Gruppo Sbobinatura Ortopedia ( I Canale ) Ultima modifica 03/11/ Fratture

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1 Fratture Oggi iniziamo con un argomento generico di traumatologia. Vediamo da un punto di vista strettamente meccanico qual è la definizione di FRATTURA. Nella traumatologia abbiamo due grandi capitoli: una traumatologia a carico dei segmenti scheletrici, dunque le fratture, e poi una traumatologia a carico delle articolazioni, e quindi lesioni delle strutture capsulo-legamentose delle articolazioni, sotto forma di lesioni usurali legamentose, fino ad una vera e proprio lussazione, che è la perdita di rapporto fra i due capi dell articolazione. Lo scheletro ha una funzione meccanica, quasi esclusivamente una funzione meccanica, tutto il resto è una funzione secondaria e quindi tutta la traumatologia per quel che concerne lo scheletro va considerata prevalentemente sotto il profilo biomeccanico. Quindi la frattura è un evento che avviene quando viene applicato un carico esterno che supera la capacità di resistenza dell osso stesso e questo può avvenire in relazione alle caratteristiche del carico applicato e alle caratteristiche dell osso. In pratica ci sono due elementi in questo evento: da una parte una forza esterna, che viene applicata e che avrà le sue caratteristiche (una sua velocità di applicazione, una sua direzione di applicazione, una sua grandezza) e dall altra invece l osso, e cioè la struttura su cui viene applicato il carico. E questa struttura ha delle sue specifiche capacità di resistenza a quel determinato carico. L osso è una struttura piuttosto complessa, perché cambia comportamento meccanico a seconda della direzione in cui viene applicato il carico, a seconda del diverso segmento scheletrico e a seconda della velocità con cui il carico viene applicato. Quindi noi possiamo avere eventi diversi a parità di applicazione di carico, cioè se la stessa entità di forza viene applicata ad un segmento scheletrico, posso avere un risultato diverso a seconda che la stessa forza la applico in un paziente giovane o in un paziente anziano, se la applico ad una velocità moderata o elevata, se la applico dall alto o di lato, se la applico sulla vertebra o sul collo. Perché quello che determina la resistenza al taglio di un segmento scheletrico è la sua struttura e cioè le proprietà strutturali dell osso stesso, inteso come materiale. E quello che determina la struttura è la sua geometria. Ad esempio se io prendo una bacchetta di legno, di 50 grammi, una bacchetta molto sottile e molto lunga, se la voglio spezzare basta applicare un modestissimo carico di flessione; se gli stessi 50 grammi ce li ho concentrati in una pallina di legno, non ce la faccio a spezzarla, eppure è la stessa quantità di materia. Quindi è la sua struttura, la sua geometria, che determina il comportamento al carico. Allo stesso modo la sua struttura, la sua geometria, determina la risposta al carico in relazione alla direzione di applicazione del carico. Se io prendo questa stessa bacchetta e provo ad appoggiarmi con la mano così(?) io non la spezzo, ma se semplicemente la tendo alle due estremità e la piego, si spezza con estrema facilità. Quindi lo stesso materiale, la stessa struttura, rispondono diversamente a seconda che l applicazione del carico sia avvenuta in compressione o in flessione. Questa è la regola fondamentale su cui poi si basa la patogenesi della frattura. Quindi, in linea di massima, la frattura avviene se il carico applicato supera la capacità di resistenza dell osso, cioè se si applica un carico soprafisiologico, oppure quando l osso ha perso le sue normali capacità di resistenza ai carichi fisiologici. E che significa?ciò si verifica o in presenza di un evento accidentale, dove l applicazione di un carico esterno ad elevata energia e velocità supera la capacità fisiologica di un osso normale di resistere a quel carico, oppure un carico fisiologico, che può essere anche il peso del corpo, che va a gravare su di un osso ammalato, che ha in qualche modo perso le sue proprietà strutturali di resistenza al carico e quindi l osso si rompe. Quindi un paziente con osteoporosi o un paziente con una metastasi ossea: in quel determinato segmento scheletrico la resistenza al carico è ridotta, anche per carichi ridotti; è quindi sufficiente che il paziente si metta in piedi e il suo stesso peso del corpo, un carico fisiologico, determina la frattura. In quel caso senza eccesso di carico: è ridotta la capacità di resistenza e ciò ha determinato la frattura. Pagina 1 di 15

2 Il trauma che determina la frattura si può determinare in diversi modi, e una delle modalità che definisce la frattura, il meccanismo patogenico, è la direzione di applicazione del carico. L osso ha una elevata capacità di resistenza ai carichi in compressione; questo perché fisiologicamente noi siamo bipedi, in stazione eretta e ogni segmento scheletrico del nostro corpo, esclusi gli arti superiori, è gravato dalla forza di gravità e questa è la forza che determina la compressione dei segmenti scheletrici. Lo stesso peso del corpo basta a determinare la compressione sulla tibia e sul perone e quindi tutta la vita si allena a resistere a quel carico. Quindi: il carico di compressione è quello meglio tollerato. Per i carichi in trazione, in flessione, in torsione: sono carichi anomali, che non fanno parte del vivere quotidiano e questi sono quelli che più comunemente possono determinare la frattura. Spesso quando si parla di eventi accidentali, come può essere un trauma stradale, una caduta, un trauma da contatto durante un attività sportiva, il meccanismo non è puro, cioè possiamo avere diverse forze in applicazione e quindi avere un effetto combinato. E queste forze possono determinare o delle linee di frattura molto complesse, o più linee di frattura nello stesso segmento scheletrico. In particolare abbiamo delle linee di fratture diverse a seconda della direzione di applicazione del carico. Forza in flessione Qual è l evento clinicamente più frequente in cui si può avere una frattura da flessione, un trauma da flessione? Quando stando in piedi una forza esterna provoca un contatto diretto contro una faccia laterale di una gamba. Può essere una persona che cammina e una macchina non la vede e gli finisce contro, oppure un trauma da contatto sportivo:l atleta sta in piedi fermo, e l altro gli entra con il ginocchio o con la gamba sulla coscia. È un trauma in flessione perché il mio segmento scheletrico è diritto e la forza che arriva perpendicolare determina una flessione del segmento scheletrico. In un segmento scheletrico a cui viene applicata una forza di contatto in flessione, la frattura che si determina è una frattura dove si combinano contemporaneamente dei meccanismi di trazione e di compressione. Questo perché se io considero questa trave, quale può essere considerata la diafisi di un osso lungo, e applico una forza in flessione così, nella parte superiore io avrò una forza in trazione, perché la superficie si tende, tende ad allungarsi, mentre la parte inferiore, quando faccio così, si accorcia, quindi avrò una forza in compressione. Quindi su uno stesso segmento scheletrico, in una superficie che sarà quella convessa, si applicherà una forza in trazione, sulla superficie concava della frattura si avrà una forza in compressione. Questo tipo di frattura può presentare frequentemente la formazione di questo terzo frammento, ed è abbastanza caratteristico di questo meccanismo. È frequente una contusione dell area di applicazione del carico. Immaginate durante uno scontro di gioco, o un entrata a gamba tesa: è ovvio che prima di arrivare a fratturare l osso c è una contusione delle parti molli, e quindi a volte si possono avere delle vere e proprio lesioni muscolari, delle vere e proprie lacerazioni nelle parti molli, nel punto di applicazione della forza. Forza in trazione Le forze invece in trazione determinano una frattura trasversale. Quali sono le forze che possono determinare una frattura da trazione? Certo nessuno vi tirerà mai la gamba fino a romperla, però la trazione può avvenire attivamente in determinati segmenti scheletrici per avulsione, quando si provoca una contrazione rapida, improvvisa di un muscolo, oppure una trazione su un legamento e questo stacca, per meccanismo di trazione, l osso dove è inserito il suo tendine. Per esempio una avulsione della tuberosità tibiale a causa di una contrazione improvvisa del quadricipite: un calcio a vuoto dove ho fatto una rapida e potente contrazione del quadricipite mi può staccare la sua inserzione sulla tibia, e in quel caso non si tacca solo il perone, si stacca l osso su cui il tendine è inserito, con un meccanismo d avulsione. Stessa cosa può succedere nel legamento crociato anteriore: nel paziente avulso si rompe nella parte legamentosa, nel paziente più giovane spesso si stacca con tutta la sua inserzione ossea e quindi si ha una vera e propria avulsione della spina tibiale. Pagina 2 di 15

3 Immagine: questa è la zone di inserzione del legamento crociato anteriore del ginocchio e in questo caso si è staccato per avulsione, per trazione, tutto il legamento con la sua inserzione ossea. Queste sono fratture da trazione. Stessa cosa può avvenire nel tendine di Achille; non è frequente come lesione del tendine di Achille: la maggior parte delle lesioni del tendine di Achille avvengono per rottura del tendine, però si può staccare la sua inserzione ossea. Forza in compressione Le fratture da compressione, che possono essere quelle da caduta per esempio, determinano una rima di frattura obliqua. Se la frattura da trazione determina una rima perfettamente trasversale, cioè una frattura da trazione, da avulsione, determina una rima di frattura dritta, perfettamente orizzontale, una frattura da compressione determina invece una rima obliqua. L esempio più frequente di questo tipo è la frattura del corpo vertebrale, il classico crollo, schiacciamento vertebrale, che si ha nel paziente anziano osteoporotico. E infatti in quel caso la rima di frattura è obliqua, e la vertebra si schiaccia deformandosi a cuneo, quindi da una parte si accorcia, la sua l altezza si riduce, dall altra si mantiene, e quindi si riduce l altezza del paziente e nello stesso tempo si forma un gibbo, perché ovviamente la parte anteriore che crolla determina una variazione della curva sul piano laterale, sul piano sagittale. Quindi la schiena si curva, perché le vertebre non sono più dei cubi, ma sono dei cunei, uno sull altro. Quindi se la forza di compressione determina una frattura obliqua e la forza in trazione determina una frattura orizzontale, che cosa succede nella frattura da flessione, dove abbiamo la combinazione di questi due meccanismi? Avremo due linee di frattura, che s incontrano in un punto, una dritta e una obliqua, e poiché queste due linee si incontrano ne rimane escluso un triangolo, cioè il terzo frammento, che si determina dall incontro delle due linee di frattura, quella dritta e quella obliqua. E questo è tipico delle fratture con meccanismo da flessione. Forza in torsione Da ultimo ci sono invece le fratture da torsione, dove il paziente rimane fermo col piede e gira col corpo, e in quel caso l osso lungo subisce una torsione sul suo asse longitudinale la quale determina una frattura spiroide, cioè ad elica lungo il decorso della diafisi, e questo è abbastanza tipico dei traumi sportivi, traumi non da contatto dove l attrito con la superficie di gioco è molto elevato, il giocatore si gira lasciando il piede fermo e se non cedono prima i legamenti si determina una frattura di questo genere. Domanda: E la frattura di Totti? Risposta: Quello è stato un trauma diretto ed è stata di fatto una frattura da compressione. È come se fosse una frattura da flessione, perché il giocatore è fermo, e una persona gli entra di lato. E in quel caso si parla di frattura da flessione del perone, infatti lui si è fratturato il perone e dopo la frattura hanno ceduto i legamenti della caviglia e la caviglia è andata all esterno. Quindi oltre alla frattura in flessione del perone si è fatto una lesione da distrazione dei legamenti della faccia mediale della caviglia. In questo caso (frattura in torsione) si potrebbe avere un danno delle parti molli: questo perché le estremità della frattura, essendo una frattura ad elica, sono a becco di flauto, quindi molto taglienti, finiscono a punta e queste punte possono lacerare i tessuti molli, i muscoli fino alla cute e addirittura sporgere all esterno, determinando l esposizione della frattura. Forze combinate E poi esistono le forze combinate, e queste sono le più frequenti nei traumi ad alta energia e ad elevata velocità; c è una combinazione diversa di forze, specialmente se queste forze sono molto grandi. Possono determinare, come negli incidenti stradali o nelle precipitazioni da altezze notevoli, delle fratture pluriframmentarie, cioè più frammenti, più monconi di frattura, o addirittura un esplosione, quindi con una comminuzione della frattura. Queste si chiamano fratture comminute. E in questi casi sono frequenti anche le lesioni associate delle parti molli, sia dall interno, per i frammenti d osso, sia dall esterno, perché nel cadere o nel trauma stradale il paziente può ricevere una lesione lacero-contusiva data un corpo tagliente, che penetra nei tessuti molli sino a fratturare l osso. E in quel caso l esposizione è dall esterno, cioè l esposizione della frattura avviene per cause esterne. Pagina 3 di 15

4 Deformazione della frattura La frattura, dopo che questa avviene, tende a deformarsi, cioè difficilmente avviene una frattura e i monconi rimangono allineati. Come quando cade un vaso per terra e i pezzi vanno dappertutto E a seconda della scomposizione dei segmenti scheletrici possiamo parlare di fratture composte o scomposte. Le fratture composte sono quelle che noi chiamiamo fratture ingranate, cioè la frattura è completa, i frammenti si sono completamente staccati l uno rispetto all altro, ma in qualche modo si sono incastrati l uno nell altro, e quindi questo tipo di fratture hanno comunque una elevata stabilità, perché i due frammenti non sono liberi di muoversi uno rispetto all altro. Quindi se la deformità residua è tollerabile, queste sono fratture che hanno una buona probabilità di guarire senza bisogno di ricorrere all intervento chirurgico. E le sedi più comuni sono il polso, soprattutto nel paziente anziano, il collo del femore e il collo dell omero, il collo chirurgico dell omero. Domanda: Non è possibile che una frattura di questo tipo sia misconosciuta? Risposta: Se sono troppo composte può succedere. Però in qualche modo il disegno clinico vi dovrebbe guidare; comunque in una frattura si possono avere altre manifestazioni cliniche, oltre a quelle soggettive del dolore e della difficoltà di muovere l arto o l articolazione vicina; poi si formano dei grossi ematomi perché comunque l osso ha un grosso sanguinamento. E allora in quel caso fai delle indagini più approfondite, se vi è grande sospetto; finché non c è corrispondenza tra quadro radiografico e quadro clinico puoi fare delle indagini più approfondite (la TAC). Quando invece la frattura si scompone, si può scomporre su diversi piani dello spazio, e allora possiamo avere un angolazione dei frammenti, oppure una rotazione dei frammenti (cioè un frammento ruota in un verso e uno nell altro), oppure possiamo avere la traslazione (cioè sullo stesso piano frontale i due frammenti si spostano uno accanto all altro),oppure possiamo avere una sovrapposizione (dove i due frammenti si spostano e poi scivolano verticalmente uno accanto all altro). Spesso può succedere che la deformità è combinata, e possiamo avere questi meccanismi associati, addirittura anche tutti assieme, ed è chiaro che in questi casi si tratta di una frattura non stabile, quindi ha bisogno di una riduzione, che può mantenersi con un trattamento non chirurgico oppure può richiedere un trattamento chirurgico, perché se comunque rimane instabile questo non è accettabile, ed allora in quel caso bisogna intervenire chirurgicamente, per bloccare questi due frammenti. Sedi delle fratture Quali sono le sedi più frequenti delle fratture? Dal punto di vista classificativo possiamo distinguere a seconda della sede di un osso lungo: frattura diafisaria (cioè se avviene esattamente nella zone centrale di un osso lungo, cioè nella zone diafisaria); oppure se avviene sempre nella dialisi, ma si estende fino alla metafisi, allora parliamo di frattura meta-diafisaria; oppure possiamo avere una frattura che parte dalla metafisi e si estende fino all epifisi, e parliamo di fratura meta-epifisaria; oppure una frattura può coinvolgere la superficie articolare, e in quel caso si definisce frattura articolare. Questa fra tutte è una di quelle a prognosi peggiore, perché quando una frattura coinvolge la superficie articolare, la geometria dell articolazione è destinata a cambiare, anche se si tenta e sempre chirurgicamente di ottenere la riduzione quanto migliore possibile, cioè di portare l anatomia così com era prima, comunque in quella situazione qualcosa cambia, e cambia in maniera irreversibile. E quando una superficie articolare cambia geometria, la congruenza delle superfici articolari cambia, e questo a lungo andare determina un artrosi. Una delle cause più frequenti delle artrosi post-traumatiche sono gli esiti delle fratture articolari, a prescindere dal distretto anatomico. Naturalmente se si tratta di un articolazione su un arto sottoposto a carico è più frequente, cioè è più difficile che si sviluppi una artrosi post-traumatica in una frattura articolare di gomito, mentre è molto frequente in una frattura articolare del ginocchio o della caviglia Pagina 4 di 15

5 Come guarisce una frattura? Vediamo quali sono le fasi che determinano la guarigione di una frattura, sulla base delle quali si stabilisce il tipo di trattamento da fare, e soprattutto la tempistica del trattamento. La frattura guarisce con delle fasi successive, ed una prima risposta all evento traumatico è quella che viene definita Fase infiammatoria (riparativa precoce):dura più o meno 1 settimana, inizia immediatamente. Dopo una frattura si ha un importante sanguinamento, che determina un ematoma, un manicotto di ematoma intorno ai monconi di frattura, che se non ci sono grosse lesioni circostanti rimane in quel compartimento, e in qualche modo ha un effetto pneumatico, di stabilizzazione della frattura, cioè questo è il primo meccanismo naturale di stabilizzazione della frattura. Naturalmente all interno dell ematoma ci saranno, come vedremo nella fase successiva, una serie ci cellule che saranno in grado di determinare la risposta riparativa. Inizialmente si ha una vera e propria fase infiammatoria, con un infiltrato di cellule infiammatorie, un infiltrato extravascolare ed una vasodilatazione nei tessuti molli intorno al focolaio di frattura. La fase successiva è la Fase riparativa intermedia: dura fino ad un mese dopo la frattura; è la fase in cui si determina il processo riparativo vero e proprio. In questa fase entrano in gioco delle cellule multipotenti, che provengono e dal midollo osseo delle regioni midollari, dell osso spongioso, e dal foglietto proliferativo interno del periostio. In un osso lungo, per semplificare al massimo, abbiamo un cilindro esterno che è di osso corticale, e poi ci sono le cavità midollari, dove c è il midollo osseo. L osso corticale all esterno è rivestito da una membrana che si chiama periostio; questo periostio a sua volta è fatto da due foglietti, uno esterno, che è formato da tessuto fibroso, ed uno interno che è formato da cellule; questo strato di cellule sono delle cellule multipotenti, che sono in grado di rispondere ad uno stimolo proliferativo quale può essere una frattura, differenziandosi in osteoblasti, e proliferando. Quindi il periostio da una parte ed il midollo dall altra forniscono le cellule multipotenti che poi si andranno a differenziare: si andranno a differenziare fondamentalmente in osteoblasti, le cellule capaci di formare una matrice ossea; in parte si differenziano in condroblasti, cioè quelle cellule che determinano la formazione di cartilagine ialina. Perché alcune cellule prendono questa strada? Lo stimolo determinante verso la proliferazione e differenziazione in una serie piuttosto che in un altra è la tensione di ossigeno: se la tensione di ossigeno è molto bassa, la cellula tende a differenziarsi in cellula cartilaginea, se invece è alta tende a differenziarsi in senso osseo, e questo perché la cartilagine è un tessuto che risponde in maniera proliferativa a basse presioni di ossigeno. Basse pressioni di ossigeno vuol dire senza sangue, non ci arriva apporto vascolare, e infatti nella cartilagine normale, nella cartilagine articolare, non ci sono vasi. Uno dei problemi dell artrosi è che non si può far riparare la cartilagine, perché essendo un tessuto totalmente avascolare, il sangue non arriva, e quindi non risponde con tessuto di riparazione, perchè non arrivano queste cellule. E interessante capire questo concetto, perché fino a qualche anno fa si parlava sempre di callo cartilagineo che poi diventa callo osseo, e si dava per scontato che il callo dovesse attraversare una fase cartilaginea. In realtà si è visto che non è così, e aree di callo cartilagineo in realtà sono delle aree di sofferenza del processo di guarigione, e tanto più si instaura il danno ischemico nella sede articolare di frattura, tanto maggiore sarà la formazione di callo cartilagineo, e se questo è più abbondante di quello osseo la frattura evolve verso una non guarigione, e sarà necessario intervenire per portare via questo tessuto avascolare e cruentare, farlo sanguinare. Naturalmente il primo osso che si forma nella sede del tessuto nella fase riparativa è un osso primitivo, è un osso primario reticolare, esattamente come l osso che si forma nel feto, quindi è un osso non organizzato dove le fibre collagene della matrice sono assolutamente disordinate. Successivamente però c è la Fase riparativa tardiva: si comincia a vedere la formazione di osso lamellare. Sia le aree di osso reticolare si trasformano in osso lamellare, sia le aree condrogeniche più lentamente tendono ad Pagina 5 di 15

6 ossificare, quindi le aree di osteoide si trasformano rapidamente dopo la mineralizzazione in osso reticolare e osso lamellare, quelle condrogeniche devono prima subire una ossificazione, cioè una trasformazione in osso reticolare e poi in osso lamellare, quindi sono una fase dietro, sono più lente a guarire. Ed in questa fase il callo comincia a diventare visibile, perchè la matrice si mineralizza e si organizza in strutture lamellari concentriche. Dopo di che subentra la Fase di rimodellamento : può durare un tempo indeterminato, perché quando parlo della fase di rimodellamento, il cui obiettivo è di ripristinare il profilo, e quindi la geometria e quindi la struttura e le capacità meccaniche del callo, dipende dall età della persona, dagli stimoli meccanici cui quell osso è sottoposto. Noi abbiamo un rimodellamento continuo del nostro scheletro, nell arco di una vita il nostro scheletro si sostituisce più volte, si sostituisce interamente più volte. Naturalmente più la persona è avanti negli anni, più è lento questo processo di rimodellamento, quindi un callo osseo rimarrà visibile quasi per tutta la vita se la persona ha già anni, se invece si tratta di un bambino, nell arco di vent anni, la frattura non si vedrà più. Questo a condizione che non sia residuata una deformità tale che il processo di rimodellamento non può modificare, per esempio una deformità in angolazione, cioè se i due frammenti ossei sono rimasti angolati uno rispetto all altro, il rimodellamento non può svilupparsi, cioè lo potrà migliorare ma non farlo sparire del tutto Andiamo ora a vedere le complicanze della frattura, soprattutto se si tratta di eventi come incidenti stradali, precipitazioni.. Sono piuttosto gravi e vanno gestite rapidamente. Distinguiamo:complicanze di tipo sistemico e complicanze di tipo locale. Le complicanze sistemiche sono: Lo shock, di tipo ipovolemico, specialmente se si tratta di fratture multiple, perché l osso è il tessuto più vascolarizzato, quindi fratture multiple in diversi sedi, pluriframmentarie, possono determinare un sanguinamento immediato, anche in assenza di lesioni vascolari, che può determinare lo shock ipovolemico; L embolia adiposa, perché si mobilizza una grande quantità di tessuto adiposo dal midollo; Eventi tromboembolici ( TVP, trombosi venosa profonda). Le complicanze locali, legate strettamente alla sede della frattura, sono: L esposizione cutanea, cioè la fuoriuscita del moncone della frattura dalla cute, soprattutto nelle fratture spiroidi; Lesione vascolare; Lesione nervosa, da lacerazione o ab estrinsecum o ab contrinsecum, cioè lo stesso moncone di frattura che ha lacerato la cute probabilmente prima si è fatto strada attraverso vasi e nervi, e quindi è molto probabile che in quei casi ci possa essere una lesione nervo-vascolare adiacente; Le infezioni, soprattutto nelle fratture esposte, perché esporre l osso all ambiente esterno ovviamente lo predispone ad una contaminazione, e tanto maggiore è l esposizione, tanto maggiore è la probabilità della contaminazione. E su questo principio si basa anche il trattamento delle fratture esposte; Sindrome compartimentale: si tratta di sindromi ischemiche dei compartimenti muscolari nella sede della frattura. Le complicanze sistemiche: dicevamo che si tratta soprattutto di shock o di forma ipovolemica o da insufficienza renale per sindrome da schiacciamento, perché si instaura rapidamente un problema di miolisi, per cui il paziente può andare incontro in maniera rapida ad uno shock; le embolie grassose, che determinano un collasso cardiocircolatorio e tipicamente il paziente si presenta in uno stato confusionale, con tipiche petecchie cutanee sul collo e sul torace; la trombosi venosa profonda, che può essere determinata o dalla immobilità prolungata post-trattamento ( perché spesso la frattura richiede una Pagina 6 di 15

7 immobilizzazione a letto per lunghi periodi, e se questa non viene prevenuta con una adeguata profilassi antitrombotica, c è un rischio molto elevato, soprattutto se si tratta di fratture degli arti inferiori) o può essere legata al traumatismo stesso dei muscoli e dei vasi dovuto alla contusione, al trauma diretto nella sede della frattura oppure per una compressione dall esterno a causa di un apparecchio gessato, specialmente se questo viene applicato troppo presto dopo la frattura, perché spesso poi nella fase precoce si ha una risposta infiammatoria, quindi si ha un edema, un infiltrato cellulare, un essudazione.. e questo può provocare un aumento di volume dell arto, e se questo viene chiuso dall esterno con un apparecchio gessato prima che questo aumento di volume si determini, è chiaro che si ha all interno del gesso un aumento della pressione, e questo può provocare la compressione dei vasi e dare una trombosi. Le fratture esposte possono avvenire con meccanismo dall interno verso l esterno, dove è il moncone di frattura stesso a determinare l esposizione e la lacerazione dei tessuti molli, oppure dall esterno all interno, tipicamente la frattura da ferita d arma da fuoco, da granata ecc., dove è un corpo estraneo che attraversa i tessuti e poi frattura anche l osso. Tipicamente dalle nostre parti non sono tante le fratture d arma da fuoco quanto le lesioni da macchine agricole, che sono molto gravi, e poi tutti quegli eventi che possono essere legati agli incidenti stradali. C è un elevato rischio settico, strettamente correlabile all entità dell esposizione della frattura e per questo se ne distinguono 3 stadi, in relazione appunto all entità dell esposizione: I : si ha una ferita piccola, di modeste dimensioni, < di 1 cm, dove non vi è un danno muscolare circostante; II: la ferita è > 1 cm ( ma inferiore a 10 cm), si ha un danno muscolare; III : la ferita supera i 10 cm, con una notevole perdita di sostanza dei tessuti molli, e queste sono le lesioni più frequenti da esplosioni di granate o da mine antiuomo. Le lesioni neurovascolari ovviamente in questi casi sono frequenti. Le lesioni vascolari: possono essere determinate o da sezione totale, o per compressione dall esterno, o per una semplice dissezione dell intima; possono interessare o le piccole arterie distali oppure i glossi tronchi arteriosi ( anche in presenza di una frattura dell estremità distale si può avere una lesione vascolare dei grossi tronchi arteriosi, soprattutto se la dissezione procede verso l alto ). Le lesioni nervose: possono essere di neuroaprassia, oppure delle vere e proprie lesioni, parziali come nel caso dell assonotmesi, o totali come nel caso della neurotmesi. Le complicanze locali, oltre all esposizione e alle lesioni neurovascolari, sono le infezioni e le sindromi compartimentali. Le infezioni : sono determinate ovviamente da contaminazione dall esterno e sono molto frequenti nella fratture esposte, soprattutto di tipo II e III. Bisogna stare molto attenti, soprattutto nelle contaminazioni delle fratture esposte in ambiente agricolo, alle gangrene gassose, per contaminazione da germi anaerobi, perché queste sono a rapidissima evoluzione e richiedono spesso un amputazione, perché si sviluppa rapidamente una necrosi gangrenosa. Invece le infezioni da germi aerobi di solito determinano delle osteomieliti, che però se non prevenute diventano un grosso problema, perché uno dei problemi principali della chirurgia ortopedica sono proprio le infezioni, perché le infezioni in ortopedia tendono a cronicizzare, cioè molto difficilmente una infezione dell osso si riesce a guarire; spesso le osteomieliti tendono a diventare croniche e possono addirittura dare una infezione silente, che rimane tale per tanti, tanti anni, per poi riesplodere di nuovo, in maniere imprevedibile. Le sindromi compartimentali: sono un evento che bisogna conoscere, soprattutto per chi andrà poi a fare un lavoro di emergenza, perché è un problema frequente se la gestione della frattura viene fatta in maniera inadeguata. La sindrome compartimentale è fondamentalmente una sindrome ischemica, del compartimento più vicino rispetto alla sede della frattura, ed è caratterizzata da una sofferenza delle logge muscolari e delle strutture neurovascolari che si trovano all interno di queste logge. Fondamentalmente è determinata da un aumento della Pagina 7 di 15

8 pressione di quel compartimento muscolare, o dall esterno, per una compressione esterna come può essere un apparecchio gessato, oppure dall interno stesso, per la formazione di edema e di ematoma. Per esempio lo sviluppo di una sindrome compartimentale dall interno di può avere in presenza di una rottura muscolare, quindi anche in assenza di una frattura, in presenza di una lesione muscolare di alto grado. Noi sentiamo sempre parlare di stiramenti, strappi.. sono di fatto sempre delle lesioni, delle rotture muscolari, però sono delle lesioni muscolari modeste, cioè di poche fibre muscolari. Quando invece si ha una rottura muscolare più grande, e soprattutto se questa avviene non lacerando le fasce, si ha un emorragia all interno di quel compartimento e poiché le fasce muscolari sono rigide ed inestensibili il volume non può aumentare, e quindi aumenta la pressione all interno di quei compartimenti. Aumentando la pressione si determina una ischemia, e l ischemia si ha sia a carico del muscolo stesso, sia a carico dei nervi e dei vasi che si trovano in quel compartimento. Che cosa bisogna fare in questi casi? Bisogna intervenire molto rapidamente, perché se la sindrome compartimentale non viene riconosciuta in tempo, l ischemia determina una necrosi sia muscolare che neurovascolare, e l evoluzione è totalmente irreversibile, e quello che deriva è la cosiddetta sindrome post-ischemica di Volkman (leggi folkman), dove si ha poi come esito una retrazione, una deformazione in retrazione, di tutte le strutture a valle di quel distretto dove si è avuta la sindrome compartimentale. Le sedi più frequenti sono soprattutto l avambraccio e il polpaccio, o meglio la loggia anterolaterale della gamba, e queste si vedevano molto più un tempo, soprattutto nei bambini con delle fratture di gomito, che venivano immobilizzati con il gesso; il gesso, come vi dicevo prima, se applicato troppo presto provoca una compressione dall esterno, perché il braccio dopo si gonfia, e questo determinava lo sviluppo di una sindrome compartimentale. Invece le complicanze tardive delle fratture possono essere legate all allettamento prolungato, e tra queste abbiamo polmoniti, cistiti e piaghe da decubito, oppure ci possono essere complicanze locali legate alla evoluzione della frattura, quali un ritardo di consolidazione, quando la guarigione della frattura, che abbiamo visto avviene nell arco di due mesi, avviene in tempi più lunghi, però comunque c è una tendenza verso la guarigione; pseudoartrosi: è una mancata guarigione della frattura, per cui si vede radiograficamente nel tempo che non c è nessuna risposta di tipo riparativo osseo. Si chiama pseudoartrosi perché tra i due monconi di frattura si sviluppa un manicotto di tessuto fibroso, che in qualche modo li collega; all interno si è formato spesso un callo di tipo cartilagineo, il quale non evolve verso una guarigione di tipo osseo. Non tutte le pseudoartrosi sono uguali, però in alcuni casi si è trovato che i due monconi sono attaccati da questo tessuto fibrocartilagineo e si muovono l uno rispetto all altro, perché ovviamente non essendoci continuità di tipo osseo i monconi sono rimasti mobili, oppure in alcuni casi si è trovato all interno del callo di tessuto fibrocartilagineo di riparazione del liquido, liquido sinoviale e da qui si riempie di liquido l articolazione; vizio di consolidazione: la guarigione della frattura c è stata, però c è stata in condizione non corretta, cioè quelle deformità dovute allo spostamento dei due monconi non sono state corrette, e quindi sono rimaste. Vi sono alcune deformità in grado di correggersi nel processo di rimodellamento, mentre altre no, e queste sono le deformità di rotazione, in cui un moncone ruota in un verso e l altro nell altro, e qui il rimodellamento non può nulla perché dopo che l osso è guarito ruotato, rimane ruotato, e poi le deformità angolari, soprattutto se queste sono sullo stesso piano, sul piano ortogonale rispetto a quello che è il maggior movimento di quell articolazione; vuol dire che se io ho una deformità di una frattura di femore, e questo mi è rimasto angolato sul piano laterale o sul piano sagittale, con il tempo in qualche modo il rimodellamento può correggere questa deformità angolare, forse non del tutto ma può compensare, ma se la deformità è avvenuta sul piano ortogonale rispetto al movimento principale, che nel caso del ginocchio è la flesso-estensione ( quindi il movimento principale Pagina 8 di 15

9 del ginocchio è sul piano sagittale), se la deformità è avvenuta sul piano ortogonale, quindi su quello frontale, il rimodellamento non può correggere quel tipo di deformità. Queste condizioni si chiamano vizi di consolidazione, e se questi impattano sulla funzione dell arto, dell articolazione vicina o comunque sull autonomia del paziente, vanno corretti chirurgicamente ; sindrome di Volkman: è un altra complicanza tardiva ed è l esito di una sindrome compartimentale. La sindrome compartimentale è un evento acuto in cui si ha un ischemia della loggia muscolare, dei nevi e dei vasi di quel compartimento; l esito è una sindrome postischemica, con retrazione dei muscoli, perché una volta andati in necrosi vengono sostituiti da tessuto fibroso, quindi non c è più il muscolo ma cordone rigido di tessuto fibroso, dove la rivascolarizzazione che è avvenuta ha facilitato la formazione di questo tessuto fibroso, dove la sensibilità è gravemente compromessa e spesso si determina un deformità ad artiglio, proprio per la retrazione dei muscoli. Siccome le logge più frequentemente interessate sono la loggia anterolaterale dell avambraccio e la loggia anterolaterale della gamba, si ha una deformità ad artiglio delle dita della mano e delle dita del piede; Algodistrofia: è una condizione caratterizzata da un aumento di apporto vascolare nella sede della frattura, e questo determina un quadro infiammatorio o simil-infiammatorio, nei tessuti molli peri-lesionali, e quindi un riassorbimento dell osso e un quadro di osteoporosi localizzata. Mentre l osteoporosi come malattia sistemica interessa tutti i distretti scheletrici, l algodistrofia determina una osteoporosi solo dell osso di quel segmento scheletrico coinvolto dalla frattura. E questa è determinata spesso dall immobililità; poiché l osso risponde in maniera proliferativa con il carico, l assenza di carico determina una alterazione del processo di formazione. Il processo di rimodellamento dell osso avviene con una sequenza ben precisa:noi abbiamo una attivazione del riassorbimento mediante gli osteoclasti, a cui segue una attivazione della formazione da parte degli osteoblasti. E questa sequenza avviene continuamente: riassorbimento e formazione, attivazione del riassorbimento e della formazione, attivazione data da uno stimolo meccanico; finché lo stimolo meccanico viene dato, io continuo ad avere un ritmo di riassorbimento e di formazione. Però le cellule che rispondono alla stimolo meccanico sono soltanto gli osteoblasti; l osteoclasta lavora indipendentemente dallo stimolo meccanico. Questo che cosa vuol dire? Se io mi blocco a letto per due mesi, o blocco quel determinato segmento scheletrico, lo stimolo meccanico mi blocca l attività proliferativa, quindi ho solo quella di riassorbimento, quindi io continuo ad avere una attività osteoclastica, che mi toglie osso, ma di contro non ho una attività di formazione, e questo è il mio motivo per cui si determina l algodistrofia, l osteoporosi localizzata. Naturalmente è un fenomeno reversibile, perché nel momento in cui io consento un altra volta al paziente di camminare, e quindi lui riceve un forte stimolo meccanico, la formazione ricomincia, e quindi l algodistrofia tende a regredire. I fattori che possono ritardare la guarigione di una frattura, fino ad andare anche verso una pseudoartrosi, sono tanti : L età :più è avanzata e più è lento lo stimolo riparativo; La localizzazione nella diafisi:questo perché nelle diafisi, di solito soprattutto della tibia, dove le masse muscolari circostanti sono scarse,e quindi l apporto vascolare è scarso, si può avere lo sviluppo di un callo di tessuto cartilagineo; L esposizione cutanea: perché in qualche modo si ha un rischio di infezione, perché non si è formato il manicotto emorragico, perché nel momento in cui c è una lacerazione del compartimento il sangue travasa, non rimane lì, e quindi il manicotto di ematoma che potrebbe favorire l accensione del processo riparativo non c è; L evacuazione dell ematoma di frattura L immobilizzazione insufficiente: perché per un periodo serve che questi monconi di frattura siano fermi, per favorire la formazione di questo callo che nella fase iniziale Pagina 9 di 15

10 meccanicamente è molto fragile, quindi se questo subisce sollecitazioni meccaniche non si forma, non si struttura, e questo è il motivo per cui la frattura va immobilizzata ; L interposizione di lembi muscolari, di tessuti molli tra i due monconi; L infezione. Il ritardo di consolidazione si può avere anche in caso di spostamento, cioè se i due monconi non sono giustapposti: se questa condizione è modesta, il callo si forma ugualmente, cioè se c è anche un minimo di continuità un callo si forma ugualmente. Si può formare con un vizio di consolidazione, però si forma. Se invece non c è contatto per nulla, spesso si pone un ritardo di consolidazione. La pseudoartrosi è caratterizzata da una mancata guarigione dei due monconi. Immagine: questa è una pseudoartrosi in una frattura di tibia, trattata con una placca e si vedono ancora i fori delle viti, e questi sono i due monconi di frattura. Vedete come si è deformata la tibia ad imbuto, e si ha questa immagine di sclerosi sulle superfici, come se fosse una vera e propria articolazione, una nuova articolazione tra i due monconi. E naturalmente qui si mantiene una mobilità patologica tra i due monconi di frattura. Queste sono invece le condizioni che dicevamo prima del vizio di consolidazione (mancata o incompleta riduzione della frattura ) : deformità di rotazione, che il rimodellamento non può correggere per cui il paziente avrà una deambulazione alterata; deformità angolare; deformità in accorciamento, e questo determina una dismetria, cioè una differenza di altezza degli arti. Queste sono condizioni che impattano sulla funzione dell arto e sull autonomia dei pazienti, perché provocano un alterazione del passo, provocano una serie di meccanismi di compenso che danno un aumentato carico sulle altre articolazioni, e quindi possono poi col tempo determinare delle artrosi, e quindi delle patologie degenerative delle articolazioni non soltanto vicine al distretto interessato. Una dismetria degli arti per esempio se non viene corretta determina una serie di meccanismi di compenso: innanzitutto io sarò costretto a camminare con il ginocchio flesso controlaterale, cioè se io ho una gamba più corta per compensare l altra la piego, e questo mi determina una artrosi precoce della rotula sulla gamba sana e in più svilupperò un atteggiamento scoliotico, quindi mal di schiena, cioè ci sono tutta una serie di patologie che non hannp niente a che vedere con la frattura ma che sono conseguenza di tutti i compensi dinamici che noi andiamo ad instaurare per mantenere una certa funzione. Complicanze delle fratture articolari :comprendono L artrosi, cioè l alterazione della congruenza delle superfici articolari; Limitazione dei movimenti (rigidità), perché spesso il sanguinamento che avviene nella sede della frattura se avviene all interno di un articolazione può provocare la formazione di tessuto cicatriziale, il quale limita il movimento dell articolazione, e questo determina un fenomeno che si chiama artrofibrosi, e determina rigidità articolare; Algodistrofia, perché spesso, anzi sempre, una frattura articolare, che sia trattata chirurgicamente o no ( ma queste sono quasi sempre trattate chirurgicamente) richiede una immobilizzazione prolungata e un divieto di carico su quell articolazione, e quindi mancando lo stimolo meccanico è facile che si manifesti l algodistrofia; Artrite in caso d infezione : se si ha un infezione si può avere anche una infezione dell ambiente articolare che va sotto il nome di artrite, che è altrettanto grave se non di più rispetto all osteomielite, perché un artrite può determinare una distruzione della superficie articolare, della cartilagine, e quindi si può avere dopo una artrosi post-artritica, irreversibile; Psuedoartrosi : in ambiente articolare sono rare, questo perché l osso nella zona epifisaria, vicino all articolazione, è quasi sempre prevalentemente spongioso, e quindi molto vascolarizzato, al contrario dell osso corticale della diafisi, che è meno vascolarizzato. Sindrome di Volkman Immagine :questo è l esito di una sindrome di Volkman, e si ha una retrazione ischemica dei muscoli dell avambraccio, e questo determina una retrazione ad artiglio delle dita, con iperflessione del polso, una iperestensione del metacarpo falangeo e una flessione dell interfalangeo. E questo è molto frequente nei Pagina 10 di 15

11 bambini, proprio perchè la sede più frequente è la frattura del gomito e quindi la sindrome ischemica avviene all avambraccio. Un altra sede molto frequente è la loggia anterolaterale della gamba, e questo talvolta determina una perdita dell uso dell arto, perchè oltre alla deformità ad artiglio delle dita del piede si ha anche un deficit neuromotorio da neuroaprassia dello sciatico popliteo esterno e quindi si ha una perdita dell estensione del piede. Pertanto poi bisognerebbe camminare con un tutore rigido, che mantiene il piede sempre a 90, altrimenti io camminando, ogni volta che vado a sollevare il piede, il piede invece di andar su va giù. Algodistrofia Immagine: quadro algodistrofico post-traumatico; vedete quest area di rarefazione intorno alla sede della frattura, si vede la spongiosa rarefatta, e clinicamente si manifesta con un dolore in genere delle parti molli molto dolente alla palpazione. Il problema principale dell algodistrofia è che può in qualche modo compromettere il processo di guarigione: un algodistrofia grave può provocare un ritardo della consolidazione della frattura. A questo punto dobbiamo affrontare clinicamente il problema: cosa si fa in urgenza in presenza di una frattura? Ci possiamo trovare in un pronto soccorso ed arriva un paziente con una frattura. Innanzitutto bisogna rilevare i segni del trauma: ci sono segni clinici evidenti, esterni, che vi possono dare informazioni sulla entità del trauma e sulla sede del trauma, perché a volte il paziente può essere privo di coscienza e noi non siamo in grado di avere informazioni da lui. Quindi cominciare a sospettare dove può esserci una eventuale frattura, in base alla presenza di segni, ferite lacere, ecchimosi, contusioni..; Valutare se qualcuno dei segmenti scheletrici dell asse presenta delle deformità, che possono far sospettare una frattura, o una mobilità innaturale delle estremità, come per esempio un avambraccio che si muove o una gamba che si muove..quella è una deformità che fa pensare che sotto ci sia una frattura; Valutare la presenza di danni vascolari:quindi qual è il calore della cute nella sede vicina alla sospetta frattura, i polsi periferici, perché talvolta le fratture possono determinare una alterazione dei vasi importante; Valutare eventuali danni neurologici: quindi valutare la sensibilità distalmente alle fratture e la mobilità; la mobilità dà meno informazioni perché spesso la mobilità è limitata dal dolore, cioè non si può chiedere al paziente di muovere il piede in una frattura di gamba, perché il paziente prova dolore e questo non vuol dire che ci sia una lesione neurologica. Però la valutazione della sensibilità cutanea può dare delle informazioni e fa sospettare una lesione neurologica; Valutare la condizione dei tessuti molli circostanti, quindi la presenza di contusioni, ecchimosi e lacerazioni; A questo punto chiediamo degli esami, per vedere la frattura Che cosa si fa in urgenza in presenza di una frattura? Se sospettiamo una lesione vascolare, soprattutto in presenza di fratture con una grave scomposizione o con una esposizione con lacerazione dei tessuti molli e della cute, bisogna valutare la condizione neurovascolare, prima cosa vascolare, perché una lesione vascolare del tronco maggiore se non viene trattata d urgenza determina la perdita dell arto, cioè determina la necrosi ischemica a valle e quindi la necessità di amputazione. Quindi se c è una lesione vascolare quella è la prima urgenza da gestire, quindi si fa un doppler arterovenoso o ancora meglio un arteriografia, che ci può far vedere le condizioni vascolari peri-lesionali. Frattura esposta In presenza di una frattura esposta, che non sia puntiforme, quindi stiamo parlando di un esposizione superiore al centimetro, immediatamente va trattata, quindi va trattata chirurgicamente in urgenza, soprattutto per prevenire le possibili infezioni. Una frattura esposta di grado III è considerata contaminata per definizione, quindi è sempre contaminata; una frattura di grado II può non esserlo, a seconda della Pagina 11 di 15

12 sede in cui si è determinata. Ma in ogni caso a scopo preventivo va fatta rapidamente una toilette chirurgica, un lavaggio della sede della frattura, quindi una pulizia accurata con soluzione fisiologica e disinfettante nei tessuti molli offesi, e quindi si lascia un drenaggio nella sede vicina alla frattura e alla sede di esposizione, per favorire l eliminazione dei liquidi e del lavaggio stesso che è stato eseguito. Quindi si può eseguire una chiusura della cute ma senza tensione, cioè la cute non va chiusa del tutto in presenza di una frattura esposta, ma è preferibile lasciare la ferita aperta e favorire la guarigione di seconda intenzione,dal momento che la chiusura di una frattura esposta può determinare un infezione, perché comunque è un tramite di drenaggio di materiale contaminato. Quindi va eseguita una osteosintesi, con fissatore esterno. Immagine: vedete un fissatore esterno, cioè un sistema di bloccaggio dei monconi di frattura utilizzando dei sistemi che stanno all esterno dell osso, e soprattutto sono lontani dalla zona dove c è la frattura. Questo perché essendo una frattura esposta ad alto rischio di contaminazione, è preferibile non applicare in quella sede dell altro materiale estraneo, che potrebbe essere un ulteriore stimolo alla proliferazione batterica. Quindi va eseguita una profilassi antitetanica e immediatamente un trattamento antibiotico: naturalmente inizialmente ad ampio spettro per Gram + e Gram-, poi si fa un esame colturale dei tessuti asportati, dei tamponi, eventualmente con l antibiogramma e si fa così una antibiotico-terapia mirata. Però inizialmente si danno antibiotici contro Gram + e Gram -, e se l ambiente in cui è avvenuta è ad alto rischio di contaminazione come l ambiente agricolo o in una ferita d arma da fuoco, anche contro gli anaerobi. Trattamento delle fratture non esposte Nelle fratture non esposte invece che cosa si fa? Sono fratture diciamo a miglior prognosi, naturalmente vanno gestite anche queste in urgenza, talvolta attraverso un trattamento chirurgico. Innanzitutto dobbiamo distinguere se si tratta di una frattura stabile, una frattura ingranata, oppure una frattura instabile, variamente scomposta. Se si tratta di una frattura stabile non scomposta: si applica una doccia gessata, oppure un apparecchio gessato circolare. E preferibile non applicare nella fase iniziale un apparecchio gessato circolare: questo perché è prevedibile che nelle prime 48 ore si sviluppi un edema, e quindi il paziente ritorna in pronto soccorso con la mano o con il piede gonfio e nero, e con un gran dolore. Quindi è meglio applicare prima una immobilizzazione semi-circolare, e poi a distanza di qualche giorno ripetere gli esami radiografici e se la riduzione si è mantenuta a questo punto applicare il gesso completo. La regola principale nel trattamento osservativo con immobilizzazione in apparecchio gessato è che per stabilizzare la frattura vanno immobilizzate l articolazione a monte e l articolazione a valle della frattura, quindi se ho una frattura di avambraccio dovrò bloccare con il gesso il polso ed il gomito; se ho una frattura di tibia dovrò immobilizzare la caviglia e il ginocchio. Questo per impedire che il movimento possa far ruotare i monconi. Invece nelle fratture con scomposizione: la scomposizione va corretta, cioè la frattura va, come si dice, ridotta. E questa riduzione si può ottenere manualmente, quindi in maniera incruenta, senza aprire il focolaio di frattura, senza intervenire chirurgicamente, ma solo facendo una manovra manuale, oppure si può ottenere mediante l applicazione di una trazione trans-scheletrica. Se ho avuto uno scivolamento dei due frammenti, cioè si sono sovrapposti uno all altro, allora ho bisogno di rimetterli a posto. Se parliamo di un segmento scheletrico piccolo, come può essere il polso, l avambraccio, questa manovra la posso eseguire manualmente. Ma se è un femore, e per giunta anche di una persona corpulenta, naturalmente non la posso ridurre, e allora devo fare una riduzione progressiva mediante l applicazione di una trazione trans-scheletrica, cioè si mette distalmente alla frattura un filo metallico, che passa perpendicolare all asse della diafisi, e a questo filo applico una staffa metallica a cui legherò una corda con dei pesi, cioè progressivamente io tiro la parte distale, per farla riallineare con quella prossimale. Questo non può avvenire in maniera immediata, perché nella fase iniziale il dolore determina una contrattura muscolare, la quale mi mantiene accorciato l arto, perché nel momento in cui ho l inserzione distale dei muscoli e questi si contraggono, tirano in alto il frammento distale e quindi questo scivolamento è irriducibile. Pagina 12 di 15

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