Cenni sui licenziamenti individuali per motivi economici

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1 Cenni sui licenziamenti individuali per motivi economici Novembre 2016 Riferimenti: [1] Il Sole 24 Ore 10-marzo Riforma dei licenziamenti: [2] DL online - 5 gennaio Licenziamento individuale in generale licenziamento-individuale-in-generale [3] DL online - 5 gennaio Licenziamento individuale reintegrazione risposte/52-licenziamento-individuale-rein [4] Wiki labour Licenziamento per giustificato motivo oggettivo - [5] Legge 92/2012 Riforma del mercato del lavoro (Legge Fornero) La riforma Fornero ha modifica in profondità la disciplina dei licenziamenti individuali (legge 20 maggio 1970, n. 300 e legge 15 luglio 1966, n. 604), introducendo distinti regimi sanzionatori in funzione della natura del licenziamento illegittimo, il quale può essere discriminatorio, disciplinare (intimato per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) o per motivi economici (giustificato motivo oggettivo). [1] La legittimità del licenziamento. Il licenziamento, per essere legittimo, deve essere supportato da una motivazione idonea a giustificarlo e, in particolare, può essere giustificato da: GIUSTA CAUSA: Comportamento del lavoratore che costituisca grave violazione ai propri obblighi contrattuali, tale da ledere in modo insanabile il necessario rapporto di fiducia tra le parti e che non consente la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto di lavoro. [ ] [2] GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO: E rappresentato da comportamenti disciplinarmente rilevanti del dipendente ma non tali da comportare il licenziamento per giusta causa, e cioè senza preavviso. Anche il giustificato motivo soggettivo pertanto rientra nell ambito dei licenziamenti di tipo disciplinare, costituendo pur sempre una sanzione a comportamenti ritenuti tali da incidere in modo insanabile nel regolare proseguimento del rapporto di lavoro. [ ] [2] GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO: E rappresentato da ragioni inerenti l organizzazione del lavoro dell impresa. Costituisce pertanto G.M.O. la crisi dell impresa, la cessazione dell attività e, anche solo, il venir meno delle mansioni cui era in precedenza assegnato il lavoratore, senza che sia possibile il suo ripescaggio, ovvero la ricollocazione del medesimo in altre mansioni esistenti in azienda e compatibili con il livello di inquadramento. Vengono ricondotti alla figura del giustificato motivo oggettivo anche le ipotesi in cui il lavoratore perda, non per propria colpa, le capacità necessarie a svolgere le mansioni per cui venne assunto. [ ] [2]

2 In assenza di una delle predette cause, il licenziamento comminato non può dirsi legittimo e il lavoratore ha il diritto di chiedere e far valere le tutele previste dalla legge. In particolare, sono previste conseguenze diverse a seconda della dimensione dell impresa all interno della quale il lavoratore presta la propria attività: nei confronti dei datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, che occupino più di quindici dipendenti nell unità produttiva nella quale è occupato il lavoratore licenziato oppure nell ambito dello stesso comune; e in ogni caso ai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze globalmente più di sessanta lavoratori, indipendentemente dal frazionamento organizzativo delle unità produttive, si applica la tutela prevista dall art. 18 S.L. come modificato dalla l. 92/2012 cd. riforma Fornero. [ ] [2] negli altri casi, si applica la cd. tutela obbligatoria prevista dall art. 8 della Legge 604/1966, così come sostituito dall art. 2 della Legge 108/1990. In tale ipotesi, quando il giudice accerti con sentenza che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo (oggettivo o soggettivo) intimato dal datore di lavoro, quest ultimo è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro tre giorni oppure a risarcire il danno da questi patito, versandogli un indennità di importo compreso tra 2,5 e 6 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell impresa, all anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti; [2] per i lavoratori assunti dal 7/3/15 si applica il D. Lgs. 23/15, che ha introdotto il contratto a tutele crescenti. In sintesi, la reintegrazione è applicabile solo nei casi più gravi (sostanzialmente riconducibili a ipotesi di discriminazione) mentre, in tutti gli altri casi, è previsto un importo di denaro, differenziato in funzione dell anzianità aziendale del lavoratore e delle dimensioni del datore di lavoro. [ ] [2] Le tutele previste a favore del lavoratore illegittimamente licenziato. La riforma del 2012 prevede una graduazione della sanzione applicabile che varia a seconda del variare della gravità dei vizi che caratterizzano il licenziamento. Infatti, l art. 18 prevede ora quattro regimi sanzionatori: 1. Tutela reintegratoria piena Si applica in tutti i casi di nullità del licenziamento, perché discriminatorio oppure comminato in costanza di matrimonio o in violazione delle tutele previste in materia di maternità o paternità oppure negli altri casi previsti dalla legge; Nei casi in cui il licenziamento sia inefficace perché intimato in forma orale. In tali ipotesi, il giudice, dichiarando nullo il licenziamento, ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condanna il datore al risarcimento del danno subito per il periodo successivo al licenziamento e fino alla reintegrazione e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo intercorrente fra il licenziamento e la reintegrazione. [ ] [2]

3 2. Tutela reintegratoria attenuata Si applica in caso licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo illegittimo perché il fatto contestato non sussiste o perché il fatto rientra in una delle condotte punibili con sanzione conservativa sulla base del CCNL applicabile; in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, se il fatto è manifestamente infondato. Il giudice, annullando il licenziamento, ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condanna il datore di lavoro al pagamento del risarcimento del danno oltrechè al versamento dei contributi previdenziali per tutto il periodo fino alla reintegrazione effettiva. [ ] Il legislatore fissa inoltre un limite massimo per il risarcimento, che non può in ogni caso superare un importo pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. [ ] [2] 3. Tutela meramente obbligatoria Tale tutela si applica in tutte le ipotesi non contemplate dalle altre tutele, qualora il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro. In tal caso il giudice, dichiarando risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento, condanna il datore di lavoro al pagamento di un indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti; [ ] [2] 4. Tutela obbligatoria ridotta Tale tutela si applica alle ipotesi in cui il licenziamento risulti illegittimo per carenza di motivazione o per inosservanza degli obblighi procedurali previsti per il licenziamento disciplinare o per il giustificato motivo oggettivo. In tali casi il giudice, dichiarando l inefficacia del licenziamento, condanna il datore di lavoro al pagamento di un indennità variabile tra sei e dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, da valutarsi da arte del giudice in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro. [ ] [2] Da quanto detto, si ricava che il giudice deve ordinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro nei, soli, seguenti casi: licenziamento discriminatorio; licenziamento intimato in concomitanza con il matrimonio; licenziamento comminato in violazione delle tutele previste in materia di maternità e paternità; licenziamento inefficace in quanto orale; altri casi di licenziamento nullo previsti dalla legge o determinato da motivo illecito determinante;

4 licenziamento comminato per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa annullabile in quanto il fatto addebitato non sussiste o quando esso rientra fra le sanzioni punibili con una sanzione conservativa; licenziamento economico annullabile quando il fatto addotto è manifestamente infondato. Per gli altri casi di licenziamento, la stessa norma prevede altre forme di tutela che vengono graduate a seconda della gravità del vizio che inficia la legittimità del licenziamento. [ ][3] La procedura per il licenziamento individuale per motivi economici La riforma del 2012 è intervenuta altresì in tema di licenziamento individuale per motivi economici, in relazione al quale è stata introdotta una nuova procedura in sede amministrativa, che deve obbligatoriamente essere esperita dai datori di lavoro a cui sia applicabile la disciplina di cui all art. 18 e che intendano licenziare un lavoratore per giustificato motivo oggettivo, al fine di spingere le parti a trovare soluzioni consensuali alla controversia. Più precisamente, la riforma prevede che, in questo caso, il licenziamento debba essere preceduto da una comunicazione preventiva alla Direzione territoriale del lavoro (Dtl), ove ha sede l unità produttiva nella quale è impiegato il lavoratore. La comunicazione deve essere inoltre trasmessa per conoscenza a quest ultimo. In tale comunicazione, il datore di lavoro deve indicare la propria intenzione di procedere al licenziamento e i motivi del medesimo, oltre alle eventuali misure per la ricollocazione. Entro sette giorni dalla ricezione della richiesta, la Dtl trasmette alle parti la convocazione per un incontro (che si deve svolgere secondo le disposizioni contenute nell art. 410 cod. proc. civ.) finalizzato ad esaminare eventuali soluzione alternative al recesso. La procedura deve comunque concludersi entro 20 giorni dalla data di invio della convocazione, salvo che le parti non chiedano una proroga per arrivare ad un accordo o che la procedura non debba essere sospesa per legittimo impedimento del lavoratore (la sospensione non può comunque essere superiore a quindici giorni). [ ] [2] Essa può concludersi in diversi modi: se il tentativo di conciliazione fallisce o il termine di 20 giorni decorre inutilmente, il datore di lavoro può comunicare al lavoratore il licenziamento che ha efficacia a decorrere dalla prima comunicazione; se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto, il lavoratore ha diritto di accedere all Assicurazione sociale per l impiego. Qualora tale procedura non venisse rispettata, il licenziamento deve essere dichiarato inefficace ai sensi del nuovo art. 18 St. lav.: in tal caso, il giudice applica la cd. tutela obbligatoria ridotta (condanna, cioè, il datore di lavoro al pagamento di un indennità risarcitoria compresa fra sei e dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, misurandola il relazione alla gravità del vizio formale o procedurale commesso. [ ] [2]

5 Con altre parole Il nuovo testo dell art. 18, invece, prevede il seguente sistema di tutele, che mutano a seconda del vizio riscontrato nel licenziamento: quando non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo per manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento, il giudice applica la c.d. tutela reale attenuata (reintegrazione nel posto di lavoro e indennizzo commisurato alla retribuzione con il limite di 12 mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali per tutto il periodo dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione); la c.d. tutela reale attenuata si applica anche nei casi di licenziamento intimato nel periodo di comporto e per giustificato motivo oggettivo consistente nell inidoneità fisica o psichica del lavoratore; nelle altre ipotesi in cui si accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo addotto dal datore di lavoro, il giudice applica la c.d. tutela obbligatoria standard (ossia condanna il datore al pagamento di un indennità risarcitoria in una misura compresa fra 12 e 24 mensilità della retribuzione globale di fatto, tenendo conto dell anzianità del lavoratore, del numero dei dipendenti, della dimensione dell attività economica e del comportamento e condizioni delle parti); nell ipotesi in cui si sia verificata soltanto una violazione dell obbligo di specifica motivazione del licenziamento (previsto dall art. 2, co. 2, della legge 604 del 1966) ovvero della procedura preventiva da svolgersi davanti alla Direzione territoriale del lavoro, introdotta dalla stessa riforma del 2012 (se ne parlerà nei prossimi paragrafi), si applica la c.d. tutela obbligatoria ridotta: il giudice dichiara l inefficacia del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un indennità variabile tra 6 e 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, da valutarsi da parte del giudice in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro. Sotto il profilo procedurale, il legislatore del 2012, per spingere le parti a trovare soluzioni consensuali alla controversia, ha inoltre introdotto una procedura preventiva in sede amministrativa che il datore di lavoro deve necessariamente promuovere se vuole intimare un licenziamento per motivi economici. Più precisamente, la riforma prevede che, in questo caso, il licenziamento debba essere preceduto da una comunicazione preventiva alla Direzione territoriale del lavoro (Dtl), ove ha sede l unità produttiva nella quale è impiegato il lavoratore. La comunicazione deve essere inoltre trasmessa per conoscenza a quest ultimo. In tale comunicazione, il datore di lavoro deve indicare la propria intenzione di procedere al licenziamento e i motivi del medesimo, oltre alle eventuali misure per la ricollocazione. Entro 7 giorni dalla ricezione della richiesta, la Dtl trasmette alle parti la convocazione per un incontro (che si deve svolgere secondo le disposizioni contenute nell art. 410 cod. proc. civ.) finalizzato ad esaminare eventuali soluzione alternative al recesso. La procedura deve comunque concludersi entro 20 giorni dalla data di invio della convocazione, salvo che le parti non chiedano una proroga per arrivare a un accordo o che la procedura non debba essere sospesa per legittimo impedimento del lavoratore (la sospensione non può comunque essere superiore a 15 giorni). Essa può concludersi in diversi modi:

6 se il tentativo di conciliazione fallisce o il termine di 20 giorni decorre inutilmente, il datore di lavoro può comunicare al lavoratore il licenziamento che ha efficacia a decorrere dalla prima comunicazione; se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto, il lavoratore ha diritto di accedere all Assicurazione sociale per l impiego. [ ][4]

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