Rivista trimestrale della società nazionale NUMERO Redazione Via Mellerio, 2 Milano tel. 02/

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1 Rivista trimestrale della società nazionale NUMERO Redazione Via Mellerio, 2 Milano tel. 02/ degli operatori della prevenzione DICEMBRE 2000 Autorizzazione Tribunale di Milano n. 416 del sped. in abb. post. art.2, comma 20/c L.662/96 filiale Milano contiene I.P.

2 cinquantacinquecinquantasei contiene I.P.

3 EDITORIALE LETTERA A SNOP PER I SOCI SNOP Quote sociali socio ordinario (sessantamila) socio sostenitore (centomila) SU QUESTO NUMERO Importanti contributi: rischi nei poli chimici, sulle navi e nei cantieri. Novità nelle leggi finanziaria e comunitaria. Ma soprattutto un severo e giusto richiamo del nostro amato presidente alla SNOP, associazione che vive sempre troppo sugli allori (e sul lavoro di pochi). Il centenario della Clinica del Lavoro di Milano e la riedizione di Ramazzini: due primati e due appuntamenti di cui essere orgogliosi. A metà febbraio a Termoli: un importante appuntamento SNOP per la prevenzione al SUD. A tutti buon anno anche se in ritardo. SUL PROSSIMO NUMERO Prevenzione al sud (speciale dopo Termoli) Epidemiologia e prevenzione di Alberto Baldasseroni Arpe e Dip di Merloni e Cigada Dal veneto Cara SNOP, di Luigi Salizzato dopo il Seminario di Giugno, in cui ti ho potuto ammirare in forma splendida, piena di idee e di voglia di fare, in compagnia di vecchi e nuovi amici, attenta alle novità pur mantenendo la giusta attenzione alle tue origini, mi aspettavo da parte tua un autunno pieno di iniziative e di incontri di lavoro per approfondire i temi trattati a Rimini e sostenere attivamente quel cambiamento verso una Sanità Pubblica Efficace cui tutti dichiarano di aspirare. Gran parte del lavoro di definizione delle tesi di riorientamento per le tue strategie era stato fatto, alcune tesi erano anzi state esaurientemente descritte prima e presentate poi al seminario come quella sull epidemiologia per i progetti di prevenzione e promozione della salute, quella sulla prevenzione basata sull evidenza e quelle sulla formazione e sugli strumenti per la comunicazione, si era mantenuto alto anche il profilo dell intervento concreto attraverso l approfondimento del patto per la sicurezza sul lavoro e delle esperienze per il miglioramento della qualità nei nostri Servizi, i materiali preparatori e la maggior parte delle relazioni presentate a Rimini sono stati diligentemente resi disponibili sulla tua pagina web, si poteva quindi ragionevolmente pensare di aver messo a disposizione sufficiente materia prima per ulteriori tue iniziative regionali e nazionali. Poiché invece l autunno è passato senza avvenimenti di rilievo, se escludiamo l uscita dell ultimo numero delle rivista, che non dobbiamo più considerare una cosa ordinaria date le difficoltà finanziarie che si sono aggiunte al cronico disinteresse della maggior parte delle tue sezioni regionali per la sua redazione, ho cercato di comunicare con te per capire cosa stava succedendo e ti ho ritrovata quasi completamente sorda e afona. 1

4 Tu sai che per comunicare rapidamente abbiamo adottato un sistema di posta elettronica che consente di raggiungere in tempo reale i tuoi soci più rappresentativi in tutte le regioni, quindi uno, mettiamo ad es. il tuo presidente, si potrebbe anche aspettare che, data la facilità di utilizzo del mezzo, chi riceve i messaggi risponda, magari non in giornata, ma in tempi utili alla comunicazione, specialmente se il messaggio sollecita risposte e impegni precisi. Invece la comunicazione nazionale tra i tuoi soci risulta limitata negli ultimi tempi a pochi ormai intimi, che oltre all usano anche il telefono e qualche volta riescono anche a vedersi per parlare con più calma dei loro interessi professionali e culturali comuni. Questo silenzio può naturalmente significare tante cose: non ci interessa quello che dici, siamo molto impegnati e non abbiamo tempo di risponderti, sappiamo che comunque c è sempre qualcuno disposto a far andare avanti le cose, non siamo abituati a usare la posta elettronica ecc Cara SNOP, la tua è una situazione paradossale perché hai acquisito in questi anni tanta autorevolezza e visibilità tra gli operatori dei Servizi, ma anche tra gli altri interlocutori istituzionali, professionali e sociali, hai contribuito ad avviare importanti iniziative per il miglioramento del servizio pubblico di prevenzione, sei considerata un interlocutore interessante, da coinvolgere nelle proprie iniziative, da parte di altre associazioni scientifiche, eppure tutto questo poggia su una struttura organizzativa precaria perché fondata sull attività di pochi volenterosi di cui non è dato sapere la capacità di resistenza, speriamo che duri ma non basta. Negli ultimi mesi abbiamo dovuto declinare alcuni inviti a partecipare ad iniziative di dibattito cui eravamo stati invitati per mancanza di disponibilità da parte dei soliti (pochi) sempre disponibili, ma quello che più mi preoccupa è la generale scarsità di iniziativa delle tue sezioni regionali, o forse sarebbe meglio dire di quelle che tu hai sempre considerato le tue sezioni ma che in troppi casi sono situazioni locali con un certo numero di soci, sempre quelli, che rimangono legati a te affettivamente o culturalmente, ma che non vogliono o non riescono a lavorare assieme, magari anche a nuovi soci, per sostenere le tue iniziative. In tutte queste situazioni locali io direi che se c è qualche operatore dei Servizi di Prevenzione che è interessato ai temi di lavoro che tu proponi, anche se non ha mai partecipato alle tue attività, può contattare direttamente la presidenza nazionale per organizzare assieme qualche iniziativa, può sembrare velleitario ma a 2 volte basta poco per fare cose anche importanti, ne sono testimonianza alcune realtà regionali in cui, nel giro di poco tempo e grazie alla buona volontà inizialmente di pochissimi sei riuscita a ottenere risultati importanti. A onore del vero alcune sezioni, sia al nord che al sud, sono molto attive, promuovono iniziative nel loro ambito territoriale, sono interlocutori riconosciuti dalle istituzioni locali, hanno numerosi soci iscritti e mantengono rapporti telefonici regolari con la presidenza, magari sono un po restie a mettere in condivisione con gli altri soci in ambito nazionale quello che fanno localmente, ma per questo c è sempre margine per un miglioramento. Un limite ancora presente nella loro attività è, tranne poche eccezioni, l ambito specialistico della sola medicina del lavoro in cui ancora si muovono, a volte prevalentemente e a volte esclusivamente, mentre l orizzonte strategico delineato a Rimini ha una visuale ben più ampia. Quindi, per essere coerenti con gli impegni che ci si prende iscrivendosi alla nostra associazione e in particolare accettando le responsabilità derivanti dalle cariche sociali, bisognerebbe che i soci creassero occasioni di confronto e di impegno su tutti gli ambiti della prevenzione, e in particolare sullo sviluppo dei dipartimenti di prevenzione e sul loro ruolo in una politica, anche locale, per la salute. Ho saputo invece di situazioni in altre regioni in cui alcuni tuoi soci, che fanno ormai i segretari regionali della SNOP a vita, interpretano una visione integralista dell espressione specialistica cui appartengono individuando nei dipartimenti di prevenzione il nemico da battere, colpevole di avere impedito la crescita dei loro Servizi, e impedendo paradossalmente in questo modo l avvicinamento alle nostre attività a operatori che hanno una visione delle cose molto più coerente con le tue tesi più aggiornate. Credo che sia nell interesse tuo e del sistema di prevenzione in cui operi chiarire nella prossima riunione del Direttivo Nazionale i rapporti con queste situazioni poco trasparenti e per nulla condivise dal tuo attuale presidente. A proposito di chiarimenti penso non sia ulteriormente rinviabile quello relativo alla collocazione dei Servizi della Prevenzione, tutti o alcuni a seconda di chi lo propone, al di fuori delle Aziende Sanitarie, è una questione che viene periodicamente riproposta tra di noi, su cui discutiamo un po, rimanendo ognuno sulle proprie posizioni, e non assumiamo una decisione, forse per paura di lacerazioni interne? Non mi sembra che faccia molto bene alla tua immagine pubblica, quindi alla tua autorevolezza, questa ambiguità su cose di tale importanza, non puoi affidarti sempre al tuo relatore pubblico del momento sperando che eviti di parlare dell argomento per non metterti in imbarazzo. Naturalmente la questione non è per niente semplice né la soluzione della

5 discussione appare scontata, considerando anche le correlazioni con la riforma federale dello Stato, la riforma dei Ministeri, i ruoli di coordinamento per fondamentali progetti di prevenzione assunti da Ministeri diversi da quello della Sanità e, non da ultima, l esperienza delle Agenzie per l Ambiente, e d altra parte in un momento particolarmente critico per i nostri Servizi, in cui le ipotesi di uno sviluppo piuttosto che di un indebolimento delle nostre attività sono legate all accreditamento che riusciremo ad ottenere in un nostro nuovo ruolo di sostegno alle politiche per la salute, non possiamo permetterci il lusso di lasciare in sospeso decisioni di questo peso relative alla nostra strategia, anche a costo di proporre l assunzione di una decisione per votazione sempre alla prossima riunione del tuo Direttivo Nazionale. Non vorrei darti l impressione di un insolito pessimismo da parte mia, ci tenevo solo a chiarirti alcune forti perplessità sulla tua vita sociale, che mi è dato di osservare in quanto tuo presidente, e d altra parte notevoli sono anche i motivi di soddisfazione, uno per tutti il notevole successo della mailing-list EBP, decollata brillantemente durante l estate e sostenuta dal gruppo di Firenze, è una iniziativa cui partecipi con alcuni dei tuoi soci assieme ad altri operatori ed associazioni, forse dovremmo contribuire ad allargare la base di partecipazione tra gli operatori dei Servizi, abbiamo almeno una iniziativa in cantiere che potrebbe aiutare in tal senso. Mi riferisco al tentativo di mettere a punto uno strumento per la valutazione dell utilità o meno delle attività dei Servizi di Prevenzione, applicando un modello teorico, in via di definizione, ad una attività in particolare, scelta a titolo esemplificativo, coinvolgendo alcuni, speriamo molti, operatori dei Servizi sia nella messa a punto dello strumento sia nella stessa valutazione. A questo proposito mi sento di condividere una certa insofferenza espressa da molti operatori sul modo in cui abbiamo affrontato il tema dell efficacia delle nostre attività, puntando più sulla demolizione di pratiche e comportamenti inutili che sulla valorizzazione di quanto di buono facciamo. La denuncia della prevenzione inutile non va fatta contro ma con gli operatori che lavorano quotidianamente per la prevenzione, e la denuncia di comportamenti inefficaci deve tenere maggiormente conto di quanto avviene realmente nella pratica quotidiana. Forse, prima di dire che la valutazione da parte dei Dipartimenti e delle ARPA di una proposta di Piano Regolatore o di un progetto di Insediamento Produttivo non contribuisce ad una politica per la salute, ponendo questa prestazione sullo stesso piano di un libretto sanitario per alimentaristi, bisognerebbe almeno dotarsi di strumenti idonei per capire come queste valutazioni vengono fatte nelle diverse realtà regionali e quali risultati concreti hanno conseguito, io personalmente potrei fare un lungo elenco di casi in cui l azione integrata di ARPA e Dipartimento di Prevenzione ha condizionato positivamente per la salute dei cittadini la stesura degli strumenti urbanistici o la progettazione di opere sia pubbliche che private, e naturalmente sarei interessato con altri a definire indicatori di risultato il più oggettivi possibile. Cara SNOP nutro anche forti perplessità verso l ardore con cui alcuni tra i tuoi soci vorrebbero liberarci tutti da strumenti operativi giudicati da loro inutili, quali le funzioni di polizia giudiziaria o i regolamenti locali di igiene tanto per fare due esempi più significativi. Per quanto riguarda le prime io credo che se le intendiamo come uno strumento di lavoro, assieme ai tanti altri strumenti che abbiamo, se non finalizziamo cioè la nostra attività alla sola vigilanza, questa possa comunque essere utile e non debba essere delegata alle sole forze di polizia, se non altro perché noi la applichiamo assieme alla valutazione, alla informazione e all assistenza e può contribuire a tutelare i soggetti più deboli. Noi operatori della prevenzione non siamo infatti studiosi al di sopra delle parti ma abbiamo scelto di stare dalla parte dei cittadini, in particolare per tutelare la loro salute. Per quanto riguarda i secondi, riferendomi sempre alla mia esperienza di lavoro, mi sembra che la pratica dell autocontrollo, penso ai luoghi di lavoro ma anche agli stabilimenti ed esercizi alimentari e alle progettazioni edilizie, sia stata introdotta nel nostro Paese senza tenere conto almeno dei problemi di scala delle diverse aziende, per cui si sono assegnate le stesse responsabilità a industrie in grado di gestire le problematiche della sicurezza o dell igiene con adeguate risorse anche professionali e ad aziende famigliari con risorse proprie assolutamente inadeguate, che devono pertanto ricorrere alle prestazioni di studi professionali più o meno esperti. Uso quest ultima espressione per rappresentare il problema di quei consulenti con cui abbiamo spesso a che fare e che impongono/propongono al singolo esercente una serie di provvedimenti preventivi questi sì assolutamente inutili, trascurandone altri magari necessari. É un argomento che necessiterebbe di ben altra stesura espositiva, per cui mi limito ad affermare che, pur riconoscendo il principio di competenza di chi è titolare di una attività, anche di progettazione o servizio, nel valutare i rischi per la salute potenzialmente presenti nella propria opera, per una maggiore trasparenza e tutela del cittadino, sia imprenditore sia consumatore, potrebbe essere utile anche rimettere mano ad es. ai vecchi regolamenti comunali di igiene o simili, magari con il contributo delle associazioni dei consumatori e delle imprese, per proporre alle amministrazioni pubbliche di adottare nuovi criteri di riferimento ed anche regole essenziali su temi di maggiore interesse per la comunità locale. In molti casi è già difficile riuscire a capire e rispettare il sistema di regole imposto dalle leggi nazionali, ma credo che alcuni regolamenti locali potrebbero, anche interpretando quella normativa nazionale e adattandola alle esigenze specifiche delle proprie Comunità, rendere meno arbitrario e più accessibile a tutti il sistema dei controlli finalizzato alla promozione e tutela della salute. È vero che la nostra professione è l unica, tra quelle sanitarie, in cui la validità di quello che facciamo è sancita dalle leggi e dai regolamenti e non dalla dimostrazione di efficacia, vedi elenco delle pratiche inutili, ma l aspetto positivo di questo ordinamento sta nella garanzia del diritto che dovrebbe in questo modo essere garantito anche per i soggetti deboli. Un impegno di lavoro per noi potrebbe quindi essere contribuire a migliorare leggi e regolamenti, il che vuol dire anche naturalmente proporre l abolizione di ciò che non ha alcuna giustificazione ed anzi risulta dannoso per i cittadini. Cara SNOP, ho già parlato in altre occasioni degli strumenti che possono consentirci di migliorare il nostro lavoro, dell epidemiologia descrittiva e valutativa, della dimostrazione di efficacia, della comunicazione e della formazione, in questa occasione mi sono un po dilungato su alcuni aspetti particolari, di cui però nei nostri Servizi si parla molto, speriamo che ci siano altre occasioni per approfondire anche questi argomenti, concludo questa mia nota di fine anno, millennio per alcuni, confermandoti tutta la mia stima ed il mio affetto, ti faccio i miei migliori auguri per l Anno Nuovo, che sia un anno di ripresa per i tuoi numerosi ed affezionati soci, di nuove adesioni alle tue attività e io spero anche di chiarimento su alcune questioni che ti ho indicato. A volte per stare meglio può essere necessario parlarsi senza riserve, ciao 3

6 medico A.Usl), comporterebbe un notevole risparmio: in termini di tempo per il dipendente, in termine di risorse per i servizi A.Usl. Se può servire come termine di riferimento e di raffronto, un problema analogo è già stato affrontato e risolto nell ambito della tutela del lavoro minorile e di quello speciale rapporto di lavoro che è l apprendistato. Anche in tale ambito, infatti, si era registrata una sovrapposizione di norme, con conseguente duplicazione di prestazioni. Alla L. 977/67 ( 5 ) che disponeva una visita di idoneità preventiva affidata all A.Usl, si era aggiunto il già citato D.Lgs n. 626/94: non si era però provveduto a raccordare le rispettive procedure in materia di idoneità preventiva. Come risultato, per anni i minori e gli apprendisti assunti in attività soggette a sorveglianza sanitaria furono sottoposti ad una doppia visita di idoneità preventiva; una presso l A.Usl ed una presso il medico competente. Per fortuna, grazie al D.Lgs n. 345/99 ( 6 ) e alla circolare interpretativa n. 1/2000 ( 7 ), è stato ora definitivamente chiarito che in questi casi occorre invece un unica visita medica preventiva di idoneità, affidata al medico competente scelto dal datore di lavoro. Speriamo di avere sufficientemente illustrato l oggetto di questa nostra breve nota. Siamo comunque disponibili in caso si rendano necessari ulteriori chiarimenti. Sarebbe gradita nota di riscontro. Distinti saluti. Azienda Unità Sanitaria Locale di Ravenna Ambito di Ravenna Largo Chartres 3 Tel 0544/ Fax 0544/ Note 1) DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (in Suppl. Ord. alla G.U. n. 22 del 25 gennaio).testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato. L art.2 (Requisiti generali) del DPR n. 3/57 così recita: Possono accedere agli impieghi civili dello Stato coloro che posseggono i seguenti requisiti: (...) idoneità fisica all impiego.l Amministrazione ha facoltà di sottoporre a visita medica di controllo i vincitori del concorso. DPR 3 maggio 1957, n. 686 (in Suppl. Ord. alla G.U. n. 200 del 12 agosto). Norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con DPR 10 gennaio 1957 n. 3. L art.11 DPR n. 686/57 così recita: I concorrenti che abbiano superato la prova orale debbono far pervenire (...) il certificato medico attestante l idoneità fisica al servizio continuativo incondizionato nell impiego al quale si riferisce il concorso. DPR , n. 487 (in Suppl. Ord. alla G.U. n. 185 del ) - Regolamento recante norme sull accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi. Stralcio dall art.2: Possono accedere agli impieghi civili delle pubbliche amministrazioni i soggetti che posseggono i seguenti requisiti generali: (...) idoneità fisica all impiego. Per l ammissione a particolari profili professionali di qualifica o categoria gli ordinamenti delle singole amministrazioni possono prescrivere ulteriori requisiti. Come si può notare dalla lettura degli articoli sopracitati, il legislatore non ha espressamente indicato la figura medica deputata all esecuzione delle visite di idoneità preventiva per assunzione nel pubblico impiego. Nei bandi di concorso si osserva però la soluzione di affidarle sia agli uffici A.Usl incaricati della attività medico legale che ai medici militari. 2) D.Lgs 19 settembre 1994, n. 626 (in suppl.ord. n. 141 alla G.U. n. 265 del ). Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. D.Lgs 19 marzo 1996 n. 242 (in Suppl.Ord. n. 75 alla G.U. n. 104 del 6 maggio 1996)- Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante attuazione di direttive comunitarie e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. 3) Per attività soggette a sorveglianza sanitaria devono intendersi quelle attività che, nel documento di valutazione dei rischi predisposto dal datore di lavoro ai sensi dell art. 4 c. 2 D.Lgs. n. 626/94, comportano una esposizione del lavoratore a rischi di natura fisica, chimica, biologica. 4) La figura del medico competente è definita nell art.2 D.Lgs n. 626/94 (come modificato dall art.2 D.Lgs n. 242/96). In base agli artt. 16 e 17 del medesimo decreto sono affidati al medico competente gli accertamenti preventivi di idoneità alla mansione specifica, per quelle attività che sono considerate soggette a sorveglianza sanitaria. Nell art.17, al c.7, viene specificato che il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l attività di medico competente qualora esplichi attività di vigilanza. 5) Legge 17 ottobre 1967, n. 977 (in G.U. n. 276 del ).Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti. La L. 977/67, agli artt. 8-11, dispone che l idoneità dei fanciulli e degli adolescenti al lavoro venga accertata mediante visite mediche preventive eseguite dall Ufficiale sanitario. Come noto, a seguito della L. 833/78, le visite medico-legali già di competenza dell ufficiale sanitario sono state attribuite all A.Usl. 6) D.Lgs 4 agosto1999 n. 345 (in G.U. n. 237 del )- Attuazione della direttiva 94/33/CEE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro. 7) Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 1 del 5 gennaio 2000, con oggetto: Lavoro minorile - Decreto legislativo 4 agosto 1999, n Prime direttive applicative. Il punto 6 (sorveglianza sanitaria) della C.M. n. 1/2000 così recita: In via generale, l art. 9 del nuovo decreto dispone, per i minori, l obbligo di una vista medica preassuntiva e di visite mediche periodiche da effettuare, a cura del datore di lavoro, presso la ASL territorialmente competente. Fa eccezione il caso di attività lavorative per le quali la vigente legislazione dispone la sorveglianza sanitaria disciplinata dagli artt. 16 e 17 del citato D.Lgs. 626/94. In tali fattispecie le visite mediche preventive e periodiche devono essere quindi effettuate dal medico competente, pubblico e privato, scelto dal datore di lavoro (...). 5

7 consapevolezza del contesto più generale in cui si inserisce il proprio lavoro, per agire almeno da modulatori, capaci cioè di ridurre la magnitudo dei danni. La prevenzione vera appartiene inevitabilmente alla politica, per quanto logora e impopolare possa oggi apparire questa categoria, verso cui i Servizi, ormai liberati da ogni idòla, dovrebbero ritornare a proporsi come interlocutori esperti, in grado di dialogare con tutte le forze sociali coinvolte a vario titolo nella salvaguardia della salute e dell ambiente. L unica tematica che, forse proprio in virtù della sua essenzialità, riesce oggi a suscitare ancora nel mondo grandi mobilitazioni di massa. È un ruolo che abbiamo progressivamente perduto, in nome dell oggettività della scienza e della tecnica che ha finito per farci percepire anche i fenomeni umani come se fossero cose, come fatti di natura regolati da leggi cosmiche o divine. È ciò che la sociologia durkheimiana chiama reificazione, per cui il mondo oggettivato perde la sua capacità di essere visto come creazione umana. La relazione uomo-mondo si inverte nella coscienza e ogni prodotto umano, nella fattispecie l inquinamento industriale, finisce per essere assimilato all ordine naturale delle cose e quindi sostanzialmente subito come ineluttabile. L IMPEGNO PREVENTIVO, EPIDEMIOLOGICO E GIUDIZIARIO A MANTOVA Dalla metà degli anni 50, il comune di Mantova è sede di un importante polo chimico, che per estensione è pressoché sovrapponibile al centro storico della città, costituito da una industria chimica di sintesi del gruppo Enichem (già Montedison) e da una raffineria (IES).Il prodotto elettivo della prima è lo stirene, ottenuto a partire dal benzene che proviene, via pipe-line, per oltre 300 mila tonnellate-anno, dallo stabilimento di Marghera, rifornito, a sua volta, via mare, dallo stabilimento di Priolo (SR), anch esso sempre appartenente al medesimo gruppo, dove il benzene viene originariamente distillato. I prodotti di raffineria sono invece benzine e gas liquidi. Il Servizio Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (PSAL) della ASL di Mantova ha effettuato due diverse indagini epidemiologiche, che assumevano come ipotetica macro-fonte di rischio il complesso delle attività produttive dello stabilimento Enichem, ma che, insieme, hanno anche prodotto una sorta di valore aggiunto in termini di conoscenza scientifica: la prima, condotta in collaborazione con la IARC di Lione ed il CSPO di Firenze, sulla coorte dei 4 mila lavoratori che dal 1956 al 1988 avevano lavorato presso lo stabilimento Enichem di Mantova (già Montedipe); la seconda, condotta invece in collaborazione con lo ISS, sul rischio di ammalarsi di sarcoma dei tessuti molli nella popolazione generale della provincia, con particolare riferimento per quella residente nell area industriale della città di Mantova. L indagine sui lavoratori evidenziò soprattutto un eccesso di rischio statisticamente significativo di morire per linfoma a carico dei lavoratori esposti a stirene e benzene durante le operazioni di trasferimento dei prodotti liquidi inerenti i serbatoi di stoccaggio, nonché le operazioni di carico-scarico delle autobotti e delle ferro-cisterne. La mancata evidenza di un eccesso di leucemie, pur in presenza di significative esposizioni a benzene, sia per concentrazioni che per numero di addetti coinvolti, soprattutto durante gli anni 80, e quindi, in vero, in un periodo ancora relativamente recente, ha suggerito un aggiornamento del follow up dal 1991 al 1998, attualmente in corso di conclusione, che ad una prima e macroscopica osservazione sembrerebbe ridefinire i risultati preliminari. Al di là degli interessi squisitamente scientifici, l utilità pratica ed attuale dell indagine fu, da una parte, quella di confermare la giustezza delle priorità di bonifica perseguite per ridurre l aerodispersione degli aromatici in situazioni lavorative specifiche, dall altra, di estenderle anche al centro ricerche dello stabilimento (oggi completamente ristrutturato), con un complessivo beneficio anche rispetto all inquinamento ambientale in senso lato. Il lavoro di costruzione della coorte, di relativo follow up e di codifica delle cause di morte è stato materialmente condotto da due assistenti sanitarie con la supervisione di un medico del lavoro, che, a sua volta, si è avvalso di quella dei due citati istituti di ricerca. Per la ricostruzione delle esposizioni ha collaborato un tecnico diplomato dello stesso Servizio. Il lavoro si è svolto in assenza di finanziamenti locali o regionali, comunque richiesti e non ottenuti all inizio degli anni 90. L indagine sulla popolazione generale residente si è invece, al momento, concentrata sullo studio dell incidenza dei sarcomi dei tessuti molli. Si riportano schematicamente e in forma divulgativa, i passaggi essenziali di una vicenda ambientale che trascende ampiamente i limiti territoriali in cui si iscrive, non solo per le sue rilevanti implicazioni scientifiche, data pressoché l assenza di precedenti in letteratura, ma anche per quelle sociali e giudiziarie che sembrano ormai accomunare l intero comparto della chimica in Italia. PRECEDENTI L indagine epidemiologica è iniziata nel luglio 1998 a seguito della segnalazione -pubblicata sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione ( ), da parte di Gloria Costani, medico di medicina generale convenzionato con la ASL di Mantova e presidente provinciale di Legambiente- di un cluster di sarcomi dei tessuti molli, cioè un addensamento spazio-temporale di una rara forma di tumori maligni, in corrispondenza dell insieme delle frazioni del Comune di Mantova (Castelletto, Formigosa, Frassino, Lunetta, Virgiliana) site a ridosso del polo industriale della città (Chimica Enichem, Metalmeccanica Belleli, Raffineria IES) e di quella antistante agli insediamenti industriali (Valletta Valsecchi), ma separata dal lago inferiore. Si trattava complessivamente di 5 casi rispetto ad un numero atteso, calcolato sulla base del Registro Tumori della regione Lombardia, inferiore a 1 e quindi di un rischio pari a 5. Un successivo studio di approfondimento, sempre a cura di Costani et al. (Costani G, Rabitti P, Mambrini A, Bai E, Berrino F), pubblicato di recente sulla rivista Tumori (86,2000) ha confermato la prima osservazione calcolando un 7

8 rischio statisticamente significativo compreso tra 2.25 e 2.6. È ormai una pacifica acquisizione scientifica che i sarcomi dei tessuti molli sono associabili alla diossina che si libera soprattutto per combustione di prodotti organici contenenti cloro. L ipotesi del termocombustore Enichem, attivo dal 1974, appariva quella maggiormente suggestiva di essere verificata in prima battuta, non solo sulla base della letteratura, ma anche in considerazione del fatto che questo termocombustore: opera in uno stabilimento dove accanto alla produzione di aromatici era presente fino al 1991 un impianto di cloro-soda; bruciava fino al 1991 rifiuti di vario materiale organico conferiti da terzi; ha subito un sequestro e 4 condanne penali passate in giudicato per inquinamento. LA RISPOSTA DELLE ISTITUZIONI Dopo una prima valutazione delle statistiche correnti di mortalità, che non apparivano adeguate per analizzare una forma tumorale trasversale per istotipo a più sedi anatomiche, la ASL di Mantova decise di dare mandato all autore della prima indagine epidemiologica sui lavoratori Enichem anche per condurre un indagine epidemiologica su tutta la popolazione residente della provincia di Mantova, allo scopo di valutare comparativamente la diversa incidenza dei sarcomi dei tessuti molli, correlabili, almeno in via ipotetica, con l inquinamento prodotto dal medesimo insediamento industriale. La Procura della Repubblica di Mantova decideva, in via giudiziaria, di delegare la medesima indagine allo stesso autore, anche in quanto titolare della qualifica di ufficiale di PG. Il destinatario di questo doppio mandato, amministrativo e giudiziario, di fronte all immane compito che lo attendeva, suggerì ed ottenne che tre figure istituzionali della città, il Procuratore della Repubblica presso la Pretura, il Direttore Generale della ASL e il Sindaco di Mantova, si coalizzassero attraverso un accordo scritto per compiere insieme, pur nel rigoroso rispetto dei reciproci ruoli istituzionali, un tratto iniziale di strada comune, necessario a tutti e tre per intraprendere poi, separatamente, azioni rispettivamente di tipo giudiziario, preventivo e di politica economica. L intervento si svolse sotto l egida dell indagine di polizia giudiziaria, ma ogni soggetto contribuì con proprie risorse a raggiungere l obiettivo comune, in particolare: il Procuratore, oltre all azione Studio caso-controllo sarcomi dei tessuti molli - Mantova 8

9 Tabella 1 1 RISULTATI Tabella 2.1 Tassi di incidenza (X 100,000 per anno) degli STM totali nella provincia di Mantova, Zone Casi Popolazione Tasso Tasso Int. Conf. 95% Int. Conf. 95% grezzo standardizzato (Limite inf.) (Limite sup.) ,00 10,50 4,75 21, ,80 12,10 4,80 34, ,60 5,40 4,37 9, ,90 6,90 3,85 11, ,00 4,00 2,82 5, ,50 5,30 3,83 7, ,90 6,20 4,70 9, ,00 5,30 4,05 8, ,10 7,70 6,53 12,34 Pr. MN ,20 5,70 5,47 7,08 Tabella 2.2 Tassi di incidenza (X 100,000 per anno) del STM nella provincia di Mantova, (sarcomi di Kaposi esclusi) Zone Casi Popolazione Tasso Tasso Int. Conf. 95% Int. Conf. 95% grezzo standardizzato (Limite inf.) (Limite sup.) ,90 6,20 2,23 16, ,80 9,20 3,22 30, ,20 4,30 3,19 7, ,70 3,70 1,58 7, ,00 3,00 1,99 4, ,30 4,10 2,83 6, ,90 4,60 3,13 7, ,60 4,10 2,88 6, ,00 3,50 2,37 6,31 Pr. MN ,20 3,90 3,60 4,96 Tabella 2.3 Associazione fra STM e distanza della residenza principale dall inceneritore che quindi si prestano particolarmente al confronto. Eccezione sono stati i comuni della cintura industriale di Mantova (Roncoferraro, S.Giorgio, Virgilio) raggruppati in un unica Zona e il Comune di Mantova, diviso da solo in tre Zone: la Zona3, riferita al centro città, la Zona2, riferita alla fascia costiera di Valletta Valsecchi antistante ma separata dal polo industriale di Mantova per la presenza del lago inferiore e infine la Zona1, coincidente con i quartieri a ridosso del polo industriale. IL CONFRONTO TRA I VALORI DI INCIDENZA CALCOLATI NELLE 9 ZONE Il confronto tra le Zone ha assunto come bianco, ossia come standard di riferimento, la Zona 3, il centro città, che ha evidenziato valori che si collocano nel range di quelli normalmente riportati in letteratura (Kaposi esclusi), cioè (4.3 x nella Zona 3 versus x in Svizzera e versus negli USA) Questo dato appare coerente con quanto emerge complessivamente dall Atlante Regionale di Mortalità della Regione Lombardia che non evidenzia per Mantova alcunché di significativo. Tra le Zone non sono emerse differenze importanti. Unica eccezione il Distretto di Viadana, in cui si è osservata, per il solo sarcoma di Kaposi (non AIDS correlato), un incidenza di 3.70 x verso 1.50 x riscontrato sull in- Distanza Odds ratio IC al 95% Totale Casi Casi esposti Casi esposti dall inceneritore esposti senza storia con storia Enichem lavorativa in lavorativa in Enichem Enichem <= 2 km 24,80 5,6-109, <= 3 km 1,70 0,79 3, <= 4 km 0,86 0,47-1, <= 5 km 1,20 0,60-2, Tabella 2.4 Rischio associato ad avere avuto la residenza principale nelle Zone 1, 2 e 4 Odds ratio Int. di confidenza. al 95% n. casi esposti Zona 1 1,40 0,54-3,50 8 Zona 2 1,70 0,54-5,70 5 Zona 4 1,20 0,57-2,25 15 Tabella 2.5 Rischio associato all aver risieduto, per qualunque motivo, nelle Zone 1 e 2 Odds ratio Int. di confidenza. al 95% n. casi esposti Zona 1 1,30 0,59-2,8 11 Zona 2 1,20 0,46-2,9 7 10

10 l'inceneritore) e 1991, "anno spartiacque" tra vecchia e nuova gestione dello stabilimento chimico di Mantova che, sotto l azione congiunta del Servizio PSAL e della Magistratura, ha visto, da una parte, lo smantellamento del clorosoda, dall altra, l avvio del risanamento degli impianti. RACCOMANDAZIONI PER IL PROSSIMO FUTURO Operare per la riduzione della quantità totale di tutte le emissioni inquinanti, indipendentemente dal rispetto dei limiti puntuali di legge, allo scopo di ridurre l impatto ambientale in un territorio comunque da considerarsi critico per tipologia e densità di impianti produttivi. Realizzare una mappatura sia delle attuali emissioni di diossina che del loro sedimentato nelle matrici ambientali, verificando anche la possibilità di valutarne la dose cumulativa nelle matrici biologiche. Questa azione è già stata avviata, almeno in parte, all'interno di una convenzione tra ASL di Mantova e Istituto Superiore di Sanità. Verificare, in concreto, se, oltre al rischio di ammalare di sarcoma dei tessuti molli, sussiste anche una più elevata probabilità di ammalarsi di altri tipi più frequenti di tumore maligno, che la letteratura attribuisce alla stessa diossina. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario progettare e condurre uno studio epidemiologico capace di confrontare i diversi rischi di ammalare di tumore maligno tra soggetti residenti in Zone del Comune di Mantova a diversa incidenza di sarcoma dei tessuti molli ed a diverso grado di inquinamento accertato. Valutare la fattibilità di studi epidemiologici sulla patologia della sfera riproduttiva. PUNTI FORTI DELLO STUDIO 1. Individuazione di casi occorsi in un lungo periodo di tempo, pari ad un decennio ( ), il cui "eccesso" all'interno di due quartieri di una Zona specifica appare molto elevato e statisticamente molto significativo; 2. ricerca dei casi, insorti nel decennio considerato, tra tutti i residenti della provincia di Mantova colpiti da qualsiasi tumore maligno e diagnosticati negli ospedali di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, allo scopo di recuperare effettivamente tutti i casi, compresi i soggetti emigrati nel corso degli anni dalle Zone più vicine al "polo chimico" di Mantova, ma che sono stati ivi residenti nel periodo di maggior rischio; conferma istologica di tutte le diagnosi con verifica della loro congruenza e classificazione; 4. verifica della data di insorgenza della malattia, allo scopo di considerare soltanto i nuovi casi insorti nel decennio di osservazione per misurare il "gettito" di nuovi casi e non la loro "semplice-presenza" che potrebbe riferirsi a soggetti che si sono ammalati in epoche antecedenti al periodo di osservazione e che sono poi andati incontro a recidive o metastasi. Una inclusione anche di questi casi avrebbe potuto comportare una sovrastima del rischio che invece si può escludere; 5.utilizzo per l'analisi dei dati della residenza principale (più lunga) nel periodo di maggior rischio, allo scopo di considerare solo periodi di residenza significativi e non brevi od occasionali; 6.verifica presso l'inps della storia lavorativa dei casi che ha contribuito ad escludere ipotesi correlative diverse dalla residenza; 7.confronto interno tra zone geografiche omogenee che escludono l'influenza di variabili incontrollate dipendenti da diversi contesti socio-economici e quindi da diversi stili di vita; 8.utilizzo di una popolazione di controllo all'interno di un modello di studio validato per le "piccole aree" che, ad esempio, ha consentito di verificare gli effetti delle centrali nucleari sulle popolazioni residenti nelle zone limitrofe; 9.allargamento dei contributi critici sul modello dello studio adottato ai maggiori ricercatori nazionali ed anche internazionali sul problema specifico, come emerge dalla "pagina dei ringraziamenti"del rapporto finale dello studio; 10.coinvolgimento di tutte le istituzioni locali, regionali e nazionali che hanno garantito di ottenere la massima efficienza ed efficacia alla "macchina organizzativa" dedicata all'indagine. PUNTI CRITICI DELLO STUDIO 1. La presenza dell'agente causale, cioè la diossina, verosimilmente generata dalla combustione del forno inceneritore Enichem, è ragionevolmente ipotizzata sulla base di dati storici relativi al forno inceneritore medesimo, ma non è documentata oggettivamente. Campionamenti e misure nelle matrici ambientali e biologiche potrebbero evidenziare, nel confronto con le zone limitrofe, concentrazioni cumulative di diossina molto superiori nei quartieri di Frassino e Virgiliana. 2. Le diagnosi dei casi di interesse, che hanno generato un rischio così elevato, sono state sottoposte ad una verifica di congruenza, ma non ad una revisione istologica da parte di un panel di esperti. L EPILOGO DELLO STUDIO Con Decreto del Ministro della Sanità il 31 agosto 2000 è stata istituita a Roma una commissione nazionale tecnico scientifica, presieduta dal Direttore del Dipartimento di Prevenzione del Ministero della Sanità, incaricata di verificare e di confrontare gli studi condotti a Mantova sui sarcomi dei tessuti molli, nonché di individuare alcuni filoni di approfondimento, attraverso la stesura di progetti specifici di ricerca, con particolare riferimento agli aspetti inerenti l attribuzione della esposizione ambientale a diossine. Il Sindaco di Mantova con la sua Giunta, a seguito dei risultati dello studio casocontrollo geografico, ha chiesto una moratoria, almeno in attesa delle risultanze preliminari dei lavori della commissione, per la costruzione di un nuovo termocombustore di rifiuti, previsto proprio nel medesimo sito occupato dall esistente, che ha già ottenuto il nulla osta regionale, in vero prima della divulgazione dei risultati dello studio sarcomi, ma che, secondo gli stessi dati di fonte aziendale, sembrerebbe incrementare l emissione di diossine, anche se venisse attivato in sostituzione dell esistente. Oggi, comunque, le quantità in gioco sono relativamente modeste, ma riguardano, pur sempre, un territorio che ieri ha subito complessivamente un inquinamento chimico molto pesante. Che fare? Rinunciare completamente all impianto, dislocarlo altrove, applicare la migliore tecnologia possibile per abbattere ulteriormente le emissioni, oppure nulla? Il dibattito è aperto.

11 Tabella 2 MAPPA DEL RISCHIO CHIMICO IN ITALIA Stabilimento Occupati Sostanze chiave Inceneritore Comune Caffaro Fino a 600 PCB (sostanze diossino-simili) fino all inizio anni 80 NO Brescia Pioltello-Rodano (polo chimico) 400 anidride maleica- ftalica, plastificanti NO Pioltello MI Enichem Brindisi 1100 MDI, butadiene, cloro, poliuretani, aromatici, olefine 1 Brindisi Enichem Assemini 480 acrilonitrile, cloro-soda, dicloroetano, solventi clorurati 1 Cagliari Enichem + raffineria Sarroch 450 olefine, aromatici, benzene, xilene NO Cagliari Enichem Ferrara 1700 stirenici, abs, poliesteri, gomme, polipropilenici, urea 1 Ferrara Enichem Gela + Raffineria AGI 380 olefine, propilene, ossido di etilene, acrilonitrile, craking NO Gela Enichem Mantova 1100 benzene, stirene, polistiroli 1 Mantova Porto Marghera (sito multisocietario) 3200 CVM, etilene, propilene, benzene, butadiene, cloro, cianuri, acido fluoridrico Venezia 1 Venezia Enichem Porto Torres 1400 Fenolo, Cumene, propilene, Benzene, cloro-soda, toluene, ossido di propilene 1 Porto Torres SS Enichem Ravenna (sito multisocietario) 2200 polibutadiene, olefine, aromatici, stirenici, tecnolpolimeri, CVM, PVC, anidride maleica, resine abs. 2 Ravenna Enichem Priolo + raffineria AGIP 1270 acetaldeide, cloro, benzene, etilene, ossido di etilene, toluene 1 Priolo SR Solvay clorosoda, polietilene, elettrosolfuri, acqua ossigenata, bicarbonato, cloruro di calcio no NO Livorno L EPILOGO DELL AUTORE LOCALE DELLO STUDIO L autore locale dello studio è stato subito raggiunto dagli strali del tonante ed arcigno Padre Totemico. Quando poi egli ha addirittura osato contestare pubblicamente la normalizzazione dei risultati che si sarebbe voluta propinare agli astanti, avendo anche l ardire di sbattere la porta, apriti cielo! Si è scatenata una reprimenda biblica, strutturata in una serie di ferrei divieti: non deve essere membro della Commissione Ministeriale, non deve partecipare come relatore al Centenario della CGIL, non deve Dodici anni fa, il neo-assunto autore locale dello studio entrò per la prima volta in Montedison, in forza dei poteri ispettivi che competevano alla pubblica amministrazione ma che fino ad allora questa non aveva voluto esercitare nel totale silenzio di tutti. Sempre per la prima volta, lo stesso autore impartì una formale prescrizione per il controllo del rischio cancerogeno, che precedette una lunga serie di diffide e denunce penali. L autore si trovò subito in consiglio di disciplina, ma ne uscì alla grande, perché la Montedison subì, in poco più di due anni, 14 procedimenti penali e 13 condanne definitive per reati contro l ambiente e contro la sicurezza del lavoro. La storia non si ripete mai, si dice, ma è anche vero che spesso si assomiglia. L EPILOGO GIUDIZIARIO Sia per i tumori insorti tra i lavoratori dello stabilimento chimico che per quelli comparsi tra i residenti dei quartieri industriali, in cui insiste il polo chimico della città, è stata avviata una nuova indagine giudiziaria, per accertare a tutto campo danni e responsabilità. Si sta costituendo il collegio dei consulenti tecnici del Pubblico Ministero Giulio Tamburini, avendo cura di includere autorevoli figure della comunità scientifica internazionale, nonché di acquisire tutta l esperienza maturata in sede scientifica e processuale nei noti fatti del Petrolchimico di Marghera, che hanno visto protagonista il Pubblico Ministero Felice Casson. Il cerchio si sta per chiudere. 13

12 PORTO E COMPARTO EDILE A TRIESTE PROGETTI DI PREVENZIONE PREMESSA di Daniela Bais e Umberto Laureni Nell ultimo anno si sono tenuti a Trieste due seminari, analoghi nell impostazione, che hanno fatto il punto su prevenzione e sicurezza del lavoro rispettivamente nel comparto dell edilizia (23 novembre 1999) e nel porto di Trieste (24 novembre 2000). I sottotitoli dei due seminari, anch essi identici, individuavano come obiettivi delle iniziative un approfondimento delle conoscenze sul comparto con le sue criticità e la conseguente presentazione di un progetto coordinato di prevenzione non in prospettiva ma immediatamente operativo. Vediamo di individuare i punti significativi (e quindi di interesse generale) dei due progetti di prevenzione. Entrambi sono frutto di un lavoro comune di enti e parti sociali interessate, riunite in un gruppo di coordinamento istituito nel 1999, senza particolari formalità, presso l Unità Operativa di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (UOPSAL) dell Azienda Sanitaria di Trieste. La finalità dei coordinamenti era (è) di coinvolgere più attori su un comparto ritenuto ad alto rischio, per consentire alle diverse componenti di esplicitare le difficoltà, i disagi e le posizioni contrastanti emerse sul campo, ma era anche di individuare esigenze ed obiettivi comuni e spazi di collaborazione e coordinamento. Di dare in sostanza corpo a quel patto sociale per la prevenzione che è sembrato, nell assoluta e chiarissima distinzione dei ruoli, la risposta più avanzata alle problematiche dell ambiente di lavoro. 14 IL PROGETTO PREVENZIONE IN EDILIZIA L edilizia ha rappresentato e rappresenta, nella programmazione delle attività di iniziativa dell UOPSAL, una priorità assoluta. Lo testimoniano i 1700 sopralluoghi eseguiti tra il 1992 e il 1999 in 756 cantieri, le iniziative di formazione e di sensibilizzazione ed il materiale didattico prodotto in materia di sicurezza e di igiene dei cantieri. Negli ultimi tre anni la vigilanza in edilizia è stata assunta tra gli obiettivi aziendali, in accordo con il Piano Sanitario Regionale che ha inserito la prevenzione dei rischi da caduta in edilizia tra i suoi obiettivi strategici. Inoltre, nel 2000, la Regione Friuli- Venezia Giulia ha avviato un programma di verifica comune sull attuazione del 626 nei comparti chiave dell economia regionale, tra cui appunto l edilizia. Il comparto edilizia è ancora caratterizzato a Trieste da indici infortunistici elevati, in termini di frequenza e gravità, con valori ancora superiori al valore medio nazionale. Secondo i dati della Cassa Edile, nel 1999, l indice di frequenza è stato di 75 (infortuni per milione di ore lavorate) con una durata media di quasi 20 giorni. L indice di frequenza è stabile negli ultimi quattro anni, dopo essere sceso tra il 92 e il 96 da 127 appunto a 75. Nel 1996 l Unità Operativa ha introdotto accanto alla vigilanza normale nei cantieri in attività la vigilanza programmata nei grandi cantieri, cioè in unità produttive di rilevante durata e complessità, che vengono prese in carico dall avvio a cura di un operatore dell Unità operativa che risulta referente. Su questa attività a regime si è inserito il Progetto prevenzione che si articola in: 1. istituzione e mantenimento di un tavolo di confronto permanente, agile ed informale, tra istituzioni e parti sociali. Oltre alle tradizionali componenti datoriali e sindacali e agli Enti pubblici competente, vi partecipano anche gli ordini professionali; 2. avvio di un osservatorio permanente sul fenomeno degli infortuni, curato dall Unità Operativa in collaborazione con la Cassa Edile, in stretto collegamento con la sede regionale dell INAIL. Si intende in tal modo garantire e diffondere la conoscenza del fenomeno (con rapporti semestrali) attraverso l analisi degli indicatori di frequenza e gravità e attraverso l approfondimento degli infortuni gravi e delle forme ed agenti materiali. Nell intenzione del Progetto questa analisi non si pone l obiettivo di valutare l efficacia delle iniziative adottate per combattere l infortunio e nemmeno quella di oggettivare gli andamenti nel tempo del fenomeno, bensì di fornire ulteriori elementi di conoscenza, doverosi nei confronti della collettività e dei mass media, ed utili agli operatori del settore, per individuare le priorità e per meglio definire e progettare gli interventi di prevenzione; 3. iniziative di formazione e responsabilizzazione, sempre individuate congiuntamente. La prima iniziativa di formazione è stata rivolta alle nuove figure dei coordinatori per la sicurezza, in quanto ritenuti elemento cardine della prevenzione in edilizia. Nel 2000 l Unità Operativa PSAL ha svolto due specifici seminari cui hanno partecipato nella quali totalità i circa 300 coordinatori per la sicurezza che risultano operativi in provincia di Trieste. I seminari hanno consentito una seria riflessione sul ruolo dei coordinatori e sulla stesura e sui contenuti dei piani di sicurezza e coordinamento. Nell occasione sono stati anche presentati i nuovi programmi dei corsi di 120 ore, rivolti ai nuovi coordinatori, che, facendo tesoro delle critiche alle precedenti edizioni, prevedono almeno 20 ore obbligatorie di pratica in un vero cantiere edile. Nel 2001 destinatarie di specifici momenti formativi saranno le imprese edili, in particolare per quanto riguarda la stesura dei piani operativi di sicurezza; 4. valorizzazione dell offerta di consulenza tecnica alle imprese edili fatta dal

13 Comitato paritetico. Ciò ha portato, nel 2000, ad una confortante ripresa dei sopralluoghi in cantiere eseguiti, su richiesta delle imprese, dai tecnici dei Comitato Paritetico. Il Comitato ha anche garantito una percentuale di sopralluoghi di iniziativa in cantieri scelti a campione. All attività di vigilanza degli Enti pubblici di controllo si è associata in tal modo una parallela e qualificata attività di assistenza. Gli elementi base di sicurezza da verificare in un cantiere edile sono stati oggetto di confronti tra i tecnici del Comitato Paritetico e quelli dell UOPSAL; 5. avvio e messa a regime di un coordinamento tecnico ed operativo sulle procedure di vigilanza tra l Azienda Sanitaria e la Direzione Provinciale del Lavoro, in termini di: a). criteri di valutazione e sanzionatori degli elementi di un cantiere edile; b). criteri di priorità nella scelta dei cantieri da ispezionare; c). gestione comune dell archivio dei cantieri in attività; 6. procedure di formazione/informazione alle nuove ditte del settore, prevedendo la comunicazione all UOPSAL da parte della Camera di Commercio dei nominativi delle nuove ditte iscritte. IL PROGETTO PREVENZIONE NEL PORTO DI TRIESTE La vigilanza sulle attività e sulle imprese operanti all interno del Porto di Trieste è, da tre anni, tra gli obiettivi dell UOPSAL aventi dignità di progetto aziendale. La scelta è stata successivamente convalidata dalla Regione Friuli- Venezia Giulia che, nel 2000, ha avviato un programma di verifica coordinata tra ASS sull attuazione del 626 nei comparti chiave dell economia regionale, tra i quali ha inserito anche i traffici e le movimentazioni portuali. Per attuare lo specifico progetto aziendale, la UOPSAL, nel 1997, ha ritenuto di dover approfondire prioritariamente la realtà e le specifiche logiche organizzative in vigore nel porto (soprattutto dopo le modifiche intervenute con la Legge 84/94), ritenendo questa conoscenza la premessa essenziale per qualunque iniziativa di vigilanza e di prevenzione. Sono state in tal modo censite le ditte operative, ripartendole in grandi blocchi di attività (le cooperative, le imprese portuali, ecc.). Di queste classi di attività sono stati verificati il grado di attuazione della 626 e l andamento infortunistico, che ha evidenziato per alcune tipologie lavorative indici di frequenza nel 1999 superiori a 100. Questa elaborazione è stata portata come contributo di conoscenza al Seminario del 24 novembre 2000, come base di partenza per elaborare il Progetto prevenzione. Il coordinamento tra Enti (VV.FF., Capitaneria, Autorità Portuale), già soddisfacente in quanto sperimentato in oltre dieci anni di verifiche congiunte sui lavori con uso di fiamma a bordo delle navi, è stato ulteriormente consolidato. I dati raccolti e le esperienza maturata hanno trovato una naturale confluenza nel gruppo di lavoro del Coordinamento delle Regioni che ha predisposto le linee guida sull attuazione delle nuove norme di settore (i Decreti Legislativi 271/99 e 272/99 e quello sulla sicurezza sulle navi da pesca nazionali). Le linee guida sono state oggetto del Seminario di Genova del 20 giugno 2000, cui sono seguiti in novembre e dicembre, come naturale fase applicativa locale, i seminari sulla sicurezza dei porti di Trieste e di Napoli. Su questo stato di attività si è inserito il Progetto prevenzione che si articola in: 1. garanzia di un tavolo di confronto permanente tra istituzioni e parti sociali. Il gruppo informale che era operativo fino al Seminario confluirà nel Comitato di igiene e sicurezza del lavoro previsto dall art.7 del D.Lgs 272/99 che l Autorità Portuale istituirà nei primi mesi del 2001; 2. avvio di un osservatorio permanente sul fenomeno degli infortuni, curato dall Unità Operativa in collaborazione con l Autorità Portuale, in stretto collegamento con la sede regionale dell INAIL. Le finalità sono le stesse indicate per il comparto dell edilizia; 3. iniziative di assistenza tecnica alle imprese. Sul versante interno, l Autorità Portuale ha istituito, nel gennaio 2001, lo Sportello per le imprese. L Autorità che ha compiti di vigilanza amministrativa, mediante propri ispettori, anche sulle condizioni di lavoro all interno dell ambito portuale, ho inoltre deliberato sugli aspetti di sicurezza di propria competenza: dalla gestione delle merci pericolose ai lavori con uso di fiamma a terra in ambito demaniale e sulle navi a secco. Per quanto riguarda l UOPSAL, nel 2001 verranno garantiti alle imprese portuali, a fronte delle priorità evidenziate, momenti seminariali sulla stesura efficace- e sulla gestione del documento di valutazione dei rischi di cui all art.4 del D.Lgs 626/94, così come implementato dal documento di sicurezza di cui all art.4 del D.Lgs 727/99. Analogamente si procederà per le ditte di manutenzione navale, approfondendo gli aspetti operativi del documento di sicurezza previsto per l impresa capo-commessa dall art.38 del D.Lgs 727/99. Infine verrà avviata una prima fase di sensibilizzazione nei confronti degli equipaggi delle navi da pesca; 4. approfondimento delle competenze e dei possibili ambiti di collaborazione tra l UOPSAL competente per la vigilanza e gli ispettori dell Autorità Portuale aventi compiti di vigilanza amministrativa. Un apposita ordinanza dell Autorità Portuale, di prossima emanazione, definirà il ruolo e le prassi operative dei suoi ispettori e soprattutto le modalità di coinvolgimento della struttura pubblica di vigilanza (a fronte di un reato evidenziato, nel caso di infortunio, ecc). Si tratta, come si può comprendere, di un tassello importante per una attività di prevenzione a tutto campo che si ponga l obiettivo di coordinare e valorizzare tutte le forze in campo; 5. definizione di obiettivi prioritari per la vigilanza. Essa si articolerà, nel 2001, nella verifica dell attuazione del 626 e del 272 in un campione di imprese portuali; 6. per i tecnici UOPSAL avvio di un corso di formazione e addestramento sulla realtà del porto, propedeutico alla vigilanza. Il corso (di 100 ore) coinvolgerà i tecnici delle altre ASS regionali interessate e quelli delle ASS, sede di porto, dell Alto Adriatico. 15 U.O. PSAL A.S.S. n. 1 Triestina Piazzale Canestrini TRIESTE tel 040/ fax 040/

14 ITALIA E SPAGNA A CONFRONTO Le possibilità di intervento dei sistemi pubblici di controllo nella prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici Manuel Velazquez Ispettore del Lavoro Bilbao Biscaglia Le difficoltà di trattare i DMS I disturbi muscolo scheletrici si rivelano di solito a lungo termine e hanno una eziologia multipla. Questo è forse un fattore decisivo nel rendere molto difficile un azione preventiva all interno delle ditte con lavoratori con contratto interinale o temporaneo. Soltanto le ditte con lavoratori stabili possono avere una visione strategica e a lungo termine, tale da prevenire questi disturbi. Altra difficoltà che osserviamo nella pratica è l uso di contratti a tempo parziale o part-time fatti per affrontare la tematica degli eccessivi carichi di lavoro. Il lavoro in queste condizioni, suppone infatti un rischio di disturbi muscolo scheletrici causato dal forte ritmo di lavoro e ai frequenti movimenti ripetitivi dei lavoratori, pur se ci troviamo di fronte a una diminuzione del tempo di lavoro. INTRODUZIONE Le nuove priorità europee sulla politica di prevenzione L ultimo rapporto dell Agenzia Europea di Bilbao sulle necessità di ricerca e priorità future della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro conclude che le priorità generali concernenti questa materia sono i fattori di rischio psicosociali, i rischi ergonomici e i rischi chimici. Ossia, i temi prioritari sono quelli diversi della sicurezza nel lavoro, la quale ha costituito fin ora la principale linea guida dell azione delle amministrazioni europee nella prevenzione dei rischi professionali. Questa preoccupazione prioritaria a livello europeo, e specialmente nei paesi nordici, su aspetti che non sono proprio di sicurezza, forse corrisponde a una seconda fase evolutiva nel trattamento della prevenzione. Quella che non presta tanta attenzione ai fatti più visibili come gli infortuni sul lavoro e si accentra più nei temi meno evidenti, che si rivelano, di solito a lungo termine, come malattie professionali o molte volte come presunte malattie comuni. L importanza dei disturbi muscolo scheletrici Ma per quello che riguarda i disturbi muscolo scheletrici questa mancanza di visibilità è invece ingannevole. Le nostre statistiche di malattie professionali, tanto in Italia come in Spagna, sono 16 liste chiuse che non prevedono molte malattie che derivano da questi disturbi. In Spagna, ad esempio, il 25% degli infortuni sul lavoro sono per sforzo eccessivo e il 75% delle malattie professionali hanno per causa un disturbo muscolo scheletrico. Secondo la III Inchiesta Nazionale sulle Condizioni di Lavoro, il dolore di schiena è il primo motivo di visita medica per problemi di lavoro, un 30% dei lavoratori dichiarano che soffrono per posture dolorose nella metà del proprio tempo di lavoro, quasi il 70% dichiara di sentire disturbi o dolore al collo e la regione lombare, il 30% ha problemi di statismo (rimanere nella stessa postura più della metà del tempo di lavoro, il 36% fa lavori ripetitivi con il polso e il 30% afferma che esistono problemi di design del suo posto di lavoro). Il servizio di prevenzione di un importante holding dei Paesi Baschi riconosce che nelle sue società le affezioni osteomuscolari sono la prima causa di invalidità permanente e anche la prima causa di invalidità temporanea. Da tutti questi ultimi dati, raccolti in una inchiesta pubblica o effettuata da un gruppo di imprese private, si deduce chiaramente che sono molte le malattie per disturbi muscolo scheletrici che rimangono nascoste e appaiono come infortuni sul lavoro o malattie professionali o che sono dichiarate malattie comuni. Alto fattore da tenere in conto è quello della penetrazione massiva della donna in tutti i settori della economia. Esistono dati di inchieste e indagini che dimostrano una maggiore propensione delle donne per queste malattie, benchè questa differenza potrebbe essere dovuta maggiormente alla diversa divisione dei compiti che si perpetua tra uomo e donna nel mondo del lavoro. Ma molte volte i veri motivi di molti disturbi sono invece psicosociali e di organizzazione del lavoro. I disturbi significano di solito una scarsa varietà dei compiti, scarse opportunità di formazione, pochi poteri di decisione e quindi monotonia e noia sofferti dai lavoratori. Cioè quei disturbi sono spesso il risultato di una organizzazione taylorista del lavoro, ove pochi pianificano e decidono e i lavoratori eseguono i compiti alla maggior velocità possibile e addirittura con premi di produzione. Questa divisione del lavoro tra i posti sedentari e posti che richiedono un sforzo fisico si vede non solo all interno delle singole imprese. Sempre più si può vedere anche nei rapporti tra le ditte o tra i settori produttivi o perfino tra i diversi paesi. È curioso osservare come in Danimarca i disturbi muscolo scheletrici fossero concentrati nel settore tessile e come le ditte di questo settore produttivo si siano trasferite in altri paesi come Portogallo o Polonia con il consapevole trasferimento dei rischi. Un fenomeno simile invece possiamo anche notarlo dentro le nostre realtà nazionali, italiana e spagnola, con il lavoro che fanno gli extracomunitari. Loro svolgono i compiti che i nostri lavoratori non vogliono più fare, quelli più pesanti e che richiedono maggiore sforzo fisico,

15 soprattutto nei lavori agricoli. Questi lavoratori svolgono il loro lavoro in condizioni clandestine e quindi fuori del controllo delle amministrazioni del lavoro e della sanità. Abbiamo allora tra noi un gruppo importante di lavoratori che lavorano in condizioni tipiche del secolo scorso o ai primordi della rivoluzione industriale, e questo è un fatto che credo non dobbiamo dimenticare, nè trascurare. L AZIONE PREVENTIVA DEI SISTEMI PUBBLICI DI CONTROLLO NELLA PREVENZIONE DEI DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI I sistemi pubblici di controllo Per cominciare dobbiamo chiarire che cosa sono i sistemi pubblici di controllo della prevenzione. Questo in realtà è un concetto inventato dai nostri colleghi francesi per designare tutti gli organismi che in ogni paese si occupano della prevenzione nei luoghi di lavoro. Il panorama è molto diverso e sempre sono diversi gli organismi che intervengono nella materia. In Italia il ruolo prevalente é svolto dallle USL ma anche altri organismi come l Ispettorato del Lavoro, l INAIL, i Vigili del Fuoco e la Previdenza Sociale giocano la loro parte. Le funzioni di controllo comunque sono svolte da funzionari con qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, perchè il sistema di sanzioni è di natura penale, che prevede la responsabilità della persona fisica datore di lavoro, dirigente o preposto. In Italia, l azione dei diversi organismi pubblici, per costituire veramente un sistema pubblico di controllo della prevenzione deve fondarsi sul coordinamento degli organismi incaricati del controllo nei luoghi di lavoro e sul collegamento tra questi organismi di controllo e quelli della previdenza sociale per quel che riguarda gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Con questa finalità si sono stabiliti i comitati di coordinamento regionale in questa materia, i quali funzionano in maniera più o meno regolare, a seconda della regione. In Spagna l azione amministrativa si distribuisce tra gli organismi regionali che si occupano della promozione e l accreditamento alle ditte e l Ispettorato del Lavoro e della Previdenza Sociale che, con l assistenza tecnica di quelli organismi regionali, si occupa proprio del controllo e di dare inizio ai provvedimenti di sanzione amministrativa, che sono prevalenti del diritto spagnolo su quelli penali, e anche da il via ai provvedimenti di previdenza sociale in caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale con condotta colpevole del datore o datori di lavoro. I funzionari non sono dunque polizia giudiziaria perchè i provvedimenti non sono penali ma amministrativi con la responsabilità della persona fisica o giuridica (ad esempio della società per azioni) del datore o datori di lavoro. La nostra azione per costituire il sistema pubblico di controllo della prevenzione deve basarsi dunque nel coordinamento e collegamento tra gli organismi regionali della prevenzione e l Ispettorato del Lavoro e della Previdenza Sociale. E con questa finalità si sono stabilite diverse convenzioni tra l Autorità Centrale del Ispettorato e l Autorità regionali, che funzionano anche in maniera molto diversa a seconda della regione. Le azioni di promozione e informazione pubblica Ritengo che la prima azione dei sistemi pubblici di controllo preventivo per favorire la gestione della problematica dei disturbi muscolo scheletrici, debba riguardare una informazione generale e specifica di lavoratori, datori di lavoro, medici del sistema sanitario e altri esperti e consulenti sull esistenza di questi fattori. Quest informazione è una condizione indispensabile per poter poi identificare la presenza di questi disturbi e le cause che li originano e poter così dare inizio all attività preventiva di queste malattie. Questa azione di promozione e informazione dovrebbe sempre essere orientata a realizzare un miglioramento reale delle condizioni di lavoro nei luoghi di lavoro che costituiscono l obiettivo dell intervento. Azione collegata alla successiva azione di controllo pianificato della prevenzione. In Italia ho visto esperienze che accreditano l efficienza di questo principio in diverse USL del Veneto e della Toscana. Anche dalla nostra esperienza nei Paesi Baschi si è cominciato a programmare gli interventi di modo simile: l ispezione pianificata dei luoghi di lavoro verrà preceduta da una campagna generale di informazione e assistenza indirizzata specialmente ai servizi esterni di prevenzione. E in questo senso stiamo lavorando adesso nella preparazione di un programma di prevenzione dei DMS per l anno prossimo sui settori ove si trova la maggior incidenza di lesioni per sforzi eccessivi e fatica. Ma un chiaro e buon esempio di questa forma di pianificazione degli interventi sui DMS lo troviamo nei paesi nordici. Concretamente conosco l esperienza danese, attraverso la partecipazione di una ispettrice del lavoro di quel paese a un seminario organizzato l anno scorso a Valencia per un ente sindacale per la prevenzione: l ISTAS. Questa é in Danimarca l intervento sui DMS: negli anni ottanta gli interventi dell Ispettorato del Lavoro sui DMS danese erano basati nell introduzione di nuove macchine o attrezzature con migliore disegno ergonomico per ottimizzare le forme naturali di movimentazione. Il risultato fu quello che oggi conosciamo come trappola ergonomica : le condizioni di lavoro in realtà peggioravano, perchè i movimenti si eseguivano in minor tempo e aumentava il ritmo di lavoro. Nel settore sanitario durante il periodo fu effettuata una campagna di informazione sui DMS con la partecipazione attiva della confindustria e dei sindacati. Ma dopo la campagna il numero degli infortuni e malattie in questa materia era rimasto invariato. La spiegazione che se ne é tratta è che l aumento dei ritmi e delle cadenze di lavoro derivante dalla riduzione del personale che si occupa dei pazienti ha avuto come conseguenza la mancanza del tempo necessario per usare macchine e 17

16 attrezzature per trasportare i malati, poichè questa movimentazione era più rapida se eseguita manualmente. Nel 1989 si fece una campagna di prevenzione dei rischi nel lavoro promossa da 12 Ministeri, dove uno degli obiettivi del programma erano i DMS. In quel programma tutti i medici potevano dichiarare qualunque possibile lesione accertata come malattia professionale. Nel è stato realizzato un programma per ridurre della metà il lavoro ripetitivo. Lo scopo di questo programma è stato raggiunto mediante la negoziazione collettiva tra datori di lavoro e sindacati, garantendo un impatto positivo a livello dei costi, produttività e qualità del prodotto. Il successo di questo programma è stato più importante nei settori ove c era questa dinamica partecipativa. Eseguendo questo programma nel settore delle lavanderie, un settore che dai risultati di una valutazione presentava le mansioni più ripetitive, è stata introdotta una nuova organizzazione del lavoro mediante la rotazione generale dei lavoratori addetti con mansioni a rischio e l assunzione di nuove responsabilità dei lavoratori nel prendere decisioni sulla selezione del metodo di lavaggio. I compiti del capo di produzione sono diventati di conseguenza il coordinamento e l assistenza ai lavoratori. Come risultato generale le lesioni muscolo scheletriche sono diminuite nell industria e sono aumentati i casi registrati nei settori di pulizia e amministrativi, poichè come conseguenza del programma sono accresciuti i DMS registrati come professionali, e c è stato un aumento delle conoscenze generali su questo problema, giacchè queste malattie erano prima registrate come comuni. Le misure adottate dalle ditte alla fine di questo programma consistevano per un 87% in nuove forme di organizzazione del lavoro, per un 70% nell introduzione di nuove tecnologie, per il 56% in miglioramenti ergonomici, per il 9% in cambi di politica salariale, per il 5% nella introduzione di pause e di esercizi motori durante il lavoro. La legislazione sui DMS in Italia e Spagna Ma vediamo ora quel che riguarda gli aspetti del controllo delle norme che prevengono i disturbi muscolo scheletrici nei sistemi pubblici in Italia e Spagna. La legislazione italiana e spagnola sulla prevenzione derivano comunque dalla legislazione europea, dalle direttive approvate dal Consiglio Europeo come sviluppo della Direttiva Quadro 18 89/391/CEE. Concretamente, ci sono due direttive che tengono conto dei disturbi muscolo scheletrici. Si tratta della direttiva 90/269/CEE sulla movimentazione manuale dei carichi e la direttiva 90/270/CEE sull uso di attrezzature munite di videoterminali. Il recipimento di queste direttive é avvenuto nella legislazione italiana con il Decreto Legislativo 626/94 e nella legislazione spagnola con i reali decreti 487/1997 e 488/1997. In entrambi paesi la legislazione di recipimento ha fatto una trasposizione quasi letterale delle direttive, ma esiste una piccola ma importante differenza di tecnica legislativa. In Italia la legislazione di prevenzione si completa con circolari del Ministero del Lavoro che sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e anche con le linee guida di un Comitato di Coordinamento Regionale che invece non si pubblicano della stessa forma. In Spagna ogni regolamento si completa nella sua interpretazione e finalità con le linee guida che elabora e pubblica l Istituto Nazionale della Sicurezza e l Igiene nel Lavoro (INSHT), un organismo abbastanza simile all italiano ISPESL. Oltre queste disposizioni parziali, per quanto riguarda i disturbi muscolo scheletrici c è anche una disposizione che si occupa in maniera generale della prevenzione di queste lesioni. Si tratta della Direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell organizzazione dell orario di lavoro, che all articolo 13 stabilisce che il datore di lavoro che organizza il lavoro secondo un certo ritmo deve tenere conto del principio generale di adattamento del lavoro all uomo, soprattutto per attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. Questa norma è stata recepita nella legislazione spagnola all articolo 36 dello Statuto dei Lavoratori, ma non so ancora se esiste una norma italiana di recepimento. Si registra dunque una generale mancanza di norme legali specifiche sui disturbi muscolo scheletrici e questo rende necessaria l applicazione diretta dei principi generali della prevenzione della Direttiva Quadro che in entrambi paesi sono vigenti (Articoli 14 e15 della Legge di Prevenzione dei Rischi nel Lavoro LPRL- spagnola e articoli 3 e 4 del Decreto Legislativo 626/94). Secondo questi principi l imprenditore deve garantire la salute e sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti collegati al lavoro come dice la legge spagnola, oppure come dice la legge italiana: il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Cioè, l obbligo è di risultato, non determinando la legislazione quali cose si devono fare ma stabilendo piuttosto che cosa si deve raggiungere: il necessario diventa obbligatorio, perfino quando le norme concrete e specifiche per prevenire, in questo caso i disturbi muscolo scheletrici, formalmente mancano. Il problema per noi sarà quello di stabilire in ogni caso che cosa è necessario e dunque obbligatorio. E per raggiungere questo fine la legislazione ha disposto dei meccanismi di gestione dei rischi per identificarli e valutarli, e pianificare le azioni preventive con la partecipazione degli esperti. Quali sono i soggetti che portano a termine la gestione dei rischi Analizzeremo le fasi della gestione dei rischi e i problemi per il suo controllo. Ma prima dobbiamo descrivere i soggetti che partecipano al processo di gestione. Uno di questi soggetti é sicuramente il datore di lavoro. In entrambi paesi è il soggetto responsabile della valutazione dei rischi e dell attuazione del programma di misure risultante. Può farlo direttamente lui stesso (con la necessaria formazione preventiva), designare lavoratori della sua azienda con capacità adeguata o avvalersi di un servizio di prevenzione esterno (Art. 8 D.lgs 626/94) (Art. 30 LPRL).

17 del sistema di previdenza sociale sulla vittima. In Italia si prevede l azione di rivalsa sul datore di lavoro responsabile che deve in quel caso assumere tutte le prestazioni al lavoratore danneggiato. In Spagna si prevede anche questa azione di rivalsa quando non si sono portate a termine le visite mediche in presenza di un rischio di malattia professionale (Art. 197 della Legge Generale di Previdenza Sociale). L uso di questa azione di rivalsa non è abituale. In Italia il controllo degli infortuni e malattie professionali viene svolto dai funzionari con qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, che sono dell USL o l Ispettorato del Lavoro ma l azione di rivalsa la gestisce l INAIL, e molte volte manca una azione di coordinamento tra queste diverse amministrazioni. In Spagna non esisterebbe questo problema di coordinamento, l Ispettorato del Lavoro e della Previdenza Sociale può fare il controllo e iniziare il provvedimento di previdenza sociale, ma una legislazione scarsa e sfumata sulle visite mediche, a differenza di quella italiana, rendono difficile questo tipo di azione. Altra possibilità, soltanto prevista nella legislazione spagnola, è quella di imporre un aumento nelle prestazioni che riceve l infortunato dal 30 al 50% a carico del datore di lavoro quando concorre la mancanza di mezzi di prevenzione nella determinazione dell infortunio o della malattia professionale. Questo aumento non si può assicurare (non ha copertura assicurativa) e per ciò ha una natura punitiva. Bonus Malus: oscillazione dei premi oscillazioni delle prestazioni Per ultimo, la dichiarazione dei DMS come infortuni sul lavoro o malattie professionali comporta in Italia un aumento degli oneri in prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali e dunque un aumento del tasso dei premi che il datore di lavoro deve pagare in un periodo annuale. La dichiarazione dei DMS come malattie professionali ha sicure conseguenze economiche per il datore di lavoro. In Spagna non è stato introdotto un sistema di bonus malus o oscillazione del tasso del premi. Il Governo intende farlo prossimamente, ma si trova a misurarsi con la difficoltà di gestione data la diversità di organismi semipubblici o semiprivati che gestiscono le prestazioni per infortuni o malattie professionali in forma di concorrenza nel mercato. Forse per questo motivo si sceglierà l introduzione di un sistema di franchigia che obblighi il datore di lavoro a pagare le prestazioni che derivano dei primi quindici giorni di assenza per malattia del lavoratore infortunato. L'OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO CHE NON C È di Nicola Ricci ASL2 Pentria SNOP Molise Era di marca Emiliana (ma con forti accenti toscano e piemontese) il Seminario del 30 novembre a Bologna sui Metodi di Valutazione dei Bisogni Sanitari della Popolazione. Sono contento di non essere mancato a quest altro appuntamento di Sanità Pubblica di viale A. Moro. Credo d aver colto abbastanza dell evento da decifrarne (e spero anche da trasmetterne) i messaggi e i segnali più rilevanti emersi. 1. L epidemiologia italiana c è, e come! C era anche negli ultimi anni, anche se si vedeva poco! Oggi è anche più forte rispetto a qualche anno fa perché più matura e più utile al SSN. Temo solo che il gruppo di testa sia andato (come al solito) un pò troppo avanti (sul piano della elaborazione concettuale degli attrezzi culturali e applicativi) sia rispetto alla realistica possibilità di utilizzo da parte del Sistema della Prevenzione sia rispetto al ritmo complessivo della Politiche Sanitarie nazionale e regionali. 2. L epidemiologia italiana e i loro leaders in particolare si interrogano (responsabilmente) sulle plausibili sceneggiature/interpretazioni del RUOLO che dovrebbero assumere gli epidemiologi quando vestono i dimessi panni quotidiani di Operatori dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL o quelli più prestigiosi di staff alla Direzione ASL. Essendo prassi codificata del loro mestiere, l interrogativo è legittimo (direi ineccepibile!). Tanto più che non tutti lavorano con Linee Guida nel cassetto e Patti Regionali per la Salute sul desktop, ma in un contesto assai variegato di Politiche Sanitarie Locali e Regionali. Tutti insieme, comunque, devono (dobbiamo) lavorare per concor- rere a realizzare obiettivi concreti di salute in un Sistema Paese caratterizzato da formule di distanza (come le definirebbe Geppo Costa) troppo ampie tra schieramenti politici contrapposti i quali riescono a concordare, al massimo, su una cosa: l identificazione del Federalismo e dell Autonomia dei Governi locali quale priorità della Agenda Politica del prossimo Governo Nazionale. I numerosi Direttori Sanitari e Generali (ormai iper-sensibili al tema dell efficienza) intervenuti al Seminario, si sono a loro volta chiesti come utilizzare appropriatamente le scarse risorse epidemiologiche disponibili. Parafrasando Woody Allen, qualcuno ha ironicamente rieccheggiato la frase: Epidemiologi, dove eravate quando avevamo bisogno di voi!. Ne è seguito un vivace e gradevole dibattito nel quale gli epidemiologi sono stati paragonati alle marmotte che lavorano (?) silenziosamente undergound ma se attaccati sbuffano e graffiano. E visto che la discussione in aula rischiava di trasformarsi in una querelle tra guelfi (trasversali) e ghibellini (pentiti), si è raggiunto un accordo, con evidente soddisfazione dell ottimo Cavazza, sugli usi più produttivi della Epidemiologia nel Paese. Provo a re-interpretarli, ovviamente a modo mio, ricorrendo a una metafora (con allegata iperbole). Il treno della Sanità Pubblica italiana è (ri)partito semivuoto, qualche tempo fa, dalla Stazione Centrale di Bologna. Della cosa si sono accorti solo in pochi! Dal momento che il convoglio (ascrivibile secondo il lessico ferroviario alla 21

18 categoria treni Regionali ) era diretto a Roma (luogo dove in genere si decidono cose - da far avvenire in altri posti -!) ha dovuto affrontare il tratto appenninico fermando a qualche stazione di minore importanza. All improvviso, e comunque e sicuramente dopo Firenze, questo treno è diventato affollatissimo di operatori di sanità pubblica, direttori sanitari ASL, ex-epidemiologi pentiti ma di lunga militanza e con fede incrollabile, delusi, ma soprattutto tanti giovani operatori). Il fatto è che il treno, che Regionale rimane pure dopo Firenze, resta bloccato alla stazione di Orte per far passare i tanti Eurostar e Intercity da Torino, Milano e Venezia! Problema: come far arrivare il treno!? Dalla metafora (ferroviaria) verso l iperbole (organizzativa). Essendo ormai stato raggiunto in aula quel Gentlemen Agreement sugli usi appropriati della Epidemiologia e degli epidemiologi nazionali, non restava (e non credo la questione possa ritenersi archiviata) che confrontarsi sul come e soprattutto sul chi fa che cosa. Ripercorrendo retrospettivamente la mia carriera, tutta in sanità pubblica durante la quale ho utilizzato, qualche volta a mani nude, qualche altra telefonando agli amici dell ISS, gli attrezzi della proverbiale cassetta della Metodologia Epidemiologica e Biostatistica, posso dire che gli epidemiologi (soprattutto i c.d. field-epidemiologist) hanno nel genoma culturale una grande curiosità che li spinge avanti; di sicuro, però gli difetta (mediamente parlando) un adeguato grado di cultura organizzativa. Riprendendo la metafora ferroviaria della Sanità Pubblica e passando all iperbole organizzativa della Epidemiologia, che s ha da fare in questo benedetto Paese per far arrivare i treni in orario sui bisogni della gente tenendo presenti anche quelli del macchinista e del personale viaggiante? A mio avviso l Epidemiologia (ma il discorso vale ancora più per la Sanità Pubblica e per gli Operatori della Prevenzione in generale) dovrebbe coniugarsi sempre più con la cultura della Progettazione Organizzativa e la Formazione Manageriale. Sarebbe illuminante, credo, come lo fu per me, leggere la metafora/parabola della Signora Raku che produceva ceramiche nello scantinato della sua abitazione. L aneddoto davvero gustoso è parte fondante degli insegnamenti contenuti nel libro di Henry Mintzberg: La Progettazione Organizzativa Aziendale, Il Mulino, Bologna Vi si racconta della incredibile impresa della Signora Raku che passò dal laboratorio artigianale di ceramiche e vasellame (in cui doveva fare tutto da sola) all Impresa di successo destinata a rimanere leader nel settore. L impresa (non impossibile) per la Sanità Pubblica Italiana è proprio quella di passare da un buon prodotto, talvolta d eccellenza, di fattura artigianale ma a diffusione regionale a un prodotto di qualità di concezione imprenditoriale che abbia la genuinità e l appeal del made in Italy, ma un diverso marketing mix tale da soddisfare la basilare legge di mercato legata a domanda-offerta. A quanti avranno la curiosità e la pazienza di leggere o rileggere per chi l avesse già fatto l aneddoto della Signora Raku farei la seguente proposta riprendendo quanto scrissi su queste pagine di Snop due anni fa. Evitando accuratamente di ricorrere a leggi, statuti, regolamenti e linee-guida, lanciamo l idea di fare un O.E.V. cioè un Osservatorio Epidemiologico Virtuale (e già qualcuno riderà perchè Enzo Caporale l ha fatto davvero e bene all I.Z.S. di Teramo! Solo che è Epidemiologia Veterinaria!). La mia visione progettuale di O.E.V. è diversa sia sotto l aspetto organizzativo che finanziario. In tanto é a costo zero, perché si possono utilizzare come stabilimenti di produzione i Dipartimenti di Prevenzione (oltre 200 in tutta Italia, con un trend in lieve diminuzione e salvo possibili sorprese dal fronte del Federalismo Fiscale che avanza). La manodopera non dico che è gratis in assoluto perché la paga il contribuente e comunque è valutabile in maniera soddisfacente sul piano quali-quantitativo (con esuberi e diseconomie in alcuni stabilimenti, spiegabili in vario modo ma comunque più o meno riconducibili allo zoccolo duro dell Italia delle Municipalità e delle Signorie). Non resterebbe che mettere qualcuno (virtualmente s intende, purché democraticamente, visto che manca un Consiglio d Amministrazione) a capo dell Organizzazione. Candidati ideali ce ne sono tanti nel Paese, inclusi i relatori presenti a Bologna il 30 novembre! Continuando nell esercizio di declinazione di opinioni personali, aggiungo che mi piacerebbe tanto che il capo della Organizzazione fosse quella nobildonna fiorentina di EVA (la Buiatti) la quale, e nonostante il bel nome che porta, più passa il tempo e più vedo come la Sorella maggiore degli epidemiologi italiani. Ciò fatto, la Eva (come la chiamano i nostri colleghi toscani) non tarderebbe a farsi lo staff chiamando uno come Costa alla Qualità Totale, Biocca allo sviluppo delle Risorse umane e Donato Greco al Marketing Management. Ma per fare quale prodotto di largo consumo? Ma è ovvio, per produrre finalmente l Epidemiologia di qualità, affidabile, utile al Paese, che costi poco (anche perché soldi ce ne sono pochi), insomma una cosa come l automobile ideale, sicura, risparmiosa, che non inquina e soprattutto facile da usare-guidare. Non c è poi bisogno che tutti quelli che la usano-guidano conoscano le leggi della termodinamica. Basta la patente B, purchè qualche altro (vedi Università, Ordine Professionale, I.S.S. etc.) ricordi loro di rinnovarla a scadenza, sottoponendoci tutti a qualche bel test di verifica (tipo patente a punti europea!). Assicuro che questa, tra le tante qui esposte, mi sembra la minore delle provocazioni possibili. Infatti il sistema della Valutazione sarà pane quotidiano per i medici e altri rappresentanti della c.d. Burocrazia Professionale. Gli epidemiologi saranno pure, con eccesso di understatement alla Valpreda, Operatori della Prevenzione, ma per il Decreto Bindi e per i Nuovi Contratti di Lavoro sono Direttori o quanto meno Dirigenti a tutti gli effetti; pertanto sono tenuti a concorrere al raggiungimento di obiettivi aziendali e sul grado del loro raggiungimento saranno periodicamente valutati. Se si riesce a fare tutto questo (e chiudo sia la metafora sia l iperbole) o almeno a impostarne un progetto credibile, è possibile che il treno della Sanità Pubblica, partito come Regionale dell Emilia, arrivi puntuale a Roma, ma non di notte e magari alla Stazione Ostiense, ma a Roma Termini, primo binario. Ma attenzione, perché nella Capitale bisogna fare un altro percorso underground (ma quelle marmotte di epidemiologi dovrebbero essere abituate a lavorare al buio,anche se talvolta perdono l orientamento!): la Metropolitana. E per arrivare al Palazzo bisogna fare ancora un bel tratto a piedi fra i vicoletti (talvolta maleodoranti) del Centro Storico. Epidemiologi italiani interessati al disegno sperimentale dello studio per la verifica di questa (e altre) ipotesi di lavoro: Appuntamento a Ca Vecchia sull Appennino Bolognese, Sasso Marconi, per la fine di Gennaio 2001.

19 UN SEMINARIO ROMANO a cura di Claudio Calabresi motivazione di partenza perché gli infortuni stanno aumentando è sbagliata). Come dall INAIL comincia fortunatamente a emergere (vedi primo Rapporto nazionale 1999 e, augurabilmente, prossimo Rapporto 2000) è (o sarebbe) fondamentale poter contare su dati veri, utili e usufruibili per la prevenzione, che orientino scelte, azioni, ecc. e che siano il meno soggettivi e soggettivabili possibile. Il si è svolto a Roma un Seminario organizzato dai DS, nell ambito della campagna Il pericolo non è il mio mestiere lanciata a settembre dal principale partito di governo. Non è il primo tentativo, negli ultimi anni, di uscita allo scoperto di questo partito sui temi della sicurezza e salute sul lavoro. In passato, purtroppo, alle premesse non sono seguite iniziative pregnanti; in questo caso, il Seminario fa parte di una vera e propria campagna in tutto il paese, contrassegnata da decine e decine di iniziative dalle alpi alle piramidi. Il Seminario, introdotto da Gloria Buffo ha visto tra gli altri l intervento autorevole del segretario Veltroni e le conclusioni dell immancabile e prezioso sen. Smuraglia. Il tutto in tempi assai limitati, in una mezza mattinata e quindi con una contrazione pesante (perché?) del possibile dibattito, viste le presenze piuttosto numerose. I contenuti Lotta all ingiustizia sociale, il problema non sono le norme ma la loro disapplicazione, le imprese e il loro sistema devono cambiare, le Regioni devono fare..tutte.. quel che a loro spetta, tutti i cittadini devono avere eguali diritti di prevenzione, sicurezza e salute, occorre una grande campagna di informazione di formazione scolastica di base. E poi, se è vero che la prevenzione è un tema di sinistra, questo tema deve essere un aspetto fondante anche per la futura prossima campagna elettorale. In sintesi, le attuali proposte presentate dai DS sono (elencate per slogan): prevenzione: occorre potenziare risorse e personale con un piano straordinario formazione: bisogna agire nella scuola e nei luoghi di lavoro, formando chi lavora vigilanza: va rafforzata e meglio coordinata a parte delle Regioni RLS: occorre dotarli di poteri reali e penetranti controllo e repressione: occorre razionalizzare e potenziare gli strumenti, specializzare i Magistrati ed escludere questi reati dall amnistia settore pubblico: occorre mettere in sicurezza le numerose strutture pubbliche che ancora non lo sono (in particolare scuole e ospedali) con piani pluriennali di investimento appalti: il rispetto della 626 e del piano di sicurezza deve essere criterio determinante per gli appalti pubblici imprese: occorre che sicurezza e salute facciano parte della strategia delle imprese; almeno dovrebbe essere inserita nella certificazione di qualità dei prodotti la quota di sicurezza del lavoro necessario a produrli. Un aspetto paradossale Sia Buffo sia Veltroni sia altri intervenuti hanno insistito sulla drammaticità del momento per l aumento degli infortuni nell anno in corso: a questo aspetto e alle sue motivazioni è stato dato grande risalto, anche con accenni al fatto che tale aumento, ahimè, si è verificato sotto il governo di centro sinistra Chiosa Peccato che ciò non sia vero. Il numero degli infortuni nel 2000 non ha subito modificazioni apprezzabili: quello che sta avvenendo quest anno è sostanzialmente in linea con la situazione degli ultimi 15 anni, ossia vi sono state fluttuazioni poco significative attorno a un entità che (questo sì), nonostante le novità anche legislative dell ultimo decennio, non subisce decrementi apprezzabili (ma con enormi variazioni all interno: incremento poderoso degli infortuni stradali e diminuzione in settori una volta prioritari, tranne forse l edilizia). Ancora una volta la questione dei dati, del sistema informativo nazionale che non c è, dei numeri imprecisi o inesatti che rischiano ciclicamente effetti distorsivi anche clamorosi (ricorderete ciò che avvenne ai tempi della Commissione Lama ). In questo caso addirittura potrebbero emergere autocritiche per quel che non si è fatto, da sinistra, basate sulla constatazione di una situazione non vera (non che l autocritica non debba essere fatta, anzi: però nel caso specifico la Smuraglia naturalmente non è caduto nel tranello dei dati, confermando anche dietro le quinte la sua ferma convinzione che prevenzione si deve fare non perché gli infortuni stanno aumentando (il che non è ) ma semplicemente perché, al di là dei piccoli aumenti o dei piccoli decrementi, la situazione deve essere affrontata, essendo comunque drammatica e intollerabile: occorre alzare il tiro, tenendo presente che in questa battaglia di civiltà non ci sono due fronti, l un contro l altro, uno positivo e uno negativo, bensì ci sono in ogni organizzazione governativa, centrale e periferica, sociale, ecc. insufficienze, carenze, disattendimento del proprio ruolo. Se no non si spiegherebbero tra l altro i ritardi legislativi, il T.U. che non arriva mai, il provvedimento sulle figure professionali che non esce, le Regioni o le singole ASL che possono impegnarsi o meno sulla prevenzione e comunque nessuno dice nulla. E il tanto da fare sul piano politico, organizzativo, culturale, professionale: studiare il lavoro che cambia, vederne le connessioni con patologie note e meno note, con le variazioni nella condizione di salute di vita che magari non esitano in quadri patologici clamorosi (sempre meno diffusi) ma concorrono a disagi, affezioni complesse e di difficile riconoscibilità. Un altra chiosa Anche questa occasione conferma che i temi della prevenzione hanno oggi una grande audience, come forse mai in passato, presso molti soggetti che in passato non erano apparentemente così sensibili o impegnati come oggi. Il momento sembrerebbe quindi favorevole per un decollo - finalmente - del sistema prevenzione nel sistema paese: ma siamo molto lontani da un concetto di sistema (non c è un sistema informativo nazionale, non c è una rete vera di soggetti sinergici, non ci sono standard né livelli minimi, verifica di efficacia, ecc.; e ancora, la (cosiddetta) periferia ha voce? cosa pensa? cosa fa? come si attrezza per rispondere alle esigenze antiche e recenti del mondo del lavoro nel nuovo secolo???). Quanto lavoro c è da fare anche per noi certo ma per molti altri. 23

20 ALCUNE PROPOSTE RUOLO DELLA EPIDEMIOLOGIA NELLA PREVENZIONE C.A. Goldoni Dipartimento di Prevenzione AUSL Modena P. Lauriola Area Epidemiologia Ambientale Direzione Tecnica ARPA Emilia Romagna Riprendiamo da dove avevamo lasciato il precedente articolo: dall analisi dei possibili sviluppi ora vogliamo evidenziare i punti chiave per l espressione della funzione epidemiologica a livello locale: questo perché, frequentemente, e pur con le migliori intenzioni, a questo riguardo si è equivocato Un buon esempio può essere ripreso dall articolo recentemente apparso su questa rivista a firma E. Paci, nel quale, pur condivisibile nell impostazione generale, ci sembra si annidino alcuni di questi equivoci. Si dice spesso che la epidemiologia non ha ancora maturato un ruolo importante nella sanità pubblica. Siamo sinceri, ma cosa hanno fatto gli Epidemiologi (con la E maiuscola) sempre presenti in tutti gli incontri per dire cosa era buono e cosa meno, per la prevenzione locale, nelle Usl? Poco. Trovare spazio per una comunicazione su temi locali significa(va) essere messo in coda a tutti gli interventi più importanti quando cioè non c è più nessuno a sentire. Ben pochi si sono impegnati a cercare di modificare le presunzioni di che cosa è e a che cosa serve la epidemiologia esistenti fra quanti si occupano di prevenzione e fra gli amministratori, forse perché a questi livelli ritenevano non esistere occasioni per fare Epidemiologia. In alcuni settori, però, ci si è rimboccati le maniche e non a caso lì il peso se lo sono trovato, eccome. Si pensi alla ricerca epidemiologica valutativa (ad es. sulla efficacia provata, solo però in ambito clinico), oppure nel campo della sperimentazione clinica. Esprimersi in termini pessimistici e sconfortati non ci sembra il miglior modo per rendere un utile servizio ad una disciplina che potrebbe ora, forse, 24 cogliere le occasioni che il quadro sociale e politico sembrano presentare. Occorre, invece, non aver paura di sporcarsi le mani in una attività pratica che può non rispondere a tutti i crismi della purezza metodologica (o a volte in realtà solo ideologica) e non deludersi ai primi impatti negativi con realtà locali non sempre esaltanti. Avere l umiltà di confrontarsi su temi epidemiologici con quanti epidemiologi non sono, e che magari manifestano qualche piccola o grande insofferenza al riguardo, vuol dire permettere a questa disciplina di integrarsi pienamente nel patrimonio culturale di chi si occupa di prevenzione, cosa che fino ad ora non si è verificata e costituisce la principale ragione per cui, nonostante tutti gli sforzi, essa è ancora sentita come un corpo estraneo da molti operatori (e unicuique suum da Amministratori locali e da Direttori di Azienda USL) che pure, dal punto di vista concettuale, ne riconoscono il valore. Ecco quindi quello a cui a nostro parere occorre puntare: fare si che la epidemiologia (anche quella eziologica) venga insegnata al più alto livello e praticata il più largamente possibile riconoscendone la dignità anche a livello scientifico a patto che sia effettivamente indirizzata a problemi reali di salute, anche se locali. D altro canto deve essere il più possibile stimolata una attività epidemiologica svolta da equipe multidisciplinari e che coinvolga e renda partecipi il maggior numero possibile di operatori, senza limitazioni legate all appartenenza a questo o quel settore, a questa o quell azienda, a questa o quell Università. Nei riguardi delle tematiche ambientali, la istituzione delle ARPA e la conseguente nuova attribuzione di competenze ha, logicamente, portato a una definizione dei rapporti AUSL- ARPA basata su chi fa che cosa, per rispondere alla esigenza di ogni operatore di aver ben definite le proprie competenze. Questa logica non deve però portare alla separazione totale, cioè a considerare le due realtà come completamente autonome ed indipendenti. Che lo si voglia o no, AUSL ed ARPA non possono che essere complementari su molte tematiche e devono quindi integrarsi se vogliono raggiungere gli obiettivi fissati. Ci sembra che l epidemiologia, per le metodiche che le sono proprie, rappresenti uno strumento di integrazione tra tematiche ambientali e sanitarie tra ARPA e Dipartimento della Prevenzione in primo luogo e con tutti gli altri attori (Dipartimenti cure primarie, ospedali, enti locali, Università, ecc..). Ma poiché riteniamo che gli esempi valgano più delle parole, come avevamo promesso, presentiamo al riguardo alcuni aspetti del lavoro che si sta svolgendo in collaborazione tra Dipartimento di Sanità Pubblica dell AUSL di Modena e ARPA Emilia-Romagna (Sezione di Modena e Area di Epidemiologia Ambientale). Questo si fonda sui concetti che abbiamo precedentemente espresso, cioè, in poche parole, che quello a cui dobbiamo tendere non è quello di dividerci le spoglie delle competenze ambientali, ma collaborare su ciò che ci unisce, ciascuno con le proprie professionalità e capacità, per un fine di salute collettiva e tutela ambientale che le norme, le conoscenze scientifiche e tecniche ed il buon senso definiscono. Tutto ciò forse sarà banale ma spesso, presi da mille obiettivi di ogni genere perdiamo di vista quello generale. Concretamente quello che riteniamo utile sottolineare è che: Il destinatario dell attività epidemiologica rivolta alla Prevenzione (da parte dei DISP e ARPA) non è la sola AUSL, ma anche gli EE.LL., la popolazione, i sindacati, gli imprenditori, la ricerca etc; scopo della epidemiologia eziologica non è solo la conoscenza di per sé, ma la prevenzione e quindi quando e come è possibile la previsione e non solo la descrizione; sarebbe utile favorire la specializzazione dei diversi centri locali di epidemiologia su specifiche tematiche: ad es. occupazionale nei poli industriali, pesticidi, incidenti stradali, domestici, nutrizione, veterinaria, etc. La eccellenza sugli aspetti metodologici potrebbe essere destinata alle università o a specifici centri di riferimento regionale; Pertanto quello a cui occorre puntare non è di disputare sulle competenze, ma valorizzare le conoscenze e le disponibilità in campo. Occorre, anche in questo caso, pensare ad una rete dove le diverse

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