IL COLLEGIO DI MILANO. - Prof.ssa Antonella Maria Sciarrone Alibrandi Membro designato dalla Banca d'italia
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1 IL COLLEGIO DI MILANO composto dai signori: - Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente - Prof.ssa Antonella Maria Sciarrone Alibrandi Membro designato dalla Banca d'italia - Prof. Avv. Emanuele Cesare Lucchini Guastalla Membro designato dalla Banca d'italia (Estensore) - Dott. Mario Blandini Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario - Avv. Guido Sagliaschi Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 17 aprile 2012, dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica FATTO In data 16 dicembre 2010 il ricorrente, intestatario di una carta di credito collegata a un conto corrente in essere presso la convenuta, sporgeva reclamo per richiedere il rimborso di tutti gli addebiti effettuati con la carta di credito in oggetto in quanto utilizzata in evidente maniera fraudolenta. Nell occasione lamentava il ritardo con il quale la convenuta aveva dato riscontro (15 dicembre 2010) alla propria segnalazione (22 novembre 2010, reiterata il successivo 27 novembre) di impossibilità di accedere al sito internet dispositivo della banca. Solo dopo il ripristino dell accesso, il ricorrente aveva potuto constatare che sul conto vi erano addebiti di operazioni mai effettuate e aveva conseguentemente bloccato la carta e denunciato i fatti ai Carabinieri. Il ricorrente inviava, in epoche successive, ulteriori solleciti sia attraverso la procedura di richiesta informazioni attiva nel sito Internet della convenuta (n. 3 richieste) sia attraverso un fax di reclamo e ciò per richiedere le ragioni del ritardo nella risposta della convenuta ed per avere spiegazioni sull effettuazione parziale dei rimborsi degli addebiti fraudolenti. La parte attrice, con reclamo del 26 aprile 2011 all ufficio preposto presso la convenuta, ha chiesto chiarimenti in ordine al mancato rimborso integrale delle transazione eseguite fraudolentemente e ai tempi e modi in cui erano avvenuti i rimborsi parziali, oltre al tardivo ripristino dell accesso on line al conto corrente, alle motivazioni in ordine alle quali (considerate le anomalie nell utilizzo della carta) la stessa non era stata immediatamente bloccata. Pag. 2/7
2 Non avendo mai ricevuto risposta ad alcuna delle precedenti istanze, il successivo 6 agosto il ricorrente si rivolgeva per iscritto all Ombudsman bancario, nonché, per conoscenza, alla BCE, alla Banca d Italia e all Adusbef. Il 29 agosto 2011 riceveva dalla competente Sede della Banca d Italia, tra l altro, assicurazioni in ordine all inoltro dell esposto di che trattasi all intermediario convenuto. In assenza di risposta della convenuta, il ricorrente, con ricorso all ABF sottoscritto il 23 settembre 2011, ne ha chiesto la condanna a rimborsare integralmente quanto addebitato sul c/c n. omissis attraverso utilizzo fraudolento di carta di credito. Ha puntualizzato che la cifra del rimborso richiesto ammonta a 1.617,15, quale differenza tra quanto addebitato e quanto rimborsato ad oggi. L intermediario convenuto ha trasmesso le proprie controdeduzioni con nota del 6 dicembre In questa occasione, il medesimo resistente ha, tra l altro: - rappresentato che il ricorrente ha disconosciuto, il 16 dicembre 2010, una serie piuttosto numerosa di operazioni, e nemmeno a distanza di tempo perfettamente dettagliate dal titolare, avvenute via internet sul proprio conto omissis per pagamenti on line su svariati siti web di operatori internazionali di e-commerce omissis ; - evidenziato che, nonostante il ricorrente le abbia disconosciute, le transazioni contestate sono state disposte inserendo correttamente i dati della carta del ricorrente (numero di 16 cifre, scadenza, nome e cognome del titolare e codice CVV2 riportato sul retro della carta) e ha rappresentato che proprio quest ultimo ha riferito alla P.G., nella denuncia presentata, di aver risposto a una che la convenuta sostiene essere di evidente phishing - in cui venivano richiesti dati personali; - sottolineato che: i. il comportamento del ricorrente è apparso visibilmente affetto da grave negligenza ed ha consentito il verificarsi degli eventi disconosciuti ; ii. la carta del ricorrente dispone della possibilità di attivare un servizio che garantisce un ulteriore livello di sicurezza che, alla data di esecuzione delle operazioni disconosciute, il ricorrente non aveva ancora provveduto ad attivare ; in proposito, l intermediario convenuto ha sostenuto che tale codice di sicurezza qualora fosse stato regolarmente attivato dal ricorrente avrebbe impedito il verificarsi dei fatti in ricorso, consistendo in un ulteriore password univoca nota solo al titolare che in presenza dell adesione al servizio avrebbe obbligato il sito web di e-commerce ad autorizzare le transazioni solo se tale password fosse stata digitata correttamente ; - rimarcato, poi specificandone le relative regole ed evidenziando di aver sensibilizzato i clienti, tra i quali il ricorrente sull importanza di aderire al protocollo di ulteriore sicurezza - che le previsioni sull operatività del circuito al quale la carta aderisce stabiliscono, nell ipotesi in cui non venga utilizzato il citato sistema di sicurezza aggiuntiva, di circoscrivere lo spettro delle transazioni alle quali sono applicabili le procedure di chargeback volte a recuperare gli importi; - puntualizzato che le condizioni per il recupero degli importi si sono verificate solamente per le transazioni che [la convenuta] ha già riaccreditato al ricorrente e che l issuer della carta [ovvero la convenuta] non ha responsabilità alcuna verso il cliente, particolarmente qualora quest ultimo abbia mancato in diligenza e omesso di utilizzare tutti gli Pag. 3/7
3 strumenti e tutte le procedure di cautela a lui messe a disposizione dall Emittente - posto l accento anche sulla circostanza che l impossibilità per il ricorrente di accedere al suo account internet per operare on line sul conto in essere presso la convenuta non è stat[a] dovut[a] a una disfunzione [della convenuta] bensì al fatto che la propria password era stata precedentemente modificata omissis [da terzi] quest ultima verosimilmente è stata subito modificata al fine di ottenere il controllo totale dell account omissis e sostituirsi al titolare nelle disposizioni finanziarie ; - rimarcato che da ciò, conseguentemente, ne discende che gli elementi identificativi per l esecuzione delle transazioni verosimilmente sono stati acquisiti presso lo stesso ricorrente precedentemente agli eventi disconosciuti, sicché emergerebbe in modo inequivoco l inadempimento contrattuale del ricorrente il quale, non avendo custodito i propri dati identificativi e i dispositivi di connessione secondo l ordinaria diligenza, ha causato il verificarsi dell evento, qualificando pertanto tale comportamento come contraddistinto da grave negligenza ; - riferito che la somma relative alle transazioni disconosciute sono state trasferite ai beneficiari poco dopo l addebito; citando giurisprudenza consolidata ha asserito, pertanto, che, ove questi ultimi ne fossero indebiti percettori, è a loro che andrebbe rivolta l istanza di rimborso; - richiamato che il ricorrente non [pone] neanche in dubbio che [la convenuta] abbia correttamente eseguito ordini che le sono regolarmente pervenuti, né tanto meno ci pare abbia fornito la prova di un inadempimento da parte [della convenuta] ; - ribadito che i sistemi informativi di cui si avvale sono caratterizzati da elevati standard di qualità e di affidabilità ed ha escluso ipotesi sia di intromissione di pirati informatici nei sistemi dell intermediario, sia di clonazione della carta; - posto l accento sulle circostanze secondo cui il cliente non ha in alcun modo provato la corretta custodia dei propri codici identificativi né il corretto utilizzo di adeguati sistemi di protezione del suo PC da minacce informatiche. L intermediario ha concluso ritenendo infondata la richiesta di rimborso avanzata, sostenendo che ai sensi dell art. 1227, comma 2, c.c., il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l ordinaria diligenza e che l evidente imprudenza nella custodia della carta e dei codici personali integra gli estremi della colpa grave del titolare della carta. In data 10 ottobre 2011 la convenuta ha confermato di aver ricevuto copia del ricorso, ma ha evidenziato la mancanza degli allegati; la Segreteria Tecnica ha, pertanto, provveduto a inviare copia del ricorso con nota n del Le controdeduzioni, una volta pervenute, sono state inviate via al ricorrente il successivo 9 dicembre Successivamente all inoltro delle controdeduzioni, in data è pervenuta alla Segreteria Tecnica un ulteriore nota del ricorrente che non costituisce una specifica replica alle controdeduzioni, ma fa riferimento a una lettera della convenuta del 4 gennaio 2012 nella quale quest ultima: Pag. 4/7
4 - ha confermato le date del 22 novembre 2010 e del 15 dicembre 2010 rispettivamente come quella in cui è stata indirizzata al call center la richiesta di ripristino dell operatività e quella in cui è avvenuto il blocco della carta; - ha compendiato le argomentazioni sviluppate nelle controdeduzioni in materia di chargeback. Il ricorrente, con le proprie considerazioni, ha rimarcato la propria inoperatività on line nel periodo 22 novembre 15 dicembre 2010 e ha posto all attenzione del Collegio quanto la risposta [della convenuta] sia vaga e tralasci i fatti e l ordine degli avvenimenti, addebitando, a mio parere in modo improprio, responsabilità in termini di sicurezza che dovrebbero essere a carico di chi fornisce e vende un servizio e non dell utente. DIRITTO La questione centrale che questo Collegio deve affrontare per la soluzione del caso che ne occupa attiene ai doveri di custodia della carta di pagamento e dei codici di sicurezza ad essa relativi da un lato e del grado di diligenza che si può richiedere all intermediario in relazione all erogazione di detto servizio dall altro lato. Tuttavia, prima di passare all esame del merito della questione, è bene ricordare in fatto alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione. Le operazioni contestate risultano eseguite successivamente all entrata in vigore del D. Lgs. n. 11 del 27 gennaio L importo di cui il ricorrente ha richiesto il rimborso, a fronte del mancato riaccredito di talune transazioni, non è contestato dalla convenuta. Il ricorrente, nella denuncia presentata ai Carabinieri, ha segnala di aver risposto intorno al 20 novembre a una mail di richiesta di dati personali; nel modulo di disconoscimento delle operazioni ha dichiarato, comunque, di non aver mai ceduto la carta e di non aver comunicato a terzi i codici di accesso. L intermediario, in relazione alle connotazioni della disposizione (corretto inserimento di tutti i codici identificativi del ricorrente e del nome e cognome del titolare, non leggibile sulla carta), ha presunto che i dati necessari a eseguire l operazione abbiano potuto essere stati incautamente divulgati dal ricorrente. Il ricorrente ha stigmatizzato l inerzia della convenuta per il periodo dal 22 novembre 2010 al 15 dicembre di fronte alle segnalazioni al call center di impossibilità di accedere al sito internet per l operatività del c/c on line. La circostanza non è contestata dalla convenuta. Il ricorrente ha dato evidenza degli addebiti fraudolenti tutti per transazioni su siti esteri nell arco 15 novembre/14 dicembre e dei riaccrediti, ricevuti fino ad aprile Nella denuncia ai Carabinieri ha dichiarato di non aver mai utilizzato la carta per effettuare pagamenti presso esercizi commerciali né presso negozi on line. Le parti non hanno documentato l operatività precedente della carta né menzionano il ricorso a servizi di SMS alert. Tra gli allegati alla documentazione delle controdeduzioni la convenuta ha menzionato omettendo tuttavia di produrli quelli relativi alle procedure di registrazione ai circuiti di sicurezza rafforzati e quelli concernenti le certificazioni di qualità possedute dal sistema di transazioni online dell intermediario e all informativa rivolta alla clientela in ordine alla sicurezza delle transazioni stesse. La convenuta non ha documentatp di aver sensibilizzato specificamente il ricorrente all utilizzo del protocollo di sicurezza rafforzato. Ebbene, così ricostruiti gli aspetti salienti della vicenda, non può che ricordarsi come già si è avuto occasione di rilevare in altre occasioni che è opinione assolutamente Pag. 5/7
5 condivisa che sul cliente gravi l onere di custodire con la massima diligenza i vari codici in suo possesso necessari per compiere operazioni bancarie di vario genere, siano esse prelievi per mezzo del servizio Bancomat, disposizioni di operazioni per mezzo di servizi on-line o pagamenti via Internet. Tuttavia, all epoca dei fatti all origine del presente procedimento era già in vigore la normativa (di recepimento della c.d. Direttiva PSD) di cui al D. Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, secondo la quale salvo il caso in cui l utilizzatore abbia agito con dolo o colpa grave ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono l utilizzo dello strumento di pagamento, prima della comunicazione eseguita ai sensi dell articolo 7, comma 1, lettera b), l utilizzatore medesimo può sopportare per un importo comunque non superiore complessivamente a 150 euro la perdita derivante dall utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo furto o smarrimento (art. 12, comma 3 ); nel contempo, qualora abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto ad uno o più obblighi di cui all art. 7 con dolo o colpa grave, l utilizzatore sopporta tutte le perdite derivanti da operazioni di pagamento non autorizzate e non si applica il limite di 150 euro di cui al comma precedente (art. 12, comma 4 ). Ciò chiarito, è ora necessario verificare quale sia la corretta soluzione della controversia alla luce delle norme sopra riportate, considerato che tali regole sono vigenti dal 1 marzo 2010 e che le norme del citato decreto sostituiscono di diritto le condizioni contrattuali concernenti le fattispecie ivi disciplinate. Giova anzitutto sottolineare che, sulla scorta della recente normativa citata, l argomentazione secondo la quale l effettuazione delle operazioni con l utilizzo dei codici identificativi corretti concreterebbe per ciò solo un omessa diligente custodia dello strumento di pagamento da parte del cliente non può ritenersi condivisibile in quanto è chiaramente smentita dal dettato dell art. 10 comma 2 del decreto legislativo precitato, il quale prevede testualmente che l utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che ( ) questi [il cliente] non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all articolo 7. Da quanto appena evidenziato emerge pianamente che il compimento di una o più operazioni disconosciute non induce alcuna presunzione di prova a carico del cliente, tanto meno una presunzione di dolo o colpa grave (la cui accertata sussistenza comporterebbe la responsabilità esclusiva e totale del cliente), dovendosi anzi sottolineare che l imputazione di colpa grave esclude un concetto di normalità della colpa, posto che, com è noto, le conseguenze giuridiche della colpa grave sono trattate allo stesso modo di quelle proprie della condotta dolosa, tanto che si parla comunemente di equiparazione della colpa grave al c.d. dolo eventuale, la cui sussistenza deve essere provata in concreto (cfr., ex multis, Cass. Civ. n del 2006). Ora, valutando le circostanze del caso concreto, non pare neppure potersi riscontrare, nella condotta del ricorrente, gli elementi in fatto per poter riconoscere una colpa grave, non potendosi affermare che la mancata adozione di un ulteriore password ovvero il protocollo di sicurezza rafforzato cui fa riferimento l intermediario resistente possa ex se integrare gli estremi di una condotta gravemente negligente del ricorrente. Ne deriva che non risulta in alcun modo provata, da parte dell intermediario, la sussistenza di fatti ulteriori e specifici costitutivi della colpa grave del ricorrente. Ebbene, a questo punto non può che concludersi che, secondo quanto previsto dalla normativa vigente all epoca dei fatti, con riferimento alle operazioni compiute prima del blocco, come nel caso concreto, è espressamente previsto che il cliente sia responsabile Pag. 6/7
6 entro il limite di Euro 150,00, delle conseguenze dannose derivanti dall uso illecito della carta. Per quanto fin qui esposto, ritiene il Collegio che, in parziale accoglimento del ricorso, sia applicabile al caso di specie la franchigia di cui all art. 12, comma 3, D. Lgs. cit., disponendo, per il residuo, l obbligo della restituzione da parte della banca resistente delle operazioni contestate. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l intermediario corrisponda la somma di 1.467,15 al ricorrente. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7
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