Sommario. Sviluppo delle Linee Guida

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1 Linee Guida della Società Italiana di Virologia (SIV) sulle strategie di prevenzione primaria e secondaria delle neoplasie della cervice uterina dopo l introduzione del Vaccino anti-hpv Sommario La Società Italiana di Virologia (SIV) ha elaborato delle linee guida sulle strategie diagnostiche per la prevenzione delle neoplasie della cervice uterina dopo l introduzione del vaccino profilattico anti-papillomavirus umano (HPV). Queste raccomandazioni, basate sull analisi dei dati presenti nella letteratura scientifica ed elaborate e discusse in una tavola rotonda tenutasi durante il 7 Congresso Nazionale della SIV (Orvie to, 25 giugno 2007), riconoscono il valore diagnostico della ricerca e tipizzazione di HPV per la prevenzione del carcinoma della cervice uterina sia in ambito di screening che di approfondimento del PAP test anormale, ed indicano strategie di diagnosi virologica in epoca vaccinale. Sviluppo delle Linee Guida La SIV ha nominato una commissione interna [FM Buonaguro, INT- Napoli e C. Giorgi, ISS-Roma] che ha riesaminato la letteratura ed organizzato una sessione specifica seguita da una tavola rotonda nel corso della sua Conferenza annuale (Orvieto, Giugno 2007) a cui hanno partecipato una serie di esperti internazionali su HPV [K. Soldan, Health Protection Agency Centre for Infections, London-UK; L. Banks, IIGEB, Trieste-IT; R. Kirnbauer, Viral Oncology, Medical University Vienna, Austria] e nazionali [FM Buonaguro; C. Giorgi; S. Pecorelli; MG Pompa; F. Carozzi; G. Palù; CF. Perno; ML Tornesello; A. Vecchione; M. Ciofi degli Atti; A. Venuti], affiancati da altre figure professionali competenti sui vaccini anti-hpv [F. Scaglione, relatore per Sanofi Pasteur MSD; H. Decks, relatore per GSK], per sviluppare linee guida per strategie di prevenzione primaria e secondaria delle neoplasie invasive della cervice uterina e delle lesioni pre-cancerose. I membri della Commissione Oncologia Virale della SIV ed i membri del Consiglio Direttivo della SIV hanno discusso ed approvato le raccomandazioni presentate in questo documento ed elaborate secondo le categorie riportate in tabella 1. La raccolta dei dati della letteratura e l elaborazione delle linee guida è a cura del Prof. Giorgio Palù e della Dr. Luisa Barzon (Università di Padova). Introduzione: Papillomavirus e cervico-carcinoma La dimostrazione del ruolo patogenetico dell infezione da HPV nel cervico-carcinoma e lo studio dell epidemiologia dell infezione da HPV e della sua relazione con la storia naturale delle lesioni precancerose cervicali e del cervico-carcinoma sono state fondamentali nello sviluppo di strategie diagnostiche e vaccinali per 1

2 la prevenzione di questa neoplasia, che tuttora rappresenta una delle neoplasie più comuni e letali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Epidemiologia. Il cervico-carcinoma è la seconda neoplasia maligna per incidenza e mortalità nelle donne in tutto il mondo [WHO 2006] e la prima neoplasia nei Paesi poveri, nei quali si verificano più dell 80% dei casi di cervico-carcinoma e di morti ad esso correlate [Parkin et al. 2005]. Evidenze sperimentali ed epidemiologiche dimostrano che l infezione persistente da HPV è causa necessaria del cervico-carcinoma e delle sue lesioni pre-cancerose, come già proposto da zur Hausen sin dagli anni 70 [Zur Hausen et al., Int J Cancer 1974]. Esistono più di 120 diversi genotipi di HPV, almeno 40 dei quali infettano la mucosa genitale [de Villiers et al., Virology 2004]. I genotipi genitali sono definiti ad alto rischio o a basso rischio a seconda della loro oncogenicità [Munoz et al. N Engl J Med 2003; Munoz et al. Vaccine 2006; Clifford et al., Vaccine 2006; Trottier et al., Vaccine 2006]. Dei genotipi di HPV attualmente definiti ad alto rischio (HPV di tipo 16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 66, 68, 73, 82), HPV-16 è associato a circa il 60% dei casi di cervico-carcinoma, HPV-18 al 10%, HPV-45 e HPV-31 al 4% ciascuno, i genotipi HPV-33, HPV-52 e HPV-58 contribuiscono complessivamente ad un altro 2% dei casi di cervico-carcinoma [Smith et al. Int J Cancer 2007; Clifford et al. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2005; Munoz et al., Vaccine 2006]. I genotipi di HPV a basso rischio HPV-6 e HPV-11 sono responsabili di circa il 90% dei condilomi ano-genitali [Munoz et al. Int J Cancer 2004]. E opportuno segnalare che le classificazioni in genotipi ad alto e basso rischio sono continuamente revisionate alla luce delle nuove conoscenze nel campo, e pertanto non e possibile dare indicazioni definitive riguardo l oncogenicità soprattutto dei genotipi a classificazione intermedia. Ciò ha ovvie implicazioni nella definizione degli standard diagnostici per l infezione da HPV (vedi oltre). La prevalenza degli HPV ad alto rischio è massima dopo la pubertà (30-50%), si riduce al 15% nella donne di età compresa tra i 26 e i 30 anni e al 10% nelle donne di anni, mentre mostra un secondo picco del 30% nelle donne ultracinquantenni. Nelle donne di età inferiore ai 25 anni il 20% delle infezioni da HPV ad alto rischio persiste, mentre il rischio di persistenza supera il 50% nelle donne di età superiore ai 55 anni [de Sanjosé et al. Lancet Infect Dis 2007]. L incidenza del cervico-carcinoma segue questa distribuzione bimodale, con un picco verso i 30 anni ed un altro picco verso i 60 anni. L infezione da HPV si associa anche a più del 70% dei casi di carcinoma anale e di carcinoma squamoso dell orofaringe, al 50% dei casi di carcinoma vulvare, vaginale e del pene e, nei pazienti immunodepressi, a più del 90% dei casi di carcinoma squamoso della cute [zur Hausen 2002; Munoz et al. Vaccine 2006; D Souza et al. 2007]. Patogenesi. Numerosi studi di laboratorio hanno dimostrato i meccanismi attraverso cui gli HPV ad alto rischio contribuiscono allo sviluppo del cancro [zur Hausen et al. 2002; Doorbar J. 2006]. Nel suo ciclo replicativo, HPV tipicamente infetta le cellule dello strato basale dell epidermide e delle mucose, dove l espressione della maggior parte dei geni virali è repressa mentre sono espressi solamente i geni precoci E1, E2, E5 e soprattutto E6 ed E7. I geni E1 ed E2 sono importanti per la replicazione e la segregazione del genoma virale, che si trova nella cellula in forma di episoma, mentre E6 ed E7 stimolano la proliferazione delle cellule infettate contribuendone così all espansione in senso laterale. E2 ha anche funzione di fattore di trascrizione 2

3 legando il promotore virale che controlla l espressione dei geni E6 ed E7: se poco espresso E2 agisce da attivatore trascrizionale, mentre funge da repressore quando espresso a livelli elevati. Il meccanismo attraverso cui E6 ed E7 stimolano la proliferazione cellulare dipende dalla loro interazione, rispettivamente, con la proteina p53 e le proteine della famiglia prb. Legando prb, E7 le dissocia dai fattori di trascrizione della famiglia E2F, che possono così transattivare fattori cellulari necessari per la replicazione del DNA virale, come le cicline A ed E. E7 lega anche altre proteine cellulari implicate nella proliferazione cellulare come le deacetilasi degli istoni, componenti del complesso di trascrizione AP1, gli inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti p21 e p27. La proteina E7 degli HPV ad alto rischio lega con maggior affinità le proteine prb rispetto ad E7 degli HPV basso rischio e ne induce la degradazione mediata da proteosoma. La funzione di E6 è complementare ad E7 tanto che, negli HPV ad alto rischio, le due proteine sono espresse da un unico messaggero policistronico. Il legame di HPV ad alto rischio a p53 ne provoca l ubiquitinazione e la degradazione. La cellula perde così la capacità di riparare i danni del DNA e di andare in apoptosi ed è predisposta ad accumulare mutazioni che possono esitare in cancro. Anche in questo caso, E6 di HPV ad alto rischio lega con maggior affinità p53 e ne induce la degradazione, grazie alla sua capacità di formare un complesso con l ubiquitina ligasi cellulare denominata E6-associated protein. E6 di HPV ad alto rischio ha anche un effetto diretto sulla proliferazione cellulare, interagendo con le proteine cosiddette PDZ, implicate nell adesione cellulare. Durante l infezione naturale, man mano che le cellule si differenziano e si spostano verso gli strati più superficiali, inizia l espressione dei geni virali tardivi, la replicazione del genoma virale, ed infine l assemblaggio ed il rilascio delle particelle virali. Nei tumori invasivi e nelle lesioni precancerose associate ad infezione da HPV ad alto rischio, invece, si osserva solo l espressione dei geni E6 ed E7 ed il virus non è in grado di replicare il suo genoma in quanto integrato in quello cellulare. L integrazione in genere avviene in corrispondenza della sequenza del gene E2, con distruzione dei geni E2, E4, E5 e parte di L2, mentre le sequenze dei geni E6 ed E7 risultano unite a sequenze cellulari generando quindi trascritti più stabili. Di conseguenza, l espressione di E6 ed E7 risulta aumentata ed incontrollata, anche a causa della perdita del freno inibitorio rappresentato da E2. Non è sufficiente però la sola espressione degli oncogeni virali per lo sviluppo del cervico-carcinoma, ma sono necessari altri eventi genetici ed epigenetici cellulari, la cui insorgenza e comunque favorita dall espressione persistente di E6 ed E7. Screening del cervico-carcinoma e diagnostica dell infezione da HPV I programmi di screening per la prevenzione del cervico-carcinoma, introdotti per la prima volta nel 1955 da Papanicolau con l esame citologico (Pap-test), riflettono le attuali conoscenze sulla storia naturale di questa neoplasia e delle sue lesioni pre-cancerose (CIN, neoplasia cervicale intraepiteliale) e sul ruolo dell infezione da HPV nella patogenesi del cervico-carcinoma. Le linee guida dell American Cancer Society [Smith et al. 2007; Saslow et al. 2002], raccomandano che lo screening inizi nella donna circa tre anni dopo l inizio dell attività sessuale o comunque non oltre i 21 anni. Fino all età di 30 anni, lo screening va fatto ogni anno con Pap-test o ogni due anni con citologia su strato sottile. Dopo i 30 anni, la donna con 3 test citologici consecutivi negativi 3

4 può essere rivalutata dopo 2-3 anni, oppure, in alternativa, può essere valutata ogni 3 anni mediante citologia associata alla determinazione della presenza del DNA di HPV ad alto rischio (test HPV). Sempre secondo le linee guida dell American Cancer Society, lo screening può essere interrotto dopo i 70 anni in presenza di 3 recenti Pap-test negativi. Alcune categorie di donne a rischio, come quelle con storia di cervico-carcinoma, esposizione in utero a dietilstilbestrolo, o immunodepressione, dovrebbero seguire uno screening annuale anche dopo i 30 anni. Analoghe linee guida sono proposte dell American College of Obstetricians & Gynecologists, che considerano l utilità di eseguire il test HPV, accanto alla citologia, nelle donne di età superiore ai 30 anni. Nel caso di negatività sia dell esame citologico che del test HPV, il successivo screening va eseguito dopo almeno tre anni. Esame citologico. I programmi di screening basati su metodi citologici, laddove adeguatamente implementati, hanno ridotto di circa il 70-80% l incidenza delle neoplasie squamose della cervice uterina e la mortalità ad esse associata [IARC 2005; Kitchener et al., 2007]. La citologia cervicale ha però una sensibilità bassa nel caso di riscontro di alterazioni citologiche di basso grado (LSIL) e, nel caso di anomalie squamose o anomalie ghiandolari di incerto significato (ASCUS, AGUS), richiede la ripetizione a distanza dell esame citologico oppure l approfondimento diagnostico con altri test, come il test HPV, o l esecuzione di un esame di secondo livello, quale la colposcopia [Wright et al. Clin Obstet Gynecol 2007]. La performance diagnostica della citologia cervicale è stata ampiamente valutata in numerosi studi pubblicati in letteratura, i cui risultati sono stati riassunti in alcune meta-analisi. Da questi studi è emerso che un singolo Pap test ha una sensibilità di circa il 50% nell identificare le donne con lesioni preinvasive di grado elevato o cervico-carcinoma invasivo (CIN2+) [Nanda et al. Ann Intern Med 2000; Arbyn et al. J Natl Cancer Inst. 2004; Cuzick et al. Int J Cancer 2006; Koliopoulos et al. Gynecol Oncol. 2007]. In particolare, una recente meta-analisi eseguita su 8 studi di screening nordamericani ed europei, condotti su un totale di oltre donne, dimostra che la sensibilità complessiva della citologia nell identificare il CIN2+, considerando ASCUS come cut-off per un risultato positivo, è del 53% (intervallo di confidenza (CI) al 95%, 49%-57%), variando dal 19% al 77% nei diversi studi [Cuzick et al. Int J Cancer 2006]. La sensibilità della citologia aumenta con l aumentare dell età della paziente ed è significativamente più elevata nelle donne ultracinquantenni che nelle donne più giovani (79.3% vs 59.6%). La specificità è molto più elevata della sensibilita rimanendo maggiore nelle donne di età superiore ai 35 anni rispetto a quelle più giovani (97.1% vs 95.9%) [Cuzick et al. Int J Cancer 2006]. Oltre alla bassa sensibilità, il test citologico presenta problemi di riproducibilità tra laboratori ed operatori diversi [Stoler et al. JAMA 2001]. Per questi motivi il test di screening citologico è stato implementato in molti centri con il test HPV e molte Società Scientifiche hanno incluso nelle loro linee guida l uso del test HPV. Come riportato sopra, le attuali indicazioni all uso del test HPV nell ambito dei protocolli di screening del cervico-carcinoma si riferiscono soprattutto al triage del Pap test dubbio (ASCUS), al follow-up dei casi sottoposti a trattamento escissionale di lesioni cervicali di alto grado, e, accanto al Pap test, come test di screening nelle donne di età superiore ai anni. Test HPV. Nella diagnostica di routine si usano correntemente due tipologie di test per l identificazione di HPV ad alto rischio: test di ibridazione, come il test Hybrid Capture II (HC2, Diagene), basato sull amplificazione del segnale, e test basati sull amplificazione del target mediante polymerase chain reaction 4

5 (PCR). Il test HC2, che è l unico test approvato dalla FDA, è un test di ibridazione molecolare in micropiastra con un cocktail di sonde che identifica i 13 principali genotipi di HPV ad alto rischio (è disponibile anche il cocktail di sonde che identifica un gruppo di HPV a basso rischio) e la rivelazione del segnale avviene mediante chemiluminescenza. L HC2 non identifica il singolo genotipo virale e la valutazione della carica virale è semiquantitativa. I test basati sulla PCR consistono nell amplificazione della maggior parte dei genotipi di HPV grazie all impiego di primers consensus che riconoscono una regione conservata del gene L1. L identificazione dei genotipi ad alto rischio si effettua mediante sequenziamento, analisi di restrizione o ibridazione con sonde specifiche, come nel caso del test Amplicor HPV (Roche), che è marcato CE. Il test Amplicor HPV amplifica i 13 principali genotipi di HPV ad alto rischio, ma non li identifica singolarmente. L identificazione dei genotipi di HPV può essere eseguita con sequenziamento, analisi di restrizione o ibridazione (linear array, line probe assay, microchip). Nessuno dei test di genotipizzazione è approvato dalla FDA. Applicazioni del test HPV nei protocolli di screening del cervico-carcinoma Uso del test HPV nella gestione della paziente con Pap test anormale. L introduzione del test HPV nei programmi di prevenzione secondaria del cervico-carcinoma è avvenuta in seguito alle numerose dimostrazioni nella letteratura scientifica che l identificazione di HPV ad alto rischio ha una maggiore sensibilità nel predire le lesioni precancerose di grado elevato o il cervico-carcinoma invasivo rispetto al Pap test. Una meta-analisi sull uso del test HPV nel triage del referto ASCUS al Pap test ha dimostrato che il test HPV ha una accuratezza migliore rispetto alla ripetizione dell esame citologico. La sensibilità e specificità complessiva del test HPV erano del 84.4% e 72.9%, rispettivamente, vs 81.8% e 57.6% del Pap-test, usando come cut-off il referto ASCUS; usando invece come cut-off il referto LSIL, la sensibilità del Pap test si riduceva al 45.7% mentre la specificità aumentava al 89.1% [Arbyn et al. J Natl Cancer Inst. 2004]. Tra i vari studi inclusi nella meta-analisi, va citato l autorevole studio ALTS (ASCUS Low SIL Triage Study), uno studio clinico controllato randomizzato, che ha reclutato 3488 pazienti, suddivise nei tre bracci di trattamento: colposcopia immediata, ripetizione della citologia in fase liquida, o test HPV. Questo studio, confermato poi da altri analoghi, ha dimostrato che la sensibilità del test HPV nell identificare i casi di CIN3+ era superiore rispetto alla ripetizione della citologia, pur mantenendo una simile specificità [Solomon et al. J Natl Cancer Inst 2001]. Sulla base di questi dati, negli Stati Uniti, l American Society for Colposcopy and Cervical Pathology, indica oggi il test HPV come opzione ottimale per il triage del Pap test ASCUS [Kulasingam et al. J Natl Cancer Inst 2006]. In uno studio prospettico randomizzato condotto in Italia, in cui l esame citologico ed il test HPV erano condotti in parallelo, è emerso che la specificità del test HPV, se usato per il triage dell ASCUS o del LSIL, è maggiore nelle donne di età superiore ai 35 anni rispetto a quelle più giovani, in accordo con altri studi pubblicati in letteratura [Ronco et al. Eur J Cancer 2007]. Uso del test HPV nel follow-up della paziente trattata per neoplasia cervicale. Numerosi studi dimostrano che il test HPV, eseguito ad intervalli di 4-6 mesi dopo trattamento escissionale di lesioni di alto grado (CIN2-3), è superiore per sensibilità e specificità all esame citologico nel monitorare il rischio di ricorrenza di malattia [Houfflin Debarge et al. Gynecol Oncol 2003; Paraskevaidis et al. Cancer Treat Rev 2004; Kreimer et 5

6 al. Cancer Epidemiol biomerkers Prev 2006]. In assenza di HPV DNA il rischio di persistenza o recidiva di CIN di alto grado è praticamente nullo, come dimostrato dagli studi pubblicati in letteratura, nei quali il 97% dei casi di recidiva CIN2-3 identificati nel corso del follow-up erano HPV-positivi. Uso del test HPV come test di screening del cervico-carcinoma. In letteratura sono stati pubblicati numerosi studi che hanno valutato il ruolo del test HPV nei programmi di screening del cervico-carcinoma [Franco EL. J Natl Cancer Inst Monogr 2003; Cuzick et al. Int J Cancer 2006; Koliopoulos et al. Gynecol Oncol. 2007]. Questi studi sono stati condotti utilizzando metodiche diverse e hanno dato risultati talora contrastanti. Recentemente è stata pubblicata una meta-analisi comprendente 25 studi non randomizzati in cui la performance dell esame citologico nel predire le lesioni CIN2+ era confrontata con quella del test HPV nei programmi di screening [Koliopoulos et al. Gynecol Oncol. 2007]. Complessivamente, la sensibilità del test HPV era del 90% nel caso in cui era usato il test HC2 e del 80.9% nel caso in cui era usata la PCR con primer consensus; i livelli di specificità erano invece invertiti per i due test, dando valori rispettivamente del 86.5% e 94.7% per HC2 e PCR. L accuratezza della citologia risultava comunque più bassa: considerando come cut-off il referto ASCUS, la sensibilità era del 72.7% e la specificità del 91.9%. Considerando solo gli studi che comprendevano le donne di età superiore ai 30 anni, la sensibilità complessiva del test HC2 era del 94.8% e la specificità del 86% [Koliopoulos et al. Gynecol Oncol. 2007]. Analoghi risultati sono emersi dalla meta-analisi di Cuzick et al. [Int J Cancer 2006] comprendente solo gli studi condotti in Europa e Nordamerica su un totale di circa donne: la sensibilità e la specificità complessiva del test HPV erano rispettivamente del 96.1% e 90.7%, mentre quelle della citologia erano del 53.0% e 96.3%, rispettivamente. Inoltre, a differenza dell esame citologico, la sensibilità del test HPV non variava nei diversi Centri ed era elevata sia nelle donne giovani che in quelle di età superiore ai 50 anni. Tra gli studi compresi in queste meta-analisi, va citato lo studio HART, un protocollo di screening multicentrico condotto su oltre donne di età compresa tra 30 e 60 anni, in cui le donne con citologia bordeline e quelle positive per HPV ad alto rischio ma citologia negativa erano randomizzate all esecuzione immediata di un esame colposcopico o alla sorveglianza con ripetizione di test HPV, esame citologico, e colposcopia a 12 mesi [Cuzick et al. Lancet 2003]. Lo studio HART ha confermato la superiorità diagnostica del test HPV rispetto alla citologia e giungeva alla conclusione che il test HPV poteva essere usato come test di screening primario nelle donne di età superiore ai 30 anni, mentre l esame citologico poteva essere usato come test di secondo livello nel triage delle donne positive per HPV ad alto rischio. Gli studi prospettici randomizzati [Davies et al. Int J Cancer 2006], condotti più recentemente, non erano inclusi in queste meta-analisi. Uno di questi è lo studio NTCC (New Technologies for Cervical Cancer screening), condotto recentemente in Italia su circa donne, le quali erano randomizzate ad un protocollo di screening convenzionale con Pap-test ed invio alla colposcopia nel caso di risultato ASCUS+ o ad un protocollo sperimentale basato sulla citologia in fase liquida e test HPV con HC2 ed invio alla colposcopia nel caso di risultato ASCUS+. Nel caso di test HPV positivo ma citologia negativa, gli esami venivano ripetuti dopo un anno. L endpoint dello studio era l identificazione del CIN2+ alla colposcopia. I risultati di questo studio hanno confermato che lo screening basato sulla sola citologia ha una sensibilità inferiore rispetto all associazione della citologia con il test HPV, sia nelle donne di età superiore ai 35 anni [Ronco et al. J Natl Cancer Inst 2006] che in quelle di età inferiore [Ronco et al. Lancet 2006]. Questo studio, 6

7 che rispetto allo studio HART includeva anche donne di età inferiore ai 30 anni, indica che anche nelle donne giovani il test HPV può essere usato in alternativa alla citologia come test di screening per il cervico-carcinoma, usando l esame citologico nel triage dei casi HPV-positivi [Ronco et al. Lancet 2006]. Recentemente sono stati pubblicati i risultati preliminari di altri studi prospettici randomizzati di valutazione dell efficacia del test HPV, utilizzando sia tecniche di ibridazione con HC2 che tecniche di amplificazione degli acidi nucleici, nell ambito dei protocolli di screening. Il Population Based Screening Study Amsterdam (POBASCAM), che ha l obiettivo di valutare se lo screening primario con test HPV è più efficace del test citologico nei programmi di screening, ha arruolato donne di età compresa tra 29 e 56 anni e partecipanti regolarmente ai programmi di screening del cervico-carcinoma e le ha randomizzate per l esecuzione dello screening con la sola citologia (gruppo di controllo) o con la combinazione di citologia e test HPV (gruppo sperimentale) con l obiettivo primario di identificare le lesioni CIN3+. In questo studio, il test HPV era basato sull amplificazione di HPV mediante PCR utilizzando i primer consensus GP5+/6+ PCR, seguita da rivelazione con un cocktail di sonde oligonucleotidiche in grado riconoscere 14 genotipi virali ad alto rischio. I risultati ottenuti dalla valutazione delle prime donne, delle quali 8575 erano randomizzate nel gruppo sperimentale e 8580 nel gruppo di controllo, e seguite per un follow-up superiore o uguale a 6 anni e mezzo, dimostrano che, in occasione del primo screening al momento dell arruolamento, la combinazione del test HPV con l esame citologico consente di identificare un numero significativamente maggiore (70% in più) di lesioni CIN3+ rispetto alla sola citologia [Bulkmans et al. Lancet 2007]. Il numero di lesioni CIN3+ riscontrate alla successiva visita di follow-up, in cui erano eseguiti sia test HPV che esame citologico, era significativamente minore nel gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo. Il numero complessivo di lesioni CIN3+ identificate nelle due visite non differiva significativamente tra i due gruppi. I risultati di questo studio dimostrato quindi che l implementazione del test HPV nei programmi di screening consente di identificare più precocemente le lesioni CIN3+ e quindi, eventualmente, di allungare gli intervalli di screening [Bulkmans et al. Lancet 2007]. Un analogo studio condotto in Svezia ha arruolato donne di età compresa tra 32 e 38 anni, randomizzate all esecuzione del test HPV insieme al Pap test o all esecuzione del solo Pap test con l obiettivo primario di identificare il CIN2+ [Naucler et al. N Engl J Med 2007]. Anche in questo studio il test HPV era basato sull amplificazione mediante PCR con i primer consensus GP5+/6+ PCR, seguita dall identificazione di 14 genotipi virali ad alto rischiomediante sonde oligonucleotidiche. Le donne che risultavano positive al test HPV ma avevano un Pap test negativo eseguivano un secondo test HPV almeno dopo un anno e coloro che dimostravano un infezione persistente da parte dello stesso genotipo ad alto rischio eseguivano la colposcopia con biopsia cervicale. Un numero simile di donne arruolate nel braccio di controllo veniva sottoposta a colposcopia e prelievo bioptico. Anche questo studio dimostra che, alla prima valutazione eseguita al momento dell arruolamento, il numero di lesioni CIN2+ nel gruppo sperimentale era significativamente maggiore (51% in più) rispetto al gruppo di controllo. Alla successiva visita di screening, il numero di lesioni CIN2+ nel gruppo sperimentale era inferiore del 42% rispetto al gruppo di controllo, con una riduzione soprattutto dell incidenza di CIN3 e cancro. Inoltre, le donne con infezione persistente da HPV ad alto rischio, nelle quali la colposcopia non aveva evidenziato lesioni ad alto rischio, dimostravano un rischio elevato di sviluppare lesioni CIN2+ durante il follow-up. Questo studio dimostra quindi che l implementazione del test HPV nei programmi di screening è più 7

8 efficace del Pap test da solo anche nell identificare precocemente le lesioni CIN2, CIN3 ed il carcinoma invasivo [Naucler et al. N Engl J Med 2007]. Il confronto diretto tra Pap test e test HPV (utilizzando il kit HC2) usati da soli nel programma di screening del cervico-carcinoma è stato effettuato in un trial randomizzato canadese, in cui sono state arruolate donne di età compresa tra 30 e 69 anni [Mayrand et al. N Engl J Med 2007]. Le donne erano sottoposti ad entrambi i test, ma solo uno era considerato ai fini dello studio. Nel caso i test dessero un risultato positivo, veniva eseguita la colposcopia con biopsia cervicale. La colposcopia era eseguita anche in un campione casuale di donne con test negativi. Questo studio ha dimostrato che la sensibilità del test HPV nell identificare il CIN2 o il CIN3 era del 94,6% (95% CI, 84,2-100), significativamente superiore (con una differenza del 39.2%) rispetto a quella del Pap test, che era del 55,4% (95% CI, 33,6-77,2). La specificità del test HPV era del 94,1% (95% CI, 93,4-94,8), inferiore soltanto del 2,7% rispetto a quella del Pap test (96,8%; 95% CI, 96,3-97,3). Quando i due test erano considerati insieme, la sensibilità era del 100% e la specificità del 92,5%. In sintesi, i risultati di questo studio dimostrano che il test HPV, usato da solo come test di screening, è nettamente più sensibile rispetto al Pap test nell identificare le lesioni precancerose cervicali [Mayrand et al. N Engl J Med 2007]. Raccomandazioni per l impiego del test HPV nei programmi di screening del cervico-carcinoma L esecuzione del test HPV nel triage dell ASCUS è vantaggiosa poichè il test HPV è più sensibile rispetto alla ripetizione dell esame citologico nell identificare il CIN2+ (IA). L associazione del test HPV alla citologia nel follow-up post trattamento escissionale delle lesioni intraepiteliali di alto grado presenta un significativo vantaggio in termini di sensibilità e di specificità nella diagnosi di persistenza/recidiva di malattia (IA). Il test HPV, basato sull ibridazione (HC2) oppure sull amplificazione mediante PCR ed identificazione dei genotipi ad alto rischio, affiancato all esame citologico nello screening del cervico-carcinoma è più efficace dell esame citologico da solo nell identificare le lesioni CIN2+ delle donne di età superiore ai 30 anni (IA) ma anche di età inferiore ai 30 anni (IA) e nel ridurre l incidenza delle lesioni CIN2+ al successivo follow-up nelle donne valutate nella quarta decade di vita (IA). La contemporanea negatività dell esame citologico e del test HPV indica un rischio molto basso di cancro (IA). La paziente con test HPV positivo e citologia negativa deve essere rivalutata dopo 6-12 mesi o inviata alla colposcopia (IB). Il test HPV, usato da solo nei programmi di screening del cervico-carcinoma, è più sensibile rispetto alla citologia nell identificare il CIN2+ (IA). Il test HPV, basato sull ibridazione (HC2) oppure sull amplificazione mediante PCR ed identificazione dei genotipi ad alto rischio, può essere usato in alternativa all esame citologico nei protocolli di screening del cervico-carcinoma, per la sua elevata sensibilità e specificità nell identificare le lesioni CIN2+ (IA). 8

9 Altri test di laboratorio per la valutazione della paziente con infezione da HPV Determinazione della persistenza di HPV. Tra le donne positive al test HPV, solo alcune sviluppano cancro. Quindi, il riscontro di un singolo test HPV positivo, in assenza di lesioni clinicamente significative, non sembra giustificare l intervento terapeutico [Nobbenhuis et al. Lancet 2001]. Diversi studi longitudinali hanno dimostrato che la persistenza di HPV ad alto rischio è necessaria per lo sviluppo e la progressione delle lesioni precancerose e che la maggior parte delle infezioni da HPV ad alto rischio, così come le lesioni ad esse associate, si risolvono spontaneamente nel giro di 6-18 mesi [Remmink et al. Int J Cancer 1995; Ho et al. J Natl Cancer Inst 1995; Ho et al. N Engl J Med. 1998; Nobbenhuis et al. Lancet 1999; Dalstein et al. Int J Cancer 2003; Gingelmaier et al., Anticancer Res 2007]. Strategie di screening basate sulla ripetizione del test HPV a 6-12 mesi dal primo riscontro della presenza di HPV ad alto rischio potrebbero consentire di identificare il gruppo di donne a rischio da inviare all esame colposcopico, evitando il trattamento di lesioni destinate a regredire [Bory et al. Int J Cancer 2002; Bais et al. Int J Cancer 2005]. Misurazione della carica virale. Una elevata carica di HPV-16 è stata riportata essere associata con gradi più elevati di CIN e di carcinoma invasivo o con un maggior rischio di sviluppare CIN2-3 durante il follow-up [Josefsson et al. Lancet 2000; Ylitalo et al. Lancet 2000; Dalstein et al. Int J Cancer 2003; Lo et al. J Clin Virol 2005; Moberg et al. Br J Cancer 2005; Fiander et al., J Med Virol 2007]. Per questo la misurazione della carica di HPV-16 è stata proposta come marker per valutare il rischio di progressione del CIN. Risultati contrastanti sono stati ottenuti circa la correlazione tra misurazione della carica virale degli altri genotipi di HPV ad alto rischio e la gravità delle lesioni cervicali o il rischio di sviluppare malattia [Lorincz et al. Lancet 2002; Flores et al. Int J Cancer 2006] Tipizzazione, sottotipizzazione e sequenziamento degli oncogeni di HPV ad alto rischio. Diversi studi pubblicati in letteratura hanno dimostrato che le donne con infezione da HPV-16 e HPV-18 hanno una maggiore probabilità di sviluppare cancro rispetto alle donne con infezione da altri genotipi oncogeni [Koutsky et al. N Engl J Med 1992; Khan et al. J Natl Cancer Inst 2005; Castle et al. J Natl Cancer Inst 2005; Castellsague et al. J Natl Cancer Inst. 2006] e che la tipizzazione di HPV-16 e HPV-18 consente di identificare le donne con rischio più elevato di sviluppare un CIN2-3 [Castle et al. J Natl Cancer Inst 2005; Khan et al. J Natl Cancer Inst 2005]. Alcuni studi suggeriscono che anche l identificazione degli altri genotipi oncogeni di HPV possa essere utile nello stratificare i pazienti a rischio [Zuna et al. Mod Pathol 2007; Guo et al. Mod Pathol 2007]. Interesse è emerso anche nello studio delle varianti intra-tipo di HPV, definite da una differenza inferiore al 2% nella sequenza nucleotidica del gene L1 rispetto a quella del prototipo di riferimento. Studi condotti in popolazioni multietniche hanno dimostrato che le varianti asiatiche-americane e altre varianti non-europee di HPV-16 e HPV-18 si associano ad un maggior rischio di infezione persistente e di sviluppo di lesioni cervicali e di cervico-carcinoma [Berumen et al. J Natl Cancer Inst 2001; Hildesceim et al. J Natl Cancer Inst 2001; Sichiero et al. Int J Cancer 2007]. Risultati interessanti sono emersi anche dallo studio degli oncogeni E6 e E7. Studi di sequenza del gene E6 dell HPV16 hanno evidenziato che la variante T350G riscontrata nella popolazione europea si associa ad una aumentata persistenza virale e ad un incremento dell oncogenicità a livello cervicale (Zehbe et al. Cancer Res, 9

10 1998; Brady et al. J Gen Virol 1999). Il cambiamento aminoacidico può influenzare la capacita dell oncoproteina E6 di degradare p53 oltre a influenzarne l immunogenicità. Inoltre, e stato dimostrato che la mutazione L83V potenzia l attivazione della via MAPK e coopera con Notch 1 favorendo la progressione neoplastica [Chakrabarti et al. J Virol 2004]. Pertanto varianti genetiche dello stesso HPV-16 possono essere associate ad un differente potenziale oncogeno, determinando una derepressione del promoter degli oncogeni E6 e E7 anche in assenza di integrazione virale. E infatti da tener presente che più di un terzo dei tumori cervicali contiene il virus in forma episomale [Watts et al. J Clin Microbiol 2001; Watts et al. Int J Cancer 2002]. Infine, mutazioni sono state descritte anche a livello della regione regolatoria URR (che regola l espressione degli oncogeni E6 ed E7) dove si possono riscontrare siti di legame per numerosi fattori di trascrizione. Mutazioni a carico di questi siti potrebbero comportare alterazioni della regolazione della trascrizione dei geni oncogeni (Ciotti et al., Oncol Rep 2006). Pertanto, la tipizzazione, sottotipizzazione e sequenziamento degli oncogeni di HPV, includendo anche la regione LCR e le varianti E6 di HPV ad alto rischio, possono essere quindi utili non solo dal punto di vista epidemiologico ma anche come fattore prognostico. Ampliamento del numero di genotipi di HPV inclusi nel test. La dimostrazione che nuovi genotipi di HPV, definiti a rischio intermedio, come HPV-26, 53, 66, 73, e 82, possono essere associati al rischio di cervicocarcinoma ha portato a considerare l eventualità di ampliare il numero di genotipi inclusi nei test di identificazione degli HPV ad alto rischio. Per valutare l impatto nella pratica clinica dell ampliamento del numero di genotipi di HPV identificati dai test HPV, sono stati esaminati i dati di due trial clinici randomizzati, in cui il test HPV era usato nello screening del cervico-carcinoma e nel triage del Pap test anormale, rispettivamente [Schiffman et al. J Natl Cancer Inst 2005]. Nel protocollo di screening, l aggiunta di altri genotipi virali, oltre ai 12 genotipi ad alto rischio più comuni, non aumenta ulteriormente la sensibilità del test. Analogamente, anche quando il test HPV è usato nel triage dell ASCUS, la sensibilità del test è massima con 17 genotipi, ma a discapito di una specificità molto bassa [Schiffman et al. J Natl Cancer Inst 2005]. L ampliamento del numero di genotipi di HPV, oltre quelli attualmente presenti nel test approvato dalla FDA, non sembra quindi al momento particolarmente vantaggioso né per lo screening né per il triage del Pap test anormale. Va peraltro segnalato che i test diagnostici oggi approvati non identificano il singolo genotipo presente nel campione in analisi, non caratterizzano le capacita oncogene dei singoli virus, e quindi non contribuiscono in modo adeguato al miglioramento dei protocolli di diagnosi dell infezione da HPV. Valutazione dello stato di integrazione del genoma di HPV. L integrazione di HPV-16 e degli HPV ad alto rischio nel genoma della cellula infettata è un evento cruciale nella tumorigenesi, in quanto promuove l espressione dei trascritti dei geni E6/E7, ed è associata ad un maggior rischio di fallimento terapeutico e ad un più breve intervallo libero da malattia [Vernon et al. Int J Cancer 1997; Kalantari et al. Int J Gynecol Pathol 1998]. La valutazione dello stato di integrazione del genoma di HPV, analizzato mediante Southern-blot o misurando con PCR quantitativa il rapporto tra le sequenze E2/E6, potrebbe pertanto rappresentare un valido marcatore prognostico di utilizzo futuro. Analisi dell espressione dei trascritti E6/E7 di HPV ad alto rischio. L iperespressione di E6/E7 di HPV ad alto rischio è associata al cervico-carcinoma e alle sue lesioni pre-cancerose. L analisi dell espressione dei trascritti E6/E7 di HPV-16, 18, 31, 33, 45 con il test commerciale PreTect HPV Proofer (Norchip) ha dimostrato 10

11 una buona specificità nell identificare le lesioni CIN2+ [Kraus et al. J Clin Microbiol 2006; Molden et al. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2005; Molden et al. Int J Cancer. 2005]. Studi comparativi con il test HPV hanno dimostrato che la determinazione di E6/E7 mrna ha la stessa sensibilità della determinazione di HPV DNA e una maggiore specificità nell identificare il CIN2+ [Molden et al. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2005; Molden et al. Int J Cancer. 2005; Castle et al. Clin Cancer Res 2007]. E stato inoltre dimostrato che la determinazione quantitativa dell espressione di E6/E7 mrna nel cervico-carcinoma, ma non la carica di HPV- DNA, correla con la sopravvivenza delle pazienti [de Boer et al. Clin Cancer Res 2007] Analisi della risposta immunitaria. Sia la risposta immunitaria umorale che quella cellulo-mediata sono essenziali per le clearance delle lesioni cervicali associate ad HPV. La risposta umorale contro HPV o virus-like particles (VLP) è costituita prevalentemente da anticorpi neutralizzanti contro epitopi conformazionali immunodominanti tipo-specifici, anche se sono state dimostrate cross-reattività, come tra HPV-6 ed HPV-11, HPV-31 e HPV-33, HPV-18 ed HPV-45. Nell uomo la presenza di anticorpi anti-hpv nel siero è stabile nel tempo, anche dopo la clearance del virus, per cui la valutazione sierologica di anticorpi anti-hpv può essere usata come test di esposizione al virus. La sensibilità del test sierologico è però bassa (50-60%) mentre la specificità è elevata (circa 90%), La bassa sensibilità del test è anche dovuta al fatto che molti soggetti esposti ad HPV e con dimostrazione di HPV-DNA non presentano sieroconversione [Konya et al. Adv Cancer Res 2001]. D altro canto, la dimostrazione di anticorpi anti-hpv, soprattutto se a titolo elevato, è più frequente nelle donne con infezione persistente [Ho et al. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2004; Ho et al. J Infect Dis 2002; Dillner et al. J Natl Cancer Inst 1997]. Inoltre, la dimostrazione di sieropositività per più genotipi diversi di HPV ad alto rischio si associa a CIN di grado elevato, indipendentemente dalla presenza di HPV-DNA [Einstein et al. Int J Cancer 2006]. Per quanto riguarda i test, non esistono test immunologici standardizzati per la determinazione di anticorpi anti-hpv; quelli descritti in letteratura sono di tipo immunoenzimatico o radioimmunologico basati sull utilizzo di VLPs tipo-specifiche adsorbite su micropiastre [Ifner & Villa. J Natl Cancer Inst Monograph 2003]. La risposta immunitaria cellulo-mediata è importante nella clearance di HPV, come dimostrato indirettamente dalla elevata incidenza di infezioni persistenti da HPV nei pazienti trapiantati o con AIDS. Inoltre, la persistenza dell infezione e la progressione neoplastica è associata ad una alterata risposta sia dei linfociti T CD4+ [de Jong et al. Cancer Res 2004] che dei linfociti T CD8+ [Piersma et al. Cancer Res 2007]. La valutazione della risposta immunitaria cellulo-mediata potrebbe essere quindi un marcatore predittivo di rischio di infezione persistente e di cancro. Raccomandazioni sull impiego di nuovi test nella diagnostica dell infezione da HPV L infezione persistente da HPV ad alto rischio è condizione necessaria per lo sviluppo del cervicocarcinoma (IA). La maggior parte delle infezioni da HPV ad alto rischio si risolve spontaneamente in 6-18 mesi (IA). La valutazione della persistenza di HPV deve tener conto del tempo generalmente richiesto per la clearance dell infezione e può essere utile nell identificare le pazienti a rischio di sviluppare cervicocarcinoma (IB). 11

12 La tipizzazione e sottotipizzazione di HPV è utile ai fini epidemiologici per identificare la distribuzione geografica e la modalità di diffusione degli HPV (IB). La tipizzazione di HPV permette una accurata identificazione delle infezioni persistenti (IB). Le donne con test citologico negativo o dubbio ma presenza di HPV-16 o HPV-18 hanno un maggior rischio di sviluppare CIN3+ rispetto alle donne con test HPV negativo (IB). La sottotipizzazione di HPV-16 e HPV-18 e il sequenziamento degli oncogeni E6/E7 di HPV-16 e HPV-18 può contribuire all identificazione delle pazienti a rischio di sviluppare cervico-carcinoma (II). In epoca vaccinale, la tipizzazione di HPV potrebbe essere un test utile per valutare eventuali modificazioni nella prevalenza dei genotipi di HPV (research need). In ambito epidemiologico, la tipizzazione di HPV è un test utile per valutare l efficacia del vaccino anti-hpv (IA). La tipizzazione di HPV-16 e HPV-18 può essere utile nella valutazione dello stato di infezione della donna candidata alla vaccinazione, in quanto non ci sono evidenze oggi disponibili riguardo la capacita della vaccinazione di proteggere dal rischio di CIN2+ le donne che hanno già contratto l infezione (IA). La misurazione della carica di HPV-16 DNA nelle donne con citologia cervicale normale può essere utile nell identificare le pazienti a rischio di sviluppare cervico-carcinoma (II). La dimostrazione dell espressione dei trascritti degli oncogeni E6/E7 di HPV ad alto rischio può essere utile nell identificare le pazienti a rischio di sviluppare cervico-carcinoma e con prognosi peggiore (II). In presenza di HPV-DNA, la dimostrazione di anticorpi anti-hpv può indicare infezione persistente (II). Nelle pazienti con cervico-carcinoma la valutazione della risposta immunitaria cellulo-mediata anti- HPV può essere un utile marcatore prognostico (research need). In ambito epidemiologico, i test sierologici per HPV e la valutazione della risposta immunitaria cellulomediata anti-hpv sono utili per valutare la risposta alla vaccinazione anti-hpv e per monitorare la durata della protezione immunitaria (IA). Vaccini profilattici anti-hpv Recentemente sono stati sviluppati e valutati in studi clinici due vaccini contro HPV-16 ed HPV-18, i genotipi responsabili di circa il 70% dei casi di cervico-carcinoma invasivo in tutto il mondo [Koulsky et al. N Engl J Med 2002; Mao et al. Obstet Gynecol 2006; Harper et al. Lancet 2004; Harper et al. Lancet 2006; Villa et al. Lancet Oncol 2005]. La possibilità di produrre un vaccino anti-hpv basato sulla capacità di auto-assemblaggio della proteina capsidica L1 in particelle simili al virus (virus like particles VLP), prive di attività infettiva per l assenza del DNA virale, ma con capacità di indurre una risposta immunitaria protettiva tipo-specifica era stata identificata e descritta in vari modelli animali. Nel corso degli anni sono stati sviluppati e testati per immunogenicità, 12

13 sicurezza ed efficacia in studi clinici randomizzati vari modelli vaccinali monovalenti contro HPV-16 [Koulsky et al. N Engl J Med 2002; Mao et al. Obstet Gynecol 2006], bivalenti contro HPV-16 e HPV-18 [Harper et al. Lancet 2004; Harper et al. Lancet 2006] e quadrivalente contro i tipi 6/11/16/18 [Villa et al. Lancet Oncol 2005; FUTURE II. N Engl J Med 2007; Garland et al. N Engl J Med 2007]. Le preparazioni di VLP somministrate per via i.m. inducono una buona risposta immune tipo specifica e dose-dipendente nella quasi totalità dei soggetti vaccinati [Harper et al. Lancet 2006; Villa et al. Br J Cancer 2006, FUTURE II. N Engl J Med 2007; Garland et al. N Engl J Med 2007, Olsson et al. Vaccine 2007]. A livello europeo è in corso di registrazione il vaccino bivalente (HPV 16 e 18) prodotto dalla GlaxoSmithKline (Cervarix ) da somministrare i.m. in tre dosi (tempo zero, uno e sei mesi), mentre è già stato registrato il vaccino quadrivalente (HPV 6,11,16,18) prodotto dalla Merck & Co., Inc. e distribuito in Europa dalla Sanofi Pasteur MSD (Gardasil ) e dalla Merck Sharp & Dohme (Silgard ) da somministrare i.m. in tre dosi a tempo zero, due e sei mesi. Il vaccino bivalente ha l'obiettivo di ridurre l'incidenza delle lesioni precancerose e cancerose a livello cervicale. Il vaccino quadrivalente, in aggiunta alle lesioni precancerose, ha anche l'obiettivo di ridurre le lesioni precancerose genitali (vulvari) e le lesioni condilomatose. Il vaccino può essere indicato anche nei ragazzi di 9-15 anni con l obiettivo di limitare la trasmissione del virus. In Italia, il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) nella seduta dell'11/01/2007 a sezioni congiunte II e III, interpellato in merito alle strategie e alle modalità di intervento più opportune per il nostro Paese, ha espresso uno specifico parere. Ha indicato la necessità di intervenire, in via prioritaria, con una campagna di vaccinazione gratuita sulle ragazze in età prepubere (12 anni) in modo da produrre una progressiva immunizzazione della popolazione giovane adulta esposta al rischio di infezione. La scelta della popolazione femminile dodicenne deriva dai risultati degli studi di sicurezza ed efficacia, che sono stati condotti su ragazzi e ragazze di età compresa tra i 9 e i 15 anni (vaccino quadrivalente) o su ragazze di età compresa tra i 10 e i 14 anni (vaccino bivalente). I risultati, che sono stati presentati a congressi e scientifici e pubblicati in letteratura indicano che entrambi i vaccini sono molto sicuri ed altamente immunogenici [Villa et al. Br J Cancer 2006; Block et al., Pediatrics 2006; Olsson et al. Vaccine 2007; Reisinger et al. Pediatr Infect Dis J 2007]. Dati di efficacia dei vaccini profilattici anti-hpv. La valutazione dell'efficacia dei vaccini nei protocolli clinici di fase II-III si è basata sulla quantificazione della riduzione dell'incidenza dell'infezione persistente da HPV vaccinale (due rilevazioni positive a distanza di almeno 4-6 mesi) e sulla riduzione dell'incidenza delle lesioni precancerose (CIN2 e CIN3) da genotipi di HPV vaccinali. Poiché gli standard di cura internazionali di lesioni precancerose CIN 2/3 richiedono la terapia ablativa e dal momento che, in studi prospettici, non è considerato etico permettere che una donna sviluppi una malattia invasiva per dimostrare l efficacia preventiva, sia l OMS che gli organismi regolatori internazionali hanno codificato come endpoint clinico surrogato valido per la dimostrazione dell efficacia preventiva lesioni considerate francamente precancerose (CIN2/3). Gli studi clinici randomizzati hanno dimostrato che la vaccinazione in tre dosi è efficace nel prevenire l'infezione persistente e le lesioni precancerose correlate. Il vaccino quadrivalente si è dimostrato efficace anche nel prevenire le lesioni condilomatose e le lesioni genitali precancerose (vulvari) da genotipi di HPV contenuti nel 13

14 vaccino. Gli studi sono stati condotti su donne giovani (<26 anni), con un numero medio di partner limitato (fino a 5-6), con anamnesi negativa per precedenti lesioni cervicali e negative per i tipi di HPV contenuti nel vaccino al momento dell'arruolamento. I risultati di efficacia riferiti negli studi sono sostanzialmente di due tipi: (i) analisi dei risultati per protocol in cui si vede l'efficacia "pura" del vaccino, analizzando nell'ambito della sperimentazione clinica i dati relativi alle donne che non hanno violato il protocollo (hanno cioè ricevuto le tre dosi di vaccino o placebo come previsto), che erano risultate negative per i tipi di HPV contenuti nel vaccino sia all'arruolamento che durante il periodo di somministrazione del prodotto; (ii) analisi dei risultati modified intention to treat in cui si ha una valutazione più vicina all'efficacia del vaccino quando utilizzato nella realtà, in quanto analizza i risultati di tutte le donne arruolate, purché abbiano ricevuto una prima dose di vaccino o placebo e risultassero negative ai tipi vaccinali solo alla prima dose. Efficacia del vaccino quadrivalente. Uno studio clinico randomizzato di fase II è stato condotto su 552 donne (277 randomizzate nel gruppo vaccinale e 275 randomizzate nel gruppo placebo). L analisi di efficacia per protocol ha dimostrato che il vaccino quadrivalente Gardasil riduce del 90% (95% CI, 71-97) l incidenza di infezione persistente o di lesioni genitali associate agli HPV presenti nel vaccino [Villa et al. Lancet Oncol 2005]. Un subset di soggetti ha partecipato ad un successivo follow up dello studio. A cinque anni dall arruolamento l incidenza combinata di infezione persistente o malattia correlata a tipi di HPV 6,11,16,18 è risultata del 96% (95% CI 83,8-99,5) [Villa et al Br J Cancer 2006]. L analisi di efficacia modified intention to treat ha dimostrato che il vaccino diminuisce l incidenza di infezioni e di lesioni del 94% (95% CI, 83-98,3) [Villa et al Br J Cancer 2006]. Gli studi di efficacia di fase III del vaccino quadrivalente Gardasil sono stati condotti nell ambito dei due protocolli Females United to Unilaterally Reduce Endo/Ectocervical Disease (FUTURE) I e FUTURE II: - FUTURE II. L analisi per protocol su oltre donne (5305 donne randomizzate nel gruppo vaccinale e 5260 randomizzate nel gruppo placebo) di età compresa fra 15 e 26 anni dimostra che, dopo un periodo medio di 3 anni dalla somministrazione, il vaccino ha un efficacia del 98% (95% CI, ) nel prevenire le lesioni displastiche intraepiteliali CIN2 e CIN3 e l adenocarcinoma in situ da HPV 16 e HPV 18 [The FUTURE II Study Group. N Engl J Med 2007]. E da notare che la sola donna appartenente al gruppo vaccinale che sviluppò una lesione associata ad HPV-16 o HPV-18 aveva un CIN3 positivo per HPV-52 al controllo iniziale e in tutti i successivi 5 prelievi eseguiti nel follow-up, uno solo dei quali risultava positivo per HPV-16. L analisi modified intention to treat (denominata anche unrestricted susceptible population) delle donne randomizzate (95% del campione), negative per i tipi vaccinali al momento della prima dose, anche non perfettamente complianti,dimostra che il vaccino ha un efficacia del 95% (95%CI, 85-99). E' stata poi effettuata un'analisi intention to treat su tutti i soggetti randomizzati, senza screening prevaccinale, utilizzata per valutare l effetto di una vaccinazione di massa della popolazione comprendente anche soggetti con malattie prevalenti/incidenti da HPV 16/18, che ha mostrato un impatto del 44% (95% CI 26-58) a tre anni di follow up. - FUTURE I. L analisi per protocol su oltre 5000 donne (2261 donne randomizzate nel gruppo vaccinale e 2279 randomizzate nel gruppo placebo) di età compresa fra 16 e 24 anni dimostra che, dopo un periodo medio di 3 anni dalla somministrazione, il vaccino ha un efficacia del 100% (95% CI, ) nella prevenzione delle lesioni condilomatose e delle neoplasie intraepiteliali vulvari, vaginali correlate ad HPV-6/11/16/18 ed 14

15 un efficacia del 100% (95% CI, ) nel prevenire le neoplasie cervicali intraepiteiliali CIN1-3 o l adenocarcinoma in situ associati ai genotipi vaccinali di HPV [Garland et al. N Engl J Med 2007]. L analisi modified intention to treat (denominata anche unrestricted susceptible population) ha mostrato un efficacia del 95% (95% CI 87-99) per quanto riguarda le lesioni genitali precancerose vulvari e vaginali o i condilomi e del 98% (95% CI ) per i CIN di ogni grado o AIS da tipi di HPV vaccinali. L analisi intention-to-treat ha dimostrato un effetto del vaccino del 73% (95% CI, 58-83) nel prevenire lesioni esterne anogenitali o vaginali di qualsiasi grado ed un efficacia del 55% (95% CI, 40-66) nel prevenire lesioni cervicali di qualsiasi grado associate ai genotipi vaccinali di HPV, a tre anni di follow up, e nel caso di patologie da HPV da tipi vaccinali già prevalenti/incidenti nella popolazione. In entrambi gli studi FUTURE I e II, la vaccinazione non sembrava modificare significativamente il decorso di infezioni o lesioni da HPV presenti prima della somministrazione della prima dose di vaccino. - L analisi di efficacia per-protocol dei risultati ottenuti dalla combinazione di tre trial clinici randomizzati di vaccinazione (n=7811) versus placebo (n=7785) ha dimostrato che la vaccinazione, dopo un follow-up medio di 3 anni, ha un efficacia del 100% (95% CI, ) nella prevenzione delle neoplasie vulvari e vaginali di grado 2 e 3 associate ad HPV-16 e HPV-18. L analisi modified intention to treat (denominata anche unrestricted susceptible population) ha mostrato un efficacia del 97% (95% CI ) e l analisi intention-to-treat, su un totale di donne randomizzate, ha dimostrato un effetto del vaccino a tre anni del 71% (95% CI, 37-88) nella prevenzione dello stesso tipo di lesioni, in una popolazione di giovani donne in cui fossero già presenti malattie incidenti/prevalenti da HPV vaccinali. [Joura et al. Lancet 2007]. - L analisi di efficacia per-protocol dei risultati ottenuti dalla combinazione di quattro trial clinici randomizzati di vaccinazione con il vaccino quadrivalente (n=9087), la sua componente HPV-16 L1 (n=1204) vs placebo (n=10292) dimostra che, dopo un follow-up di 3 anni, nelle donne negative per HPV-16 ed HPV-18, l efficacia del vaccino è del 99% (95% CI, ) nel prevenire lo sviluppo CIN2/3, adenocarcinoma in situ, o carcinoma della cervice uterina invasivo associati ad HPV-16 e HPV-18. L efficacia è risultata del 98% (95% CI ) nella popolazione dell analisi modified intention to treat (denominata anche unrestricted susceptible population), ossia nelle donne con compliance non ottimale e negative per i tipi vaccinali al momento della prima dose. L analisi modified intention-to-treat dimostra un impatto del vaccino del 44% (95% CI, 31-55) nel ridurre l incidenza di lesioni cervicali associate ad HPV-16 e HPV-18, nel caso di patologie da HPV da tipi vaccinali già prevalenti/incidenti nella popolazione [Ault et al. Lancet 2007]. Efficacia del vaccino bivalente. I dati di efficacia relativi al vaccino bivalente AS04 della GlaxoSmithKline si riferiscono a studi di fase II-III. Nello studio di fase II di analisi per protocol, condotto su 732 donne (367 nel gruppo vaccinale e 365 nel gruppo placebo) di anni che avevano completato il ciclo di tre dosi, che si erano mantenute negative per i tipi di HPV contenuti nel vaccino durante lo studio e che avevano partecipato al follow-up per un periodo di 4-5 anni, l'efficacia del vaccino nel prevenire infezioni persistenti da HPV-16 e HPV- 18 era del 94.9% (95% CI, ), considerando una persistenza per 6 mesi, e del 100% (95% CI, ), considerando una persistenza per 12 mesi [Harper et al. Lancet 2006]. L efficacia nel prevenire neoplasie intraepiteliali cervicali da HPV16/18 era del 100% (95% CI, ), con otto casi di lesioni precancerose 15

16 (CIN1/2) nel gruppo placebo e nessuno nel gruppo vaccinato. In questo studio fu osservata anche una minore incidenza da HPV-45 e HPV-31 nel gruppo sottoposto a vaccinazione rispetto al controllo. Uno studio randomizzato di fase III, che ha arruolato donne di età compresa tra 18 e 25 anni, ha studiato se la vaccinazione contro HPV-16 e HPV-18 era in grado di aumentare la clearance virale nelle donne già infettate da HPV al momento della vaccinazione [Hildesheim et al. JAMA 2007]. Questo studio non ha dimostrato alcuna efficacia del vaccino nell accelerare la clearance sia dei genotipi vaccinali di HPV che di altri genotipi. Effetti collaterali dei vaccini profilattici anti-hpv. I dati sulla sicurezza del vaccino quadrivalente riportano come effetti collaterali presenti in percentuale maggiore nel gruppo vaccino che nel gruppo placebo reazioni locali nel sito di iniezione (eritema, dolore e edema) (complessivamente 86,8% vs 77,4%) e, quali effetti generali, piressia (13,5 nel gruppo vaccino e 10,2 per il gruppo placebo) [Garland et al 2007,N Engl J Med].. Lo 0.1% delle donne (sia nei gruppi vaccinali che nei gruppi di controllo) ha avuto effetti tali da sospendere la vaccinazione. Nessuna donna aveva una gravidanza in corso al momento della vaccinazione (veniva eseguito un dosaggio dell'hcg e le donne che risultavano gravide venivano escluse dallo studio). Fra le donne che iniziavano una gravidanza nel periodo di follow-up non si sono registrate differenze rispetto al numero di nati morti o con malformazioni nei due gruppi [Saslow et al. CA Cancer J Clin 2007; The FUTURE II Study Group. N Engl J Med 2007]. Raccomandazioni sull impiego del vaccino profilattico anti-hpv La vaccinazione anti-hpv con vaccino quadrivalente è sicura ed efficace nel prevenire le lesioni precancerose, l adenocarcinoma in situ, il carcinoma della cervice uterina invasivo, le lesioni precancerose della vulva e le lesioni condilomatose correlati ad infezione da genotipi di HPV vaccinali (IA). La vaccinazione anti-hpv con vaccino bivalente è sicura ed efficace nel prevenire le infezioni incidenti e persistenti da HPV-16 e HPV-18 (IA) e nel prevenire neoplasie intraepiteliali cervicali CIN1+ correlati ad infezione da genotipi di HPV vaccinali. L efficacia a lungo termine (oltre i cinque anni) della vaccinazione anti-hpv nel prevenire il cervicocarcinoma e altre neoplasie maligne HPV-correlate è in corso di valutazione in trial clinici (research need). La vaccinazione anti-hpv è efficace nelle donne di età compresa tra i 15 e i 26 anni, qualora non siano state esposte ai genotipi di HPV vaccinali (IA); non sono ancora disponibili dati di efficacia della vaccinazione anti-hpv nelle le donne di età superiore ai 26 anni (research need). Dati riguardanti l efficacia dei vaccini nel prevenire l infezione da HPV nella popolazione maschile sopra i 15 anni di età sono mancanti (research need). Il vaccino anti-hpv dovrebbe essere somministrato prima della potenziale esposizione agli HPV genitali, in quanto non ci sono evidenze oggi disponibili riguardo la capacita della vaccinazione di 16

17 proteggere dal rischio di CIN2+ le donne che hanno già contratto l infezione (IA), né il vaccino è in grado di aumentare la clearance virale nel caso di infezione già acquisita (IA). Lo screening per neoplasie intraepiteliali e tumori invasivi della cervice uterina deve continuare sia nelle donne vaccinate che in quelle non vaccinate in accordo alle vigenti linee guida di prevenzione oncologica dei tumori della cervice uterina (II). Solo dopo studi clinici appropriati sarà possibile modificare i protocolli di screening (research need). E necessario condurre studi di monitoraggio epidemiologico biomolecolare, nelle diverse categorie, per verificare la durata dell immunità protettiva, variazioni della prevalenza di tutti i ceppi di HPV oncogeni e non nei soggetti vaccinati e nella popolazione generale, eventuali cambiamenti nell afferenza agli screening, sorveglianza sui possibili effetti collaterali (research need). Nell ambito di ricerche epidemiologiche, la ricerca di anticorpi specifici anti-hpv e la genotipizzazione di HPV è utile per identificare le donne che possono trarre beneficio dalla vaccinazione (IA). Nell ambito di ricerche epidemiologiche, la valutazione della risposta immunitaria specifica anti-hpv e la genotipizzazione di HPV sono utili per monitorare l efficacia della vaccinazione (IA). Sommario delle raccomandazioni e linee guida Quando usare il test HPV nei programmi di screening del cervico-carcinoma? nel triage dell ASCUS (IA). nel follow-up post trattamento escissionale delle lesioni intraepiteliali di alto grado (IA). nei protocolli di screening del cervico-carcinoma nelle donne di età superiore ai 30 anni, insieme o in alternativa all esame citologico (IA). Sia il test HPV basato sull ibridazione di acidi nucleici sia il test HPV basato sull amplificazione con PCR e identificazione dei genotipi ad alto rischio possono essere applicati nei protocolli di screening del cervico-carcinoma per la loro efficacia nell identificare precocemente le lesioni precancerose e cancerose (IA). Quale utilità possono avere i nuovi test nella diagnostica dell infezione da HPV? La valutazione della persistenza di HPV può essere utile nell identificare le pazienti a rischio di sviluppare cervico-carcinoma (IB). La tipizzazione e sottotipizzazione di HPV è utile ai fini epidemiologici per identificare la distribuzione geografica e la modalità di diffusione degli HPV (IB), è utile per una accurata identificazione delle infezioni persistenti (IB), per identificare l eventuale presenza di HPV-16 o HPV-18, associata a maggior rischio di lesioni precancerose (IB) o cancro invasivo (II), per identificare le donne che possono trarre beneficio dalla vaccinazione anti-hpv e per monitorare l efficacia del vaccino (II). La misurazione della carica di HPV-16 DNA nelle donne con citologia cervicale normale può essere utile nell identificare le pazienti a rischio di sviluppare cervico-carcinoma (II). 17

18 La dimostrazione dell espressione dei trascritti degli oncogeni E6/E7 di HPV ad alto rischio può essere utile nell identificare le pazienti a rischio di sviluppare cervico-carcinoma e con prognosi peggiore (II). Nell ambito di ricerche epidemiologiche, i test sierologici per HPV e la valutazione della risposta immunitaria cellulo-mediata anti-hpv possono essere utili per valutare la risposta alla vaccinazione anti-hpv e per monitorare la durata della protezione immunitaria (IA). A chi può essere somministrato il vaccino profilattico anti-hpv e come deve essere valutata la sua efficacia? La vaccinazione anti-hpv con vaccino quadrivalente è sicura ed efficace nel prevenire le lesioni precancerose, l adenocarcinoma in situ, il carcinoma della cervice uterina invasivo, le lesioni precancerose vulvari e le lesioni condilomatose correlati ad infezione da genotipi di HPV vaccinali nelle bambine/ adolescenti e giovani donne di età compresa tra i 9 e i 26 anni (IA). Tale indicazione è basata sulla dimostrazione di efficacia di Gardasil in donne adulte di età compresa tra 16 e 26 anni e sulla dimostrazione dell immunogenicità di Gardasil in bambini ed adolescenti di età compresa tra 9 e 15 anni (IA). Non sono ancora disponibili dati di efficacia della vaccinazione anti-hpv nelle le donne di età superiore ai 26 anni e nei maschi (research need). La vaccinazione anti-hpv con vaccino bivalente è sicura ed efficace nel prevenire le infezioni incidenti e persistenti da HPV-16 e HPV-18 (IA). Il vaccino anti-hpv dovrebbe essere somministrato prima della potenziale esposizione agli HPV genitali attraverso contatti sessuali (IA). Lo screening per neoplasie intraepiteliali e tumori invasivi della cervice uterina deve continuare sia nelle donne vaccinate che in quelle non vaccinate in accordo con le vigenti linee guida di prevenzione oncologica dei tumori della cervice uterina (II). In ambito di ricerche epidemiologiche, la ricerca di anticorpi specifici anti-hpv e la genotipizzazione di HPV è utile per identificare le donne che possono trarre beneficio dalla vaccinazione anti-hpv (IA) e, dopo la vaccinazione, per monitorare l efficacia della vaccinazione (IA). E necessario condurre studi di monitoraggio epidemiologico biomolecolare per verificare la durata dell immunità protettiva, variazioni della prevalenza dei genotipi di HPV nella popolazione, sorveglianza sui possibili effetti collaterali (research need). 18

19 Bibliografia Arbyn M, Buntinx F, Van Ranst M, Paraskevaidis E, Martin-Hirsch P, Dillner J. Virologic versus cytologic triage of women with equivocal Pap smears: a meta-analysis of the accuracy to detect high-grade intraepithelial neoplasia. J Natl Cancer Inst 2004;96: Atkins KA, Jeronimo J, Stoler MH; ALTS Group. Description of patients with squamous cell carcinoma in the atypical squamous cells of undetermined significance/low-grade squamous intraepithelial lesion triage study. Cancer 2006;108: Ault KA; Future II Study Group. Effect of prophylactic human papillomavirus L1 virus-like-particle vaccine on risk of cervical intraepithelial neoplasia grade 2, grade 3, and adenocarcinoma in situ: a combined analysis of four randomised clinical trials. Lancet 2007;369: Bais AG, Rebolj M, Snijders PJ, de Schipper FA, van der Meulen DA, Verheijen RH, Voorhorst F, van Ballegooijen M, Meijer CJ, Helmerhorst TJ. Triage using HPV-testing in persistent borderline and mildly dyskaryotic smears: proposal for new guidelines. Int J Cancer 2005;116: Berumen J, Ordoñez RM, Lazcano E, Salmeron J, Galvan SC, Estrada RA, Yunes E, Garcia-Carranca A, Gonzalez-Lira G, Madrigal-de la Campa A. Asian-American variants of human papillomavirus 16 and risk for cervical cancer: a case-control study. J Natl Cancer Inst 2001;93: Block SL, Nolan T, Sattler C, et al. Comparison of the immunogenicity and reactogenicity of a prophylactic quadrivalent human papillomavirus (types 6, 11, 16, and 18) L1 virus-like particle vaccine in male and female adolescents and youn adult women. Pediatrics 2006;118: Bory JP, Cucherousset J, Lorenzato M, Gabriel R, Quereux C, Birembaut P, Clavel C. Recurrent human papillomavirus infection detected with the hybrid capture II assay selects women with normal cervical smears at risk for developing high grade cervical lesions: a longitudinal study of 3,091 women. Int J Cancer 2002;102: Brady CS, Duggan-keen MF, Davidson JA, Varley JM, and Stern PL. Human papillomavirus type 16 E6 variants in cervical carcinoma: relationship to host genetic factors and clinical parameters. J Gen Virol 1999;80: Bulkmans NWJ, Berkhof J, Rozendaal L, van Kemenade FJ, Boeke AJP, Bulk S, Voorhorst FJ, Verheijen RHM, van Groningen K, Boon ME, Ruitinga W, van Ballegooijen M, Snijders PJF, Meijer CJLM. Human papillomavirus DNA testing for the detection of cervical intraepithelial neoplasia grade 3 and cancer: 5-year follow-up of a randomised controlled implementation trial. Lancet, Published online October 4, Castellsague X, Diaz M, de Sanjose S, Munoz N, Herrero R, Franceschi S, Peeling RW, Ashley R, Smith JS, Snijders PJ, Meijer CJ, Bosch FX; International Agency for Research on Cancer Multicenter Cervical Cancer Study Group. Worldwide human papillomavirus etiology of cervical adenocarcinoma and its cofactors: implications for screening and prevention. J Natl Cancer Inst 2006;98: Castle PE, Dockter J, Giachetti C, Garcia FA, McCormick MK, Mitchell AL, Holladay EB, Kolk DP. A crosssectional study of a prototype carcinogenic human papillomavirus E6/E7 messenger RNA assay for detection of cervical precancer and cancer. Clin Cancer Res 2007;13:

20 Castle PE, Solomon D, Schiffman M, Wheeler CM. Human papillomavirus type 16 infections and 2-year absolute risk of cervical precancer in women with equivocal or mild cytologic abnormalities. J Natl Cancer Inst 2005;97: Chakrabarti O, Veeraraghavalu K, Tergaonkar V, Liu Y, Androphy EJ, Stanley MA, and Krishna S. Human papillomavirus Type 16 E6 amino acid 83 variants enhance E6-mediated MAPK signaling and differentially regulate tumorigenesis by Notch signaling and oncogenic ras. J Virol 2004;78: Ciotti M, Giuliani L, Ambrogi V, Ronci C, Benedetto A, Mineo CT, Syrjanen K, Favalli C. Detection and expression of human papillomavirus oncogenes in non-small cell lung cancer. Oncol Rep 2006;16: Clifford GM, Rana RK, Franceschi S, Smith JS, Gough G, Pimenta JM. Human papillomavirus genotype distribution in low-grade cervical lesions: comparison by geographic region and with cervical cancer. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2005;14: Clifford G, Franceschi S, Diaz M, Muñoz N, Villa LL. Chapter 3: HPV type distribution in women with and without cervical neoplastic diseases. Vaccine 2006;24:S Dalstein V, Riethmuller D, Prétet JL, Le Bail Carval K, Sautière JL, Carbillet JP, Kantelip B, Schaal JP, Mougin C. Persistence and load of high-risk HPV are predictors for development of high-grade cervical lesions: a longitudinal French cohort study. Int J Cancer 2003;106: Davies P, Arbyn M, Dillner J, Kitchener HC, Meijer CJ, Ronco G, Hakama M. A report on the current status of European research on the use of human papillomavirus testing for primary cervical cancer screening. Int J Cancer 2006;118: de Boer MA, Jordanova ES, Kenter GG, Peters AA, Corver WE, Trimbos JB, Fleuren GJ. High human papillomavirus oncogene mrna expression and not viral DNA load is associated with poor prognosis in cervical cancer patients. Clin Cancer Res 2007;13: de Jong A, van Poelgeest MI, van der Hulst JM, Drijfhout JW, Fleuren GJ, Melief CJ, Kenter G, Offringa R, van der Burg SH. Human papillomavirus type 16-positive cervical cancer is associated with impaired CD4+ T-cell immunity against early antigens E2 and E6. Cancer Res 2004;64: de Sanjosé S, Diaz M, Castellsagué X, Clifford G, Bruni L, Muñoz N, Bosch FX. Worldwide prevalence and genotype distribution of cervical human papillomavirus DNA in women with normal cytology: a meta-analysis. Lancet Infect Dis 2007;7: de Villiers EM, Fauquet C, Broker TR, Bernard HU, zur Hausen H. Classification of papillomaviruses. Virology 2004;324: Dillner J, Lehtinen M, Bjorge T, Luostarinen T, Youngman L, Jellum E, Koskela P, Gislefoss RE, Hallmans G, Paavonen J, Sapp M, Schiller JT, Hakulinen T, Thoresen S, Hakama M. Prospective seroepidemiologic study of human papillomavirus infection as a risk factor for invasive cervical cancer. J Natl Cancer Inst 1997;89: Doorbar J. Molecular biology of human papillomavirus infection and cervical cancer. Clin Sci 2006;110: D'Souza G, Kreimer AR, Viscidi R, Pawlita M, Fakhry C, Koch WM, Westra WH, Gillison ML. Case-control study of human papillomavirus and oropharyngeal cancer. N Engl J Med 2007;356:

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