IL LICENZIAMENTO NON DISCIPLINARE
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- Costanzo Colombo
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1 FORMA E PROCEDURA DI IRROGAZIONE DEL LICENZIAMENTO PROF. SEVERINO NAPPI
2 Indice 1 IL LICENZIAMENTO NON DISCIPLINARE LA FORMA DEL LICENZIAMENTO IL LICENZIAMENTO DEI DIRIGENTI IL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO I VIZI FORMALI DEL LICENZIAMENTO LA RINNOVAZIONE DEL PROCEDIMENTO VIZIATO LA REVOCA DEL LICENZIAMENTO BIBLIOGRAFIA di 15
3 1 Il licenziamento non disciplinare 1.1. La forma lavoro. Il licenziamento è l atto con il quale il datore risolve il contratto che lo lega al prestatore di La legge 604/1966 individua i requisiti formali che deve possedere il licenziamento per essere efficacemente irrogato: - la forma scritta: Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro (art. 2, comma 1) Il licenziamento, dunque, è una dichiarazione cd. onerata 1, poiché il datore di lavoro deve rispettare il prescritto onere formale (della forma scritta) al fine di porre in essere un atto produttivo di validi effetti solutori. Il requisito della forma scritta ad substantiam comporta che la sottoscrizione del recesso venga apposta direttamente dal datore di lavoro o da suo un rappresentante, cui sia stata conferita apposita procura scritta, ex art cod.civ. Nell ipotesi di licenziamento intimato da un soggetto non legittimato è ammissibile la ratifica successiva dell atto a norma dell'art cod.civ. 2. Sebbene la disciplina dettata dall'art cod.civ. preveda la possibilità di ratifica con effetto retroattivo del contratto concluso da falsus procurator 3, la stessa ancorché operata nelle 1 Scagliola Le dichiarazioni dell imprenditore e prestatore di lavoro nel licenziamento individuale 1974, Giuffrè 2 Mazziotti Forma e procedura dei licenziamenti 1991, Jovene 3 di 15
4 medesime forme necessarie per il negozio ratificando, e dunque con atto scritto, trattandosi di requisito richiesto ad substantiam 4. Il requisito formale non si applica ai licenziamenti dei lavoratori in prova (art. 10 L. 604/1996), dei lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici (art. 4 L. 108/1990) ed dei lavoratori domestici (art. 4 L. 108/1990), per i quali permane il principio di libertà della forma, nel senso che il licenziamento può essere intimato anche oralmente. Il licenziamento è, inoltre, una dichiarazione unilaterale e recettizia in quanto, ai sensi dell art cod.civ., si reputa conosciuta nel momento in cui giunge a conoscenza del lavoratore destinatario. - Indicazione dei motivi: La comunicazione deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato (art. 2, comma 2, L. 604/66). Il legislatore, con la L. 92/2012, ha reso obbligatorio contestualizzare l indicazione dei motivi di recesso all atto della comunicazione, mentre la disciplina previgente per il caso di comunicazione inviata senza l illustrazione delle motivazioni del recesso, - era onere del lavoratore di richiedere i motivi al datore di lavoro entro quindici giorni dalla comunicazione. è inefficace. Nel regime normativo vigente, invece, l assenza di contestuale motivazione il licenziamento La motivazione deve essere sufficientemente specifica e completa, ossia tale da consentire al lavoratore di individuare con chiarezza e precisione la causa del suo 3 Art cod. civ.; Cass., 30 maggio 1995, n in Mass. Giur. It., Cass., 3 novembre 1994, n in Mass. Giur. It., 1994; Cass., 15 novembre 1994, n in Mass. Giur. It., di 15
5 licenziamento in modo da poter esercitare un'adeguata difesa svolgendo ed offrendo idonee osservazioni o giustificazioni, dovendosi ritenere equivalente alla materiale omissione della comunicazione dei motivi la comunicazione che, per la sua assoluta genericità, sia totalmente inidonea ad assolvere il fine cui la norma tende Il Licenziamento dei dirigenti L ordinamento giuridico italiano prevede per i dirigenti una disciplina diversa rispetto agli altri dipendenti. Ciò che caratterizza il rapporto di lavoro tra il datore di lavoro ed dirigente, e soprattutto lo diversifica con riferimento agli altri lavoratori subordinati, è l intensità del vincolo fiduciario e la diretta incidenza dell attività del dirigente alle attività di gestione dell impresa. lavoro. Simile peculiarità ha una diretta incidenza nella disciplina della risoluzione del rapporto di Infatti, l affievolimento della tutela in caso di recesso consegue al fatto che il dirigente, in virtù delle prerogative ed i compiti che gli sono assegnati, esercita una diretta funzione gestoria dell azienda, imponendo, di converso, la libera recedibilità in ogni momento del rapporto. Va però ricordato che i contratti collettivi di categoria prevedono per il caso del licenziamento del dirigente un indennità di carattere risarcitorio. 5Cass., 5 maggio 2011, n in Banca dati Platinum, Utet 5 di 15
6 Tuttavia, anche il licenziamento del dirigente, al pari di altri lavoratori subordinati, deve essere comunicato per iscritto, pena la sua inefficacia. Non sussiste invece un onere di contestuale motivazione del recesso. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo adottato senza indicazione dei motivi, qualora il dirigente ne richieda l'indicazione entro 15 giorni dalla comunicazione, l'impresa è tenuta a fornirli per iscritto nei i successivi sette giorni. L'inosservanza di questa formalità determina l'inefficacia del recesso. Anzi il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo deve necessariamente contenere la contestuale e specifica motivazione dell atto a pena di invalidità del licenziamento stesso. Tuttavia, l onere formale stavolta trova ragione d essere nella peculiare materia del provvedimento adottato. Infatti, trattandosi di provvedimenti adottati per mancanze contestate al lavoratore nell ambito del precedimento previsto dall art. 7 dello Statuto dei lavoratori, la puntuale indicazione dei fatti all atto dell avvio del procedimento disciplinare, assolve la peculiare funzione di consentire al prestatore anche l esercizio dei suoi poteri difensivi. 6 di 15
7 2 Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo L art. 7 della legge 604/1966, novellato dalla L. 92/2012, ha introdotto una procedura che il datore di lavoro, avente i requisiti dimensionali di cui all articolo 18, ottavo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni (più di 15 dipendenti) deve rispettare al fine di irrogare validamente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Precisamente, il datore deve effettuare una comunicazione alla Direzione Territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmetterla per conoscenza anche al lavoratore. Con la comunicazione de qua, il datore di lavoro deve dichiarare l intenzione di procedere al licenziamento del lavoratore per motivo oggettivo e indicare i motivi medesimo, nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione Territoriale del lavoro, ritualmente adita, trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all articolo 410 del codice di procedura civile. La cennata procedura, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della commissione, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, deve concludersi entro venti giorni dal momento in cui la Direzione Territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l incontro, fatta salva l ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. 7 di 15
8 Se il tentativo di conciliazione fallisce e, comunque, decorre il termine di 20 giorni dalla convocazione, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore. In caso di esito positivo della conciliazione, si verifica la risoluzione consensuale tra le parti del rapporto di lavoro, e troveranno applicazione le disposizioni in materia di Assicurazione sociale al fine di favorire la ricollocazione professionale, l affidamento del lavoratore ad un agenzia di cui all articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n In caso di esito negativo, invece, il datore potrà procedere all irrogazione, che produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato. Ovviamente, il lavoratore sarà libero di impugnare in giudizio il licenziamento. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell indennità risarcitoria di cui all articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, e per l applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile. Il recente D.Lgs. 23/2015 ha introdotto una nuova procedura conciliativa, finalizzata a rendere più rapida la definizione del contenzioso sul licenziamento, che prevede l immediato pagamento di un indennizzo da parte del datore di lavoro. In particolare, l art. 6 del decreto stabilisce che, in caso di licenziamento, il datore di lavoro, al fine di evitare il giudizio, entro i termini di impugnazione stragiudiziale (60 giorni), può convocare il lavoratore presso una delle sedi conciliative indicate dal quarto comma dell art cod.civ. (tra cui, in particolare, le commissioni di conciliazione presso le Direzioni 8 di 15
9 Provinciali del lavoro) e dall art. 76 del decreto legislativo 276 del 2003, e offrirgli un assegno circolare di importo pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio, e comunque non inferiore a 2 mensilità e non superiore a 18 mensilità. Per incentivare questo tipo di soluzione, il legislatore ha previsto che detto indennizzo non costituisce reddito imponibile per il lavoratore e non è assoggettato a contribuzione previdenziale. L accettazione dell assegno da parte del lavoratore comporta l estinzione del rapporto alla data e la rinuncia all impugnazione anche qualora il lavoratore l abbia già proposta. Ai sensi dell art. 9 del decreto, la procedura conciliativa si applica anche ai lavoratori assunti presso datori di lavoro che non raggiungono le soglie dimensionali fissate dall art. 18 della legge 300/1970; in questo caso, tuttavia, l importo dell assegno offerto al lavoratore è dimezzato e non può, in ogni caso, superare le 6 mensilità. 9 di 15
10 3 I vizi formali Il licenziamento viziato nella forma o nella procedura è inefficace. Precisamente, l atto di licenziamento privo della forma scritta e privo della motivazione non produce effetti e, in particolare, non interrompe il rapporto di lavoro tra le parti. Le conseguenze derivanti dal licenziamento intimato in forma orale sono espressamente disciplinate dall art. 18 dello Statuto lavoratori, come modificato dalla legge 92/2012 e dal recentissimo D.Lgs. 23 del 7 marzo Il nuovo primo comma della norma indicata prevede, in particolare, che a questa ipotesi di licenziamento si applica la cd. tutela reintegratoria piena. Conseguentemente, il lavoratore ha diritto a: - ad essere reintegrato nel posto di lavoro; - ad ottenere il risarcimento del danno per il periodo successivo al licenziamento e fino all effettiva reintegra, dedotto quanto percepito da altra occupazione (il risarcimento non può comunque essere inferiore nel minimo di cinque mensilità di retribuzione); - ottenere il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali per tutto il periodo dal giorno a quello della reintegra; - scegliere fra la reintegra e l indennità sostitutiva pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto (cd. diritto di opzione). 10 di 15
11 Tale regime sanzionatorio applicabile in caso di licenziamento orale è stato confermato anche dal recente D. Lgs 23 del 7 marzo 2015, che ha introdotto un nuovo regime di tutela a favore dei lavoratori illegittimamente licenziati. L unica novità introdotta dal decreto, in tema di licenziamento orale, è rappresentata dalla base di calcolo dell indennità che il datore di lavoro è tenuto a versare al lavoratore a titolo di risarcimento del danno: mentre il secondo comma dell art. 18 fa riferimento alla retribuzione globale di fatto, il secondo comma dell art. 2 del Decreto legislativo 23/2015 prevede, invece, che l indennità debba essere commisurata all ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno sino a quello dell effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività. Ai sensi del terzo comma della medesima norma, anche l indennità sostitutiva della reintegrazione, pari a 15 mensilità, andrà determinata usando come base di calcolo non l ultima retribuzione globale di fatto, bensì l ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Quando il licenziamento, invece, risulta inefficace solo perché effettuato con violazioni formali degli obblighi previsti dalla legge (quando manca la motivazione, per esempio, o non è stato seguito l iter delle sanzioni disciplinari), il lavoratore avrà diritto solo al pagamento da parte del datore di lavoro di un indennità risarcitoria (senza contributi previdenziali) di importo pari a una mensilità (0,5 per le aziende sotto i 15 dipendenti) per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità (non inferiore a 1 e non superiore a 6 per le aziende sotto i 15 dipendenti). 11 di 15
12 3.1. La rinnovazione del procedimento viziato Il licenziamento che presenti un vizio formale - procedurale è inidoneo ad incidere sulla continuità del rapporto, che quindi rimane giuridicamente in vita. Ciò comporta la possibilità per il datore di lavoro di rinnovare il licenziamento originariamente viziato, sulla base degli stessi motivi addotti in precedenza, rispettando però le prescritte formalità e modalità omesse nell intimazione del primo recesso. Ovviamente tale rinnovazione non potrà mai configurarsi come convalida volta a sanare con efficacia ex tunc i vizi che gravano il recesso già intimato, in quanto una simile previsione sarebbe contraria al principio generale sancito dall art cod. civ., il quale, rubricato Inammissibilità della convalida, prevede che «il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente». Più semplicemente, allora, la rinnovazione costituirà un atto diverso dal precedente: un nuovo licenziamento che, seppur dovuto ai medesimi motivi del primo recesso, non presenta né i vizi né l efficacia di quest ultimo, essendo perfetto dal punto di vista formale e decorrendo ex nunc dal momento in cui è portato a conoscenza del lavoratore 6. Si può dunque affermare che il successivo licenziamento basato sugli stessi motivi posti a fondamento del precedente ha, rispetto a quest ultimo, una propria autonomia sia strutturale, non risolvendosi in un richiamo per relationem, sia funzionale, non essendo diretto a dare al precedente recesso un efficacia ex tunc 7. 6 Cass., 6 novembre 2006, n , in Dir. mercato lav., 2006, 622, Trib. Reggio Calabria, 26 aprile 2006, in Giur. merito, 2007, 2, Trivellini, Rinnovazione e rilicenziamento, in Dir. e prat. lav., 2004, di 15
13 3.2. La revoca Il datore di lavoro può revocare il licenziamento irrogato al lavoratore. Prima della Riforma Fornero (Legge n. 92/2012) la revoca non aveva una disciplina specifica e quindi si applicavano le norme del Codice Civile. La giurisprudenza sosteneva che, dal momento che la revoca era finalizzata a ripristinare un rapporto di lavoro ormai estinto, essa valeva come nuova proposta contrattuale, avente ad oggetto la ricostituzione del rapporto di lavoro e l eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli derivate al dipendente dall interruzione del rapporto stesso. Perciò la revoca necessitava di accettazione da parte del lavoratore espressa o tacita 8, oltre al diritto del dipendente al risarcimento del danno nel minimo di 5 mensilità (art. 18, comma 4, Legge n. 300/1970 Statuto dei Lavoratori-, versione ante Riforma Fornero) e ciò, in alcuni casi, anche a prescindere dal fatto che tra recesso e ricostituzione del rapporto di lavoro fosse intercorso un arco di tempo lungo o breve: quindi anche nei casi in cui la revoca da parte del datore fosse intervenuta nel giro di poche ora dal licenziamento oppure prima dell impugnazione da parte da parte del dipendente 9. Il risarcimento perciò era sempre dovuto, salvo i casi di specifica rinuncia da parte del lavoratore avvenuta in sede di accettazione delle revoca. 8 Cass. 15 giugno 2011 n in CED Cassazione, 2011; Cass. 3 gennaio 2011, n. 36 in CED Cassazione, Trib. Milano 21 gennaio 1998 in : l effetto antigiuridico determinato dal licenziamento contra legem, infatti, non viene completamente eliminato con la revoca dello stesso, anche a breve distanza di tempo, residuando comunque un danno nella sfera giuridica del lavoratore che il Legislatore, in via di presunzione assoluta, ha stabilito nel minimo di 5 mensilità. 13 di 15
14 Oltre al risarcimento del danno, in caso di revoca e accettazione, non era possibile per il dipendente ottenere anche la penale prevista dall art. 18 dello Statuto dei Lavoratori per i licenziamenti illegittimi, pari a 15 mensilità 10. La Riforma Fornero (Legge n. 92/2012), modificando l art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) disciplina per la prima volta la revoca. Il comma 10 dell art. 18, infatti, prevede che se il datore revoca il licenziamento entro 15 giorni dalla comunicazione fatta al dipendente, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto per il dipendente di percepire la retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca. La norma esclude espressamente in questo caso l applicazione dei regimi sanzionatori previsti dallo stesso art. 18 per il datore di lavoro. 10 Cass. 13 giugno 2002, n in CED Cassazione, di 15
15 Bibliografia Scagliola Le dichiarazioni dell imprenditore e prestatore di lavoro nel licenziamento individuale 1974, Giuffrè Mazziotti Forma e procedura dei licenziamenti 1991, Jovene Trivellini, Rinnovazione e rilicenziamento, in Dir. e prat. lav., 2004, di 15
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