Piano di Emergenza Provinciale Rischio Idraulico

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1 PROVINCIA DI BERGAMO Approvato con Delibera del Consiglio Provinciale n. 74 del 24/10/2006

2 PROVINCIA DI BERGAMO Via T. Tasso, BERGAMO tel fax e.mail: segreteria.protezionecivile@provincia.bergamo.it sito: Presidente Valerio Bettoni Assessore alla Viabilità e Protezione Civile Valter Milesi Valeria Radaelli Dirigente Franco Sonzogni Responsabile Servizio Protezione Civile Davide Chiodi - Funzionario Ferruccio Agazzi - Funzionario PIANO DI EMERGENZA PROVINCIALE - RISCHIO IDRAULICO Gruppo di Lavoro Comitato Provinciale di Protezione Civile Provincia di Bergamo Prefettura di Bergamo - Area Protezione civile, difesa civile e coordinamento del soccorso pubblico Regione Lombardia Protezione Civile Regione Lombardia Sede Territoriale di Bergamo Struttura Sviluppo del Territorio Rappresentante dei Comuni Rappresentante delle Comunità Montane Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Bergamo Corpo Forestale dello Stato S.S.U.Em. 118 di Bergamo AIPO Sede di Bergamo Ordine dei Geologi della Lombardia Rappresentante Volontariato di Protezione Civile Redazione Operativa Ing. Mario Stevanin Via Pitagora, Lissone (MI) Studio Via F.lli Cairoli, 7/b Lissone (MI) Telefono e Fax 039/ stevanin.mario@gmail.com Collaborazione nella redazione operativa Ing. Massimiliano Colletta Ing. Chiara Della Rossa Pian. Terr. Roberta Martinelli Versione 1.0 Luglio 2006

3 PRESENTAZIONE Il rischio idraulico rappresenta per il territorio bergamasco uno degli eventi calamitosi più temuti poiché sempre più spesso precipitazioni particolarmente abbondanti ma non certo straordinarie causano situazioni di sofferenza idraulica che spesso interessano contemporaneamente una larga parte del territorio stesso. Inoltre sono ancora vivi, nella memoria dei bergamaschi, i tragici eventi alluvionali del luglio 1987, eventi non del tutto scongiurati da particolari opere idrauliche o da un più oculato uso del territorio. Al contrario una sempre crescente urbanizzazione, non accompagnata da una necessaria consapevolezza del possibile danno al territorio sotto il profilo idraulico ha portato ad una antropizzazione dello stesso oggi difficilmente reversibile. La normativa relativa alla protezione idrogeologica sembra contenere una certa rigidità e staticità ed evocare un atteggiamento vincolistico, fatto perlopiù di divieti, che è, in definitiva, l atteggiamento comune alle numerose leggi, in tema di tutela e salvaguardia ambientale, attualmente vigenti nel nostro Paese. L origine di questo tipo di approccio può essere ricercata in un uso sconsiderato delle risorse e, dunque, nel confronto tra lo stato attuale delle diverse utilizzazioni territoriali e la loro compatibilità con il carattere fisico dell ambiente naturale. Tale confronto chiarisce, ma certo non giustifica, una politica ambientale permeata sostanzialmente da passività e scarsa flessibilità, che si è tradotta, nel corso degli ultimi anni, in sterili perimetrazione di aree rigidamente vincolate. Lo sforzo, fortemente voluto da questa Amministrazione Provinciale di Bergamo, è volto alla realizzazione di un Piano caratterizzato invece da un approccio attivo di mitigazione e prevenzione del rischio legato alle dinamiche ambientali naturali/antropiche. Un lavoro, pertanto, che pur restando nell ambito di una attività di analisi delle problematiche, fornisce preziosi elementi necessari alla predisposizione dei successivi piani di emergenza, siano essi comunali o meglio sovracomunali, oltre che ad una corretta pianificazione territoriale. Una riflessione sulla sostanza delle azioni di protezione idrogeologica conduce così a ritenere che queste oggi debbano essere orientate prevalentemente alla elaborazione di proposte che contengano, insieme alla ovvia identificazione delle cause e degli effetti del dissesto idrogeologico e alla perimetrazione delle aree effettivamente e/o potenzialmente soggette a tale dissesto, anche e soprattutto gli elementi necessari per la previsione e prevenzione degli eventi calamitosi, tali da consentire di progettare il piano non come modello, bensì come processo. L Assessore alla viabilità e Protezione Civile Valter Milesi Il Presidente Valerio Bettoni Versione 1.0 Luglio 2006

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5 INDICE Allegati (Consultabili solo sul CD ipertestuale)... IV Allegati Cartografici... IV Appendici (Consultabili solo sul CD ipertestuale)... VI 1 PREMESSA FINALITÀ RAPPORTI DI COLLABORAZIONE CON GLI ENTI NELLA STESURA DEL PIANO GRUPPO DI LAVORO DEL COMITATO DI PROTEZIONE CIVILE RISCHIO IDRAULICO COORDINAMENTO CON ALTRI PIANI DI EMERGENZA DEFINIZIONI E ASPETTI METODOLOGICI DEFINIZIONE DI RISCHIO IDRAULICO Introduzione alle analisi del rischio idraulico La valutazione del termine "Pericolosità" La valutazione del termine "Danno - Esposizione al danneggiamento" La valutazione del "Rischio" INQUADRAMENTO TERRITORIALE INTRODUZIONE BACINI MONTANI Determinazione del reticolo idrografico e dei bacini sottesi Caratterizzazione dei bacini montani CORSI D'ACQUA PRINCIPALI Il Fiume Adda Il Fiume Brembo Il Fiume Serio Il Fiume Oglio Il Torrente Cherio LAGHI Inquadramento geomorfologico Inquadramento amministrativo Inquadramento idrologico Regolazione del Lago d Iseo Regolazione del Lago d'endine SCHEMATIZZAZIONE DEL SISTEMA IDROGRAFICO DELLA PROVINCIA DI BERGAMO RISCHIO IDRAULICO - BACINI MONTANI INTRODUZIONE CARATTERIZZAZIONE DEI BACINI IDROGRAFICI MONTANI CARTA DI PERICOLOSITÀ Individuazione di un indicatore di sintesi della pericolosità Analisi storica RISCHIO IDRAULICO - CORSI D ACQUA PRINCIPALI INTRODUZIONE CARTA DELLA PERICOLOSITÀ Autorità di Bacino del Fiume Po - perimetrazione delle fasce fluviali (PAI) Comunità Montana della Valle Brembana - Perimetrazione delle aree inondate durante l alluvione del 1987 lungo l asta del Brembo CNR I.R.P.I. - I.R.E.R.: individuazione delle zone potenzialmente inondabili dal punto di vista storico e geomorfologico ai fini urbanistici del Fiume Serio (Val Seriana) Studio Dizeta - Fasce di perimetrazione aree a rischio esondazione del fiume Serio nel tratto Villa d Ogna Nembro fino a monte della confluenza con il torrente Luio Versione 1.0 Luglio 2006 I

6 5.2.5 Sintesi degli studi disponibili CARTA DELLA ESPOSIZIONE TERRITORIALE CARTA DEL RISCHIO RISCHIO IDRAULICO - LAGO D ISEO INTRODUZIONE CARTA DELLA PERICOLOSITÀ Delimitazione delle aree inondabili: metodo storico-documentale Delimitazione delle aree inondabili: metodo analitico Sintesi dei dati CARTA DELL ESPOSIZIONE AL DANNEGGIAMENTO Individuazione degli elementi a rischio Esposizione al danneggiamento CARTA DEL RISCHIO MODELLO DI INTERVENTO INTRODUZIONE IL SISTEMA DI ALLERTAMENTO PER IL RISCHIO IDROGEOLOGICO ED IDRAULICO LA PROCEDURA DI ALLERTAMENTO DELLA REGIONE LOMBARDIA AREE DI ALLERTAMENTO LIVELLI DI ALLERTAMENTO - ATTIVAZIONE Bacini montani Corsi d acqua principali Lago d Iseo IL SISTEMA DI COMANDO E CONTROLLO I FLUSSI INFORMATIVI IN EMERGENZA Bacini montani Corsi d acqua principali Lago d Iseo RUOLI E RESPONSABILITÀ DI ISTITUZIONI, ENTI E ORGANIZZAZIONI IL RUOLO DELLA POPOLAZIONE ED IL CONTROLLO DELLA COMUNICAZIONE SCENARI DI RISCHIO - SCENARI DI EVENTO Bacini montani Corsi d acqua principali Lago d Iseo LOGISTICA DELL EMERGENZA Lago d Iseo STRUTTURE STRATEGICHE PER L EMERGENZA INDIVIDUAZIONE DELLE S.A.R. SUL TERRITORIO Lago d Iseo MODELLO OPERATIVO D INTERVENTO CARTE OPERATIVE DI SINTESI CORSI D ACQUA PRINCIPALI Identificazione delle aree oggetto di pianificazione Sopralluoghi Carte del modello di intervento LAGO D ISEO IL SISTEMA DI MONITORAGGIO DEL TERRITORIO INTRODUZIONE METODOLOGIA DI CREAZIONE DEL DATABASE Raccolta delle informazioni esistenti Informatizzazione dei dati Validazione e aggiornamento Analisi dei dati raccolti INDIVIDUAZIONE DEGLI AMBITI DI COMPETENZA DELLE CENTRALINE IDROPLUVIOMETRICHE Versione 1.0 Luglio 2006 II

7 9.3.1 Ambiti di competenza degli idrometri Ambiti di competenza dei pluviometri (topoieti) IL SISTEMA DI MONITORAGGIO DEL LAGO D ISEO PROPOSTA DI INTEGRAZIONE Integrazione della rete idrometrica Integrazione della rete pluviometrica fiduciale TABELLA AGGIUNTE E VARIANTI Versione 1.0 Luglio 2006 III

8 Allegati (Consultabili solo sul CD ipertestuale) BACINI MONTANI Database dei bacini idrografici della Provincia di Bergamo Schede monografiche dei bacini idrografici della Provincia di Bergamo Database eventi alluvionali CORSI D'ACQUA PRINCIPALI Portate dei fiumi principali della Provincia di Bergamo Analisi idrologica dell evento alluvionale del Novembre 2002 Dati idrologici dell'evento alluvionale del Novembre 2002 (omesso) Modello di intervento - Cancelli LAGHI Dati idrologici (omesso) Modello di intervento - Cancelli RETI DI MONITORAGGIO Schede monografiche dei sistemi di monitoraggio della Provincia di Bergamo Database dei sistemi di monitoraggio della Provincia di Bergamo Allegati Cartografici IDROGRAFIA DELLA PROVINCIA DI BERGAMO TIdr 1/9 Reticolo idrografico funzione idraulica (scala 1: ) TIdr 7/9 Schema idrologico Fiume Adda Brembo TIdr 8/9 Schema idrologico Fiume Oglio TIdr 9/9 Schema idrologico Fiume Serio BACINI MONTANI TIdr 6/9 Individuazione dei bacini montani (scala 1: ) PIdr 3/3 Carta della pericolosità (scala 1: ) CORSI D'ACQUA PRINCIPALI Pericolosità PIdr 1a/3 Carta della pericolosità (scala 1: ) Foglio a PIdr 1b/3 Carta della pericolosità (scala 1: ) Foglio b PIdr 1c/3 Carta della pericolosità (scala 1: ) Foglio c Rischio RIdr 1a/3 Carta del rischio (scala 1: ) Foglio a RIdr 1b/3 Carta del rischio (scala 1: ) Foglio b RIdr 1c/3 Carta del rischio (scala 1: ) Foglio c Versione 1.0 Luglio 2006 IV

9 Modello di intervento MIdr 0 Carta di identificazione delle aree di interesse (scala 1: ) MIdr A Carta di sintesi del modello di intervento del bacino del Fiume Brembo e dell Adda (scala 1: ) MIdr B Carta di sintesi del modello di intervento del bacino del Fiume Serio (scala 1: ) MIdr C Carta di sintesi del modello di intervento del bacino del Fiume Oglio (scala 1: ) Modello di intervento Scenari di rischio e di evento MIdr 1 Area 1 Lenna: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 2 Area 2 S. Giovanni Bianco: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 3 Area 3 S. Pellegrino T.: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 4 Area 4 Zogno: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 5 Area 5 Villa d Almè: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 6 Area 6 Brembate Sopra: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 7 Area 7 Canonica d Adda: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 8 Area 8 Fara Gera d Adda: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 9 Area 9 Cene: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 10 Area 10 Villa di Serio: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 11 Area 11 Seriate: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 12 Area 12 Ghisalba: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 13 Area13 Costa Volpino: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 14 Area 14 Palosco: carta del modello di intervento (scala 1: ) MIdr 15 Area 15 Calcio: carta del modello di intervento (scala 1: ) LAGO D ISEO PIdr 2/3 Carta della pericolosità (scala 1:10.000) RIdr 2/3 Carta del danno (scala 1:10.000) RIdr 3/3 Carta del rischio (scala 1:10.000) MIdr 16 Carta di sintesi operativa per rischio di esondazione del Lago Sebino (scala 1: ) RETI DI MONITORAGGIO TIdr 2/9 Rete di monitoraggio idro-nivo-pluviometrico (scala 1: ) TIdr 3/9 Bacini di competenza degli idrometri (scala 1: ) TIdr 4/9 Tavola dei topoieti (scala 1: ) TIdr 5/9 Proposta di infittimento della rete idropluviometrica (scala 1: ) Tavola di sintesi per detentore form. A3 Tavola di sintesi per tipologia form. A3 Tavola di sintesi per sensore idropluviometrico form. A3 Tavola di sintesi per sensore idropluviometrico nei bacini di 3 ordine form. A3 Versione 1.0 Luglio 2006 V

10 Appendici (Consultabili solo sul CD ipertestuale) IDROGRAFIA DELLA PROVINCIA DI BERGAMO Reticolo idrico principale DGR n.7/7868 del 25/01/2002 Allegato A BACINI MONTANI Caratterizzazione dei bacini montani Individuazione di un indicatore di sintesi della pericolosità per i bacini montani LAGHI Analisi delle altezze idrometriche del Lago d'iseo RETI DI MONITORAGGIO Detentori dei sistemi di monitoraggio ambientale MODELLO DI INTERVENTO Direttiva regionale per l allertamento per rischio idrogeologico ed idraulico - DRG 7/21205 del Indirizzi operativi per a gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento - Direttiva PCM 27 febbraio 2004 Versione 1.0 Luglio 2006 VI

11 1 PREMESSA Il presente lavoro si inserisce nel quadro della pianificazione di emergenza per eventi di Protezione Civile iniziato dalla Provincia di Bergamo, nell ottobre del 2002 con l emanazione delle Linee Operative Generali. Esso rappresenta la sintesi di un lavoro svolto in due fasi successive indirizzate, la prima ad una analisi specifica del rischio idraulico relativa al territorio della Provincia di Bergamo e la seconda alla definizione di scenari i rischio e di evento ed alla pianificazione della gestione delle emergenze di carattere idraulico. Tale lavoro è stato sviluppato in un periodo di grandi cambiamenti nell organizzazione sistemica del Servizio di Protezione Civile, sia a livello nazionale, che regionale che, infine, provinciale. A livello nazionale si registra infatti una produzione normativa in materia di rischio idraulico-idrogeologico particolarmente ricca, che passa in particolare attraverso l emanazione da parte del Dipartimento della Protezione Civile Presidenza del Consiglio dei Ministri di specifiche Ordinanze e l emanazione di Direttive di indirizzo ed organizzazione. In particolare si ricorda, per gli effetti che la stessa ha avuto sul sistema di monitoraggio, previsione, prevenzione, allertamento e gestione delle emergenze idrogeologiche ed idrauliche, la Direttiva PCM del 27 febbraio A livello regionale, il quadro ordinamentale del sistema di Protezione Civile è stato rinormato con la L.R. n 16 del 22 maggio 2004 Testo unico di Protezione Civile la quale ha delegato alle Provincie un ruolo attivo nella gestione delle emergenze, mentre, sull argomento specifico, appare opportuno segnalare la DGR 7/21205 del 24 marzo 2004 (revoca della DGR 7/20047 del 23 dicembre 2004) di adeguamento alla citata Direttiva PCM A livello provinciale, infine, va segnalato il cambiamento strategico operato nell integrazione del Servizio Protezione Civile nel settore Viabilità. In un quadro ordinamentale e sistemico così dinamico, il presente lavoro, prendendo le mosse dai documenti di riferimento elaborati dalla medesima Provincia di Bergamo (primo tra tutti il Piano Territoriale di Coordinamento del 2003), si pone come un momento di analisi della complessità del sistema idraulico del territorio provinciale proponendo un modello di gestione delle emergenze basato sulla distinzione delle dinamiche esondative dei laghi, dei principali fiumi dell area e corsi d acqua della porzione montana del territorio stesso. Il lavoro è stato strutturato in applicazione alle normative vigenti secondo la sequenza logica ed i contenuti previsti dalle Linee Operative generali del Piano di emergenza Provinciale. Il rispetto delle indicazioni metodologiche previste nelle Linee operative, oltre che nel Programma di Previsione e Prevenzione, approvato con D.G.P. n. 58 dell 8 luglio 2002, consente una organizzazione dei contenuti omogenea e coerente con gli altri Piani Stralcio. 1.1 Finalità Il presente studio, in accordo con le finalità generali espresse nelle Linee Operative Generali, ha come obiettivo la raccolta organizzata ed una prima impostazione sistematica delle informazioni e delle azioni necessarie alla gestione di fenomeni di esondazione dei corsi d acqua e dei laghi presenti all interno del territorio provinciale bergamasco ed alla conseguente inondazione degli stessi territori. A tal fine il lavoro è stato articolato tenendo in considerazione la specificità del rischio idraulico, partendo da una analisi dei sistemi di monitoraggio presenti, per poi passare ad una caratterizzazione sintetica dei bacini minori attraverso l individuazione di alcuni indicatori caratteristici degli stessi, facendo poi confluire le informazioni raccolte in un sistema di individuazione delle principali dinamiche connesse con l evoluzione dei fenomeni di piena nei principali fiumi presenti in provincia di Bergamo. Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 1 di 208

12 Contestualmente si è effettuata una analisi di rischio per i fenomeni di esondazione delle acque, che è stata utilizzata per la creazione di scenari di rischio connessi in particolare con i corsi d acqua principali ed il Lago d Iseo. Si è infine proposto un modello di intervento per i tre sistemi idraulici identificati, il quale, partendo da una base comune, declina poi le attività in funzione delle dinamiche proprie dei medesimi sistemi e della possibile successione temporale dei fenomeni coinvolgenti gli stessi. 1.2 Rapporti di collaborazione con gli enti nella stesura del Piano La raccolta dei dati necessari, sia per quanto riguarda gli eventi alluvionali che le principali caratteristiche fisico-morfologiche dei bacini idrografici, è stata condotta a partire da numerosi documenti che sono stati messi a disposizione da vari enti. In particolare: Prefettura di Bergamo la quale ha fornito informazioni riguardanti la gestione dei bacini regolati da dighe; Regione Lombardia Servizio Territorio che ha messo a disposizione i contenuti dei piani stralcio per l assetto idrogeologico; Regione Lombardia servizio STER di Bergamo con il quale si è sviluppato un rapporto di collaborazione sia per la presenza del coordinatore del gruppo di lavoro per il rischio idraulico, sia per le informazioni pervenute, particolarmente per quanto riguarda i bacini montani; Regione Lombardia servizio Protezione Civile ed ARPA Lombardia con i quali si è provveduto ad implementare il sistema informativo delle centraline di monitoraggio ambientale; AIPO con il quale si sono mantenuti rapporti finalizzati all aggiornamento delle informazioni relative alle perimetrazioni legate alle fasce PAI; Consorzi di regolazione dei laghi d Iseo e di Lecco dai quali si sono avute preziosissime informazioni relative ai regimi idrografici ed alle modalità di regolazione di questi bacini; Consorzi di bonifica che hanno fornito le informazioni necessarie alla comprensione di alcuni fenomeni relativi alla gestione idrica del territorio della pianura bergamasca; Comunità Montane che hanno fornito studi specifici relativi ad alcuni bacini minori ed i propri Piani intercomunali di emergenza predisposti; Professionisti vari che hanno messo a disposizione alcuni dei propri studi di dettaglio relativi ad aree del territorio bergamasco aventi problematiche legate al rischio idraulico. 1.3 Gruppo di lavoro del Comitato di Protezione Civile Rischio Idraulico Il lavoro dei professionisti incaricati si è svolto, soprattutto per la prima porzione, con una stretta e proficua collaborazione con il Gruppo di lavoro. Esso è costituito da rappresentanti di: S.T.E.R., dirigente, coordinatore del gruppo Prefettura di Bergamo Regione Lombardia - Protezione Civile Rappresentante Comunità Montane della Provincia di Bergamo Rappresentante Sindaci della Provincia di Bergamo Vigili del Fuoco Comando Provinciale di Bergamo Corpo Forestale dello Stato S.S.U.Em 118 A.I.P.O. Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 2 di 208

13 A.R.P.A. Lombardia Rappresentante Volontariato di Protezione Civile (ANA) Il gruppo di lavoro si è riunito diverse volte nel corso dello svolgimento del lavoro (circa a cadenza mensile); tale sede ha consentito di discutere le scelte metodologiche adottate e di valutare i risultati che man mano sono scaturiti con l avanzamento dei lavori. Il contributo portato da ciascuno dei partecipanti, in forza del proprio ruolo istituzionale, della propria specifica esperienza e delle peculiari conoscenze territoriali, ha sicuramente consentito di ottenere un prodotto più completo, approfondito e ragionato. 1.4 Coordinamento con altri piani di emergenza Il presente piano di emergenza si inserisce nel sistema della pianificazione di emergenza provinciale elaborata dalla Provincia di Bergamo quale elemento di analisi specifica del rischio idraulico. Esso è stato elaborato coerentemente con quanto definito nelle Linee Operative Generali, partendo dai contenuti del Programma Provinciale di Previsione e Prevenzione della Provincia di Bergamo del Luglio 2002 approfondendone alcuni aspetti di caratterizzazione territoriale dell analisi del rischio. All interno del sistema di pianificazione di emergenza della Provincia di Bergamo, questo piano, nella parte relativa all analisi del rischio idraulico nei bacini montani, integra in particolare il Piano di emergenza per il rischio idrogeologico da frana così come definito con Delibera di Consiglio Provinciale n 8 del 19/02/2004. Il presente lavoro inoltre si integra e fa proprio il Piano di Emergenza Dighe elaborato nell agosto 1997 dalla Prefettura di Bergamo per il proprio territorio di competenza. Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 3 di 208

14 2 DEFINIZIONI E ASPETTI METODOLOGICI Al fine del presente studio, ai sensi della Legge 18 maggio 1989 n 183, si definiscono corso d'acqua: i corsi d'acqua, i fiumi, i torrenti, i canali, i laghi, le lagune, gli altri corpi idrici; bacino idrografico: il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d'acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d'acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente; qualora un territorio possa essere allagato dalle acque di più corsi di acqua, esso si intende ricadente nel bacino idrografico il cui bacino imbrifero montano ha la superficie maggiore; bacini montani: nel presente studio sono i bacini di pertinenza dei corsi d'acqua individuati nell'allegato A della D.G.R. n VII/7868 del 25 gennaio così come integrato dalla D.G.R. n VII/ del 1 agosto 2003 (cosiddetto "reticolo idrografico maggiore" Vai a Appendice E DGR 7/7868 Individuazione del Reticolo Idrico Maggiore ); corsi d acqua principali: sono rappresentati dai principali corsi d acqua del sistema idrografico superficiali del territorio considerato, i quali prendono il toponimo di fiume ; inondazione: l'invasione ed espansione delle acque su vaste aree, prodotto da una rottura od un sormonto arginale di un corso d acqua; essa è caratteristica dei corsi d'acqua delle aree di pianura, dove i volumi in gioco sono particolarmente significativi ed interessano con limitate velocità di flusso, ed una sostanziale omogeneità di danneggiamento, consistenti porzioni di territorio; esondazione: la fuoriuscita delle acque appartenenti al reticolo idrografico dell'ambiente montano connessa con fenomeni di instabilità delle sponde e di trasporto solido in alveo; i danni prodotti dall'elevata energia della massa d'acqua comportano problematiche molto intense ed interessanti in maniera molto disomogenea porzioni di territorio relativamente limitate; alluvione: è il termine più generale utilizzato per indicare tutti i danni, sia quelli legati all inondazione di territori sia quelli più propriamente connessi con l instabilità delle sponde, l erosione accelerata alla testata del bacino e l instabilità dei versanti, prodotti da un evento di piena di un corso d acqua o di un lago. Nel caso dei laghi si ha esondazione quando viene superato il limite fisico di interfaccia tra l'area costiera antropizzata e lo specchio liquido; essa si verifica quando la quota del pelo libero dell'acqua del lago supera una quota posta a riferimento. 2.1 Definizione di rischio idraulico Si definisce "" il complesso delle interazioni critiche che si verificano tra i fenomeni di tipo esondativo ed alluvionale connessi con le naturali dinamiche proprie di uno o più corsi d'acqua, ed un determinato ambito territoriale. Ufficialmente consolidata è la definizione di rischio così come proposta da Varnes (1984) ed accettata anche dal Dipartimento di Protezione Civile (1995) secondo la quale le aree potenzialmente interessate 1 Deliberazione Giunta Regionale 25 gennaio 2002 n. VII/7868: Determinazione del reticolo idrico principale. Trasferimento delle funzioni alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore come indicato dall art. 3 comma 114 della l.r.1/2000 Determinazione dei canoni regionali di polizia idraulica 2 Deliberazione Giunta Regionale 1 agosto 2003 n. VII/13950: "Modifica della d.g.r. 25 gennaio 2002, n. VII/7868 Determinazione del reticolo idrico principale. Trasferimento delle funzioni alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore come indicato dall art. 3 comma 114 della l.r.1/2000 Determinazione dei canoni regionali di polizia idraulica Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 4 di 208

15 da fenomeni di inondazione che potrebbero arrecare danno alle persone e ai beni costituiscono le aree vulnerabili per inondazione. Sotto alcune ipotesi semplificative, che non tolgono comunque di generalità ai risultati ai quali si perviene, si può definire il rischio come ( V E) R T = H D = H dove T è il tempo di ritorno H è la pericolosità naturale (di seguito indicata con P) cioè la probabilità di avere in un periodo di t anni almeno un evento calamitoso, essa è strettamente connessa al periodo di ritorno T, che esprime l intervallo di tempo nel quale l evento si verifica in media una volta, attraverso la relazione: Ht = 1 - (1-1/T)t D indica il danno totale inteso come sommatoria dei danni subiti dai singoli elementi interessati dal fenomeno E indica l entità complessiva degli elementi posti nelle aree a rischio: essa può esprimere il numero di persone che risiedono in un area inondabile o l ammontare del valore economico del beni monetizzabili presenti nell area stessa (infrastrutture di pubblico interesse, insediamenti produttivi, abitazioni, ecc.); il valore di E corrisponde al danno associato alla perdita completa del bene V è la vulnerabilità: essa esprime la suscettibilità dell elemento a rischio a subire danni per effetto dell evento di piena e più precisamente indica qual è l aliquota dell elemento a rischio che viene danneggiata. V varia tra 0 (nessun danno) ed 1 (distruzione, perdita totale) ed è adimensionale. Ad un determinato elemento a rischio possono competere, in funzione delle caratteristiche dell evento, valori diversi sia di E che di V Introduzione alle analisi del rischio idraulico La definizione dei parametri dell'equazione del rischio appare particolarmente difficile, sia perché gli elementi che definiscono la risposta territoriale all'evento (esposizione, vulnerabilità e danno) sono funzione anche di condizioni socio-politiche che ne determinano valutazioni differenti in periodi storici diversi, sia perché le informazioni a disposizione caratterizzanti gli eventi alluvionali (misure di portata, livelli idrici, piovosità ecc.) spesso non esistono e non sono sufficientemente dettagliate comportando l'impossibilità di individuare i parametri statistici (probabilità e tempi di ritorno) legati alle ricorrenze degli eventi. In questo senso, se da una parte è possibile ritenere invarianti sul territorio provinciale i parametri relativi alla risposta territoriale all evento (vulnerabilità, esposizione e, quindi, danno), dall'altra il parametro di pericolosità deve tenere conto, oltre che delle dinamiche proprie dei fenomeni, anche dei dati storici a disposizione per la sua valutazione. Nello specifico si rileva che, mentre per i corsi d'acqua principali e per i bacini lacustri esistono serie storiche sufficientemente significative per effettuare elaborazioni statistiche dei parametri che caratterizzano gli eventi critici, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la maggior parte dei bacini idrografici minori, dove la mancanza di informazioni idrologiche impone la determinazione degli stessi parametri in maniera indiretta e, in alcuni casi, empirica Bacini montani Per quanto riguarda il rischio idraulico in ambito montano, appare utile, già in questa sede, sottolineare come tale tipologia di rischio sia difficilmente scindibile da quella legata ai fenomeni franosi; in questo caso la locuzione che individua il rischio come idrogeologico appare particolarmente rappresentativa delle interazioni delle dinamiche legate al movimento dell acqua con quelle più propriamente legate al movimento di masse di terra e roccia. Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 5 di 208

16 In questo studio, pur nella consapevolezza del limite insito in tale trattazione, i due fenomeni vengono scissi, e quando ci si riferirà a fenomeni di esondazione si prenderanno in considerazione solo i deflussi idrici legati ai volumi liquidi, non considerando le frazioni solide che solitamente, soprattutto in ambito montano, accompagnano i fenomeni di piena di questi corsi d acqua. Si ritiene utile sottolineare, già in questa premessa, come la significatività dei fenomeni idrogeologici nei bacini montani risulti talmente rilevante, sia in termini di eventi che in termini di danni, da consigliare lo sviluppo della presente pianificazione in un piano di emergenza ad hoc Corsi d'acqua principali Relativamente al rischio idraulico connesso con le dinamiche esondative dei corsi d'acqua principali, appare utile sottolineare come si sia scelto di trattare tale problematica in una apposita sezione pur nella consapevolezza del fatto che i fenomeni critici che interessano i bacini montani, spesso risultano direttamente correlati coi fenomeni di inondazione connessi col passaggio di portate straordinarie nelle sezioni fluviali degli stessi. Nel recente passato, invero, si è assistito al verificarsi di fenomeni che, pur interessando con particolare veemenza i bacini idrografici montani, non hanno prodotto particolari conseguenze in quelli principali citati; al contrario i fenomeni alluvionali del novembre 2002 hanno messo in luce un comportamento del tutto differente, in quanto il regime pluviometrico registrato è stato, per durata ed intensità della pioggia, tale da mandare in crisi il reticolo idrografico principale senza far registrare fenomeni esondativi in quello minore. Ai fini della determinazione delle aree soggette al rischio idraulico si è proceduto all identificazione delle aree potenzialmente soggette ad inondazione attraverso una analisi idrologica consistente e basata su serie storiche di portate e di livelli idrici di notevole durata per ognuno dei corsi d acqua considerati, completata dall utilizzo delle carte del Piano Stralcio per il Rischio Idrogeologico dell Autorità di Bacino del Fiume Po contenenti le perimetrazioni delle cosiddette fasce di pertinenza fluviale. L incrocio tra queste carte e quelle del danno derivate dalla mosaicatura degli strumenti di gestione dei territori comunali, ha consentito di determinare delle aree a cui attribuire differenti gradi di rischio. La qualità dell analisi di rischio così svolta è stata condizionata dalle approssimazioni legate in particolare alla scala di dettaglio e di rappresentazione delle informazioni disponibili sia rispetto ai parametri idraulici dei fenomeni di piena, sia rispetto alla consistenza territoriale su cui gli stessi intervengono. A tal fine si è scelto di individuare sul territorio provinciale alcune aree sulle quali sviluppare con maggiore dettaglio (anche a seguito di sopralluoghi mirati) l analisi del rischio; si è potuto così sviluppare scenari di rischio e scenari di evento che risultassero sufficientemente accurati ed aderenti alla realtà del territorio in maniera da consentire lo sviluppo di una pianificazione dell emergenza sufficientemente significativa Laghi Un lago fa sempre parte di un più ampio sistema fluvio-lacustre, al quale appartengono anche i corsi d acqua che immettono acqua nel lago stesso e quelli che la fanno defluire. In altri termini, ogni lago è caratterizzato da un bilancio idrologico, composto dalla somma degli apporti e delle perdite d acqua: gli apporti sono costituiti dagli afflussi dei corsi d acqua tributari, ma anche dal ruscellamento superficiale lungo le sue sponde, dalle piogge che cadono direttamente sulla sua superficie e dagli afflussi per via sotterranea; viceversa le perdite sono date dai deflussi attraverso l'emissario, ma anche dall'evaporazione e dal deflusso sotterraneo. È possibile rappresentare tale caratteristica attraverso l equazione di continuità del laghi la quale assume la seguente forma: dw ( t) p( t) q( t) = dt Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 6 di 208

17 dove p (funzione del tempo t) è la portata affluente nel bacino al tempo t, q(t) è la portata defluente dal bacino nel medesimo istante temporale e W(t) rappresenta il volume invasato nell unità di tempo. In tale equazione le variabili rappresentanti il volume invasato e la portata in deflusso, sono normalmente legate da una equazione che rappresenta i volumi uscenti nell unità di tempo in funzione della quota del tirante idrico misurato rispetto alla quota del fondo dell emissario del lago stesso. Nell ipotesi in cui il legame tra il volume invasato e la portata in deflusso siano linearmente dipendenti tale equazione assume la forma detta dell invaso lineare. Nel momento in cui la portata in afflusso al lago è superiore di quella in deflusso, il bacino lacustre invasa volume e la quota del proprio pelo libero tenderà ad aumentare in maniera sostanzialmente uniforme su tutta la superficie del lago stesso (l ipotesi dell equipotenzialità della superficie libera del lago in realtà non sempre è verificata in quanto condizioni locali legate principalmente ai flussi idrici possono rendere a superficie non completamente piana), nel caso contrario il bacino perderà volumi e le corrispondenti quote del pelo libero dell acqua tenderanno a diminuire. I meccanismi che attengono ai fenomeni esondativi dei laghi sono dunque legati alle dinamiche proprie dei fenomeni connessi con il sistema degli afflussi e con quello dei deflussi e tra loro, attraverso la equazione di continuità. Nel caso dei laghi quindi è possibile affermare che si ha esondazione delle acque quando la capacità di invaso della conca lacustre risulta essere insufficiente per sostenere, senza che le quota del pelo libero dell acqua superi una quota presa a riferimento, la differenza tra i volumi entranti e quelli uscenti dal bacino stesso. Anche per i fenomeni esondativi delle acque dei laghi è possibile individuare i parametri caratteristici dell equazione del rischio in termini di probabilità di superamento di un determinato fenomeno preso a riferimento e di danno ad esso conseguente sulla parte antropizzata del territorio La valutazione del termine "Pericolosità" Il parametro pericolosità per il rischio idraulico rappresenta la probabilità che, in una determinata sezione di un corso d acqua o di un lago, ed in un determinato ambito temporale, si verifichino portate liquide tali da non poter essere contenute all interno degli argini ordinari dello stesso. Tale parametro si esplica, da un punto di vista territoriale, nell individuazione delle porzioni di territorio che, con una determinata probabilità, risulteranno soggette a fenomeni di carattere inondativo o esondativo. A tal fine si fa normalmente riferimento ai dati relativi ai livelli idrometrici o alle portate raggiunti dai corsi d acqua durante un determinato arco temporale, individuando un livello di riferimento ed analizzando la frequenza con cui tale livello viene superato nel medesimo arco temporale. Tali valori però non sempre sono disponibili direttamente: se infatti sui corsi d acqua principali ed in corrispondenza degli sbarramenti di regolazione dei laghi, le serie storiche rilevate dagli idrometri risultano essere significative per determinare le ricorrenze statistiche dei fenomeni critici (la probabilità di accadimento), per quanto riguarda il reticolo idrografico montano, tali rilevazioni non sono, nella maggior parte dei casi, disponibili. Come conseguenza di ciò l analisi di pericolosità segue strade differenti a seconda della tipologia e della consistenza dei dati a disposizione; al fine di chiarire tali differenze negli approcci metodologici, nei successivi paragrafi si riportano sinteticamente le metodologie di analisi utilizzate relativamente agli ambiti territoriali definiti dai bacini montani, dai corsi d acqua principali e dal sistema dei laghi Bacini montani Come già anticipato, nella stragrande maggioranza dei bacini montani, non sono disponibili i valori di altezza idrometrica o di portata idrica ottenuti tramite misurazioni dirette; a tale mancanza di dati si tenta di sopperire attraverso l utilizzo di metodi indiretti di valutazione delle portate che, partendo dalle più Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 7 di 208

18 diffuse serie storiche relative al parametro pluviometrico, consente, attraverso alcune semplificazioni relative alle dinamiche di formazione dei deflussi superficiali, di ottenere una stima dei dati che si sarebbero potuti registrare in corrispondenza delle sezione assunte a riferimento. Partendo dunque dai valori della pioggia ed assumendo che ci sia una correlazione diretta tra le piogge e le portate in alveo, si sono effettuate delle analisi di modellizzazione che fornissero, con le medesime caratteristiche ricorsive, i deflussi in alveo. Il modello utilizzato per esprimere tale legame tra gli afflussi meteorici ed i deflussi fluviali è quello detto Razionale, così come suggerito dalla Direttiva sulla piena di progetto da assumere per le progettazioni e le verifiche di compatibilità idraulica allegata alle Norme di attuazione del Piano Stralcio per l Assetto Idrogeologico (PAI) ed indicato per bacini di medio piccole dimensioni. Tale metodo considera ciascun bacino idrografico come una singola unità e stima il valore al colmo della portata sulla base delle precipitazioni sottostando ad alcune ipotesi semplificative: La precipitazione è uniformemente distribuita sul bacino La portata stimata in alveo ha lo stesso tempo di ritorno T calcolato per l intensità di pioggia Il tempo di formazione del colmo di piena è pari a quello della fase di riduzione L intensità della pioggia ha una durata pari a quella del tempo di corrivazione t c del bacino. Tali ipotesi appaiono particolarmente forti se si considera che, ad esempio, l assunzione di una pioggia costante ed uniformemente distribuita sul bacino idrografico rappresenta una astrazione che, anche su bacini di piccole dimensioni, di fatto non si verifica mai; inoltre tale ipotesi non consente di tenere conto dei possibili fenomeni di attenuazione o di incremento dei deflussi in funzione del fatto che la perturbazione percorra rispettivamente da valle verso monte o da monte verso valle il bacino interessato. Anche la seconda ipotesi considerata comporta una astrazione molto significativa, in quanto non è necessariamente detto che piogge che si presentano con una intensità corrispondente ad un determinato tempo di ritorno, producano portate con caratteristiche tali da corrispondere a fenomeni aventi il medesimo tempo di ritorno delle piogge. La terza e la quarta ipotesi infine, hanno come conseguenza quella di assimilare la formazione dei deflussi superficiali ad un fenomeno dalle caratteristiche lineari ed indipendenti dallo stato del bacino all inizio della precipitazione; l astrazione effettuata conduce a non considerale l intera dinamica del bacino idrografico, andando a considerare come se il bacino reagisse alla precipitazione in maniera uguale all inizio ed alla fine della stessa. L assunzione che la durata della precipitazione corrisponda al tempo di corrivazione del bacino (cioè al tempo che impiega la particella d acqua caduta nel punto più lontano a passare per una sezione di riferimento), trova ragione proprio nella assunzione che il bacino considerato non modifichi le proprie caratteristiche di formazione dei deflussi nel corso del tempo, per cui la massima portata che si registra in una determinata sezione si verifica quando anche l acqua caduta nel punto più lontano del bacino transita in alveo in corrispondenza di quella sezione. Pur con i limiti testé descritti il metodo razionale descrive con sufficiente approssimazione i fenomeni di formazione dei deflussi di piena per bacini di medio-piccole dimensioni, consentendo nel contempo un approccio sistematico in grado di fornire informazioni relative ai deflussi idrici in alveo che risultano uniformi sul territorio e quindi confrontabili tra loro; modellazioni più raffinate infatti, pur fornendo una maggiore precisione teorica nei calcoli, necessitano di una quantità molto maggiore di informazioni di base rimanendo particolarmente sensibili alla scelta dei parametri utilizzati per rappresentare il comportamento di una parte o di tutto il bacino idrografico. Partendo dalle ipotesi più sopra introdotte, il metodo razionale consiste nella risoluzione della seguente equazione nella quale le portate relative alle sezioni finali dei corsi d acqua sono espresse in [m 3 /s]: Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 8 di 208

19 Q max hcs = Φ t c dove Φ indica il coefficiente di deflusso (ovvero il rapporto tra l acqua precipitata sul bacino e quella che si ritrova effettivamente in alveo), S è la superficie del bacino espressa in km 2, h c è l altezza di precipitazione critica espressa in mm corrispondente al tempo di corrivazione t c del bacino. Quest ultimo, come già anticipato, oltre che come il tempo occorrente perché la particella d acqua caduta nel punto più lontano del bacino raggiunga la sezione di chiusura, è definito anche come l intervallo di tempo dall inizio della precipitazione oltre al quale tutto il bacino contribuisce al deflusso nella sezione terminale; il metodo utilizzato prevede la stima di questo parametro mediante la formula empirica di Giandotti (tempo espresso in ore) per la quale: t c ( 4 S + 1,5 L) = 0,8 ( h h ) in cui S è la superficie del bacino espressa in km 2, L è la lunghezza dell asta principale estesa alla linea di spartiacque espressa in km, h m è l altitudine media del bacino e h 0 è l altitudine della sezione di chiusura del bacino considerato. In considerazione della sensibilità della formula razionale nei confronti del valore del tempo di corrivazione, si è scelto di verificare i dati ottenuti con la citata formula di Giandotti ponendoli a confronto con dati ottenuti attraverso l utilizzo di analoghe formule di calcolo del medesimo valore del tempo di corrivazione dei bacini; in particolare si è utilizzata, per la sua semplicità, la formula di Puglisi (1978) per la quale il tempo di corrivazione è espresso dalla seguente formula m 0 t c 2 3 = 6L ( H H max 0 ) 1 3 in cui L è il percorso idraulicamente più lungo del bacino espresso in km, H max è l altitudine massima del bacino idrografico espressa in metri e H 0 è la quota assoluta della sezione di chiusura considerata. Una volta calcolato il tempo di corrivazione del bacino ed una volta stabilito che lo stesso rappresenta anche la durata di pioggia che risulta essere critica per lo stesso bacino, si è provveduto al calcolo della altezza di pioggia critica attraverso l utilizzo delle informazioni desumibili delle linee segnalatrici di probabilità pluviometrica (L.S.P.P.) le quali sono rappresentate dalla formula: n h c = at c in cui a [mm] ed n sono due parametri caratteristici definiti in funzione del tempo di ritorno considerato. I valori dei due parametri caratteristici delle linee segnalatrici di probabilità pluviometrica sono stati tratti dall Allegato 3 della succitata direttiva del PAI in cui sono forniti in formato tabulare; i valori dei parametri sono stati calcolati in corrispondenza di porzioni di territorio definite secondo una griglia di 2 km di lato; essi sono poi stati confrontati con i dati utilizzati nel Piano Territoriale della Provincia di Bergamo per verificarne la congruità. Nello specifico dell elaborazione, per ogni bacino sono stati considerati dei valori mediati dei parametri per tenere conto della risoluzione spaziale della griglia sulle aree dei singoli bacini. Il metodo è stato applicato ai bacini presi in esame per la stima della portata al colmo di piena in corrispondenza di piogge aventi tempi di ritorno di 20, 100, 200, 500 anni. Per completare il calcolo delle portate con la citata formula razionale è stato necessario stimare anche il valore dei coefficienti di deflusso, ovvero del rapporto tra le portate in alveo e le precipitazioni che le hanno generate, dei diversi bacini idrografici: Φ = Q P Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 9 di 208

20 In assenza di altre informazioni più precise, tale stima è stata effettuata sulla base di una analisi della carta della permeabilità tratta dalle carte geoambientali della Regione Lombardia confrontando poi i valori ottenuti con i coefficienti di altri bacini similari posti nelle vicinanze e dei quali si avevano dati rilevati sia per le precipitazioni che per le portate. Il calcolo delle aree a differente grado di permeabilità è stato effettuato mediante l utilizzo del GIS ESRI Arcview partendo dai dati disponibili all interno della cartografia geoambientale della Regione Lombardia: la cartografia digitale rappresentante la carta della permeabilità è stata processata attraverso l intersezione con quella dei bacini idrografici; il risultato di questa intersezione ha portato ad identificare per ogni bacino le aree a differente grado di permeabilità. È stato quindi attribuito un valore del coefficiente di deflusso Φ pari a 0,15 per i terreni a permeabilità elevata (l acqua si infiltra con maggiore facilità per cui una porzione ridotta di quella precipitata defluisce superficialmente), pari a 0,3 per quelli con permeabilità media e 0,4 per i terreni a bassa permeabilità (dove il flusso sotterraneo è più limitato). Il valore del coefficiente di deflusso attribuito ad ogni bacino è stato poi rideterminato attraverso una media pesata dei valori ottenuti con l operazione di intersezione, rispetto alla percentuale di territorio del bacino a differente grado di permeabilità. Il calcolo eseguito con il metodo razionale ha consentito di individuare le portate critiche di ciascun bacino correlando le stesse con i tempi di ritorno stabiliti per le precipitazioni; al fine dell identificazione della pericolosità è quindi stato effettuato un calcolo che consente di individuare il valore di probabilità di superamento del parametro portata in alveo. Tale elaborazione, pur costituendo un passaggio fondamentale per la determinazione della pericolosità, non può essere utilizzata per la creazione delle cartografie di rischio a causa della assenza di misurazioni relative alla geometria delle sezioni critiche. Appare infatti di fondamentale importanza capire quali siano le possibili conseguenze connesse al raggiungimento delle portate calcolate per ogni corso d acqua; in sintesi è di fondamentale importanza capire, per ciascuno dei bacini considerati, se le portate calcolate sono o meno idraulicamente compatibili con le sezioni d alveo che si possono rilevare lungo il percorso compiuto dal reticolo idrografico in oggetto. La mancanza di dati a disposizione in tal senso, non ha consentito di individuare le aree nelle quali i diversi corsi d acqua generano problematiche di esondazione e, quindi, non ha dato modo di generare una cartografia della pericolosità in grado di evidenziare le zone dove le portate individuate con il metodo razionale, possono creare criticità. Al fine di consentire comunque l individuazione di un indicatore significativo di pericolosità, si è scelto di considerare le informazioni derivanti dai calcoli idrologici effettuati (con le ipotesi più sopra descritte) in corrispondenza di precipitazioni brevi ed intense attribuendo un valore di pericolosità all intero territorio sotteso dal bacino idrografico, utilizzando le seguenti ipotesi di calcolo: il tempo di ritorno considerato è pari a 100 anni in quanto si presuppone che le strutture di Protezione Civile possano ragionevolmente essere attivate anche su fenomeni con caratteristiche anche non eccezionali (T=200 anni appare corretto per le progettazioni di opere idrauliche, ma non rappresentativo dei fenomeni che possono interessare criticamente il territorio) la durata di pioggia critica è pari a 4 ore in quanto dalle analisi comparate dei fenomeni che hanno determinato esondazione in territori consimili a quelli considerati, tale durata è risultata essere quella maggiormente significativa 3. In questo modo si è ritenuto di poter rappresentare significativamente sia gli elementi legati alle dinamiche dei corsi d acqua in termini di tempo di risposta del bacino (un tempo di corrivazione 3 cfr primo programma regionale di previsione e prevenzione Versione 1.0 Luglio 2006 Pagina 10 di 208

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