AURORA AURORA. Editoriale. Media e manipolazione delle coscienze. ...e d al t r o an c o r a. numero 28.

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1 numero 28 Anno IV - aprile/maggio 2011 AURORA Editoriale Il velo invisibile Media e manipolazione delle coscienze di Simone Rossi Coordinatore del numero 28 Lon d r a Nell ultimo anno abbiamo assistito all insorgere di mobilitazioni in vari luoghi del pianeta: dalle proteste in Grecia alle rivolte nel Nord Africa e nel Medio Oriente, passando per la manifestazione della FIOM in ottobre, gli scioperi in Francia ed i cortei studenteschi in Gran Bretagna. Il filo che le unisce è l opposizione alle politiche economiche ispirate al liberismo, che oggi domina in gran parte del globo. Un modello imperniato sul denaro, che impone alle società di organizzarsi per garantire la libera circolazione dei capitali e la massimizzazione dei profitti a scapito dei diritti degli esseri umani e della tutela della natura. Nonostante ci sia presentata come estemporanea dai media a grande diffusione, in molti casi l insofferenza verso le politiche neoliberiste cova da tempo negli strati popolari ed in parte della classe media. La rivolta in Egitto, abbracciata tardivamente dai media occidentali dopo un tentativo di bollarla come islamista, è stata qualcosa di più di una protesta nata sulle reti sociali di internet con lo scopo di abbattere una dittatura levantina, peraltro vicina alle potenze occidentali; da almeno un lustro si registravano manifestazioni e scioperi contro il caro vita e la compressione salariale. Di questo i media hanno raccontato poco, come poco sappiamo sugli scioperi repressi nel sangue in Iraq, sulla situazione in Qatar, Oman, Yemen, Arabia Saudita, Algeria e Marocco, dove rimangono al potere regimi autoritari, ma buoni allievi del liberismo. Per contro, siamo stati sommersi di notizie sulla rivolta in Libia, senza in realtà esser informati su chi rappresentino le fazioni opposte e senza una dimensione effettiva dei fatti; di certo sappiamo che tali notizie hanno consentito di costruire l ennesima emergenza umanitaria da vendere ad un opinione pubblica distratta e disattenta. Un opinione pubblica costituita da spettatori che accettano acriticamente la necessità della guerra a difesa dei rivoltosi dal dittatore di turno, ma non pongono domande sul perché nel contempo si chiudano gli occhi di fronte alla mattanza di manifestanti in Qatar e Yemen o alle sparizioni di sindacalisti e militanti in Iraq, dove le forze dell ordine hanno sparato su chi chiedeva meno corruzione e condizioni salariali migliori. Un opinione pubblica che non sembra vedere la contraddizione insita nell atteggiamento di chi giustifica il bombardamento in Libia sulla base di principi umanitari ed allo stesso tempo non si indigna per il trattamento subito da chi, profugo o immigrato, mette a repentaglio la propria vita per attraversare il mare su imbarcazioni precarie. Spetta ai mezzi d informazione indipendenti spezzare la propaganda che imbriglia le coscienze ed impedisce l affermarsi di voci critiche, bollate come estremiste e per questo zittite. Tocca a noi comunisti, e a tutti i sinceri democratici, avviare un serio dibattito e una campagna per la democraticità dei mezzi di comunicazione e d informazione. Senza la liberazione dei media dal controllo degli oligopoli economico-politici non avremo una reale democrazia e ci troveremo assuefatti, pronti ad accettare l ennesimo conflitto imperialista, a considerare come normale la militarizzazione di una città colpita da un terremoto o sede di una conferenza internazionale, ad accettare come solo modello valido quello che, in realtà ci toglie la libertà di Essere. Periodico di informazione e cultura italiana per gli italiani residenti all estero Giornale per l unità comunista in qu e s t o nu m e r o... Che Fare? La fase, il fumo di Vendola e l esigenza di un partito comunista di Fosco Giannini pp. 2-3 capitalismo assassino Che accade in Libia di Domenico Moro pp. 4-5 Marx in Egitto di Collettivo Militant pp. 6-7 Crisi e Lavoro Attacco ai diritti del lavoro in Europa di Andrea Albertazzi p. 8 Speciale elezioni amministrative a cura del Collettivo di Redazione pp LIBERO SAPERE Addio a Net Neutrality di Perla Conoscenza pp. 11, 16, 17 Al femminile Il coraggio di raccontarsi (II Puntata ) di Claudia Cimini pp Ex libris La fabbrica del falso di Roberto Galtieri p e d al t r o an c o r a AURORA

2 2 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 Che fare? La fase, il fumo di Vendola e l esigenza di un partito comunista come perno di una sinistra anticapitalista di Fosco Giannini ro m a C è una domanda che, sulle pagine del Quotidiano comunista Il Manifesto, ci sentiamo particolarmente autorizzati a formulare: come si può porre, oggi, la questione dell esigenza sociale e storica del partito comunista? Sinteticamente, crediamo si possa porre a partire da tre questioni essenziali: primo, attraverso la definizione della fase; secondo, attraverso una semplice domanda: esiste, in Italia, un partito comunista all altezza dell odierno scontro di classe? Terzo: è ancora attuale la forma partito? E più specificatamente: è ancora utile alle masse, al proletariato, organizzarsi nel partito comunista? La fase: essa, sul piano internazionale, è ancora e pesantemente segnata da una crisi capitalistica di sovrapproduzione e da un acutizzazione delle contraddizioni interimperialistiche che spingono l attuale capitalismo ad accentuare la propria offensiva iperliberista, antioperaia e contraria allo stato sociale, un ciclo capitalista che spinge i padroni attualmente a rifiutare ogni via neo keynesiana, ogni compromesso tra capitale e lavoro. Questa tendenza generale capitalistica si fonde, nell area dell Unione europea, con la feroce pulsione del capitalismo sovranazionale europeo a costituirsi come nuovo polo unitario (appunto: l Ue del grande capitale europeo e della Banca centrale europea) volto a battere la concorrenza degli altri poli capitalisti mondiali nella conquista dei mercati internazionali. La somma di queste due spinte forma una forza d urto antisociale che si abbatte come un uragano sui popoli europei : il disegno di un ulteriore abbattimento dei diritti e dei salari e di una cancellazione delle residue forme del welfare si applica senza pietà sul popolo greco, portoghese, spagnolo, ungherese, incarnandosi, in Italia, nell attacco della Fiat a Pomigliano d Arco e nella Finanziaria Tremonti. Ma in Italia, alla duplice spinta liberista del capitale (quella generale e quella conseguente alla necessità dei vari capitalismi europei di farsi unico polo) si aggiunge una negativa peculiarità : quella di un capitalismo particolarmente debole, ridotto ad un nanocapitalismo anche dalle politiche di smantellamento della grande industria attuate in gran parte dai governi di centro sinistra degli anni 90, impossibilitato a reggere la concorrenza internazionale e volto a risolvere i propri problemi non attraverso gli investimenti e l innovazione tecnologica ma attraverso nuovi cicli di super-sfruttamento operaio e precarizzazione del lavoro che escludono per un tempo sicuramente non breve nuovi compromessi di natura socialdemocratica tra capitale e lavoro. Ed è a partire da questo, ultimo, assunto che la borghesia

3 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio italiana si pone il problema della propria rappresentanza politica: negli ultimi vent anni è stato eletto Berlusconi quale rappresentante degli interessi borghesi e quale mediatore tra gli interessi degli ultimi, grandi, gruppi capitalistici e la marea nanocapitalista. Il problema è : oggi che Berlusconi pare essere al capolinea, chi sceglierà la borghesia quale suo alfiere? Vediamo come, in questa fase, aree della borghesia (ad esempio il gruppo De Benedetti, con l Espresso e La Repubblica) stiano palesemente cercando di cambiare cavallo, lavorando per un alternativa al PDL imperniata su di un centro sinistra guidato da un uomo nuovo : Nichi Vendola. È in questo contesto segnato da un duro dominio capitalista volto a cambiare spalla al proprio fucile e da una sinistra italiana disponibile a farsi nuovo fucile della borghesia - che un partito comunista (di quadri, di massa e di lotta) diviene una necessità sociale e politica e non una mera speculazione ideologica. Ed è questo assunto che ci spinge a porci il secondo quesito: esiste oggi, in Italia, un tale partito? Con ogni evidenza la risposta è no. Allo sciagurato scioglimento del PCI tentammo di rispondere con il progetto di una rifondazione comunista. Tale progetto è fallito: la massa critica originaria di Rifondazione si è divisa in cento rivoli inessenziali; le innovazioni politiche e teoriche di Bertinotti hanno svuotato di senso il PRC; i due partiti comunisti residui (PRC e PdCI) non hanno né il necessario radicamento sociale né la possibilità di trasformare perché assenti il parlamento borghese in cassa di risonanza della lotta di classe. Siamo di fronte ad una contraddizione : la fase, la lotta di classe condotta dai padroni a spade sguainate richiede oggettivamente il Partito comunista ed esso non c è, non è in campo. Primo compito dei comunisti, dunque, è di ricostruire il loro partito, unendo la diaspora comunista (a partire dall unità tra PRC e PdCI) e delineando un profilo politico, teorico, rivoluzionario all altezza dei tempi e dello scontro di classe. Chi scrive crede che ve ne siano le possibilità oggettive e che il disimpegno soggettivo di chi si definisce comunista da questo compito equivalga ad una resa, se non peggio. Terza questione: è ancora attuale la forma partito? È ancora necessario, per il movimento operaio complessivo, organizzarsi in partito politico? Evochiamo tale questione non perché abbia dignità politica e teorica (nel senso che l esigenza di organizzarsi di fronte al dominio del capitale non è solo una verità storica, ma è oggi più che mai un esigenza incisa nella carne viva e sofferente del proletariato), ma solo perché essa è ormai uno dei motivi di fondo della politica reazionaria italiana, che tenta su ogni fronte di organizzare consenso a partire dal populismo e dal leaderismo. Non si rifiuta di essere un partito - a partire dal nome - anche il Popolo della Libertà di Berlusconi? E non è proprio Vendola (che non sta lavorando per il rafforzamento di una sinistra di classe, ma punta a vincere le primarie di un centro sinistra avente come perno un PD liberista - che nulla ha di alternativo e col quale i comunisti, allo stato delle cose, non potrebbero certo governare) a sparare a palle incatenate contro la forma partito, ad organizzare consenso attorno alla propria persona (e non attorno ad un programma di cambiamento) innanzitutto a partire dalla demonizzazione qualunquista dei partiti organizzati, proponendosi come nuovo caudillo populista di uno schieramento di sinistra liberista e bipolarista? Il punto è che vi è un tentativo del capitale di far retrocedere la storia di un paio di secoli, riportandola nella fase in cui il movimento operaio era pressoché schiavizzato e la formazione dei partiti politici era fortemente osteggiata sia dalla residua cultura aristocratica che da quella borghese nascente, che propagandavano che solo i ceti alti avessero diritto di essere rappresenti politicamente e che era molto meglio, per difendere i privilegi e il profitto, che la classe operaia non si organizzasse, che quella parte non avesse partito. E occorre, dunque, cogliere il nesso reazionario che oggi, in modo palese e significativo, si va pericolosamente ricostituendo tra l attacco generale che il capitale porta al lavoro e l attacco che la cultura dominante porta alla forma partito. Consideriamo il populismo e il leaderismo (di destra e di sinistra ) il segno dei tempi, dell egemonia borghese. Consideriamo l attacco ai partiti parte dell attacco generale alla democrazia, alla Costituzione repubblicana e agli interessi dei lavoratori. E, all opposto, pensiamo che sia ora di riconsegnare alla classe un partito comunista degno di questo nome, un partito di lotta, di classe e rivoluzionario, perno di una vasta e combattiva unità di sinistra anticapitalista.

4 ca4 pitalismo assassino AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 libia, la sinistra ItalIana e l InCoMprensIone dell IMperIalIsMo di Domenico Moro ro m a Fino ad ora, il movimento per la pace è rimasto praticamente senza voce di fronte alla guerra contro la Libia. Anche la sinistra non è stata all altezza. Perché? La ragione principale sta nel fatto che chi ha scatenato la guerra, cioè gli USA, la Gran Bretagna e la Francia, sono riusciti a mettere al centro dell attenzione mondiale un uomo, il colonnello Gheddafi. La storia che si è venduta all opinione pubblica mondiale è quella di un dittatore, al potere da ben quaranta anni, e del suo popolo, che chiede democrazia e libertà, e che per questo viene massacrato. Si è persino parlato di genocidio. L accettazione acritica di questa versione ha disarmato la sinistra o almeno ne ha indebolito le motivazioni. Ed anche se i massacri di civili si sono rivelati, dopo un po, perlomeno dubbi, a sinistra ci si è sentiti in imbarazzo a prendere le parti di un dittatore, scervellandosi su come contrastare la guerra e nello stesso tempo difendere la rivoluzione democratica libica. Se la storia raccontata dai mass media occidentali è stata venduta così efficacemente è stato anche grazie al contesto in cui i fatti libici si sono inseriti, ovvero la cosiddetta rivoluzione democratica araba, che si sarebbe affermata in Tunisia e in Egitto. Su questo, però, bisogna fare chiarezza. In Egitto e in Tunisia non si è verificata alcuna rivoluzione. In primo luogo, la rivoluzione non è il rovesciamento di un uomo, ma di un sistema di rapporti di potere, politici ed economici. In secondo luogo, in Egitto si è solo iniziato un processo potenzialmente rivoluzionario, che corre il rischio di essere volto a favore di forze reazionarie. Come ha rilevato Samir Amin, in Egitto Mubarak è stato dimissionato dall esercito egiziano e dagli USA, che hanno mantenuto ben salda la loro presa sul paese africano. Anzi, l esercito, con l avallo USA, ha permesso ai Fratelli musulmani e all ex partito di Mubarak di conseguire un grosso risultato tattico con la vittoria al referendum di modifica della Costituzione, che ha segnato invece la sconfitta di tutti quelli che erano per il no, i partiti della sinistra, il movimento democratico, quello operaio e la minoranza copta, fatta oggetto di veri e propri pogrom negli ultimi mesi. La vittoria del sì apre la strada ad elezioni immediate, che la sinistra e il movimento democratico non sono in grado di affrontare, e quindi all affermazione dell ex partito di Mubarak e dei Fratelli musulmani. Questi ultimi, che sono finanziati dall Arabia Saudita, sono stati per l occasione accreditati dagli Usa come moderati, ma moderati non sono come provano le vicende relative ai copti. Sempre l Arabia Saudita, dittatura familiare e retrograda nonché migliore alleato arabo degli USA, ha invaso il Bahrein, reprimendone i moti popolari. Ma su questo massacro di civili la propaganda occidentale non ha avuto niente da eccepire, forse perché in Bahrein c è la base della V flotta USA. Quanto accaduto in Libia nell ultimo mese ha pochissimo a che

5 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio spartire con il movimento democratico d Egitto e Tunisia. Bocca ha affermato su il manifesto che i ribelli libici sono degli sconosciuti. In effetti, se facciamo attenzione sono meno sconosciuti di quanto sembri. Innanzi tutto, in Libia non c è un movimento democratico e tanto meno un movimento operaio e partiti e sindacati di sinistra. La direzione del movimento anti Gheddafi è passata immediatamente alla rivolta armata, dando luogo ad una guerra civile. Inoltre, la dirigenza ribelle è quantomeno infarcita di elementi che hanno fatto la loro esperienza militare di combattenti jihadisti in Iraq ed in Afghanistan. Basti leggere l articolo del Sole24ore del 22 marzo, Noi ribelli, islamici e tolleranti, dove si intervista il comandante ribelle di Derna, catturato nel 2002 dagli americani a Peshawar mentre era in fuga dall Afghanistan. Solo con un grande sforzo di immaginazione si può pensare che la rivolta libica esprima valori democratici e di libertà, avendo invece radici nel separatismo tribale e nell islamismo estremista tradizionali della Cirenaica. Secondo un documento, circolato nelle ultime settimane a Washington, tra i combattenti jihadisti in Afghanistan i libici della Cirenaica erano uno dei gruppi nazionali maggiormente rappresentati. Non a caso alcuni settori della loro dirigenza il segretario alla difesa Robert Gates al primo posto - sono stati scettici fin dall inizio verso l intervento militare. Perché allora nonostante tutto gli USA hanno premuto per intervenire in Libia? L obiettivo in tutto il Medio Oriente è, in primo luogo, eliminare qualsiasi soggetto politico indipendente o potenzialmente pericoloso per la ridefinizione di un assetto di controllo USA ed Europeo su di un area che vale le maggiori riserve energetiche del mondo. Se questo significa appoggiarsi ad elementi islamici, come i Fratelli musulmani e i ribelli libici, e dargli la patente di moderati, non importa. Del resto, dai talebani, usati contro l URSS, in poi, gli USA non si sono mai fatti scrupolo di usare l estremismo islamico. Ad ogni modo, i rischi di un intervento in Libia sono agli occhi statunitensi ampiamente compensati non solo dal petrolio e dal gas libico sui quali mettere le mani. Soprattutto, sono compensati dal fatto che la Libia è fondamentale da un punto di vista geostrategico, perché è la porta che mette in collegamento Mediterraneo e Africa sub-sahariana. Qualcuno ricorda le guerre in Ciad degli anni 80, nelle quali la Francia combatté contro il colonnello? Se la Francia è al primo posto nei bombardamenti è non solo perché spera di insediare le sue multinazionali petrolifere in Libia al posto dell Eni, ma anche perché vuole rilanciare il suo ruolo nelle sue ex colonie dell Africa sub-sahariana. L obiettivo strategico degli USA è, quindi, il controllo dell Africa, che da alcuni anni è l ultima frontiera di una rinnovata competizione per le materie prime tra le vecchie potenze colonialistiche e gli USA, da una parte, e la Cina e l India dall altra. Non a caso in Africa, nel 2008, gli USA hanno costituito il loro ultimo comando regionale, AFRICOM, che oggi dirige i bombardamenti sulla Libia. Obiettivo di questa guerra è eliminare il colonnello, ma solo perché è condizione necessaria per la distruzione della Libia come entità statuale indipendente. La guerra di Libia, la sua prima guerra, è il capolavoro di Obama. Mentre Bush ha agito unilateralmente, Obama, gettando il sasso e nascondendo la mano, ha mandato avanti la Francia e la Gran Bretagna e ha ottenuto la risoluzione storica dell Onu a difesa dei civili libici. Una risoluzione votata nel giorno in cui un aereo senza pilota USA uccideva quaranta civili in Pakistan, notizia praticamente ignorata dai media. Del resto, al contrario di quanto promesso in campagna elettorale, Obama non ha chiuso Guantanamo, non si è ritirato dall Iraq, nel quale mantiene 48mila soldati, ha triplicato il numero dei soldati in Afghanistan, ha bombardato 117 volte nel 2010 in territorio pakistano (815 vittime accertate) e 19 volte nel 2011 (104 morti). Ma forse bombardare i civili degli altri è permesso. Il premio Nobel per la pace non solo non ha chiuso le guerre di Bush, ma ne ha aggiunta un altra. Una bella dimostrazione del funzionamento della democrazia USA, che mantiene una sostanziale continuità di linea politica senza il bisogno di affidarsi ad alcun dittatore. Il fatto è che non c è cambiamento di persona che tenga, se il sistema rimane quello che è, cioè un capitalismo finanziario decadente e pertanto sempre più fondato sulla forza militare. Quella in atto in Libia è una guerra tipicamente imperialista, cioè una guerra per il saccheggio delle risorse mondiali. Ed è tipicamente imperialista anche perché è una guerra per la spartizione delle ricchezze mondiali tra gli imperialismi e le potenze mondiali. Infatti, a farne le spese è l imperialismo più debole, quello italiano, che rischia di essere estromesso dalla sua principale fonte di rifornimento energetico e che, con l Eni, ha probabilmente commesso l errore di flirtare troppo con la Russia e con Gazprom, cui stava aprendo la via del petrolio libico. Ma debole, a proposito di imperialismo, non vuol dire meno aggressivo, come dimostra la fregola di partecipare ai bombardamenti per non farsi escludere dalla spartizione della torta. Il punto vero col quale si scontra la capacità della sinistra di reagire correttamente a quanto avviene è la mancata comprensione dell imperialismo come sistema economico, politico e militare, il cui obiettivo è il dominio e non la libertà. E la mancata percezione che non c è proporzionalità tra la dittatura esercitata dal tiranno di volta in volta nel mirino della macchina propagandistica occidentale e la dittatura esercitata dall imperialismo col sistematico saccheggio delle risorse mondiali e con la sua immane potenza distruttiva. Ne è dimostrazione evidente la tempesta di fuoco scaricata dalle navi e dagli aerei occidentali sulle città libiche, ben oltre il mandato dell Onu e l istituzione di qualunque no-flyingzone, tanto da sollevare le proteste anche della Lega Araba tutt altro che favorevole a Gheddafi. Del resto, il messaggio doveva essere chiaro a tutti, comprese Russia e Cina, che troppo tardi si sono accorte dell errore dell astensione in Consiglio di sicurezza dell Onu. È grottesco che molti tra i difensori della pace nostrani non si rendano conto che in Libia i massicci bombardamenti occidentali uccidono più popolazione di quanto abbia fatto la guerra civile fino ad ora. L imperialismo USA ed europeo in Medio Oriente ed in Nord Africa non sta aiutando alcun risorgimento arabo, al contrario sta cercando di affossarlo, dall Egitto al Bahrein, schierandosi con i regimi e le forze sociali e politiche più retrive. La guerra in Libia si inserisce in tale tendenza ed è per questo che opporsi all intervento è fondamentale.

6 6 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 Che fare? Marx in Egitto: un analisi delle rivolte del nord Africa e qualche appunto per il futuro di Collettivo Militant Ro m a È evidente che la fase che stanno vivendo determinati paesi arabi è tutta ancora in divenire, dunque non siamo al momento in grado di fare previsioni né a lungo né a breve periodo. Ma quello che fino ad oggi è accaduto nella regione nordafricana è già tantissimo, e crediamo che si possano già fare alcune riflessioni un po più generali rispetto alla cronaca quotidiana delle rivolte. Siamo profondamente convinti, tra l altro, della singolarità e della diversità di ogni contesto rivoltoso, per cui la Tunisia non è l Egitto, questi non è la Libia, e tutti questi ovviamente non sono lo Yemen, l Oman e il Bahrein. Ogni entità statale, terreno di scontro fra questi movimenti di protesta e il potere costituito, rappresenta un caso da analizzare a sé. Ma la nostra intenzione in questo momento è un altra, e cioè quella di individuare quei punti di contatto, quelle similitudini che hanno caratterizzato fino adesso queste rivolte. Capire qual è quel filo che le tiene unite, che le lega. Perché se effetto domino sta avvenendo, vuol dire che nella diversità un filo comune ci dev essere per forza. Non entreremo in questo pezzo sulla sincerità o meno di queste rivolte. E ancora presto per poterne dare un giudizio di merito sicuro, e soprattutto non è questo il centro del discorso. Non è neanche tanto importante stabilire in quale momento sia avvenuta, se è avvenuta, l irruzione nel campo di battaglia di poteri forti, stranieri, economici. Sono tutte riflessioni che avremo tempo e modo di affrontare, e saranno sicuramente fondamentali per capire l evolversi di queste proteste. Il terreno sul quale vogliamo invece muoverci e indagare in questa riflessione è la dinamica sociale che ha portato a queste rivolte, la composizione sociale delle stesse, nonché le loro forme organizzative. Perché se c è un dato ormai chiaro, che sconvolge il nostro modo di pensare le cose, è proprio questo: la diversità irriducibile fra quello che noi pensavamo essere possibile e quello che è avvenuto e sta avvenendo in quell area. Cerchiamo subito di essere chiari e arrivare al punto: quello che è avvenuto in quei paesi ci sembra in netta contraddizione non solo con il pensiero di Marx e con il marxismo, ma addirittura con il leninismo come forma d organizzazione politica efficace per le masse in vista della presa del potere. Ora, si potrebbe benissimo sintetizzare tutto questo ragionamento con un bel chissenefrega: sarà pure in contraddizione con la teoria, ma è avvenuto, e fino a prova contraria la realtà sta sempre li caparbia a smentire ogni teoria decrepita e superata. Bene, questo può essere vero, ma se lo è cerchiamo di capirlo subito e di rifarci quantomeno la libreria. Veniamo al dunque: perché queste rivolte smentirebbero così nettamente quanto detto sopra, cioè quella che fino ad oggi è stata considerata da noi comunisti la scienza della presa del potere da parte delle masse? In primo luogo, perché non si tratta di rivolte di classe. Al di là delle diversità regionali e statali, tutte le proteste sono caratterizzate dall essere composte da una moltitudine eterogenea di persone che si ribella al potere costituito. In principal modo al potere politico. Non siamo in presenza di masse che invocano una qualche forma di liberazione economica, di più salario o più diritti sociali, ma di segmenti di cittadinanza che chiedono più democrazia, la possibilità di votare in libere elezioni, la possibilità di essere rappresentati politicamente nelle istituzioni statali. Questo ci sembra di poterlo affermare con certezza. Non erano piazze di lavoratori che chiedevano il pane, un aumento degli stipendi, più diritti sul lavoro e via dicendo tutto quello che per due secoli aveva caratterizzato le rivolte di classe. Certo, c erano anche i lavoratori, è evidente. Ma non erano la componente maggioritaria politicamente, nel senso che non influivano politicamente sullo sviluppo delle rivolte. Erano per così dire accodati, ma non nel senso negativo del termine: erano parte di un meccanismo più grande, e diverso da loro, e una guida politica del lavoro non ha indirizzato questo proteste. Piuttosto, da subito le piazze sembravano essere caratterizzate da una eterogeneità, tanto politica quanto sociale, che però affermava con forza un concetto forte: il problema generazionale. Più che dei lavoratori, o di una qualche altra categoria o classe sociale, queste sono le rivolte di un soggetto preciso: i giovani. E da questa constatazione ne risulta subito un altra, che diventa il secondo punto della riflessione: essendo delle rivolte moltitudinarie, interclassiste e generazionali, queste proteste non sono partite dai bisogni materiali ma da urgenze ideali. Come detto, al posto del lavoro e di tutto ciò che si porta dietro questa parola, i bisogni ideali impellenti di queste rivolte sono stati: la democrazia, come passaggio necessario, e sentito, rispetto all oligarchia politica di questi stati; l abbattimento dei Rais di turno, la fine di regimi fondati sulla corruzione; e poi ancora, la richiesta di libere elezioni, un avvicinamento ideale e materiale all occidente moderno, visto come il sogno da raggiungere per schiere di giovani bloccati nell immobilismo di stati-privati, o privatizzati, dal despota di turno. Un bisogno di emergere, di far parte del mondo democratico occidentale, facendo leva sullo strumento della democrazia per raggiungere il benessere degli stati del primo mondo, così vicini eppure così lontani se visti dall altra sponda del Mediterraneo. Dunque, e questa è veramente un prima storica: una serie di rivolte sospinte da una voglia di cambiare le regole di gestione del potere, più che per la conquista di diritti sociali e di un miglioramento delle condizioni di vita. O meglio ancora, un capovolgimento: mentre nelle rivolte storiche le richieste di un miglioramento sociale portavano prima o dopo alla democrazia (o al socialismo), adesso sembrano essersi invertiti i termini: prima la forte

7 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio richiesta di democrazia, che sarà lo strumento che darà il benessere sociale, poi tutto il resto. Di più, una serie di rivolte che non miravano alla presa del potere, ma all instaurazione di un regime che potesse consentire anche a questi giovani di partecipare alle elezioni, a possedere una stampa libera, di militare nel partito che si preferiva. Precisazione: come detto in precedenza, non è che siano assenti anche dinamiche di miglioramento sociale, così come la presenza di lavoratori: è che sono ininfluenti politicamente e socialmente rispetto a quello che sta avvenendo. Non sono loro che guidano queste rivolte, non è la classe lavoratrice che guida questa proteste. Sarà pure un problema di secondo piano rispetto al fatto che effettivamente questo rivolte sono avvenute, ma è un dato storico. La richiesta di democrazia, in tutti i luoghi del mondo in cui sono avvenute rivolte, proveniva dai lavoratori, dai partiti che li organizzavano e dai sindacati che li spalleggiavano. Oggi no, e questo è un dato che dobbiamo tenere a mente. Terza grande questione sul piatto: ancora oggi, non si è capito che forma organizzativa hanno avuto e stanno avendo queste rivolte. Sembrerebbero, e qui il condizionale è d obbligo, assolutamente spontanee, non pre-determinate, e soprattutto senza nessuna struttura politica che ne abbia indirizzato le decisioni. Di organizzazioni politiche, anche qui, ce ne sono state, una su tutte i Fratelli Musulmani. Ma mai hanno avuto un incidenza su quello che avveniva; nel migliore dei casi, partecipavano al dibattito. Ma questo dibattito come è avvenuto, in che forme, con quali metodi? Davvero possiamo credere che in paesi dove la gente muore di fame c è un incidenza così determinante delle nuove tecnologie, e soprattutto dei social network? Non ci è dato saperlo. O meglio, alcuni dati, col tempo, iniziano ad emergere. Ad esempio il fatto che non esiste il social network Twitter in lingua araba; sembra una notizia da poco, ma in tutto questo marasma mediatico creatosi in occidente nessuno ce lo aveva ricordato. I media occidentali ci raccontano, esaltandola, una forma di protesta assolutamente pacifica e movimentista, senza però nessun movimento organizzato alle spalle. Nessun altro canale d informazione è in ogni caso intervenuto a smentire tale fatto. Quindi lo diamo per buono, anche se effettivamente poco credibile. Soprattutto, possiamo ritenerlo un fattore di evidente debolezza di tali rivolte. Infatti, è da poco passato il referendum costituzionali egiziano post-rivolte. Un referendum che ha visto confermata la costituzione vigente sotto Mubarak, emendandola solo di alcuni articoli. Una vittoria schiacciante, col 77% delle preferenze, resa possibile dalla campagna elettorale fatta dall unico movimento organizzato nelle proteste di questi mesi, e cioè dai Fratelli Mussulmani. Che magari sono contati poco all interno delle mobilitazioni, ma che stanno facendo valere la propria strutturazione in questo periodo di calma dopo la tempesta. Nel corso della storia di rivolte assolutamente dis-organizzate ce ne sono state a centinaia. Ma tutte si sono risolte nel giro di pochi giorni o in un evidente nulla di fatto, o più facilmente con una brutale repressione senza mezzi termini. E invece questa serie di rivolte, non organizzate, non armate, spontanee e assolutamente orizzontali hanno abbattuto due regimi e si preparano ad abbatterne un terzo. Come è possibile tutto ciò? Se effettivamente le cose sono andate esattamente così, sarebbe la più netta smentita storica al leninismo, al pensiero di Gramsci, all organizzazione politica comunista come l abbiamo conosciuta fino ad oggi. Nessun problema, però capiamoci, perché se così è, noi dobbiamo adeguarci, e anche in fretta, prima di sparire non tanto dalle rivolte, ma addirittura dalla storia. Senza un organizzazione politica che funga da avanguardia cosciente della classe, non c è rivoluzione, diceva Lenin. E tutti ancora lo prendiamo per buono. Una volta era il partito, oggi magari è qualcos altro, ma quest avanguardia ci dev essere, abbiamo sempre pensato. E invece oggi dovremmo avere la prova che non è così. Oggi una rivolta assolutamente priva di qualsiasi forma di coordinamento politico è giunta ad abbattere il potere in ben tre stati. Anche questo dato ci sembra una prima storica abbastanza ingombrante per non tenerne conto. Per il momento sottolineiamo questi aspetti e cerchiamo di giungere ad una serie di conclusioni, che esponiamo in forma di domanda, proprio perché per il momento è difficilissimo sintetizzare quanto sta avvenendo: 1) Se non sono rivolte di classe dove possono portare? Se la classe non incide con le sue proposte sulle rivolte, e ora nella fase post-rivolta, quali saranno le proposte in campo? E soprattutto, se non sono i lavoratori, chi determinerà i livelli di proposta politica che verranno presi in considerazione? 2) Una rivolta interclassista può avere delle proposte politiche veramente interclassiste? O, più probabilmente, alla fine la classe che saprà emergere come più forte inciderà sul futuro dei governi? 3) Come è stato possibile che delle rivolte pacifiche siano giunte al potere? Dopo una media di trent anni di egemonia politica per raìs, è davvero possibile che due settimane di mobilitazioni di piazza siano bastate a far crollare regimi appunto ultradecennali e apparentemente fedeli all occidente? Rivolte tra l altro assolutamente pacifiche, al di là di pochi e casuali momenti di conflitto con la polizia. 4) Come è possibile che degli apparati militari apertamente in combutta con i dittatori non ci abbiano pensato un attimo a lasciare il vecchio potere per appoggiare la rivolta dis-organizzata? In Egitto il potere è sempre stato controllato dall esercito; e più in generale, in tutti questi stati l esercito rappresenta una casta separata e privilegiata rispetto al resto della popolazione, mediamente benestante e legata a doppio filo col potere. Com è possibile che abbiano deciso in blocco di mollare il potere costituito e la tranquillità della loro egemonia sociale per appoggiare rivolte che in fin dei conti potevano anche finire malissimo? 5) Perché tutto questo va bene per la Tunisia e l Egitto e non succede in Grecia, tanto per fare un esempio, che ha quasi lo stesso livello di reddito della Libia, ma che in compenso ha una lotta praticamente armata contro il potere, organizzata e cosciente? O non è successo in tutto il resto del mondo, dove è stata la violenza a caratterizzare la presa del potere, o quantomeno la sua parte distruttiva di abbattimento dei regimi, e dove l esercito è sempre stata la fonte di tranquillità dei governi, consentendo in ultima analisi una repressione militare alle rivolte? 6) Può essere davvero chiamata rivoluzione una protesta che non prevede la presa di possesso dei mezzi di produzione, o che in ogni caso non si pone questo come obiettivo a cui aspirare? E che non ha alla base il miglioramento sociale, bensì un adeguamento alle norme democratiche presenti in Europa o negli USA, una richiesta tout court di democrazia senza specificazioni? Qualche giorno fa leggevamo su Repubblica un intervista a Fukuyama, l autore del contestatissimo libro La fine della storia e l ultimo uomo. Ebbene, proprio oggi sembrerebbero confermate molte delle sue teorie, e cioè la soluzione di un mondo politicamente bi-polare in uno uni-polare, dove la liberal-democrazia è l unico obiettivo politico non solo dei governi, ma anche delle masse diseredate. Uscito di scena il socialismo come obiettivo politico e come riferimento ideale, la richiesta di questa masse di un cambiamento inteso come un approdo alla democrazia occidentale sembrerebbe la conferma più evidente di quel saggio, fino a poco tempo prima considerato troppo orientato ad un interpretazione liberale e occidentale. Noi riteniamo che non sia così, e l alternativa va costruita proprio partendo dalla contestazione radicale a questo modello di sviluppo. Ma se così è, bisogna imparare molto da quello che sta succedendo nel Maghreb, per capire la differenza sostanziale fra la realtà e la rappresentazione della realtà che ne abbiamo qui in Europa. Per il momento ci fermiamo qui. Molte altre cose avremmo potuto constatare in queste strane rivolte. Sarebbe interessante cercare di capire se queste riflessioni e queste domande siano condivise anche dal nostro mondo, dai compagni, o se risultano essere questioni di lana caprina, da lasciare in secondo piano rispetto al travolgere degli eventi. A noi ci sembrano indispensabili per capire cosa sta accadendo. Perché capire il passato aiuta ad interpretare il presente, e a non fare errori nel futuro. Il futuro però sono vent anni che è arrivato, e di errori ne sono stati commessi fin troppi. Il collettivo di redazione di Aurora ringrazia il collettivo Militant per aver accettato di fornire questo contributo sul tema delle rivolte in Egitto.

8 8 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 L A V O R O economica europea di Andrea Albertazzi Br u x e l l e s Il nuovo attacco ai lavoratori passa attraverso la governance La chiamano governance economica, questa nuova politica europea di attacco ai salari e ai diritti. La Commissione europea, insieme ai governi, ha deciso un piano che, negli intenti dichiarati, dovrebbe mettere al riparo i paesi dell Unione Europea, in particolare quelli dell area euro, dagli attacchi delle speculazioni dei mercati finanziari sui debiti sovrani. La decisione finale e stata presa in tempi piuttosto rapidi, da emergenza, ed è stata il frutto di una serie di pressioni ed equilibri tra governi e lobby finanziarie ed imprenditoriali, a partire dal cosiddetto patto di competitività Merkel-Sarkozy. Sono state quindi decisi una serie di provvedimenti legislativi e di scadenze che hanno l obiettivo di rafforzare la coordinazione delle politiche economiche dei governi di riduzione dei debiti e dei deficit pubblici attraverso un ulteriore attacco ai salari, ai servizi pubblici e ai diritti dei lavoratori. Non si tratta della solita minestra riscaldata: in questa occasione viene utilizzato, anche nei documenti ufficiali, un linguaggio diretto che non lascia spazio a possibili mediazioni e lascia trasparire un approccio totalmente unilaterale alla questione. Ad esempio ne l analisi annuale della crescita, uno dei documenti più importanti di questo nuovo assetto, si afferma esplicitamente la necessità di incentivare una moderazione salariale rigorosa e sostenuta, con un superamento della indicizzazione dei salari (la scala mobile) nei paesi dove ancora resiste come il Belgio, una ulteriore privatizzazione del settore dei servizi, l innalzamento dell età pensionabile legandola definitivamente alla speranza di vita e una ulteriore flessibilizzazione del mercato del lavoro. Nonostante, sarcasticamente, nell introduzione si sostenga che gli elevati livelli di tutela sociale europei hanno evitato gli impatti peggiori della crisi, è chiaro che si tratta di un tentativo di smontare quel poco che che è rimasto dello stato sociale e di apportare un nuovo attacco alla classe lavoratrice ed ai suoi diritti. I lavoratori, in effetti, si trovano in una situazione nella quale si ritrovano a dover pagare per la terza volta: prima hanno subito le conseguenze negative della crisi sull economia reale in termini di licenziamenti, disoccupazione e cassa integrazione; poi hanno visto le proprie condizioni peggiorare oggettivamente dai piani di austerity decisi dai governi nel corso dell ultimo anno; ora ciò che resta viene ulteriormente messo in discussione, con un attacco particolare ai salari pubblici e privati e all autonomia dei partner sociali nella contrattazione collettiva. Non si tratta di un quadro politico ed economico che riguarda unicamente la Grecia o l Irlanda ma ha delle conseguenze fondamentali in tutti i paesi europei: le leggi finanziarie verranno sottoposte al vaglio della Commissione europea e, nel momento in cui non rispondessero ai criteri previsti in termini di riduzione di deficit e debito pubblici, potranno scattare sanzioni. La sovranità economica degli stati passa quindi, in grande misura, al livello europeo e la discrezionalità dei governi nell adottare le politiche economiche viene inevitabilmente limitata. Indicatori come il costo unitario del lavoro verranno utilizzati per misurare la competitività dei paesi e dettare raccomandazioni nelle ricette da adottare: non ci vuole una grande immaginazione per capire che ciò determinerà un abbassamento reale generalizzato dei salari in Europa. Di fronte all impossibilità di svalutare la propria moneta (per via dell unione monetaria) per migliorare la propria competitività internazionale, i paesi hanno deciso di procedere ad una svalutazione dei salari. Ciò si traduce in un attacco al salario minimo (già diminuito in termini nominali, ad esempio, in Irlanda) e alla contrattazione collettiva e alla sua autonomia attraverso una riduzione dell importanza e della copertura del contratto nazionale (in perfetta assonanza con la tendenza italiana, benedetta da CISL e UIL) e in una marcata interferenza della burocrazia europea nei processi di negoziazione. I sindacati nazionali e la Confederazione Europea dei Sindacati hanno duramente condannato questa politica e hanno organizzato numerose manifestazioni per dimostrare tutto il loro dissenso per un progetto che mira, tra le altre cose, anche a ridurre al lumicino il loro ruolo. L azione che la Commissione europea sta svolgendo nei confronti degli Stati è stata giudicata quasi-coloniale ed è stato denunciato il forte rischio di rotta di collisione con la democrazia. Tutto ciò però non sembra scalfire minimamente il processo di definitiva adozione del pacchetto legislativo di governance economica, che includerà anche un passaggio di modifica dei trattati dell Unione europea. Non si illudano coloro che pensano che alcuni paesi potrebbero allora bloccare tutto attraverso un voto popolare di rifiuto, perchè è già stato chiarito dalla Commissione stessa che, trattandosi di modifiche soltanto tecniche, non si farà ricorso al referendum. In realtà, evidentemente, si tratta di modifiche tutt altro che tecniche ma di cruciale contenuto politico, ma un vero e proprio confronto su questi temi è completamente assente dal dibattito pubblico e chi ha il potere di decidere sfrutta questa la situazione di crisi per sbarazzarsi definitivamente degli ultimissimi lacci e lacciuoli e lasciare ulteriore spazio al libero mercato, portatore di benessere per tutti.

9 L A V O R O I lavoratori scendono In piazza Contro le politiche economiche dell europa 9 di andrea albertazzi Br u x e l l e s Negli ultimi mesi la protesta dei sindacati ha portato nelle piazze europee i lavoratori in varie occasioni: la crisi economica e sociale, seguita dalle feroci misure di pesanti tagli a salari, sicurezza sociale e servizi, e coronata dal piano di governance economica europea che avrà l effetto di schiacciare ulteriormente salari e diritti, ha determinato le condizioni per una serie di manifestazioni, scioperi ed azioni a livello nazionale ed europeo. A partire dalla grande manifestazione europea di Bruxelles dello scorso 29 Settembre, che ha visto una mobilitazione al di là delle attese, si sono succedute diverse azioni nel dicembre scorso e nei primi mesi del 2011 in vari paesi: in marzo, ad esempio, i lavoratori sono scesi in piazza in Romania, Portogallo, Spagna, Germania e perfi no nei paesi baltici. Con l obiettivo di fare sentire il più possibile la propria voce ai capi di stato e di governo e anche ai media, si è deciso di fare coincidere le mobilitazioni con le riunioni del Consiglio dell Unione Europea nelle quali venivano prese le decisioni rispetto ai piani di austerità e alla governance economica. In questo senso si è scesi in strada a Bruxelles il 24 marzo e il 26 a Londra con una grandiosa marcia per l alternativa, che ha visto una massiccia partecipazione di cittadini britannici (almeno 300mila) come non se ne vedevano da anni nel Regno Unito. Il 9 di aprile, invece, è stata organizzata una grande manifestazione europea a Budapest poichè il governo ungherese - in mano ad una destra eversiva - ha la presidenza europea. La manifestazione di Budapest è stata molto positiva: anche qui la partecipazione (50mila manifestanti) è stata superiore alle aspettative e hanno partecipato nutrite delegazioni da Slovenia, Romania e Polonia, contribuendo ad un risultato molto significativo per l Ungheria e per tutti i paesi dell est europeo. Il rifi uto e la condanna delle politiche di tagli selvaggi alla spesa pubblica, alle pensioni e ai salari, ai servizi e alla politica sociale, è netto ed unanime da parte di tutti i sindacati europei. A ciò si affianca la denuncia delle forti interferenze nelle politiche UN MOMENTO DELLA MANIFESTAZIONE DI LONDRA DEL 26 MARZO. salariali e nell autonomia della contrattazione collettiva che stanno già avvenendo e che diventeranno normali in tutti i paesi quando la nuova governance economica europea sarà pienamente a regime. Si stanno creando le condizioni per sferrare un altro micidiale attacco alle ultime tutele sociali esistenti in Europa, nel tentativo di recuperare competitività su scala globale schiacciando ulteriormente i salari; tentativo destinato ad insuccesso poichè un polo come l Europa non potrà mai competere speculando sul costo del lavoro. Non si può fare a meno di notare la mancanza totale di redistribuzione: le ineguaglianze sociali ed economiche crescono in tutta Europa, piuttosto che diminuire e i banchieri e gli amministratori delegati ricevono dei bonus milionari. Ciò sta a significare che i soldi ci sono, ma sono nelle tasche sbagliate. La realtà è che la mobilitazione è l unica opzione che rimane ai sindacati, dato che in tutte le altre sedi, istituzionali, politiche e di dibattito pubblico, le controproposte avanzate rimangono totalmente inascoltate. Ciò avviene, è giusto sottolinearlo, in un contesto in cui proposte politiche alternative sono assenti, nella sostanziale difficoltà delle sinistre europee di proporne e nell omologazione definitiva e lampante anche della miglior socialdemocrazia europea al capitalismo in tutte le sue manifestazioni, compresa quella neoliberale.

10 10 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 MASSIMO RECCHIONI, IL TENENTE ALVARO, LA VOLANTE ROSSA e i rifugiati politici italiani in Cecoslovacchia Roma, DeriveApprodi, 2011, euro 17 di Vladimiro Giacché Dopo la fine della guerra, noi partigiani che speravamo in una Italia democratica, constatammo invece che le cose andavano in un altro modo. Fascisti venivano rimessi in libertà e non pochi di loro diedero vita a gruppuscoli armati che attuarono criminali attentati contro le Case del Popolo, le sedi dell Anpi, dei sindacati, delle sezioni del Pci La risposta partigiana non si fece attendere. Chi parla è uno dei protagonisti di questa risposta: Giulio Paggio, meglio noto come Il Tenente Alvaro, il capo della Volante Rossa. La Volante Rossa nacque a Lambrate, come un luogo di ritrovo per i giovani e con lo scopo di tener viva la memoria della guerra di Liberazione. A un certo punto, la svolta: la Volante decide di sostituirsi alla giustizia, che sempre più spesso invece di punire i fascisti li reintegra al loro posto con tante scuse. Vengono uccisi il gen. Ferruccio Gatti, squadrista, poi repubblichino e ora (nel 1947!) a capo dei Fasci Armati Rivoluzionari. E poi Felice Ghisalberti, responsabile dell assassinio del partigiano comunista Eugenio Curiel. E ancora Leonardo Massaza, ex spia dell Ovra e responsabile della morte di diversi partigiani. Nel 1949 la La foto di Giulio Paggio uscita sul settimanale oggi nel febbraio 1949, successivamente usata come foto segnaletica. Volante Rossa viene sgominata. Le pene comminate sono pesantissime. E i principali esponenti della Volante scappano in Cecoslovacchia, dove in quegli anni si forma una vera e propria comunità di emigrati politici italiani. Questo libro straordinario racconta la storia di questi uomini e donne, seguendone i percorsi nei decenni successivi, sino alla grazia che il presidente Pertini concesse loro nel È una storia appassionante, a tratti commovente. Ma è soprattutto una ricostruzione che ha il merito di inserire le vicende di questi combattenti nel loro contesto: i terribili anni dell immediato dopoguerra e delle speranze tradite della Resistenza. Questo fa del libro di Recchioni il migliore antidoto alle verità mutilate che ci vengono propinate dalla pubblicistica e dalla pseudostoriografia revisionistica oggi imperanti. (recensione realizzata per Radio Popolare, in onda il 18 aprile 2011) Un gruppo di appartenenti alla Volante Rossa con il proprio vessillo.

11 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio L I B E R O Rubrica S A P E R di Perla Conoscenza Br u x e l l e s Quando accediamo a Internet, inconsciamente assumiamo che valgano due principi guida dei quali molti noi neppure conoscono l esistenza: la neutralità della rete e la struttura distribuita della rete. Infatti, siamo stati abituati che una volta connessi alla rete, si abbiano alcuni diritti. Il diritto di accedere alle stesse condizioni a qualsiasi sito Web* o indirizzo di rete e che ciò non dipenda né da quale device, applicazione* o servizio* stiamo usando (o quale sia la società che lo fornisce, o a chi vadano eventuali profitti). Le due condizioni che fino ad oggi ci hanno garantito tutto ciò vengono gradualmente smantellate: A. l architettura di rete decentralizzata, distribuita e ridondante, sia in termini di connessioni che di informazioni; B. il principio guida che garantisce la neutralità della rete ; 1 allineandosi alle pressioni degli operatori di telecomunicazione e cavo (da ora in poi abbreviati in TLC) insieme agli oligopoli dei servizi globali di rete quali facebook, google, amazon etc. Neutralità della Rete, Net Neutrality in inglese, significa che i fornitori di servizi Internet non possono discriminare tra diversi tipi di contenuti e applicazioni online. Garantisce le pari condizioni di accesso e di utilizzo per tutti i siti web e le tecnologie Internet, che hanno permesso la possente innovazione tecnologica e economica, una straordinaria partecipazione democratica e libertà di espressione online, realizzando nel mondo immateriale quella libera concorrenza, tanto idealizzata dalla ideologia liberista e lungi da essere garantita nel mondo fisico. Protegge il diritto del consumatore di utilizzare qualsiasi apparecchiatura contenuto, applicazione o servizio senza interferenze da parte del gestore di rete. In base al principio della Net Neutrality, il compito della rete è unicamente quello di spostare i pacchetti di dati - non di scegliere quali dati privilegiare con un servizio di qualità superiore. Vi è una totale indipendenza, una netta separazione tra il trasporto dei dati e il tipo di dati/servizi trasmessi. Un altra caratteristica strutturale di internet è di essere distribuita, ossia la mancanza di punti di centralizzazione, che permette all informazione di dividersi in pacchetti di dati che possono fluire liberamente e indipendentemente, e arrivare a destinazione cercando strade alternative nel caso alcuni cammini venissero interrotti o fossero resi inutilizzabili. Internet una rete storicamente determinata E Queste caratteristiche della rete internet non sono caratteristiche naturali delle reti, ma sono storicamente determinate e sono dovute al peculiare momento storico nel quale sono nati i presupposti di internet, 50 anni fa. All inizio degli anni 60, Stati Uniti e Unione Sovietica si preparavano ad una possibile guerra nucleare, e sviluppavano freneticamente la capacità di colpire per primi l avversario con un attacco nucleare. L Unione Sovietica, in soli 40 anni era passata da una società contadina ad uno sviluppo industriale, scientifico, militare e tecnologico capace di sfidare gli USA. Con il lancio dei primi satelliti nello spazio nel 57 l Unione Sovietica dimostrò la sua potenza missilistica e la capacità di lanciare in orbita oggetti di mezza tonnellata. Gli USA, in seguito, sarebbero riusciti a lanciare un satellite di soli 2kg, utile solo Internet del Futuro: Addio net neutrality e internet distribuita Discriminazione del traffico e nuvole oligopolistiche per fini propagandistici, ma inutile per un attaco nucleare. L URSS solo 4 anni più tardi avrebbe lanciato il primo uomo nello spazio, il cui 50 anniversario cade questo mese, mostrando i risultati di un modello di società alternativo. 2 La sfida tecnologica e militare era stata vinta dai sovietici Gli USA, spaventati dall egemonia comunista e terrorizzati dalla minaccia comunista cercavano di sviluppare la possibilità di reazione, dopo un primo attacco nucleare sovietico che avrebbe distrutto gran parte delle città, dell infrastruttura militare e reso impossibili le comunicazioni via radio dell avversario. Vennero stanziati ingentissimi finanziamenti statali, sia per lo sviluppo militare e spaziale, sia per lo sviluppo di un sistema di comunicazione che rimanesse affidabile anche dopo un attacco nuclere. In tali condizioni storiche, nella progettazione della rete di comunicazione, la possibilità di estrarre profitti e le esigenze di centralizzazione e controllo, vennero messe in secondo piano, rispetto alla affidabilità e alla sopravvivenza della rete. La struttura di internet che ne risultò, 3 era rivoluzionaria rispetto alle strutture centralizzate di comunicazione progettate dagli operatori telefonici, l informazione veniva divisa in piccoli pacchetti di dati, indipendentemente dal tipo di trasmissione (ad esempio voce o dati); i pacchetti si duplicavano e fluivano lungo differenti percorsi e nodi di rete, cercando autonomamente il loro cammino, e ricomponendosi solo a destinazione. Mutamento delle condizioni storiche Possiamo quindi definire le caratteristiche di neutralità e di decentralizzazione di internet un fortunato accidente della storia. Oggi le condizioni storiche sono mutate: una sempre maggiore fetta dell economia dipende da internet; è in corso uno massiccio processo di concentrazione e di formazione di oligopoli globali. La struttura di internet si sta modificando e i grandi oligopolisti hanno attivato un processo per modificare le regole che governano Internet, affinché rispecchino la struttura dei poteri e permettano le rendite che si stanno configurando. Come sappiamo, le infrastrutture di rete (autostrade, ferrovie, reti idrauliche, elettriche, telefoniche) nel passato erano considerate beni pubblici comuni e sono state inizialmente create con i fondi pubblici. Nel corso degli ultimi 20 anni, in molti paesi, a causa del taglio degli investimenti pubblici queste strutture sono diventate carenti e inefficienti. Sono state quindi privatizzate (svendute) a società il cui obiettivo prioritario, non è lo sviluppo delle infrastrutture, ma l estrazione del maggior profitto possibile. Assistiamo quindi ad un aumento dei costi, mentre la qualità del servizio il pretesto utilizzato per privatizzarle non è progredito parallelamente allo sviluppo tecnologico. Le maggiori società telefoniche (quali AT&T, Verizon, Comcast, Time Warner Cable in USA, Telefonica, Telecom Italia, Vodafone, BT in Europa), hanno costantemente alzato i costi senza investire nel miglioramento del servizio e dell infrastruttura di comunicazione. (segue alle pagine 16-17) * sempre che sia legale 1 Miles Branum, Network Neutrality: Definitions, Development & Concepts, Lighthning Source UK Ltd., Il Cosmonauta Yuri Gagarin, terminava il suo discorso al rientro trionfale sulla terra con le seguenti parole: Noi abbiamo dedicato il primo volo nello spazio al XXII Congresso del Partito Comunista dell Unione Sovietica. Grazie di tutto cuore, caro popolo di Mosca, per questa calorosa accoglienza. Sono sicuro che sotto la guida del Partito Leninista ognuno di voi è pronto a fare ogni cosa per la grandezza e la prosperità della nostra amata madrepatria, la gloria del nostro paese, del nostro popolo. Lunga vita alla nostra terra socialista! Lunga vita al nostro grande e forte popolo sovietico! Gloria al partito Comunista dell Unione Sovietica e al suo Comitato Centrale Leninista , On distributed communication networks, Paul Baran, RAND;

12 12 Rappresentanza e contraddizione AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 Speciale ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2011 a cura del Collettivo di Redazione Aurora Il 15 e 16 maggio 2011 (con eventuali ballottaggi il 29 e 30 maggio) si vota in Italia per il rinnovo di diverse amministrazioni provinciali e comunali. È una tornata molto importante e significativa, sia perché coinvolge un po tutte le regioni del paese, sia perché è di nuovo un momento di verifica dell attuale situazione politica sul metro dei voti, a prescindere dalle speculazioni dei media e dai sondaggi sulle intenzioni di voto. Sono chiamati al voto in particolare 11 Province, 30 Comuni di città capoluogo e circa altri 1300 Comuni; tra essi, meritano particolare attenzione gli esiti in città come Torino, Milano, Bologna, Napoli o Cagliari. Illustriamo brevemente come si presenterà il campo della Sinistra in queste ed in altre realtà: oltre alle liste della Federazione della Sinistra, frequentemente se ne presentano altre dichiaratamente comuniste; là dove la Federazione della Sinistra partecipa ad ampie coalizioni di Centrosinistra, queste ultime possono emergere come espressione di un intenzione di voto chiaramente alternativa rispetto al compromesso del Centrosinistra. Al Comune di Torino, la Federazione della Sinistra presenta una lista con Sinistra Critica, con un programma e una candidatura di chiara alternativa e rottura. Si tratta di una scelta in coerenza e responsabilità rispetto alla linea adottata dai suoi principali costituenti, PRC e PdCI, che hanno optato per una lista esterna alla coalizione del Centrosinistra, comprendente PD, IdV e SEL, con candidato e con un programma favorevole, tra l altro, alla FIAT marchionniana e alla TAV. Per il Comune di Milano, invece, la Federazione della Sinistra si presenta nel Centrosinistra a sostegno di Pisapia, sulla scia del successo mediatico delle primarie, con un programma nella sostanza ben poco diverso da quello proposto dai poteri forti che dominano anche certa Sinistra. La lista, chiamata Sinistra con Pisapia, comprende alcuni movimenti e comitati di cittadini ma non SEL, che punta tutto su quello che si presenta come il suo candidato. Autonomamente dalle coalizione, invece, si presenta la lista del Partito Comunista dei Lavoratori. Anche per il Comune di Bologna la Federazione della Sinistra corre come Sinistra per Bologna all interno di una coalizione di Centrosinistra, che sostiene un candidato PD selezionato tramite primarie. Anche nel capoluogo emiliano si presenta una lista autonoma del Partito Comunista dei Lavoratori. Per il Comune di Napoli, qui le primarie hanno dato il peggio di sè e alla fine nel Centrosinistrac è divisione, con PD e SEL a braccetto con il candidato più moderato e contiguo al sistema di potere degli ultimi anni, e la Federazione della Sinistra a sostenere il candidato dell IdV, Luigi De Magistris. Ma c è anche una lista Napoli non si piega della sinistra alternativa fuori dal centrosinistra. Per il Comune di Cagliari, la Federazione della Sinistra si è opportunamente sottratta alla farsa delle primarie, ma poi ha scelto di sostenere comunque il solito Centrosinistrache ha come candidato sindaco quello che è uscito vincente da delle primarie a cui pochissimi hanno partecipato, un esponente di SEL con praticamente l unico merito di essere giovane. In altre realtà, come a Treviso, Trieste, Arezzo, Siena, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria o Ragusa, spesso la situazione è ancora più complicata, con liste della Federazione della Sinistra proprie o sotto diciture tipo Sinistra per... in associazione con altre realtà di sinistra, o presunta tale, ed a sostegno di candidati di varia provenienza; altre volte la FdS si presenta in alternativa alle coalizioni di Centrosinistra, più o meno ampie. Sono stati persino registrati casi di gravi contrasti interni tra gli stessi partiti che compongono la FdS. Ancora meno chiarezza vi è riguardo ai programmi, che sempre di più appaiono come degli optional in contese elettorali ridotte a gare personalistiche bipolari.salvo alcune eccezioni, non sempre agli elettori è offerta una chiara alternativa comunista, anticapitalista al Centrosinistra, il che potrebbe indurre alcuni aventi diritto a non esprimere il proprio voto. Infatti, la FdS ed i due partiti comunisti che la compongono difettano di una linea unica su scala nazionale per quanto concerne i programmi e le alleanze a differenza di SEL che propone in linea di principio alleanze con il PD ed altre forze moderate. L impressione dei militanti e dei simpatizzandi della FdS è che navighi a vista e ciò crea confusione, scoramento e disaffezione. Dal nostro punto di vista di comunisti che promuovono l unità dei comunisti, anziché vecchie formule e nuove alleanze con i settori moderati, la FdS dovrebbe adoperarsi per stringere alleanze e creare coalizioni a Sinistra, con le altre organizzazioni comuniste, puntando alla unità comunista. Pertanto, non ci meraviglieremo se i risultati complessivi di queste elezioni amministrative

13 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio per la Federazione della Sinistra saranno ben lontani da quell insuffi ciente ma comunque dignitoso 3,4% che la Lista Comunista e Anticapitalista era riuscita ad ottenere alle elezioni europee del 2009, presentandosi su posizioni chiaramente alternative al Centrosinistra e promuovendo l unità quanto meno dei principali partiti comunisti italiani, PRC e PdCI. Qui di seguito riproduciamo la lista delle province e dei capoluoghi di provincia interessati dalle elezioni amministrative del Ricordiamo che, al trattarsi di elezioni amministrative, gli elettori residenti all estero, per votare, dovranno recarsi presso il proprio Comune italiano di residenza AIRE. In alcuni casi esistono dei contributi o agevolazioni di viaggio (è necessario informarsi direttamente presso i Comuni). Mappa del voto provinciale (verde) e comunale (azzurro) PROViNcE: Provincia di campobasso Provincia di GORiZia Provincia di Lucca Provincia di MacERaTa Provincia di MaNTOVa Provincia di PaVia Provincia di RaVENNa Provincia di REGGiO calabria Provincia di TREViSO Provincia di TRiESTE Provincia di VERcELLi comuni capoluogo: comune di arezzo comune di barletta comune di benevento comune di bologna comune di cagliari comune di carbonia comune di caserta comune di catanzaro comune di cosenza comune di crotone comune di FERMO comune di GROSSETO comune di iglesias comune di LaTiNa comune di MiLaNO comune di NaPOLi comune di NOVaRa comune di OLbia comune di PORDENONE comune di RaGuSa comune di RaVENNa comune di REGGiO calabria comune di RiMiNi comune di ROViGO comune di SaLERNO comune di SaVONa comune di SiENa comune di TORiNO comune di TRiESTE comune di VaRESE

14 ca14pitalismo assassino AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 Primavera di risveglio nella Repubblica Ceca di Jakub Hornaček Pr a g a Dopo la chiara vittoria del centro-destra ceco alle elezioni parlamentari del 2010, il governo guidato dal premier Petr Nečas non ha perso tempo e ha cominciato a portare avanti una chiara politica sociale ed economica di classe. Utilizzando lo spauracchio del debito pubblico, uno tra i più bassi in Europa (la Repubblica Ceca ha un rapporto debito/pil del 44%), il governo Nečas ha imposto nel 2010 un taglio netto del 10% alle spese sociali. Quest anno, nel quale non si terrà nessun tipo di elezione nel Paese, viene sfruttato per far passare molte riforme neoliberali. Il governo, infatti, prevede una parziale privatizzazione del sistema pensionistico, l introduzione di nuove rette universitarie, la determinazione di doppi standard nelle sanità (per pazienti poveri e facoltosi), oltre ad ulteriori tagli alle spese dello Stato. Inoltre, il governo sta per modificare in maniera radicale il sistema di tassazione, spostando il carico fiscale dalle imposte dirette alle imposte indirette, l Iva in primis. Il governo vuole così accentuare il carattere di classe del sistema fiscale ceco, che prevede imposte molto basse (e innumerevoli detassazioni ad hoc) per le grandi imprese e i detentori dei grandi capitali, mentre il carico fiscale sui lavoratori è già elevato sia nel caso delle imposte dirette che per quelle indirette. In questo senso, nel 2012 ci dovrebbe essere un sensibile innalzamento dell Iva, legato alla privatizzazione del sistema pensionistico. In pratica, verrà creata un unica aliquota del 17,5%, che avrà una pesante ripercussione sul costo degli alimenti e dei beni di prima necessità, come pure sulle spese per la casa e la cultura, beni sinora tassati da un aliquota del 10%. Risveglio sociale I tagli al settore pubblico del 2010 non avevano provocato grandi proteste sociali. Nell autunno dell anno scorso, il sindacato ceco, la ČMKOS, aveva proclamato uno sciopero del settore pubblico al quale si registrò una discreta partecipazione. Tuttavia lo sciopero fu lasciato evento isolato, e la confederazione sindacale non intraprese ulteriori azioni dimostrative. La richiesta dello sciopero generale, portata avanti da alcune realtà sindacali di fabbrica, fu affogata in un mare di chiacchiere e promesse dai leader confederali. Attualmente sul fronte sindacale sta regnando una calma piatta, sebbene il governo stia preparando freneticamente le sue riforme neoliberali. Tuttavia un certo risveglio sociale si sta registrando tra i movimenti, i quali hanno organizzato due manifestazioni di successo nel mese di marzo. La prima manifestazione è stata portata avanti dalla Rete contro le riforme e per le alternative (Proalt), una rete di singoli e piccole associazioni che dall agosto del 2010 sta portando avanti un opposizione sociale al governo Nečas. Nonostante la penuria di mezzi e l oscuramento dei media, la manifestazione tenutasi il 5 marzo a Praga ha raccolto circa 2 mila persone, una partecipazione, relativamente al panorama ceco, da considerarsi significativa. Anche la petizione contro la riforma delle pensioni proposta dal governo sta registrando un successo inaspettato, avendo raccolto diverse migliaia di firme in meno di un mese. Un altra manifestazione di successo è stata organizzata dal Consiglio delle persone diversamente abili (la NRZP), che ha convocato per martedì 22 marzo due piazze, una a Praga e una a Brno. Nella capitale ceca hanno manifestato circa 3 mila persone mentre a Brno si è avuta una partecipazione superiore ai mille manifestanti. Sebbene ci siano quindi segnali di risveglio sociale, è chiaro che queste manifestazioni sono ancora insufficienti per fermare un governo determinato a sfruttare un anno senza elezioni per far approvare le peggiori riforme neoliberali. E necessario che scenda in campo la Confederazione sindacale ceca - che finora è rimasta al palo - attraverso la convocazione di uno sciopero generale. Il ritorno dei neonazisti Il mese di marzo non è trascorso soltanto nel segno delle mobilitazioni sociali. Il 12 marzo sono infatti tornati sulla scena i neonazisti cechi, scesi nuovamente in piazza dopo lunghi mesi di attività sotterranea. I neonazisti hanno scelto di strumentalizzare alcuni atti criminosi, commessi da persone della minoranza Rom a Nový Bydžov, una cittadina della Boema orientale, convocando una manifestazione contro il razzismo dei Rom nei confronti della maggioranza della popolazione. I neonazisti da tempo cercano di capitalizzare politicamente un forte e diffuso sentimento razzista verso i Rom e gli immigrati. Così è stato anche a Nový Bydžov, dove un sindaco razzista e di stampo diremmo noi - leghista ha preparato il terreno per una forte ostilità della popolazione verso questa minoranza etnica. Tuttavia, la stigmatizzazione mediatica ha fatto sì che la popolazione non si sia schierata apertamente con i neonazisti, che hanno formato un corteo di circa 500 persone. A bloccarli c erano circa 200 antifascisti, i quali hanno dato vita a un presidio con l intenzione di bloccare il corteo dei nostalgici di Hitler. Tuttavia la polizia, invece di intervenire nei confronti di un corteo fuori dalla legalità, ha disperso con i lacrimogeni e la cavalleria gli antifascisti (!), facendo tra le loro fila diversi feriti. La manifestazione ha tuttavia mostrato una classe politica locale disposta a usare il razzismo e l odio verso gli altri pur di salvarsi la poltrona. E questi signori in giacca e cravatta sono probabilmente molto più pericolosi di alcune centinaia di esaltati e nostalgici del Terzo Reich, che hanno marciato in questa anonima cittadina della Boemia orientale.

15 ca pitalismo assassino Il Capro espiatorio politiche securitarie e razzismo nel regno unito 15 di Simone rossi lo n d r a Nonostante gli inglesi sottolineino la propria differenza con il resto dell Europa, alcune abitudini dei politici continentali trovano ampio successo presso i loro omologhi britannici. Tra queste si annovera il ricorso ai bassi istinti per ottenere un consenso immediato, facendo leva sulla sicurezza ed impiegando gli immigrati come capro espiatorio oltre che come diversivo ai problemi economici. In questa operazione, va ricordato, giocano un ruolo non secondario i mezzi di informazione. L esempio più recente riguarda il Primo Ministro, D. Cameron, che il 5 febbraio ha definito fallimentare il modello multiculturale del Regno Unito ed ha accusato gli immigrati di non volersi integrare nella società. Su una linea analoga alcuni suoi interventi precedenti, quando ha imputato l attuale crisi economica al debito pubblico ed alle politiche sull immigrazione ereditate dai governi laburisti, promettendo norme più restrittive per la concessione di visti e permessi. Non appare una coincidenza che il tema dell immigrazione, con toni xenofobi e securitari, abbia assunto maggior rilievo dopo l ondata di proteste studentesche dello scorso autunno ed quando i sondaggi mostrano un consistente calo di consensi verso i Conservatori ed i Liberal Democratici conseguentemente ai tagli alla spesa sociale messa in atto dal loro governo di coalizione. E non è un caso che l intervento di Cameron sia stato pronunciato in concomitanza con la manifestazione della English Defense League, un organizzazione di estrema Destra, nella città di Luton. L utilizzo delle pulsioni razziste e xenofobe come strumento di consenso elettorale e di contenimento del conflitto sociale non è un fenomeno recente nella storia britannica; piuttosto, trattandosi di una nazione che tra le prime ha accolto masse di immigrati extra-europei, principalmente dalle (ex) colonie, ha avvertito prima di altri l emergere di questa tendenza. Oltre ai movimenti di stampo fascista che godettero di un relativo successo negli anni 30 e 70, nel 1968 si ebbe un episodio che vide coinvolti i Conservatori. Il deputato Enoch Powell, membro del governo ombra, alla vigilia dell approvazione di una legge sull integrazione pronunciò un infuocato discorso pubblico contro l immigrazione di massa che, nelle sue parole, avrebbe portato gli anglosassoni ad essere minoranza nella propria patria e ad esser discriminati in nome della tolleranza. Sebbene le sue parole gli fossero valse la riprovazione dei rappresentanti nelle istituzioni, delle dirigenze dei tre maggiori partiti, con sua destituzione dal governo ombra, e dei mezzi di informazione moderati, esse trovarono eco sulla stampa popolare e gli procurarono la solidarietà e la simpatia di alcuni settori del proletariato, in particolare dei portuali di Londra. Simpatia che, secondo alcuni, fu alla base del buon risultato elettorale dei Conservatori alle elezioni generali nel Tale atteggiamento populistico e securitario non ha risparmiato il New Labour, durante il cui governo, dal 1997 al 2010, la retorica anti-immigrati è stata utilizzata a più riprese; come dopo l ingresso di alcuni Paesi dell Europa Orientale nella UE (2004) o dopo gli attentati nella metropolitana di Londra (2005). Quest ultimo evento, nello specifico, è servito all implementazione di norme restrittive delle garanzie e delle libertà degli individui di fronte agli abusi del potere costituito; esse garantivano alle forze di polizia la possibilità di fermare e perquisire chiunque in aree definite a rischio, senza previa autorizzazione delle autorità giudiziarie. Come denunciato da varie organizzazioni non governative, le minoranze etniche sono state il bersaglio più frequente dell attuazione di tali norme, con percentuali maggiori di perquisizioni e fermi tra neri ed asiatici rispetto alla popolazione bianca. Pur considerato che il Regno Unito sia una delle poche nazioni europee a non aver espresso una dittatura fascista e che la diffusione della xenofobia non abbia portato all esplosione di atti violenti o di politiche dichiaratamente discriminatorie come altrove, il persistere di una profonda crisi economica nel Paese, aggravata dalla riduzione della spesa pubblica, rischia di far deragliare il dibattito politico verso Destra, in un tentativo di incanalare il malcontento popolare verso un capro espiatorio. A fungere da argine a questa deriva non ci sarà una Sinistra forte e di alternativa.

16 16 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 (segue da pagina 11 n e t ne u t r a l i t y ) A - La fine dell architettura distribuita e la concentrazione: il cloud computing Il cloud computing è una tendenza recente, si tratta di memorizzare i dati e le applicazioni, invece che nel proprio computer, in pochi grandi data center: dati e applicazioni alle quali può accedere solo una volta collegati. Il proprio computer diventa praticamente un terminale. Regredendo agli albori dell informatica, quando si operava tramite telescriventi o terminali stupidi collegati ad un mainframe (classicamente IBM o Honeywell) nel centro di calcolo. Per l accesso ad Internet, non occorre necessariamente un computer: si può usare uno smartphone o un tablet (es. iphone o ipad) con un contratto dati con l operatore: i dati si trovano presso i server dell operatore o il fornitore del servizio (es. Google per google mail; Facebook per i dati del social network, ). Un numero sempre maggiore di utenti migra verso servizi di cloud computing. Alcuni esempi pratici: Google fornisce numerosi servizi di cloud computing, a cominciare dalla posta elettronica gmail, dalla memorizzazione di foto o video quali Picassa e YouTube. Le mail, le foto, i video sono di default memorizzate in the cloud - in altre parole, sui server google. Tutti i siti di social networking sono classici esempi di cloud computing, quale Facebook, che contiene tutti i nostri dati: foto, amicizie, contatti, comunicazioni, opinioni, ecc. Spesso facebook sostituisce persino attività precedentemente svolte tramite blog gestiti autonomamente. Quando gli utenti fanno ospitare i loro dati e programmi su hardware di altri, perdono un certo grado di controllo sulle proprie informazioni; spesso informazioni sensibili. Questi dati, spesso generati con il lavoro degli utenti, vengono usati da altri; in particolare dalle aziende che gestiscono il cloud e dalle società alle quali questi li vendono. L utente medio utilizza servizi di cloud computing, senza essere consapevole dei rischi potenziali e senza informarsi della la politica sulla privacy e dei diritti sui loro dati memorizzati della società di hosting; dati che spesso per contratto diventano di proprietà delle società di hosting le quali posso utilizzarli nel modo più opportuno per estrarne valore. Quando Google o Facebook cancellano l utente (a causa di pirateria, di guasti, di hacking, di infrazione delle loro regole ), questo perde anche le proprie mail, i propri contatti e le proprie foto. La concentrazione di dati personali di molti utenti, che vengono analizzati e incrociati fra loro, permettono un controllo totale su gusti, abitudini, contatti, amicizie, idee dei cittadini; informazioni che hanno un valore enorme. Alcune aziende fanno enormi profitti vendendo i dati sensibili, elaborati e incrociati a società di marketing o a servizi di spionaggio. L analisi e l aggregazione delle informazioni dagli utenti diventano sempre più raffinate, permettendo l estrazione di profitti dal lavoro gratis dell utente 4 e disegnando uno scenario orwelliano e Scenario dal quale anche per un individuo cosciente è impossibile sfuggire: comunque le informazioni, le immagini, le mail vengono comunque inserite nei cloud dagli amici e dai colleghi. Amazon, conosce gusti e abitudini dell utente grazie agli acquisti e alle ricerche fatte. Facebook conosce praticamente tutto grazie ai dati inseriti dagli utenti: dalle reti di amici, alle loro idee. La concentrazione generata dai cloud, distrugge l architettura distribuita della rete; allineando la struttura della rete alla struttura economica, ossia una rete i cui i contenuti e il controllo si trovano principalmente nei cloud gestiti da pochissimi oligopoli mondiali, tutti basati negli USA (Google, Facebook, Amazon, IBM, Microsoft, ). I TLC, per accedere ai lucrosi affari e profitti originati dai servizi di cloud, stanno modificando la loro area primaria di business dalla gestione dell infrastruttura alla gestione dei servizi di cloud. Al fine di riuscire a inserirsi in un business già formato e consolidato in modo oligopolista, vorrebbero sfruttare il vantaggio del controllo della struttura di comunicazione per discriminare fra i servizi di rete, aumentando i loro margini, rallentando o il bloccando quelli che sono in concorrenza con quelli da loro offerti. Ma per far ciò devono eliminare il principio di non discriminazione del traffico, ossia la net neutrality, valida dalla nascita di internet. B - La fine della neutralità della rete e l esempio del VoiP Eliminando il principio della internet neutrality potranno decidere verso quali nodi di rete la comunicazione debba essere più veloce, quali servizi, applicazioni e protocolli l utente possa o non possa usare, in funzione del tipo di contratto e dei balzelli opzionali pagati dall utente e dal fornitore di servizi. Potranno imporre un balzello anche ai fornitori di contenuti per garantire la rapidità di consegna dei propri dati. 5 Creando corsie privilegiate per i propri contenuti e esosi servizi (ad esempio la telefonia voce) - o per quelli delle grandi multinazionali che possono permettersi di pagare i pedaggi da loro imposti si comportano al pari dei banditi medioevali, che rendevano le vie di comunicazione inaffidabili, imponevano balzelli, rendendo i prezzi delle merci trasportate esorbitanti. Queste violazioni del principio di net neutrality avvengono in modo sempre più spudorato, e in sempre maggiori occasioni, in particolare nei paesi del Sud Europa. Le vaghe direttive generali a livello europeo, devono essere implementate a livello nazionale e fatte rispettare dalle autorità nazionali. Nei paesi nordici le autorità lo fanno (anche perché vi è una opinione pubblica cosciente dell importanza di questi temi: il Partito Pirata svedese alle ultime elezioni Europee ha ottenuto il 7.13% dei voti), mentre nei paesi del Sud Europa i TLC sono lasciati liberi di infrangere impunemente le regole. Un servizio su cui i telecom discriminano il traffico è la classica comunicazione voce con il telefono cellulare. Con un telefono cellulare moderno, su cui è attivato un contratto di comunicazione dati, è possibile telefonare via Internet (detto Voce tramite Internet Protocol = VoIP) usando una applicazione dati (ad esempio skype o viber), quindi non utilizzando (ergo non pagando) il carissimo servizio voce offerto dall operatore. Ma i contratti recentemente offerti dai TLC vietano o limitano l utilizzo delle applicazioni VoIP. Essi, inoltre, se l utente utilizza comunque queste applicazioni, peggiorano o rallentano la trasmissione rendendo difficoltosa o impossibile la comunicazione tramite VoIP. Alcuni vietano esplicitamente il VoIP nei contratti. 6 L Autorità per le Comunicazioni non interviene. La battaglia sulla neutralità in USA e in Europa Al fine di cancellare il principio della network neutrality, i TLC stanno investendo somme esorbitanti per una poderosa azione di lobbying: in USA sui Repubblicani, sul Congresso e sulla Federal Communications Commission (FCC); in Europa sulla Commissione Europea e sui partiti liberisti e sui governi nazionali. La battaglia in corso è durissima Nel 2005 una decisione della FCC, prendendo a pretesto la qualità del servizio apriva le possibilità di discriminazione del traffico sulla rete. Nel Febbraio 2010 Obama si esprimeva nettamente a favore della Net Neutrality. 7 Nel Dicembre 2010 la FCC si rendeva conto del vaso di Pandora che si era aperto e dopo una strenua battaglia, a risicata maggioranza (3-2) emetteva una comunicazione che ribadiva nettamente il principio di neutralità. Il presidente della FCC dichiarava: Oggi per la prima volta la FCC sta adottando le regole per mantenere i valori di base di Internet, e un quadro non-ideologico per proteggere la libertà di Internet. Il quadro vieta anche il blocco dei contenuti legali e impone la trasparenza delle politiche del traffico da parte dei TLC. La lobby antineutralità, si è subito attivata: Verizon ha presentato ricorso legale e il Partito Repubblicano - aiutato da milioni in contributi politici da 4 La ricerca del progetto Social Networking Sites in the Surveillance Society ( finanziato dall Austrian Science Fund concludeva: Su Facebook, svago e lavoro convergono in «svago produttivo» che viene sfruttato per l accumulazione capitalista. Facebook si distingue quindi per la totale mercificazione e lo sfruttamento del tempo - tutto il tempo dell uomo tende a diventare tempo per la generazione di plusvalore che viene sfruttato dal capitale. 5 In una recente campagna, alcuni operatori reclamano a google una quota dei profitti, perchè ottenuti generando traffico sulle loro reti. Come se questo traffico non fosse già stato fatturato agli utenti. 6 Ad esempio il contratto TIM menziona: PER NAVIGARE DA TABLET - INTERNET 1GB e 5GB mensili: Le opzioni non sono valide per l utilizzo di applicazioni VoIP e Peer to Peer; PER NAVIGARE DA TABLET - PIANO INTERNET 1GB e 5GB mensili: Offerta valida per la navigazione Internet da PC/Tablet in Italia su APN ibox.tim.it; non è valida per la navigazione in Internet da Telefonino; PER NAVIGARE DA TELEFONINO - TIMxSMARTPHONE: L opzione non è valida per l utilizzo del telefonino come modem (collegandolo al PC tramite qualsiasi apn) e non è valida per l utilizzo di applicazioni VoIP e Peer to Peer. 7

17 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio compagnie telefoniche e via cavo - ha lanciato un assalto frontale contro la neutralità della rete e contro l autorità della FCC. A Febbraio, la Camera dei Rappresentanti ora controllata dai Repubblicani con un emendamento inserito in un disegno di legge sui tagli alla spesa pubblica, toglie i finanziamenti alla FCC, dichiarando: dobbiamo impedire ai «vampiri» della FCC di imporre la neutralità della rete ai fornitori di accesso a internet Americani. L 8 Aprile alla Camera passa - per 240 voti contro 179 (compresi molti Democratici comprati ), la legge che abroga le norme sulla neutralità della rete promulgate dalla FCC, sostenendo che questa FCC non aveva il potere di promulgare regole e che non vi è necessità di intervenire quando internet già aperto e che tali regole avrebbero frenato gli investimenti dei Telecom. Obama, ha affermato che porrà il veto su questa legge, nel caso passasse anche al Senato dove invece è stata proposta la legge: La libertà di Internet a banda larga e protezione dei Consumatori per introdurre la neutralità della rete sotto il Communications Act. Negli USA la coalizione SavetheInternet.com si batte per una legge sulla Net Neutrality e per garantire che tutte le reti siano aperti e libere dalla discriminazione. 8 E in Europa? Ci affidiamo alla trasparenza del mercato Il 18 Aprile La Commissione Europea, nella figura del Vice-Presidente nonché Commissario per l Agenda Digitale, Neelie Kroes, ha finalmente presentato rapporto sulla neutralità della rete a lungo promesso al parlamento, decidendo contro l introduzione di una legislazione che tuteli la neutralità della rete sostenendo che Vi è ampio consenso che i TLC devono essere autorizzati a determinare i loro modelli di business e di accordi commerciali. Questo sconfortante documento, che sposa in toto gli argomenti dei lobbisti delle telecom, esclude qualsiasi azione concreta contro chi violi i principi di neutralità e discrimini il traffico proveniente da propri abbonati. La Commissione ha ammesso che ci siano stati alcuni casi di discriminazione da parte di alcuni TLC, tra cui il blocco di servizi di condivisione di file P2P; di video-streaming, e di servizi VoIP in Italia e in cinque altri Paesi Membri dell UE, ma sostiene che qualsiasi scorrettezza verrà in ogni caso corretta dalla concorrenza e dal mercato e che controllo esercitato dai media abbinato alla trasparenza dei servizi offerti ai consumatori sarà sufficiente a garantire un Internet aperta e neutrale (come abbiamo visto con TIM e il trasparente divieto di VoIP scritto nel contratto?). La Commissione inoltre autorizza la gestione (= discriminazione) del traffico, in casi di congestionamento, come il blocco di applicazioni affamate di banda come quelle del P2P. Per non contraddire le numerose dichiarazioni precedenti sull importanza del rispetto della neutralità della rete, il rapporto sostiene inoltre che la neutralità della rete è compatibile con la differenziazione del traffico su Internet pubblica. La Commissione sta progettando l Internet del Futuro, tramite il finanziamento di progetti europei. 9 I partner chiave dei finanziamenti dei progetti strategici sono i TLC Europei, che prevedibilmente struttureranno le architetture dell Internet del Futuro in accordo ai loro interessi (cloud computing e abbandono dei principi di neutralità della rete). La cerimonia di lancio dell iniziativa sarà aperta dalla Commissaria e a seguire dal Presidente di Telefónica D&I. La Francia, nella sua rinnovate mire imperiali, ha proposto un G8 a Parigi sulla governance della rete; il ministro Eric Besson ha discusso gli obiettivi del vertice incontrando i maggiori oligopolisti (Twitter, Facebook, Google) e il consigliere di Obama per le nuove tecnologie. Nel frattempo il La mission d information sur la neutralité de l internet et des réseaux attivata dal parlamento, che denuncia le pratiche anti-concorrenziali degli ISP, mette in guardia sulla presenza di monopoli di internet in Francia e sulle tecniche di blocco e di filtraggio dei servizi esistenti. L iniziativa Internet Governance Forum lanciata solo pochi anni fa, su mandato del Vertice mondiale sulla società dell informazione (WSIS), con l obiettivo di sostenere il segretariato generale delle Nazioni Unite, per creare uno spazio di dialogo multipolare in cui tutte le parti interessate possano confronti le idee e gli interessi, per giungere a delle soluzioni democratiche e condivise, è stata discretamente sotterrata. Simile destino per W3C e internet society. In linea con i nuovi metodi autoritari di governo mondiale. Conclusioni Nell Internet attuale, gli utenti hanno il controllo assoluto: possono decidere i contenuti, le applicazioni e i servizi da scaricare o caricare, non importa chi possiede la rete. Non c è nessun intermediario. Senza la Net Neutrality, e con i dati concentrati in pochi clouds in mano agli oligopoli multinazionali, Internet diventerrà come la TV via cavo; i proprietari delle reti e dei cloud decideranno quali canali, contenuti e applicazioni sono ammissibili e disponibili. Una alleanza oligopolista fra Broadcaster TV e Telecom Operator sarebbe il naturale passaggio successivo. 10 Come sempre il libero mercato si traduce nell arbitrio di un pugno di oligopolisti. Le conseguenze dell Internet del futuro senza neutralità della rete; con i dati memorizzati in pochi cloud saranno devastanti. L innovazione sarà soffocata, la concorrenza limitata, l accesso a informazioni scomode facilmente bloccato. Il diritto di scelta verrà sacrificato agli interessi di poche corporazioni. Le decisioni oggi prese collettivamente da milioni di utenti, saranno effettuate nei consigli di amministrazione aziendale, guidate dalla necessità di massimizzare i profitti e dalla compiacenza ai poteri forti. Dalle battaglie che sapremo affrontare oggi dipende la futura libertà di scegliere e creare contenuti e servizi che vogliamo. Altrimenti un pugno di multinazionali della rete, in accordo con i governi, decideranno per noi in funzione dei loro interessi e profitti. In Italia lo scenario sarebbe ancora più drammatico: una alleanza Mediaset-Governo + Telecom toglierebbe ogni garanzia di neutralità in associazione con il modello cloud che farebbe arretrare gli spazi di informazione di 60 anni. A Mediaset ciò non è sfuggito: In Aprile Mediaset ha chiuso un accordo commerciale con Vodafone per Sfruttare le potenzialità del cross-selling televisione-telefonia e conquistare nuovi clienti. Immediato l attacco alle regole della rete: Notizia= Progetti non più R&D (Ricerca e Sviluppo), ma PPP (Public-Private Partnership); che permettono di finanziare dei grandi gruppi con fondi pubblici per l innovazione e lo sviluppo. 10 In Italia lo scenario sarebbe ancora più drammatico: una alleanza Mediaset-Governo + Telecom toglierebbe ogni garanzia di neutralità in associazione con il modello cloud che farebbe arretrare gli spazi di informazione di 60 anni. A Mediaset ciò non è sfuggito: In Aprile Mediaset ha chiuso un accordo commerciale con Vodafone per Sfruttare le potenzialità del cross-selling televisione-telefonia e conquistare nuovi clienti. Immediato l attacco alle regole della rete:

18 18 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 RubRica AL FEMMINILE non solo 8 marzo Il CoraggIo di raccontarsi - SECONDA PARTE - di Claudia Cimini Pr a g a Continua il racconto di M., ragazza latinoamericana che, dopo false promesse rispetto ad un lavoro in Europa, si ritrova in Slovacchia a dover lavorare in un night club per soli uomini. (Arrivata in una cittadina della Slovacchia, M. viene portata in una casa per appuntamenti in cui le viene spiegato il lavoro per cui si trova effettivamente là). Passai tutta la notte così, sapevo che stavano arrivando i clienti e io ancora non sapevo che dovevo fare. Io non potevo farlo. Passarono 3 settimane, io facevo le faccende domestiche di tutta la casa, lavavo e pulivo. Finché un giorno mi dissero di nuovo che ne avevano abbastanza, sarei dovuta passare ai clienti. Mi ricordo la prima notte, suonò il campanello della mia stanza, avevano attivato un campanello per avvertire che c erano uomini ad aspettare. Mi dissero di andare, che una persona mi stava aspettando. Io ancora rifiutavo la cosa, sembrerà paradossale ma ancora non capivo cosa dovessi fare. Uscii dalla mia stanza, l unica cosa che mi veniva da fare era piangere. Per le scale incontrai quella persona che mi aveva prestato i soldi e mi disse che non c era motivo di piangere, che quell uomo che mi aspettava non era là per farmi del male. Voleva solo sesso. Per me era impensabile, era diverso che farlo per amore con la mia coppia, o farlo con qualcuno per soldi. Mi sedetti al lato del cliente, lui aspettava che io lo toccassi, ma non potevo. Chiamò il padrone, gli dissero che io non servivo a niente. Avrebbero dovuto ridare i soldi al cliente. Io non ero un buon investimento per il locale. Lui, il proprietario, mi disse che sarebbe stato paziente, che avrebbe aspettato. Il proprietario non era quello che mi aveva prestato i soldi ma un altra persona. Finché, siccome non portavo clienti, mi mandarono via in città in un altro locale. Io ero inutile, non servivo a niente. In questo nuovo posto mi umiliarono ancora di più. Le altre ragazze erano ucraine, abbastanza eleganti, mi chiedevano perché mi avessero portato là se non facevo quello che dovevo fare e che facevano tutte. Intanto la persona che mi aveva prestato i soldi e che mi aveva portato nel nuovo posto, cominciò a farmi delle pressioni maggiori, mi disse che dovevo ripagare il debito. Dopo avrei potuto fare quello che volevo, ma prima gli dovevo quei soldi. Questo nuovo posto era molto peggiore del primo. C erano una ventina di prostitute, che mi deridevano, anche perché io non sapevo la loro lingua, mi insultavano, parole che ha appreso subito... I clienti volevano solo ragazze belle. Io non avevo iniziativa con quegli uomini come invece aveva la maggior parte delle altre. Non avevo esperienza, non sapevo che fare. Una sera mi dissero che mi dovevo mettere un vestitino per ballare. Se non volevo fare sesso avrei dovuto ballare vicino a un tubo. Lo avevo visto in televisione ma non sapevo a cosa servisse quel tubo. Mi portarono un vestito, me lo dovetti mettere, cominciai a ballare. Ballai una settimana. Mi sentivo orribile, con i clienti che mi guardavano. Poi mi dissero che dovevo ballare nuda, che quegli uomini pagavano ed io dovevo togliermi il vestito. Io non lo volevo fare. Continuavano a dirmi che se volevo stare là dovevo

19 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio fare tutto quello che mi dicevano, che non potevo rifiutarmi. Parlai con quella persona che mi aveva anticipato i soldi, gli dissi che non volevo ballare senza vestiti. Questo ultimo rifiuto li fece arrabbiare ancora di più, mi dissero allora che dovevo fare delle foto sempre nuda e io mi rifiutai di nuovo. Fu difficile per me dover sopportare tutto ciò. Molto di quello che mi dicevano non lo capivo, il che rendeva la situazione ancora più dura da sopportare. Imparai ben presto il significato degli insulti che mi rivolgevano sia le ragazze ucraine che la signora che amministravà il locale. Oltre alle esibizioni notturne dovevo lavorare anche di giorno: lavare, pulire, occuparmi del giardino, lavori a volte inutili, come muovere pietre da un lato a l altro, lavori che mi facevano fare solo per punirmi e umiliarmi. I clienti intanto non mi sceglievano, chiaro nessuno pagherebbe per una persona che con fa quello che si vuole faccia. Inoltre dovevo pagare per l alloggio, così dovevo ballare, sennò non potevo stare lì. Da mangiare non mi davano nulla, del resto non mi diedero mai neppure soldi guadagnati ballando. Una notte stavo quasi per morire. Forse il cambiamento di clima, cominciai ad urinare sangue. Urlavo, piangevo per il dolore, ma nessuno fece niente. Un altra notte invece c erano molti clienti, allora la signora che gestiva il posto, mi disse di prepararmi, di mettermi qualcosa di sexy, che i clienti mi volevano, pagavo tanto e volevano vedere. Con una tale vergogna mi misi il vestito e andai. Il cliente mi tolse il vestito, io restai così per 5 minuti, poi scappai nella mia camera. Ma mentre ero giù, mi accorsi che mi avevano preso il telefono dalla mia camera. Uscii dalla stanza e cominciai a chiedere chi fosse entrato dove dormivo per prendermi il telefono. Le ragazze cominciarono ad insultarmi, dicendo che le stavo accusando di essere delle ladre, ma io volevo solo telefonare a quella persona che mi aveva pagato il biglietto per ritrovarmi in quella situazione, l unica persona che parlava la mia lingua, l unica che forse avrebbe potuto aiutarmi. Erano 3 giorni che cercavo di chiamarlo ma lui non mi rispondeva. Era la prima volta che per un periodo così lungo si rifiutava di rispondere alle mie chiamate. Avrei voluto dirgli che gli avrei ridato i soldi poco alla volta, mensilente, se solo mi avesse trovato un lavoro fuori da lì come donna delle pulizie o qualsiasi altra cosa, pur di non dovere restare là più a lungo. Poi quella stessa notte venne poco più tardi e parlammo. Lui mi disse che avrei potuto guadagnare molto restando in quel locale. Sì si può guadagnare molto facendo questo... le altre ragazze guadagnavano, dovevo solo fare come loro, poi, secondo lui, avrei potuto ridargli i soldi e mettere da parte quanto volevo per comprare una casa al mio paese e presentarmi di nuovo di fronte alla mia famiglia. Ma io mai lo ho fatto e mai lo farò. Mi sentivo solo umiliata, io lo riconosco, le altre erano giovani, belle, eleganti, ci sapevano fare, come poteva un cliente scegliere me? Loro erano delle bamboline, io non avevo l iniziativa che loro avevano, loro toccavano e si facevano toccare le loro parti intime. Io potevo solo cercare di dimenticare quello che stavo facendo. Anche la signora si lamentava che io non guadagnavo niente. Ogni notte dovevo restare sveglia fino alle 5 ad aspettare che arrivasse qualche cliente. Cosicché una mattina alle 5 mi suonò il campanello, era la signora. Mi disse di vestirmi che stavamo uscendo. Avevano chiamato dei clienti, volevano tre escort, così le chiamano, per un lavoro a domicilio. Mi diedero 5 preservativi, non sapevo che avrei dovuto farci con tutti quei preservativi. Mi dissero che dovevo mettere qualcosa di molto sexy. Mi vestii. Non presi niente altro se non il portafoglio ed un cappottino. Andammo con la macchina della signora con altre due ragazze. Avevo capito che saremmo andate a casa di questo cliente. Lasciammo la città, passammo per altre due città, poi lasciammo la strada principale e prendemmo una stradina su per i monti. Così per mezz ora, solo montagne, né case né niente. Chiesi cosa stesse succedendo, mi dissero di non preoccuparmi. Finché mi dissero che le altre due ragazze che erano con noi andavano da altri clienti e che sarebbero restate in macchina. La signora fermò l auto e scese. Non c era niente lì attorno. Aprì il portabagagli e mi disse di mettermi là dentro. Non so che stesse succedendo, le ragazze cominciarono a litigare tra di loro, finché la signora mi disse che dovevo scendere. Mi presero il portafoglio e mi dissero di aspettare su questa stradina che una macchina con il cliente sarebbe venuta a prendermi. Gli chiesi il portafoglio, ma non me lo diedero, così ero senza niente, né soldi, né documenti, né telefono. Mi fecero scendere a forza, cominciarono a colpirmi, a insultarmi, a dirmi parole volgari in slovacco. La signora la vidi per la prima volta con un gran sorriso sul viso quando rientrava in macchina, accese poi il motore e se ne andarono. Non sapevo quella sera che intenzioni avessero, se volevano ucciderni o cosa, fortunatamente non lo fecero. Quando andarono via sembravamo molto contente di quello che avevano fatto. Là tra le montagne, io cosa dovevo fare? Certo non avrei aspettato là che arrivasse qualcuno a prendermi come mi avevano detto di fare. Appena persi di vista la macchina della signora con le altre ragazze, cominciai a camminare, dopo una ventina di minuti arrivai ad una chiesa. Suonai un campanello, chiesi aiuto ma nessuno mi aiutò. Arrivai in una cittadina. Chiesi aiuto ad una signora perché chiamasse la polizia, ma non fece niente. Poi chiesi aiuto ad un ragazzo che chiamò la polizia e restò non me finché non arrivarono le guardie. Io non avevo niente. Né documenti né altro, avevo solo le cose che indossavo. Fortuna non era inverno, ma faceva comunque freddo. Non sapevo se mi avrebbero creduto. Non sapevo quello che sarebbe successo... Infatti inizialmente non mi credettero, ero una donna senza documenti, senza portafoglio, senza niente. Mi fecero restare presso il comando di polizia alcuni giorni. Poi localizzarono dove quella signora aveva il locale. Mi aiutarono. Del resto devo dire di esser stata fortunata, avrebbero potuto uccidermi e non lo hanno fatto. Non voglio che altre persone si possano trovare nella mia stessa situazione e che perdano la vita per questo. Questa donna ora continua a lavorare o è stata presa dalla polizia? Io l ho denunciata, durante gli ultimi interrogatori mi fecero vedere molto foto per ricoscere le persone, sia coloro che mi avevano promesso quel lavoro per cui ero venuta, sia le persone dell ultimo locale. Del resto non so cosa succederà se li cattureranno o no. Vorrei che quella persona che venne a casa mia la prima volta non possa più andare nel mio paese. So che aveva ingannato anche altre 4 ragazze guatemalteche di 20 anni, il suo progetto era avere un club di sole ragazze straniere. Non so cosa succederà, del resto sono persone con i soldi, loro hanno potere e possono fare tutto quello che vogliono. Grazie per la tua forza e il tuo coraggio.

20 20 AURORA n. 28 Anno IV aprile/maggio 2011 LA FABBRICA DEL FALSO, smascheramento e strategie di resistenza IL LIBRO DI VLADIMIRO GIACCHÉ di roberto Galtieri Br u x e l l e s Il protagonista del libro di Vladimiro Giacché, la fabbrica del falso (ed. Derive Approdi) è la menzogna. Il vero soggetto protagonista che la fabbrica la menzogna però un altro: è la classe dominante; la cui dimora è il linguaggio menzognero per nascondere quanto gli è scomodo e per inventare quanto serve per imporre la sua egemonia e consenso. Se un tempo le verità inconfessabili del potere erano coperte dal silenzio e dal segreto, oggi la guerra contro la verità è combattuta e vinta sul terreno della parola e delle immagini. Questo libro ci spiega come funziona e a cosa serve l odierna fabbrica del falso. Lo spiega con maggiore profondità rispetto alla pur brillantissima prima edizione. Stiamo parlando, infatti, della seconda edizione del libro, non di una ristampa, e nemmeno di un mero aggiornamento che presenti nuovi fatti raccontanti e spiegati in modo ingannevole e menzognero dai padroni per piegarli alla necessità di riproduzione della propria classe. E un approfondimento, una scrittura quasi romanzesca che attrae alla lettura come un romanzo poliziesco; infatti trascina nella lettura poiché svela i meccanismi dell inganno come, appunto, un romanzo poliziesco vecchia maniera. Il colpevole è noto fin dall inizio ma lo smembramento del meccanismo dell inganno affascina e viene svelato, come affascina lo smascheramento puntiglioso del colpevole al termine dei gialli di Agatha Christie, tutti i protagonisti presenti. Giacché scava ancora di più, rispetto alla precedente edizione, nella melma dell utilizzo distorto delle parole e nella filologia della politica del potere. Smaschera l orrore degli ossimori nati per indicare una realtà che non possiede nome, come la guerra umanitaria, fino alla più sofisticata demistificazione dell essere per la merce o dall esemplare descrizione della fenomenologia della menzogna, oppure il philosofical counseling ; alla profonda denuncia della Cattiva infinità hegeliana un infima coazione a ripetere che non arreca niente di sostanzialmente nuovo. Coazione necessaria poiché il consumismo si basa sull insoddisfazione permanente, cioè sull infelicità. Come si evince anche dall esempio sopraccitato, il tratto di classe resta il sottofondo della fatica di Giacché e questa, insieme alla parte della risposta alla fabbrica del falso è la parte che rende unico il lavoro dell autore. Molti altri autori - come per esempio Gianrico Carofiglio - si sono spesi nell analisi filologica dell uso perverso, da parte delle classi dominanti, delle parole al fine di fabbricare il falso, nella denuncia del falso e li sono rimasti confinati; tra questi troviamo anche alcuni bravi filologi marxisti, ma l unicità di questo libro risiede in due fattori: nel carattere di classe dell analisi, e quindi nella rappresentazione cristallina e contemporaneo smascheramento della fabbrica che risulta maggiormente facile nella lettura rispetto alla precedente edizione e nel proporre strategie di resisten- za. L indicazione di queste strategie non si limita alla seconda parte del libro come indicato nell indice, emerge e si intreccia continuamente nei vari capitoli come, per esempio, in quello sulla demistificazione della teoria del totalitarismo di Hannah Arendt. Strumenti e proposte per non sostare nell onanismo della denuncia fine a se stessa; ecco allora l enunciazione dell uso della tecnica dello straniamento e della sovraidentificazione fino alla denuncia dell incapacità teorica, e quindi della prassi, di chi questa fabbrica di propaganda che sostituisce alla realtà una realtà parallela vorrebbe distruggere: il riferimento essenziale è a quel pugno di attivisti, tanto persuasi quanto poco persuasivi, appesantiti come sono da un lessico e da un bagaglio concettuale che sempre più necessitano di mediazioni culturali anche solo per essere trasmessi e compresi. Questo libro si iscrive dunque tra quei testi che dovrebbero diventare per ogni associazione culturale, per ogni scuola obbligatorio. Dovrebbe essere per ogni militante uno strumento essenziale di lotta. Un libro di testo che insegna e quindi apre la mente per l agire per il cambiamento, nella convinzione che la più pericolosa delle menzogne contemporanee riguarda la necessità e ineluttabilità dello stato di cose presente. L esempio è la forma fenomenica e quindi la chiave di lettura dell egemonia padronale sulla cultura e sull ideologia.

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