AREA DI SCAVO Lo scavo. L'indagine archeologica ha permesso di individuare tre fasi di attività produttive nettamente differenziate:
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- Corinna Murgia
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1 AREA DI SCAVO 9000 L'area 9000 è situata all'esterno delle mura castellane, in una zona pianeggiante a sud-ovest dell'altura su cui si sviluppa l'insediamento (fig. 25). La zona indagata ha un'estensione di circa 90 mq. e dopo il disboscamento appariva chiara l'articolazione in due ambienti rettangolari di cui la parete occidentale è costituita da un fronte di cava che, nella parte centrale, raggiunge l'altezza di circa m 2,50. Lo scavo L'indagine archeologica ha permesso di individuare tre fasi di attività produttive nettamente differenziate: 1) estrazione del calcare per uso edilizio 2) produzione di ferro 3) strutture connesse ad attività agro-pastorali. FASE I Il sito è stato utilizzato come cava a cielo aperto per l'estrazione di calcare micro-cristallino. L'evidenza è data da alcune buche circolari, poco profonde, che costituivano il fondo degli alloggiamenti dei cunei per lo spacco dei blocchi (9053, 9055, 9283, 9284). L'arresto dell'attività di cava è imputabile al rinvenimento, sul piano orizzontale, di uno strato di argillo-scisti (9037, 9050, 9289). La cava, al momento dell'abbandono, presenta un'ala parete verticale con orientamento nordsud sulla pendice del modesto rilievo situato a sud-ovest dell'abitato (9286) e superfici orizzontali a diverse quote (9033, 9260, 9278, 9404) (fig. 28). FASE II Il fronte di cava costituisce il limite occidentale dell'area adibita a zona industriale. Il complesso produttivo comprende un forno alla catalana [91] per l'estrazione del ferro dal minerale precedentemente polverizzato, un punto di fuoco per il riscaldamento della bluma ottenuta ad uno spazio intermedio ove era collocata l'incudine per la battitura della bluma e la realizzazione di verghe destinate poi alla forgiatura di utensili (fig. 29). Costruzione I dislivelli del suolo sono spianati da un vespaio piuttosto irregolare realizzato con pietre di diversa pezzatura (9032, 9261, 9279) che risparmia la porzione di roccia tra i due punti di fuoco e si appoggia ai banconi affioranti lungo i margini orientali e meridionali, quest'ultimo posto ad una quota più alta (fig. 29). Il bassofuoco è situato nella zona meridionale dell'area e utilizza come pareti il fronte di cava ad ovest e il limite del bancone roccioso a sud (9286, 9034). Lo sfruttamento di pareti rocciose per la collocazione di bassofuochi in modo da limitare gli interventi edilizi necessari per la realizzazione della struttura produttiva sono sino ad ora conosciuti in esempi più tardi 1. Il forno è costituito da una suola in argilla concotta (9028) delimitata a nord da un muretto con andamento 1 CIMA et alii, 1984, pp Il bassofuoco indagato stratigraficamente è databile anteriormente al XVIII sec. Era addossato ad una parete verticale di roccia affiorante, e composto da due bacini di cui uno in pietra per la riduzione, ed un secondo, in terra, per la raccolta delle scorie. Si tratta dell'unico bassofuoco rinvenuto nell'area non situato all'interno di edifici.
2 est-ovest (9024) realizzato con pietre legate da argilla e di cui si conserva solo un corso 2. Tale struttura riparava dal fuoco i mantici e nell'elevato si trovavano probabilmente i fori di alloggiamento per gli ugelli. Funzionali ad una impalcatura lignea per il sostegno dei mantici sono due fenditure naturali, successivamente regolarizzate, visibili sul fronte di cava (9287) e sul piano orizzontale di roccia (9276). Il lato orientale è lasciato libero per le operazioni di manutenzione: caricamento di minerale e di combustibile e pulizia. Di tutta l'area della ferriera solo quella adibita allo stoccaggio di una carica per l'infornata è protetta da una tettoia, la cui evidenza archeologica si limita a buche per l'alloggiamento di pali di sostegno (9035, 9036, 9051, 9057, 9285). Non è precisabile il tipo di materiale usato per la copertura, ad un solo spiovente inclinato in direzione ovest-est. Un muretto costituito da pietre legate con malta giallastra (9008), con [93] orientamento nord-sud e posto all'esterno dell'allineamento delle buche di palo, impediva probabilmente l'afflusso delle acque piovane nella zona magazzino che si trova ad una quota più bassa rispetto all'esterno. Il secondo punto di fuoco, di forma circolare, si trova nella parte settentrionale, addossato alla parete rocciosa, ed è costituito da una suola di concotto, anch'essa direttamente posta sul vespaio. Uso L'uso della ferriera è individuabile in alcuni strati lenticolari sul vespaio (9039, 9044, 9045, 9046, 9047, 9048, 9262, 9280, 9281), dei quali quelli in prossimità del bassofuoco (9048, 9046, 9047, 9044, 9045) sono ricchi di residui carboniosi e di scorie. Sul piano di roccia nella zona centrale (9278), già ricordato, sono state individuate tracce di usura da compressione (9288) che avvalorano l'ipotesi della presenza in questo punto dell'incudine per la battitura della bluma. Connessa ad un'attività metallurgica non precisabile è una buca subcircolare (9263), con un diametro di circa un metro, il cui riempimento (9259) conteneva una alta percentuale di [95] frammenti di ematite. Accanto ad essa due piccole buche circolari affiancate (9275, 9290) alloggiavano probabilmente sostegni lignei. Agli ultimi momenti di attività della ferriera sono riferibili alcuni strati di modesta estensione, identificabili come residui di deposito di carbone (9040) ed ematite polverizzata (9042). È stata inoltre rilevata una concentrazione di ossido di ferro e di limonite (9041). Incendio strutture lignee La presenza di uno spesso strato nerastro, compatto e carbonioso (9010, 9030, 9038, 9276, 9268), ricco di scorie, che si estende su tutta l'area meridionale e per un breve tratto oltre il muretto 9024 riempiendo anche le buche di palo già menzionate (9035, 9036, 9051, 9057, 9285) è riconducibile alla distruzione della copertura per incendio. M.C.A. Abbandono Il disuso dell'apparato produttivo è segnato dal crollo del muro di protezione dei mantici (9025, 9026, 9027), composto di pietre miste ad argilla concotta. La formazione degli strati 9007,9021, 9022, 9023, 9031, 9256, 9257, 9258, 9271 avviene per un lento processo di accumulo imputabile a cause sia naturali che artificiali, queste ultime comprovate dalla presenza di rifiuti domestici in seconda giacitura, sebbene in quantità non così rilevante da suffragare l'ipotesi che l'area fosse utilizzata sistematicamente come immondezzaio. I reperti ceramici datano l'abbandono tra la fine dell'xi secolo e i primi decenni del XII 3. 2 Delle suole in concotto sono stati prelevati due campioni per analisi magnetometriche a cura di C. Arias, Università di Pisa. 3 Si tratta di due frammenti di bacini invetriati prodotti nell'italia meridionale (area di Salerno e Gaeta), attestati a Pisa tra il 1080 e il 1130.
3 La presenza nella zona centrale di una sepoltura con fossa (9265) praticata nell'ultimo strato di abbandono rimane un episodio sporadico non collegato ad una destinazione sepolcrale dell'area. L'inumato, deposto in una fossa terragna dai limiti difficilmente individuabili, con orientamento est-ovest, era supino con le braccia incrociate sul petto, il capo rivolto a nord 4. L'unico reperto rinvenuto nella sepoltura è una fibbia da cintura in ferro, collocata all'altezza del bacino. [96] FASE III L'area subisce una ridefinizione spaziale e funzionale. In un primo momento viene edificato un ambiente di circa 20 mq. posto nella zona meridionale, a cui in un secondo tempo se ne aggiunge un altro, a settentrione, di circa 27 mq. (fig. 30). Costruzione dell'ambiente 9000 L'ambiente sfrutta sul lato occidentale la parete rocciosa sul cui limite superiore si imposta una muratura (9059) che va a colmare un dislivello, creando un piano per la posa in opera della copertura. La porta di accesso (9020), con una luce di 70 cm, si apre sul lato opposto quasi al centro di un muro fondato sulla roccia (9014, 9016) e conservato per tre corsi al di sopra della fondazione (9017, 9015). La porta è dotata di soglia (9011) costruita con pietre irregolari disposte in duplice fila. Alla muratura si legano a sud 9012, la cui fondazione (9013) poggia sulla roccia e a nord 9018, fondato (9019) sui livelli di abbandono della fase precedente. La tecnica costruttiva è omogenea, del tipo a corsi orizzontali parzialmente sdoppiati di conci grossolanamente squadrati e di bozze spaccate legati con una malta dura color nocciola, già identificato a San Silvestro (murature 7 e 7a) anche in edifici posti all'interno della cinta muraria 5. Uso Per l'ambiente 9000 sembra da escludere l'uso abitativo per la mancanza di anche rudimentali strutture domestiche paragonabili a quelle attestate in una casistica piuttosto varia all'interno delle mura castellane. L'evidenza dell'uso si limita a due strati di terreno, di cui uno, all'interno all'ambiente (9006), risulta compattato per effetto del calpestio ed un secondo, con una composizione analoga, si trova nella zona esterna settentrionale (9255). Costruzione ambiente 9200 Il secondo ambiente utilizza la faccia esterna del muro settentrionale ( ) del 9000, a cui si appoggia la parete orientale (9251) che presenta una apertura (9291) larga cm 80, con una soglia piuttosto [99] rudimentale costituita da una grossa pietra (9292). Anche in questo caso il lato occidentale è definito dal riuso del fronte di cava, che viene regolarizzato dal muro Le tre murature pertinenti all'ambiente di più recente costruzione (9251, 9252, 9253), tra loro legate, sono contraddistinte da una tecnica edilizia omogenea che utilizza pietre di spacco disposte in corsi irregolari e legate con malta giallastra 6. L'ambiente 9200 era pavimentato con una massicciata di grosse pietre irregolarmente disposte a formare un piano orizzontale (9254). [100] Uso Il tipo di pavimentazione e la presenza di abbondante materiale organico nello strato soprastante (9288) denotano una utilizzazione dell'ambiente quale ricovero per animali, probabilmente ovini. 4 Vd. in questo volume, F. BARTOLI, Studio antropologico, pp Si veda la tipologia delle tecniche murarie individuata da R. Parenti in FRANCOVICH et alii, 1985a, pp FRANCOVICH et alii, 1985 a, Tipo 12 fig. 5, pp
4 Crollo (ambienti 9000 e 9200) Sulla base dei dati di scavo sembra ragionevole asserire che la caduta in disuso dei due ambienti sia contemporanea. Delle coperture, probabilmente ad un solo spiovente con inclinazione ovest-est, resta allo stato di crollo (9005, 9009, 9253) una grande quantità di lastre di calcare scistoso. Solo una trincea praticata da clandestini (9002) taglia il soprastante crollo delle murature ( , 9250). I crolli, sulla base dei reperti ceramici, sono ascrivibili alla prima metà del XIV secolo. [101] CONCLUSIONI Le caratteristiche topografiche e morfologiche dell'area hanno determinato una sua destinazione ad attività produttive eterogenee susseguitesi nel tempo. Le indagini effettuate nella campagna di scavo 1986 confermano l'ipotesi della concentrazione delle attività produttive all'esterno del borgo, nella zona sud-occidentale pianeggiante, e lungo le pendici dell'antistante rilievo. Gli elementi sino ad ora acquisiti non permettono però di delineare l'articolazione complessa del processo- produttivo. Il rinvenimento del forno, pertanto, pur costituendo un dato tipologicamente rilevante, non rappresenta tuttavia un campione statisticamente attendibile per valutare l'ampiezza e la durata dell'attività metallurgica a San Silvestro. L'attività estrattiva è, in questo caso, da collocarsi cronologicamente nella prima fase di articolazione e sviluppo del villaggio (XI-XII sec.). Per la definizione funzionale più tarda (fase III), conclusasi intorno alla metà del XIV secolo, è possibile un riscontro con le fonti documentarie che menzionano San Silvestro in questo periodo, a proposito di attività pastorali. I reperti LA CERAMICA Data la destinazione funzionale dell'area la quantità dei reperti (2303 frammenti) è scarsa se confrontata con i materiali restituiti dall'indagine archeologica effettuata all'interno dell'abitato. Tutta la ceramica è in stato molto frammentario ed offre scarse possibilità di ricostruire forme intere, anche perché buona parte di essa (33,1%) è, come è già stato ricordato, in seconda giacitura (strati di abbandono della ferriera). La fase I (cava) non ha restituito materiali. Nella fase II (ferriera) al momento della costruzione è ascrivibile solo l'1,1% costituito essenzialmente, come mostra l'istogramma (fig. 35), da ceramiche depurate e grezze. Nell'uso (4,2%) i reperti fittili sono ugualmente distribuiti tra grezze e depurate e, dal punto di fuoco a nord, proviene l'unica restituzione di materiali in situ : un testo, una fuseruola e un peso da telaio che fanno supporre che il focolare avesse anche un uso domestico. Tra i materiali dell'abbandono, quantitativamente i più rilevanti, all'interno della fase (33,1% rispetto al totale dei reperti ceramici dell'area scavata) sono da notare, oltre ad un frammento residuo [102] ta e la smaltata non superano il 2%. Una situazione analoga è riscontrabile di vernice nera e ad uno di maiolica arcaica (intrusione), due frammenti pertinenti a bacini invetriati prodotti nell'italia meridionale e databili tra la fine dell'xi e i primi decenni del XII secolo. Nella fase III sono stati considerati riconducibili al momento d'uso dell'ambiente 9000 anche i reperti provenienti dall'area esterna (38,6% rispetto alla totalità dei reperti), ed inoltre la formazione dei livelli di vita interni ha una durata che si estende anche durante l'utilizzazione dell'ambiente 9200, senza cesure rilevabili. Tra le ceramiche relative all'uso degli ambienti 9000 e 9200 (7,30% o rispetto alla totalità dei reperti) sono predominanti quelle depurate e grezze (cfr. istogramma fig. 35), mentre la maiolica arcaica, l'invetriata, l'ingubbiata e la smaltata non superano il 2%. Una situazione analoga è
5 riscontrabile nel [103] materiale restituito dagli strati di crollo (15,3% rispetto alla totalità dei reperti). Vernice nera Sono presenti due frammenti residui pertinenti a forme aperte non identificabili (abbandono ferriera, uso dell'ambiente 9000). Acroma grezza Per quanto riguarda la ceramica grezza sono attestate due forme: il testo e l'olla, generalmente riconducibili ai tipi individuati sia nella ricognizione di superficie che nella precedente campagna di scavo 7. I testi, seppure con alcune varianti, appartengono a due tipi principali, uno con pareti spesse e piuttosto basse ed un secondo con piede distinto, che in un caso presenta all'interno una incisione a croce sul fondo (tav. XI, n. 6). Alcuni esemplari (tav. XI, nn. 4 e 15, tav. XII, n. 1) specialmente quelli con pareti basse vicini al tipo a disco, sono probabilmente foggiati a mano, data la notevole irregolarità della fattura 8. Le olle presentano generalmente l'orlo piatto, senza alloggiamento per il coperchio, il collo leggermente estroflesso, nella maggior parte dei casi interessato da filettature o solcature, riscontrabili anche sulle pareti, più o meno ravvicinate. Non sono state osservate nelle diverse fasi variazioni di rilievo sia nelle forme che nel trattamento delle superfici (tav. XI, nn. 7, 8, 13, 14, l6-18; tav. XII nn. 2-4, 6, 7, 14, 17). Acroma depurata È costituita da forme chiuse, anforacei e boccali 9, con orlo arrotonda to ed ansa complanare all'orlo (tav. XII, n. 9), leggermente montante (tav. XII, n. 8) o impostata sul collo (tav. XI, nn. 2, 22 e tav. XII, n. 19). Le anse sono nastriformi, ad eccezione di un caso con sezione a fagiolo (tav. XII, n. 8). I fondi individuati sono piani. In un caso (tav. XI, n. 9) è conservata la parte inferiore del corpo tronco-conico che presenta parte di una decorazione ad incisioni parallele oblique. [104] MANUELA BERNARDI Ad un esame macroscopico sono distinguibili due tipi di impasto: uno più tenero dalla superficie pulverulenta ed un altro duro tendente a sfaldarsi su cui sono più frequenti schiarimenti superficiali esterni o ingubbio diluito. I manufatti che utilizzano il secondo tipo di impasto presentano talvolta decorazione incisa a punta fine; i motivi, non interamente leggibili, riconducono i reperti a tipologie già note 10. Invetriata Nella fase di abbandono della ferriera gli unici due frammenti di invetriata costituiscono un elemento datante. Sono pertinenti a due bacini carenati con orlo piatto, esterno nudo e vetrina verde interna con decorazione a manganese (tav. XI, n. 25). I frammenti presentano un impasto con piccoli inclusi vulcanici tipici dell'area di produzione compresa tra Gaeta e Salerno. Tali manufatti sono presenti a Napoli tra i materiali dello scavo di San Lorenzo Maggiore, mentre in area toscana sono noti esemplari datati tra il 1080 e il 1130 inseriti come elementi decorativi nelle architetture pisane FRANCOVICH et alii 1985a, pp ; FRANCOVICH-GELICHI-PARENTI, 1980, pp La croce impressa nel fondo di alcuni testi è presente anche tra i reperti ceramici del castello di Scarlino, in corso di pubblicazione. 9 Per le forme cfr. BUSI 1984, p. 468; FRANCOVICH-GELICHI PARENTI, 1980, fig. 22, p Per i motivi decorativi cfr. FRANCOVICH-GELICHI-PARENTI, 1980, fig. 22, p. 199 e FRANCOVICH et alii, tav. 3, p FONTANA-VENTRONE VASSALLO, 1984, tav. LXX, n. 212.
6 Anche nella fase III è stata riscontrata una percentuale esigua di invetriata (uso ambiente ,3%, uso ambiente ,8%, crolli 1,2%) rispetto alle altre classi ceramiche. I frammenti sono tutti riconducibili a forme aperte e caratterizzati da un impasto generalmente analogo a quello della maiolica arcaica. Sono presenti inoltre frammenti di tegami con impasto grezzo ed invetriatura interna giallastra (tav. XII, n. 20). Maiolica arcaica È attestata solo nella fase III (uso e crolli degli ambienti 9000 e 9200), in quantità non superiore al 4%, con una leggera predominanza delle forme chiuse. Tutti i reperti sono riconducibili, per forma e decorazione a tipologie pisane già edite e datate alla metà del XIV secolo 12. La decorazione in manganese di un bacino (tav. XII, n. 21) costituisce l'unica variante individuata. [106] Altre classi ceramiche In quantità irrilevante sono presenti l'ingubbiata monocroma bianca (3 frgg. di forma aperta), la graffita arcaica (1 frg. di forma aperta) e una smaltata con rivestimento spesso su di un impasto semidepurato (3 frgg. pertinenti a forma chiusa), non identificabili per il loro stato di conservazione, restituiti dalla fase III. I METALLI Dallo studio dei reperti metallici, distribuiti quantitativamente in maniera uniforme nelle fasi II e III non emerge quella differenziazione produttiva evidenziata invece dall'analisi delle strutture rinvenute. Si può notare soltanto una maggiore concentrazione di chiodi nei livelli di distribuzione e di abbandono, per forma e funzione riconducibili in massima parte ai tipi già identificati anche nella precedente campagna di scavo 13. Tra questi è da segnalare un tipo con testa circolare ispessita il cui notevole spessore costituisce un elemento di distinzione. I materiali rimanenti sono riconducibili ad attività agricolo-pastorali (falcetti, zappetta, ferro di cavallo e un batacchio di campana per animali), edilizie (piccolo cuneo, scalpello), domestiche (due ditali in bronzo), venatorie (tre punte di freccia) ed elementi di abbigliamento (borchia in bronzo, fibbia in ferro). I VETRI Presenti in quantità non apprezzabile i frammenti vitrei di colore giallino o incolori, non permettono l'individuazione della forma, essendo soprattutto pareti. Gli unici reperti identificabili provengono dall'uso dell'ambiente 9000 (fase III) e dal suo crollo. Si tratta di un fondo di bicchiere apodo e di due con piede, una bugnetta ed un'ansa di lampada, le cui forme estremamente diffuse, si ritrovano anche tra i materiali tardo-medievali dello scavo del castello di Scarlino (area II 2 e III 3). È da segnalare infine la presenza nell'area di uno scarto di lavorazione del piombo, di scorie di ferro e di frammenti di limonite da connettersi alla fase produttiva della ferriera 14. MARIA CLAUDIA AGRIPPA 12 Per le forme chiuse cfr. BERTI-TONGIORGI, 1977, forma a, p. 31, fig. 43, n, 12, pp. 101; fig. 22, nn , p. 69. Per le forme aperte cfr. FRANCOVICH, 1982, forme B e A.l.l.; BERTI-TONGIORGI, 1977, gruppo 7, n. 3, p FRANCOVICH et alii, 1985, tav. IXa, p. 376; DEMIANS D'ARCHIMBAUD, 1980, tomo IV, tavv. 383, 391, 392, 395, 396, 399, 407, 409, 411, 417, 419, 421, Cfr. in questo volume T. MANNONI, pp
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