Classificazione dei trombi

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1 Classificazione dei trombi Il trombo è una massa solida costituita dalla fibrina, contenente piastrine, globuli rossi e bianchi che si forma nel normale processo di coagulazione del sangue. I trombi vengono classificati in base a tre caratteristiche: la loro composizione in elementi corpuscolati e fibrina, le loro dimensioni e la loro sede. In base alla composizione si distinguono 3 tipi di trombi, dovuti ai diversi effetti possibili della velocità del flusso ematico e della rapidità della coagulazione: bianchi: formati da molte piastrine, fibrina e pochi globuli rossi e pochi globuli bianchi, peculiari delle arterie, dove il flusso veloce non permette di catturare globuli rossi; rossi: formati da piastrine, fibrina, globuli bianchi, con prevalenza di globuli rossi, peculiare delle vene, per la lentezza del flusso; variegati: sono trombi con zone chiare e zone rosse alternate, dovuti ad un lento processo di aggregazione piastrinica che ha intrappolato alcuni globuli rossi, nei momenti di bassa velocità del flusso ematico, condizione che si verifica dopo ogni contrazione a livello del cuore e del primo tratto dell'aorta.

2 In base alle dimensioni si distinguono in trombi: ostruttivi: che occludono l'intero lume del vaso; parietali: che non occludono tutto il vaso; a cavaliere: situati sullo sprone di una biforcazione. Infine i trombi si possono ancora suddividere per sede: arteriosi: sono quelli che causano gli infarti, presenti in particolare presso le coronarie, le arterie cerebrali e degli arti inferiori; venosi: sempre occlusivi, si formano in sede di dilatazioni della parete del vaso (varici) o di ulcere, presenti in particolare negli arti inferiori; intracardiaci: localizzati in particolare negli atri.

3 EZIOPATOGENESI DELLA TROMBOSI Le cause essenziali responsabili della formazioni di trombi (trombosi) sono riconducibili essenzialmente alla cosiddetta triade di Virchow: stasi del circolo, lesione endoteliale (placche aterosclerotiche) alterazioni della coagulazione

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5 ALTERAZIONI DELL ENDOTELIO In condizioni normali gli endoteliociti esercitano un attività antiaggregante sulle piastrine ed attività fibrinolitica, grazie alla quale il sangue si mantiene liquido all interno dei vasi Quando gli endoteliociti sono alterati manifestano proprietà del tutto opposte, favoriscono ovvero il processo di formazione del trombo e ostacolano quello di fibrinolisi Per quale ragione? Il processo chiave per spiegare questo cambio di atteggiamento risiede nella mancata sintesi di PROSTACICLINA (PGI2, derivante dalla metabolizzazione dell acido arachidonico da parte della COX) negli endoteliociti alterati. La PGI2 ha effetto antiaggregante sulle piastrine e di vasodilatazione sulle cellule muscolari lisce della parete vascolare di cui viene alterata la contrattilità Nell endotelio danneggiato viene liberato adenosindifosfato (ADP), calcioni e altre molecole che hanno una potente azione aggregante sulle piatrine, che rilasciano il trombossano A2 (metabolita ac. arachidonico) che oltre ad incrementare l aggregazione piastrinica ha anche effetto vasocostrittorio

6 Evoluzione dei trombi Un trombo può continuare ad accrescersi fino a chiudere il lume vasale (trombo occlusivo), oppure può interrompere il suo sviluppo e limitarsi a restringere il lume vasale (trombo parietale o trombo murale). Se non sopraggiunge la morte del paziente per gli effetti ischemici determinati dal trombo, esso può andare incontro a differenti evoluzioni: - Risoluzione. Rappresenta fortunatamente l evoluzione più frequente di un trombo e può realizzarsi in poche ore. Tale processo avviene con due meccanismi: 1. 1) L azione dilavante della corrente sanguigna, che disgrega meccanicamente il trombo e diluisce l accumulo locale di fattori della coagulazione attivati; 2. 2) Lisi biochimica da parte del sistema fibrinolitico (fibrinolisi secondaria).

7 Evoluzione dei trombi Organizzazione e ricanalizzazione. Se il trombo persiste, inizia il cosiddetto processo di organizzazione. Gli endoteliociti della parete vascolare intorno al trombo, stimolati dai fattori liberati dai macrofagi possono invaderlo formando cordoni solidi che daranno origine a capillari di nutrimento. Al processo partecipano anche i fibroblasti, i quali trasformano il trombo in una massa fibrosa ricca di fibre collagene (tessuto di granulazione). A questo punto nuovi vasi simili a quelli capillari tipici del tessuto di granulazione si sviluppano all interno del trombo e si diffondono nello spessore del trombo. In questo caso l organizzazione del trombo non è suscettibile di ulteriori sviluppi. In altri casi può verificarsi un processo favorevole: la ricanalizzazione del trombo organizzato.

8 Evoluzione dei trombi - Calcificazione. Un trombo può presentare calcificazioni (precipitazione di Sali di calcio) più o meno estese, come qualsiasi massa di materiale necrotico, indotte dalle fosfatasi che si liberano in seguito alla lisi delle cellule che costituiscono il trombo - Embolizzazione. Il trombo può staccarsi totalmente o in parte e dare origine ad un embolo.

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10 EMBOLIA Per embolia si intende la presenza nel sangue circolante di materiali non fisiologicamente presenti in esso. Tali materiali (emboli) possono essere: SOLIDI come i frammenti che si distaccano da un trombo o da una placca aterosclerotica, cellule neoplastiche, batteri, protozoi, parassiti. LIQUIDI con densità diversa da quella del sangue e quindi non miscibili con esso, come può verificarsi in caso do gocce lipidiche in occasioni di fratture, di liquido amniotico in travagli di parti complicati GASSOSI in genere costituiti da azoto come nel caso di emersioni rapide da sotto il livello del mare Gli emboli, circolano nel sangue e si arrestano laddove trovano un vaso di diametro inferiore occludendolo e determinando ischemia. Le regioni dove più frequentemente si arrestano i trombi sono polmoni, encefalo, rene, milza.

11 infarto si intende per infarto la necrosi di un tessuto per ischemia, cioè per grave deficit di flusso sanguigno dovuto all occlusione completa e brusca di un vaso arterioso terminale. Interessa organi con irrorazione arteriosa di tipo terminale (più comuni:miocardio, encefalo, milza, intestino). L arteria terminale non è dotata di rami collaterali efficienti al fine di mantenere un circolo collaterale L infarto è dovuto alla presenza di placche aterosclerotiche, trombi o emboli L infarto del miocardio rappresenta una delle principali cause di mortalità, a causa della frequente localizzazione delle placche aterosclerotiche nelle arterie terminali I sintomi sono diversi a seconda dell'organo interessato, tuttavia il sintomo principale è rappresentato da dolore acuto (ad insorgenza improvvisa), di varia intensità; è però possibile che l'infarto sia clinicamente asintomatico, soprattutto qualora sia di dimensioni molto piccole. La regione colpita da infarto diviene necrotica (è questa necrosi che scatena i sintomi acuti): se il malato sopravvive alla fase acuta dell'infarto, l'organismo riassorbe i tessuti morti senza rigenerare la parte persa, ma forma in quella zona una cicatrice di tessuto connettivo fibroso, e l'organo interessato perde definitivamente una parte della sua funzionalità.

12 La coronaria di sin è quella maggiormente colpita con la conseguenza che l infarto del ventricolo sin è quello più frequente. L occlusione della coronaria può essere indotta dalla presenza di un trombo oppure, in assenza di questo, da una contrazione spastica (da un aumento del normale stato di tensione di uno o più muscoli) della parete arteriosa (infarto senza trombosi)

13 L infarto del miocardio L infarto del miocardio viene definito anche in base al suo spessore. Possiamo avere: INFARTO TRANSMURALE: quando la necrosi interessa tutto lo spessore della parete ventricolare; INFARTO INTRAMURALE: quando interessa solo una parte ovvero quella più vicina all endocardio (infarto subendocardico) o all epiacardio (infarto subpericardico) Endocardio: tunica sottile e trasparente che tappezza internamente la superficie del cuore e le altre formazioni presenti nella sua cavità (valvole cardiache, muscoli papillari, corde tendinee ecc.). Epiacardio: foglietto viscerale del pericardio (membrana sierosa che avvolge il cuore e la prima porzione dei grandi vasi sanguiferi)

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15 DIAGNOSI CLINICA E confermata dall esame ECG che presenta alterazioni caratteristiche a seconda dell area infartuata INOLTRE: a distanza di 12-24h si esegue la valutazione di alcuni tipi di enzimi, quali la creatinchinasi (MBCK),la aspartatoaminotrasferasi, la latticodeidrogenasi (LDH-1 e LDH-2), che si liberano dai miocardiociti necrotici.

16 Guarigione dell'infarto del miocardio L' infarto del miocardio consiste nella necrosi ischemica delle cellule miocardiche (cardiomiociti) di un distretto del muscolo cardiaco, causata dall' occlusione brusca (per trombosi o per embolia) del ramo delle arterie coronarie che irrora quel distretto Si tratta di una patologia molto diffusa soprattutto nei paesi industrializzati, che causava nel passato una notevole mortalità, che da diversi anni è andata progressivamente riducendosi, grazie alla tempestività ed al perfezionamento degli approcci terapeutici. La morte dei cardiomiociti subentra nell'arco di qualche ora dall'instaurarsi dell'ischemia e continua per alcuni giorni formando un focolaio di necrosi

17 Guarigione dell'infarto del miocardio Il tessuto necrotico rappresenta uno stimolo per l' innesco di una risposta infiammatoria acuta: la periferia della zona ischemica appare iperemica mentre l' area necrotica diventa edematosa per l' imbibizione essudatizia, alla quale si associa la diapedesi delle cellule protagoniste del processo infiammatorio, con la conseguenza che nell' arco di 2-4 giorni essa risulta ben delimitatadal tessuto circostante. È questo un periodo di grave rischio per il paziente, che dura una ventina di giorni, cioè fino a quando non si è consolidata la cicatrice, in quanto in seguito ad uno sforzo che comporti un aumento della gittata cardiaca con conseguente aumento della pressioneintracardiaca si può verificare la rottura del cuore in corrispondenza dell'area infartuata, che è molto fragile a causa dell'imbibizione edematosa e della rimozione dei detriti operata dalle cellule fagocitarie, in essa richiamate dai fattori chemiotattici che si sono liberati. Quando si verifica questa grave complicanza, si forma molto rapidamente un emopericardio, che determina la morte perchè impedisce il riempimento diastolico del cuore e produce una rapida e gravissima insufficienza cardiocircolatoria.

18 Guarigione dell'infarto del miocardio Gradualmente nell'area infartuata si ha: la digestione e la fagocitosi dei detriti cellulari, operata dalle cellule fagocitarie, il riassorbimento dell'edema, la formazionedel tessuto di granulazione con l' avanzamento degli endoteliociti e dei fibroblasti, che secernono le molecole costitutive della matrice extracellulare ed, infine, la formazione di una cicatrice. Questa si differenziadallacicatrice che si forma nelleferite cutanee, perchè in essa permangono, vitali e funzionalmente attivi, alcuni miofibroblasti, derivati dalla differenziazione dei fibroblasti. È stato dimostrato che la sopravvivenza di questi elementi contrattili, nella cicatrice cardiaca è sostenuta in maniera autocrina da una citochina che essi producono, il TGF-f3. Con modalità sovrapponibili a quelle descritte guariscono anche le ferite chirurgiche o accidentali del miocardio. Sono in corso le ricerche miranti a chiarire l' eventuale intervento nel processo riparativo del miocardio delle cellule staminali adulte presenti nel cuore, che sono in grado di differenziarsi, oltre che in cardiomiociti, anche in fibrocellule muscolari lisce ed in endoteliociti.

19 Cellule staminali adulte La classificazione di Bizzozero è stata recentemente integrata con un quarto tipo cellulare, le cellule staminali adulte. Si tratta di cellule particolari dalla cui divisione si formano, una cellula che rimane staminale, ed un altra che può differenziarsi in alcune direzioni differenti. Sono presenti nel SNC, pancreas, fegato, cuore, strato basale dell epidermide e midollo osseo e, in piccola quantità, nel sangue. A differenza dellecellule staminali embrionali, che sono totipotenti e quindi in grado di differenziarsi in tutti i citotipi dell organismo, le staminali adulte possono differenziarsi, oltre che nel citotipo costruente l organo in cui sono presenti, anche verso un certo numero di citotipi differenti. Recenti ricerche fatto ritenere che le cellule staminali adulte partecipino ai fenomeni riparativi. Questo intervento potrebbe avvenire sia da parte delle cellule staminali residenti nell organo, sia da quelle presenti nel sangue. Ottimi risultati sono stati ottenuti nel processo di riparazione del miocardio, attraverso il trapianto di cellule staminali adulte.

20 GANGRENA (o cancrena), necrosi più o meno estesa di tessuti o di organi determinata da cause varie, che possono agire direttamente (come traumi, ustioni, congelamento,infezioni), oppure indirettamente per ischemia da parziale o totale occlusione di arterie E la complicanza di un distretto necrotico alquanto estesa, che risulta aggravata dalla successiva colonizzazione di alcuni microrganismi. La gangrena può assumere diversi aspetti e può essere: secca, umida e gassosa. Negli ultimi due casi coesiste sempre un infezione batterica. La gangrena può colpire qualsiasi organo o tessuto, ma le sedi più frequenti sono gli arti, il naso, i padiglioni auricolari, i polmoni, l appendice, l intestino (da ernia strozzata). La terapia della gangrena, secondo le cause che la provocano, deve essere medica (locale e generale con chemioterapici e antibiotici) o chirurgica.

21 INFARTO MIOCARDICO E ATTIVITÀ FISICA Per molti anni i Cardiologi sono stati condizionati dal concetto "Rest and Pain" (riposo e dolore) prescrivendo lunghi periodi di riposo alla maggioranza dei pazienti affetti da infarto del miocardio; anni fa il riposo a letto per circa 30 giorni rappresentava una curadi tale malattia. Nell'ultimo decennio la strategia è completamente cambiata e l'esercizio fisico viene programmato per: Prevenzione primaria della cardiopatia ischemica Riabilitazione e prevenzione secondaria in corso di: Infarto del miocardio Angioplastica By pass aorto coronarico Trapianto cardiaco Scompenso cardiaco stabile

22 Prevenzione Primaria Molti dati epidemiologici ed evidenze scientifiche confermano che la sedentarietà, ossia la limitazione dell'attività fisica sia nel lavoro che nel tempo libero, determina un maggiore rischio di malattia ischemica cardiaca e si calcola che attualmente una percentuale variabile dal 60 all'80% degli adulti non svolga un'attività fisica sufficiente a determinare effetti benefici sulla salute. Livelli di attività fisica leggera - moderata - vigorosa sono inversamente proporzionali alla mortalità per cause cardiovascolari sia nell'uomo che nella donna ed è stato calcolato che Tale considerazione il rischio relativo per morte cardiovascolare è circa 5 volte superiore nei soggetti inattivi rispetto a quelli molto allenati. conserva la sua validità anche nei soggetti affetti da ipertensione arteriosa dove sia l'assenza di attività che la presenza di un'attività vigorosa aumentano il rischio di malattie cardiovascolari.

23 Riabilitazione e Prevenzione secondaria Il training fisico controllato e adattato al paziente costituisce un importante terapia nel post infarto e permette di determinare una riduzione della mortalità o di nuovi eventi cardiovascolari di circa il 20-25% che si aggiunge a quella determinata dagli altri trattamenti farmacologici. Un programma di attività fisica da continuare nel tempo costituisce un cardine della prevenzione secondaria e in molte città si sono costituiti club coronarici (pazienti affetti da cardiopatie) che promuovono l'attività fisica (palestra, nuoto, sci di fondo, golf, trekking, ecc.). Vari studi hanno permesso di identificare i meccanismi biologici che aiutano a spiegare gli effetti protettivi o preventivi dell'esercizio fisico: Riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare (effetti antiaterogenetici) Effetti sulla coagulazione (antitrombotici) Alterazione della funzione endoteliale Effetti di protezione sull'ischemia Effetti di protezione sull'aritmia

24 Quale attività fisica dopo l'infarto miocardico? La più indicata è l'attività aerobica che utilizza sforzi di tipo dinamico isotonico o movimento, mentre vanno evitati o limitati gli sforzi di tipo isometrico con prevalente impiego di forza (sollevamento pesi) che aumentano la resistenza nelle piccole arterie aumentando notevolmente il lavoro del cuore Attività aerobica o prevalentemente aerobica: Cammino Cammino veloce ("brisk walking") Escursionismo e Trekking (facile-medio) Corsa lenta Bicicletta o cyclette Ginnastica respiratoria e a corpo libero Nuoto Ballo Nel post infarto prima di permettere e/o prescrivere attività fisica è necessaria una valutazione completa del paziente con una visita e un'analisi accurata della storia clinica e dei fattori di rischio (fumo, ipertensione, dislipidemia, ecc.). Visita cardiologica con esami strumentali (elettrocardiogramma, ecocardiogramma, test da sforzo, ecc.).

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