Indagine dell Osservatorio della Famiglia sugli anziani non autosufficienti

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1 52 Indagine dell Osservatorio della Famiglia sugli anziani non autosufficienti Servizi di assistenza e buone pratiche nelle regioni Lombardia, Liguria e Sicilia Rita Pomposini CNR-ITC, Tecnologa rita.pomposini@itc.cnr.it Alcuni dati sulle famiglie con anziani in Europa e in Italia L invecchiamento progressivo della popolazione è un fenomeno che sta interessando sempre di più i paesi occidentali. I dati Eurostat (Eurostat 2003) registravano in Europa oltre 74 milioni di anziani, corrispondenti al 16,3% dell intera popolazione europea, di questi circa la metà era concentrata fra Germania, Italia e Francia. Secondo le proiezioni demografiche dell Unione Europea si assisterà ad un consistente incremento della popolazione anziana che, in cinquanta anni, dovrebbe aumentare da 74 a 127 milioni; gli ultrasessantacinquenni raggiungeranno il 30% della popolazione, rispetto al 17% del 2008; gli over-80 saranno 38 milioni, cioè circa il 12% del totale nei 27 Paesi dell Unione (Eurostat 2010). L Italia ha il numero maggiore di anziani residenti in Europa, con un incidenza del 19%. Le famiglie italiane con un anziano e più sono oltre 1/3 del totale (il 36,5%). Le famiglie con almeno un anziano over 75 sono il 19,2%. Ci sono molte famiglie composte solamente da persone anziane (il 23,1%); tra gli ultra 75enni quelli che vivono soli sono 2 milioni e 149 mila (l 11,7%) circa quattro ogni dieci soggetti della corrispondente età, in prevalenza donne (Istat 2010). Il numero di persone non autosufficienti (disabilità motoria e deficit cognitivi) cresce considerevolmente con l età, raddoppiando negli over 75, inoltre varia a seconda del territorio, con un incidenza più marcata nel sud Italia; le stesse tendenze si riscontrano anche per quello che concerne le patologie e le malattie croniche. Oltre a coloro che vivono in condizioni più o meno invalidanti ci sono un gran numero di anziani che soffrono di patologie che ne compromettono comunque lo stile di vita. La rete le e formale di assistenza agli anziani in Italia La rete le (parenti, amici, vicini di casa) e le reti di supporto naturali a disposizione dell anziano rappresentano una risorsa importante: il 44,2% dei 65-74enni e il 32,6 % degli over 75enni hanno uno o più amici su cui poter contare. I dati sulle Regioni sono piuttosto variegati: la Liguria supera la

2 Attualità ed esperienze/news and experiences The enquiry results of The National Observatory in the family on the not self sufficient older people in 3 Italian regions Rita Pomposini CNR-ITC, Technologist The aging population is a fact well known, but the goal to which we must aim for is the "good aging" or the maintenance of the elderly, as long as possible, in good health and autonomy. The National Observatory on the Family conducted a survey in three Italian regions - Lombardia, Liguria and Sicilia - on the condition of the elderly, relationships with family, the use of support services. Below, we show some examples of good practices where the main targets are, in addition to sick or not selfsufficient elderly, caregivers that is family members who take care of them. The aim is both to improve the quality of care with good approaches and offer support to caregivers in the difficult and heavy task of looking after the elderly. percentuale complessiva italiana, caratterizzandosi per una disponibilità molto elevata della rete le, qui un anziano su due (nella fascia 65-74) ha uno o più amici su cui poter contare in caso di bisogno, il 38% degli over 75enni si trova nella stessa positiva condizione. La frequenza con cui vedono questi amici è un'altra indicazione del benessere relazionale degli anziani e della disponibilità della rete; il dato nazionale registra che 1/5 degli anziani incontra i propri amici tutti i giorni. Le reti li del vicinato rappresentano un'altra risorsa, anche se non sempre attivabili o disponibili: circa la metà degli anziani (il 48%) in entrambe le fasce d età (65-74enni e over 75) dispone di vicini (esclusi i parenti) sui quali poter contare in caso di necessità. La Regione Lombardia ha valori piuttosto bassi rispetto al dato italiano, la Sicilia e la Liguria sono più allineate al dato nazionale. Nonostante il buon livello di relazionalità, nel caso di anziani non autosufficienti che necessitano di assistenza continuativa, questa, nella maggior parte dei casi, viene primariamente elargita da familiari (il 40% dei non autosufficienti è aiutato dalla famiglia nella cura della casa e nell organizzazione dell assistenza) con pesanti ripercussioni a livello psicologico ed implicazioni sul mercato del lavoro e sulla condizione della donna in particolare. Un numero elevato di anziani non autosufficienti è curato da assistenti familiari privati. Secondo un indagine del Censis (Censis 2002) ricorre a queste figure il 10,2% delle persone con almeno 60 anni, che diventano il 12,4% degli anziani tra i 70 ed i 79 anni ed il 20% di quelli con almeno 80 anni. La rete pubblica di assistenza agli anziani, secondo le stime dell Istituto di Ricerca Sociale (Irs 2006), riesce a coprire attraverso le strutture residenziali (RSA) una percentuale compresa tra il 25% ed il 43% circa degli anziani non autosufficienti ed un numero di non autosufficienti leggermente superiore sarebbe quello raggiunto dalla totalità degli interventi/servizi domiciliari. Servizi di assistenza agli anziani nelle tre regioni considerate La Lombardia è la regione con la maggior presenza di anziani in Italia ed è fra le prime quattro in Europa. Nel periodo la popolazione over 65enne lombarda è cresciuta del 14% ed è aumentata la richiesta di cure continuative nelle diverse condizioni di fragilità. La spesa della Regione Lombardia per gli anziani è ingente e le iniziative attivate intendono migliorare la qualità dell offerta dei servizi sociali sul territorio perseguendo due obiettivi principali: da un lato soddisfare la domanda di ricovero, dall altro favorire l autonomia e la permanenza degli anziani nel proprio contesto di vita, attraverso le strategie della prossimità, domiciliarità e semiresidenzialità. Lavorando al primo obiettivo la Regione si è attivata per l accreditamento delle RSA, ha inoltre investito ulteriormente sulla qualità aggiunta delle strutture attraverso la definizione dei criteri per la ripartizione delle risorse supplementari ad essa dedicate. Per il secondo obiettivo, relativo agli interventi alternativi al ricovero, ha valorizzato il servizio del custode sociosanitario e in questi anni si è impegnata nello sviluppo della rete delle cure domiciliari, introducendo forme di erogazione più flessibili. In Liguria la popolazione anziana rappresenta una porzione significativa sul totale e presenta due caratteristiche distinte: vi sono infatti da una parte gli anziani autoctoni, rispetto ai quali sembrano avere una maggiore incidenza le difficoltà economiche, e dall altra parte gli anziani, trasferitisi per lo più dal Piemonte e dalla Lombardia, che non presentano particolari difficoltà di tipo economico, bensì problemi legati alla solitudine e all isolamento sociale. Pertanto, dall analisi delle esigenze emergono due or- 53

3 1/ dini di richiesta: interventi di sostegno economico e interventi legati all incremento delle reti di relazione. Inoltre, le caratteristiche orografiche del territorio segnano fortemente la possibilità di offerta dei servizi: ci sono distretti che vanno dalla costa alla montagna, con paesini disseminati nell entroterra difficili da raggiungere, con distanze che, anche quando non sono di grandi dimensioni in termini spaziali, lo sono in termini temporali. Dai Piani di Zona appare evidente la presenza di servizi tradizionali per gli anziani non autosufficienti, quali le strutture residenziali, l assistenza domiciliare, il servizio di consegna pasti a domicilio, i servizi legati all emergenza caldo nei mesi estivi, le vacanze, i centri diurni e i centri sociali. Grande impegno viene speso per la garanzia della continuità di cura quando l anziano viene dimesso dall ospedale. La Regione Sicilia ha iniziato a legiferare in merito agli anziani negli anni 80, così come le altre regioni del Sud, con un decennio circa di ritardo rispetto alle Regioni del Centro-Nord. In qualche modo, pare che il ritardo permanga ancora oggi, non tanto rispetto all evoluzione del processo legislativo, quanto piuttosto nel consistente e persistente scollamento tra quanto normato e lo stato di realizzazione dei servizi, soprattutto in termini di ricerca di innovatività. Dall analisi dei Piani di Zona , infatti, è emerso che la maggior parte dei servizi offerti ripetono i modelli classici di assistenza agli anziani; ad esempio, in nessun Piano di Zona c è un registro per badanti, uno sportello e un servizio di formazione per tutor di badanti. La situazione è diversa per quanto riguarda gli interventi di custodia sociale e i servizi di prossimità e per gli interventi di rete per il sollievo nella cura dell anziano non autosufficiente. Questi interventi infatti, sono previsti nel Piano di Zona di numerosi distretti della regione. Per interventi di custodia sociale si fa riferimento ad una forma di assistenza domiciliare leggera, che ha come obiettivo quello di mantenere e salvaguardare l autonomia degli individui e la permanenza nel loro nucleo familiare e nel loro domicilio, nell intento di ridurre i livelli di istituzionalizzazione e di isolamento sociale degli anziani. Si rileva che non è ancora diffusa sul territorio la prassi di ideare servizi che rispondano concretamente alle esigenze specifiche degli anziani in base alle mutate condizioni del tessuto sociale; né c è un impegno nel modulare l offerta in modo flessibile, attraverso un maggiore coinvolgimento degli operatori sanitari e dei medici di base. Alcuni esempi di buone pratiche Il Cafè Alzheimer della fondazione Manuli a Milano Dai primi anni 90 la Fondazione Manuli si occupa, nel territorio milanese, di persone con Alzheimer con una specifica attenzione alla dimensione familiare dell assistenza. Tra i vari servizi socioassistenziali offerti dalla Fondazione, l Alzheimer Café, rivolto ai pazienti e alle loro famiglie, rappresenta una forma diversa per affrontare la malattia. Si tratta di uno spazio protetto in cui i pazienti e i loro familiari possono interagire a livello interpersonale, i primi mantenendo attive le funzionalità sociali residue e i secondi trovandosi in un ambiente le in cui parlare dei propri problemi e delle strategie trovate per risolverli, trascorrendo alcune ore in un atmosfera accogliente, centrata sull ascolto. Gli ospiti possono beneficiare di uno spazio (creato nel contesto di un bar) ludico-ricreativo e stimolativo-riabilitativo (giochi, letture, musica, attività motorie, ecc.) con il supporto di un terapista occupazionale, di operatori e volontari per l assistenza. I familiari (in un locale separato) sono contestualmente coinvolti in interventi gestiti da esperti del settore (terapista, psicologo, medico, infermiere, assistente sociale, ecc.) che sensibilizzano e formano/no su temi inerenti la malattia, permettendo agli stessi di avere spazi di condivisione e di scambio che fungano anche da auto-mutuo-aiuto. L apparente lità dell intervento non deve trarre in inganno: l intervento è infatti altamente professionalizzato, frutto di una progettazione e di una metodologia d azione ben precisa, di momenti di riflessione atti al miglioramento continuo. Ogni fase dell attività è infatti pensata in funzione di determinati obiettivi e comporta un accurato lavoro di preparazione. Nel corso dell ultimo anno, sono state seguite circa 70 persone e oltre cento tra familiari e badanti. Il numero di operatori che la Fondazione mette in campo per l attuazione dell intervento è di circa 20, inclusi numerosi volontari. La significatività dell intervento risiede nella capacità di incidere nella vita di relazione del malato e dei suoi familiari, esposti al rischio di isolamento sociale legato all onerosità dell assistenza, con ripercussioni sull equilibrio psicologico del caregiver e sulla stessa qualità del processo di cura. L esperienza dell Alzheimer Cafè è nata proprio per combattere l isolamento sociale, attraverso il recupero dei contatti e degli scambi interpersonali, e per favorire il mantenimento

4 Attualità ed esperienze/news and experiences di abilità e funzioni altrimenti destinate ad essere perdute, se non impiegate in modo adeguato. Il progetto Caregiver in Liguria L intervento è nato dalla constatazione che l allungarsi dell aspettativa di vita porta con sé alcune conseguenze negative, tra cui la maggior incidenza delle malattie legate all invecchiamento, per lo più caratterizzate da un andamento cronico. Fra queste patologie rientrano le sindromi demenziali e in particolare l Alzheimer, che pongono seri problemi alle famiglie che hanno in carico un malato di questa patologia. Peraltro, la Liguria è particolarmente toccata da questo fenomeno, in quanto più di un quarto della sua popolazione è over 65enne. Il Progetto caregiver parte dal presupposto che il benessere del malato di Alzheimer passi anche attraverso la cura del benessere della persona che lo assiste, supportando quindi le relazioni familiari che le patologie legate alla demenza sovente mettono in crisi: ecco perché il progetto ha come primi destinatari i caregiver e non i malati stessi, che pure beneficiano degli esiti del progetto. La prima fase del progetto, ormai conclusa, prevedeva la formazione dei formatori di caregiver, ossia di persone appartenenti ad enti pubblici o di privato sociale che sul territorio si prendono cura dei caregiver di malati di Alzheimer, per lo più familiari, con lo scopo di offrire un sostegno alla famiglia definita come seconda vittima della patologia, attraverso un intervento di consulenza e zione volto a comunicare conoscenze specifiche, approcci corretti e supporto concreto. La seconda fase del progetto consiste invece nell istituzione presso i distretti sociali aderenti al progetto di un elenco di formatori di caregiver che hanno il compito di attivare una serie di servizi sul territorio destinati a supportare i caregiver nella logorante attività di accudimento. I soggetti che compongono la rete sono assai eterogeni: il progetto ha infatti relazioni formali con il Municipio, il Comune di Genova, i Medici di Medicina Generale e le famiglie che partecipano al progetto. Sono invece di tipo le i rapporti con le realtà del territorio quali i patronati, le associazioni, le farmacie, i negozi, i vicini di casa, eccetera, che spesso forniscono zioni ai potenziali utenti in merito all esistenza del servizio, o rappresentano una risorsa per quanto riguarda la soluzione di problemi pratici. Il progetto, oltre a dare un supporto ai caregiver per migliorare la qualità dell assistenza, mette i caregiver nella condizione di leggere lo stress che questo tipo di assistenza comporta, uno stress che è acutissimo nelle prime fasi che succedono la diagnosi e che poi piano piano diventa uno stress fisico sempre crescente, perché con il progredire della malattia l assistenza comporta un attività continua. Il caregiver si sente accolto, compreso, e sente di avere un posto dove anche eventualmente poter sfogare le sue ansie senza il timore di essere giudicato negativamente perché prendersi cura di un anziano demente è veramente molto dura, specialmente se questi è un familiare diretto. Il servizio anziani in affido a Castelvetrano (Trapani) Il servizio Anziani in Affido si colloca all interno di una rete di interventi volti al miglioramento della qualità della vita delle persone anziane, rispondendo in modo articolato ai loro bisogni diversificati e complessi, e costituisce un ampliamento ed un evoluzione dei servizi tradizionali. L aggravarsi delle condizioni di salute con l avanzare degli anni rende l istituzionalizzazione l unica prospettiva possibile per molti anziani privi di caregiver familiari. Ma spesso l istituzionalizzazione viene vissuta come sradicamento e provoca un rapido decadimento delle condizioni psicofisiche dell anziano, mentre il permanere nel proprio ambiente di vita viene percepito come opportunità di restare inserito in una trama di relazioni mantenendo un livello migliore di qualità della vita. Parallelamente, sono in aumento le famiglie che attraversano difficoltà di tipo economico e che quindi sperimentano la fragilità della loro condizione sociale, pur mantenendo buone competenze relazionali e potendo quindi costituire risorsa per la comunità. La rilevazione delle esigenze di nuclei familiari con difficoltà economiche e quelle di anziani soli e con ridotta autosufficienza sono le due condizioni necessarie per l attivazione del progetto "Anziani in affido" che è caratterizzato dal sostegno reciproco di sussidiarietà. Lo spirito che ha animato la proposta è stato anche quello del recupero delle tradizionali forme di buon vicinato come famiglia di sostegno. In questo modo le due categorie coinvolte (anziani e famiglie affidatarie) risultano sia operatori attivi del progetto sia beneficiari. Per rispondere in modo preciso ai bisogni degli anziani, sono previste due tipologie di affido: in convivenza (che a sua volta può essere al domicilio dell anziano o al domicilio dell affidatario) e di supporto. Anche la durata è variabile a seconda delle 55

5 1/ esigenze dei singoli: può essere infatti definitivo (con possibilità di recesso per volontà di una delle due parti o su proposta motivata del servizio) o temporaneo, per rispondere a situazioni transitorie di disagio dell anziano o della famiglia. Altrettanto diversificate possono essere le modalità in base alle specifiche esigenze (diurno, completo, notturno, per i fine settimana, per i periodi di vacanza). Conclusioni L indagine condotta dall Osservatorio Nazionale sulla Famiglia ha permesso di comprendere come si orienta la progettualità locale a favore degli anziani fragili e delle loro reti familiari, nelle tre regioni considerate (Liguria, Lombardia, Sicilia). Lo scopo non era una rendicontazione dell esistente, ma l identificazione di progetti/servizi che presentassero caratteristiche di adeguatezza alle trasformazione della domanda di assistenza e sostegno che emerge dalle famiglie con anziani. Dall analisi compiuta nelle tre aree regionali considerate, si è constatata una diffusione pressoché generalizzata dell assistenza domiciliare agli anziani, sia nella forma propriamente assistenziale, sia nella forma integrata socio-sanitaria. Inoltre, in generale, un dato che accomuna tutti i territori è l organizzazione settoriale delle amministrazioni locali, che impone un funzionamento per categorie di soggetti, con gradi più o meno elevati di bisogno. L offerta di servizi è, quindi, prevalentemente pensata per anziani senza famiglia, in un ottica integrativa dei legami primari assenti o non competenti, piuttosto che come un sostegno effettivo ai carichi di cura familiari. La selezione delle buone pratiche, invece, può essere considerata emblematica di soluzioni possibili che potrebbero essere assunte, in maniera esemplare, dalle amministrazioni impegnate a sviluppare un welfare amico delle famiglie. Il lavoro, presentando buone pratiche molto diverse tra loro, suggerisce la necessità di superare l idea di modelli predefiniti e universalmente validi, preferendo piuttosto elevare il livello di complessità dell offerta di servizi e interventi. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI D. Bramanti, E. Carrà (a cura di) (2011), Buone pratiche nei servizi alla famiglia. Famiglie Fragili e Famiglie con anziani non autosufficienti ISBN: dicembre CENSIS (2002), Le reti spontanee: familiari, amicali, del dono, dei servizi privati di supporto. Eurostat EU (2010), Europe in figures - Eurostat yearbook 2010, Belgium.

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