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1 ANNO 2 - NUMERO MAGGIO 2013 Mangiagalli Jour nal Club Newsletter indipendente di aggiornamento scientifico REDAZIONE Paolo Vercellini Enrico Iurlaro Carlo Liverani Benedetta Agnoli Gaia Giorgia Tatjana Radaelli Daniela Alberico Giulia Baffero Giussy Barbara Benedetta Bracco Laura Buggio Lucrezia de Braud Maria Pina Frattaruolo Clara Gargasole Priscilla Guzzo Marta Leonardi Sante Margaglio Elisa Sipio IF 6 WAS 9* Got my own own world to live through And I ain't gonna copy you [...] Nobody know what I'm talking about I've got my own life to live I'm the one that's gonna have to die When it's time for me to die So let me live my life the way I want to. *The Jimi Hendrix Experience. In "Axis: Bold as Love". UK, MCA,

2 LA SCELTA DI ANGELINA Martedì 14 maggio 2013: Angelina Jolie, 37 anni, rivela al New York Times di essersi sottoposta a mastectomia bilaterale profilattica per positività alla mutazione dell oncogene soppressore BRCA1. Gran parte del successo dell attrice è legato alla sua bellezza iconica e al suo sex appeal. La comunicazione della sua scelta ha conseguentemente aperto un acceso dibattito e ha nello stesso tempo focalizzato l'attenzione generale sulla concezione stessa della prevenzione, generando una revisione medica e culturale. Angelina Jolie ha una forte familiarità per tumore mammario e ha perso diverse parenti strette, inclusa la madre, a causa di questa patologia. La decisione di rendere pubblica la sua scelta ha suscitato sia lodi sia critiche. Quotidiani e magazines di tutto il mondo hanno pubblicato commenti, approfondimenti, interviste a esperti senologi e genetisti. Non sono mancati i giudizi maliziosi, se non francamente malevoli, riguardanti il fatto che lei si è potuta permettere di effettuare il test genetico ($3.000 negli USA) e di sottoporsi a mastectomia profilattica con ricostruzione effettuata dai migliori (e più costosi) chirurghi plastici disponibili, cosa che la gran parte delle donne americane non può permettersi di fare, e che alla sua età si sarebbe comunque rifatta il seno, e quindi non è il caso di enfatizzare a tal punto questa decisione. Il complesso problema merita considerazioni di diverso tipo ma, soprattutto e prima di tutto, di fatti e come nella tradizione del MJC troverete di seguito gli elementi essenziali per formarvi un opinione personale. Chi scrive non è senologo né genetista e non ha uno specifico background oncologico. Non vi è quindi alcuna pretesa di essere esaustivi sull argomento. In caso d'imprecisioni chiedo scusa prima di tutto a quante, tra le lettrici, sanno di essere portatrici di mutazioni BRCA1/2. A loro esprimo empatia e comprensione per qualsiasi critica mi vorranno rivolgere. Quanto segue è però frutto di una revisione della più recente letteratura scientifica effettuata mediante PubMed e chiunque può verificare i dati qui riportati. E' condivisibile il proporre modelli assistenziali su temi così delicati prevalentemente in base a posizioni personali, siano queste conservative o demolitive, per quanto maturate attraverso una vasta esperienza clinica? Si affronta un tema molto particolare e le donne interessate hanno a che fare con la loro aspettativa e qualità di vita. I bilanci rischi/benefici/costi devono basarsi su tutto quanto è noto, considerando che la decisione finale è fortemente influenzata dall impatto psicologico delle informazioni ricevute che debbono, come sempre, essere il più possibile complete e aggiornate. I FATTI I geni oncosoppressori BRCA1/2 sono localizzati, rispettivamente, sul cromosoma 17 e 13. Il primo è stato scoperto nel 1994, il secondo l anno successivo. BRCA1/2 sono essenziali nel preservare la struttura cromosomica, sono dei soppressori dell instabilità genomica. Le cellule BRCA-deficienti sono cromosomicamente instabili poiché tali geni sono coinvolti nella riparazione dei danni al DNA. Questa instabilità generalizzata è alla base dello sviluppo del tumore. La mutazione del gene BRCA1 si associa a un rischio di tumore mammario variabile dal 60% a più dell 80% e ad un rischio di cancro ovarico del 40-60%. La mutazione BRCA1 si associa inoltre a un particolare tipo di cancro mammario, il cosiddetto triplo negativo, la forma più aggressiva, che rappresenta circa il 20% dei casi di cancro al seno e di solito colpisce le donne più giovani. Il cancro mammario triplo negativo non esprime recettori per estrogeni (ER), né recettori per il progesterone (PR), né recettori del fattore di crescita epidermica umana di tipo 2 (Her2/neu). Esso è per lo più di alto grado, diagnosticato di solito in fase avanzata, dato il rapido modello di crescita e il fatto che colpisce le donne più giovani; è inoltre generalmente di dimensioni maggiori rispetto ad altri tipi di cancro. 2

3 I trattamenti convenzionali sono di efficacia ridotta perché non vi sono specifici obiettivi terapeutici cui mirare, come i recettori per estrogeni. A causa di questo rimane alto il rischio di metastasi e di recidiva. La mutazione del gene BRCA2 comporta un rischio di tumore mammario del 40-60% e di tumore ovarico del 20-40%. La mutazione BRCA2 è associata anche a tumore della mammella maschile, della prostata e del pancreas. I tumori mammari associati a mutazione BRCA2 sono per lo più positivi per recettori per estrogeni e progesterone. Circa il 10% di tutti i tumori mammari è di tipo ereditario, mentre il rimanente 90% è di tipo sporadico. All interno dei tumori mammari ereditari, circa il 40% è associato a mutazioni BRCA1/2 (20% + 20%), il 10% ad altre mutazioni note, e il rimanente 50% a probabili mutazioni non ancora note. Complessivamente, circa il 5% di tutti i tumori mammari è quindi associato a mutazioni BRCA1/2. I cancri ovarici associati a mutazione BRCA1/2 sono generalmente sierosi di alto grado, quindi di possibile origine tubarica, mentre assai più rari sono gli istotipi endometrioidi e a cellule chiare. La prevalenza dei carriers di geni mutati nella popolazione occidentale è variabile da 1/150 a 1/800, anche in relazione alla composizione etnica. E noto che le donne ebree hanno una prevalenza di mutazione BRCA1 più alta di altri ceppi etnici (1-4%), specie se di origine Askenazita. E stato stimato che in Italia vi siano circa donne portatrici, ma tale numero potrebbe essere superiore. Le mutazioni BRCA1 sono state identificate in circa il 45% delle famiglie con casi multipli di carcinoma mammario e in circa il 90% delle famiglie con casi di cancro sia della mammella sia dell ovaio nella stessa paziente. Le mutazioni BRCA2 sono state identificate in circa il 35% delle famiglie con casi multipli di carcinomi della mammella, casi di carcinomi della mammella maschile, carcinoma del pancreas e della prostata. BRCA1 e 2 sono geni a penetranza incompleta ed espressività variabile. In altre parole, non tutti i portatori di mutazione svilupperanno la malattia (penetranza incompleta) e la storia clinica della malattia può essere diversa tra portatori della stessa mutazione (espressività variabile). L identificazione dei fattori ambientali e genetici (coorte di nascita, uso di contraccettivi orali, età alla prima gravidanza, altri fattori genetici, etc.) che modificano la penetranza delle mutazioni è importante per fornire una corretta stima del rischio di malattia. Inoltre, il rischio attribuibile a ciascuna differente mutazione è diverso se è valutato all interno di famiglie ad alto rischio o nella popolazione generale. Le mutazioni dei geni BRCA, oltre ad aumentare il rischio di tumore mammario e ovarico, aumentano il rischio di cancro in generale. In particolare, le mutazioni BRCA2 aumentano il rischio di cancro alla prostata di sette volte nei portatori di età inferiore ai 65 anni. Il rischio nei portatori di mutazione BRCA1 è doppio. E inoltre aumentato il rischio di tumore al colon e di carcinoma pancreatico. LE FAMIGLIE A RISCHIO Un carico oncologico ereditario può essere identificato anche nel caso che solo due o più soggetti, o una giovane donna, sviluppino la neoplasia. I cancri mammari e ovarici ereditari sono causati da ereditarietà autosomica dominante a penetranza incompleta. BRCA1/2 sono trasmessi al 50% dei discendenti come alleli mutati secondo un modello di eredità monogenica. Talvolta un difetto genetico può essere associato all assenza di neoplasie nell anamnesi familiare. Ciò è dovuto alla bassa penetranza dei portatori maschi di mutazione BRCA1/2, riferito come gender effect. Nella Tabella 1 è riportata la probabilità empirica di mutazione BRCA1/2 in base all anamnesi familiare. In tutti i casi elencati è indicata la ricerca della mutazione BRCA1/2. 3

4 Tabella 1. Casi familiari e probabilità empirica di mutazioni patogene BRCA (percentuale di pazienti con evidenza di mutazioni patogene in base alla storia familiare; accuratezza ± 2%) Casi familiari Probabilità empirica di mutazione 3 ca. mammari, due di essi prima dei 51 anni, 30.7% nessun ca. ovarico, nessun ca. mammario maschile 3 ca. mammari a qualsiasi età, 22.4% nessun ca. ovarico, nessun ca. mammario maschile 2 ca. mammari, entrambi prima dei 51 anni, 19.3% nessun ca. ovarico, nessun ca. mammario maschile 2 ca. mammari, uno dei quali prima dei 51 anni, 9.2% nessun ca. ovarico, nessun ca. mammario maschile 1 ca. mammario, 1 ca. ovarico a qualsiasi età 48.4% nessun ca. mammario maschile 2 ca. ovarici a qualsiasi età, 45.0% nessun ca. mammario femminile o maschile 1 ca. mammario prima di 36 anni, 10.1% nessun ca. ovarico, nessun ca. mammario maschile 1 ca. mammario bilaterale, il primo entro i 51 anni, 24.8% nessun ca. ovarico, nessun ca. mammario maschile 1 ca. mammario maschile e 1 ca. mammario femminile 42.1% o ca. ovarico Fonte: German Consortium for Hereditary Breast and Ovarian Cancer,

5 Inoltre, il rischio di malattia associato a mutazione BRCA1/2 è modulato da altri geni, le cui varianti low-risk possono influenzare l età d insorgenza del carcinoma mammario o ovarico. Ad esempio, l età d insorgenza della patologia oncologica nelle portatrici della mutazione BRCA2 è influenzata dalla variante low-risk del gene FGFR2, mentre l entità del rischio nelle portatrici di mutazione BRCA1 è in parte determinato dalla variante low-risk del gene MERIT40. L E C A R AT T E R I S T I C H E C L I N I C H E D E L C A N C R O MAMMARIO ASSOCIATO A MUTAZIONE BRCA1/2 L età d insorgenza del carcinoma mammario nelle portatrici di mutazione BRCA1/2 è di circa 20 anni inferiore rispetto all età media d insorgenza del cancro sporadico e colpisce dalla seconda all ottava decade di vita. I tumori associati a mutazione BRCA1 si comportano come i cancri mammari triplenegative, proliferando aggressivamente, metastatizzando prevalentemente nei tre anni successivi alla diagnosi, e mostrando una correlazione debole tra volume del tumore, stato linfonodale e sopravvivenza. Il rischio di malattia controlaterale dipende dall età d insorgenza e da quale gene BRCA è coinvolto. Complessivamente, il rischio cumulativo di malattia per il seno sano è quasi del 50% (47.4%; 95% CI, 38.8% %. Meindl et al. 2011). Le donne con mutazione BRCA1 hanno un rischio 1.6 volte maggiore di sviluppare cancro controlaterale rispetto alle donne con mutazione BRCA2. La giovane età all insorgenza è associata a un aumentato rischio di malattia nel seno sano. Le portatrici di mutazione non hanno invece un aumentato rischio di recidiva ipsilaterale dopo chirurgia mammaria conservativa e radioterapia adiuvante. LO SCREENING Le strategie di screening nelle portatrici di mutazioni BRCA1/2 possono variare tra diversi paesi e centri, ma devono tener conto della precoce età d insorgenza e della rapidità di crescita di questi tumori. Inoltre, data la conformazione della ghiandola mammaria in età giovanile, lo screening non può basarsi esclusivamente sulla mammografia. Oltre alla palpazione e all ecografia ogni 6 mesi a partire dai 25 anni di età, è prevista la risonanza magnetica mammaria annuale (semestrale in alcuni centri) dai 25 ai 55 anni di età (o fino all involuzione del parenchima ghiandolare) e la mammografia annuale dai anni in poi. LA PROFILASSI CHIRURGICA La cosiddetta risk-reducing surgery nelle portatrici di mutazione BRCA1/2 comprende la mastectomia bilaterale profilattica, la mastectomia controlaterale profilattica e l annessiectomia bilaterale profilattica (Tabella 2). La mastectomia bilaterale riduce il rischio di sviluppare un carcinoma mammario di circa il 95% e riduce quindi la mortalità del 90%. La mastectomia bilaterale non deve essere effettuata prima dei 25 anni di età. La mastectomia controlaterale dev essere considerata dopo un accurato calcolo del rischio effettivo, basato sul quadro genetico complessivo e su alcune caratteristiche cliniche quali l età d insorgenza. L annessiectomia bilaterale profilattica riduce del 97% il rischio di carcinoma ovarico, del 50% il rischio di carcinoma mammario primario e del 30-50% il rischio di carcinoma controlaterale secondario. L annessiectomia bilaterale profilattica è associata a una riduzione complessiva di mortalità del 75%. L intervento è consigliato all età di 40 anni e comunque dopo il completamento della prole. Il trattamento ormonale sostitutivo è indicato approssimativamente fino all età di 50 anni. 5

6 Tabella 2. Chirurgia profilattica raccomandata per le donne ad alto rischio sane e per coloro con anamnesi di cancro mammario unilaterale, con e senza mutazioni BRCA 1/2 Mut. BRCA Anamnesi Mastectomia profilattica Annessiectomia profilattica Positivo Sana In base al desiderio della Raccomandata dai 40 anni pz., a partire dai 25 anni Ca. mammario Possibile, specie in pz. Raccomandata in base alla unilaterale giovani, in base al gene prognosi mutato, età e prognosi Negativo Ca. mammario Generalmente non indicata Generalmente non indicata, unilaterale da considerare in caso di ca. ovarici in famiglia Sana Generalmente non Generalmente non indicata indicata Da Meindl et al., Dtsch Arztebl Int 2011;108: CIO CHE LE DONNE DEVONO SAPERE Kurian e collaboratori, dell'università di Stanford, California, hanno costruito un modello predittivo (Monte Carlo model) basato su diverse variabili e includente tutti i dati pubblicati, per stimare l'incidenza di cancro mammario e ovarico, la prognosi e la probabilità di sopravvivenza in base a diverse politiche adottate, quali screening mammario con mammografia e RMN, mastectomia profilattica e annessiectomia profilattica effettuate a varie età (Kurian et al., 2012). Questo modello di simulazione è stato adattato in uno strumento consultabile online da parte di pazienti e medici per aiutare una decisione condivisa (shared decision making). Tutti gli interessati possono utilizzarlo digitando Vi invito a provarlo, è utile e "educativo". Per le portatrici di mutazione BRCA1, la sopravvivenza è massimizzata (80%) e l'incidenza di cancro minimizzata (11%) dalla combinazione di mastectomia ed annessiectomia profilattiche all'età di 25 anni. In confronto, la stessa combinazione praticata a 40 anni comporta una riduzione del 3% della sopravvivenza (77%) con un aumento del 21% nell'incidenza di cancro (32%), mentre lo screening mammario più annessiectomia a 40 anni, senza mastectomia profilattica, comporta una riduzione del 6% della sopravvivenza (74%) con un aumento d'incidenza di cancro del 46% (57%). Per le portatrici di mutazione BRCA2, la sopravvivenza è massimizzata (83%) e l'incidenza di cancro minimizzata (4%) dalla combinazione di mastectomia ed annessiectomia profilattiche all'età di 25 anni. In confronto, la stessa combinazione praticata a 40 anni comporta una riduzione dell'1% della sopravvivenza (82%) con un aumento dell'11% nell'incidenza di cancro (15%), mentre lo screening 6

7 mammario più annessiectomia a 40 anni, senza mastectomia profilattica, comporta una riduzione del 3% della sopravvivenza (80%) con un aumento d'incidenza di cancro del 22% (36%). Per le portatrici di mutazione BRCA1/2, la mastectomia profilattica, l'annessiectomia profilattica e la combinazione delle due procedure riducono l'incidenza di cancro mammario in misura inversamente relata all'età a cui è praticata la chirurgia. Lo stesso concetto è applicabile all'annessiectomia profilattica per quanto riguarda il carcinoma ovarico. Anche le caratteristiche della malattia diagnosticata allo screening sono importanti, perché possono obbligare a scelte terapeutiche quali linfoadenectomia e chemio-radioterapia adiuvante che hanno un impatto sulla qualità della vita indipendentemente dalla sopravvivenza. In assenza di chirurgia profilattica, le portatrici di mutazione BRCA1 hanno alta probabilità di sviluppare un tumore negativo per recettori estrogenici (ER) con coinvolgimento dei linfonodi ascellari (34%), corrispondente allo stadio da II a III dell'american Joint Committee on Cancer. La seconda diagnosi più probabile è di tumore maggiore di 2 cm, ER negativo, con linfonodi negativi (per lo più stadio II; 16%), o tumore ER positivo con linfonodi positivi (Stadio II-III; 16%). Quindi, i tre scenari più probabili in assenza di mastectomia profilattica richiedono la chemioterapia adiuvante. I tumori ER positivi richiedono inoltre la terapia ormonale adiuvante. L'aggiunta dello screening basato sulla RMN modifica il quadro di presentazione: la probabilità maggiore nelle donne screenate è di identificare un tumore allo stadio I, ER negativo, (42%, generalmente richiedente chemioterapia), seguito da stadio I, ER positivo (25%, richiedente terapia ormonale e possibilmente chemioterapia), e stadio II-III, ER negativo, linfonodi positivi (14%, richiedente chemioterapia). Sempre con screening basato sulla RMN, le portatrici di mutazione BRCA2 hanno la probabilità maggiore di sviluppare un tumore stadio I, ER positivo (55%, richiedente terapia ormonale e possibilmente chemioterapia), seguito da uno stadio II-III, ER positivo, linfonodi positivi (14%, richiedente chemioterapia e terapia ormonale) e stadio I, ER negativo (13%, generalmente richiedente chemioterapia). Poiché circa l'80% delle portatrici di mutazione BRCA2 riceverranno una diagnosi di tumore inferiore ai 2 cm, con linfonodi negativi e recettori positivi, in molti casi la chemioterapia potrà essere evitata. Il problema dei modelli predittivi è l'impossibilità di controllare per tutte le variabili in gioco. Conseguentemente, non si possono ancora trarre conclusioni definitive. Se dati futuri dimostrassero che lo screening basato sulla RMN identifica un maggior numero di cancri preinvasivi (che hanno un'ottima sopravvivenza e non richiedono chemioterapia) rispetto alle previsioni, o se fossero sviluppati trattamenti con pochi effetti collaterali e specificamente mirati ai casi di mutazione BRCA1/2, allora la strategia di screening potrebbe offrire un outcome migliore di quello ora definito dal modello statistico. Viceversa, se la penetranza della mutazione si rivelasse maggiore o la prognosi del cancro peggiore della stima statistica, allora la chirurgia profilattica risulterebbe più favorevole. Inoltre, vi sono aspetti chirurgici che possono non risultare immediatamente evidenti quando si parla in generale di prognosi e sopravvivenza, ma che le pazienti devono conoscere prima di giungere alla decisione definitiva. Dal punto di vista tecnico, le difficoltà, le complicazioni e l'effetto stesso della mastectomia profilattica sono influenzate dalla conformazione del seno della paziente. I migliori risultati in termini sia di riduzione del rischio sia estetici si ottengono con mammelle di piccole-medie dimensioni, mentre l'intervento profilattico su seni di grandi dimensioni può essere gravato da un'aumentata probabilità di complicazioni postchirurgiche, aumento della percentuale di tessuto mammario residuo, e di necessità di rimozione/sostituzione protesica a breve termine. Le protesi 7

8 dovrebbero comunque essere sostituite ogni anni. Infine, la mastectomia profilattica implica la perdita della sensibilità cutanea. Vi è inoltre un ulteriore aspetto chirurgico/estetico da considerare, cioè il risparmio o il sacrificio del capezzolo. Infatti, la "nipple-sparing mastectomy" è in costante aumento specialmente nelle donne portatrici di mutazione BRCA1/2 che si sottopongono a chirurgia profilattica. Reynolds e collaboratori (2011) hanno analizzato l'esperienza della Mayo Clinic di Rochester, Minnesota, esaminando l'intero complesso capezzolo-areola (n = 62) di 33 donne con mutazione BRCA1/2 sottoposte a mastectomia tra il 1987 e il 2009 (25 BRCA1 e 8 BRCA2). La presenza di "terminal duct lobular units" è stata evidenziata nel 24% dei campioni. In nessuno dei 33 campioni provenienti da mastectomia profilattica sono stati identificati iperplasia atipica, carcinoma in situ o carcinoma invasivo. Tra i campioni provenienti da mastectomia terapeutica per cancro mammario, 2 (7%) erano interessati da tessuto neoplastico e 1 (3%) da atipie preneoplastiche. Gli autori concludono che la probabilità di coinvolgimento neoplastico del complesso capezzolo-areola è basso nei casi di mastectomia profilattica, ma sale al 10% nei casi di mastectomia terapeutica e considerano oncologicamente sicura la conservazione del capezzolo in casi selezionati di mastectomia profilattica. I DATI NORVEGESI I dati disponibili sulla strategia di screening con RMN sono limitati e contrastanti. I risultati più recenti sono stati pubblicati da pochi giorni e si riferiscono a 802 donne con mutazione BRCA1 screenate con mammografia e RMN annuale e seguite per un periodo medio di 4.2 anni nell'ambito di un programma di sorveglianza nazionale Norvegese (Møller et al., 2013). Secondo gli autori, in Norvegia l'incidenza annuale di cancro mammario nelle portatrici di mutazione BRCA1 è del 2% per le donne di età maggiore di 25 anni o approssimativamente del 61% all'età di 70 anni. Lo studio è stato condotto con l'obiettivo di verificare se il down-staging del cancro mammario alla diagnosi ottenuto con l'implementazione della RMN nelle modalità di screening, si associ anche a un miglioramento della sopravvivenza. Questo tipo di evidenza è infatti cruciale nella decisione tra atteggiamento d'attesa o mastectomia bilaterale profilattica. Tutte le donne Norvegesi godono di un'assicurazione sulla salute pagata dallo stato e l'accesso a qualsiasi tipo di assistenza medica (screening o mastectomia profilattica) è stato fornito a costo limitato o nullo. In 217 casi su 802 la donna ha optato per la mastectomia profilattica. Nel periodo di studio sono stati diagnosticati 68 cancri mammari, di cui 63 invasivi e 5 in situ, con volume medio di 1.4 cm e con linfonodi negativi nel 93% dei casi. Delle 63 pazienti con cancro invasivo, 9 (14%) sono decedute. La sopravvivenza a 5 anni è stata del 75% (95% CI, 56-86%) e quella a 10 anni del 69% (95% CI, 48-83%). Il Norwegian Cancer Registry riporta una sopravvivenza del 98% nella popolazione generale per i cancri mammari allo stadio I ( CIN_2010.pdf) in confronto all'82% (p < 0.05) osservato in questa serie. Variabili quali età alla diagnosi, così come lo stato recettoriale e linfonodale non sono risultate associate alla sopravvivenza. Il 76% delle pazienti ha effettuato una chemioterapia. Gli autori considerano che questi dati non permettono un confronto formale con le donne che hanno optato per la mastectomia profilattica. Nonostante ciò la sopravvivenza delle donne che si sono sottoposte a screening è "disappointing", nonostante il fatto che la gran parte dei cancri non sia stato diagnosticato al primo screening (prevalent cases), bensì durante lo screening (incident cases) e che la maggior parte di questi ultimi fosse di volume inferiore ai 2 cm e con linfonodi negativi (stadio I). L'alta mortalità osservata non sembra quindi dovuta a diagnosi tardiva o mancata. 8

9 Nonostante il limitato numero di pazienti considerate (68 cancri, 10 decessi), la casistica presentata è la più ampia attualmente disponibile in letteratura ed è derivata dal più ampio studio coorte di screening di portatrici di mutazione BRCA1 condotto finora. Inoltre, la compliance delle donne è stata buona e l'80% dei decessi è stato osservato in soggetti che hanno aderito puntualmente allo screening. Le conclusioni degli autori, che vengono riportate in originale, sono le seguenti: "The results of this and other studies, suggest that it is premature to offer MRI-based screening as an alternative to preventive mastectomy to women with a BRCA1 mutation who wish to minimize their risk of dying of breast cancer. [...] It is possible that the value of MRI screening in BRCA1 mutation carriers will increase if the screening interval is shortened and if mortality is reduced by novel therapies". Per le "novel therapies" attendiamo i risultati di trials randomizzati; per quanto riguarda lo screening semestrale, non si può evitare di considerare l'effetto psicologico di una vita sotto screening, così come l'impatto economico, che necessiterebbe di una attenta analisi di proiezione sui costi finali di una strategia di attesa versus profilassi chirurgica. TESTIMONIANZE L'agenzia Dire, newsletter bisettimanale di sanità e salute, ha pubblicato online l'intervista e il video ( della collaboratrice Silvia Mari, di 34 anni, portatrice della mutazione BRCA2, di cui sono sotto riportati alcuni passaggi. Analoga intervista è stata pubblicata sul settimanale Panorama del 29 maggio 2013, pagina 57. "A un certo punto ho messo insieme gli affetti che avevo perso e ho pensato che ci fosse un nesso. Non avendo competenze scientifiche mi ha salvato la filosofia, mi ha aiutato il ragionamento. [...] Vengo da una famiglia con numerosi casi di tumore al seno e della sorveglianza ordinaria non mi accontentavo più. Così ho acceso il pc e su un motore di ricerca ho scoperto dei due geni che se mutati potevano dare luogo ad un'ereditarietà di predisposizione al cancro al seno. Sono riuscita a fare un test genetico solo al Centro Studi Sanità dell'esercito Italiano dopo aver tentato in normali strutture. E' così che ho scoperto di essere portatrice della mutazione BRCA2. I controlli non impediscono l'insorgenza della malattia. Al massimo possono consentire una diagnosi precoce che non necessariamente significa guarigione. L'unico mezzo reale di prevenzione è la chirurgia. Come sono arrivata alla decisione di farmi operare? Avevo scoperto che fuori dall'italia donne nella mia stessa condizione si operavano preventivamente e ho scoperto che nel nostro paese era possibile farlo. Sono arrivata all'operazione con alle spalle tre anni di preparazione. Oggi la mia qualità di vita è decisamente migliorata. Sono passata da controlli ogni 4-6 mesi a controlli annuali, anche per quanto riguarda il controllo delle protesi. E li affronto con la serenità di sapere di aver fatto tutto quanto era nelle mie possibilità". Silvia Mari ha raccontato la sua vicenda in un libro ('Il rischio', 2011, 9

10 ed. Fontes), "per aiutare chi era nelle mie condizioni a informarsi, ricordandomi delle difficoltà che ho incontrato io". Quando si è sottoposta all'intervento, Silvia Mari aveva 28 anni. CHE FARE? Nonostante i dati riguardanti le pazienti portatrici di mutazione BRCA1/2 si stiano accumulando, persistono i dubbi su scelte sostanziali, quali la decisione tra screening e mastectomia profilattica e quando effettuare quest'ultima così come l'annessiectomia profilattica. Le principali linee guida suggeriscono l'annessiectomia a 40 anni, ma suggeriscono di discutere con la paziente la scelta tra screening mediante RMN o mastectomia. Questa scelta è difficile perché, al di là dei diversi modelli di previsione e valutazione del rischio proposti, non sono stati pubblicati trials randomizzati che abbiano confrontato direttamente queste due opzioni. Inoltre, gli studi disponibili non chiariscono con precisione alcuni aspetti importanti, ad esempio la definizione della probabilità per una donna che sceglie lo screening con RMN di sviluppare un cancro che richieda la chemioterapia adiuvante. Ciò è importante perché il tipo di trattamento richiesto influenza non solo la sopravvivenza, ma anche la qualità della vita. Inoltre, non é possibile comparare nella singola paziente opzioni combinate, quali mastectomia profilattica più annessiectomia profilattica immediate versus screening più annessiectomia immediata e mastectomia profilattica posticipata. Le decisioni riguardanti le strategie di riduzione del rischio sono complesse e altamente personali. Nella maggior parte dei casi la principale difficoltà è la stima accurata del reale rischio nella singola paziente. Nonostante tutto quanto sopra descritto, un considerevole numero di donne portatrici di mutazione BRCA1/2 non svilupperà mai un cancro, data la diversa penetranza influenzata da variabili in parte ignote. Secondo Kurian e collaboratori (2012), la rimozione degli organi a rischio rimane una "scommessa" e la decisione finale è influenzata da fattori psicologici soggettivi relati all'età, parità, futuro desiderio di prole (Donnelly et al., 2013) e numero ed esito di altri cancri in famiglia. L'ottimizzazione della qualità della vita dipende anche dai diversi valori individuali: per una donna è meglio mantenere il seno per il maggior tempo possibile e accettare la possibilità di una diagnosi che, pur precoce, imponga la chemioterapia; per un'altra è meglio effettuare interventi chirurgici profilattici precocemente per evitare di vivere in un costante stato di allarme cadenzato da decenni di stressanti e incalzanti indagini. Inoltre, nessun asettico modello statistico di previsione può sostituirsi a un'empatica relazione medico-paziente. I dati disponibili devono servire da base per una decisione che realizzi il più possibile le preferenze della paziente (Kurian et al., 2012). THE ANGELINA EFFECT, LA PATIENT-CENTERED MEDICINE E IL SHARED-DECISION MAKING La notizia della decisione di Angelina Jolie è letteralmente esplosa sui mezzi di comunicazione mondiali e sui social networks. In Italia se ne sono occupati tutti i principali quotidiani e periodici. Anche altre personalità femminili, tra cui la cantante Michelle Heaton, la modella Allyn Rose, la moglie di Ozzy Osborne, Sharon, avevano già ufficializzato la stessa scelta, senza però scatenare gli stessi clamori e reazioni. I maggiori esponenti della senologia Italiana hanno espresso perplessità sia nel merito che nel metodo. E' stata disapprovata la decisione in se, a favore dell'alternativa conservativa, così com'è stata criticata la decisione di annunciare pubblicamente l'effettuazione dell'intervento. Secondo alcuni, questo ha generato un panico planetario, con impressionante aumento di richieste di analisi del DNA anche nella popolazione a normale rischio, di decisioni di sottoporsi a mastectomia profilattica nelle donne già a conoscenza del loro stato BRCA1/2, ma che avevano inizialmente optato per lo screening, di richieste immotivate di mastectomia bilaterale anche per cancri non associati a mutazione BRCA1/2. 10

11 Il paradiso sulla terra per i proprietari nordamericani del brevetto del test per le mutazioni BRCA1/2, per gli istituti che lo offrono, per i chirurghi plastici che si occupano di ricostruzione mammaria. Come noto, negli USA l'assistenza sanitaria è infatti prevalentemente privata. Nei paesi Europei il test è invece generalmente offerto dai sistemi sanitari nazionali nei casi di anamnesi familiare suggestiva di mutazione genetica. In Italia la mastectomia profilattica è offerta dal SSN su richiesta delle portatrici di mutazione BRCA1/2. Osserviamo la questione da un altro punto di vista: quante probabilità ci sarebbero state di occultare indefinitamente la notizia dell'intervento profilattico subito dalla Jolie? E quale sarebbe stato l'effetto di uno scoop reso possibile dal fallimento del controllo sull'informazione? Come in passato, tutto ciò che riguarda il cancro sarebbe stato vissuto come qualcosa da nascondere, quasi di vergognoso. Invece, una comunicazione aperta e sincera potrebbe avere l'effetto di decongestionare i timori di molte donne, perchè il trapelare di notizie incontrollate e potenzialmente distorte può rivelarsi fonte d'angoscia. Inoltre, sapere che anche un'attrice come la Jolie ha affrontato una mastectomia in apparente serenità, non può fare che bene alla moltitudine di pazienti che hanno dovuto o dovranno subire il medesimo intervento per una diagnosi di cancro. Infine, adesso tutto il mondo sa cosa sono le mutazioni BRCA1/2, quali sono i rischi, le opportunità diagnostiche e le alternative terapeutiche. Data la frequenza del cancro mammario e la letalità di quello ovarico, l'effetto "culturale" sui medici è stato indubbiamente favorevole e questo potrà esitare in un beneficio per le potenziali pazienti. Alzi la mano chi non ha letto con curiosità professionale quanto riportato sui giornali o chi non è andato a rileggersi qualcosa sull'argomento con un vago senso di colpa generato dalla consapevolezza di avere informazioni vaghe o incomplete! Le donne stesse ora hanno modo di capire di più e di trovare sul web le informazioni che nessuno finora aveva fornito e che ad alcune di loro possono salvare la vita. Certo, bisognerebbe evitare generalizzazioni e impennate di overdiagnosis e overtreatment, tanto deprecati anche sulle pagine del MJC. Tuttavia, sempre a proposito del cosa e del come, è indispensabile contestualizzare quanto dichiarato da Angelina Jolie, che è stata estremamente chiara sulla condizione familiare e sulla mutazione da cui è affetta. Le sue parole sono state semplici e inequivocabili. L'attrice non può essere ritenuta responsabile di misinterpretazioni o generalizzazioni. Inoltre la Jolie è portatrice della variante BRCA1, cioè quella associata al maggior incremento di rischio, e quanto da lei dichiarato è stato riferito specificamente a questo tipo di popolazione. Uno dei quesiti da porsi è se, a parte penetranza e altre variabili, una donna con mutazione BRCA1 possa effettivamente essere considerata "sana". Chi di noi, sapendo di avere dal 60% all'80% di probabilità di sviluppare prima o poi un cancro, si riterrebbe "sano", anche se non ha ancora ricevuto una diagnosi positiva? In queste circostanze, quali sono i confini tra profilassi e terapia? Quando lo screening assomiglia al monitoraggio dell'inevitabile, possiamo ancora definire la mastectomia bilaterale una chirurgia "preventiva" nel vero senso della parola? L'effetto psicologico dell'intervento è o non è un trattamento, quando si è consapevoli di essere portatori di una mutazione BRCA1 e si sono persi diversi familiari? E' ragionevole attendersi che queste donne consumino la propria vita nell'attesa e nell'ansia, costrette a una quotidianità scandita da prenotazioni, appuntamenti, visite, esami, colloqui ed RMN semestrali? Come vengono condotte le consulenze? Sono offerte tutte le informazioni disponibili in letteratura in modo obbiettivo? Quanto pesano le opinioni professionali personali? Il caso Jolie è un cavallo di Troia che permette di entrare all'interno dell'essenza stessa del rapporto medico-paziente e definisce il paradigma della nuova medicina, costituita sempre più da condizioni croniche per le quali sono possibili diverse alternative, nessuna delle quali associata a un 11

12 rapporto tra rischi, benefici e costi chiaramente più favorevole e dove la preferenza del paziente è determinante. Parliamo della medicina centrata sul paziente, dove i valori e le opinioni che contano per le scelte terapeutiche non sono necessariamente quelle del medico. In questi anni siamo testimoni di un radicale mutamento di rapporti e del progressivo dissolversi della medicina paternalistica e decisionista. Lo stesso giorno in cui Angelina Jolie annunciava al New York Times di essersi sottoposta a mastectomia profilattica, il British Medical Journal pubblicava un articolo dell'editore, Fiona Godlee, intitolato "Partnering with patients", un commentario di Ray Moynhian intitolato "The future of medicine lies in truly shared decision making" e un editoriale di Tessa Richards con altri editori e rappresentanti dei pazienti intitolato "Let the patient revolution begin". Coincidenze? Donnelly LS, Watson M, Moynihan C, Bancroft E, Evans DG, Eeles R, et al. Reproductive decision-making in young female carriers of a BRCA mutation. Hum Reprod 2013;28: Euhus DM, Robinson L. Genetic predisposition syndromes and their management. Surg Clin North Am 2013;93: Godlee F. Partnering with patients. BMJ 2013;346:f3153. Kurian AW, Munoz DF, Rust P, Schackmann EA, Smith M, Clarke L, et al. Online tool to guide decisions for BRCA1/2 mutation carriers. J Clin Oncol 2012;30: Meindl A, Ditsch N, Kast K, Rhiem K, Schmutzler RK. Hereditary breast and ovarian cancer. Dtsch Arztebl Int 2011;108: Metcalfe KA, Mian N, Enmore M, Poll A, Llacuachaqui M, Nanda S, et al. Long-term follow-up of Jewis women with BRCA1 and BRCA 2 mutation who underwent population genetic screening. Møller P, Stormorken A, Jonsrud C, Holmen MM, Hagen AI, Clark N et al. Survival of patients with BRCA1- associated breast cancer diagnosed in an MRI-based surveillance program. Breast Cancer Res Treat 2013;139: Moynihan R. The future of medicine lies in truly shared decision making. BMJ 2013;346:f2789. Reynolds C, Davidson JA, Lindor NM, Glazebrook KN, Jakub JW Degnim AC et al. Prophylactic and therapeutic mastectomy in BRCA mutaton carriers: can the nipple be preserved? Ann Surg Oncol 2011;18: Richards T, Montori VM, Godlee F, Lapsley P, Paul D. Let the patient revolution begin. BMJ 2013;346:f2614. Salute. Giornalista Italiana: perché ho deciso come Jolie (video). Dire Sanità, 16 maggio This P, de la Rochefordiere A, Savignoni A, Falcou MC, Tardivon A, Thibault F, et al. Breast and ovarian cancer risk management in a French cohort of 158 women carrying a BRCA1 or BRCA2 germline mutation: patient choices and outcome. Fam Cancer 2012;11: Trainer AH, Lewis CR, Tucker K, Meiser B, Friedlander M, Ward RL. The role of BRCA mutation testing in determining breast cancer therapy. Nat Rev Clin Oncol 2010;7: Zagouri F, Chrysikos DT, Sergentanis TN, Giannakopoulou G, Zografos CG, Papadimitriou CA et al. Prophylactic mastectomy: an appraisal. Am Surg 3013;79:

13 Special Contribution: pag. 15 intervista al Prof. Pier Mannuccio Mannucci sulla ricerca medica in Italia According to...il punto di vista di D.ssa Claudia Borreani: pag. 21 Mutazione BRCA1 e cancro mammario. Il rischio visto con gli occhi delle donne Prof. Allan Templeton: pag. 24 One embryo replacement - the best option Literature Update Bad Medicine pag. 26 Jason S. Mathias et al. Developing Quality Measures to Address Overuse JAMA, May 8, 2013 Vol 309, No. 18; Commento di Benedetta Agnoli 13

14 Endocrinologia pag. 28 Xu et al. Testosterone therapy and cardiovascular events among men: a systematic review and meta-analysis of placebo-controlled randomized trials BMC Medicine 2013, 11:108; Commento di Daniela Alberico e Giorgia Gaia Ginecologia pag. 31 Leontine Alkema et al. National, regional, and global rates and trends incontraceptive prevalence and unmet need for family planning between 1990 and 2015: a systematic and comprehensive analysis Lancet 2013; 381: ; Commento di Priscilla Guzzo ed Enrico Iurlaro Metabolismo pag. 34 Dexter Canoy et al. Body mass index and incident coronary heart disease in women: a population-based prospective study BMC Medicine 2013, 11:87; Commento di Laura Buggio ed Enrico Iurlaro Oncologia pag. 36 Phillip M. Boiselle Computed Tomography Screening for Lung Cancer JAMA, March 20, 2013 Vol 309, No. 11; Commento di Maria Pina Frattaruolo e Benedetta Agnoli Ostetricia pag. 39 Jeffrey Ecker Elective Cesarean Delivery on Maternal Request JAMA, May 8, 2013 Vol 309, No. 18; Commento di Giulia Baffero e Benedetta Agnoli News and Views pag. 42 Considerazioni del Dr. Mario Sideri su pap test e HPV test Editorial comment Andy Wharol s Stardust 14

15 SPECIAL CONTRIBUTION Abbiamo il piacere e l onore di pubblicare un intervista sulla ricerca medica in Italia concessa al MJC dal Professor Pier Mannuccio Mannucci, Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Il Prof. Mannucci è uno dei principali ricercatori clinici Italiani, ai vertici del ranking nazionale, incluso tra i primi 20 scienziati in assoluto per h-index nella classifica che include tutti i settori scientifico-disciplinari. Direttore Scientifico, Fondazione I.R.C.C.S. Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano. Interview by Qual è la sua opinione sulla condizione generale della ricerca scientifica medica Italiana? In particolare, nonostante le note difficoltà di ogni tipo, la produttività rimane di qualità apprezzabile. Come si spiega? Ritengo che la ricerca scientifica italiana vada incredibilmente bene. È un vero miracolo! Il motivo è sicuramente culturale: gli italiani sono molto dotati in questo campo e, pur essendo spesso ostacolata, la ricerca continua a produrre risultati eccezionali. L'ostacolo sta nell'assenza di visibilità del ricercatore, nella remunerazione ridicolmente bassa e nel timore che la scienza induce nel cittadino. In Italia il ricercatore guadagna pochissimo rispetto a quello che produce e in una società come la nostra, in cui il guadagno è equiparato alla valenza della persona, il ricercatore è considerato ben poco. In USA un ricercatore guadagna in proporzione alle sue capacità. In questo momento storico di crisi economica i fondi per la ricerca sono spesso tagliati, non considerando l'importanza della crescita cui la ricerca da impulso. Per quanto concerne le pubblicazioni, l Italia è sesta al mondo per qualità della produzione scientifica biomedica, settima in matematica, ottava in fisica e computer science e d altra parte siamo al 31 posto su 34 paesi per i fondi della ricerca! (dati OCSE 2010). La spesa per ricerca e sviluppo in rapporto al PIL appare aumentata da 1.1% a 1.26% del PIL solo perché il PIL Italiano è diminuito in misura maggiore rispetto ai fondi per la ricerca. Siamo passati da miliardi (anno 2008) a 9100 (anno 2010). Un altro serio problema della ricerca italiana è la sproporzione tra fondi pubblici e fondi privati: l'equilibrio auspicabile sarebbe 2/3 fondi privati e 1/3 fondi pubblici, come in molti paesi, mentre nel nostro paese spesso la proporzione è 50 e 50. Inoltre nella porzione di fondi pubblici sono contenuti anche i fondi dell'università, che non 15

16 SPECIAL CONTRIBUTION sono completamente dedicati alla ricerca. Ritengo questa proporzione assurda, perché la ricerca naturalmente deve essere fatta anche dalle imprese che solamente così possono svilupparsi. Attualmente le imprese fanno poca ricerca e questo non è un bene per il paese. Quali sono le maggiori differenze tra essere ricercatore quando lei iniziò la sua carriera e adesso? Oggi suggerirebbe a un giovane ricercatore di rimanere in Italia o emigrare? A un giovane ricercatore consiglierei ancora di fare ricerca, di impegnarsi e credere in quello che sta facendo. Se io tornassi indietro, probabilmente rifarei tutto quello che ho fatto, però adesso la situazione è molto scoraggiante, per cui si può capire che i giovani vadano all estero. All'estero il ricercatore ottiene in rapporto a quello che vale e che produce, mentre da noi la meritocrazia è ancora ben distante. Il mondo continua a credere nella ricerca scientifica. Secondo la Global R&D Funding Forecast, nel 2011 gli investimenti sono stati 1334 miliardi di dollari (2% del PIL del pianeta), con un aumento del 6.5% rispetto al La spesa per aree geografiche è suddivisa come segue: America 37%; Asia 35%; Europa 24%; resto del mondo 4%. Durante l'attuale crisi, la Francia ha aumentato le risorse per la ricerca di 1 miliardo di euro all'anno per 5 anni e la Germania di 1 miliardo di euro all'anno per 2 anni. Il nostro Ministero della Salute è uno dei pochi che distribuisce i fondi in maniera ragionevolmente meritocratica. Il sistema dell'università e degli Enti di ricerca è invece malato. Manca la valutazione e quindi la meritocrazia. In questo modo i fondi sono sprecati. Nel nostro ospedale è una questione di tradizione, perché il primo direttore scientifico Elio Polli decise di distribuire i fondi in maniera meritocratica, quindi noi non abbiamo fatto altro che seguire questa tradizione. Adesso, secondo me, la situazione è peggiorata. Sicuramente ci sono molti progetti solo per i giovani ed è un fatto che giudico positivo, ma sono largamente insufficienti, per cui capisco che molti nostri giovani vogliano andare all estero perché ci sono maggiori opportunità di fondi. Da un punto di vista emotivo suggerirei di rimanere in Italia, ma sono molto influenzato dal fatto che io rifarei il mio percorso. Capisco benissimo che i giovani abbiano poche prospettive, che i posti siano sempre meno, ad eccezione di alcuni bandi per trentenni, tutti transitori. Non esiste una continuità di carriera, quindi io cerco sempre di motivare e galvanizzare i giovani ricercatori, ma mi chiedo se faccia realmente il loro interesse. Come convincere i clinici dell'importanza dell'aggiornamento? Non pensa che siamo tra i paesi occidentali che insistono meno su quest aspetto della medicina? I crediti ECM sono la soluzione o bisogna impegnarsi per un più radicale cambio di passo culturale? Sinceramente questo è un argomento di cui mi sono occupato poco, perché noi ci siamo sempre aggiornati liberamente e indipendentemente, essendo inseriti fin dall inizio della nostra carriera nell ambiente universitario. Tutti i medici che non vivono nell'ambiente universitario o i medici di famiglia richiedono un aggiornamento costante. In tal senso, ho l impressione che il sistema dei crediti formativi (ECM) non sia particolarmente utile. Secondo me, sarebbe molto più utile programmare dei corsi di accreditamento obbligatori organizzati dagli enti tutori, dalla regione e/o dal ministero. Ovviamente l aggiornamento è fondamentale, ma non mi ritengo la persona più adatta a giudicare. Un tempo i congressi erano sponsorizzati dalle case farmaceutiche e sicuramente è stato un bene tagliare i cosiddetti "congressi balneari". Tuttavia, penso che una buona parte dell aggiornamento arrivasse anche dai congressi, che attualmente sono meno frequenti e frequentati, soprattutto dai più giovani. 16

17 SPECIAL CONTRIBUTION Come convincere le amministrazioni ospedaliere dell'importanza della ricerca? Come dimostrare che nel lungo periodo può rivelarsi anche economicamente, oltre che strategicamente, conveniente investire in questo settore? Il problema maggiore sta nel come convincere gli Stati dell importanza della ricerca. Ritengo che la conoscenza sia un bene di per se, non un costo. Scienza e ricerca sono essenziali motori dell'economia (knowledge-based economy). L'Italia è un paese che non ha materie prime e deve contare su due cose: la bellezza e la storia del nostro paese da un lato e la testa degli italiani dall'altro. Purtroppo nessuno capisce che in un momento di crisi bisogna investire maggiormente nella ricerca. In un momento di crisi, il Giappone ha investito tanto in ricerca e ha ottenuto grandi risultati, così come l'america e alcuni paesi europei come Francia e Germania. In Italia si continua a tagliare. I tagli previsti agli enti di ricerca sono di seguito riassunti: 2012, meno 33 miliardi; 2013, meno 88 miliardi; 2014, meno 88 miliardi. In seguito all'intervento del Presidente Napolitano, sempre molto sensibile ai problemi della ricerca, il taglio dell'anno in corso è stato sospeso. Dobbiamo sottolineare che l'italia contribuisce ai fondi dell'unione Europea fornendo il 13.4% del budget totale per la ricerca scientifica e utilizza solo l'8.4% delle risorse fornite dalla stessa Unione. Si può affermare che anche in medicina l investimento in ricerca comporta un guadagno o quantomeno risparmi sostanziali nel medio lungo termine? Sono convinto di si. Uno studio commissionato dalla UK Academy of Medical Sciences dimostra che per ogni sterlina che si investe oggi in ricerca biomedica tornano indietro 0.39 sterline all'anno per sempre. Attualmente si parla molto di ricerca traslazionale: il termine nasce dopo la conclusione del Progetto Genoma Umano. La ricerca traslazionale ha il fine di trasformare le conoscenze della ricerca biomedica in salute e benessere dell'uomo (from bench to bed). Le ipotesi di lavoro della ricerca biomedica devono essere suggerite dalle malattie dell'uomo (from bed to bench). Quindi, la ricerca traslazionale non può che muoversi bi-direzionalmente, tra laboratorio e letto del malato. Gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) costituiscono un modello unico al mondo, solo in Italia esiste una realtà di questo genere, un network di ospedali di ricerca che hanno come obiettivo il miglioramento dell assistenza attraverso la ricerca. La rete ha come scopo la validazione e l implementazione al letto del malato delle innovazioni della ricerca biomedica e la loro diffusione nel sistema sanitario nazionale e regionale. Gli istituti di ricerca IRCCS esistono dal secolo scorso, però non sono mai stati utilizzati in maniera adeguata. Potenzialmente potrebbero fornire soluzioni pratiche, con metodologia scientifica, ai maggiori problemi della sanità. Faccio l'esempio dell'assistenza dell'anziano, della continuità della gestione della terapia o della poli-terapia dopo la dimissione dall'ospedale, senza sprecare risorse inutilmente. L'ospedale funziona bene se la ricerca è votata a migliorare l'assistenza al malato. Condurre studi clinici è oggi sempre più difficile dal punto di vista amministrativo ed economico. Nonostante questo sia prima di tutto a garanzia e tutela dei pazienti, non pensa che possa allo stesso tempo rivelarsi scoraggiante per piccoli gruppi di ricerca o che possa sfavorire gli studi spontanei a favore di quelli supportati dalle case farmaceutiche? Noi vediamo che oggi purtroppo è veramente estremamente impegnativo e costoso condurre un trial clinico controllato, se non supportato dall industria farmaceutica. Vi sono però anche da noi alcuni esempi positivi che avanzano, sia pure tra mille difficoltà. 17

18 SPECIAL CONTRIBUTION Non pensa che questo possa esitare in una sorta di selective reporting, per cui sono pubblicate principalmente informazioni originate da ricerche supportate da case farmaceutiche e che alla fine questa risulti essere la voce più forte, e potenzialmente distorta, che si ascolta nella comunità medica? Secondo me questo problema era stato affrontato in maniera eccellente all inizio degli anni 90, quando fu emanata una legge proprio per favorire gli studi così detti no profit o indipendenti. In questi casi le assicurazioni per i pazienti coinvolti nei trials dovevano essere quelle dell ospedale e i farmaci, se inclusi tra quelli offerti dal servizio sanitario nazionale, dovevano essere forniti gratuitamente. Noi abbiamo condotto con successo uno studio con queste caratteristiche sull uso dell eparina nelle gravidanze patologiche. Ora si deve stipulare un assicurazione ad hoc, i farmaci non sono gratuiti e questo ha cambiato moltissimo la possibilità di svolgere uno studio indipendente. Il BMJ è in prima linea con una politica editoriale decisa a favore della totale trasparenza dei dati dei trials sponsorizzati. Come valuta il ruolo attuale delle Big Pharma companies nella "modulazione" dell'informazione scientifica che raggiunge le pagine delle principali riviste mediche? L'informazione scientifica effettivamente è molto legata all'industria farmaceutica. A mio modo di vedere tutte le sperimentazioni dovrebbero essere condotte alla luce del sole. Posto l'obiettivo dello studio, sarebbe doveroso pubblicare, tutti i dati, positivi e negativi, attesi e non attesi. Questo è il metodo corretto per fare ricerca scientifica, mentre adesso le case farmaceutiche pubblicano i dati favorevoli al lancio del prodotto, spesso minimizzando i dati negativi e gli effetti collaterali. Le riviste internazionali più prestigiose, di conseguenza, hanno una fonte di introito altissima da parte delle case farmaceutiche attraverso la vendita degli estratti di queste pubblicazioni. Ritengo doveroso che le agenzie regolatorie garantiscano la trasparenza. Quando parte uno studio, deve essere rendicontato tutto quello che lo studio sta producendo, di buono o meno buono. Tutti i dati dovrebbero essere riportati per essere studiati e analizzati dall'agenzia di controllo. Qual è la sua opinione sul "caso Stamina", che ha posto l'italia al centro dell'attenzione internazionale per una possibile deregulation sui trattamenti a base di cellule staminali, che verrebbero considerati come "trapianti" e non più come "nuovi farmaci"? C'è veramente un rischio di "far west scientifico" nel nostro paese? [questa domanda è stata formulata alcune settimane prima della recente decisione parlamentare in merito; n.d.r.] Penso ci sia poco da dire. Non ci sono ancora dati scientifici validati con le cellule staminali. L argomento più studiato è stato ovviamente la cardiopatia ischemica. E su questa patologia i dati sono assolutamente insufficienti, inconclusivi o comunque non a favore dell'utilizzo. Qualche anno fa delle cellule staminali si diceva: "patience (pazienza), not patients (pazienti)". È bene che si conducano sperimentazioni, però per ora i risultati sono modestissimi ed è assurdo creare illusioni sulla base degli attuali risultati. Le sperimentazioni del nostro IRCCS sono passate tutte al vaglio del comitato etico e anche dell Istituto Superiore di Sanità. Se fossi un giovane ricercatore sarei cauto a buttarmi in questo settore. Se ci fossero potenzialità clamorose, i risultati sarebbero evidenti già ora. Non mi riferisco all aspetto etico del problema, ma semplicemente ai risultati: attualmente non sono stati dimostrati effetti eclatanti. Vannoni ha chiesto la patente del brevetto Stamina all'organismo deputato statunitense: la richiesta è stata respinta e pubblicamente criticata. Come per il caso Di Bella, quando lo Stato spese soldi per una sperimentazione che non ha prodotto alcun risultato innovativo in oncologia, così succederà adesso. Lo Stato spenderà soldi per una sperimentazione che non arriverà ad alcuna conclusione eclatante. 18

19 SPECIAL CONTRIBUTION L'Inghilterra ha alcune tra le migliori riviste scientifiche del mondo, l'italia è praticamente a zero. Tuttavia, noi abbiamo un servizio sanitario nazionale migliore rispetto a quello Inglese. Gli USA hanno Science, New England Journal of Medicine e JAMA, ma l'assistenza sanitaria pubblica è scarsa e di pessima qualità. E' giusto continuare ad autodenigrarci sulle nostre lacune culturali quando, alla fine, per un comune cittadino è molto meglio ammalarsi in Italia? A mio modo di vedere sono due cose completamente separate. L Italia non ha delle buone riviste scientifiche perché non si è creata una tradizione. Lancet e New England esistono da secoli e la tradizione secondo me conta. Io credo che a poco a poco anche l Italia svilupperà una tradizione in questo settore. Infatti, qualcosa si sta muovendo, perché adesso esiste qualche rivista con un impact factor riconosciuto. Noi autori ovviamente tendiamo a mandare i nostri lavori alle riviste straniere perché l impact factor ci premia anche in termini di fondi. Io credo che però sia solo una questione di tradizioni, che sono secolari per riviste come il New England Journal of Medicine o Lancet. Non trovo vi sia connessione tra qualità delle riviste nazionali e qualità dell assistenza ospedaliera offerta dallo stesso paese. La medicina ospedaliera Italiana è ottima. Dico ospedaliera per distinguerla da quella del territorio: sostanzialmente i medici di famiglia sono abbandonati a loro stessi. Attualmente in Fondazione ci stiamo occupando del problema della correttezza prescrittiva, per cui abbiamo un servizio di farmacologia clinica soprattutto nell ambito della medicina interna, dove seguiamo anziani che arrivano ad assumere quotidianamente farmaci, con potenziali interazioni tra i principi attivi. Noi affrontiamo il problema e dimettiamo con prescrizioni corrette, senza tuttavia sapere cosa succeda dopo. Penso sia necessaria una buona rete che leghi l'ospedale al territorio, come succede in altri paesi Europei. Ad esempio, in Spagna la "casa della salud" ha il compito di gestire il paziente dimesso dall'ospedale, controllando le terapie prescritte e interagendo con l Ospedale di riferimento. Quali modificazioni strutturali vorrebbe veder realizzate nel nostro sistema universitario e crede che l'istituzione dell'abilitazione scientifica avrà ricadute concrete? Se si, quali? Io non posso giudicare perché non sono più nel sistema universitario in senso stretto. Penso che il ministro Gelmini abbia introdotto un metodo valido perché, per prima cosa, chi non raggiunge una determinata produzione scientifica (un determinato H-index) non può entrare in una commissione valutativa. Grazie a questo provvedimento sono stati inclusi nelle commissioni solo persone scientificamente rispettabili. Direi che questo è già un passo avanti. Si vedrà poi se e come le commissioni applicheranno regole a mio avviso migliorative. Per il resto, non posso giudicare la riforma. Ad esempio, non so se i dipartimenti siano meglio della facoltà. Lei è tra i primi scienziati Italiani in assoluto, al vertice della classifica generale che include i ricercatori di ogni settore. Un successo sbalorditivo, difficilmente ripetibile. Quali consigli pratici rivolgerebbe a un giovane medico con interessi nella ricerca? In altre parole, esiste una ricetta per il successo nella ricerca in medicina e qual è la Sua? La ringrazio. Credo di aver raggiunto più di quello che le mie doti naturali mi consentissero. Ho lavorato tantissimo e sono sempre stato molto modesto, almeno nella ricerca e nei miei obbiettivi. Quando ero giovane e insicuro, probabilmente avevo un maggior grado di arroganza, però fondamentalmente la mia ricetta è sempre stata: grande lavoro, senso del limite, e ancora lavoro. Sono sempre stato molto cauto con i miei dati, però allo stesso tempo evitando di essere maniacale, perché non si può mai raggiungere la certezza assoluta. Dante nel canto XII del Paradiso scrive "e questo ti sia sempre piombo ai piedi, per farti mover lento com uom lasso e al sì e al no che tu non vedi", dovremmo pensare sempre ai limiti delle scoperte, essere estremamente critici. 19

20 SPECIAL CONTRIBUTION Penso che questo sia il motivo del mio successo. Forse ho alcune doti, come il mio maestro Dioguardi, ad esempio essere abbastanza veloce nel capire dove si può arrivare. Inoltre credo di conoscere bene i collaboratori e intuire quali sono i loro limiti. Sono fiero di essere riuscito a crescere degli allievi validi nella mia carriera. Per il resto, lavoro, lavoro e lavoro, nient altro. Ho conosciuto molti colleghi ben più dotati di me, che non hanno raggiunto gli stessi risultati per mera pigrizia, non lavoravano abbastanza. Posso dire che lavoro, modestia e determinazione siano le chiavi per riuscire in questo campo. Quali sono stati i suoi criteri per selezionare i collaboratori? Si è mai sbagliato? Certo che mi sono sbagliato. Vedevo persone che potevano possedere una mente particolarmente brillante che però si perdevano, non riuscivano a concentrarsi perché volevano fare troppe cose. Non seguivano il mio principio di lavoro, lavoro, lavoro. Il mio maestro, il Prof Dioguardi, ha creato una grande scuola perché riusciva a far esprimere alle persone tutte le loro potenzialità, a valorizzarle al massimo. Capiva i limiti dei collaboratori, capiva anche quello che le diverse persone potevano offrire e le sapeva indirizzare in maniera giusta. Con me ha avuto un ruolo essenziale. Ero un giovane medico e volevo fare lo psichiatra. Lui mi disse che avrei dovuto fare l internista. Per me è stato il vero maestro, perché ha capito le mie potenzialità e mi ha spinto a lavorare per farle emergere. 20

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