnosi di demenza vascolare, sono oggi dibattuti; in una recente revisione della scala, si è pensato di introdurre un punteggio limbo tra 4 (al di sotto del quale si dovrebbe riconoscere un carattere degenerativo franco) e 7, come zona di dubbio, o di sovrapposizione di un cono d ombra clinico, che identifica, il possibile e purtroppo frequente dilemma diagnostico tra una forma vascolare pura e una a più tipico carattere degenerativo. L altro aspetto, definito canonico, della cosiddetta evoluzione a gradini, tipica dell andamento della demenza vascolare, non è più considerato patognomonico, in quanto ampie revisioni, supportate dalla comune pratica clinica, mettono spesso in risalto un inizio insidioso, e un evoluzione progressiva anche per i casi vascolari. Da ultimo, anche uno dei cardini del NINDS-AIREN, delle alterazioni della sostanza bianca, unicamente presenti nella demenza vascolare, è stato smentito da due recenti studi (Englund, 1998; Wallin, 1998), in cui si è dimostrato a chiare lettere un alterazione evidente, anche se non eclatante, della sostanza bianca anche in molteplici casi studiati di Malattia di Alzheimer, a tal punto da poter far ipotizzare (sussurrando) un trait-d union fra le due vie etiopatogenetiche, sottintendenti la demenza vascolare e quella degenerativa. Un ultima spallata alle ataviche convinzioni è stata data da un lavoro recentissimo (Meyer et al., 2000) che ha stabilito quali rischi di involuzione verso forme franche di Alzheimer comportino, il repentino declino perfusionale

21 Introduzione 21 cortico-cerebrale, l ipertensione, l iperlipidemia e il rischio di bassa portata da alterazione della dinamica cardiaca; verrebbe così spiegato l aumento effettivo dell incidenza della demenza, anche Alzheimer, nella popolazione anziana. Il sovrapporsi e la possibile concomitanza della demenza degenerativa e di quella vascolare sono due realtà non solo non impossibili, ma anzi altamente probabili, anche se a tutt oggi mancano gli elementi per la comprensione etiopatogenetica del fenomeno. Tenendo conto tuttavia dell impatto invalidante delle forme vascolari, in cui per la concomitante e succitata presenza di segni a focolaio, testimoni di alterazioni lesionali cortico-sottocorticali importanti, con difficoltà nella deambulazione, impaccio nei movimenti fini, perdita dell equilibrio e cadute a terra, diviene di primaria importanza il precoce riconoscimento, da parte del clinico di sintomi prodromici. Una buona prevenzione primaria, e qualora questa fosse impossibile, una corretta valutazione secondaria diventano un cardine nella riduzione di almeno una parte di quei fattori di rischio noti, per evitare alterazioni dinamiche della perfusione cerebrale. L utilizzo di farmaci mirati, quali la selegilina, o fattori nootropi è ancor oggi dibattuto; resta inteso che sono aperti trials per verificare l efficacia dei farmaci di più recente introduzione, quali gli anticolinesterasici, nella terapia della demenza vascolare. Del resto, una terapia risolutiva e mirata, è ancora materia per il futuro, ed impone una attenzione da parte del mondo scientifico costante, anche per queste forme, oggi in parte nell ombra.

22 VASCOLARIZZAZIONE CEREBRALE: ANATOMIA E FISOLOGIA Rita Moretti, Paola Torre, Cristina Vilotti Clinica Neurologica, Università di Trieste Ogni emisfero cerebrale viene irrorato da un arteria carotide interna, che si origina dall arteria carotide comune, al di sotto dell angolo mandibolare, penetra nel cranio attraverso il forame carotideo, attraversa il seno cavernoso, dando origine, a questo livello all arteria oftalmica, passa attraverso la dura e si divide nelle arterie cerebrali anteriore e media. Fig. 6. Circolazione cerebrale: visione sagittale I grandi rami superficiali dell arteria cerebrale anteriore irrorano la corteccia e la sostanza bianca del lobo frontale inferiore, la superficie mediale dei lobi frontale e parietale e la parte anteriore del corpo calloso. I rami perforanti, più piccoli, irrorano regioni telencefaliche e di encefaliche profonde, quali le strutture limbiche, la testa del nucleo caudato e il braccio anteriore della capsula interna (Barnett, 1988). I grandi rami superficiali dell arteria cerebrale media irrorano la maggior parte della corteccia e della sostanza bianca della convessità degli emisferi, quali i lobi frontali, parietale, temporale e occipitale e l insula. I rami perforanti più piccoli (arterie lenticolostriate) supportano le regioni della sostanza bianca più profonde e le strutture di encefaliche, oltre che il braccio posteriore della capsula interna, il putamen, il segmento esterno del globus pallidus, e il corpo del nucleo caudato. Dopo che l arteria carotide interna fuoriesce dal seno cavernoso dà origine all arteria corioidea anteriore, destinata alla parte anteriore dell ippocampo e, a livello più caudale, il braccio posteriore della capsula interna.

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