L'area ex Breda: cronologia di un dibattito
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- Demetrio Danieli
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1 L'area ex Breda: cronologia di un dibattito Andrea Ottanelli Prima della San Giorgio 6 L'area posta a sud della città, fuori della terza cerchia delle mura, è stata quella coinvolta per prima dal processo di modernizzazione di metà Ottocento della realtà economica e sociale di Pistoia. È lì, infatti, nel territorio dell'allora comune di Porta Lucchese e nei pressi della Porta Fiorentina, che nel 1851 venne realizzata la stazione della ferrovia Maria Antonia che proveniva da Firenze e proseguì poi per Lucca e da cui, successivamente, si distaccò sviluppandosi a ovest della città il tracciato della ferrovia Porrettana. L'impatto della linea ferroviaria sul territorio fu subito significativo con l'interruzione di alcune importanti strade e l'urbanizzazione di una vasta area agricola con i binari, il deposito locomotive, lo scalo merci e l'edificio della stazione. Subito dopo si rese necessario realizzare il collegamento tra la città e l'area ferroviaria attraverso un nuovo viale e un'apertura nelle mura che fu realizzata nel 1865 in prosecuzione della via della Postierla. Si trattava della prima significativa espansione urbana al di fuori delle mura e la nuova porta, la quinta della città, inaugurata ufficialmente nel 1867 si caratterizzava per la sua funzione, la riscossione delle gabelle, e il suo decoro. Alla fine del secolo XIX questa area si presentava così come una delle più attive della città con la presenza di alberghi, uffici, negozi, residenze di lusso, depositi, officine e laboratori artigiani. Contemporaneamente la sede ferroviaria aveva altre due importanti conseguenze. Da un lato creava un confine, un limite all'espansione urbana dando vita a una cesura a sud e ad ovest tra l'aperta campagna e i terreni più vicini alle mura destinati all'urbanizzazione e a divenire progressivamente "città", e dall'altro delimitava con precisione un'area unitaria e ben definita compresa tra la via Ciliegiole, la via Pacinotti, il viale della stazione e l'area ferroviaria. Ed è proprio a questa zona che guardò l'amministrazione comunale per progettare l'espansione della residenza al di fuori delle mura. Risale, infatti, al 1903 il "piano di massima" dell'ingegner Balilla Andreini che prevedeva la realizzazione di un nuovo viale fra la via Ciliegiole e il viale della stazione parallelo al viale Pacinotti e di altre tre strade di dimensioni più limitate ortogonali di collegamento tra i due viali. L'arrivo della San Giorgio A scompaginare le previsioni del Comune giunge nel 1906 la "San Giorgio, società anonima italiana per la costruzione di automobili terrestri e marittimi". Costituita l'anno precedente a Genova la Società decise di realizzare a Pistoia un proprio stabilimento per la costruzione di automobili realizzate su licenza dell'inglese Napier.
2 1 7 Fig. 1: veduta aerea dello stabilimento nel (collezione Andrea Ottanelli) Fig. 2: veduta aerea dello stabilimento dopo la ricostruzione post-bellica. (collezione Andrea Ottanelli) 2
3 3 4 8 La scelta dell'insediamento pistoiese nasceva dalla buona dotazione infrastrutturale della città e dall'esistenza di numerose imprese artigiane nel settore della costruzione di carrozze tra cui quella di Aiace Trinci, che svolgeva la sua attività anche in un edificio sul viale Pacinotti. La San Giorgio scelse di costruire il proprio stabilimento lungo questa via, nei terreni interessati dalla previsione urbanistica dell'ingegner Andreini e nel 1907 costruì quattro capannoni di cui uno decorato con una facciata realizzata dall'architetto fiorentino Gino Coppedè. Lo stabilimento pistoiese fu destinato per un periodo molto breve alla costruzione di auto, poiché la San Giorgio si indirizzò verso la produzione ferroviaria che comportò un rapido sviluppo della fabbrica, e la sua necessità di nuovi spazi entrò ben presto in contraddizione con le previsioni del piano del 1903 per cui, nel 1909, il Consiglio Comunale fu costretto ad annullare il progetto di urbanizzazione dell'area. Da allora la zona a sud divenne l'area industriale della città, che diresse invece la sua espansione residenziale a ovest, con la costruzione delle prime case popolari nel 1912 nella via Cammelli. Lo stabilimento San Giorgio delineò la sua struttura interna impostandola sull'espansione verso sud, con la creazione di un grande viale interno parallelo al viale Pacinotti e la progressiva edificazione di tutta l'area compresa tra la ferrovia, via Ciliegiole e il viale XX Settembre. Venne così realizzata una serie di edifici di vario tipo, altezze e dimensioni, allineati lungo un grande viale interno che funzionava da elemento ordinatore e organizzatore delle attività produttive prefigurando, inconsapevolmente, un'area urbanizzata nelle sue linee essenziali e recuperabile ad altri usi e funzioni dopo quello produttivo-industriale. Inoltre la realizzazione nel 1917 della sezione aeronautica e del campo di volo, su una superficie agricola di oltre 50 ettari, costituì una grande unica proprietà a sud della ferrovia, che si rivelerà di importanza strategica per la città nella seconda metà del XX secolo, insieme alla costruzione di altri capannoni nell'area ad ovest di via Ciliegiole. Il complesso era così caratterizzato dal grande viale centrale, segnato dai binari del carrello trasbordatore, e da alcuni capannoni di ampie dimensioni come quello che poi verrà denominato "la Cattedrale" e quello che ospitava la cabina ottica raggiungibile solo con un'alta scala a chiocciola, in ferro. L'ingresso coincideva con uno slargo, una sorta di piccola piazza davanti al capannone decorato dal Coppedè che costituiva uno spazio monumentale mentre nella stretta area compresa tra via Pacinotti e le mura sorsero altri edifici come i bagni pubblici, realizzati dal Comune nel 1914, la mensa aziendale e il dopolavoro. Lo stabilimento così strutturato subì i bombardamenti alleati del e fu ricostruito totalmente nel dopoguerra ad esclusione della sezione aeronautica. Nel 1949 il complesso passò totalmente sotto il controllo dell'iri e assunse la denominazione di Officine Meccaniche Ferroviari Pistoiesi che si specializzarono nella produzione di treni e autobus e contribuirono in maniera determinante allo sviluppo economico, sociale e politico di Pistoia negli anni del dopoguerra. All'inizio degli anni Sessanta emersero sempre più chiaramente i limiti di un complesso industriale che aveva ormai più di mezzo secolo di vita e che era stato costruito per successivi ampliamenti, con criteri ormai superati e non più adattabili alle nuove esigenze industriali. Nel 1966 venne così deciso lo spostamento dell'attività in un nuovo stabilimento da costruire in via Ciliegiole sui terreni dell'ex campo
4 5 Fig. 3: visita di alcune autorità statali presso lo Stabilimento San Giorgio negli anni 60. (collezione Andrea Ottanelli) Fig. 4: gli Stabilimenti San Giorgio negli anni 30, il fronte su via Pacinotti. (collezione Andrea Ottanelli) Fig. 5: gli Stabilimenti San Giorgio negli anni 30. (collezione Andrea Ottanelli) di volo e la scelta fu seguita due anni dopo dal passaggio delle O.M.F.P. nel gruppo E.F.I.M. e la trasformazione delle Officine in Ferroviaria Breda Pistoiesi S.p.a. Nel 1966 le O.M.F.P. affrontarono anche il problema della destinazione dell'area del vecchio stabilimento affidando l'incarico di un piano di lottizzazione al professor Beguinot dell'università di Napoli che prevedeva il completo abbattimento di tutti i capannoni e la destinazione a edilizia semintensiva nell'area ovest, la creazione di un centro di quartiere e attrezzature collettive in quella ad est e la realizzazione di una viabilità che ricalcava sostanzialmente quella del piano del Il piano considerava l'area ex Breda come mero terreno edificabile azzerando sessanta anni di storia urbanistica e sociale pistoiese e riportando la situazione agli anni precedenti la comparsa della San Giorgio. Intanto fu costruito il nuovo stabilimento che entrò in funzione nel 1973 in concomitanza con la costituzione della Breda Costruzioni Ferroviarie S.p.a. e il vecchio complesso che si estendeva su 18 ettari a est di via Ciliegiole e altri 5 a ovest venne progressivamente abbandonato. Nello stesso anno il Comune affidò agli architetti Baldi e Negrin l'incarico di predisporre un Piano particolareggiato per l'intera zona occupata dallo stabilimento. Il piano Baldi Negrin si muoveva sostanzialmente sulla falsariga del piano Beguinot prevedendo la totale liberazione dell'area dall'edificato storico ma entrava più in sintonia con la città esaminando le necessità e i bisogni emergenti e prevedendo una serie di insediamenti tra cui il terminal dei servizi di trasporto pubblico, un albergo ristorante, gli uffici finanziari, la sede delle poste, il verde attrezzato, le residenze e nuovi collegamenti con la viabilità esistente e un cavalcavia pedonale sulla ferrovia. Veniva conservata solo palazzina Coppedè che rimaneva però isolata come un'incongrua testimonianza, muta e incomprensibile, di un passato e una funzione non intelligibile. Da questa scelta emergeva una cultura, tipica dell'epoca, che non sapeva cogliere il valore storico e testimoniale degli edifici dell'area ex Breda ma si limitava a sal- 9
5 10 vaguardare solo quello in qualche maniera "firmato" e decorato, con una visione classicheggiante del "bello" che attribuiva valore solo alle testimonianze ritenute, in qualche maniera, architettoniche. Il piano fu approvato dal Comune nel 1975 e dette il via a un dibattito e a una riflessione sul destino dell'area che vide il primo, e più rilevante esempio, con l'elaborazione della proposta "Camaleonte" degli architetti Giovan Battista Bassi e Roberto Fedi. Per la prima volta l'attenzione si spostava dal terreno su cui era edificata la fabbrica alla fabbrica stessa. L'occhio dell'architetto non guardava solo e soltanto allo sviluppo futuro e a ciò che poteva essere realizzato su quell'area ma a ciò che c'era già, a cosa aveva significato per Pistoia, a quale valore poteva avere per costruire una nuova parte di città introducendo gli argomenti del restauro e del recupero. In un momento in cui il dibattito sull'archeologia industriale in Italia era agli albori Bassi e Fedi introducevano i concetti del restauro e del recupero delle funzioni originali. Ponevano così all'ordine del giorno il recupero graduale di capannoni ipotizzando un loro riuso per la mostra mercato e il centro sperimentale dell'ortovivaismo, una casa-albergo, i parcheggi sotterranei, le attrezzature collettive e la ricollocazione di funzioni come la borsa merci, il terminal del trasporto pubblico e gli uffici postali. Per la viabilità veniva confermato il mantenimento del grande viale centrale, la "spina", il raccordo con la tangenziale e venivano previsti percorsi pedonali in quota. Bassi e Fedi compivano così una vera e propria provocazione culturale che chiamava in causa l'intera città, la sua classe dirigente, i responsabili della politica e delle scelte future ponendo all'attenzione di tutti la necessità di un'attenta riflessione sull'area ex Breda. Raccolse la provocazione la rivista Farestoria che nel 1981 si fece promotore di un convegno sull'area del titolo significativo e emblematico "I capannoni della San Giorgio: abbattere o conservare" a cui presero parte docenti, storici, architetti, studiosi e amministratori che si confrontarono sui problemi dell'archeologia industriale, della memoria collettiva, della storia del movimento operaio, dell'urbanistica, delle necessità del presente e del rapporto tra fabbrica e città. L'area ex Breda iniziava così ad essere patrimonio collettivo della città e d'altronde lo era divenuto realmente nel 1980 quando la giunta comunale presieduta da Renzo Bardelli, superando l'ipotesi di acquisto da parte di altri soggetti pur sostenuta da esponenti del suo stesso partito, aveva deciso di acquistare l'area ex Breda est per complessivi 18 ettari al prezzo finale di quasi cinque miliardi di lire. In questo modo una delle più vaste aree industriali dimesse della Toscana, un vero e proprio patrimonio di archeologia industriale, diveniva di proprietà pubblica, mettendo a disposizione della collettività un pezzo della sua storia e della sua identità. Nello stesso anno il comune incaricava il Laboratorio Internazionale di architettura e urbanistica (ILAUD) di Giancarlo De Carlo di redigere un piano particolareggiato dell'intera area. Con De Carlo e il suo Laboratorio si cambiò totalmente pagina operando un ribaltamento totale del modo di affrontare i problemi posti dall'area ex Breda. La conoscenza approfondita del complesso industriale e del suo rapporto politico, sociale e urbanistico con la città, lo studio delle relazioni dell'area in una logica di area metropolitana, l'esame di ogni capannone e, più che altro e un confronto serrato con le associazioni, i professionisti e i cittadini attraverso numerose assemblee pubbliche fecero di quella esperienza un caso di urbanistica partecipata e un'elaborazione collettiva delle soluzioni adottate che trovò ampio spazio in una serie di pubblicazioni realizzate dal Comune. Due anni dopo il Comune approvava il piano ILAUD che prevedeva di conservare sostanzialmente tutti gli edifici riconvertendoli a nuovi usi e preservando l'immagine della fabbrica. Nell'area ex Breda trovavano collocazione, fra gli altri, il teatro, il museo osservatorio della città, il laboratorio di scenografia, la stazione delle autocorriere, un albergo, scuole, residenze, uffici, negozi, parcheggi e attrezzature sportive. Veniva coinvolta anche l'area compresa tra il viale Pacinotti e le mura e si ridisegnava tutta la viabilità dell'area prevedendo un nuovo viale tangente all'area ferroviaria che attraversava il grande capannone della Cattedrale. Al di là delle soluzioni adottate per il riuso dei vari capannoni l'idea innovativa era quella di guardare all'area ex Breda come a un nuovo pezzo di città in cui vivere, lavorare, sostare, operare avendo intorno a sé l'immagine sostanzialmente unitaria della fabbrica mantenuta nelle sue dimensioni e caratteristiche generali. Il quadro delle scelte veniva completato nel 1989 con la costituzione della Società San Giorgio S.p.a. destinata all'attuazione del piano De Carlo e con l'acquisto da parte dell'amministrazione comunale dell'area Breda ovest con una superficie di circa 6 ettari al prezzo di quasi tre miliardi di lire. In quegli anni l'attenzione del mondo della cultura in generale, e dell'università in particolare, si accentrava sempre più spesso sull'area ex Breda con esami, tesi e ricerche e il dibattito sul suo destino continuava su riviste e su giornali e attraverso mostre e pubbliche discussioni. Le scelte operative però tardavano a compiersi e il patri-
6 6 11 Fig. 6: Piano Baldi Negrin (1973). Fig. 7: Proposta "Camaleonte", G.B.Bassi - R. Fedi (1975). 7
7 12 monio edilizio dell'area iniziò a conoscere i primi sintomi di degrado e fatiscenza. Sono gli anni in cui prendeva corpo un uso talvolta scoordinato, limitato e parziale dei capannoni che venivano utilizzati per le funzioni più disparate ma che comunque servirono per il deposito del CO.PI.T. e per la sede di istituti scolastici, mentre nel 1989 alcuni vennero recuperati, con un intervento da manuale, e destinati a uffici e polo espositivo. Con il trascorrere del tempo si verificarono i primi crolli e iniziarono le prime demolizioni per cui si iniziò a perdere l'immagine complessiva della fabbrica. Sembra quasi che gli amministratori e l'opinione pubblica non fossero sufficientemente consapevoli del valore intrinseco dell'area ex Breda quale bene culturale in sé, del suo essere un monumento industriale appartenente al patrimonio della città. E comunque il complesso pistoiese compariva regolarmente nelle pubblicazioni di archeologia industriale e venne censito anche in uno in uno dei primi e più significativo volumi dedicato ai monumenti dell'archeologia industriale edito nel 1983 dal Touring Club Italiano. Anche le vicende della Società San Giorgio finirono per dimostrare la sostanziale difficoltà ad affrontare una sfida così articolata e complessa ed infatti la Società fu costretta allo scioglimento nel 1995, dopo aver, comunque, incaricato l'architetto Carlo Stilli di revisionare il piano De Carlo, adattandolo alle nuove esigenze e ridimensionando alcune previsioni. L'amministrazione comunale in questo modo riprese la gestione diretta dell'operazione e nello stesso anno adottò la variante relativa all'area ad ovest di via Ciliegiole. Il 1997 segna l'anno in cui la situazione di stallo inizia a sbloccarsi con la cessione da parte del Comune alla società " Giusti per l'edilizia s.p.a." dell'area ovest e con l'inizio dei lavori per la realizzazione della nuova viabilità, le nuove residenze e il recupero dei capannoni esistenti. L'anno dopo infine il Comune approvò la variante elaborata dall'architetto Stilli per l'area ex Breda est. In questo caso veniva confermato, adattandolo alla contemporaneità l'obiettivo del piano De Carlo di " trasformare un ambiente monofunzionale in un brano significativo di città moderna, integrata vivibile in tutto l'arco della giornata, qualificata dal punto di vista architettonico, infrastrutturale e ambientale". La variante prevedeva l'inserimento nell'area di attrezzature culturali, di interesse pubblico e sportive, residenze, e parcheggi, la realizzazione delle sedi della questura, dell' Inail, degli ordini professionali, della biblioteca comunale, di una scuola e di un albergo con centro commerciale e il completamento della strada di collegamento tra Porta Lucchese e la Stazione. A partire dal 2000 si registrano una serie di interventi che iniziano a modificare sensibilmente l'area. In quell'anno viene recuperato il vecchio edificio dei bagni pubblici destinato a sede dell'archivio storico del Comune di Pistoia e l'anno dopo veniva aperto il primo tratto del viale Pertini tra Porta Lucchese e la stazione e nel 2004 è stato completato l'intervento dell'area ex Breda ovest e terminato il viale Pertini. Nel 2005 dopo una serie di incontri e di dibattiti il Comune ha approvato la variante al piano particolareggiato dell'area ex Breda est. Con essa viene sostanzialmente confermato il piano del 1998 prevedendo la realizzazione di residenze, uffici e negozi, la conferma della sede del'itc Einaudi, la previsione di una nuova scuola media e l'inserimento all'interno della "Cattedrale" del polo universitario, accanto alla nuova biblioteca comunale. Vi verranno inoltre realizzate le sedi della Questura e della Prefettura, la sede degli ordini professionali, e dell'inail e un grande albergo. Per quanto riguarda la viabilità è prevista la costruzione di un sottopasso ferroviario che superi la cesura costituita dalla ferrovia e di un ponte pedonale progettato da Santiago Calatrava mentre l'area viene sostanzialmente liberata dal traffico e dai parcheggi, realizzati sotto terra. Viene mantenuta la spina centrale che diviene così un grande viale ordinatore dell'area in senso est-ovest e create due grandi piazze ai lati estremi del viale, mentre risulta limitata l'estensione dela superficie destinata a verde pubblico. Complessivamente l'immagine della fabbrica rimane confermata nell'organizzazione generale degli spazi e nel mantenimento dei corpi di fabbrica, intatti o ripercorsi come nel caso della biblioteca, in particolare nella porzione occidentale dell'area sia sul fronte su via Pacinotti che sul fronte sud del grande viale. La parte orientale è invece quella che ha subito più perdite. Sono ormai scomparsi i grandi capannoni che si affacciavano su via Pacinotti e quelli che si affacciavano sul tratto finale del viale interno ma nel complesso si concretizza l'operazione di recupero di una fabbrica dopo decenni di sostanziale abbandono confermando il valore della storia e di patrimonio da recuperare che le aree industriali dimesse conservano dentro se stesse. Se riflettiamo sul percorso compiuto a Pistoia intorno all'area ex Breda dal piano del 1966 ai contenuti della variante del 2005 si comprende quanto sia cambiato su questo argomento il modo di pensare degli amministratori, dei progettisti, degli intellettuali e dei cittadini. Si tratta di un'operazione con limiti e risultati non sempre totalmente soddisfacenti ma che conclude in maniera sostanzialmente positiva un capitolo lungo quaranta anni e che era iniziato con delle premesse molto diverse.
8 8 13 Fig 8: Piano G. De Carlo (1980/1989). Fig. 9:Piano Stilli Cottini (1998). 9
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