Consumi alimentari e mercato interno: come, in tempo di crisi, l'alternativa torna ad essere il mercato interno locale

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1 Non lasciano dietro di loro alcun segno d'identificazione, fuorché le lapidi ed i figli: la meravigliosa superficie del paesaggio, l'opera dei loro aratri, vanghe e cesoie o gli animali che custodirono, non conservano infatti né una firma né un'impronta simile a quelle lasciate dai muratori sulle cattedrali. Contadini 1 Consumi alimentari e mercato interno: come, in tempo di crisi, l'alternativa torna ad essere il mercato interno locale Eleonora Amelio 2, Negli ultimi cinque anni, in Italia stiamo assistendo ad una progressiva riduzione dei consumi alimentari da parte delle famiglie con la conseguente drastica riduzione della domanda e, parallelamente, ad una progressiva scomparsa delle piccole aziende familiari che costituiscono ancora il nerbo del sistema di produzione agroalimentare italiano. A questi processi si accompagna una massiccia concentrazione della terra e delle attività agricole in aziende di dimensioni sempre più grandi in termini di superficie, SAU e capitalizzazione. I settori direttamente o indirettamente coinvolti nel processo di modificazione del panorama di produzione agroalimentare - produttori piccoli, medi e grandi, distributori medi e grandi, consumatori - si sono trovati, negli ultimi tempi, a dover ricercare nuove formule per 1 Antonio Onorati, maggio Project manager del Centro Internazionale Crocevia

2 rispondere in modo adeguato alle nuove sfide. A livello europeo, la Commissione responsabile del settore agricolo ha risposto con l'applicazione delle nuove norme che regolano la futura Pac. A livello nazionale, il governo ha cercato di rispondere, da un lato, seguendo le indicazioni dell'ue e, dall altro, delegando alle regioni il compito di intervenire in base alla situazione locale 3. Tuttavia, le posizioni assunte dalle categorie dei produttori e dei distributori, grandi e piccoli, del settore agroalimentare si distanziano sensibilmente dalle direttive politiche nazionali e internazionali, soprattutto in termini di valutazione dell'efficacia degli interventi proposti. Ognuna, per ragioni diverse e riconducibili alle proprie valutazioni di interesse, si è pronunciata con una certa cautela se non addirittura avanzando forti critiche 4. Ma qual è la situazione che il settore agricolo italiano sta attraversando in questi ultimi tempi? Quali le problematiche affrontate dai diversi protagonisti? Quali, soprattutto, i meccanismi di funzionamento della filiera agroalimentare e i fattori che determinano i processi di formazione della catena del valore dei prodotti? 1. Il mondo della cooperazione agricola in Italia: quali problemi, quali strategie? Secondo le indicazioni fornite dal centro studi ISMEA, in uno studio del 2011 su alcune realtà del settore agroalimentare 5, i principali problemi incontrati nel corso 3 Rimandiamo, per una lettura sintetica su questo argomento, a E. Amelio, A. Onorati, La GDO di fronte alla crisi: meglio il negozio di quartiere? in 4 A questo proposito, possiamo far riferimento al dibattitto che si è aperto in Italia sull'approvazione dell'art.62, in base al quale l Autorità garante della concorrenza e del mercato è chiamata a vigilare sulla correttezza dei rapporti commerciali anche in relazione alla cessione di prodotti agricoli e alimentari cfr., al riguardo D.M. 19 ottobre 2012 n. 199 concernente "Attuazione dell'articolo 62 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n 27."in 5 AA.VV, Analisi e strategie commerciali realizzate dalle cooperative agro-alimenatri italiane: principali problematiche, vincoli, spazi di miglioramento, ISMEA, Roma

3 del 2011 dalle cooperative agroalimentari italiane, sono stati: a) la contrazione della domanda, dovuta principalmente al diminuito potere d'acquisto delle famiglie, b) la crisi economica nazionale e internazionale, che ha avuto conseguenze significative nei confronti dei prodotti di posizionamento elevato; c) la concorrenza dei produttori stranieri 6 ; d) gli aumenti dei prezzi di alcune materie prime, come carburante ed energia elettrica, senza margini di recupero sul listini di vendita; e) la crescente forza contrattuale delle catene della GDO, che riescono a condizionare l'intero mercato comprimendo i margini di profitto dei produttori 7. A questo proposito, la maggior parte delle cooperative agricole italiane, anche di dimensioni discrete, soffre di marginalità negative dovute principalmente al debole potere contrattuale nei confronti della grande distribuzione e alla pratica delle promozioni adottata dalle GDO 8 per bilanciare le proprie perdite in momenti di crisi. Certamente la vendita diretta al consumatore potrebbe offrire margini più elevati. Tuttavia, come è stato fatto notare dalla maggior parte delle cooperative intervistate, essa riguarda volumi ridotti in termini assoluti 9. L idea di raggiungere un equilibrio tra costi e ricavi, attraverso la creazione di aziende di dimensioni più grandi, viene presentata nel documento citato come la soluzione maggiormente auspicabile 10, adducendo come motivazione una serie di considerazioni di carattere 6 A questo proposito si cita soprattutto il fenomeno dei prezzi molto contenuti <<sotto la pressione di problemi finanziari e della necessità di riscuotere a breve, nonché-si legge nel documento- di una produzione in crescita, e che in altri settori beneficiano di costi più ridotti o di un ingresso sul mercato anticipato rispetto al prodotto nazionale (primizie)>>, cfr. Ivi, p Ivi, pp Sugli andamenti negativi delle GDO in Italia tra il 2011 e il 2012 dovuti ad un drastico calo dei consumi, sono stati pubblicati nell'ultimo anno diversi studi cfr., per tutti ISMEA, Agroalimentare, in calo la fiducia della grande distribuzione, 30 gennaio 2013, www. Ismea.it 9 AA.VV, Analisi e strategie commerciali realizzate dalle cooperative agro-alimenatri italiane: principali problematiche, vincoli, spazi di miglioramento, cit. p sebbene in controtendenza con quanto manifestato dai clienti in generale e dai grandi clienti come la GDO che, in uno scenario di questo tipo, perderebbe parte della propria capacità contrattuale.

4 economico, distributivo e di diversificazione del rischio 11. Elenchiamo di seguito i punti strategici su cui le cooperative intendono intervenire per affrontare la situazione: - ampliamento della copertura distributiva territoriale; - sviluppo della vendita diretta al consumatore, attivando punti vendita con l ecommerce, che consentano di accorciare al massimo grado la filiera e di eliminare il più possibile l intermediazione; - ampliamento della gamma dei prodotti, in ampiezza e profondità; - sviluppo di prodotti con un maggiore grado di differenziazione e di valore aggiunto; -costituzione di organizzazioni dei produttori o consorzi di commercializzazione per affrontare il mercato; - organizzazione di eventi tipo incoming, per far conoscere azienda; - fusione con altre cooperative per acquisire maggiore forza commerciale; - maggiore specializzazione della la forza vendita sui singoli prodotti; - restyling di prodotti e confezioni; - revisione e riorganizzazione della struttura commerciale; - ricerca di nuovi canali di vendita A questo proposito leggiamo: <<Sembra evidente che parte degli operatori intervistati - grandi clienti n.d.r.- preferisca le aziende piccole o medio piccole anche perché la dimensione è correlata positivamente con il potere contrattuale del fornitore e negativamente con una certa malleabilità in fase di trattative>>, ivi, p.64. Oltre, quindi, ad indicare nella piccola dimensione della azienda fornitrice un possibile alleato nella crescita in comune, e che le piccole realtà locali rispondono alle attese dei clienti in termini di legame con il territorio, la ragione principale ( lo vedremo in seguito quando parleremo della grande distribuzione) per cui la grande distribuzione preferisce relazionarsi con il piccolo - medio produttore, è la capacità di influenzare l'andamento delle trattative in relazione alla dimensione e dunque, di riflesso, al mantenimento del suo potere contrattuale. 12 Ivi, p.28. Cfr., a questo proposito, F. Carbonari, C. Bambini, Gli scambi con l estro nel settore agroalimentare in Bilancia Agroalimentare, ISMEA, n.1/12, 28 febbraio 2012

5 1.1 Export: un opportunità per l agricoltura contadina? A partire dalla constatazione che l incidenza dell export sul fatturato complessivo delle aziende agricole si attesta intorno al 21%, secondo i dati del 2010, e che tale incidenza varia in relazione alle dimensioni dell azienda 13, analizzeremo i principali problemi incontrati dal settore preso in esame. Tra questi, la concorrenza in termini di prezzo dei paesi emergenti occupa il primo posto. Seguono poi in ordine: le spese per la logistica e per gli imballaggi; le contestazioni del prodotto da parte dei clienti, la maggior parte dei quali è rappresentata dai commercianti all ingrosso, seguiti dalle catene della GDO; gli elevati costi per la diffusione e la conoscenza dei prodotti tipici italiani, considerata comunque necessaria per equilibrare la concorrenza dei prezzi praticata da altri paesi 14. Per quanto riguarda i rapporti che il settore produttivo intrattiene con la grande distribuzione moderna, le maggiori difficoltà rilevate dagli operatori sono riconducibili ad un unico fattore: la mancanza di potere contrattuale. Come emerge dal documento citato, le maggiori difficoltà derivano dai seguenti fattori: a) i controlli imposti dai parametri qualitativi dei prodotti, particolarmente rigidi soprattutto quando si produce per le private label; b) l imposizione di servirsi di determinati fornitori che applicano, per esempio, 13 A questo proposito leggiamo nel documento dell ISMEA: <<Interessanti sono anche le cifre articolate in base alla dimensione della singola cooperativa, in termini di fatturato: le imprese di minore dimensione evidentemente incontrano ostacoli organizzativi, logistici e di potere contrattuale nell affrontare in misura più massiccia l attività di esportazione. D altro canto, per le grandi imprese l export raggiunge in valore assoluto livelli ragguardevoli, ma data la dimensione aziendale di ampie proporzioni, la sua incidenza è inferiore a quella fatta rilevare dalle imprese di medie dimensioni [...] in AA.VV, Analisi e strategie commerciali realizzate dalle cooperative agro-alimentari italiane: principali problematiche, vincoli, spazi di miglioramento, cit. p.29. Per alcuni dati sugli scambi con l estero del settore agroalimentare, tendenze e congiunture nel 2011, consigliamo Bilancia Agroalimentare Gli scambi con l estero del settore agroalimentare, ISMEA, n. 1/12, 28 febbraio Ivi, pp

6 tempi di pagamento peggiori. In riferimento ai prezzi e ai margini: c) il ricorso sempre più frequenti alle attività promozionali (quali conseguenze?); d) le crescenti richieste di sconti (molti hanno parlato di una pressione ormai insostenibile, che ogni anno lievita di un 2%), che non sempre hanno ricadute effettive sui prezzi finali; e) la remunerazione non adeguata del prodotto e i bassi margini di guadagno; f) la creazione di un asta on-line al ribasso; g) i tempi di riscossione lunghi, frutto anche di tanti piccoli espedienti, come le contestazioni strumentali della merce 15 ; h) le condizioni contrattuali difficili da interpretare. In riferimento ai servizi che la GDO richiede ai produttori: a) La richiesta di una rigidità di fornitura che non va d accordo con il processo naturale della produzione; b) condizioni problematiche di consegna richieste dalle catene (tempi e quantità, soprattutto in caso di promozioni): i tempi dell evasione dell ordine sono sempre più ravvicinati, con consegne A per A; la catena cerca inoltre di scaricare sul fornitore la mansione del magazzino 16 ; E evidente, dunque, come alla base delle difficoltà sopra elencate risieda lo scarso potere contrattuale che i fornitori detengono nei confronti delle grandi catene di distribuzione, influenzando in modo significativo i possibili margini di profitto della cooperativa fornitrice. Alle difficoltà di relazione contrattuale nei confronti del mondo della grande 15 A questo proposito l art.62, precedentemente citato, dovrebbe svolgere la funzione di oltrepassare questo limite 16 AA.VV, Analisi e strategie commerciali realizzate dalle cooperative agro-alimenatri italiane: principali problematiche, vincoli, spazi di miglioramento, cit. pp

7 distribuzione, le cooperative agricole sperimentano problemi relativi alla dimensione sociale. Ci riferiamo in particolare, alla continua cessazione di attività da parte delle piccole aziende agricole che, proprio per le dimensioni ridotte, incontrano serie difficoltà nel riconvertirsi; ad un forte invecchiamento dei produttori e a uno scarso ricambio generazionale; all assenza di una spinta di aggregazione tra i produttori soci, dovuta principalmente alle difficoltà di adeguamento alle variazioni del sistema. In mancanza di una politica pubblica che sia di effettivo sostegno all agricoltura, <<di una scarsa attenzione generale al mondo delle cooperative; di iter burocratici pesantissimi; pressione fiscale eccessiva e crescente; interruzione o la riduzione dei contributi pubblici a sostegno del settore; l assenza di regole e certezze da parte delle politiche europee e italiane>> 17, molte imprese agricole decidono di diminuire sensibilmente le loro produzioni perché a bassa redditività, generando, come conseguenza, una forte diminuzione della materia prima disponibile. A questo fenomeno si accompagna quello di una forte riduzione del numero delle cooperative di trasformazione dovuto, a volte, a pratiche di fusione per acquistare maggiore forza contrattuale nel rapporto con la GDO, più spesso, come nel caso dei piccoli produttori, a difficoltà di sopravvivenza. La domanda allora, diventa la seguente: è possibile immaginare che il futuro delle cooperative dipenda principalmente dalla capacità di proporsi con strategie di mercato orientate verso l innovazione, l investimento, la crescita dimensionale e la diversificazione del rischio? O, piuttosto, non si debba pensare, accanto a tali strategie, a un altro modo di intendere il mercato e le relazioni dei soggetti che direttamente o indirettamente partecipano alla costruzione della filiera agroalimentare? Non è un caso che, nel documento, diversi operatori del settore della produzione agricola sottolineino più volte il continuo aumento del potere contrattuale 17 Ivi, pp

8 della grande distribuzione, anche all interno del mondo dei consumi. E questo, a nostro avviso, un elemento da non sottovalutare. Le politiche adottate dalla GDO nei confronti del mondo della piccola, media e grande produzione, sono state, negli ultimi tre anni, fortemente influenzate dai comportamenti dei consumatori che hanno modificato sensibilmente il loro comportamento nel momento dell acquisto dovuto principalmente alla drastica riduzione del potere d acquisto e la conseguente scelta di orientarsi verso prodotti in promozione e più economici 18. Sembrerebbe, dunque che, a fronte di problematiche che si possono ricondurre tutte, a vario titolo, alle criticità presenti nei meccanismi di funzionamento della costruzione della catena del valore, a quelle relative al funzionamento delle filiere a monte e a valle e, in generale, al più complesso fenomeno della costruzione del potere di mercato, le possibili alternative che vengono indicate possono essere riassunte in una sostanziale presa di coscienza da parte del settore produttivo agricolo del sistema vigente e di un conseguente adeguamento ad esso, che dovrebbe tradursi in politiche di maggiore qualità del prodotto, aumento delle dimensioni dell'azienda attraverso fusioni anche con privati per una maggiore redistribuzione del rischio, diversificazione delle attività con aziende multifunzionali, ampliamento dell export. A proposito del tema della certificazione della qualità dei prodotti, come strategia 18 A questo proposito, cfr. C.Russo, Modelli comportamentali dei consumatori e strategie di pricing della Grande Distribuzione organizzata: implicazioni per le filiere agroalimentari, Proposta di comunicazione per il Convegno Annuale SIEA 2012 L agroalimentare italiano ed il mercato: arte, cultura e specificità territoriali, Siracusa 7,8 e 9 giugno Scrive l autore: <<L emergere di nuovi modelli comportamentali nel consumo alimentare ha influito profondamente sulle strategie delle imprese di distribuzione. [...] L adozione del category management (gestione congiunta di intere categorie di prodotti, e non sul singolo n.d.r.) da parte della GDO contribuisce a spiegare alcuni trend nei prezzi agricoli e degli alimenti. In particolare [...] la gestione congiunta dei prodotti può concorrere a spiegare la rigidità relativa dei prezzi alimentari rispetto ai prezzi agricoli>>. Tali dinamiche, secondo l autore, hanno un importante impatto sui redditi agricoli: <<Gli elevati margini di prezzo e l incapacità dei produttori di catturare le variazioni positive della domanda sono considerati fra le criticità da risolvere per garantire la sostenibilità economica del sistema produttivo agricolo [...] Di conseguenza, appare velleitario pensare di affrontare tali criticità con un approccio di politica settoriale, che non incida direttamente sulle fasi a valle della filiera>>, in ivi, pp. 2, Cfr.., inoltre, D. Cersosimo (a cura di) I consumi alimentari. Evoluzione strutturale, nuove tendenze, risposte alla crisi, Atti del workshop tenuto a Palazzo Rospigliosi Roma, 27 settembre 2011, Gruppo 2013 Quaderni, Edizioni Tellus, Roma 2011.

9 vincente in un mercato sempre più concorrenziale, Leopoldo Cassibba, economista agrario, collaboratore dell'ufficio Regionale PSL, già nel 2009, a fronte di una riconosciuta attualità della cooperazione agroalimentare come <<carta vincente per l'agricoltura>>, avvertiva che affinché [ ] la citata capacità contrattuale della cooperazione agroalimentare possa essere esercitata a pieno e, anzi, aumentata occorre, tuttavia, che vi sia un processo di aggregazione della produzione agricola a favore della cooperazione stessa, il che richiede, per così dire, una preliminare operazione verità sull'efficacia delle varie forme di certificazione volontaria e obbligatoria della qualità, spesso ritenute strumenti sufficienti per trattenere un maggior valore aggiunto nella fase agricola delle filiere [ ] si dovrebbe prendere definitivamente atto che la differenziazione del prodotto, le denominazioni di origine e i sistemi di garanzia della qualità (etichettatura, rintracciabilità, ecc.) rappresentano condizioni necessarie, ma insufficienti a portare adeguati e duraturi vantaggi di prezzo ai produttori [...] l'esperienza insegna che, a causa del ricordato spostamento del potere di mercato lungo le filiere verso la trasformazione e, ancor più, verso la distribuzione moderna, è il resto della filiera, e non già i produttori (e/o i consumatori), a trarre i maggiori vantaggi dall'utilizzazione dei suddetti segni della qualità 19. La stessa commissione Europea ha espresso preoccupazioni per il verificarsi nel nostro paese di anomalie nel sistema della filiera agroalimentare italiana sostenendo la necessità di <<monitorare la filiera agroalimentare e aumentare la trasparenza nella formazione dei prezzi e nella trasmissione delle variazioni 19 L. Cassibba, Cooperative e filiere agroalimentari nei Progetti integrati di filiera dei PSR, Agriregionieuropa, a.5, n.17, giugno 2009, p.26. A proposito della necessità di un intervento pubblico significativo nel settore agricolo, lo stesso autore si esprime in questi termini: << La crisi finanziaria, tradottasi in crisi economica e sociale, si è accompagnata ad un crollo dei prezzi delle materie prime agricole iniziato nell'estate del [ ] Il fenomeno della forbice prezzi-costi, connesso alla maggiore rapidità della dinamica inflattiva degli input agricoli rispetto a quella delle commodities è conosciuto dagli anni '60, quando fu coniata la locuzione squeeze on agriculture, ed è da ricondurre alla specificità - della produzione agricola. Nel dettaglio, trova conferma l'esistenza, tranne in periodi particolari e limitati, di uno squilibrio strutturale a danno dell'agricoltura nei confronti dei settori a monte e a valle, squilibrio amplificato nelle fasi di depressione economica.[...] Sono proprio le peculiarità della produzione agricola a dare ancora ragione della necessità dell'intervento pubblico>>, in ivi, pp

10 dall origine al dettaglio, al fine di evidenziare e combattere pratiche non competitive da parte di alcuni attori, asimmetrie nel potere di mercato, inefficienze nei sistemi produttivi dei paesi dell Unione Europea>> GDO: come la grande distribuzione organizzata condiziona la costruzione del mercato contadino in Italia Vediamo, ora, quali strategie commerciali la GDO ha adottato negli ultimi anni, in risposta alla crisi economica del Prima di descrivere sinteticamente quali scelte la GDO ha adottato negli ultimi anni, esaminiamo, in modo semplice, come funziona la GDO, la sua struttura, quali sono i principali soggetti della grande distribuzione presenti in Italia, cosa sono le centrali d'acquisto e come avviene la contrattazione tra la GDO e le imprese di produzione, come, infine, la GDO influenza i prezzi al consumo e all'origine su alcuni prodotti di largo consumo del comparto alimentare. Seguendo la definizione data dallo studio elaborato dalla Banca d'italia nel 20 A. Finizia, S. Merciai, La catena del valore della filiera agroalimenatre tramite la scomposizione dei consumi domestici delle famiglie, in Agriregionieuropa, a.8, n.30, Settembre 2012, pp.6-7. Scrivono gli autori: << [...] il confronto con il 2000 fa emergere un preoccupante deterioramento della situazione reddituale per gli agricoltori per effetto da un lato della pressione delle voci di costo poco comprimibili (salari, costi per beni intermedi, ammortamenti) e dall altro dell aumento dei margini della distribuzione [...] sebbene ci siano stati aumenti dei consumi in termini nominali (valutati ai prezzi di acquisto) da parte delle famiglie, l agricoltura non ne ha giovato più di tanto in questi anni. Anzi l aumento dei costi ha aggravato maggiormente la posizione degli agricoltori. Ciò è particolarmente evidente quando si scompone la spesa pe ri prodotti della branca agricoltura: in questo caso i profitti per l agricoltore si riducono a 1,5 euro ogni 100 euro spesi dalle famiglie in prodotti che, per la maggior parte, sono già sostanzialmente finiti alla porta dell azienda agricola (come gli ortofrutticoli). Questi dati mostrano una filiera molto squilibrata sia nella stessa fase agricola, per il forte peso degli ammortamenti e dei salari, sia nei rapporti con le componenti a monte (industrie fornitrici) e a valle (intermediari e distributori) con una forte accentuazione di tali squilibri nel decennio>>, in ivi, p.6. Cfr., anche, A. Zaghi, P. Bono, La distribuzione del valore nella Filiera agroalimentare italiana, in Agriregionieuropa, n.27, a.7, Per una definizione sintetica di GDO rimandiamo a E. Tieri, A. Gamba, La grande distribuzione organizzata in Italia, Funzione Studi del Banco Popolare, marzo 2009, pp Sul ruolo e le strategie della GDO in Italia, pur non concordando con le conclusioni dell'autore, cfr., R. Espositi, Evoluzione delle filiere agroalimentari, Facoltà di economia G. Fuà, Università Politecnica delle Marche, pp

11 marzo 2012, possiamo dire che [ ] in linea generale un'impresa/consorzio della GDO è composta /o da un'entità principale di coordinamento e da più strutture secondarie (spesso con articolazione territoriale), che gestiscono (direttamente o anche indirettamente) l'attività dei singoli punti vendita. La struttura principale accentra alcune attività, tra cui tipicamente il marketing, e gestisce i rapporti con le imprese produttrici, partecipando alla contrattazione all'interno delle centrali d'acquisto. Queste a loro volta sono strutture associative a cui partecipano le imprese medie e grandi della distribuzione, nonché le strutture di coordinamento delle associazioni. La finalità delle centrali d'acquisto è quella di accrescere il proprio potere contrattuale nei confronti dei produttori, attraverso la stipula di accordi quadro validi per tutti gli aderenti 22. Le strutture secondarie, tuttavia, spesso sono responsabili della gestione effettiva dei contratti con i fornitori, pur nel quadro degli accordi avvenuti all'interno delle centrali d'acquisto, fino al momento della fatturazione. Si stabilisce, in tal modo, una seconda fase di contrattazione diretta con i fornitori volta a ottenere margini di miglioramento nelle condizioni di vendita stabilite nelle centrali. Ovviamente, le forme di contrattazione, soprattutto di secondo livello, si determinano in base alle dimensioni e alle strutture economiche dei gruppi di impresa di distribuzione. Per quanto concerne la presenza sul territorio italiano dei grandi gruppi della GDO, secondo quanto riportato dal documento pubblicato dalla Banca d'italia 23, tra il 1998 e il 2010 il numero è andato aumentando sensibilmente, in particolare per la presenza di multinazionali estere (Carrefour e Auchan, ad esempio). Così ai gruppi italiani Supermarkets Italiani/Esselunga e Pam, Coop Italia, nel 2010 ritroviamo 9 22 AA.VV., La grande distribuzione organizzata e l'industria alimentare in Italia, Questioni di Economia e Finanza, Occasional Papers, Banca d'italia, n Marzo 2012, p Lo studio utilizza i dati presenti nell'archivio sui gruppi societari della Centrale dei bilanci e delle informazioni di natura contabile presenti nei bilanci riclassificati di fonte Cerved.

12 grandi imprese principali di GDO 24, più altre di dimensioni e fatturato complessivo inferiori. Notiamo, inoltre, in base ai dati forniti dall'istat, che il numero di imprese commerciali al dettaglio, sebbene in presenza di un aumento della GDO negli ultimi 5 anni sul territorio, non mostra alcuna tendenza alla diminuzione, a fronte di una diminuzione invece delle imprese commerciali al dettaglio dei comparti Manifatturiero e Agro Alimentare, che è quello che a noi interessa. Se dunque, nel nostro paese, il numero di imprese della GDO è piuttosto contenuto (rispetto al Commercio al Dettaglio) ciò vuol dire che tale settore denota una elevata concentrazione sull'offerta: Secondo le analisi settoriali effettuate dal Sirc -Servizio Informazioni Rischi di Credito presso la Centrale dei Bilanci- un campione di sole 34 imprese è in grado di rappresentare il 66% circa del giro d'affari della GDO al 2006 [ ] per la distribuzione alimentare [ ] A livello nazionale, il n dei punti vendita si è incrementato del 2,9% tra la fine del 2006 e del Le tipologie della distribuzione alimentare nel loro insieme hanno segnato un'espansione del 1,0% 25. Negli ultimi anni la Grande distribuzione è stata sottoposta dunque a una forte concentrazione, con un aumento del giro d'affari del 4,8% a partire dal Le conseguenze di tale concentrazione sono, come è facile immaginare, un aumentato potere di mercato nei confronti dei fornitori, soprattutto di quelli dell'agroalimentare. La GDO riesce da sola a coprire oltre i due terzi del totale dei canali di commercializzazione. Contemporaneamente il comparto tradizionale del commercio alimentare al dettaglio vede ridotta in modo significativo la propria quota di mercato 24 Per una tabella sui principali soggetti distributivi in Italia e il loro peso in termini di bilancio annuale, quota di superficie e graduatoria in base al fatturato cfr., AA.VV., La grande distribuzione organizzata e l'industria alimentare in Italia, cit. pp , pp E. Tieri, A. Gamba, La grande distribuzione organizzata in Italia, cit, p. 12.

13 in termini relativi e assoluti. 2.1 Le Centrali d'acquisto Spesso le imprese di distribuzione di medie e grandi dimensioni per poter aumentare il proprio potere contrattuale nei confronti dei produttori si associano in strutture, le centrali d'acquisto appunto, al fine di ottenere sconti sui prezzi di vendita praticati dai produttori. All'interno di tali centrali si determinano i contratti che hanno di norma durata annuale, con una limitata possibilità di revisione a metà anno. Tali contratti, una volta stipulati, fungono da accordo-quadro, che ha validità per tutti i soggetti aderenti 26. Tuttavia, spetta ai singoli distributori aderenti all'accordo, far sì che vengano rispettate tutte quelle obbligazioni previste dal contratto. Sembrerebbe, a prima vista, che le singole imprese distributrici siano, in un secondo livello, in concorrenza tra loro all'interno del consorzio. Nella realtà, esse sono rappresentate da un'impresa grande che funziona da capofila e da altre imprese più piccole. Infatti, se all'interno di un consorzio, esiste un'impresa che detiene un contratto particolarmente vantaggioso rispetto alle altre per un determinato prodotto, essa diventa <<un candidato appetibile per una centrale d'acquisto che su quel prodotto ha delle condizioni contrattuali peggiori, perché diventa più facile per la centrale cercare di ottenere le condizioni migliori praticate originariamente al singolo distributore>> 27. Secondo quanto riportato dallo studio della Banca d'italia, nel 2010 la Centrale Italiana, capofila Coop Italia con oltre il 20% dell'offerta, era la centrale d'acquisto con maggiori dimensioni, seguita dalla centrale Sicon, con Conad capofila, con oltre il 17%. Tuttavia, per quanto riguarda l'italia nel contesto europeo, c'è da dire che le 26 AA.VV., La grande distribuzione organizzata e l'industria alimentare in Italia, cit. p Ivi, p.33.

14 centrali d'acquisto rispetto a quanto avviene in Germania o in Spagna, presentano una frammentazione che rispecchia a sua volta una frammentazione del sistema produttivo italiano. 2.2 Come avviene la contrattazione Generalmente la contrattazione è di tipo bilaterale: produttore/distributore. Il potere contrattuale del distributore si manifesta ovviamente nella capacità di sconto che riesce ad ottenere dal produttore e viceversa. Tuttavia, se ci si trova in presenza di produttori con marchio proprio, la centrale d'acquisto assume un ruolo importante nella determinazione delle quantità dei prodotti, degli sconti da applicare rispetto al listino dei prezzi, che si traducono nella fase finale, come abbiamo visto precedentemente, in un accordo finale. Tuttavia, alla formazione del prezzo finale realmente incassato dal produttore concorre anche un secondo livello di contrattazione. Se al primo livello si fa risalire l'accordo generale tramite la centrale d'acquisto, tutte le obbligazioni previste dal contratto (termini e modalità di pagamento, ulteriori sconti) ricadono invece sul singolo distributore. E' a questo punto che avviene un secondo livello di contrattazione, che definito con l'espressione fuori fattura, che corrisponde all'effettiva prestazione da parte della GDO al produttore sullo specifico prodotto oggetto di contrattazione: Se da un lato la contrattazione - dunque n.d.r - in fattura avviene per il tramite delle strutture di coordinamento (le centrali d'acquisto), il fuori fattura è spesso contrattato dai singoli operatori GDO, che, benché appartenenti alla stessa centrale, in alcuni mercati locali potrebbero essere in concorrenza fra loro. L'entità del fuori fattura è quindi influenzato dal peso relativo di ogni contraente, nonché dalla struttura concorrenziale del mercato Ivi, p. 34.

15 Quello del fuori fattura, è un aspetto importante per comprendere le dinamiche che intercorrono tra la grande distribuzione e il mondo dei produttori. Infatti [ ] per le imprese della GDO gli sconti fuori fattura risultano uno strumento che può essere usato in modo strategico per reperire risorse; in generale, forniscono uno strumento per una gestione finanziaria più flessibile in quanto costituiscono un credito, che può essere fatto valere a compensazione delle fatture ancora da pagare, nel momento ritenuto più conveniente per l'impresa della GDO [ ] lo sconto fuori fattura è per lo più concordato tra i singoli distributori e i produttori e quindi dipende dal peso relativo di ognuno di essi 29. Quando si è in presenza, invece, di una contrattazione di prodotti a marchio del distributore - private label il potere di mercato della GDO si accresce sensibilmente non solo nei confronti dei produttori di beni di marca, ma anche e soprattutto di quelli che detengono un marchio non ancora affermato e cercano di inserirlo in sostituzione del prodotto di marca. Tale potere di mercato si esplica non solo attraverso una maggiore forza nella contrattazione, ma anche attraverso una serie di richieste tramite il cosiddetto decalogo del fornitore, che prevede una serie di prestazioni a cui il produttore deve sottostare. Se da una parte per i medi produttori, che costituiscono la percentuale più alta tra i produttori clienti delle GDO, le private label rappresentano 29 Ivi, p.35. Secondo quanto riportato dal documento, si possono verificare maggiorazioni dei prezzi sui listini anche ad opera dei produttori i quali <<possono effettuare strategie di anticipazione degli sconti che verranno successivamente richiesti dalla GDO. I listini potrebbero quindi già tenere conto del maggiore margine richiesto dal distributore. La conseguenza è un artificioso incremento dei prezzi iniziali su cui poi si basano le successive fasi della contrattazione, il cui impatto sui prezzi al consumo dipende dall'esito finale del contratto. Inoltre lo sconto fuori fattura rimane di fatto l'unico strumento attraverso il quale anche il produttore, in concorrenza monopolistica può effettuare discriminazioni di prezzo>>, Ibidem. Siamo del parere, tuttavia, che tale situazione difficilmente si verifichi e che il potere contrattuale della GDO, pur in presenza di prodotti a marchio del produttore, sia di gran lunga superiore, annullando di fatto tale ipotesi. Vedremo, in seguito, lungo la trattazione, come si esplica tale potere contrattuale attraverso il decalogo del buon fornitore, somministrato dalla GDO alle imprese produttrici.

16 una garanzia sulle quantità di prodotti venduti per la durata del contratto e una forma di risparmio sull'attività di marketing (escludiamo il risparmio sulla logistica perché spesso è a carico anche del produttore), tuttavia i margini di guadagno sono più bassi Come avviene la fornitura Abbiamo visto, in modo molto rapido, quali siano i livelli di contrattazione che avvengono tra la GDO e le imprese di produzione. Passiamo ora ad analizzare in quale modo sia cresciuto negli ultimi anni il potere di mercato della GDO e come questo potere influenzi il settore della produzione nelle sue modalità produttive. Abbiamo accennato, precedentemente, come il peso crescente della GDO sia aumentato a partire dl 2006 e in modo sempre più sensibile con l'avvento delle grandi multinazionali della GDO estere. Un momento tipico in cui si manifesta questo rilievo economico del settore della distribuzione è nella fase produttiva primaria dell'acquisizione dei beni da parte dei fornitori. E' proprio in questa fase che il grande distributore, grazie alle sue dimensioni e alle sue capacità tecniche di gestione, riesce 30 Secondo quanto riportato dal documento della Funzione Studi del Banco Popolare, redatto dagli studiosi Tieri e Gamba, al contrario, poiché dalle negoziazioni nelle centrali d'acquisto <<sono esclusi dalle negoziazioni gli acquisti relativi ai prodotti marchio privato commerciale (private label) ai prodotti di primo prezzo, alla gran parte dei prodotti freschi, ai prodotti locali, alla maggioranza dei prodotti non alimentari [...] il peso delle Centrali d'acquisto sul totale degli approvvigionamenti delle aziende GDO che vi partecipano non supera mediamente il 50%. Poiché non tutte le aziende distributive sono aderenti a Centrali d'acquisto, risulta che attraverso queste strutture passa meno del 45% del totale delle forniture alla GDO>>, in E. Tieri, A. Gamba, La Grande distribuzione in Italia, cit., pp E' evidente, dunque, che gli eventuali aspetti positivi di queste Centrali d'acquisto per i produttori si riducono sensibilmente. Inoltre <<la richiesta ai fornitori -continuano gli autori- da parte delle imprese di distribuzione, di forme di contribuzione connesse a servizi difficilmente identificabili e quantificabili (quali l'inserimento nell'assortimento, il posizionamento nello scaffale ecc.) può risultare idonea a produrre un artificioso innalzamento dei costi di accesso di taluni produttori ai canali distributivi moderni >>. Da qui, la formulazione di proposte da parte dell Autorità di intervenire. Infatti, è stato riconosciuto che <<tali modalità contrattuali potrebbero formare oggetto di una specifica regolamentazione, volta a identificare e a vietare le pratiche maggiormente diffuse, quali, ad esempio, il pagamento di un diritto di accesso al listino del distributore prima di qualsiasi ordinazione; la partecipazione al finanziamento di operazioni di animazione commerciale, di acquisto o di investimento, non giustificata da un interesse comune; il pagamento di servizi espositivi o di posizionamento senza una contropartita proporzionata >>, ivi, pp

17 a imporre un proprio decalogo a cui deve rispondere il produttore. I punti più salienti, di questo sono: a) qualità del prodotto; b) garanzia della sicurezza anche per prodotti tradizionali); c) legalità (rispetto in particolare ai requisiti sanitari, ambientali e commerciali, sicurezza dei lavoratori, rispetto delle regole sindacali ecc. dell'impresa produttrice); d) efficienza (a questo proposito, tale requisito è particolarmente richiesto alla piccola e media impresa produttrice); e) capacità innovativa (capacità di proporre un prodotto nuovo) e altre ancora. L'aspetto però più interessante riguarda il punto in cui la GDO richiede all'impresa di produzione flessibilità, ossia capacità di adattamento alle esigenze commerciali della GDO nei confronti delle condizioni quantitative della fornitura dei prodotti, nelle capacità logistiche dell'impresa. E' in questo ambito che, a nostro avviso, più degli altri, si determina quel fenomeno dell'adattamento del mondo della produzione alle esigenze della distribuzione, attuando una forzatura e una rigidità nel processo di fornitura che non si accorda con il processo naturale della produzione 31. Adattamento che si esplica a monte, con la pratica dei contratti di coltivazione, con le private labelling e le private standard. 2.4 Come le politiche della GDO tendono ad influenzare i prezzi al consumo e all'origine. In base ai dati forniti dal centro studi del Banco Popolare sui prezzi al consumo desunti dai rapporti ISTAT, e quelli all'origine rilevati da ISMEA, possiamo notare prima di tutto che circa il 70% delle vendite alimentari passa attraverso la GDO e che i prezzi al consumo a partire dal 2008 sono in costante aumento (vedi 31 A questo proposito, richiamiamo quanto abbiamo scritto in questa sede nel paragrafo relativo al mondo della produzione p.6. Cfr., E. Tieri, A. Gamba, La grande distribuzione organizzata in Italia, cit., pp

18 caso latte e derivati, come Parmigiano Reggiano e Grana Padano) mentre quelli all'origine sono rimasti costanti se non diminuiti 32. Questi dati attestano, in prima analisi, il <<carattere strutturale della forza di mercato del comparto della GDO rispetto ai segmenti produttivi suoi fornitori>>; secondariamente, evidenziano come <<il cliente finale (consumatore) non beneficia per periodi di tempo significativi del calo dei prezzi verificatosi all'origine>> 33. Non solo ma, se una grande impresa di distribuzione, di fronte a momenti di crisi della domanda e alla presenza di nuovi modelli comportamentali del consumatore, adotta i modelli del one-stop-shop e del category management per cui la determinazione dei prezzi si basa sulla massimizzazione del profitto <<ottenibile dall'intero basket del consumatore (o da parti rilevanti di esso)>>, allora, secondo quanto afferma Carlo Russo, possiamo dire che i riflessi di tali politiche sono maggiormente evidenti nel caso di prezzi agricoli e alimentari: In particolare [ ] se il settore distributivo è composto da imprese che adottano il category management, i prezzi al consumo sono più rigidi e meno correlati con i prezzi degli input agricoli di quanto sarebbero in assenza di queste pratiche. Inoltre, [ ] la volatilità dei prezzi agricoli aumenta e il margine sui beni caratterizzati da una domanda rigida (come gli alimenti) aumenta 34. In generale, sul tema della riduzione o meno dei prezzi al consumo in presenza di GDO fortemente centralizzate, già a partire dagli anni '50 con il diffondersi dei primi grandi centri di distribuzione organizzata prima negli Stati Uniti, successivamente dagli anni '60 in Europa, diversi studiosi della teoria neoclassica hanno affermato che, 32 Ivi, p Ivi, p C. Russo, Modelli comportamentali de consumatori e strategie di pricing della Grande Distribuzione Organizzata: implicazioni per le filiere agroalimentari, cit., p. 1.

19 in presenza di un mercato caratterizzato da concorrenza imperfetta, l'entrata di un nuovo competitor più strutturato ed efficiente comporta automaticamente una riduzione dei prezzi al consumo. Tale teoria è stata successivamente criticata, poiché risulta ancora poco chiaro quale sia il meccanismo per cui una GDO trasferisce una parte del surplus sui prezzi finali 35. Interessante, tuttavia, la tesi di Ciapanna e Colonna secondo cui <<il meccanismo capace di generare una riduzione dei prezzi non è la classica traslazione di un minore prezzo di fornitura al consumatore, ma il prodotto dell'interazione strategica del produttore, della centrale (d'acquisto n.d.r.) e della frangia competitiva dei piccoli distributori>> Le strategie della GDO e le sue ripercussioni sul sistema di produzione Come abbiamo potuto osservare la GDO, nel corso dell'ultimo decennio, ha acquisito un ruolo chiave nel sistema agro-alimentare, dovuto anche, ad un radicale cambiamento dei comportamenti dei consumatori. A tale cambiamento ha corrisposto, necessariamente, una sostanziale modificazione dei rapporti di forza all'interno della filiera agro-alimentare a monte e a valle. Poiché, come già detto, circa il 70-80% del volume di vendita dei prodotti viene intermediato dalla GDO, ne consegue che esso sia diventato il referente obbligato tra il produttore e il consumatore. La GDO, dunque, nel corso degli anni ha teso a sviluppare strategie di fidelizzazione nei confronti del consumatore e di rafforzamento del proprio potere contrattuale nei confronti dei produttori, facendo leva proprio su questa posizione di privilegio per massimizzare i propri profitti. Attraverso forme di razionalizzazione e ristrutturazione si sono generati una serie di fenomeni tutti orientati <<nella direzione 35 Per una disamina veloce sulle diverse tesi post neoclassiche, su questo argomento cfr., AA.VV., La grande distribuzione organizzata e l'industria alimentare in Italia, cit. pp Ivi, p. 73.

20 di un crescente potere di mercato della GDO rispetto agli altri comparti delle filiere agro-alimentari>> 37. Seguendo la schematizzazione indicata dall'associazione Alessandro Bartola, essi possono essere sinteticamente riassunti in quattro punti principali: - progressivo affermarsi della Grande Distribuzione - de-territorializzazione - concentrazione - internazionalizzazione Per quanto riguarda il primo punto, la presenza della grande distribuzione sul territorio nazionale è aumentata sensibilmente ed è caratterizzata da operatori nazionali e internazionali (quest'ultimi in crescita esponenziale). Per il secondo, negli ultimi decenni, con l'avvento degli ipermercati, si è verificato il fenomeno della deterritorializzazione: se fino a venti anni fa, almeno in Italia, la Distribuzione organizzata aveva un forte radicamento territoriale, oggi tra le 16 più importanti catene della GDO, solamente i primi 7 gruppi controllano l'80% del mercato. Tale processo ha comportato, conseguentemente, l'avvio del secondo fenomeno di concentrazione che si è verificato sia per la progressiva scomparsa di imprese che non hanno avuto la capacità di divenire concorrenziali in un mercato sempre più globalizzato e dinamico, sia per la progressiva riduzione di alcune imprese della 37 Ruolo e strategie della GDO nel sistema agroalimentare, Associazione Alessandro Bartola. Studi e ricerche di economia e politica agraria, pp.1-2. Cfr., inoltre, L. Venturi, Il settore distributivo, in R. Pieri, L. Venturini (a cura di) Strategie e competitività nel sistema agro-alimentare. Il caso italiano, Franco Angeli, Milano 1995; N. Galluzzo, Imprese agro-alimentari italiane e distribuzione. Analisi delle criticità e prospettive, in www. Rivista DiAgraria.org, n dicembre In particolare, per quanto riguarda l'influenza che il cambiamento di stile di vita dei consumatori ha avuto sul settore primario, già a partire dagli anni '60 in Italia, scrive l'autore: <<A questi repentini cambiamenti, soprattutto negli stili di vita dei consumatori, si è associata una rapidissima trasformazione del settore primario, il quale ha raggiunto dei livelli di complessificazione e di interazione alquanto significativi e che hanno contribuito a incrementare la marginalizzazione socio-economica delle imprese agricole a vantaggio delle imprese a valle della filiera agro-alimentare, costituite dalle imprese di trasformazione e dalle imprese della distribuzione. Il settore distributivo, in questi ultimi anni, ha visto la chiusura di numerose strutture commerciali di piccole dimensioni costituite dai negozi di prossimità, che sono stati sostituiti da strutture facenti parte della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), la quale risulta essere, prevalentemente, in mano a grandi colossi stranieri, che hanno effettuato un imponente sforzo di acquisizione di molte imprese della GDO mediante investimenti diretti all'estero (IDE)>>, ivi, p.1.

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