UNGULATI GENERALITA Parte 1. Sistematica, morfologia ed ecoetologia delle specie italiane
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1 UNGULATI GENERALITA Parte 1 Sistematica, morfologia ed ecoetologia delle specie italiane
2 DEFINIZIONE UNGULATI = gruppo di mammiferi caratterizzati dall avere la parte terminale delle dita (falangette) ricoperte da robuste unghie (zoccoli). Appartengono a questo gruppo un numero elevato di specie (27 famiglie, c.a. 300 specie), tra cui specie evolute alla vita acquatica come i Cetacei.
3 Ordine PERISSODATTILI Famiglia EQUIDI Genere EQUUS CAVALLO SELVATICO Equus przewalskii Sottordine Sottofamiglia Genere CINGHIALE SUIFORMI SUINAE SUS Sus scrofa Superordine UNGULATI Ordine ARTIODATTILI Famiglia CERVIDI Sottofamiglia CERVINAE Genere CERVUS Genere DAMA Genere CAPREOLUS CERVO ROSSO Cervus elaphus DAINO Dama dama CAPRIOLO Capreolus capreolus Sottofamiglia Genere ALCE ODICOILEINAE ALCES Alces alces Genere RENNA Sottordine RUMINANTI Sottofamiglia BOVINAE RANGIFER Genere BISON Rangifer tarandus BISONTE EUROPEO Bison bonasus CAMOSCIO ALPINO SISTEMATICA degli UNGULATI EUROPEI Famiglia BOVIDI Sottofamiglia RUPICAPRINAE Genere RUPICAPRA Rupicapra rupicapra C. MERIDIONALE Rupicapra pyrenaica STAMBECCO Capra ibex Genere CAPRA S. IBERICO Capra pyrenaica CAPRA SELVATICA Sottofamiglia Capra aeragus CAPRINAE Genere OVIS MUFLONE Ovis aries Genere OVIBOS BUE MUSCHIATO Ovibos moschiatus
4 Classe: MAMMIFERI UNGULATI IN ITALIA Superordine: UNGULATI Ordine: PERISSODATTILI Ordine: ARTIODATTILI Sottordine: SUIFORMI Sottordine: RUMINANTI Famiglia: SUIDI Famiglia: CERVIDI Famiglia: BOVIDI Specie: CINGHIALE Specie: CAPRIOLO CERVO DAINO Specie: CAMOSCIO MUFLONE STAMBECCO CAMOSCIO D ABRUZZO
5 UNGULATI - DISTRIBUZIONE Gli UNGULATI sono presenti oggi in tutti i biomi terrestri. Le varie specie hanno colonizzato ambienti e habitat molto differenti, dalla tundra ai deserti, dalle Alpi alle foreste tropicali.
6 CARATTERISTICHE GENERALI UNGULATI Gli arti terminano con un numero di zoccolo pari = ARTIODATTILI Alimentazione prevalentemente vegetale, alcune specie onnivore Apparato digerente complesso adatto alla digestione della cellulosa Dentatura di tipo eterodonte (più tipi di denti) Possono essere presenti canini sporgenti o corna frontali (solo nei maschi o in ambedue i sessi) Ghiandole mammarie poste in zona inguinale Presenza di ghiandole tegumentali che producono segnali olfattivi I sensi maggiormente sviluppati sono l olfatto e l udito Utero bicorne, testicoli extraddominali racchiusi nello scroto
7 DIMENSIONI Nella grande famiglia degli ungulati possiamo trovare una estrema variabilità di pesi e misure dai 70 cm per pochi kg del Dik Dik ai quasi 3,5 m per 3 tonnellate dell ippopotamo.
8 STRUTTURA degli ARTI In tutte le specie, ad eccezione dei Suidi, è presente la fusione delle ossa metapodiali in un unico osso = OSSO CANNONE che aumenta la resistenza dell arto alle sollecitazioni della corsa.
9 STRUTTURA degli ARTI
10 LO ZOCCOLO II Falange III Falange
11 NOMENCLATURA ZOCCOLO
12 CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEGLI ZOCCOLI DEGLI UNGULATI ITALIANI Anche se le diverse specie di ungulati hanno zoccoli simili tra loro, l evoluzione ha portato a particolari adattamenti nelle singole specie in funzione dell habitat di vita.
13 SPECIE CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELLO ZOCCOLO CAMOSCIO CAPRIOLO CERVO MUFLONE STAMBECCO Zoccoli a forma di cuneo, dritti con bordi duri ed affilati adatti a far presa su terreni duri o ghiacciati. Solea e fettone particolarmente morbidi per una maggiore aderenza su roccia. Le pinzette sono unite da una membrana interdigitale, in modo da aumentare la superficie portante del piede in caso di progressione su terreni coperti da neve. Gli speroni sono in posizione più bassa rispetto alle altre specie e ruotate di 180 rispetto alle dita principali. Le impronte degli arti posteriori sono più strette rispetto agli arti anteriori. Zoccoli larghi con curvatura regolare verso la punta (caratteristica forma a cuore dell impronta). Nei maschi adulta vi è una notevole differenza di dimensione tra gli z. posteriori e quelli anteriori. Gli z. hanno fettoni ben sviluppati che si estendono fino al centro dello z. Solee allungate con bordi taglienti. Solea e fettone particolarmente morbidi in modo da garantire un aderenza eccezionale sulla roccia; pinzette estremamente divaricabili ed indipendenti per sfruttare appoggi differenti. Bordi esterni molto rigidi.
14 APPARATO DIGERENTE Gli ungulati italiani, ad eccezione del cinghiale, sono RUMINANTI. Gli ungulati ruminanti hanno lo stomaco diviso in 4 cavità: - RUMINE - RETICOLO - OMASO - ABOMASO
15 APPARATO DIGERENTE Il RUMINE, IL RETICOLO e l OMASO sono detti PRESTOMACI e sono utilizzati come camere di fermentazione per il foraggio grossolano. Qui i foraggi subiscono una prima degradazione da parte di una ricchissima flora microbica presente e da microrganismi presenti nelle cavità di questi organi.
16 LA RUMINAZIONE E una forma di adattamento fisiologico che consente ai ruminanti di ottimizzare la digestione della cellulosa. All interno dei pre-stomaci è presente una ricca flora batterica e protozoaria che produce enzimi in grado di intaccare le pareti della cellulosa permettendo l assimilazione degli elementi nutritivi. Dai processi fermentativi dei pre-stomaci i microrganismi ricavano l energia necessaria alla loro vita, e allo stesso tempo permettono la trasformazione della cellulosa in acidi grassi volatili facilmente assimilabili dall animale = SIMBIOSI La ruminazione rappresenta inoltre un adattamento evolutivo antipredatorio proprio dei mammiferi erbivori soggetti a forte pressione predatoria, in quanto consente i all animale di accumulare in modo rapido grandi quantità di cibo nel rumine in aree di pascolo potenzialmente pericolose, ed una successiva masticazione in un luogo più sicuro.
17 CICLO DELLA RUMINAZIONE
18 TIPI di RUMINANTI Le dimensioni del rumine ed i cicli temporali della digestione non sono uguali negli ungulati Ogni specie ha evoluto caratteristiche proprie di alimentazione e quindi di anatomia del proprio apparato digerente Tra gli ungulati selvatici presenti in Italia si possono trovare queste tre tipologie di alimentazione:
19 TIPI di RUMINANTI selezionatori di cibo concentrato (BRUCATORI) = consumano ++ alimenti ricchi di nutrienti facilmente digeribili come fiori, gemme, foglie, frutti CAPRIOLO
20 TIPI di RUMINANTI mangiatori di erba e foraggi grezzi (PASCOLATORI) = si possono nutrire senza problemi di alimenti altamente fibrosi, con la possibilità di immagazzinare grandi quantità di cibo nel rumine MUFLONE
21 TIPI di RUMINANTI tipi intermedi = specie che si riescono ad adattare, in base alle risorse alimentari ambientali e/o stagionali, le proprie abitudini alimentari, comportandosi alternativamente da brucatori o pascolatori. CAMOSCIO CERVO - STAMBECCO
22 TIPI di RUMINANTI SPECIE STRATEGIE ALIMENTARI DIMENSIONI RELATIVE DEL RUMINE RITMI ALIMENTARI CAMOSCIO Pascolatore/brucatore a seconda delle disponibilità alimentari Medie medi CAPRIOLO Brucatore fortemente selettivo Piccole alti CERVO Pascolatore selettivo di tipo intermedio Medie medi MUFLONE Pascolatore Grosse medio bassi STAMBECCO Pascolatore selettivo Medio alte medi
23 Selezionatori di cibo concentrato BRUCATORI Tipi intermedi Mangiatori di erba e foraggi grezzi PASCOLATORI
24 APPARATO MASTICATORE e DENTI Negli ungulati la forma dei singoli denti e la loro disposizione è in funzione di una dieta vegetariana. È presente una forbice dentale anteriore, formata da denti taglienti per recidere i foraggi e da una parte posteriore triturante di denti massicci per sminuzzare il cibo. tra la porzione di denti anteriori e quelli posteriori è presente uno spazio privo di denti chiamato diastema.
25 Porzione triturante diastema Forbice dentale
26 DENTI CALLO OSSEO INCISIVI
27 FORMULA DENTIARIA La formula dentiaria definitiva negli ungulati è composta da 32 denti così denominati: PREMOLARI MOLARI INCISIVI
28 INCISIVI Gli INCISIVI hanno la funzione di tagliare il foraggio. Hanno una forma semplice a scalpello, con un bordo tagliente. Sono così denominati: - Incisivo 1 (I1) - Incisivo 2 (I2) - Incisivo 3 (I3) - Canino o incisivo 4 (C o I4) I1 I2 I3C
29 CANINI I canini negli ungulati ruminanti sono modificati e vengono normalmente contati come incisivi (I4). Sono presenti nella mandibola superiore solo nel cervo.
30 PREMOLARI e MOLARI I PREMOLARI ed i MOLARI sono destinati alla triturazione e alla masticazione Sono così denominati: - PREMOLARI = P1 - P2 - P3 - MOLARI = M1 M2- M3 P1 P2 P3
31 STRUTTURA DEI DENTI Molari e premolari hanno una struttura più complessa degli incisivi = struttura SELENODONTE Sono caratterizzati da una serie di fessure e affioramenti di DENTINA intercalate da bordi taglienti di smalto dette CUSPIDI. DENTINA CUSPIDI LINGUALI FESSURA TRA LE CUSPIDI CUSPIDI LINGUALI
32 STRUTTURA dei DENTI I molari mandibolari dell arcata inferiore hanno cuspidi più alte sul lato interno (linguale) della cavità boccale, mentre quelli mascellari dell arcata superiore hanno cuspidi prominenti sul lato esterno (guanciale). Questo permette una triturazione ottimale dei vegetali grazie ad un movimento quasi orizzontale della masticazione.
33 FORMULA DENTALE la formula dentale comune a tutti gli Ungulati alpini è la seguente: ALLA NASCITA i1 i2 i3 c(i4) p1 p2 p1 p2 p3 TUTTI I DENTI DA LATTE IN ETA ADULTA BOCCA FATTA P1 P2 P3 M1 M2 M3 I1 I2 I3 C(I4) P1 P2 P3 M1 M2 M3 In ciascuna metà della cavità boccale sono presenti: 3 incisivi (I), 1 canino (C), 6 premolari (P) e 6 molari (M), per un totale complessivo nella bocca completa di 32 denti. L unica eccezione è rappresentata dal cervo, che presenta 2 canini vestigiali sull arcata superiore = 34 denti
34 CAMBIO dei DENTI Il cambio dei denti da latte ha tempistiche diverse a seconda delle specie ed ha un ruolo fondamentale per la determinazione dell età negli ungulati. Il capriolo ad esempio effettua il cambio completo della dentizione in 1 anno, mentre il camoscio impiega circa 4 anni.
35 USURA dei DENTI I denti degli ungulati, in particolare premolari e molari, sono soggetti ad un consumo a causa dei continui movimenti masticatori. L analisi del grado di consumo dei denti è il metodo standard utilizzato per determinare l età dei capi abbattuti nei cervidi. Ogni specie ha dei tempi di consumo diversi che verranno poi illustrati nel dettaglio nelle lezioni dedicate.
36 PALCHI e CORNA Caratteristica comune a tutti gli ungulati alpini è quella di avere appendici cefaliche (trofei). I trofei, in base al diverso materiale di cui sono costituite e all origine embrionale, prendono il nome di CORNA o PALCHI. Le corna sono presenti nei BOVIDI (camoscio, stambecco e muflone), mentre i palchi li troviamo nei CERVIDI (cervo, capriolo e daino).
37 CORNA Le corna sono astucci di materiale cheratinoso inseriti su un osso frontale, chiamato os cornu, il quale si sviluppa come un prolungamento della calotta cranica. L osso del corno è un tessuto vivo, che permette negli anni l accrescimento degli astucci cornei. Nei bovidi le corna sono presenti in entrambi i sessi. L unica eccezione è rappresentata dal muflone, nel quale i palchi sono normalmente assenti nelle femmine.
38 CORNA La conformazione cava del corno ha fatto si che i Bovidi siano denominati CAVICORNI. le corna sono strutture a crescita continua e non vengono mai perse durante la vita. Il ciclo di crescita subisce un intervallo annuale nei mesi invernali: alla ripresa dello sviluppo si sarà formato sul corno un anello chiamato anello di accrescimento annuo. Il conteggio di questi anelli viene utilizzato per determinare con precisione l età dell animale.
39 PALCHI I palchi dei cervidi hanno un origine ossea e sono costituiti da un tessuto di origine scheletrica. I palchi hanno quindi una struttura piena, per cui i cervidi sono anche detti PLENICORNI. Queste strutture non sono a crescita continua ma vengono perse e si riformano ex novo ogni anno. I palchi dei cervidi sono presenti esclusivamente nei maschi; l unica eccezione è la renna in cui sono portati in entrambi i sessi.
40 PALCHI Sono formati da due stanghe ossee che si sviluppano a partire da due strutture ossee permanenti dette steli ossei.
41 Ciclo di crescita dei PALCHI Il ciclo di crescita, ossificazione e perdita dei palchi è legata a due ormoni il testosterone e la somatotropina. La somatotropina (ormone della crescita) è la responsabile della crescita dei palchi, mentre il testosterone determina l ossificazione degli steli. Nella fase di crescita le stanghe sono ricoperte da un tessuto chiamato VELLUTO. Il velluto ha uno strato interno riccamente vascolarizzato e da uno strato esterno ricoperto da una fitta peluria e ricco di ghiandole. Lo sviluppo delle stanghe parte dalla moltiplicazione di cellule sul loro apice; aumentando lo sviluppo la struttura si arricchisce di osseina fino alla completa ossificazione dello stelo.
42 Ciclo di crescita dei palchi Una volta completata la formazione dello stelo osseo del palco, l aumento della quantità di testosterone in circolo causa una chiusura delle vene del velluto, il quale secca. L animale in questo periodo si libera del velluto, ormai tessuto morto, strofinando i palchi contro arbusti o piccoli alberi. I palchi appena puliti hanno un aspetto biancastro e si presentano spesso sporchi di sangue. Successivamente si colorano grazie ai pigmenti della corteccia delle piante che usano per liberarsi dal velluto e dall ossidazione del sangue residuo.
43 La caduta dei palchi La caduta dei palchi è determinata dall interruzione della circolazione sanguigna che irrora gli steli ossei. La caduta del palco è spesso asimmetrica, avviene in genere nell arco di alcuni giorni. Dopo pochi giorni dalla perdita delle stanghe si forma una cicatrice ricoperta da velluto. La tempistica della caduta del palco varia a seconda dell anzianità del soggetto: di norma gli animali più anziani perdono i palchi per primi, poi a seguire gli animali via via più giovani.
44 PALCHI Le dimensioni dei palchi aumentano ogni anno di vita dell animale. Il maggior sviluppo dei palchi si ha negli anni subito prima dell anzianità; dopo vi è una regressione fisiologica delle dimensioni delle stanghe. I palchi possono presentare delle anomalie morfologiche e strutturali, che possono essere transitorie o permanenti a seconda della causa che le provoca. Generalmente i palchi dei caprioli sono più soggette ad anomalie rispetto a quelle dei cervi.
45 Palchi - Irregolarità Causa della lesione Tipo di lesione Effetto della lesione su palco Le principali irregolarità dei palchi dei cervidi sono le seguenti: Lesione del velluto TRANSITORIA Disturbi della crescita e della morfologia delle stanghe Rottura delle stanghe in velluto TRANSITORIA Formazione di stanghe in sovrannumero Denutrizione malattie TRANSITORIA Trofei scarsamente sviluppati, a bottone Castrazione DEFINITIVA Se avviene durante la formazione del palco = trofeo a parrucca ; se avviene prima della crescita il palco non si sviluppa Lesione dell osso frontale o dello stelo DEFINITIVA Palco poco sviluppato, delocalizzato, deforme o pendente Scompensi ormonali TRANSITORIA Trofei a cavatappo, trofei di gomma o elastici, trofei a fiamma
46 Palchi - Nomenclatura I trofei dei cervidi sono costituiti dalle seguenti parti: - la STANGA o ASTA: rappresenta l elemento portante del palco, può avere una serie di ramificazioni - le PUNTE: ramificazioni della stanga, hanno nomi diversi a seconda della specie e del posizionamento lungo l asta - la ROSA: ispessimento alla base dell asta, punto di raccordo con lo stelo osseo - Le PERLE: escrescenze ossee che compaiono con l età lungo l asta, specialmente nel capriolo.
47 Lo sviluppo dei palchi è influenzato da numerose variabili: - Disponibilità e qualità alimentare - Densità di popolazione - Età - Stato di salute dell animale - Genetica
48 PALCHI ed ETA. Il numero di punte presenti sulle stanghe NON RAPPRESENTA L ETA DELL ANIMALE!!!!!! Lo sviluppo dei palchi nel cervo può aiutare a stimare APPROSSIMATIVAMENTE se si tratta di animali più o meno giovani. I maschi di 1 anno di età presentano normalmente stanghe formate da una sola punta = FUSONI. Nel capriolo, in popolazioni dove sono presenti buone risorse alimentari non è raro però trovare animali di 1 anno con stanghe a 2 o 3 punte.
49 Curiosità sui palchi I palchi dei maschi di cervo possono arrivare a pesare 9 kg ed essere lunghi 125 cm L investimento di un maschio adulto per la formazione del trofeo può arrivare ad intaccare fino al 25% del suo dispendio energetico annuo!! Alcune ricerche hanno evidenziato che la forma del trofeo sia trasmissibile di generazione in generazione.
50 A cosa servono corna e palchi??? Sulla funzione di corna e palchi esistono varie teorie, che risolvono solo in parte i vari dubbi a riguardo - La prima interpreta corna e palchi come strumento di difesa dai predatori. Questa teoria però si scontra contro la forma di molti tipi di corna: per un efficace difesa le appendici dovrebbero essere rivolte in avanti, mentre la maggior parte delle appendici sono rivolte nel senso opposto.
51 Una seconda teoria ipotizza che tali appendici servano a proteggere gli animali dai loro conspecifici durante gli scontri nel periodo riproduttivo. Effettivamente le lotte a testate sono frequenti tra questi animali, per cui le appendici potrebbero offrire una certa protezione verso traumi e ferite, trasformando i combattimenti in prove di forza più che in scontri cruenti.
52 Una terza teoria ipotizza l importanza di corna e palchi nelle relazioni sociali tra individui dello stesso branco come segnali visivi per identificare lo status sociale dell animale. Questo riconoscimento a distanza del rango sociale dei maschi servirebbe, e ci riesce, a diminuire inutili scontri che porterebbero ad eventuali lesioni o traumi. Effettivamente sono molti i comportamenti rituali dei maschi che ostentano le proprie caratteristiche fisiche con vari rituali o posture con lo scopo di intimorire i contendenti di rango inferiore, i quali spesso si ritirano dagli scontri prima ancora di iniziarli!
53 PELO, MUTE e MANTELLO Il mantello degli ungulati è costituito da due tipi di peli, il pelo di giarra e quello di borra. Il pelo di giarra o di rivestimento è costituito da peli lunghi e robusti; il pelo di borra, insieme ai sottili peli di lana, costituisce il sottopelo che ha la funzione di isolare termicamente l animale dal freddo
54 LE MUTE Gli ungulati sono soggetti a mute stagionali che hanno la funzione di adeguare la consistenza del pelo ed il colore alle condizioni climatiche e ambientali. Avvengono annualmente 2 mute del pelo: - Muta AUTUNNALE: tra fine settembre e fine novembre = permette all animale di aumentare lo spessore del pelo aumentando i peli di borra e di lana. È generalmente più lenta e graduale. - Muta PRIMAVERILE: tra aprile e giugno = l animale perde il fitto pelo invernale che lascia spazio ad un pelo più leggero. La muta primaverile è più rapida rispetto a quella autunnale.
55 LA MUTA I tempi e la rapidità delle mute varia da specie a specie e ogni anno in base alle condizioni climatiche. Il periodo e la tempistica della muta in alcune specie è legato al sesso e all età dell animale Generalmente le femmine e gli individui giovani tendono a mutare il pelo prima degli altri individui. Ritardi di muta possono essere sintomo di un cattivo stato di salute dell animale. La muta inizia normalmente dal muso e dalle estremità degli arti, per portarsi via via verso il dorso dove si completa.
56 Albinismo e melanismo In tutti gli ungulati sono segnalati casi si alterazioni genetiche del colore del mantello. L ALBINISMO è un alterazione genetica che blocca la produzione di melanina, il pigmento che rende scuro il pelo. Gli animali soggetti a tale mutazione presentano il pelo completamente bianco su tutto il corso (A. totale) o solo su alcune parti (A. parziale). È più frequente nei cervidi rispetto ai bovidi.
57 Albinismo e melanismo Il MELANISMO al contrario è un alterazione che determina una sovrapproduzione di melanina, rendendo gli individui notevolmente più scuri degli altri, fino ad apparire quasi neri. Anche tale fenomeno è più frequente nei cervidi (daino++) rispetto ai bovidi (++ camoscio). Entrambe le mutazioni sono recessive, per cui compaiono nelle popolazioni con una casistica bassissima.
58 GHIANDOLE L epidermide degli ungulati è ricca di ghiandole, le quali possono essere: - g. sebacee: associate al pelo, secernono sebo che ha la funzione di lubrificare il pelo - g. sudoripare: possono essere associate o meno ai peli, assenti nello stambecco. - g. mammarie: secernono latte - camoscio, capriolo, cervo = 4 mammelle - Stambecco, muflone = 2 mammelle
59 G. ODORIPARE Gli ungulati presentano in zone cutanee localizzate ghiandole odoripare che secernono sostanze ceruminose dall odore penetrante. Il prodotto di queste ghiandole ha un ruolo molto importante nelle interazione comportamentali con i conspecifici, fungendo da messaggeri odoriferi. Questi odori sono utilizzati dai selvatici per delimitare il territorio, per l attrazione sessuale e per i rapporti sociali in genere (rango sociale, etc ) Normalmente sono localizzate sul muso, lungo gli arti, nella regione inguinale o nella parte posteriore del corpo.
60 RETROCORNALI FRONTALI CAUDALI VULVARI ANALI FACCIALI INGUINALI METATARSALI INTERDIGITALI
61 ECO-ETOLOGIA degli UNGULATI Il comportamento sociale degli ungulati è quello tipico dei grandi mammiferi erbivori sottoposti a predazione. In quasi tutte le specie (ad eccezione del capriolo) l elemento base della popolazione è il branco.
62 Il branco Il branco ha la funzione di PROTEZIONE dei singoli individui = tanti occhi, tante orecchie Negli ungulati italiani i branchi sono di tipo martiarcale, ovvero branchi composti da femmine adulte, giovani dell anno e femmine sub-adulte guidate solitamente da una femmina anziana. Per la maggior parte dell anno vi è una segregazione sessuale dei branchi, ovvero maschi e femmine formano branchi che occupano territori diversi. (ad eccezione dei maschi adulti di camoscio) I branchi di femmine/piccoli e maschi tendono a riunirsi nella stagione degli amori. Nel capriolo si formano invece branchi stagionali nel periodo invernale, dove si possono unire più gruppi famigliari (femmina+piccoli) e maschi. In questa specie il maschio ha abitudini territoriali.
63 RIPRODUZIONE Gli ungulati sono animali a strategie riproduttiva POLIGINICA = un maschio può fecondare più femmine. Tra i maschi durante il periodo riproduttivo sono comuni rituali e comportamenti variabili da specie a specie che hanno lo scopo di definire una gerarchia tra gli animali sessualmente maturi. Il periodo riproduttivo negli ungulati italiani è localizzato nei mesi autunnali (ad eccezione del capriolo), con periodi variabili tra le specie. I parti avvengono, con variazioni legate alla specie, nel periodo tardo-primaverile. La prole nasce completamente formata ed in grado di seguire la madre già dopo pochi giorni dal parto. Nella maggior parte delle specie viene partorito un solo piccolo, ad eccezione del capriolo dove solitamente il parto è gemellare.
64 RIPRODUZIONE CURIOSITA : In tutti gli ungulati le femmine per poter essere in grado di riprodursi devono raggiungere un peso soglia. Il raggiungimento di tale peso è influenzato da vari fattori, tra cui la disponibilità e qualità alimentare, la densità di popolazione e le condizioni sanitarie dell animale. Questo sistema di controllo fa si che l età del primo parto varia a seconda di molti fattori, primo fra tutti la densità di popolazione Normalmente in popolazioni con basse densità (es: popolazioni appena reintrodotte o in espansione su nuovi territori) l età del primo parto sia più bassa rispetto a popolazioni assestate o a densità elevata.
65 MORTALITA Le principale cause di mortalità naturale degli ungulati sono: - PREDAZIONE - MALATTIE - INCIDENTI (es. valanghe, cadute) - MORTE PER CAUSE NATURALI (es. vecchiaia)
66 PREDAZIONE In un ambiente completamente naturale la predazione dei carnivori su una popolazione di ungulati dovrebbe provvedere a mantenere una pressione selettiva tale da garantire un equilibrio naturale. La persecuzione diretta sui grandi carnivori ed i cambiamenti ambientali nei secoli passati ha però portato ad una diminuzione di tali specie (fino a locali estinzioni). Il progressivo aumento delle popolazioni di ungulati a partire dal dopoguerra ha però permesso un lento ritorno dei grandi predatori, che trovano oggi una abbondante disponibilità di prede.
67 PREDAZIONE Sulle Alpi piemontesi i principali predatori a carico degli ungulati sono: - LUPO (animali adulti, debilitati, giovani) - AQUILA REALE (animali giovani, raramente adulti) - VOLPE (animali giovani, soggetti fortemente debilitati) - LINCE?????
68 Generalità sugli Ungulati Distribuzione e status delle specie italiane
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70 Distribuzione Capriolo Presente in 67 province su 103 Consistenza stimata: capi 51,2% 33,7% 14,9% 0,2% Alpi centro-occidentali Alpi centro-orientali Appennino centro-settentrionale Appennino centro-meridionale * Dati aggiornati all anno 2000 Fonte Pedrotti L., Dupré E., Preatoni D. & Toso S., 2001 Banca Dati Ungulati. Biol. Cons. Fauna 109
71 Ciclo dei palchi
72 Ciclo dei palchi Consistenza 2005: Dati aggiornati 2006
73 Ciclo dei palchi Dati aggiornati 2005
74 Ciclo dei palchi
75 Evoluzione della popolazione Capriolo Origine delle popolazioni attuali Anticamente presente su tutto il territorio italiano Declino a partire dal XVI secolo a causa di: - disboscamenti - persecuzione diretta Picco negativo nel secondo dopoguerra (ca capi) Trend demografico positivo a partire dagli anni 60 favorito da: - abbandono della montagna - regolamentazione della caccia - reintroduzioni Alpi e Appennino settentrionale: popolazioni di origine centro-europea per espansione naturale o immissioni (C. c. capreolus) Appennino centro-meridionale: popolazioni in parte reintrodotte, in parte relitte (C. c. italicus) Fenomeni in corso Espansione con incremento annuo medio del 5-10% Colonizzazione di aree agricole con minime superfici boscate (es. pianura emilianoromagnola)
76 Piani di prelievo Capriolo Prelievo in 45 province delle 67 in cui è presente Abbattimenti 1999/00: Abbattimenti 2004/05:
77 Ciclo dei palchi 2004/05
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79 Distribuzione Cervo Presente in 47 province su 103 Consistenza stimata: capi 51,3% 12,4% 9,6% 26,6% Alpi centro-occidentali Alpi centro-orientali Appennino centro-settentrionale Appennino centro-meridionale * Dati aggiornati all anno 2000 Fonte Pedrotti L., Dupré E., Preatoni D. & Toso S., 2001 Banca Dati Ungulati. Biol. Cons. Fauna 109
80 Ciclo dei palchi
81 Ciclo dei palchi
82 Ciclo dei palchi Dati aggiornati all anno 2006 Consistenza 2000: Consistenza 2006:
83 Ciclo dei palchi Dati aggiornati 2005
84 Ciclo dei palchi
85 Ciclo dei palchi
86 Evoluzione della popolazione Anticamente presente su tutto il territorio italiano Declino a partire dal medioevo a causa di: - disboscamenti - persecuzione diretta All inizio del novecento estinto da tutta la penisola ad eccezione della popolazione del Bosco della Mesola e di alcuni nuclei in Alto Adige Cervo Origine delle popolazioni attuali Alpi centro-orientali: colonizzazione spontanea Alpi centro-occidentali e Appennino: reintroduzioni La popolazione sarda, ascritta alla sottospecie C. e. corsicanus, ha avuto forse origine da introduzioni effettuate nel tardo Neolitico con soggetti di provenienza medio-orientale Cervo sardo: ridotto sull orlo dell estinzione all inzio degli anni 70 (ca. 100 esemplari) Trend demografico positivo a partire dagli anni favorito da: - abbandono della montagna - regolamentazione della caccia - reintroduzioni - per il cervo sardo: gestione e protezione Fenomeni in corso Espansione con incremento annuo medio dell 8%, ostacolato dalla frammentazione del territorio. Graduale recupero del cervo sardo (2700 capi nel 1990) L impatto della specie sulle coltivazioni crea localmente problemi gestionali
87 Piani di prelievo Cervo Prelievo in 22 province delle 57 in cui è presente Abbattimenti 1999/00: Abbattimenti 2004/05: 7.978
88 Ciclo dei palchi 2004/05
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91 Distribuzione Muflone Presente in 33 province su 103 Consistenza stimata: capi 32,4% 22,2% 23,6% 21,8% Alpi centro-occidentali Alpi centro-orientali Appennino centro-settentrionale Appennino centro-meridionale * Dati aggiornati all anno 2000 Fonte Pedrotti L., Dupré E., Preatoni D. & Toso S., 2001 Banca Dati Ungulati. Biol. Cons. Fauna 109
92 Ciclo dei palchi Dati aggiornati 2006 Consistenza 2000: Consistenza 2005:
93 Evoluzione della popolazione Muflone Origine delle popolazioni attuali L areale d origine della specie è limitato a Corsica e Sardegna. La prima introduzione sul territorio peninsulare, effettuata per finalità venatorie, risale al 1870 La specie è stata a più riprese introdotta in numerose zone del continente europeo Dopo secoli di persecuzione diretta e impatto della pastorizia, in tempi recenti la popolazione sarda di muflone è giunta sull orlo dell estinzione (meno di 300 esemplari censiti nel 1978) Le popolazioni autoctone di Corsica e Sardegna derivano probabilmente da nuclei di pecore domestiche anticamente introdotte ed in seguito riselvatichite Tutte le popolazioni continentali si devono ad introduzioni Fenomeni in corso La popolazione sarda è in deciso recupero, con un incremento medio annuo del 10% negli ultimi venti anni I nuclei introdotti sull arco alpino danno luogo a problemi di competizione con il camoscio alpino
94 Ciclo dei palchi
95 Piani di prelievo Muflone Prelievo in 23 province delle 42 in cui è presente Abbattimenti 1999/00: 842 Abbattimenti 2004/05: /05
96 Ciclo dei palchi
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98 Distribuzione Camoscio alpino Presente in 24 province su 103 Consistenza stimata: capi 51,2% 48,8% Alpi centro-occidentali Alpi centro-orientali * Dati aggiornati all anno 2000 Fonte Pedrotti L., Dupré E., Preatoni D. & Toso S., 2001 Banca Dati Ungulati. Biol. Cons. Fauna 109
99 Ciclo dei palchi
100 Ciclo dei palchi Consistenza 2000: Consistenza 2005:
101 Ciclo dei palchi
102 Camoscio alpino Evoluzione della popolazione Anticamente presente su tutto l arco alpino Declino a partire dal settecento a causa di: - disturbo antropico - persecuzione diretta Trend demografico positivo a partire dagli anni favorito da: - abbandono della montagna - regolamentazione della caccia - istituzione di aree protette - reintroduzioni L areale attuale è ormai coincidente con quello potenziale, ma solo in alcune aree la specie ha raggiunto la propria densità biologica Origine delle popolazioni attuali Origine naturale Ricolonizzazione spontanea Reintroduzioni Fenomeni in corso Status in progressivo e continuo miglioramento Crescita con un tasso medio annuale del 3,7% In alcune aree: popolazioni destrutturate in seguito a scorretto prelievo venatorio La specie può risentire negativamente della competizione con il muflone
103 Ciclo dei palchi
104 Camoscio Piani di prelievo Prelievo in 19 province delle 23 in cui è presente Abbattimenti 1999/00: Abbattimenti 2004/05: /05
105 Ciclo dei palchi 2004/05
106
107 Camoscio appenninico Distribuzione Presente in 3 province su 103 Consistenza stimata 2000: 650 capi N.B. 10,0% 11,5% Il camoscio appenninico è presente con 3 sole popolazioni, tra loro disgiunte 78,5% Abruzzo Molise nel Parco Nazionale d Abruzzo nel Parco Nazionale Gran Sasso-Monti della Laga Lazio Consistenza stimata 2005: * nel Parco Nazionale della Majella Dati aggiornati all anno 2000 Fonte Pedrotti L., Dupré E., Preatoni D. & Toso S., 2001 Banca Dati Ungulati. Biol. Cons. Fauna 109
108 Ciclo dei palchi
109 Camoscio appenninico Evoluzione della popolazione Anticamente presente nell Appennino centro-meridionale Declino in tempi storici in seguito a persecuzione diretta Picco negativo (meno di 50 individui) dopo la Seconda Guerra Mondiale, con un unico nucleo residuo, nel Parco Nazionale d Abruzzo Lenta ripresa a partire dagli anni 50, seguita da una fase di stasi Ripresa della crescita negli anni 90 favorita da: - istituzione di Parchi Nazionali - progetti di reintroduzione Origine delle popolazioni attuali Parco Nazionale d Abruzzo: origine naturale Parchi Nazionali della Majella e del Gran Sasso: reintroduzione Fenomeni in corso Specie a rischio, di elevato valore conservazionistico, considerata particolarmente protetta ai sensi della Legge 157/92 e contemplata nelle principali convenzioni internazionali per la conservazione della natura
110 Ciclo dei palchi
111
112 Stambecco Distribuzione Presente in 33 province su 103 Consistenza stimata: capi 86,8% 13,2% Alpi centro-occidentali Alpi centro-orientali * Dati aggiornati all anno 2000 Fonte Pedrotti L., Dupré E., Preatoni D. & Toso S., 2001 Banca Dati Ungulati. Biol. Cons. Fauna 109
113 Ciclo dei palchi Consistenza 1999/00: Consistenza 2004/05:
114 Ciclo dei palchi
115 Ciclo dei palchi
116 Stambecco Evoluzione della popolazione Anticamente presente su tutto l arco alpino Declino in tempi storici in seguito a persecuzione diretta Picco negativo nella prima metà dell 800: meno di 100 individui in un solo nucleo, nel Gran Paradiso Progressiva ripresa a partire dal 1821 con l istituzione della Riserva Reale di Caccia del Gran Paradiso (dal 1922 Parco Nazionale) Espansione di areale ed incremento numerico delle popolazioni favoriti da: - regime di protezione - reintroduzioni effettuate a partire dal nucleo residuo del Gran Paradiso Origine delle popolazioni attuali Parco Nazionale del Gran Paradiso: origine naturale Altrove: reintroduzioni e ricolonizzazione spontanea Fenomeni in corso Specie considerata particolarmente protetta ai sensi della L. 157/92 Lo stambecco può essere considerato fuori pericolo di estinzione ancorché tuttora assente da molte porzioni del proprio areale potenziale
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