RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA

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1 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA FRANCESCO CANNATA * 1. Introduzione I rating delle agenzie specializzate costituiscono da tempo un importante strumento per gli investitori, soprattutto nei paesi, come gli Stati Uniti, in cui il mercato dei capitali rappresenta un ampio canale di finanziamento per le imprese. Negli ultimi anni, il progressivo sviluppo del mercato dei capitali dell area dell euro e il crescente affermarsi di tecniche sofisticate di misurazione e gestione del rischio di credito hanno contribuito ad aumentare la popolarità di tali strumenti anche in mercati diversi da quello statunitense. Essi sono inoltre destinati ad accrescere ulteriormente il proprio ruolo alla luce della revisione in corso della regolamentazione bancaria in sede internazionale: il nuovo schema di adeguatezza patrimoniale delle banche, diffuso per consultazione dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria nel gennaio del 2001 e destinato a entrare in vigore nel 2005, utilizza, oltre ai rating prodotti internamente alle banche (metodo dei rating interni), le valutazioni delle agenzie come parametri per la determinazione dei requisiti di capitale a fronte del rischio di credito (metodo standardizzato) 1. Come è noto, i giudizi delle agenzie esprimono in modo sintetico il rischio di credito implicito negli strumenti finanziari, inteso come rischio di mancato pagamento da parte dell emittente del capitale e degli interessi dovuti. Nonostante la semplicità di lettura, essi sono il risultato di un complesso processo di valutazione, che si basa su un ampio set di informazioni: bilanci societari, report periodici, analisi * Banca d Italia, Vigilanza creditizia e finanziaria, Servizio Concorrenza, Normativa e Affari Generali; cannata.francesco@insedia.interbusiness.it Ringrazio Sebastiano Laviola, Andrea Resti, Michael Gordy del Federal Reserve Board e i colleghi che hanno partecipato a un seminario interno alla Banca d Italia per avere fornito utili suggerimenti alla ricerca. Il lavoro riflette esclusivamente l opinione dell autore e non impegna in alcun modo la responsabilità dell Istituto di appartenenza. ¹ Per la descrizione del nuovo Accordo, è disponibile sul sito del Comitato di Basilea ( il testo originale del secondo documento di consultazione. Per un analisi dei commenti formulati dall industria bancaria cfr. Cannata e Laviola (2001). 37

2 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 di settore, informazioni di natura qualitativa. Il principale «motore» alla base dei giudizi può tuttavia essere individuato nell analisi della situazione economica e finanziaria della società. Da un lato, le stesse agenzie sottolineano la centralità che i dati di bilancio rivestono nella valutazione dell affidabilità complessiva delle controparti; dall altro, gli studi condotti sull argomento hanno dimostrato l esistenza di relazioni significative tra rating e variabili quantitative. Obiettivo del lavoro è quello di indagare se, e in quale misura, i giudizi delle agenzie possano essere approssimati mediante l utilizzo dei soli indicatori di bilancio delle imprese emittenti i titoli oggetto di rating. Rispetto alla maggior parte dei lavori già svolti sull argomento, le imprese del campione a nostra disposizione appartengono, oltre che agli Stati Uniti, anche a quattro paesi europei (Regno Unito, Francia, Germania e Italia); inoltre, vengono considerati congiuntamente i rating assegnati dalle due maggiori agenzie internazionali, Moody s e Standard&Poor s, piuttosto che quelli di una sola società. Pur nella consapevolezza che il rating deriva dalla valutazione di una serie articolata di fattori, l individuazione di una relazione significativa tra giudizi delle agenzie e variabili di bilancio può fornire delle conferme sulla metodologia di analisi che esse adottano e, in particolare, sul peso che la componente quantitativa ha nei loro processi di analisi. Un approfondimento di questo tipo sui giudizi delle società specializzate può inoltre fornire utili indicazioni agli intermediari finanziari, interessati in misura crescente a valutare la rischiosità dei debitori con l ausilio di sistemi di rating; una maggiore conoscenza delle componenti dei rating delle agenzie può infatti facilitare il raffronto tra questi ultimi e i giudizi attribuiti internamente dalle banche alle proprie controparti. Il lavoro è organizzato nel modo seguente. I paragrafi 2 e 3 contengono una panoramica della metodologia che le agenzie adottano per la valutazione delle imprese non finanziarie e una sintetica rassegna della letteratura sulla relazione tra rating e variabili quantitative. La descrizione dei dati (paragrafo 4) è seguita dall analisi univariata degli indicatori di bilancio per classe di rating (paragrafo 5) e dalla verifica statistica (paragrafo 6). Il paragrafo 7 contiene brevi riflessioni conclusive. 2. La componente quantitativa dei rating delle imprese: il punto di vista delle agenzie... La metodologia di analisi che le società specializzate seguono nell attribuzione dei giudizi viene presentata come una combinazione di valutazioni quantitative e informazioni qualitative. In proposito, le maggiori agenzie affermano che il rating non è il semplice risultato di modelli quantitativi e che il valore aggiunto della loro attività risiede proprio nell acquisizione e nell elaborazione di un articolato set di 38

3 FRANCESCO CANNATA, RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA informazioni, molte delle quali difficilmente catturabili da algoritmi matematici. Riporta ad esempio Moody s (1991): «The objective of credit analysis can be simply stated: it is to forecast the ability and willingness of a borrower to meet its debt obligations when due. The appropriate analytical process for achieving that objective, however, is not so simply stated. And ultimately it cannot be described in its entirety because it is based to a large degree on judgment and because it pertains to the future, which by definition is uncertain (...). It follows that all current financial data must be weighted in light of fundamental strengths and weaknesses and possible future developments that will influence those data over time. That is why we say credit analysis is fundamentally qualitative». Nonostante l elevata complessità del processo di attribuzione del rating, l analisi quantitativa costituisce una fase di assoluta centralità; in tal senso, l analisi di bilancio, condotta su un arco temporale di almeno tre anni, rappresenta il principale strumento di lavoro per gli analisti. Dalla documentazione delle agenzie è possibile identificare gli indicatori maggiormente utilizzati nella valutazione delle imprese non finanziarie, essenzialmente riconducibili a tre aree gestionali: 1. flussi di cassa e liquidità, 2. redditività e 3. leverage Flussi di cassa e liquidità Viene valutata la capacità dell impresa di finanziare i propri piani di sviluppo attraverso i flussi di cassa generati dalla gestione: a tal fine viene privilegiato l utilizzo di grandezze di cash-flow, in quanto poco influenzate dalle politiche di bilancio aziendali e dai diversi regimi contabili internazionali. I due aggregati contabili maggiormente utilizzati sono l EBIT (Earnings Before Interest and Taxes) e l EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortisation). Il primo fornisce un indicazione delle risorse di cassa di cui l azienda dispone in normali condizioni operative; il secondo fornisce un informazione più precisa dell aggregato precedente nel caso in cui siano rilevanti le poste contabili diverse dalla cassa. Su tali basi, tra i principali indicatori utilizzati figurano i seguenti: Interest coverage (grado di copertura degli interessi): rapporta il flusso di cassa prodotto dall azienda agli oneri finanziari. Ad esempio, l indicatore EBIT/oneri finanziari misura il numero di volte che il flusso di cassa eccede la spesa per interessi. Cash flow/totale indebitamento: misura il tempo necessario all impresa per ripagare il debito. A tali indicatori si affiancano i tradizionali indici di liquidità: Quick ratio (cassa/passività correnti): misura l ammontare dell attivo altamente liquido sullo stock di passività correnti (ad esempio, i prestiti bancari a breve termine). 39

4 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 Current ratio (attivo corrente /passivo corrente). Linee di credito bancarie/passivo corrente: misura la liquidità di riserva a disposizione dell impresa Redditività Il profilo reddituale è considerato essenziale per valutare lo stato di salute dell impresa, in quanto influenza la crescita del capitale, l abilità nell attrarre nuovi investitori, l espansione e la capacità del management di reagire a situazioni avverse. Gli indicatori più utilizzati sono i seguenti: Return on equity (ROE) = Utile (o EBIT)/ capitale netto. Return on assets (ROA) = Utile (o EBIT)/ attivo totale. Return on capital = EBIT/(capitale netto + debito a lungo termine): consente un più agevole confronto tra diversi settori senza la distorsione causata dal leverage. Margine operativo = Reddito lordo/fatturato Leverage L analisi del grado di leverage consente di verificare il complessivo profilo di rischio dell impresa in relazione al grado di dipendenza dalle fonti di finanziamento esterne: i) a parità di altre condizioni, un alto livello di indebitamento rispetto al capitale proprio implica un maggiore grado di rischio, per la ridotta quota di capitale disponibile a copertura di eventuali perdite; ii) un massiccio indebitamento può implicare la necessità futura di rinnovo, che può risultare non facile in condizioni di particolare tensione finanziaria; iii) il carico di interessi sul debito può risultare eccessivo rispetto alla capacità di reddito. Tra i diversi indicatori, i più utilizzati sono i seguenti: Gearing ratio = debito a lungo termine/capitale proprio. Leverage = debito totale/(debito + capitale proprio). Va peraltro osservato che l utilizzo dei dati contabili richiede, a detta delle stesse agenzie, particolari cautele. Nel confronto cross-border, ad esempio, la difformità delle regole contabili può creare notevoli distorsioni: per questo motivo le grandezze contabili connesse con le politiche di consolidamento e ammortamento e con la valutazione del magazzino vengono generalmente corrette. Inoltre, poiché i rating tendono a essere costruiti in base a un approccio through-thecycle tenendo conto cioè delle fluttuazioni del ciclo economico gli indicatori di bilancio a una singola data non sempre risultano coerenti con il corrispondente rating. 3. e quello della letteratura Tra i principali filoni di ricerca che si sono sviluppati sul fenomeno dei rating, quello rivolto a studiarne la loro componente quantitativa 40

5 FRANCESCO CANNATA, RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA ricopre un ruolo centrale 2. L idea comune a tali lavori, concentrati in larga parte sui rating delle imprese non finanziarie, è quella di utilizzare i giudizi delle agenzie come variabile dipendente e ricercare una relazione significativa con un determinato set di variabili esplicative (generalmente, indicatori di bilancio). I primi lavori in materia risalgono alla seconda metà degli anni Sessanta. Tra i principali, Horrigan (1966) e West (1970) utilizzano la tecnica della regressione lineare per cercare di spiegare i rating obbligazionari in funzione di una serie di indicatori quantitativi. In particolare, Horrigan (1966) utilizza cinque indici di bilancio (attivo totale, rapporto di indebitamento, margine operativo, capitale circolante/fatturato e fatturato/patrimonio) e una variabile dummy che rappresenta lo status di debito subordinato: quest ultima e l attivo totale risultano le variabili più significative. Sulla scorta del modello sviluppato da Fischer (1959), in cui il premio al rischio sul mercato obbligazionario viene utilizzato come variabile dipendente in luogo dei rating, West (1970) fa affidamento su variabili di mercato, quali ad esempio il valore di mercato dell impresa in rapporto all indebitamento totale. Nel complesso, i risultati mostrano una percentuale spiegata dai modelli intorno al per cento. Diverso è l approccio metodologico di Pogue e Soldofsky (1969). Nel tentativo di superare i limiti della tecnica lineare applicata a variabili qualitative e ordinali, quali i rating, viene utilizzato un modello logit dicotomico, in cui le classi di rating sono considerate due alla volta. Limitando l analisi ai titoli investment-grade (pari o superiori a BBB), i risultati indicano che la probabilità di osservare un rating elevato sarebbe, da un lato, inversamente correlata al grado di leverage e all instabilità dei ricavi e, dall altro, positivamente correlata alla dimensione e alla redditività dell impresa. Nel complesso, cinque risultano le variabili maggiormente significative: indice di copertura degli interessi (interest coverage), rapporto di indebitamento, redditività, variabilità dell utile e dimensione (misurata dall attivo totale). I successivi sviluppi della letteratura utilizzano anche altre tecniche statistiche, quali ad esempio l analisi discriminante. Essa viene per la prima volta applicata ai rating sui titoli obbligazionari da Pinches e Mingo (1973, 1975), con particolare riferimento ai titoli industriali. Incorporando sei indicatori contabili viene «spiegato» circa il 70 per cento dei rating osservati e la percentuale di corretta classificazione su un campione diverso da quello di stima risulta pari al 60 per cento. ² Un altro importante filone di letteratura è quello che, mettendo in relazione le valutazioni delle agenzie con i prezzi di mercato, è rivolto a valutare l impatto dei cambiamenti di rating sul mercato e, quindi, la capacità di questi ultimi di «convogliare» agli operatori informazioni rilevanti. Per una rassegna della letteratura, cfr. Cannata (2000). 41

6 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 Analoghi risultati con la medesima metodologia sono ottenuti da Altman e Katz (1976) e Peavy e Edgar (1984). Un ulteriore affinamento nella misurazione dei rating in funzione di variabili quantitative è rappresentato dai modelli logit/probit ordinati, che tengono conto, oltre che della natura qualitativa della variabile dipendente, anche del ranking che in essi è implicito. Kaplan e Urwitz (1979), nel porre a confronto un modello probit ordinato con uno lineare, ottengono risultati nel complesso equivalenti, con riguardo alla scelta e alla significatività delle variabili esplicative nonché alla performance out-of-sample. In particolare, il modello che contiene una variabile di dimensione (attivo totale), un indicatore finanziario, una dummy che indica lo status di subordinazione del titolo nonché il tradizionale «beta» di mercato risulta in grado di classificare correttamente circa i due terzi delle obbligazioni. I modelli logit/probit ordinati trovano anche applicazione, tra i lavori più recenti, in Cheung (1996), Laruccia e Revoltella (1999), dove oggetto dell analisi sono rispettivamente i rating assegnati alle nove province del Canada (in funzione di variabili macroeconomiche) e alle banche. Resti e Omacini (2001) utilizzano i rating di Standard&Poor s riferiti all emittente per analizzare i giudizi attribuiti ad un campione di imprese europee. Non mancano infine le applicazioni, sviluppate negli ultimi anni, delle reti neurali (neural networks). Come è noto, si tratta di «sistemi esperti» che, nel tentativo di replicare il comportamento della mente umana, cercano di trovare una relazione automatica tra il fenomeno in questione (i rating) e un set di variabili esplicative. Tra gli altri, rileva il contributo di Dutta e Shekhar (1993), secondo i quali tali modelli riuscirebbero a prevedere i rating con maggiore accuratezza delle tecniche tradizionali: in particolare, la «rete a due strati» risulta in grado di prevedere l 88 per cento dei rating contro il 65 per cento del modello di regressione. Nella stessa direzione vanno i contributi di Moody e Utans (1995) e Daniels, Kamp e Verkooijen (1997). Un cenno a parte meritano infine i lavori pubblicati dalle stesse agenzie di rating, volti a illustrare la metodologia utilizzata per l attribuzione di un giudizio «automatico» alle imprese di piccola e media dimensione, per le quali il normale processo di analisi viene considerato troppo dispendioso. 4. I dati I rating utilizzati sono quelli attribuiti a metà del 1999 dalle due maggiori agenzie internazionali, Moody s Investors Service (Moody s) e Standard&Poor s (S&P), a titoli di debito emessi dalle imprese. Essi si riferiscono a emittenti di cinque paesi: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia. Si tratta dei rating riferiti alle singole emissioni (issue rating) e non di quelli riferiti all emittente nel suo complesso (issuer rating): questi ultimi infatti, nonostante siano mag- 42

7 FRANCESCO CANNATA, RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA giormente rappresentativi della generale situazione dell impresa (non essendo influenzati dalle caratteristiche tecniche del titolo), costituiscono un prodotto recente, non ancora disponibile per un numero elevato di imprese 3. Al fine di favorire l omogeneità del campione, sono state pertanto considerate, laddove possibile, obbligazioni con il medesimo grado di seniority 4 : nel caso di più titoli relativi al medesimo emittente, sono stati utilizzati (in analogia al criterio più diffusamente adottato) i rating assegnati al debito senior unsecured, che meglio riflettono il giudizio complessivo sull emittente, a prescindere dalle caratteristiche contrattuali del titolo. Ai fini dell analisi i rating sono stati convertiti in numeri: eliminando le gradazioni di rischio all interno di ogni classe (notches), sono stati individuati otto livelli di giudizio. Con riferimento ai cinque paesi prescelti, le imprese sono state selezionate da Datastream, in cui sono presenti i principali dati di mercato e di bilancio delle società quotate relative a un elevato numero di paesi. L incrocio tra le imprese presenti nell archivio e i rating disponibili ha determinato un campione iniziale di 559 imprese. Molte di esse hanno il rating sia di Moody s sia di S&P: circa il 65 per cento (365 imprese) nei cinque paesi complessivi, oltre il 70 per cento negli Stati Uniti. Ciò non sorprende, essendo quest ultimo il paese in cui l attività di rating è nata e si è maggiormente sviluppata. Ciò trova anche conferma nell appartenenza per paese delle imprese con almeno un rating: il 76 per cento appartiene agli Stati Uniti, segue il Regno Unito con il 13 per cento. La distribuzione dei diversi livelli di rating nei due distinti campioni di Moody e e S&P è piuttosto simile: in entrambi i casi la maggior parte delle imprese è concentrata nei livelli intermedi (BBB e A); le classi estreme (B e AAA) sono quelle con la frequenza più bassa. Si rileva inoltre l assenza delle classi maggiormente rischiose (a partire dalla CCC); ciò potrebbe essere dovuto all esiguo numero di imprese valutate con questo rating dalle agenzie e alla limitata presenza di tali società negli archivi di Datastream. Ai fini dell analisi è stato creato un unico campione, che associa a ciascuna impresa un solo rating, eliminando la duplicazione (ove esistente) del rating assegnato a una medesima impresa sia da Moody s sia da S&P. Dalle 559 imprese con almeno un rating abbiamo pertanto sottratto quelle sulle quali il giudizio delle due agenzie risulta diverso (58 imprese): il campione finale, utilizzato nel prosieguo del lavoro, include quindi 501 imprese. In tal modo si è ottenuto il vantaggio di allargare la numerosità del campione (rispetto alle 365 imprese con entrambi i rating), utilizzando i dati di entrambe le agenzie. ³ Si veda, ad esempio, Moody s (1998). ⁴ Come è noto, i debiti possono essere generalmente classificati in base all ordine di prelazione nell esercizio dei diritti: i primi debiti ad essere rimborsati sono quelli senior, seguiti da quelli junior e junior subordinated. Seguono infine gli strumenti «ibridi». 43

8 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 Fig. 1 Distribuzione delle imprese per classi di rating Dalla Figura 1 si osserva che il 79 per cento delle imprese rientra nelle classi intermedie BBB e A (solo in quest ultima cade quasi la metà delle imprese), solo il 4 per cento è contenuto nelle due classi estreme (B e AAA). Diverso è il caso delle sole imprese europee. Il campione delle 99 imprese dei quattro paesi europei selezionati risulta infatti sbilanciato verso le classi più elevate: ciò riflette presumibilmente il fatto che, essendo il mercato dei capitali europeo meno sviluppato di quello degli Stati Uniti e, di conseguenza, i rating meno diffusi, sono mediamente le imprese «migliori» che ricorrono al finanziamento sul mercato e che quindi necessitano di un rating. Sotto il profilo geografico, gli Stati Uniti sono il paese più rappresentato nel campione (75 per cento) mentre l Italia è quello con il minor numero di imprese (2 per cento del totale, pari a 11 società, di cui 9 finanziarie). Equamente rappresentati, infine, risultano i settori economici di appartenenza: tra gli altri, emergono le utilities, i beni capitale, banche e finanza e i beni di consumo (rispettivamente 25, 19, 14 e 12 per cento). Le variabili di bilancio sono state selezionate alla luce della metodologia delle stesse agenzie nonché sulla scorta della letteratura. In analogia a quanto osservato, i profili gestionali presi in considerazione sono tre (Tabella A1): leverage, misurato da un tradizionale rapporto di indebitamento (LEV), pari al rapporto tra il totale del debito e il capitale proprio, dal grado di copertura del servizio del debito (COVER = interest coverage) e dal cosiddetto income gearing (INC_GE = 44

9 FRANCESCO CANNATA, RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA Interessi Passivi / Reddito operativo e non operativo) 5. Nel complesso, ci attendiamo una relazione inversa tra livello dei rating e grado di leverage: a parità di altri fattori, più quest ultimo è elevato (ovvero, più il grado di copertura del servizio del debito è basso), più il rimborso del debito risulta a rischio; liquidità, espresso dai tradizionali rapporti tra le attività e le passività correnti (LIQ e LIQ1) e dal grado di copertura delle passività aziendali garantito da diverse misure di cash flow (LIQ2 e LIQ3). Da questi indicatori ci attendiamo in via generale una relazione positiva con il livello dei rating, nonostante la letteratura abbia spesso riscontrato comportamenti diversi; redditività. Per tale profilo, sono state considerate sia diverse misure di margine operativo (OP_MARG, PT_MARG, MARG1 e MARG2), calcolate come rapporto tra un aggregato reddituale e il fatturato, sia indicatori di performance (ROA, ROE e ROE2). In particolare, le variabili ROE e ROA sono state costruite utilizzando al numeratore l utile prima delle imposte e degli oneri passivi (EBIT). Nel complesso, ci attendiamo un impatto positivo della redditività sul livello dei rating. In aggiunta a tali variabili, sono stati presi in considerazione due fattori che, pur non menzionati nella documentazione delle agenzie, gli studi sinora condotti hanno riscontrato essere significativi nello spiegare il livello dei rating: la variabilità nel tempo dei risultati aziendali e la dimensione dell impresa. Con riferimento al primo profilo, è stato calcolato il coefficiente di variazione (in valore assoluto 6 ) negli ultimi cinque anni disponibili (dal 1994 al 1998) per tre diversi aggregati di bilancio (utile netto, attivo totale investito ed EBIT): CV_UTILE, CV_ASSET e CV_EBIT. Con riguardo alla dimensione, è stato utilizzato come proxy l attivo totale investito (SIZE), misurato dall attivo totale al netto delle passività correnti. Tale aggregato è stato convertito in dollari al tasso di cambio medio dell anno di riferimento. Tutti gli indicatori (ad esclusione dei coefficienti di variazione) sono stati calcolati come medie semplici sul periodo La scelta di utilizzare dati medi su un periodo di più anni deriva dall approccio through-the-cycle che le agenzie affermano di adottare, in base al ⁵ Quest ultimo è stato considerato in valore assoluto (INC_GE1), per facilitarne l interpretazione in presenza di un denominatore negativo. Si è in tal modo tenuto conto del fatto che, in prossimità dello zero, l indicatore presenta una discontinuità; così facendo, è stata privilegiata l informazione rappresentata dalla proporzione tra il reddito aziendale ed il flusso di interessi da coprire piuttosto che quella rappresentata dal segno dell indicatore. ⁶ L utilizzo del valore assoluto del coefficiente di variazione consente di «catturare» la stabilità della performance aziendale, indipendentemente dal segno. In tal modo, il grado di variabilità, ad esempio, del reddito è considerato alla stessa maniera, sia che l impresa sia in utile sia essa che si trovi in perdita. 45

10 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 quale le controparti emittenti verrebbero valutate sulla base della loro affidabilità nel medio-lungo termine 7. Disponendo dei rating emessi a metà del 1999, sono stati presi in considerazione i bilanci effettivamente utilizzabili dagli analisti al momento in cui è stato attribuito il giudizio. Nella Tabella A2 sono sintetizzate le principali statistiche delle variabili, con riferimento all intero campione e ai sotto-campioni definiti in base al settore e al paese di appartenenza. Soffermandoci in particolare sui valori medi e mediani, si nota che, come previsto, le imprese finanziarie differiscono da quelle appartenenti agli altri settori economici per il più elevato grado di leverage e per la minore significatività degli indici di liquidità. Si osserva inoltre che la dimensione media delle imprese statunitensi con un rating è inferiore a quella delle imprese europee; ciò è presumibilmente ascrivibile alla maggiore diffusione dei rating negli Stati Uniti. 5. L analisi invariata La distribuzione degli indicatori di bilancio per classi di rating fornisce una prima indicazione della relazione implicita tra giudizi delle agenzie e fattori quantitativi. La Tabella 1 contiene i valori medi e mediani delle variabili selezionate per ciascuno dei sei livelli di rating presenti nel campione. Tabella 1 Distribuzione delle variabili di bilancio per classe di rating (valori medi e mediani; in corsivo, la frequenza assoluta) Variabile B BB BBB A AA AAA campione totale (n = 501) COVER 0,630 18,02 7,43 13,97 19,43 23,12 2,10 2,58 3,49 6,26 10,51 19, INC_GE1 30,13 47,08 44,78 31,03 12,99 9,91 19,76 32,56 26,43 16,54 10,39 5, LEV 0,45 1,37 1,44 1,09 2,24 0,18 0,45 0,94 1,04 0,72 0,44 0, LIQ 1,42 1,88 1,43 1,38 1,20 1,27 1,36 1,63 1,24 1,22 1,07 1, (segue) ⁷ L utilizzo di dati medi come variabili esplicative può rivelarsi utile soprattutto per migliorare la performance out-of-sample del modello. In proposito, cfr. Resti e Omacini (2001). 46

11 (segue) Variabile B BB BBB A AA AAA LIQ1 1,16 1,56 1,08 1,00 0,86 0,99 1,23 1,27 0,94 0,89 0,80 0, LIQ2 0,39 0,60 0,81 0,73 0,50 0,69 0,42 0,42 0,66 0,64 0,56 0, LIQ3 0,11 0,07 0,09 0,11 0,12 0,14 0,11 0,07 0,08 0,11 0,13 0, OP_MARG 3,96 11,96 14,44 14,71 14,87 16,78 7,88 9,99 12,14 13,59 15,71 16, PT_MARG 1,94 6,11 10,24 12,29 13,16 15,37 6,94 6,84 9,38 11,22 12,39 12, MARG1 2,71 9,29 12,19 14,53 14,86 18,30 5,38 7,97 10,28 13,55 14,72 18, MARG2 10,79 15,32 19,82 21,15 20,03 23,45 12,88 12,41 16,20 18,19 20,17 22, ROA 9,00 9,48 11,82 15,87 19,78 19,10 8,82 9,04 10,14 14,96 18,17 21, ROE 10,99 47,38 26,51 34,82 32,75 38,24 9,93 23,30 25,25 27,16 26,63 33, ROE2 26,05 26,12 10,53 17,91 18,24 35,44 19,11 8,78 11,69 14,62 14,93 23, CV_UTILE 201,86 440,05 140,98 106,51 45,03 37,29 184,95 125,40 55,65 34,82 25,90 33, CV_ASSET 54,20 38,71 31,93 19,23 10,09 19,36 48,46 31,07 24,09 14,33 17,26 17, CV_EBIT 329,49 387,73 106,13 58,39 35,36 34,28 85,52 66,92 44,46 30,05 24,52 28, SIZE (mln USD) LOG_SIZE 12,76 14,66 14,98 15,31 16,31 16,37 11,80 14,80 15,00 15,26 15,97 16,

12 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 L andamento degli indicatori risulta in larga parte in linea con quanto ci si attende: le variabili di leverage indicano che più elevato è l indebitamento di un impresa, più basso è il rating assegnato dalle agenzie. L impresa che non riesce a coprire il flusso di interessi passivi (COVER medio = 0,6) viene classificata, a parità di altri fattori, nella classe B; per contro, l impresa che copre abbondantemente il servizio del debito (COVER medio = 23,1) viene giudicata estremamente affidabile (classe AAA); gli indicatori di redditività mostrano un inequivocabile andamento crescente al migliorare del rating. Le imprese nella classe AAA presentano un ROE medio del 38,2 per cento, contro circa l 11 per cento delle imprese rientranti nella classe B; analogo andamento si osserva per gli indicatori di margine operativo; più elevata è la variabilità dei risultati aziendali nel tempo, meno un impresa sembra essere considerata affidabile dalle agenzie di rating: la volatilità degli utili aumenta infatti il rischio complessivo, aumentando a parità di attivo la probabilità di insolvenza dell impresa 8. Le imprese con rating AAA sono quelle che presentano il più basso coefficiente di variazione dei risultati aziendali 9 ; il livello di rating migliora al crescere della dimensione dell impresa: a parità di altri fattori, la dimensione aziendale sembra costituire un elemento di solidità per le agenzie, sia perché le imprese più grandi generalmente diffondono informazioni più dettagliate e attendibili rispetto a quelle piccole sia per il noto principio del too big too fail, in base al quale è assai raro che le autorità di governo e di controllo lascino fallire una grande impresa; il profilo di liquidità non risulta caratterizzato da un trend ben definito: le variabili LIQ e LIQ1, che rappresentano i tradizionali indici di liquidità, assumono valori tendenzialmente più elevati nelle classi di rating meno buone. Solamente la variabile LIQ3, costruita come rapporto tra cash flow e passività aziendali, mostra una lieve tendenza positiva al migliorare del rating. La successiva analisi statistica confermerà tale indicazione, a conferma di quanto mostrato in letteratura. Una possibile spiegazione di tale fenomeno trova spazio nel paragrafo 6.1. Un andamento sostanzialmente analogo delle variabili si riscontra anche per le sole imprese non finanziarie, per le quali si riportano, nell Appendice, alcuni grafici (Figure A1-A4). Un riscontro di queste prime evidenze è fornito dal grado di correla- ⁸ La teoria sottostante è riconducibile al noto schema di Merton (1974). ⁹ È da notare inoltre la minore variabilità, a parità di rating, dell EBIT rispetto all utile netto: ciò non sorprende, data la maggiore sensibilità di quest ultimo alle politiche di bilancio aziendali. 48

13 FRANCESCO CANNATA, RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA zione tra rating e variabili di bilancio e dalla significatività della differenza fra le medie tra classi di rating. Il segno dei coefficienti di correlazione tra i rating e le variabili considerate è per lo più quello atteso (e statisticamente significativo). Ad esempio, il coefficiente di correlazione con la variabile COVER ha il segno positivo, quelli con gli indicatori reddituali hanno tutti un segno positivo così come quelli con i coefficienti di variazione lo hanno negativo; anche le variabili dimensionali (SIZE e LOG_SIZE) risultano essere positivamente correlate con i giudizi delle agenzie. Tra le variabili di liquidità solo la variabile LIQ3 presenta un segno positivo, a conferma di quanto osservato in precedenza. Al fine di verificare l attitudine degli indicatori a discriminare tra le classi di rating, è stato effettuato il test sulla differenza tra le medie tra classi adiacenti. Nella Tabella A3 sono riportate le statistiche (e le relative probabilità) considerando come ipotesi nulla l uguaglianza fra le medie. Si osserva che per le sole classi intermedie di rating (tra BB e BBB e tra BBB e A) le medie risultano, per buona parte delle variabili, significativamente diverse tra loro: per le classi estreme i risultati sono meno chiari. Ciò dipende presumibilmente dalla diversa frequenza assoluta delle classi. Va osservato peraltro che le variabili che risultano maggiormente differenziate tra classi di rating sono tra quelle utilizzate nel prosieguo del lavoro. In sintesi, dall analisi univariata emerge chiaramente che le imprese appartenenti alle classi di rating più elevato presentano profili tecnici nel complesso soddisfacenti: una situazione reddituale molto positiva, una struttura finanziaria ben equilibrata, un elevata dimensione aziendale e la capacità di garantire un adeguata stabilità dei risultati aziendali. Il discorso inverso vale per le classi di rating più basse. Le evidenze sin qui emerse ci sembrano incoraggianti. È necessario tuttavia avere conferma di tali risultati con l ausilio di tecniche di analisi più rigorose. 6. La verifica statistica Anche alla luce degli studi presenti in letteratura, la verifica statistica della relazione tra rating e variabili di bilancio è stata condotta utilizzando due diverse tipologie di modelli, lineare e logistico. Da un lato, il modello lineare, catturando la relazione lineare esistente tra rating e variabili esplicative, presenta il vantaggio della facilità interpretativa; dall altro lato, il modello logit ordinato, oltre a essere rivolto specificamente a misurare variabili dipendenti qualitative, tiene anche conto della natura ordinale dei rating, consentendo così di superare i limiti del modello lineare 10. L analisi è stata effettuata sul campione delle 404 imprese non finanziarie. ¹⁰ Una approfondita discussione dei limiti della regressione OLS in caso di variabile dipendente qualitativa è contenuta in Maddala (1983) e Greene (1997). 49

14 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 Preliminarmente, è stata effettuata l analisi delle componenti principali, allo scopo di verificare la possibilità di ridurre il numero delle variabili di bilancio a pochi fattori non correlati fra loro e in grado di condensare l informazione rilevante sui diversi profili gestionali. I risultati non ci sono tuttavia sembrati soddisfacenti: la prima componente spiega circa il 30 per cento della varianza totale. Analizzando inoltre la composizione delle prime sei componenti, emerge che nessuna di esse risulta «guidata» in misura dominante da un singolo gruppo di variabili. La difficoltà di associare con chiarezza le singole componenti a specifici profili gestionali ci ha pertanto indotto a non utilizzare questi risultati nel prosieguo del lavoro Il modello lineare La variabile dipendente RATING può assumere sei valori, corrispondenti alle classi di giudizio delle agenzie rappresentate nel campione (da B a AAA). I regressori sono stati scelti sulla base di un criterio di backward stepwise selection. Sono state inoltre utilizzate delle variabili dummy per riflettere l appartenenza delle imprese del campione ai cinque paesi e ai diversi settori economici 11. Il modello stimato è il seguente: RATING = α + β 1 COVER + β 2 ROA +β 3 CV_UTILE + β 4 LOG_SIZE + β 5 LIQ3 + dummies Paese + dummies Settore La Tabella 2 riporta i risultati delle stime effettuate utilizzando sia il totale delle imprese (equazioni 1 e 2) sia le sole imprese USA ed europee (equazioni 3 e 4) 12 : in primo luogo, si osserva che per ognuno dei profili gestionali considerati è stata selezionata una variabile 13. Al riguardo, è da notare in particolare la scelta della variabile LIQ3 (cash flow su passività totali) in luogo dei più tradizionali indici di liquidità (LIQ e LIQ1). Ciò, in linea con quanto già osservato in precedenza, sembra essere coerente anche con le evidenze riscontrate in letteratura, in base alle quali il comportamento dei tradizionali ratios di liquidità non sempre riflette un legame direttamente pro- ¹¹ Le dummy Paese sono le seguenti: DP1= Francia; DP2 = Italia; DP3 = Germania; DP4 = Regno Unito; DP5 = USA. Le dummy Settore sono le seguenti: DS1 = banca e finanza; DS2 = beni di consumo; DS3 = commercio; DS4 e DS5 = servizi; DS6 = beni capitale; DS7 = materie prime; DS8 = utilities; DS9 = real estate; DS10 = assicurazioni. ¹² In tutte le specificazioni del modello è stata verificato che le variabili esplicative non causassero significativi problemi di multicollinearità. Trattandosi inoltre di stime cross-section, è stato effettuato il test di White per l eteroschedasticità dei residui: in tutti i casi, viene accettata l ipotesi nulla di omoschedasticità. ¹³ Nelle stime è stata anche inclusa una variabile di variazione annua del fatturato, come proxy della dinamica dell impresa; essa tuttavia non è mai risultata significativa. 50

15 Tabella 2 Risultati del modello di regressione lineare Variabile eq. 1 eq. 2 eq. 3 eq. 4 Coeff. t-stat Coeff. t-stat Coeff. t-stat Coeff. t-stat Totale Totale Corporates Corporates corporates corporates USA Europa n = 373 n = 373 n = 284 n = 89 COVER 0,01 1,96 0,01 2,30 0,01 1,07 0,05 3,76 0,05 0,02 0,28 0,00 ROA 0,03 4,50 0,03 3,56 0,03 3,28 0,01 0,57 0,00 0,00 0,00 0,57 CV_UTILE 0,003 3,29 0,003 3,04 0,003 2,68 0,014 2,90 0,00 0,00 0,01 0,00 LOG_SIZE 0,37 9,55 0,35 8,40 0,30 6,28 0,40 5,23 0,00 0,00 0,00 0,00 LIQ3 2,69 2,09 2,32 1,70 2,15 1,35 4,37 1,65 0,03 0,09 0,18 0,10 DP1 0,50 2,13 0,03 DP2 0,12 0,23 0,82 DP3 0,49 2,39 0,02 DP4 0,12 1,12 0,26 DS2 0,23 1,28 0,38 1,74 0,20 0,64 0,20 0,08 0,53 DS4 0,00 0,02 0,10 0,43 0,03 0,08 0,98 0,67 0,94 DS5 0,44 1,10 0,23 0,51 0,55 0,70 0,27 0,61 0,49 DS6 0,02 0,11 0,11 0,57 0,14 0,45 0,91 0,57 0,65 DS7 0,17 0,83 0,09 0,36 0,78 2,14 0,40 0,72 0,04 DS8 0,07 0,40 0,03 0,13 0,22 0,70 0,69 0,90 0,48 DS9 0,32 1,18 0,14 0,46 0,72 1,38 0,24 0,64 0,17 Adj. R 2 0,35 0,39 0,34 0,51 F-test 40,48 14,42 11,45 8,62 0,00 0,00 0,00 0,00 L equazione stimata è la seguente: RATING = α + β 1 COVER + β 2 ROA + β 3 CV_UTILE + β 4 LOG_SIZE + β 5 LIQ3 + + dummy Paese + dummy Settore + ε La variabile RATING può assumere 6 valori, che rappresentano le sei diverse classi di rating presenti nel campione. Le dummy «Paese» e «Settore» sono variabili che assumono valore 1 o 0 in coincidenza o meno dell appartenenza dell impresa al paese ed al settore economico considerati. Nella colonna t-stat, congiuntamente al valore della t-statistic, sono riportati in corsivo i relativi livelli di probabilità. In fondo alla tabella, inoltre, è riportato per ciascuna stima, oltre al valore dell adjusted R 2, il valore dell F-test nell ipotesi che i coefficienti della regressione siano congiuntamente uguali a zero.

16 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 porzionale con gli indicatori di rischio (i rating, nel nostro caso). Se, da un lato, un impresa in buona salute finanziaria tende in linea di principio a non avere problemi di liquidità, dall altro lato una gestione efficiente della liquidità dovrebbe tradursi in un minore ammontare di attività detenute a fronte delle passività. Inoltre, un impresa in difficoltà potrebbe vedersi «costretta» a concedere maggiore dilazione ai propri clienti 14. il segno dei coefficienti delle variabili di bilancio è in tutti i casi pari a quello atteso: positivo per COVER, ROA, LOG_SIZE e LIQ3 (a parità di fattori, un più elevato grado di copertura finanziaria, liquidità e redditività nonchè la maggiore dimensione contribuiscono a migliorare il livello di rating), negativo per la variabile CV_UTILE (più elevata è la variabilità dei risultati aziendali, più basso è il livello di rating); tutti gli indicatori di bilancio risultano nel complesso statisticamente significativi (anche congiuntamente); uniche eccezioni sono le variabili COVER, LIQ3 (eq. 3) e ROA (eq. 4). Il valore dei coefficienti standardizzati (non riportato nella tavola) indica che le variabili dimensionale e reddituale (LOG_SIZE e ROA) sono quelle che risultano maggiormente influenti sul livello dei rating; tra i paesi, emerge la differenza tra le imprese USA e quelle appartenenti a Francia e Germania (misurate dalle variabili DP1 e DP3): ciò non sorprende, essendo questi i paesi più lontani dal modello anglosassone di struttura di bilancio. La scarsa significatività della dummy «Italia» (DP2) è ascrivibile presumibilmente alla bassa numerosità delle imprese presenti nel campione. Per contro, nessun risultato di rilievo emerge in merito ai settori. Da un lato ciò può sorprendere, posto che il valore e l interpretazione dei ratios di bilancio possono in linea di principio cambiare considerevolmente in funzione dell industria di appartenenza: in Perry et al. (1985), ad esempio, la classificazione per settore di appartenenza risulta migliorare significativamente il potere di classificazione della funzione discriminante. Dall altro lato, il non elevato numero di imprese presenti nel campione potrebbe avere influenzato la possibilità di discriminare il rating delle imprese anche in funzione del settore di attività; per quanto riguarda la bontà della stima, la porzione di variabilità dei rating spiegata dai modelli risulta nel complesso soddisfacente (R 2 pari a circa 40 per cento nell equazione 2), anche in considerazione del fatto che le stime non sono effettuate su un campione panel. Rimane comunque una buona porzione della variabilità dei ¹⁴ Nella stessa direzione, Resti e Omacini (2001) fanno riferimento al «puzzle» della liquidità. 52

17 FRANCESCO CANNATA, RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA rating non spiegata dal modello, a conferma della rilevanza della componente qualitativa nel processo di rating. Effettuando le stime per gruppi di paesi (equazioni 3 e 4), il valore di R 2 più elevato (51 per cento) si riscontra nel campione delle imprese europee. Ciò potrebbe essere connesso, in primo luogo, con la maggiore esperienza che gli analisti delle agenzie hanno acquisito nel corso del tempo sul mercato statunitense rispetto a quello europeo: forti di un rapporto pluriennale con le imprese, potrebbero essere maggiori le informazioni di natura qualitativa di cui le agenzie dispongono sulle imprese statunitensi. Di conseguenza, minore risulta la porzione dei rating spiegata dai soli indicatori di bilancio. La migliore performance del modello sulle imprese europee potrebbe inoltre trarre origine anche dalla diversa distribuzione dimensionale delle imprese con rating rispetto agli Stati Uniti: in Europa, come visto, essendo generalmente le imprese più grandi quelle che richiedono l attribuzione di un rating, i corrispondenti bilanci societari potrebbero essere in media ragionevolmente più affidabili e, quindi, i ratios più significativi. Nel complesso i risultati ci sembrano soddisfacenti, in termini sia di scelta delle variabili esplicative sia di complessiva bontà del modello. Come accennato, tuttavia, la tecnica della regressione lineare non è del tutto adeguata a misurare una variabile dipendente di natura qualitativa e ordinale, come i rating. Pertanto nel paragrafo successivo sono riportati i risultati delle stime di un modello logit ordinato Il modello logit ordinato In via generale, i casi in cui la variabile dipendente è di natura qualitativa possono essere ricondotti al seguente schema: Prob (evento j si verifichi) = F [effetti rilevanti: parametri] dove la probabilità di osservare un evento (tra due o più possibilità) è funzione di un determinato set di parametri. Come è noto, i più diffusi modelli rivolti alla misurazione di tale probabilità sono i modelli logit e probit (che differiscono tra loro per la diversa funzione di distribuzione dei residui, rispettivamente logistica e normale standardizzata); il numero dei possibili valori della variabile dipendente ne definisce a sua volta la natura dicotomica (due eventi) o multinomiale. Il modello logit (o probit) ordinato costituisce un ulteriore affinamento dei modelli multinomiali, in quanto tiene conto anche dell ordinamento implicito nei valori assunti dalla variabile dipendente 15. ¹⁵ Per un approfondimento dei modelli logit e probit cfr., tra gli altri, Maddala (1993) e Greene (1997). 53

18 Tabella 3 Risultati del modello logit ordinato Variabile eq. 5 eq. 6 eq. 7 eq. 8 Coeff. z-stat Coeff. z-stat Coeff. z-stat Coeff. z-stat Totale Totale Corporates Corporates corporates corporates USA Europa n = 373 n = 373 n = 284 n = 89 COVER 0,03 2,33 0,04 2,47 0,02 0,98 0,16 4,10 0,02 0,01 0,33 0,00 ROA 0,09 4,26 0,08 3,43 0,09 3,18 0,03 0,65 0,00 0,00 0,00 0,52 CV_UTILE 0,01 2,83 0,01 2,59 0,01 2,21 0,04 2,87 0,01 0,01 0,03 0,00 LOG_SIZE 1,09 9,00 1,01 7,85 0,87 5,81 1,46 5,19 0,00 0,00 0,00 0,00 LIQ3 8,87 2,56 8,56 2,29 7,89 1,77 17,07 2,27 0,01 0,02 0,08 0,02 DP1 1,49 2,46 0,01 DP2 0,47 0,37 0,71 DP3 1,58 2,57 0,01 DP4 0,33 1,14 0,26 DS2 0,62 1,32 0,91 1,53 0,08 0,09 0,19 0,13 0,93 DS4 0,14 0,26 0,04 0,06 0,26 0,22 0,79 0,95 0,82 DS5 1,35 1,37 0,97 0,82 2,03 1,09 0,17 0,41 0,28 DS6 0,01 0,03 0,16 0,29 0,50 0,54 0,98 0,77 0,59 DS7 0,24 0,46 0,01 0,02 1,69 1,55 0,65 0,99 0,12 DS8 0,22 0,49 0,28 0,50 0,44 0,49 0,63 0,62 0,62 DS9 0,98 1,39 0,57 0,67 2,40 1,83 0,16 0,50 0,07 Pseudo-R 2 0,18 0,20 0,17 0,34 Chi-test 175,28 198,50 116,56 84,76 0,00 0,00 0,00 0,00 L equazione stimata è la seguente: RATING = α + β 1 COVER + β 2 ROA + β 3 CV_UTILE + β 4 LOG_SIZE + β 5 LIQ3 + dummy Paese + dummy Settore + ε dove la variabile RATING può assumere 6 valori, che rappresentano le sei diverse classi di rating presenti nel campione. Le variabili dummy sono le stesse utilizzate nelle regressioni precedenti. Nella colonna z-stat, congiuntamente al valore della z-statistic, sono riportati in corsivo i relativi livelli di probabilità. In corsivo sono riportati i corrispettivi valori di errore standard. In fondo alla tabella è riportato per ciascuna stima, oltre al valore dello Pseudo-R 2, il valore del χ 2 e la relativa probabilità, nell ipotesi che i coefficienti della regressione siano congiuntamente uguali a zero.

19 FRANCESCO CANNATA, RATING ESTERNI E DATI DI BILANCIO: UN ANALISI STATISTICA Selezionando i regressori con il medesimo criterio utilizzato nel paragrafo precedente, è stata stimata sulle 404 imprese non finanziarie la medesima specificazione. I risultati, riportati nella Tabella 3, mostrano che il segno dei coefficienti stimati è pari a quello atteso e la significatività statistica è nel complesso elevata (le uniche variabili che risultano non significative sono COVER per le imprese statunitensi e ROA per quelle europee). In altre parole, un aumento della redditività e della dimensione, un miglioramento della liquidità, una riduzione dell indebitamento e della volatilità degli utili implicano una maggiore probabilità di provenire dalla classi di rating più elevate (di qualità superiore). In analogia ai risultati ottenuti con il modello lineare, le dummy per Francia e Germania si confermano significative. La «bontà» del modello è stata valutata in due modi. Da un lato, il valore dello pseudo-r 2 fornisce (in analogia al R 2 utilizzato nella regressione lineare) un indicazione di quanta variabilità dei rating risulta spiegata dai regressori: 20 per cento per il totale delle imprese, 34 per cento per le imprese europee. Trova dunque conferma la migliore la performance del modello per le sole imprese europee. Dall altro lato, è possibile confrontare i rating classificati dal modello con quelli effettivamente osservati. Sulla base dei risultati dell equazione 6, nella Tabella 4 le imprese classificate in una determinata classe sono quelle per le quali la probabilità di osservare quel rating è risultata dalla stima essere la più elevata: ad esempio, se per un impresa il modello ha stimato una probabilità di osservare i rating AAA, AA ed A rispettivamente pari al 60, 30 e 10 per cento, essa è stata classificata nella classe AAA. Come si osserva, il modello tende a concentrare le imprese nelle classi intermedie rispetto alla distribuzione effettiva: a fronte di sedici imprese appartenenti alle classi B e AAA, alle stesse classi ne vengono attribuite solo due. Nel complesso, la percentuale di corretta classificazione del modello è del 58 per cento. Considerando anche i casi di non corretta classi- Tabella 4 Modello logit: tavola di classificazione osservate B BB BBB A AA AAA classificate B BB BBB A AA AAA

20 STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001 ficazione per un solo livello di rating, essa sale al 95 per cento: la maggior parte dei rating, in altre parole, viene classificata correttamente o al più nella classe di rating adiacente. Tali risultati sono in linea con la letteratura: il modello logit di Kaplan e Urwitz (1979), ad esempio, raggiunge una percentuale di corretta classificazione sul campione di stima del 69 per cento (100 per cento considerando la differenza di un livello di rating) Conclusioni Le evidenze emerse nel lavoro mostrano l esistenza di una relazione robusta tra rating e indicatori economico-finanziari, a conferma del peso che l analisi fondata sui dati di bilancio riveste nel processo decisionale delle agenzie. In particolare, i fattori quantitativi determinanti nell attribuzione dei rating riflettono i principali profili gestionali delle imprese: redditività, struttura finanziaria e liquidità, unitamente alla volatilità dell utile e alla dimensione aziendale. Significative indicazioni sono emerse dall analisi univariata degli indicatori di bilancio per classi di rating: le imprese con giudizi positivi attribuiti dalle agenzie risultano in media caratterizzate da soddisfacenti profili di redditività e liquidità (misurata da grandezze di cash flow e non dai tradizionali ratios di liquidità), una buona capacità di far fronte agli oneri finanziari, una sostanziale stabilità nel tempo dei risultati e una più elevata dimensione. Il contrario vale per le imprese con rating bassi. L analisi statistica, applicata alle imprese non finanziarie con due diverse tipologie di modelli (lineare e logit ordinato), ha fornito un evidenza più accurata del contributo che gli indicatori di bilancio forniscono nello spiegare i rating. In primo luogo, nei modelli stimati è stata inclusa una variabile per ciascuno dei principali profili selezionati, confermando sia la complessità dell analisi di bilancio condotta sulle imprese sia la rilevanza di alcuni fattori analizzati in letteratura e non esplicitamente indicati dalle agenzie. Tra questi ultimi, la dimensione aziendale risulta, unitamente alla redditività, tra i fattori esplicativi maggiormente significativi. Inoltre, è stata trovata evidenza della sostanziale inade- ¹⁶ Huang e Lai (1985), nel confrontare la performance di tre diverse tipologie di modelli (lineare, analisi discriminante e probit ordinato), pervengono alla conclusione che la percentuale di rating correttamente classificati non varia significativamente al variare della tecnica utilizzata: in altre parole, nonostante il modello probit/logit ordinato sia quello tecnicamente più adatto, anche le altre due «famiglie» di modelli forniscono risultati nella sostanza soddisfacenti. Una differenza, sottolineano gli autori, sembrerebbe emergere tra diverse categorie di rating: il probit ordinato e l analisi discriminante risulterebbero più accurati nel classificare i titoli con rating estremi (AAA e BBB), la regressione multipla, invece, i titoli con rating intermedi. La disponibilità di un campione più ampio di quello utilizzato nel lavoro potrebbe consentire di effettuare anche tale confronto. 56

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