ASSOCIATI PER CELVA. Distanze minime da osservare in caso di veranda a confine oggetto di
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1 ASSOCIATI PER CELVA CORSO RE UMBERTO, TORINO TEL FAX VIA CHALLAND, AOSTA TEL FAX A V V. GI A N N I MAR I A SAR A C C O A V V. ANT O N I O FI N O C C H I A R O A V V. LOR E N Z O S O M M O A V V. LAU R A FO R M E N T I N A V V. STE F A N I A P E D A C E A V V. NAD I N E S A INT C U N É A Z A V V. DAV I D E F I N O C C H I A R O A V V. ALE S S I O FO L I G N O A V V. AND R E A B A L D U C C I A VV. FA B R I Z I O COL A S U R D O A V V. RAF F A E L E SCI R È A V V. FE D E R I C A G I L L I A V O D A V V. MAR I A ANT O N I E T T A D A M A T O A V V. NIC O L A R I C C I A R D I A V V. STE F A N O D I F R A N C E S C O Torino, lì 31 gennaio 2017 Spett.le Amministrazione Consorzio degli Enti Locali della Valle d Aosta - CELVA alla c.a. dott.ssa Donatella Vuillermoz OGGETTO: Distanze minime da osservare in caso di veranda a confine oggetto di condono Parere. Il Comune di Chatillon, per il tramite del Celva, ha sottoposta alla nostra attenzione questione concernente le distanze minime da osservare tra due costruzioni, poste su più livelli, nel caso in cui una di queste sia stata in precedenza oggetto di condono. Nel caso di specie, il manufatto condonato ai sensi della legge 47/1985 presenta, rispetto a quanto rappresentato nel condono originario, delle variazioni, in quanto è stato 1
2 ampliato e modificato nella sagoma, superando così la quota preesistente rispetto al muro di confine. Con riferimento a tale situazione, si chiede quale sia la procedura corretta da adottare ed in particolare: a) se sia dovuta l ordinanza di ripristino delle condizioni preesistenti (ridimensionamento del manufatto condonato) ovvero la sua demolizione definitiva in quanto lo stesso è stato ampliato senza titolo; b) qualora la veranda debba essere riportata alla volumetria a suo tempo autorizzata, la distanza minima da osservare per la realizzazione dell ampliamento di cui alla l.r. 24/2009 sarà la minima di metri 1,50 dal confine ovvero di 3 metri stante la presenza di un basso fabbricato non emergente dal muro di confine. Per quanto riguarda l ampliamento, senza titolo, del manufatto condonato, si richiama l art. 77, comma 1 della l.r. 11/1998, ai sensi del quale Il Sindaco, accertata l'esecuzione di trasformazioni in assenza di concessione, in totale difformità dalla medesima oppure con variazioni essenziali, previa diffida a provvedere entro congruo termine, ordina la demolizione delle opere e comunque il ripristino dello stato dei luoghi. Pertanto, quando si accerta un abuso edilizio, il Comune ha l obbligo di ordinarne la rimozione. Ciò posto, occorre domandarsi come tale regola trovi applicazione in riferimento ad un ipotesi di ampliamento di un immobile condonato ai sensi della legge 47/1985. La questione attiene, nello specifico, alla necessità o meno di demolire l intero manufatto oppure soltanto quella parte che eccede rispetto all immobile condonato. 2
3 Sul punto va rilevato che, ad avviso della giurisprudenza maggioritaria (confortata anche da un precedente della Corte costituzionale, la sentenza n. 238/2000), i principi in materia di condono (articoli 38 e seguenti della legge 47 del 1985) ( ) stabiliscono che una volta condonato un immobile diventa legittimo a tutti gli effetti, senza limitazioni derivanti dall applicazione del condono medesimo. Si tratta, in altre parole, di un abuso parziale, che non inficia la legittimità dell intero immobile, conseguita al rilascio del condono edilizio. Da questo assunto discende che, in ipotesi di ampliamento senza titolo di un immobile condonato, sarà oggetto di demolizione e rimessa in pristino soltanto la parte ampliata e non anche la parte oggetto di condono. Del resto, una soluzione diversa, oltre che in contrasto con i principi suindicati, si rivelerebbe sproporzionata rispetto al fine perseguito, ovvero il ripristino della legalità, in quanto andrebbe ad incidere sull affidamento ingenerato nei confronti del soggetto sanzionato a seguito del condono dell immobile. Passando alla disamina della seconda questione, va preliminarmente ricordato che in materia di distanze minime da osservare tra costruzioni vige il principio di prevenzione, in base al quale il proprietario che costruisce per primo ha la facoltà di scegliere le distanze da rispettare, condizionando le scelte del proprietario confinante (Tribunale Messina, sez. I, 18 aprile 2006, n. 1672; in senso conforme anche la giurisprudenza di legittimità: si veda tra le molte Cassazione civile, sez. II, 12 gennaio 2005, n. 400). Il proprietario che costruisce per primo ha quindi due possibilità: 1) costruire il muro perimetrale della propria costruzione in modo che esso sia sulla linea di confine del suo terreno, vincolando così il vicino a costruire in aderenza o in appoggio oppure a rispettare la distanza legale di 3 metri; 3
4 2) collocare il muro perimetrale della propria costruzione ad una distanza compresa tra il confine del suo terreno e la metà della distanza legale, costringendo il vicino a costruire in aderenza edificando sul terreno altrui oppure a rispettare la distanza legale; 3) collocare il muro a una distanza dal confine maggiore della distanza legale o della metà della distanza legale, vincolando il vicino a rispettare la distanza legale di 3 metri; Tale principio va coniugato con le distanze fissate dalla normativa codicistica e, se presente, da quella locale. In linea generale, come prescritto dall art. 873 cod. civ., Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Qualora le costruzioni confinanti siano poste su più livelli, il principio di prevenzione comporta che la scelta del preveniente condiziona non solo l attività edilizia del vicino, ma lo stesso preveniente, giacché, se gli fosse consentito di adottare una scelta variabile tra i vari piani del fabbricato, costringerebbe il vicino prevenuto ad elevare a sua volta un edificio con muri perimetrali a linea spezzata. Pertanto, se il suolo del vicino è inedificato e il preveniente ha scelto di porsi alla distanza minima consentita dal confine, allora deve rispettare tale scelta e non può successivamente porre un corpo di fabbrica antistante alla costruzione già realizzata modificando così la scelta originariamente effettuata. Allo stesso modo il preveniente, nella prosecuzione in altezza del fabbricato, deve attenersi alla regola costruttiva originariamente adottata, con la conseguenza che, se non osserva tale criterio, deve rispettare il distacco minimo previsto dal codice o dai regolamenti locali (Tribunale Messina, cit.). 4
5 Proprio con riferimento ad un ipotesi di costruzione realizzata, su più livelli, lungo una linea spezzata, è stata affermato che il vicino prevenuto potrà costruire in aderenza solo in quei tratti in cui l edificio preveniente si trovi sul confine, mentre negli altri tratti dovrà arretrare rispetto al confine, rispettando le distanze legali, non rilevando il fatto che il suolo non edificato lungo la linea del confine non è più edificabile per volontà del preveniente (Cassazione civile, sez. II, 5 dicembre 2001, n ). Tali coordinate vanno applicate al caso di specie, nel quale si chiede se debba rispettarsi la distanza minima di 3 metri oppure quella di 1,5 metri dal confine per l ipotesi in cui non si voglia costruire in aderenza. Posto che una simile costruzione creerebbe un profilo a linea spezzata per i due edifici, il preveniente deve rispettare la sua scelta originaria, costruendo in aderenza oppure mantenendosi a distanza di tre metri dal confine, a nulla rilevando la circostanza che l immobile affianco sia stato oggetto di condono e quindi, in astratto, non sia più ulteriormente edificabile, se non entro limiti stringenti. * * * Riteniamo con ciò di aver esaurientemente esaminato il quesito sottoposto alla nostra attenzione. Restiamo a disposizione per qualsiasi altro chiarimento si rendesse necessario e ne approfittiamo per porgere i nostri migliori saluti, avv. Gianni Maria Saracco avv. Fabrizio Colasurdo 5
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