BIODIVERSITA CRITICITA

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1 BIODIVERSITA CRITICITA Le specie prioritarie di interesse comunitario sono individuate dalla Direttiva Uccelli (Dir 2009/147/CE, il cui Allegato I fa riferimento agli Uccelli migratori) e dalla Direttiva Habitat (Dir 92/43/CEE, Allegato II). Per ogni specie prioritaria di cui è stata riscontrata la presenza in Provincia di Olbia Tempio compresi i nidificanti in epoca storica si riportano, ove presenti, gli elenchi delle minacce, fattori limitanti, obiettivi e le azioni proposte individuati da: Piano Faunistico Venatorio Provinciale della Provincia di Olbia Tempio (aggiornamento 2011); Carta Faunistica Regionale (2011); Piani di Gestione dei singoli Siti di Importanza Comunitaria. ADEGUAMENTO AI PIANI D AZIONE NAZIONALI E INTERNAZIONALI PER LE SPECIE DI INTERESSE CONSERVAZIONISTICO PRIORITARIO La conservazione degli ecosistemi naturali attraverso una gestione integrata rappresenta l approccio teoricamente più corretto per preservare la biodiversità di un determinato territorio; è infatti proteggendo gli ambienti naturali che si garantisce la conservazione delle comunità viventi, prevenendo l estinzione delle diverse specie. D altra parte, in alcuni casi le misure di tutela ambientale non appaiono sufficienti per garantire la sopravvivenza di specie minacciate, che presentano popolazioni talmente ridotte o isolate tra loro da non essere più in grado di una ripresa naturale senza l intervento dell uomo; in questi casi è necessario seguire un approccio specie specifico, intervenendo direttamente sui taxa fortemente minacciati di estinzione, che richiedono misure urgenti di conservazione. Nonostante la parzialità di questo tipo di approccio, che si focalizza sulla conservazione di una sola specie, le ricadute che ne derivano spesso comportano effetti positivi su altre componenti delle biocenosi o, più in generale, su interi ecosistemi. L approccio specie specifico prevede misure di intervento delineate in documenti tecnici denominati «Piani d Azione» (cfr. Council of Europe, 1998). Un Piano d Azione si fonda sulle informazioni disponibili relative a biologia, distribuzione ed abbondanza della specie oggetto di interesse; tali conoscenze, purtroppo spesso lacunose, costituiscono un necessario punto di partenza per avviare la definizione di efficaci strategie di intervento, innanzitutto attraverso l identificazione delle minacce che mettono a rischio la sopravvivenza della specie. La parte centrale di ogni piano è costituita dalla definizione degli obiettivi volti ad assicurare la conservazione della specie nel lungo periodo e dalle corrispondenti azioni necessarie per realizzarli. Una corretta strategia di conservazione relativa ad una determinata specie deve contemplare la pianificazione degli obiettivi nel breve, medio e lungo periodo e deve essere flessibile e modificabile nel tempo; Infatti periodiche verifiche circa lo stato di realizzazione ed avanzamento delle azioni, in rapporto al raggiungimento degli obiettivi, possono mettere in luce la necessità di un loro adeguamento, in funzione anche di scenari mutati. Poiché in misura sempre maggiore le attività umane incidono sui processi naturali e sulla conseguente evoluzione degli ecosistemi, il successo a lungo termine di una determinata strategia di conservazione dipende fortemente da un corretto approccio verso le problematiche di carattere economico, sociale e

2 culturale che caratterizzano le comunità umane presenti all interno dell areale della specie che si vuole conservare. Nello specifico contesto italiano, la sfida che si dovrà affrontare nel dare attuazione alle indicazioni tecniche contenute nei piani riguarda le modalità attraverso cui convogliare le risorse umane, tecniche e finanziarie necessarie per il perseguimento degli obiettivi indicati, in assenza di un quadro normativo che ne definisca la valenza. Sarà soprattutto su questo terreno che si valuterà la reale efficacia di questi strumenti di conservazione nel contesto nazionale (Serra et al., 2001). Per la conservazione delle specie minacciate di estinzione risultano adottati i seguenti Piani d azione: Piani d azione regionale e dell Unione Europea: GALLINA PRATAIOLA Tetrax tetrax Piani d azione nazionale e dell Unione Europea: POLLO SULTANO Porphyrio porphyrio GABBIANO CORSO Larus audouinii Piano d azione dell Unione Europea: MARANGONE DAL CIUFFO Phalacrocorax aristotelis desmarestii TARABUSO Botaurus stellaris GRILLAIO Falco naumanni ASTORE SARDO Accipiter gentilis arrigonii GHIANDAIA MARINA Coracias garrulus GALLINA PRATAIOLA La Gallina prataiola pur essendo originaria delle steppe asiatiche, si è adattata alle praterie aride ed alle terre a seminativi dell Europa sudoccidentale: per tale motivo è considerata una specie bandiera e chiave degli ambienti erbacei di tipo steppico. La sua sopravvivenza dipende dal mantenimento di un tipo di agricoltura e pastorizia non intensiva, ma tradizionale in quanto richiede una grande diversità di microhabitat per la riproduzione e la nidificazione ed abbondanti insetti per il cibo, soprattutto durante l'allevamento dei pulcini. E una specie con distribuzione paleartica e due popolazioni nidificanti geograficamente separate: quella occidentale (che si trova nella UE ed è oggetto del piano d'azione europeo) e quella orientale (nidificante nell Eurasia meridionale). La popolazione mondiale totale è valutata in individui, con le massime presenze attribuite alla Spagna ( individui oltre ad una stima di individui svernanti). La specie sta subendo un declino catastrofico, attribuito soprattutto alla perdita ed al degrado del suo habitat: la frammentazione continua dei grandi terreni destinati all agricoltura estensiva ed un tasso crescente di sostituzione delle praterie ad elevato valore naturalistico con colture intensive hanno determinato in soli 5 anni una diminuzione del 20% della popolazione monitorata a livello europeo. Per tali motivi la Gallina Prataiola è stata classificata specie vulnerabile a livello regionale e comunitario e specie in pericolo a livello nazionale ed individuata specie prioritaria di interesse comunitario dalla Direttiva Uccelli (Dir 2009/147/CE, Allegato I) e dalla Direttiva Habitat (Dir 92/43/CEE, Allegato II); in Italia è legalmente protetta dal 1978.

3 Tale status ha consentito alla Regione Sardegna di ottenere dalla UE il cofinanziamento del Progetto LIFE Azioni di gestione per la conservazione della Gallina prataiola (Tetrax tetrax) nelle steppe della Sardegna, che interessa 6 ZPS (Zone di Protezione Speciale) e 6 SIC (Siti di Importanza Comunitaria) sardi. In Sardegna, dove la caccia della Gallina prataiola risulta vietata fin dal 1953 da decreti regionali, la zona ancora adatta per la riproduzione è pari a circa ettari di pascoli secchi sparsi tra coltivazioni di cereali. Con circa individui (Petretti, ), l Isola ospita la quarta popolazione per importanza del nucleo europeo occidentale e quasi certamente l intera popolazione italiana: infatti la stima di 50 individui presenti in Puglia viene ritenuta ormai anacronistica, non essendovi attualmente evidenze della sopravvivenza di tale sub popolazione in quella regione. I censimenti svolti nelle stagioni riproduttive 2010 e 2011 hanno confermato anche per la Sardegna le drammatiche difficoltà che la specie sta incontrando per la sua conservazione: infatti sono stati rilevati soltanto 352 maschi territoriali distribuiti in 12 aree, mentre in altre 6 aree la presenza della specie è ritenuta solo possibile; alcune aree (es. Campeda e Pedrasenta) negli ultimi 10 anni hanno fatto registrare riduzioni degli effettivi addirittura del 90%. Il rilevamento regionale ha permesso di confermare nel nostro territorio provinciale la presenza di 2 importanti areali di nidificazione della Gallina prataiola che, per motivi diversi, rivestono un ruolo strategico: i territori situati nella pianura del Coghinas a cavallo tra la Provincia di Olbia Tempio e quella di Sassari compresi nelle aree SIC e ZPS di Ozieri (Campo di Ozieri e Piane di Mores, Ardara, Tula e Oschiri) ed adiacenti ad esse che, con 118 maschi censiti, ospitano la più importante subpopolazione della specie a livello italiano; le aree della Piana di Olbia comprendenti ed adiacenti all eliporto di Vena Fiorita che, con 14 maschi censiti, costituiscono non solo l avamposto più settentrionale della popolazione sarda, ma addirittura l estremo limite orientale dell intera sottozona occidentale europea. Il medesimo studio ha evidenziato anche per la nostra Provincia un evidente trend di decremento della specie: l areale della pianura del Coghinas, infatti, ha fatto registrare nel primo decennio del secolo una riduzione degli effettivi del 26%. Zone di presenza della Gallina prataiola in Provincia di Olbia Tempio Piana di Olbia Pianura del Coghinas (fonte: R.A.S. Piano d azione per la salvaguardia e il monitoraggio della Gallina prataiola e del suo habitat in Sardegna)

4 MINACCE E FATTORI LIMITANTI Cambiamenti delle pratiche agricole e zootecniche L introduzione di una forte meccanizzazione e di nuove tecniche di sfruttamento intensivo dei terreni agricoli, con la sostituzione dei cultivar tradizionali con altri a maturazione precoce che determinano un anticipazione degli sfalci, hanno provocato disturbo e perdita di covate o anche la morte della stessa femmina in cova (secondo testimonianze raccolte da agricoltori nell area di Ozieri). Irrigazione dei seminativi L uso dell irrigazione non si configura necessariamente come un fattore limitante per la Gallina prataiola: infatti in periodo post riproduttivo sono stati notati gruppi in alimentazione proprio in campi irrigui di erba medica. È quindi verosimile che la diffusione di modeste estensioni di erba medica o altro foraggio possa rivelarsi un fattore positivo per la conservazione della specie. D altra parte l irrigazione in periodo tardo primaverile estivo, oltre a essere di per sé un potenziale fattore di disturbo, si accompagna spesso ad altri interventi colturali che possono arrecare danno o disturbo alla nidificazione. L incidenza del fattore viene ritenuta elevata per l area del Campo di Ozieri. Tendenze alla monocoltura e conversione a colture perenni Le attuali tendenze verso la specializzazione delle colture in particolare gli aumenti della coltivazione di cereali e legumi e la diminuzione del maggese (sia a breve che a lunga rotazione), con la perdita di terreni incolti nonchè l impianto di colture perenni portano ad una perdita di diversità degli habitat. L incidenza del fattore viene ritenuta elevata per l area del Campo di Ozieri. Uso di pesticidi e biocidi In Sardegna non sono stati descritti gli effetti delle sostanze chimiche usate in agricoltura sulla sopravvivenza e la produttività della Gallina prataiola, né si dispone al momento di dati precisi sulla consistenza dell utilizzo di queste sostanze nelle macroaree interessate dalla presenza della specie. Peraltro l incidenza di tale fattore viene stimata potenzialmente alta sia per l area del Campo di Ozieri che per la Piana di Olbia. Incendi La potenziale rilevanza a livello locale dell impatto di un incendio sulla Gallina prataiola è direttamente proporzionale alla densità di covate e inversamente proporzionale all estensione dell habitat disponibile in una determinata macroarea: per tale motivo questo fattore viene ritenuto di elevata incidenza per la Piana di Olbia. Espansione insediativa e infrastrutturale dei nuclei urbani Nonostante le aree occupate dalla Gallina prataiola siano in genere distanti dai centri abitati, tuttavia alcune eccezioni sono state riscontrate e inoltre l urbanizzazione è probabilmente uno degli elementi chiave per comprendere la scomparsa o quasi della specie da aree ad elevata densità insediativa (è il caso di Alghero). Per quanto riguarda la Piana di Olbia, il confronto tra le ortofoto del 2006 e quelle del 1954 rivela come la parte dell area di presenza della specie più vicina al centro abitato sia stata oggetto di una profonda trasformazione e antropizzazione in questo intervallo di tempo; per tale motivo in questa area l urbanizzazione rappresenta una minaccia per la specie di incidenza elevata. Aree commerciali o industriali Le aree potenzialmente occupate dalla Gallina prataiola, in quanto pianeggianti e apparentemente di scarso valore ambientale (in quanto, nella percezione comune, esso viene tradizionalmente associato ad ambienti forestali e montani e, più recentemente, a zone umide, ambiti costieri ecc.) vengono spesso

5 individuate quali aree di sviluppo non solo insediative, ma anche industriali o infrastrutturali; infatti raramente la pianificazione urbanistica dei comuni è supportata da un grado di conoscenza delle risorse naturalistiche sufficiente a garantire la compatibilità fra scelte di pianificazione ed esigenze conservazionistiche legate alla presenza di taxa prioritari. Per tali motivi il grado di rilevanza del presente fattore d impatto è stimato elevato per la Piana di Olbia. Potenziamento della rete viaria Attualmente il progetto più rilevante in termini di implicazioni conservazionistiche per la specie parrebbe essere quello relativo al potenziamento della strada a scorrimento veloce Sassari Olbia. Il grado di rilevanza di tale fattore è stimato elevato per la macroarea Campo di Ozieri e medio per la Piana di Olbia. Progetto GALSI Il GALSI (Gasdotto ALgeria Sardegna Italia), è un progetto che mira alla realizzazione di un gasdotto destinato all importazione di gas naturale dall Algeria all Italia attraverso la Sardegna. Gli effetti dell intervento si configurano in termini di sottrazione di habitat, in fase di realizzazione, e di disturbo in fase di lavorazione. In base alle indicazioni progettuali del GALSI si evince che il tracciato del gasdotto riguarderà entrambe le aree interessate dalla presenza della Gallina prataiola in Provincia di Olbia Tempio; nel caso della Piana di Olbia, l intervento si prefigura particolarmente impattante in quanto proprio tale area risulta interessata dalla realizzazione della centrale di compressione fatto che comporterà una consistente sottrazione di territorio idoneo alla presenza della specie e che potrebbe avere gravi conseguenze sulla conservazione della stessa a livello locale, considerata l esiguità del nucleo riproduttivo esistente e delle superfici occupate. Le Cartine 1 e 2 riportano il posizionamento delle strutture del GALSI rispetto alla localizzazione dei maschi territoriali di Gallina prataiola rilevati nelle macroaree Piana di Olbia e Campo di Ozieri i punti gialli indicano i maschi territoriali, il rettangolo rosso la centrale di compressione e la linea rossa il tracciato del gasdotto. Cartina 1. Piana di Olbia, stagione riproduttiva 2011 (maschi in giallo, GALSI in rosso)

6 Cartina 2. Campo di Ozieri, stagione riproduttiva 2010 (maschi in giallo, GALSI in rosso) Predazione Da parte di cani e gatti randagi e/o vaganti La presenza di cani vaganti o randagi può costituire un fattore limitante per la sopravvivenza degli adulti ma anche e soprattutto per il successo riproduttivo della specie, dato che le covate possono essere più facilmente soggette a predazione. Pur in mancanza di una casistica attendibile, l incidenza di questo fattore è potenzialmente elevata, se si considera che nel corso dei censimenti sono stati osservati cani, anche in gruppi di diversi individui, in molte aree in cui è stata rilevata la presenza della Gallina prataiola. Da parte di predatori naturali Per quanto concerne la situazione sarda, in assenza di studi specifici sull argomento si può ipotizzare che soprattutto il Gabbiano reale mediterraneo Larus michahellis e la Cornacchia grigia Corvus cornix rappresentino le specie potenzialmente in grado di predare le uova ed i pulcini, con un fattore d incidenza crescente in ragione del recente incremento demografico dovuto alla capacità di tali predatori naturali di utilizzare le risorse trofiche rese disponibili dall urbanizzazione e dall intensificazione dell agricoltura. È anche possibile che la crescente diffusione del Gabbiano reale mediterraneo in ambienti aperti (seminativi e pascoli) possa costituire un deterrente per la frequentazione delle stesse aree da parte della Gallina prataiola. MISURE AGROAMBIENTALI A TUTELA DELL HABITAT DELLA GALLINA PRATAIOLA Recentemente la Regione Autonoma della Sardegna ha finanziato degli incentivi a favore della Gallina prataiola dedicando a questo scopo l Azione 7 Tutela dell habitat della Gallina prataiola nell ambito della Misura 214 del Programma di Sviluppo Rurale Tale azione ha una copertura finanziaria di 2 milioni di euro (56% finanziamento pubblico nazionale; 44% finanziamento pubblico comunitario) e prevede l erogazione di incentivi anche alle aziende localizzate all interno della ZPS ITB Piana di Ozieri, Mores, Ardara, Tula e Oschiri. Gli incentivi sono finalizzati ad interventi agroambientali inquadrabili nelle seguenti tipologie: Intervento 1. Pratiche pastorali tradizionali estensive sui pascoli permanenti (incentivi pari a euro 110,00 per ettaro di Superficie Agricola Utile) Intervento 2. Prati permanenti e avvicendati (incentivi pari a euro 250,00 per ettaro di S.A.U.)

7 Intervento 3. Ritiro dei seminativi dalla produzione per costituire prati pascoli (incentivi pari a euro 210,00 per ettaro di S.A.U.) Intervento 4. Colture a perdere (incentivi pari a euro 250,00 per ettaro di S.A.U.) POLLO SULTANO Esclusiva del Paleartico occidentale, è una specie caratterizzata da uno stato di conservazione sfavorevole; in Europa il suo areale attualmente è limitato ad alcuni paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo: Spagna, Italia (Sardegna), Portogallo e Francia sud orientale. Per quanto concerne la popolazione sarda, alla fine del secolo scorso si è assistito ad una estensione del suo areale e ad un aumento della sua consistenza, pur in assenza di programmi di reintroduzione. I siti maggiormente conosciuti per questa specie nella Provincia di Olbia Tempio sono l Oasi di Protezione Faunistica Stagno di Saloni e la zona umida S.Anna di Budoni (quest ultima, con 6 individui, ha fatto registrare il valore massimo di presenza a livello provinciale nel corso dei censimenti degli uccelli acquatici effettuati nell inverno 2012); la presenza della specie è stata rilevata anche nello Stagno di Su Bacinu (Loiri Porto S.Paolo). La popolazione provinciale è stimata in coppie e costituisce circa il 5 7% della popolazione nazionale. MINACCE E FATTORI LIMITANTI Interventi di bonifica e sistemazione idraulica La specie con ogni probabilità ha risentito non solo della distruzione degli habitat utilizzati per la riproduzione, ma anche di zone umide salmastre o di aree allagate temporaneamente, che possono svolgere un ruolo non trascurabile durante la dispersione dei giovani o quali zone di alimentazione e rifugio degli stessi adulti al di fuori del periodo riproduttivo. Attualmente interventi di bonifica non vengono più realizzati su grande scala, tuttavia la scomparsa di habitat può ancora verificarsi in ambito locale, soprattutto in corrispondenza di zone umide minori e di aree soggette a esondazioni stagionali. Degrado ambientale La distruzione della vegetazione palustre emergente, utilizzata dal Pollo sultano come rifugio, per la costruzione del nido e per l alimentazione, rappresenta tuttora una grave minaccia in molte zone umide. Una delle cause più frequenti di degrado della vegetazione ripariale è rappresentata dall abitudine di appiccare il fuoco in modo incontrollato per favorire l accessibilità dell area e consentire il pascolo del bestiame. Parimenti, lo sviluppo di insediamenti urbani o di strutture turistiche ai margini delle zone umide può determinare un impatto non trascurabile sulla qualità delle rive. L inquinamento di origine industriale e urbano può essere una grave fonte di degrado per molti ambienti palustri; in particolare fenomeni di ipereutrofia possono determinare situazioni di anossia nelle zone umide, con conseguente moria degli organismi acquatici e conseguente collasso dell intero ecosistema, nonché favorire lo sviluppo di vari agenti patogeni (quali ad esempio botulino e salmonelle). Localmente, lo scarico di acque dolci provenienti da insediamenti turistici ha portato ad un abbassamento delle concentrazioni saline in stagni retrodunali, creando condizioni ecologiche favorevoli per la nidificazione del Pollo sultano. Frammentazione degli habitat La bonifica ed il degrado delle zone umide nel corso dell ultimo secolo hanno portato ad una progressiva frammentazione degli ecosistemi palustri, aumentando il grado di isolamento tra le diverse popolazioni. Data la

8 relativa sedentarietà del Pollo sultano, tale frammentazione degli habitat può aver influenzato negativamente la ripresa naturale delle popolazioni e può averne ridotto la capacità di colonizzare nuove aree. Caccia e bracconaggio La caccia rappresenta un fattore chiave per spiegare il declino del Pollo sultano nel corso del XX secolo in gran parte d Europa: questo Rallide, infatti, per via del suo comportamento confidente, ha dimostrato di essere estremamente vulnerabile nei confronti dell attività venatoria. Il prelievo diretto di capi ha fortemente contribuito al calo osservato in Sardegna soprattutto nel periodo a cavallo tra il 1940 e il 1960; la proibizione della caccia nei confronti di questa specie introdotta nel 1971 dalla Regione ha coinciso con l inizio della ripresa della popolazione presente sull isola. Per quanto le informazioni attualmente disponibili siano limitate, si può ritenere che il disturbo e la mortalità provocata dall attività venatoria, soprattutto se esercitata con l impiego di cani, possa ancora risultare localmente non trascurabile, soprattutto in corrispondenza delle zone umide meno estese; a questo riguardo è degno di nota il fatto che una percentuale non trascurabile delle covate venga deposta nel periodo autunno invernale, in piena stagione venatoria. Va anche considerato l inquinamento da piombo, che può rappresentare un rischio indiretto non trascurabile nelle zone umide. Ad oggi non si dispone di informazioni che consentano di valutare l incidenza del bracconaggio sulla popolazione presenti in Sardegna. Disturbo antropico In talune situazioni il frequente passaggio di pescatori all interno delle zone umide può avere ripercussioni durante il periodo di nidificazione e occasionalmente può causare l abbandono di covate. Sono noti anche casi di soggetti deceduti per essere rimasti impigliati in reti da pesca. Le forti concentrazioni di turisti che si vengono a creare lungo alcuni tratti della fascia costiera della Sardegna a partire dalla fine del mese di giugno possono esser fonte di disturbo, soprattutto per le zone umide costiere di minori dimensioni situate nelle immediate prossimità di insediamenti turistici e di spiagge; particolarmente dannosa può risultare la consuetudine dei proprietari di cani di lasciare i propri animali senza controllo. Pesticidi ed altri agenti inquinanti La campagna antimalarica condotta negli anni 50 in Sardegna ha portato alla diffusione di ingenti quantitativi di DDT misto a nafta, causando la morte per intossicazione di molti uccelli acquatici; è molto probabile che tale circostanza abbia contribuito al calo della popolazione sarda di Pollo sultano. Attualmente mancano dati circa l impatto dei pesticidi e di altre sostanze inquinanti, ma si può presumere che il Pollo sultano possa risentirne anche perché la tifa, che costituisce una parte importante dell alimentazione della specie, presenta una spiccata tendenza ad assorbire e accumulare nei propri tessuti elevati quantitativi di metalli pesanti ed altre sostanze tossiche. Predazione Per la Sardegna non si hanno informazioni circa l impatto che gatti e cani possono avere sulla popolazione di Pollo sultano; è tuttavia ipotizzabile che a livello locale essi possano contribuire ad abbassare il successo riproduttivo delle covate. L incremento di specie opportuniste quali il Gabbiano reale, alcuni Corvidi, i ratti e la Volpe potenzialmente può comportare una diminuzione del successo riproduttivo del Pollo sultano, sia per la predazione esercitata a carico delle uova e dei giovani, sia, più in generale, per il disturbo arrecato alle coppie nidificanti. L impatto di queste specie può risultare non trascurabile soprattutto in prossimità di quelle aree ove si verificano considerevoli assembramenti di individui (ad esempio, nei pressi di discariche o, nel caso del Gabbiano reale, delle colonie).

9 Diffusione di specie alloctone invasive Al momento in Sardegna sono stati segnalati due taxa alloctoni di recente introduzione: la Nutria (Myocastor coypus) ed il Visone americano (Mustela vison) (Andreotti et al., 2001), che, qualora si naturalizzassero e si espandessero occupando gli ecosistemi umidi dell isola analogamente a quanto accaduto in altre parti d Europa potrebbero creare seri problemi per la conservazione del Pollo sultano. Benché fino ad ora non si abbiano dati sull impatto che tali specie possono esercitare sul Pollo sultano, si può ritenere che quest ultimo possa risentire negativamente sia dell impoverimento della vegetazione riparia causata dalla Nutria, sia della predazione diretta esercitata dal Visone americano. Collisioni con cavi aerei Occasionali ritrovamenti di individui di Pollo sultano morti per collisione con cavi aerei lasciano supporre che questa causa di mortalità possa avere una qualche influenza sulla dinamica di popolazione della specie; mancano tuttavia elementi che consentano di quantificare la reale incidenza del fenomeno. GABBIANO CORSO E l unica specie di laride endemica del Mediterraneo ove nidifica in colonie perlopiù nella parte occidentale (in particolare in Spagna, dove si concentra il 90% della popolazione mondiale, stimata in coppie); i quartieri di svernamento sono invece prevalentemente lungo le coste atlantiche del Marocco, anche se alcuni individui possono irregolarmente trattenersi vicino all area di nidificazione In Italia la popolazione nidificante è stimata in coppie, il 70% delle quali risultano localizzate in Sardegna. La provincia di Olbia Tempio ospita nel suo territorio, a seconda degli anni, da due a quattro colonie di questa importante specie, tutte situate su isole (Molara, Figarolo ed Arcipelago della Maddalena). MINACCE E FATTORI LIMITANTI Interazioni competitive e predatorie L elevata densità del Gabbiano reale è mal tollerata: tale specie risulta infatti vincente nella selezione dei siti riproduttivi, che occupa con circa un mese di anticipo rispetto al congenere corso, relegando quest ultimo a siti sub ottimali o rendendone indisponibili siti idonei per la nidificazione. L accesso alle colonie di Gabbiano corso da parte di carnivori domestici, semidomestici o rinselvatichiti (cani e gatti) o di bestiame allo stato brado, come osservato nella colonia dell isola di Molara, può risultare disastroso. Inquinamento del mare Studi effettuati nell Arcipelago Toscano ed in Sardegna hanno evidenziato come il Gabbiano corso sia particolarmente esposto all accumulo nei propri tessuti di metalli pesanti (mercurio, selenio, cadmio e piombo) e di idrocarburi clorurati, probabilmente a causa della sua dieta strettamente marina. Appaiono a rischio tutte quelle colonie situate su coste che si affaccino sulle maggiori rotte nautiche petroliere e, in particolare, quelle localizzate lungo passaggi marini obbligati, caratterizzati da traffico marittimo intenso (per esempio le Bocche di Bonifacio). Disturbo antropico E soprattutto connesso alla crescente diffusione del turismo balneare e diportistico. Un altra forma di disturbo si è rivelata il citato utilizzo a pascolo di terreni adiacenti alle colonie ed il correlato movimento di persone e mezzi agricoli.

10 MARANGONE DAL CIUFFO Phalacrocorax aristotelis desmarestii è la sottospecie endemica del Mediterraneo del Marangone dal ciuffo. Nidifica sulle coste rocciose ed isolotti; prettamente piscivoro, si alimenta nelle zone di mare vicino alla costa. Tutti gli esperti concordano sul fatto che la sua popolazione ha subito una forte diminuzione. E' molto sensibile al disturbo durante la riproduzione e nei siti di aggregazione (roosts). MINACCE E FATTORI LIMITANTI Disturbi umani Il Marangone dal ciuffo è un timido uccello che soffre la frequente visita alle colonie. L'aumento della durata della stagione turistica e le attività turistiche vicino ai siti di riproduzione, lo sviluppo edilizio costiero e la mancanza di un'efficace protezione di alcune importanti colonie possono rappresentare un pericolo. Anche il birdwatching e le attività di ricerca possono causare gravi disturbi. Queste minacce non sono solo limitate alle colonie, ma anche ai roosts. Inquinamento da idrocarburi E stato dimostrato che sversamenti accidentali di petrolio o il lavaggio illegale delle cisterne costituiscono una minaccia che può essere letale o avere effetti sub letali sugli adulti e sui gusci delle uova. Catture accidentali Ricerche svolte nelle Isole Baleari hanno messo in evidenza che alcuni metodi di pesca sono responsabili dell uccisione di un significativo numero di Marangoni dal ciuffo in particolare le reti da posta derivanti e palamiti, soprattutto quando si trovano permanentemente in prossimità delle colonie. Perdita di habitat Gli habitat favorevoli (per nidificazione, alimentazione e roosting) sono spesso inalterati, ma localmente la disponibilità di habitat può essere ridotta dalla pressione antropica, dalla pesca a strascico illegale, dalla costruzione di porti, dall ancoraggio incontrollato di yacht e da estrazioni di sabbia per la rigenerazione delle spiagge; queste ultime possono influenzare fortemente le praterie a Posidonia oceanica e altre comunità bentoniche dove il Marangone dal ciuffo si nutre. Esaurimento degli stock ittici Può essere causa di declino di intere popolazioni. TARABUSO Il Tarabuso in Italia è un uccello rarissimo, protetto dalla legislazione venatoria ed incluso nella Lista Rossa Nazionale oltre che nella Direttiva Uccelli; le popolazioni superstiti sono piuttosto frammentate e nidificano nel nostro Paese in modo sparso e localizzato. La presenza della specie è strettamente legata alle aree in cui, per motivi naturalistici o venatori, viene conservato un habitat a canneto sufficientemente ampio. Su coppie nidificanti censite a livello comunitario (che rappresentano però non più del 23% della popolazione europea complessiva), solo maschi cantori sono stati censiti sul suolo italiano; il censimento del 2003 ha fatto registrare 145 individui, presenti in una sessantina di siti almeno il 50% in meno, in termini di popolazione complessiva, di quanto si poteva rilevare all inizio degli anni Ottanta. In Sardegna la specie è segnalata solo di passo. Pur rappresentando solo l 1% della popolazione europea, tutelare il Tarabuso in Italia significa non solo evitare la progressiva scomparsa della specie, ma soprattutto tutelare quegli scrigni di biodiversità quali

11 sono le aree umide, considerando il legame importantissimo che esiste tra specie, habitat, biodiversità ed equilibrio generale degli ecosistemi. Classificato come specie in pericolo, il Tarabuso è oggetto di un Piano d Azione internazionale di salvaguardia, per arrestarne il declino e tutelare le poche popolazioni rimaste e i relativi habitat. MINACCE E FATTORI LIMITANTI Degradazione di habitat Disponibilità alimentare Mancanza di grandi canneti, loro riduzione ed impatto dovuto alla manutenzione dei corsi d acqua artificiali. Innalzamento del livello del mare, penetrazione di acqua salina Attività del tempo libero Prelievo eccessivo di acqua GRILLAIO Il Grillaio è un tipico migratore di lunga distanza: nidifica nel Paleartico Occidentale (sempre a sud del 55 N) e sverna prevalentemente nell Africa sub Sahariana, sebbene limitati contingenti europei rimangano in Spagna, Turchia meridionale e Malta. La popolazione europea è stimata in coppie, di cui quasi la metà è localizzata in Spagna. Secondo dati recenti (anni ) la popolazione italiana è composta da coppie nidificanti e registra un trend in aumento (nel 1996 le stime erano infatti di coppie). MINACCE E FATTORI LIMITANTI Fattori che riducono il successo riproduttivo Sono dovuti principalmente all effetto dell agricoltura intensiva ed all associato degrado o sparizione degli ambienti di caccia. Scarsità di prede Applicazione di quantità eccessive di pesticidi o metodi del loro spandimento (es.: irrorazione aerea) nelle aree agricole e rurali. L'impatto diretto sulla specie può essere basso, ma i pesticidi riducono fortemente l abbondanza delle prede. Perdita di diversità degli habitat nei terreni agricoli L abbandono della rotazione delle colture e la coltivazione delle terre incolte, la perdita di terreni in set aside, l'espansione delle colture perenni come uliveti intensivi, vigneti e altre colture permanenti nel Mediterraneo è spesso a spese di terre coltivabili meno produttive, pascoli o colture permanenti tradizionali (tutti con conseguente perdita di biodiversità). Drenaggio delle zone umide per l'irrigazione o la conversione di terreni coltivati porta alla perdita di vegetazione e degli habitat naturali ricchi di insetti. Aumento dei costi energetici della caccia a causa della perdita dell'habitat nelle vicinanze della colonia, portando ad una maggiore distanza tra colonia e terreno di caccia. Le minacce principali connesse a tali perdite di habitat sono: sviluppo di infrastrutture e crescita delle aree urbanizzate nelle aree rurali. Strade ed infrastrutture di trasporto ferroviario.

12 irrigazione dei seminativi: porta alla sostituzione delle colture che a sua volta ospita prede meno ambite dal Grillaio e perdita di ambienti favorevoli per la caccia. ASTORE SARDO L areale della sottospecie di Astore Accipiter gentilis arrigonii si limita alle aree boschive della Sardegna e della Corsica. La popolazione sarda è stimata in coppie. Nidifica in foreste pure di leccio ed in boschi misti di Pino Marittimo; è presente anche in piantagioni di età superiore ai 30 anni e nelle piantagioni di querce da sughero. MINACCE E FATTORI LIMITANTI Carenza di informazioni La scarsità di informazioni dettagliate sulla specie e la sua biologia, in particolare di ricerche a lungo termine, è un fattore limitante nello sviluppo di un programma di conservazione scientificamente fondato. E' possibile che esistano altre minacce non ancora identificate. Perdita e degrado di habitat Ogni anno in Sardegna e Corsica grandi aree boschive sono distrutte da incendi. Una gestione forestale intensiva, come l'abbattimento degli alberi con frequenze maggiori di anni, e l'apertura di strade di servizio forestali riduce la qualità dell'habitat per la sottospecie. GHIANDAIA MARINA L areale Paleartico di nidificazione della Ghiandaia marina va dall Africa del Nord Ovest e dalla Penisola iberica fino all'himalaya occidentale. Più della metà della popolazione è in Europa, principalmente in Spagna, Russia, Ucraina, Romania, Bulgaria e Turchia Paesi che, insieme, detengono circa il 90% degli effettivi. La Ghiandaia marina sverna nelle regioni tropicali africane, soprattutto nell Africa orientale e del sud est. Le principali cause del suo recente, diffuso declino sono considerate la perdita di habitat idonei dovuto al cambiamento delle pratiche agricole ed alla perdita dei siti di nidificazione, l'uso di pesticidi e l intensa persecuzione che subisce lungo le rotte di migrazione. Dati del 2003 quantificavano in le coppie di Ghiandaia marina nidificanti in Italia, giudicandone stabile la popolazione; non si hanno dati sull entità degli effettivi presenti in Sardegna. MINACCE E FATTORI LIMITANTI Abbandono della terra e sua gestione ridotta (prati e pascoli) La Ghiandaia marina richiede la presenza di pascoli di erba bassa, dato che una copertura di erba alta e molto densa riduce il suo successo nella caccia. Pascolo a gestione intensiva L'intensificazione della gestione (fecondazione, aratura, semina / promozione di poche specie di erba, controllo dei parassiti) riduce la biomassa e la diversità delle potenziali prede per la specie. Conversione di prati permanenti in altri usi del suolo La trasformazione dei pascoli in altre culture o usi del suolo (es: in oliveti o in monocolture erbacee) riduce la disponibilità di habitat e cibo per la Ghiandaia marina.

13 Aumento dell omogeneità dell habitat (es: perdita delle aree di confine dei campi ed aumento delle dimensioni dei campi) L'agricoltura intensiva sta portando alla creazione di campi di grandi dimensioni ed alla riduzione dell estensione delle siepi, viottoli, fossati e terreni incolti ai margini dei campi, che costituiscono habitat importanti per le prede offrono opportunità di nidificazione per la Ghiandaia marina. Intensificazione della gestione forestale con conseguente perdita di alberi vecchi Le necessità ecologiche della Ghiandaia marina richiedono la presenza di grandi alberi, spesso in parte morti. L'intensificazione delle pratiche forestali promuove la rimozione degli alberi morti o in decomposizione (considerati una potenziale fonte di patogeni e parassiti) e la loro sostituzione con alberi a crescita rapida che non sono graditi alla specie in questione. UCCELLI MARINI NON INSERITI IN PIANI DI AZIONE NAZIONALI O INTERNAZIONALI IMPORTANZA DEGLI HABITAT COSTIERI E DELLE PICCOLE ISOLE PER LA NIDIFICAZIONE DEGLI UCCELLI MARINI Come già affermato, gli uccelli marini sono tra le specie maggiormente minacciate a livello Mediterraneo. Le cause sono soprattutto da imputare soprattutto alle trasformazioni che i sistemi costieri hanno subito in questo secolo e alle attività umane che in essi si svolgono. Le piccole isole non abitate svolgono, pertanto, un ruolo fondamentale per la riproduzione della maggior parte delle specie appartenenti all'avifauna marina. Infatti, nel Mediterraneo buona parte delle colonie di Berta maggiore, Berta minore, Uccello delle tempeste, Marangone dal ciuffo e Gabbiano corso si riproducono in piccole isole. In particolare, in Sardegna la popolazione totale conosciuta dell'uccello delle tempeste e del Gabbiano corso si riproduce in piccole isole come d'altronde la maggior parte delle coppie della Berta minore. L'Arcipelago di La Maddalena e quello di Tavolara risultano, sicuramente, tra i siti sardi, nazionali e mediterranei più importanti per la nidificazione di molte delle specie dell'avifauna marina minacciata a vari livelli. MINACCE E FATTORI LIMITANTI Nel territorio costiero provinciale il fattore a più alto impatto per le diverse specie, è il rischio di versamento in mare degli olii minerali, seguito dal cambiamento delle attività di pesca. Nel lungo periodo potrebbe avere pesanti ripercussioni l impoverimento delle risorse alimentari. Per tutte le specie, Marangone dal ciuffo escluso, assume un elevato impatto la competizione con altre specie (Ratti, Gabbiano reale). Il disturbo umano risulta avere un minimo impatto per i Procellariformi, purché le attività comprese in questa categoria non vengano svolte in periodo riproduttivo nei pressi delle colonie. Il collezionismo di uova e la persecuzione umana hanno un impatto medio sul Gabbiano corso, mentre è basso per la Berta minore ed il Marangone dal ciuffo. Infine l inquinamento chimico risulta essere a basso impatto su tutte le specie. Alterazioni degli habitat dei siti di nidificazione Progressiva alterazione dei sistemi costieri a causa soprattutto della costruzione di villaggi turistici, alberghi e porticcioli con le conseguenti attività umane. Cambiamenti nelle attività di pesca professionale L'uso di sistemi di pesca sempre più sofisticati e situati nei pressi dei luoghi di nidificazione è causa della morte di numerosi individui. Si tratta di un problema presente con tutta probabilità in quasi tutti i tratti di mare antistanti la fascia costiera provinciale, ma non si dispongono informazioni dettagliate sulle aree di alimentazione frequentate dalle specie marine nidificanti in queste due zone e quindi non si è in grado di valutare l'incidenza della pesca sugli stock ittici.

14 Impoverimento delle risorse alimentari Le alterazioni su larga scala che vengono effettuate nei maggiori bacini imbriferi si ripercuotono negativamente sull'ecosistema marino con una riduzione della produttività. Interferenze con altre specie Molte delle piccole isole circumsarde sono state a lungo utilizzate a fini di allevamenti tradizionali con l'immissione prevalentemente di vacche e capre. La presenza di un carico di bestiame domestico, spesso superiore alla capacità portante, ha causato danni alla vegetazione originaria e disturbo continuo alle colonie degli uccelli marini nidificanti. Questo problema è presente in alcune isole del Parco Nazionale dell'arcipelago di La Maddalena e di Tavolara. La presenza umana sulle piccole isole ha causato, inoltre, l'introduzione involontaria e/o volontaria di specie, quali i ratti ed i gatti, che si comportano come predatrici nei confronti dei pulcini degli uccelli marini. L'Uccello delle tempeste, per la sua piccola taglia, è senza dubbio quello che maggiormente risente di tale predazione al punto che sembrerebbe che la sua distribuzione sia strettamente condizionata da quella dei ratti. Tra le specie invasive sicuramente il Gabbiano reale è quello che sta creando maggiori problemi alle colonie degli altri uccelli marini. Attualmente il Gabbiano reale ha colonizzato quasi tutto il sistema costiero provinciale, in particolare quello delle piccole isole. Alcune specie sono state introdotte a fini venatori, tra queste il coniglio e il cinghiale sono sicuramente quelle che maggiormente entrano in conflitto con gli uccelli marini; i conigli infatti occupano le tane mentre i cinghiali possono cibarsi delle uova e dei pulcini. In molte isole del Parco Nazionale dell'arcipelago della Maddalena è soprattutto il cinghiale a rappresentare un problema. Disturbo umano Molte specie di uccelli marini sono impegnate nella riproduzione durante il periodo estivo, vanno quindi incontro ad un notevole disturbo dovuto alla presenza umana. Spesso inoltre alcune colonie sono di facile accesso e quindi molto vulnerabili, anche attività non coordinate di ricerca e la fotografia naturalistica possono essere causa di notevoli danni. Versamento in mare di oli minerali Il traffico di petroliere nelle Bocche di Bonifacio rende sempre possibile uno sversamento accidentale e/o la presenza di chiazze più o meno ampie in seguito al lavaggio illegale delle stive. Inquinamento chimico Nel Mediterraneo si sono avuti soprattutto casi di inquinamento da metalli pesanti, ma anche PCB e Diossina. Collezione di uova e bracconaggio Si tratta di un'attività che veniva esercitata in passato; attualmente è un pericolo solo potenziale. BECCACCIA La gestione di questa specie risulta assai complessa e delicata, anche in considerazione del trend complessivamente negativo registrato a carico della popolazione europea e della conoscenza tuttora insufficiente delle modalità di uso del territorio da parte delle popolazioni migratrici e svernanti in Sardegna. TURDIDI In base alle attuali conoscenze gli ambiti costieri dislocati lungo la fascia orientale sono considerati importanti aree di foraggiamento nel quadro della strategia migratoria dei contingenti di Turdidi che svernano o transitano in Sardegna.

15 CERVIDI E BOVIDI Le carte delle vocazioni faunistiche del territorio regionale (fonte: Sottoprogetto 3 Studio relativo agli Ungulati, Regione Autonoma della Sardegna 2005) consentono di individuare le aree potenzialmente più adatte ad ospitare cervo sardo, muflone e daino. CERVO SARDO Cervus elaphus corsicanus (fonte: Carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale Sottoprogetto 3 Studio relativo agli Ungulati Cervo sardo, Regione Autonoma della Sardegna 2005) La Carta regionale individua un area in Provincia di Olbia Tempio che potrebbe essere interessata ad una operazione di reintroduzione del cervo: si tratta della porzione di territorio che interessa la parte orientale dei Monti di Alà, l area di Posada e del Monte Albo. In queste zone esistono aree a densità potenziale molto elevata circondate da aree a densità potenziale intermedia e questi nuclei risultano separati da aree a vocazione nulla. (fonte: Carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale Sottoprogetto 3 Studio relativo agli Ungulati Cervo sardo, Regione Autonoma della Sardegna 2005) In questo senso la priorità di intervento potrebbe definirsi media, ma deve essere considerata la possibilità che l espansione dei nuclei immessi potrebbe arrivare ad includere la neo costituita popolazione del Monte Lerno, fondata nel 2003, dando luogo ad una consistente popolazione nel Nord Sardegna. In questo senso si ritiene che la priorità risulti elevata. Si sottolinea che la presenza del Cervo sardo viene segnalata nelle zone limitrofe esterne all oasi di Monte Olia, zone che non fanno parte di aree SIC o ZPS.

16 DAINO Dama dama (fonte: Carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale Sottoprogetto 3 Studio relativo agli Ungulati Daino, Regione Autonoma della Sardegna 2005) La Carta regionale segnala che l area del Monte Limbara e le sue pendici potrebbero prestarsi ad un intervento di reintroduzione del Daino. Tale area presenta una vocazione media per la specie e la presenza di aree a vocazione intermedia relativamente lontane dalla catena stessa potrebbe consentire la costituzione di un areale di distribuzione piuttosto ampio. (fonte: Carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale Sottoprogetto 3 Studio relativo agli Ungulati Daino, Regione Autonoma della Sardegna 2005) La presenza di vigneti alle pendici sud del complesso montuoso in questione induce a suggerire di operare prioritariamente sul versante settentrionale e di programmare a priori, come ricordato in premessa, una gestione che consenta di controllare l espansione della specie. La priorità di tale intervento viene ritenuta media.

17 MUFLONE Ovis orientalis musimon (fonte: Carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale Sottoprogetto 3 Studio relativo agli Ungulati Muflone, Regione Autonoma della Sardegna 2005) Il complesso costituito dai Monti di Alà, del Goceano e del Marghine rappresentano l area ad alta vocazione di dimensioni maggiori al di fuori dell areale di presenza attuale ed ha una notevole ampiezza (cui conseguirebbe una buona consistenza raggiungibile della popolazione reintrodotta). La presenza di alcune celle ad alta vocazione fra questa zona e l area del Monte Albo, situate ai margini dell altopiano di Buddusò e sul Monte Nieddu, potrebbe essere un ulteriore ragione per effettuare tale azione che dovrebbe essere considerata di elevata priorità. Un area ulteriore dove sarebbe opportuno operare una reintroduzione risulta essere quella del Monte Limbara. (fonte: Carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale Sottoprogetto 3 Studio relativo agli Ungulati Muflone, Regione Autonoma della Sardegna 2005) Di fatto, l estensione dell area vocata risulta modesta perché legata alla presenza di aree montuose di una certa quota ma la percentuale di celle a idoneità massima sul totale è molto elevata. La priorità di tale intervento è elevata. In considerazione delle caratteristiche di questa specie, che in genere risulta poco mobile rispetto all area di immissione e che tende quindi a costituire popolazioni localizzate e ben gestibili, si ritiene che possa essere valutata la sua reintroduzione in tutti quei contesti che presentino, anche su base microgeografica, alcuni

18 degli elementi ambientali di maggiore importanza per la sua biologia come aree rocciose e pendii scoscesi alternati da pascoli. La presenza di ampie aree vocate poste ai margini dell areale originario principale suggerisce la possibilità di incrementare la distribuzione e la consistenza della specie favorendone la naturale espansione con opportuni provvedimenti di tutela e sorveglianza.

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