GENERAZIONE AUTOMATICA DI MODELLI DI EDIFICI CON DATI LASER SCANNING AEREO

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1 GENERAZIONE AUTOMATICA DI MODELLI DI EDIFICI CON DATI LASER SCANNING AEREO Sebastiano Ackermann Dipartimento di Scienze Applicate, Università degli Studi di Napoli Parthenope Centro Direzionale, Isola C Napoli - Tel. 081/ Fax 081/ sebastiano.ackermann@uniparthenope.it KEY WORDS: Modellazione 3D, Lidar, TIN, Region Growing. ABSTRACT: Gli strumenti laser scanner aerei attualmente disponibili consentono la registrazione di milioni di punti in pochi secondi e di georiferire spazialmente la nuvola di punti acquisita grazie all affiancamento di strumenti per il posizionamento (strumenti GNSS) e l assetto (sensori IMU) di elevata precisione: questa tecnica di rilievo, ai fini della produzione di modelli digitali 3D, è ad oggi la più diffusa nel settore topografico insieme a quella fotogrammetrica. Tuttavia l ingente quantità di dati da trattare ha dato vita, negli ultimi tempi, a progetti di ricerca mirati all implementazione di algoritmi per l estrazione automatica di informazioni semantiche e geometriche da dati laser (estrazione di DTM, object detection, modellazione 3D di edifici). La modellazione 3D di edifici in particolare viene oggi considerata di enorme utilità in molti campi: catasto, turismo virtuale, pianificazione urbana, gestione emergenze per calamità naturali, progettazioni reti di telecomunicazione, e più di recente per i sistemi di navigazione 3D per auto. Le rappresentazioni 3D sono certamente più intuitive e dettagliate rispetto alle tradizionali mappe 2D: queste ultime richiedono, per esempio, la necessità di saper interpretare la legenda e le possibili analisi qualitative/quantitative degli oggetti rappresentati (edifici ad esempio) sono assai limitate. I modelli digitali non incorrono in simili problematiche poiché essi sono molto più simili al mondo che ci circonda, di conseguenza la loro interpretazione è più immediata; inoltre la memorizzazione in formato digitale dei dati rende possibile l aggiornamento degli stessi in maniera veloce e semplice, così come rende possibile la loro fruibilità da parte di tutto il mondo grazie alla rete internet, sia per scopi puramente informativi (es: GoogleEarth ) sia per scopi più professionali. Il lavoro di ricerca del dottorato è stato incentrato sullo sviluppo di algoritmi in grado di estrarre modelli 3D di edifici partendo da dati ALS (Airborne Laser Scanner); l obiettivo principale della ricerca è stato quello di creare un metodo in grado di poter estrarre tetti di edifici e che si adattasse alle loro diverse geometrie, puntando in particolar modo sull automatismo del metodo stesso. Dopo un excursus sul metodo proposto assieme a dei riferimenti sullo stato dell arte sulla segmentazione e sulle tecniche di estrazione automatica delle linee di contorno degli edifici, saranno presentati alcuni risultati dell algoritmo su diversi set di dati relativi a diverse configurazioni urbane e a differenti risoluzioni. 1. INTRODUZIONE Per modellazione 3d del territorio si intende fondamentalmente la generazione di modelli digitali tridimensionali del terreno e/o delle sue sovrastrutture, siano esse antropiche (edifici, ponti, strade, ecc.) o naturali (vegetazione). Sebbene tali modelli vengano principalmente realizzati a scopo cartografico, essi dispongono oggi di un bacino di utenza molto vasto che opera sia per scopi prettamente tecnici (pianificazioni reti di telecomunicazione, piani di evacuazione, piani regolatori, abusivismo edilizio, ecc.), in cui precisione e accuratezza del modello sono variabili imprescindibili, sia per scopi ludici o culturali (videogiochi, turismo virtuale, cinema 3d, ecc.) in cui si punta più all estetica del modello. In tali contesti, la disponibilità di DTM (modelli digitali del terreno) o di DSM (modelli digitali di superficie), unitamente a database georiferiti nei quali sono raccolte informazioni addizionali, consente di effettuare analisi spaziali del territorio più agevolmente e dettagliatamente di quanto non si riesca a fare utilizzando una rappresentazione bidimensionale tradizionale su supporto cartaceo o digitale vettoriale. L hardware e i software di cui si dispone oggi consentono la fruibilità di tali prodotti anche da parte di utenti non necessariamente esperti del settore. Se fino ad un decennio fa si disponeva di soluzioni limitate (sia hardware che software) per generare DTM e le risoluzioni di questi erano mediamente dell ordine dei 10 metri e più, le innovazioni più recenti hanno consentito di incrementare sensibilmente i livelli di dettaglio raggiungibili, il che significa una maggior quantità di dettagli rilevati, grazie all uso di strumentazioni sempre più performanti e di nuovi algoritmi e software per l elaborazione dei dati. L acquisizione dei dati inerenti il territorio, con dettagli e densità di campionamento che possono variare a seconda delle esigenze del committente, viene prevalentemente eseguita dall alto su piattaforme di vario tipo (satellite, aereo, elicottero UAV (Unmanned Aerial Vehicle)); questi dati sono sempre più spesso integrati con rilievi eseguiti da terra che contribuiscono ad aumentarne il dettaglio per quelle zone difficili da ricoprire con rilievi nadirali (per esempio mediante l uso di strumenti MMS - Mobile Mapping Systems). Il laser scanner in particolare è oggi uno strumento di rilievo usato intensivamente ed apprezzato in ambito topografico e cartografico, grazie anche ad alcune peculiarità che lo caratterizzano, quali la possibilità di ottenere direttamente la nuvola di punti 3d e di rilevare punti sul terreno anche in presenza di vegetazione. Tale strumento ha suscitato grande interesse da parte di enti di ricerca e aziende che operano nel 3d building modelling o, più in generale, nel 3d city modelling (rappresentazioni digitali 3d di centri urbani composti da terreno, edifici ed altre strutture antropiche, oltre che da vegetazione). La notevole quantità di dati campionati necessita tuttavia di una ingente attività di post-processing per poter rendere il modello finale fruibile: questo ha spinto molti gruppi di ricerca ad implementare algoritmi che fossero in grado di individuare e modellare, con metodi automatici o

2 semiautomatici, elementi specifici del territorio, prevalentemente edifici. Sebbene siano numerosi i metodi con approccio automatico ad oggi implementati, non si può affermare di poter contare su metodologie totalmente automatiche e affidabili, per cui l editing manuale è in molti casi ancora necessario, specie per edifici caratterizzati da forme complesse presenti nell architettura contemporanea. La ricerca su tali problematiche è quindi una sfida ancora aperta in quanto non esiste l algoritmo ideale, e una possibile direzione da perseguire, secondo l autore, potrebbe essere un affiancamento delle tecniche di modellazione attualmente impiegate nella geomatica a quei settori scientifici impegnati su temi più strettamente informatici, quali l intelligenza artificiale e le reti neurali di calcolatori. Il metodo presentato vuole essere un tentativo di approccio alla modellazione completamente automatica dei tetti; si compone di varie fasi che verranno di seguito dettagliatamente descritte. 2. PROCEDURE GENERALI PER IL 3D BUILDING MODELLING Le procedure attualmente utilizzate che portano dal dato iniziale alla generazione dei modelli finali non seguono standard prefissati e la ricerca del metodo più valido è una sfida ancora aperta; ciononostante dalla letteratura sull argomento si può apprendere che gli step che portano dal dato iniziale al modello digitale sono più o meno definiti: partendo dalla segmentazione per l identificazione dei piani falda si passa all estrazione delle linee fondamentali mediante intersezione, e infine si ricostruisce la geometria del modello. Per ognuno di questi passaggi tuttavia, sono diverse le strategie (algoritmi) adottate. Un confronto tra alcuni metodi per la ricostruzione automatica di edifici da lidar, fotogrammetria o dati ibridi, viene riportato in (Kaartinen, et al., 2005), in cui emerge che le procedure automatiche vengono applicate maggiormente nel trattamento dei dati laser piuttosto che in quelli fotogrammetrici; se tuttavia il laser ha dimostrato dei risultati migliori nella definizione dei piani che compongono il tetto di un edificio (mediante algoritmi di segmentazione), l utilizzo di immagini ha evidenziato una resa migliore per l identificazione delle linee di contorno del tetto: questo tuttavia non vale in senso assoluto, dato che un tetto non è sempre distinguibile dall ambiente circostante senza l informazione aggiuntiva della quota. L attuale obiettivo dei gruppi di ricerca impegnati nel settore del 3d building modelling è quindi l identificazione delle linee di gronda e dei gaps tra falde dai dati lidar. blocchi di edifici sulla nuvola di punti. Le fasi successive comprendono i seguenti punti: - segmentazione applicata ai singoli edifici e/o blocchi di edifici che consiste nell identificare i punti appartenenti a piani; - generazione delle linee di colmo, compluvio e displuvio mediante intersezione di piani che fanno parte del singolo edificio; - determinazione delle linee di contorno esterne del tetto e delle sue appendici (come gli abbaini), così da ottenere il modello finale del tetto. Va tuttavia puntualizzato che la creazione di una pipeline universale applicata a set di dati relativi a zone estese risente di alcune limitazioni: i dati laser infatti, per come è concepito il sistema di acquisizione lidar, hanno una densità variabile anche tra due distinte falde di un singolo tetto, differenza che può comportare inevitabilmente risultati diversi utilizzando valori costanti dei parametri di lavoro per tutto il set di dati esaminato. Una strada percorribile per ottimizzare la scelta dei valori dei parametri potrebbe essere l impiego di un metodo a soglie variabili che vengano scelte automaticamente in funzione della disposizione dei punti (densità, omogeneità in x,y), un tema di ricerca, quest ultimo, sicuramente perseguibile nel futuro della ricerca in questo settore. 4.1 Stato dell arte 4. SEGMENTAZIONE Sulla segmentazione di dati laser, la letteratura evidenzia la presenza di diversi approcci perseguiti, classificabili in base alla modalità di utilizzo dei dati: segmentazione diretta sui dati o segmentazione su dati ricampionati. (Rottensteiner and Briese, 2002) e (Forlani, et al., 2003) propongono un metodo di segmentazione incentrato sul ricampionamento dei dati e la generazione di immagini la cui intensità è la codifica della quota: tale approccio, oltre a comportare una ovvia degradazione dei dati, implica che le successive elaborazioni vengano eseguite secondo algoritmi inerenti l analisi di immagini. (Gorte, 2002) applica invece la triangolazione di Delaunay sui dati originali e successivamente una segmentazione di tipo iterativo sui triangoli per identificare i piani del tetto. La strategia dei triangoli, utilizzata anche nel metodo qui proposto, ha il vantaggio di mettere in relazione tra loro i punti nella maniera più semplice possibile e di non degradare i dati. 3. INTRODUZIONE AL METODO IMPLEMENTATO L algoritmo implementato persegue una linea di automatismo per l intero processo di modellazione. L intervento dell operatore viene quindi richiesto esclusivamente per la scelta delle soglie dei vari parametri coinvolti e per la valutazione del risultato ad ogni passo del flusso di lavoro. L intero algoritmo, sviluppato in ambiente MATLAB, utilizza come dati di input punti laser già filtrati, (appartenenti o non appartenenti al terreno). Il filtraggio viene eseguito mediante un software sperimentale denominato LAIM che si basa su un algoritmo denominato PBTIN (Prismatic Buffered TIN) (Menna and Troisi, 2007), una variante del metodo di filtraggio introdotto da (Axelsson, 1998). I successivi passaggi sono invece il fulcro della ricerca qui presentata: una prima fase riguarda una classificazione dei punti (mediante un analisi di prossimità) mirata all identificazione di singoli edifici o di Figura 1. Esempio di TIN affetto da disturbo (a destra) una volta applicato ai dati laser rilevati (a sinistra e al centro) L approccio del TIN per relazionare i punti vicini, che più si presta per la generazione di modelli 2.5D, comporta dei problemi non trascurabili quando si ha a che fare con dati lidar che sono di natura 3D, problemi che possono generare errori in fase di segmentazione (Figura 1) e che si accentuano notevolmente con la densità di punti. In Figura 2 (a sinistra) un caso reale in cui i punti su di un tetto sporgono rispetto a quelli sul terreno: una volta applicati i filtri per l eliminazione dei triangoli ad elevata pendenza non facenti parte del tetto, si ottiene il risultato a destra in cui è evidente la perdita di

3 triangoli in prossimità della linea di gronda, perdita che comporterà inevitabilmente un errore sul modello finale ed in particolare per la falda coinvolta. vari punti della nuvola sono successivamente raggruppate in un numero di classi inferiori, verificando la presenza o meno di punti condivisi tra le stesse. Figura 2. Dati laser con presenza di sovrapposizioni (a sinistra), risultato una volta eliminati dal TIN i triangoli ad elevata pendenza (a destra) (Vosselman and Dijkman, 2001) hanno sviluppato invece un metodo di segmentazione diretta sui dati raw. Il metodo si basa sulla trasformata di Hough applicata allo spazio 3d identificando piani e classificando di conseguenza i punti laser prossimi a tali piani mediante delle soglie di tolleranza. 4.2 Classificazione per vicinanza Il metodo inizialmente implementato durante la ricerca prevedeva l uso del TIN applicato sull intero set di dati, un successivo sfoltimento per isolare i triangoli di interesse (quelli cioè relativi alle falde) mediante dei filtri applicati ai singoli triangoli ed infine una procedura di analisi statistica per identificare i piani falda (Ackermann, et al., 2007). Figura 4. Classificazione dei tetti eseguita sui dati laser La scelta di diversificare le soglie in base a due direzioni è stata presa per sfavorire i collegamenti tra punti molto distanti in quota e favorire invece quelli tra punti con quota simile. Il risultato che ne consegue applicando questo metodo a un dataset di punti laser è mostrato in Figura 4, in cui si nota la corretta separazione in classi dei diversi tetti presenti; il dataset viene poi sfoltito eliminando le classi con punti a maggioranza ground e/o con un numero esiguo di punti. Per ogni classe di punti rimasti dopo il raggruppamento per vicinanza è stato generato un TIN. I singoli blocchi di tetti, così separati, possono essere assimilati, senza commettere errori significativi, alla condizione di superficie 2.5D: risulta necessario però rifinire il singolo TIN poiché il suo poligono esterno è sempre una figura convessa (Figura 5). Tale rifinitura è stata eseguita mediante l applicazione di un filtro sulla lunghezza dei lati dei triangoli del TIN Figura 3. Raggruppamento per vicinanza usando l ellissoide di rotazione. I punti in verde ricadono all interno, quindi verranno connessi all i-esimo punto, il centro dell ellissoide Per ovviare al problema del TIN descritto nel precedente paragrafo, cercando nel contempo di non rinunciare alla semplicità delle connessioni tra punti resa possibile con la triangolazione di Delaunay, è stato implementato un algoritmo di tipo neighbouring in grado di verificare le mutue distanze tra i punti e raggrupparli così in classi secondo una soglia di vicinanza. Lo scopo di tale procedura è quello di identificare e separare, in prima battuta, gruppi di punti relativi al tetto di un singolo edificio o di un blocco di edifici contigui. Il controllo sulla vicinanza dei punti viene eseguito utilizzando un ellissoide di rotazione centrato nell i-esimo punto della nuvola ed assi paralleli agli assi del sistema di coordinate X,Y,Z: le due dimensioni dell ellissoide (asse maggiore e minore) possono essere impostate dall utente. I punti che ricadranno all interno dell ellissoide (Figura 3), verranno connessi con l i-esimo punto esaminato. Le diverse classi ottenute centrando l ellissoide nei Figura 5. I triangoli marcati in rosso sono eliminati dal TIN relativo al tetto in esame. Come si può notare dalla successiva Figura 6, non sono presenti i problemi di perdita di dati nella zona di sovrapposizione evidenziata dai due segmenti verticali.

4 Figura 6. Risultato ottenuto dopo l applicazione del TIN locale 4.3 Identificazione falde L algoritmo di segmentazione implementato usa la tecnica del region-growing. Il metodo richiede una prima individuazione dei triangoli seme da cui partire per la determinazione della singola falda. L identificazione avviene partendo dal primo triangolo disponibile nella lista in cui essi sono registrati; ad esso vengono aggiunti i tre triangoli connessi (quindi adiacenti con un lato in comune) denominati triangoli adiacenti di I ordine (Figura 7): così facendo si arriva ad ottenere fino ad un numero massimo di 6 vertici. Una volta determinati i triangoli seme, l algoritmo prosegue nel processo di segmentazione con l operazione di region-growing per identificare le singole falde degli edifici. La procedura consiste nel generare un piano minimi quadrati con i punti dei triangoli seme, aggregare ai suddetti triangoli quelli immediatamente adiacenti e verificare la distanza dei nuovi vertici dal piano minimi quadrati rispetto ad una soglia prestabilita dall utente: i triangoli i cui vertici rispettano la tolleranza, assumono la classe dei triangoli seme e il piano minimi quadrati viene ricalcolato. La procedura viene reiterata fino a quando non saranno più disponibili triangoli da esaminare, determinando così, in prima battuta, il segmento (falda) cercato (Figura 8). La medesima procedura di ricerca triangoli seme ed identificazione falda viene eseguita nuovamente sui triangoli restanti (cioè non ancora classificati) del generico TIN per individuare ulteriori falde. Non è da escludere però la possibilità che i triangoli assegnati alla classe della generica falda identificata possano essere assegnabili ad ulteriori falde. Una tale condizione di incertezza è risultata molto frequente in presenza di falde adiacenti con aspect e pendenza molto simili (Figura 9). Per eliminare questa condizione di indeterminazione si è quindi pensato di generare un piano ai minimi quadrati considerando i punti del triangolo candidato unitamente a quelli adiacenti del I ordine: il piano così individuato, confrontato con quelli delle due falde, permette di effettuare l assegnazione più probabile. Figura 7. Principio grafico del concetto di ordine di adiacenza La procedura viene reiterata aggiungendo i triangoli di II ordine e così via, fino ad ottenere il numero minimo di punti desiderati. In base al valore dello scarto quadratico medio delle distanze dei punti dal relativo piano minimi quadrati si stabilisce se i triangoli possono essere considerati seme. Tale processo è necessario al fine di far partire l algoritmo di region-growing da una condizione ottimale. Figura 9. Due edifici collegati che presentano un aspect simile e pendenze differenti su due falde 4.4 Raggruppamento falde Il metodo di individuazione delle falde sin qui descritto porta ad un risultato non ancora ottimale; osservando infatti i risultati riportati in Figura 10, si può notare come i segmenti principali siano stati correttamente individuati, ma nel contempo è evidente la presenza di alcune disomogeneità, seppur circoscritte in determinate zone. Questo tipo di problema è imputabile alla precisione del dato stesso, cioè al rumore che presenta la nuvola di punti. Prendendo in esame la Figura 10 si può notare come il risultato della segmentazione (a sinistra) venga smentito dall ortofoto (a destra), in quanto si è in presenza di sovrasegmentazione. Figura 8. Sequenza dell algoritmo di region-growing per una singola falda.

5 Durante la fase di segmentazione sono stati spesso esaminati tetti con sovrastrutture (comignoli) ai bordi (Figura 12); i punti relativi a tali oggetti non sono di interesse e di conseguenza è d uso escluderli dalle successive fasi di elaborazione Tuttavia, la posizione ai bordi del tetto è una condizione critica: cancellando questi punti, inevitabilmente si avranno dei vuoti nella falda che conducono ad un profilo errato (Figura 13). Figura 10. Sovrasegmentazione di una falda (a sinistra) e confronto con ortofoto (a destra) Figura 13. Buchi e irregolarità visibili sulle falde dopo l eliminazione dei punti relativi a sovrastrutture Figura 11. Confronto prima/dopo nell applicazione delle procedure di raggruppamento Per ovviare al problema, sono state implementate una serie di procedure per il raggruppamento dei diversi segmenti di un tetto in funzione dell orientamento relativo e posizione reciproca dei piani. L applicazione di tali procedure con una oculata scelta delle soglie conduce alla risoluzione dell inconveniente (Figura 11). Dai test effettuati è stato verificato che i valori ottimali da applicare alle due soglie sono di 4 5 per la differenza angolare (orientamento relativo) e di cm per la distanza reciproca. Si è quindi pensato di riutilizzare questi punti eliminati nella prima fase del processo di segmentazione. La procedura implementata controlla inizialmente la presenza di una connessione tra i punti eliminati con quelli delle falde; successivamente verifica che il generico punto in esame ricada all interno del poligono convesso che racchiude al suo interno la falda (controllo planimetrico). Qualora entrambe le condizioni vengano soddisfatte, il punto viene assegnato alla falda in esame, assegnando la quota sul piano immediatamente sottostante. Il processo dovrà essere reiterato fino a non trovare più alcun punto che soddisfi le condizioni precedenti. 4.5 Riutilizzo punti esclusi La procedura di estrazione automatica del profilo esterno finale (quindi totalmente rifinito) passa in genere per una fase di estrazione e regolarizzazione intermedia del profilo grezzo estratto con tecniche differenti. Figura 14. Conformazione delle falde prima (a sinistra) e dopo (a destra) la procedura di recupero dei punti sovrapposti 5. ESTRAZIONE DI NODI E LINEE CARATTERISTICI DEL TETTO Figura 12. Esempio di tetto con sovrastrutture all altezza dei bordi Per linee caratteristiche di un tetto si intendono linee di compluvio, displuvio e di colmo, ovvero quelle linee che delimitano tra di loro i piani falda; i nodi sono invece i punti di congiunzione tra le varie linee estratte. La procedura implementata stabilisce inizialmente, per ogni singolo tetto estratto in fase di segmentazione, le relazioni topologiche tra le singole falde: secondo il metodo proposto, una falda si dice connessa ad un altra soltanto quando esse presentano più punti in comune. La conoscenza di tali relazioni si rende necessaria per stabilire quali piani debbano essere intersecati tra loro. Il procedimento di estrazione delle linee e dei nodi è suddiviso in tre fasi: - identificazione dei nodi caratteristici mediante intersezione di triplette di piani-falda; - estrazione delle linee fondamentali con relativi punti di delimitazione dall intersezione di coppie di piani-falda; - collegamenti tra linee e nodi complanari.

6 Sulla base delle relazioni topologiche prima trovate, vengono calcolati i nodi intersecando triplette di falde (Figura 15); tali nodi verranno di seguito chiamati punti di 1 livello. Le stesse relazioni topologiche consentono di stabilire se e quali coppie di piani debbano essere intersecate per il calcolo delle linee fondamentali. I vertici di inizio e fine del segmento, denominati vertici di 2 livello, vengono posizionati nella zona della retta in cui sono presenti punti di entrambe le falde. Il principio con cui vengono determinati i punti di 2 livello è schematizzato in Figura 16. Con l ultima fase, in cui si creano i collegamenti tra i nodi e le linee, si perviene al risultato di Figura 17 Figura 18. Applicazione dell algoritmo α-shape Ciascuna frontiera è quindi sottoposta ad un ulteriore modifica: i vari segmenti trovati con le intersezioni delle falde vengono, infatti, utilizzati per sostituire localmente i profili delle falde. Il risultato dell applicazione di questo metodo è mostrato in Figura 19. Figura 15. Estrazione punti di 1 livello Figura 16. Esempi di definizione dei segmenti con intersezione tra falde e dei punti di 2 livello Figura 17. Ottimizzazione segmenti di intersezione tra falde 6. GENERAZIONE DEI PROFILI DELLE FALDE Sebbene il profilo esterno delle falde venga inizialmente estratto utilizzando i lati liberi del TIN, questo non potrà essere adoperato direttamente in quanto presenta delle irregolarità pronunciate; è quindi opportuno cercare ulteriori metodi per la definizione di tali profili. Il metodo scelto è l algoritmo α-shape che, a partire da una nuvola di punti irregolare, è in grado di estrarne le frontiere in funzione di un parametro α che va scelto opportunamente in base alla densità dei punti. Applicando l algoritmo ai punti delle falde, si ottengono dei profili più regolari, agevolando così i successivi step della modellazione. Un esempio applicativo è visibile in Figura 18. Figura 19. Risultato dopo l inserimento dei segmenti caratteristici del tetto Se le linee caratteristiche di un tetto possono essere determinate con definizione adeguata (Kaartinen, et al., 2005), lo stesso non si può dire per ciò che riguarda le linee di gronda. Il punto cruciale nella modellazione 3d di edifici rimane, infatti, l identificazione dei profili esterni delle falde. La scelta di non utilizzare, almeno fino a questo punto, un approccio che elaborasse il risultato in base alla conformazione dell intero tetto, è stata indotta dalla volontà di individuare tetti più o meno complessi senza utilizzare forme di tetti prestabilite. Lo step iniziale per l individuazione delle linee di gronda è lo studio della conformazione dei tratti di frontiere non regolarizzate con i metodi finora descritti: la procedura mira quindi all individuazione dei nodi fondamentali della frontiera esterna, punti in cui la frontiera cambia sostanzialmente direzione. A tale scopo sono state messe a punto due strategie di lavoro: una prima basata sull algoritmo RANSAC (RANdom SAmple Consensus) (Fischler and Bolles, 1981), ed una seconda basata su una versione modificata del metodo SLEEVE- FITTING (Lach and Kerekes, 2008; Zhao and Saalfeld, 1997). L algoritmo RANSAC è un algoritmo di tipo iterativo particolarmente efficace, in grado di stimare i parametri di un modello matematico in presenza di un set di osservazioni in cui sono presenti outliers. È un metodo di tipo non-deterministico, ragion per cui è in grado di fornire un risultato attendibile solo con una certa probabilità, probabilità che aumenta con il numero di prove (iterazioni). Il principio di funzionamento dell algoritmo parte dall ipotesi che un set di dati sia costituito da inliers, la cui distribuzione è tale da poter essere descritta mediante un modello matematico (una retta, un piano, ecc.), e da outliers che non si adattano al modello. La peculiarità del RANSAC sta nella capacità di riuscire ad individuare i parametri del modello escludendo gli outliers durante il calcolo. Se ad esempio si applicasse il metodo ai minimi quadrati per trovare la retta che approssimi al meglio un set di dati bidimensionali, si otterrebbe un risultato fortemente influenzato dalla presenza di un certo numero di outliers. Il RANSAC, al contrario, è in grado di escludere con maggiore accuratezza gli outliers e di generare una retta che approssimi unicamente i punti inliers.

7 La Figura 20 riporta un esempio grafico sull applicazione del RANSAC: a partire da un set di punti l algoritmo è in grado di identificare gli inliers che saranno approssimati da una retta (il modello matematico del caso in esame). un metodo deterministico presentato per la prima volta da (Zhao and Saalfeld, 1997) e ripreso in seguito con qualche modifica da (Lach and Kerekes, 2008). Figura 20. Principio grafico del funzionamento dell algoritmo RANSAC applicato al modello matematico della retta (Wikipedia) L algoritmo RANSAC viene utilizzato in questo lavoro per l ottimizzazione della parte esterna di frontiera delle falde che, seppure smussate mediante l α-shape, non sono ottimizzate al punto tale da ridurre al minimo il numero di punti necessari per rappresentarle. La frontiera esterna di una falda, in generale non può essere approssimata con un solo tratto di retta. Considerando ad esempio un tetto a spiovente a due falde rettangolari, la linea di colmo si può ottenere mediante l intersezione delle due falde, ma ogni falda dovrà essere rappresentata, nel modello finale, da una polilinea chiusa di quattro lati: ciò implica che dovranno essere identificati ulteriori tre lati dalla frontiera esterna. Nel metodo proposto, l ottimizzazione delle frontiere mediante il RANSAC diviene possibile applicando l algoritmo secondo una determinata procedura. Esso viene applicato inizialmente ai punti relativi ai tratti di frontiera non ancora regolarizzati, identificando degli inliers per il singolo tratto in esame. L algoritmo viene quindi eseguito nuovamente, sugli outliers dell iterazione precedente. Le iterazioni terminano allorquando gli outliers rimasti siano un numero talmente esiguo da non poter essere più utili per l estrazione di ulteriori informazioni. Si perviene così all identificazione dei vari tratti di retta che compongono la frontiera della falda. I test eseguiti hanno evidenziato l efficacia dell algoritmo per l identificazione di lunghi tratti di frontiera e nel contempo dei limiti per l individuazione di quelli composti da pochi punti. Una tecnica adottata per migliorare la qualità del risultato è stata quella di intensificare la polilinea aggiungendo dei punti virtuali tra un vertice e l altro: benché l aumento dei punti non apporti informazioni aggiuntive sulla conformazione del profilo, l algoritmo ha fornito risultati migliori identificando, nella maggior parte dei casi, i tratti rettilinei con maggior precisione. La particolarità di essere un algoritmo non deterministico si traduce però nella possibilità che diverse esecuzioni possano produrre diversi risultati, sebbene i dati di input siano gli stessi (Figura 21). Figura 21. Differenti risultati forniti dal RANSAC in due esecuzioni differenti pur non variando i valori dei parametri Il secondo sistema adottato per la regolarizzazione delle frontiere si basa sull algoritmo denominato SLEEVE-FITTING, Figura 22. Funzionamento del metodo SLEEVE FITTING (Lach and Kerekes, 2008) Utilizzando un buffer attorno alla congiungente del 1 e del j-esimo punto di una sequenza ordinata di vertici, viene controllata la presenza dei punti intermedi della sequenza all interno del buffer: se tutti i punti intermedi risultano interni si congiunge il primo punto con il j+1-esimo e si itera il procedimento fino a quando un punto intermedio non cade all esterno del buffer. La sua distanza dalla suddetta congiungente è definita distanza critica ; il vertice che produce la distanza critica decreta la fine della ricerca del tratto di polilinea e l inizio del successivo. La prima versione dell algoritmo considera quindi i punti intermedi solo come dei flag (dentro/fuori) le cui distanze stabiliscono la criticità del sistema, e cioè se la ricerca deve essere fermata. Un sistema del genere non è quindi da ritenersi accurato poiché di fatto il tratto semplificato viene identificato solo dai due estremi, non considerando affatto tutti gli altri punti. (Lach and Kerekes, 2008) propongono una modifica al metodo originario utilizzando la regressione ortogonale come semplificazione del tratto identificato; le rette dei tratti consecutivi trovati vengono quindi utilizzate per una determinazione, più rigorosa rispetto al metodo originario, degli angoli della polilinea mediante la loro intersezione reciproca. Per l applicazione del metodo in questo lavoro sono state effettuate due variazioni rispetto all originale. Il metodo originale identifica i tratti di polilinea da semplificare al momento in cui viene trovata una distanza critica; questo però non consente di discriminare la reale variazione di direzione in presenza di isolati punti anomali che non rientrano nel buffer. Figura 23 - Esecuzione del metodo SLEEVE-FITTING Se si osserva infatti la Figura 23, seguendo la teoria originaria, l unione del primo punto con il punto D genera delle distanze critiche (sui punti A, B e C) e quindi il segmento trovato si dovrebbe fermare al punto C. Osservando però i vertici successivi si può notare che i punti D ed E sono anomali (outliers), e che il tratto di polilinea successivo, dal vertice F in poi, ha in pratica lo stesso andamento del tratto iniziale: ciò vuol dire che i vertici afferenti al tratto iniziale (che arriva fino ad C) ed al tratto finale (da F in poi) possono essere semplificati da un unica linea. La variazione proposta prevede l inserimento di un contatore di distanze critiche per ogni vertice, presumendo che un punto che generi una distanza critica potrebbe non generarla negli step immediatamente successivi, e quindi possa essere solo un punto anomalo che non identifica una reale variazione di direzione.

8 Nella Figura 24 si evidenzia l effetto della modifica apportata: quando il buffer arriva al punto C, prosegue sul tratto di polilinea seguente identificando così le distanze critiche più corrette. Il processo spezza la polilinea quando la distanza critica su di un punto si verifica un numero di volte superiore ad una soglia che di default è fissata a quattro: con questa modifica i vertici che prima avevano generato le distanze critiche (Figura 23) non fermano il processo perché, con il proseguire della sequenza, essi rientrano nel buffer. Figura 24. Risultato del metodo SLEEVE-FITTING con la prima modifica La modifica proposta però risolve solo parzialmente il problema evidenziato. Infatti, con riferimento alla Figura 24, la ricerca non arriverebbe fino all ultimo vertice, ma si fermerebbe prima, perché con il prosieguo della sequenza si conterebbero più di quattro volte le distanze critiche per i punti D e E. La seconda modifica interviene per risolvere questo problema, andando a variare la forma del buffer stesso. È stato scelto un buffer con forma trapezoidale (Figura 25), le cui dimensioni sono date in funzione della base minore e dell angolo α che i due lati del trapezio formano rispetto all altezza. Figura 25. Applicazione del metodo SLEEVE-FITTING con il buffer trapezoidale: il vertice E presenta una distanza critica. residui dei vertici in modo da individuare eventuali outliers rimasti (Figura 28). Figura 28. Regressione ortogonale e buffer di tolleranza sui residui La retta così individuata viene infine delimitata proiettando su di essa i due estremi del tratti di polilinea di competenza. In questo modo si ha una situazione quasi definitiva della composizione della falda (Figura 29). Figura 29. Profilo approssimato di una falda dopo la sostituzione della frontiera con i tratti (in rosso) di retta I segmenti trovati (quale che sia la metodologia applicata) dovranno quindi essere intersecati tra di loro per identificare i vertici del profilo finale della falda. Le intersezioni vengono precedute da alcune forzature che modificano le direzioni dei singoli tratti. Si impongono, per ogni falda, due direzioni preferenziali di riferimento: una parallela alla direzione della retta perpendicolare al piano contenente la normale alla falda e l asse verticale (che coinciderà in questo caso con l asse Z del sistema di coordinate originale dei vertici), e l altra perpendicolare alla suddetta direzione; entrambe le direzioni sono complanari al piano della falda (Figura 30). Figura 26. Situazione al secondo vertice successivo: il vertice E presenta ancora una distanza critica. Figura 30. Schema delle direzioni di riferimento per le forzature da applicare ai tratti di polilinea estratti. Figura 27 Situazione al terzo vertice successivo: il vertice E non presenta più una distanza critica. Osservando la Figura 27, il punto E, da un certo punto in avanti, non comporta più una condizione di distanza critica; un effettiva variazione di direzione della polilinea avrebbe invece comportato un perdurare della distanza critica, e di conseguenza un interruzione della sequenza per quel tratto. In maniera analoga a quanto proposto da (Lach and Kerekes, 2008), la singola linea che semplifica il tratto di polilinea viene generata mediante una regressione ortogonale sui vertici stessi della polilinea; viene quindi eseguito un ulteriore controllo sui Definita una tolleranza angolare ±δ rispetto alle due direzioni di riferimento, le direzioni dei segmenti che rientrano nella tolleranza vengono rese uguali a quella di riferimento più prossima, semplificando ulteriormente la polilinea finale della falda. I segmenti paralleli e consecutivi seguono un processo diverso: i due tratti vengono congiunti da un segmento perpendicolare ad entrambi, posto a metà tra i due estremi più vicini dei segmenti stessi. 7. BUFFER IN QUOTA L operazione conclusiva consiste nello smussare le eventuali disomogeneità presenti nel profilo finale dell intero tetto

9 (Figura 31): tali disomogeneità si manifestano più frequentemente nelle zone di congiungimento tra falde. La presenza di unità abitative basse e/o con tetti a mansarda, tipiche dell Olanda, ha creato alcune complicazioni già in fase di generazione del TIN. La Figura 33 illustra un caso problematico per la segmentazione su una falda ad elevata pendenza. Nelle figure successive vengono mostrati alcuni risultati ottenuti sui tetti di entrambi i dataset. I tetti riportati in Figura 34, sono stati correttamente definiti; presentano tuttavia alcune piccole imperfezioni per quello che riguarda i dettagli (abbaini). Figura 31. Disomogeneità presenti nelle zone di giunzione tra falde Partendo dal vertice più basso in quota nell ambito di un tetto si genera un buffer di alcuni centimetri al di sopra del punto. Tra i vertici che rientrano nel buffer viene eseguita un analisi per identificare i punti che hanno mutue relazioni di vicinanza e/o connessione. I punti identificati vengono portati alla stessa quota del punto di riferimento (quello più basso) secondo due criteri: - il punto deve muoversi sempre sul piano della relativa falda, onde evitare di creare ulteriori disomogeneità sulla chiusura del modello del tetto; - la direzione di scorrimento del punto deve essere quella del tratto di polilinea più inclinato tra i due che l hanno generato: la priorità in questo caso va data comunque alle linee ottenute per intersezione di falde, i cui parametri non dovranno mai essere modificati. Il risultato di questa procedura è rappresentato in Figura 32. Figura 34. Risultati finali su alcuni dei tetti di entrambi i set di dati Figura 32. Risultato del modello finale dopo l applicazione del buffer in quota 8. RISULTATI E OSSERVAZIONI FINALI L algoritmo è stato testato su due set di dati lidar: uno relativo alla città di Gorizia, con una densità media di 6,5 punti/m 2, mentre il secondo, relativo alla cittadina di Enschede (NL), consta di una risoluzione di ben 23 punti/m 2. I due set di dati, oltre a differenziarsi per densità, ricoprono zone caratterizzate da strutture abitative molto diverse tra loro. Figura 35. Problematiche inerenti i tetti a mansarda (falde a pendenza elevata). Per quanto riguarda i tetti presenti invece in Figura 35, si può notare come la falda bassa (ad elevata pendenza) non sia stata modellata. Tale problema è certamente attribuibile alla procedura di segmentazione (Figura 33): il TIN infatti viene creato utilizzando le coordinate planimetriche dei punti, quindi in condizioni sfavorevoli per una falda a pendenza molto elevata. 9. CONCLUSIONI Figura 33. Problemi di segmentazione su un tetto a mansarda Nel campo della modellazione tridimensionale del territorio, l argomento 3d building modelling ha suscitato negli ultimi anni un notevole interesse da parte di quei settori la cui attività necessita di un attenta conoscenza della morfologia territoriale e delle sue appendici.

10 Il target prefissato per il metodo proposto era quello di modellare edifici in maniera automatica, cioè senza ausilio da parte dell utente in termini di editing manuale. Per quanto riguarda la segmentazione, la qualità dei risultati è determinata in parte dalla bontà del dato (densità, SQM in range, sovrapposizione di strisciate) ed in parte dalla scelta dei valori per i parametri che rientrano nel processo di segmentazione. Applicando gli stessi parametri di segmentazione a tutto il set di dati si ottengono risultati che possono variare sensibilmente da falda a falda. La qualità del dato infatti non è costante su tutta l area di interesse (su una falda la nuvola di punti potrebbe essere più rumorosa che su un altra ad esempio), e le differenze possono aumentare quanto più è ampia la copertura dei dati: sarebbe quindi di grande interesse analizzare la possibilità di variare automaticamente i parametri di segmentazione in modo che si adattino alle diverse situazioni. Per ciò che concerne la definizione dei bordi delle singole falde, l algoritmo è in grado, in buona parte, di ricostruire automaticamente i tetti gli edifici. In questa procedura i diversi piani, siano essi falde del tetto principale, siano essi abbaini o altre appendici, vengono trattati separatamente. Le difficoltà maggiori si sono presentate per quei segmenti di piccole dimensioni, relativi per esempio a piccoli abbaini: per questi casi particolari il metodo sviluppato non è stato sempre in grado di generare la forma corretta, complice il fatto che i risultati degli algoritmi di regolarizzazione implementati (in particolare quello su base RANSAC) risultano attendibili se il numero di punti del tratto da identificare è sufficientemente elevato. A tal proposito quindi, una classificazione preventiva delle tipologie di piani che compongono il singolo tetto potrebbe essere di ausilio a stabilire diversi valori dei parametri di regolarizzazione o, in alternativa, ad imporre un metodo differente specifico per quel caso particolare. Sebbene l ambiente di lavoro MATLAB presenti notevoli vantaggi grazie ad una suite molto vasta di function già pronte, esso presenta alcune limitazioni non trascurabili: - dati di grandi dimensioni (più di un milione di punti), possono provocare errori durante l esecuzione di operazioni o nella visualizzazione grafica dei risultati intermedi; - la gestione della memoria grafica, rispetto ad altri linguaggi di programmazione o software commerciali, non è ottimale; - si tratta di un linguaggio non Open Source, il che vincolerebbe l utente all acquisto del software e dei relativi toolbox utilizzati per poter eseguire l algoritmo implementato. Benché il metodo proposto in generale abbia mostrato risultati abbastanza soddisfacenti, le problematiche emerse suggeriscono la continuazione della ricerca per poterlo rendere completamente fruibile. 10. BIBLIOGRAFIA Ackermann, S., Miele, D., Rizzardi, M., Troisi, S., Modellazione Automatica di Edifici da Dati Lidar, Atti del IV Convegno Nazionale Sifet, Arezzo, pp Forlani, G., Nardinocchi, C., Scaioni, M., Zingaretti, P., Building reconstruction and visualization from LIDAR data. In: The International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences, Ancona, Italy, Vol. XXXIV, Part 6/W12, pp Gorte, B., Segmentation of TIN-Structured Surface Models. In: The International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences, Ottawa, Canada, Vol. XXXIV, Part 4 Kaartinen, H., Hyyppä, J., Gülch, E., Vosselman, G., Hyyppä, H., Matikainen, L., Hofmann, A. D., Mäder, U., Persson, Å., Söderman, U., Elmqvist, M., Ruiz, A., Dragoja, M., Flamanc, D., Maillet, G., Kersten, T., Carl, J., Hau, R., Wild, E., Frederiksen, L., Holmgaard, J., Vester, K., Accuracy of 3D City Models: EuroSDR comparison. In: The International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences, Enschede, the Netherlands, Vol. XXXVI, Part 3/W19, pp Lach, S. R., Kerekes, J. P., Robust Extraction of Exterior Building Boundaries from Topographic Lidar Data, Proceedings of the IEEE International Geoscience and Remote Sensing Symposium, IGARSS '08, Hynes Convention Center Boston, Massachusetts, USA, Vol. 2, pp Menna, F., Troisi, S., PBTIN: Prismatic Buffered TIN: un algoritmo di filtraggio per dati ALS, Bollettino della SIFET (Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia), Vol. 1/2008, pp Rottensteiner, F., Briese, C., A New Method for Building Extraction in Urban Areas from High-Resolution LIDAR Data. 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