56 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA

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1 56 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA 7. - UNITÀ MAGNETOSTRATIGRAFICHE LA MAGNETOSTRATIGRAFIA Il paleomagnetismo si occupa dello studio dell intensità, direzione e verso del vettore magnetizzazione residua (NRM Natural Remanent Magnetization), registrato nelle rocce all atto della loro formazione, e delle tipologie, caratteristiche e quantità dei minerali magnetici responsabili della NRM delle rocce. La magnetostratigrafia ha avuto un grandissimo sviluppo negli ultimi 30 anni, anche se i primi studi sulle proprietà magnetiche delle rocce risalgono agli albori del novecento. BRUNHES (1906) notò per primo che alcuni campioni di rocce vulcaniche presentavano una direzione di magnetizzazione antiparallela rispetto al campo geomagnetico attuale. Successivamente, MATUYAMA (1929) studiò l inversione della direzione del vettore paleomagnetico in una successione di rocce magmatiche quaternarie provenienti dal Giappone e dalla Manciuria, osservando che vi erano rocce piu recenti a polarità normale e rocce più antiche a polarità inversa. Furono proposte due ipotesi sull origine delle inversioni della NRM. La prima prevedeva che il campo magnetico terrestre, assimilabile a quello di un dipolo assiale centrato ed inclinato di 11.5 rispetto all asse di rotazione terrestre, si invertisse nel corso del tempo geologico in modo tale che il polo sud magnetico prendesse il posto del polo nord, e viceversa (field-reversal hypothesis). La seconda ipotesi prevedeva invece che alcuni tipi di rocce vulcaniche potessero acquisire una magnetizzazione antiparallela rispetto al campo inducente, a causa di particolari processi di cristallizzazione dei minerali magnetici durante il raffreddamento della roccia (self-reversal hypothesis). Le problematiche concernenti l origine delle inversioni furono risolte negli anni sessanta. COX (1969) e COX et alii (1963, 1964) hanno infatti dimostrato che tutte le rocce vulcaniche provenienti da diverse parti del mondo e raffreddatesi nello stesso periodo mostrano la stessa direzione di magnetizzazione normale o inversa e che esiste una sequenza ordinata di inversioni di polarità magnetica nel tempo geologico. A partire da allora, la teoria dell inversione del campo magnetico è stata riconosciuta come la più attendibile, anche se è stata dimostrata l esistenza di rari casi di autoinversione in alcuni tipi di rocce, come ad esempio la dacite di Haruna, Giappone, uno dei primi campioni analizzati da Cox e coautori negli anni sessanta. La NRM è di grande utilità nella classificazione stratigrafica; essa indica: (i) lo stato di polarità magnetica nella roccia, normale o inversa, (ii) l inversione di polarità magnetica nella roccia, da normale a inversa e viceversa, (iii) la posizione nello spazio del polo paleomagnetico corrispondente, che può mostrare una migrazione apparente dovuta al movimento della placca alla quale il polo si riferisce, (iv) le variazioni di intensità della componente dipolare del campo magnetico terrestre, e (v) le variazioni delle caratteristiche delle componenti non dipolari del campo magnetico terrestre. Quando una qualsiasi di tali proprietà varia all interno dei corpi rocciosi, può costituiture la base per la distinzione di unità stratigrafiche note complessivamente con il nome di unità magnetostratigrafiche. La proprietà magnetica più utile in stratigrafia è indubbiamente il cambiamento di verso del vettore della magnetizzazione residua naturale delle rocce, causato dalle inversioni di polarità del campo magnetico terrestre, avvenute frequentemente nel corso della storia geologica della Terra. Se si può stabilire con sufficiente approssimazione che la NRM di un corpo roccioso è stata acquisita al momento della sua formazione, e non costituisce una rimagnetizzazione successiva, allora i cambiamenti di verso del vettore della NRM registrati in una successione rocciosa possono essere utilizzati per suddividerla in unità caratterizzate dalla loro polarità magnetica: tali unità vengono denominate unità di polarità magnetostratigrafica. Le unità di polarità magnetostratigrafica possono essere normali o inverse. Per convenzione, nell emisfero settentrionale la direzione di magnetizazzione positiva è quella inclinata verso il basso e che punta verso il Polo Nord magnetico attuale; un corpo roccioso con magnetizzazione positiva

2 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 57 è detto a polarità normale. Al contrario, se nell emisfero settentrionale la magnetizzazione è inclinata verso l alto e diretta verso il Polo Sud magnetico attuale, il corpo roccioso ha polarità inversa. La successione delle inversioni di polarità delle unità di polarità magnetostratigrafica è stato ricostruito attraverso: 1) lo studio di successioni in affioramento o in pozzo (carote), determinando l orientazione della magnetizzazione residua naturale in rocce sedimentarie e/o vulcaniche datate con metodi biostratigrafici e/o isotopici; 2) lo studio di profili magnetometrici eseguiti durante le crociere oceanografiche ed i rilievi aeromagnetici della seconda guerra mondiale. É stato riconosciuto che le anomalie magnetiche dei fondali oceanici costituiscono bande alternativamente a polarità normale e inversa, disposte parallelamente all asse delle dorsali medio-oceaniche. Tali anomalie riflettono le successive inversioni del campo magnetico terrestre, registrate dalle lave effuse dalla dorsale oceanica durante il processo di espansione dei fondi oceanici IL MAGNETISMO DELLE ROCCE I principali meccanismi di acquisizione della magnetizzazione residua naturale nelle rocce sono tre: - Magnetizzazione residua termica (TRM). É la magnetizzazione acquisita da una roccia durante il raffreddamento al di sotto della temperatura di Curie dei minerali ferromagnetici in essa contenuti. In corrispondenza di tale temperatura, i minerali naturalmente magnetici (come la magnetite) acquisiscono una magnetizzazione che viene progressivamente fissata nella roccia secondo la direzione del campo esterno inducente mentre essa si raffredda fino a temperatura ambiente. La temperatura di Curie per la magnetite pura, particolarmente abbondante in alcuni tipi di rocce magmatiche (ad es. i basalti), è di 575 C. - Magnetizzazione residua detritica (DRM). É la magnetizzazione acquisita durante la deposizione in ambiente sedimentario di minerali magnetici di origine detritica o biogena. Si distinguono due tipi di DRM: la DRM deposizionale, dovuta all allineamento dei minerali magnetici da parte del campo magnetico terrestre inducente durante la loro decantazione nella colonna d acqua; la DRM post-deposizionale, legata alla rotazione dei minerali magnetici secondo il campo magnetico inducente quando essi si trovano nei pori interstiziali di un sedimento saturo in acqua. - Magnetizzazione residua chimica (CRM). É la magnetizzazione dovuta a trasformazioni mineralogiche in seguito a processi metamorfici o a fenomeni di ossidazione a temperatura ambiente. In questi casi, infatti, il minerale ferromagnetico di nuova formazione si orienta parallelamente alla direzione del campo magnetico presente durante la trasformazione mineralogica. Le reazioni che avvengono più comunemente sono reazioni di disidratazione (trasformazione di goethite in ematite), reazioni di ossidazione (trasformazione di titanomagnetite in titanoematite) e reazioni di riduzione (trasformazione di ematite in magnetite). Per una trattazione più approfondita dell argomento, si rimanda ai lavori di HAILWOOD (1989), LOWRIE (1989), BUTLER (1992), OPDYKE & CHANNEL (1996) e MCELHINNY & MCFADDEN (2000) DEFINIZIONI Magnetostratigrafia. Branca della stratigrafia che si occupa delle caratteristiche magnetiche dei corpi rocciosi. Classificazione magnetostratigrafica. Organizzazione dei corpi rocciosi in unità basate sulle variazioni delle proprietà magnetiche. Unità magnetostratigrafica (= magnetozona). Insieme di rocce caratterizzate dal fatto di possedere proprietà magnetiche simili (e pertanto non solo la polarità magnetica) che permettono di distinguerle dai corpi rocciosi adiacenti. Contrariamente a questa definizione di SALVADOR (1994), la maggioranza degli Autori (e.g. KENT et alii, 1995; REY et alii, 1997) utilizzano il termine magnetozona con specifico riferimento alla polarità magnetica (vedi unità di polarità magnetostratigrafica).

3 58 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Classificazione di polarità magnetostratigrafica. Organizzazione dei corpi rocciosi in unità basate sulle inversioni di polarità della magnetizzazione residua naturale, causate dalle inversioni di polarità del campo magnetico terrestre. Unità di polarità magnetostratigrafica. Insieme di rocce caratterizzate da una polarità magnetica stabile normale o inversa, che permette di distinguerle dai corpi rocciosi soprastanti e sottostanti. Orizzonti di inversione di polarità magnetostratigrafica. Superfici o intervalli stratigrafici di spessore limitato che separano successioni di strati rocciosi con polarità stabile opposta. Quando l inversione di polarità avviene gradualmente in un intervallo di strati rocciosi avente spessore di almeno un metro, allora si utilizza il termine di zona di transizione di polarità magnetostratigrafica. Gli orizzonti di inversione di polarità e le zone di transizione di polarità costituiscono i limiti delle unità di polarità magnetostratigrafica. Polarità normale. Quando le linee di forza del campo magnetico terrestre sono dirette verso il Polo Nord magnetico e hanno inclinazione verso il basso, cioé positiva, nell emisfero settentrionale. Polarità inversa. Quando le linee di forza del campo magnetico terrestre sono dirette verso il Polo Sud magnetico e hanno inclinazione verso l alto, cioé negativa, nell emisfero settentrionale TIPI DI UNITÀ DI POLARITÀ MAGNETOSTRATIGRAFICA L unità formale di base nella classificazione di polarità magnetostratigrafica è la zona di polarità magnetostratigrafica, che può essere denominata semplicemente zona di polarità qualora nel contesto sia chiaro che ci si riferisce alla polarità magnetica. La zona di polarità può essere suddivisa in sottozone di polarità (Sottozona Jaramillo) o può fare parte di una superzona di polarità (Superzona di Polarità Normale nel Cretacico) (fig.1). Si possono inoltre utilizzare i termini di microzona di polarità o megazona di polarità per unità rispettivamente più piccole di una sottozona o più grandi di una superzona. Se necessario, il rango di una zona di polarità magnetostratigrafica può essere cambiato. Le zone di polarità magnetostratigrafica possono essere formate da: - corpi rocciosi caratterizzati pervasivamente da una singola polarità magnetica; - un fitto alternarsi di unità a polarità normale e inversa (polarità mista); - un intervallo a polarità dominante normale o inversa, contenente suddivisioni minori a polarità opposta (ad esempio una zona di polarità normale dominante può contenere unità di rango inferiore con polarità inversa). Si ribadisce che, in disaccordo con la terminologia adottata da SALVADOR (1994), in alcuni recenti lavori di magnetostratigrafia (KENT et alii, 1995 e REY et alii, 1997) l unità formale di base della classificazione di polarità magnetostratigrafica è la magnetozona, intesa come un intervallo a (predominante) polarità normale o un intervallo a (predominante) polarità inversa PROCEDURE PER ISTITUIRE ED ESTENDERE LE UNITÀ DI POLARITÀ MAGNETOSTRATIGRAFICA Le procedure per l istituzione delle unità di polarità magnetostratigrafica devono seguire le regole generali enunciate nel cap. 3. Data la particolare natura delle unità di polarità, l argomento concernente gli stratotipi richiede un trattamento particolare. La sequenza di inversioni registrata dalle anomalie magnetiche dei fondi oceanici, datata per estrapolazione ed interpolazione in base a dati isotopici e biocronologici, ha costituito un punto di riferimento per la correlazione delle inversioni di polarità osservate in successioni in affioramento. La natura di tali anomalie magnetiche ed il fatto che esse vengano determinate su profili magnetometrici sono però in contrasto con i requisiti fondamentali dello stratotipo. Idealmente infatti, lo standard per la definizione ed il riconoscimento di un unità di polarità magnetostratigrafica dovrebbe essere uno stratotipo, caratterizzato da una successione continua di strati, contenente il pattern di polarità magnetica dell unità. Inoltre, lo stratotipo di un unità

4 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 59 di polarità magnetostratigrafica dovrebbe comprendere lo stratotipo del limite inferiore e quello del limite superiore, chiaramente indicati da marker artificiali permanenti. Se esiste una transizione graduale tra due zone di polarità, allora è possibile indicare un limite arbitrario oppure riconoscere formalmente e definire una zona di transizione tra le due unità. Un unità di polarità magnetostratigrafica ed i suoi limiti possono essere estesi oltre lo stratotipo o località tipo solo fino a dove è possibile identificare con certezza le proprietà magnetiche e la posizione dell unità. In pratica però, poiché generalmente le unità di polarità magnetostratigrafica hanno breve durata e, a causa della loro natura binaria, possono essere facilmente confuse tra loro se prese singolarmente, ha poco senso parlare di stratotipi di singole unità di polarità magnetostratigrafica, bensì ha senso parlare di stratotipi di sequenze di unità di polarità magnetostratigrafica in sezioni di cui è nota la biostratigrafia e la litostratigrafia DENOMINAZIONE DELLE UNITÀ DI POLARITÀ MAGNETOSTRATIGRAFICA E STORIA DELLA NOMENCLATURA IN MAGNETOSTRATIGRAFIA Denominazione In accordo con le regole generali esposte nel cap. 3., il nome formale di un corpo roccioso, specificatamente istituito ed adeguatamente descritto, caratterizzato da polarità magnetica normale, inversa o mista, che permette di distinguerlo dalle rocce adiacenti, deve essere formato dal termine dell unità (superzona, zona o sottozona di polarità) seguito da un termine geografico appropriato; ad esempio: Sottozona di Polarità Reunion. É necessario inoltre indicare la polarità, ad esempio: Sottozona di Polarità Normale Jaramillo. I nomi delle ultime quattro zone di polarità magnetostratigrafica, derivati dai nomi dei primi eminenti studiosi del paleomagnetismo (Zone di polarità Brunhes, Matuyama, Gauss, Gilbert), devono essere comunque mantenuti poiché di consolidato e tradizionale utilizzo. Non è possibile utilizzare per un unità di polarità magnetostratigrafica un termine già utilizzato per denominare un unità stratigrafica di tipo diverso e viceversa. SALVADOR (1994) mette in evidenza che attualmente la maggior parte delle unità di polarità magnetostratigrafica non hanno un nome o sono designate da lettere o numeri (vedi paragrafo ), che generalmente derivano dal numero dell anomalia oceanica corrispondente. Secondo SALVADOR (1994), il sistema di numerazione delle anomalie magnetiche non deve essere abbandonato, ma per la denominazione delle unità di polarità è necessario evitare di usare lettere e numeri, utilizzabili solo a livello informale. La nomenclatura proposta da SALVADOR (1994) è differente dall uso corrente in magnetostratigrafia (MUTTONI et alii, 1994; MUTTONI et alii, 1996, 1997) e dallo schema nomenclaturale proposto da KENT et alii (1995. p ) che indicano come unità formale di base la magnetozona (vedi par. 7.4). KENT et alii (1995), basandosi sul carattere binario della polarità, assegnano numeri, in ordine crescente dal basso verso l alto, alle coppie successive di magnetozone a predominante polarità normale e a predominante polarità inversa. Le singole magnetozone vengono distinte con il suffisso n (polarità normale) e r (polarità inversa) posizionato dopo il numero progressivo della coppia di appartenenza (ad esempio, la magnetozona 1n e la magnetozona 1r formano la coppia 1, alla base della sezione). Una magnetozona può contenere al suo interno sottomagnetozone di durata minore, che vengono distinte, sempre procedendo dal basso verso l alto, in maniera analoga, aggiungendo cioe in coda al codice della magnetozona di appartenenza un punto decimale seguito da un numero progressivo e dal suffisso n o r (ad esempio, sottomagnetozone 1n.1n, 1n.1r, 1n.2n). Le nuove sottomagnetozone riconosciute successivamente, possono essere inserite nello schema nomenclaturale esistente semplicemente aggiungendo in coda al codice della sottomagnetozona in cui sono state trovate un nuovo punto decimale seguito da un numero progressivo e dal suffisso n o r (ad

5 60 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA esempio, una nuova sottomagnetozona riconosciuta all interno della sottomagnetozona 1n.1n verra chiamata sottomagnetozone 1n.1n.1r). Infine, onde distinguere magnetozone di regioni diverse, si fa precedere al codice della magnetozona una sigla univoca di appartenenza (ad esempio, il nome della sezione stratigrafica o un acronimo che possa inequivocabilmente definirla). Questo schema permette di risolvere il grave problema di trovare un numero sufficiente di nomi geografici per indicare le molteplici unità di polarità e di inserire nuove unità in uno schema preesistente Cenni storici sulla nomenclatura in magnetostratigrafia Viene di seguito presentato un breve riassunto sulla storia della nomenclatura in magnetostratigrafia e sullo stato attuale dell arte; per un analisi esauriente si rimanda ai testi di HAILWOOD (1989), LOWRIE (1989), HARLAND et alii (1990), JACOBS (1994) e OPDYKE &CHANNEL (1996). All inizio degli anni sessanta lo studio delle successioni vulcaniche plio-pleistoceniche permise di ricostruire la successione delle inversioni del campo geomagnetico negli ultimi 5 milioni di anni. COX et alii (1964) chiamarono epoche gli episodi caratterizzati da polarità normale o inversa della durata di 10 6 anni ed eventi quelli con durata anni. Tale terminologia fu applicata anche successivamente, quando si scoprì che la durata degli episodi era più variabile ( anni). Alla fine degli anni sessanta, le perforazioni dei sedimenti dei fondi oceanici permisero di estendere la successione delle inversioni fino a circa 25 milioni di anni fa; tali zone di polarità furono indicate con un numero crescente verso i tempi più antichi; così all Epoca Gilbert definita sulle successioni vulcaniche corrispondeva l Epoca 4 per i sedimenti marini (fig. 2). Recentemente, l utilizzo dei termini epoca, evento e intervallo per indicare le unità di polarità magnetostratigrafica è stato fortemente sconsigliato (NASC, 1983; SALVADOR, 1994; REY et alii, 1997), mentre sono stati mantenuti i nomi propri (vedi ). Sempre verso la fine degli anni sessanta, lo studio delle anomalie magnetiche dei fondali oceanici ha permesso di estendere verso il basso la successione delle inversioni, ma ha portato a notevoli complicazioni nomenclaturali. Le anomalie magnetiche positive più importanti sono state infatti numerate da 1 a 34, partendo dalla dorsale oceanica verso i margini del bacino (HEIRTZLER et alii, 1968; LARSON & PITMAN, 1972). Tale numerazione, pur essendo in disaccordo con quella delle epoche basata sullo studio delle carote dei sedimenti marini, si è imposta come riferimento per le correlazioni globali ed è stata modificata mediante l aggiunta di lettere e decimali per indicare le anomalie caratterizzate da picchi di intensità minori, tralasciati nella prima numerazione (LA BRECQUE et alii, 1977; NESS et alii, 1980). Negli anni settanta, l analisi magnetostratigrafica delle successioni sedimentarie a terra ha portato ad un nuovo affinamento della nomenclatura, con successive complicazioni dovute al progredire degli studi e alla scoperta di nuove sottozone di polarità. Attualmente (CANDE &KENT, 1992; 1995), le unità di polarità [riportate utilizzando il termine geocronologico crono ( anni) e sottocrono ( anni), in accordo con SALVADOR, 1994] del Cenozoico e del Cretacico superiore (fino al Supercrono di Polarità Normale del Cretacico che inizia nel Santoniano) sono indicate dalla lettera C seguita da un numero che indica l anomalia oceanica corrispondente. Poiché la numerazione delle anomalie oceaniche è basata solo sulle polarità positive, ad ogni numero corrispondono due croni di polarità, uno normale ed uno inverso che lo precede; al numero dell anomalia si aggiunge quindi la lettera n per la polarità normale e la lettera r per la polarità inversa (fig. 2). Per indicare i sottocroni si utilizzano suffissi numerici, in ordine progressivo dal più recente al più antico, seguiti dalle lettere n e r; ad esempio il crono C16n è costituito, dall alto verso il basso, dai sottocroni C16n.1n, C16n.1r, C16n.2n (fig. 3). I criptocroni ( anni) vengono indicati con la designazione -1,-2 ecc., che segue l indicazione del sottocrono. Infine, per indicare precisamente la posizione frazionaria all interno di un crono o di un sottocrono si utilizza il metodo di LA BRECQUE et alii, (1983) che prevede l aggiunta di un numero decimale tra parentesi. Ad esempio la terminazione più recente del crono C29n corrisponde a C29n (0.0); la terminazione più antica dello stesso è C29r

6 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 61 (0.0), poiché equivale alla terminazione più recente del crono precedente; un livello all interno del crono C29n e posto a 3/10 dalla sua terminazione più recente viene indicato con la terminologia C29n (0.3). Questo schema di nomenclatura numerica viene complicato dal fatto che la numerazione originale da 1 a 34 ha preso in considerazione solo i picchi principali delle anomalie; per indicare quindi i croni non numerati è stata aggiunta una lettera al numero del crono successivo: ad esempio, il crono C2r è preceduto dal crono C2An. Nel 1989, HAILWOOD ha proposto uno schema di numerazione sistematico, nel quale i croni sono stati rinumerati da S1n a S50, in modo tale da eliminare i croni tipo C2A, C3A; tale sistema semplificato non è però ancora stato adottato nei lavori di magnetostratigrafia. Per quanto riguarda la numerazione delle anomalie del Giurassico medio-cretacico inferiore (Calloviano-Aptiano), è stata stabilita una sequenza-m che prevede la numerazione progressiva, preceduta dalla lettera M, delle anomalie negative da M0 (alla base dell Aptiano) a M29 (nel Calloviano); i croni corrispondenti sono identificati dall aggiunta del prefisso C, seguito dall indicazione dell anomalia (ad esempio M0) e dalle lettere n e r. Ad ogni cifra corrispondono due croni, uno normale ed uno inverso che lo precede (CM1n e CM1r). REY et alii (1997) mettono in evidenza che la sequenza-m è stata estesa fino all anomalia M38, ma l ultima parte non è ancora confermata da risultati sicuri. Infine, secondo la versione di GRADSTEIN et alii (1994), vi sono delle eccezioni, nel senso che i croni CM2 e CM4 non esistono, mentre sono presenti i croni CM10A, CM11A, CM12A, CM22A che precedono i croni CM10, CM11, CM12, CM RAPPORTI CON ALTRI TIPI DI UNITÀ STRATIGRAFICHE Le unità di polarità magnetostratigrafica sono simili alle unità lito- e biostratigrafiche per il fatto che sono basate su una proprietà misurabile delle rocce, ovvero la polarità magnetica. A differenza di queste ultime esse però presentano il grande vantaggio di essere caratterizzate da un estensione geografica globale, carattere che le rende più simili alle unità cronostratigrafiche. Infatti, poiché le inversioni di polarità del campo magnetico avvengono in un intervallo di tempo di alcune migliaia di anni, gli orizzonti di inversione di polarità magnetostratigrafica approssimano i cronoorizzonti, ed i corpi rocciosi da essi delimitati costituiscono unità contenenti strati che rappresentano essenzialmente lo stesso intervallo di tempo. Le unità di polarità magnetostratigrafica non sono comunque unità cronostratigrafiche, poiché non sono definite primariamente sulla base di un intervallo di tempo, ma su una specifica proprietà fisica, ovvero il cambiamento di polarità magnetica, che non è istantaneo. Inoltre, i limiti di un unità di polarità possono discostarsi dalla sincronia a causa di molteplici fattori quali la registrazione incompleta dell inversione di polarità, un ritardo nell acquisizione della magnetizzazione, la presenza di discordanze/discontinuità nella successione, fenomeni di bioturbazione, alterazione termica subita dalla roccia, ecc. Infine, le inversioni del campo geomagnetico vengono registrate come un segnale binario non periodico, alternativamente positivo e negativo, che in molti casi non permette di riconoscere specificatamente ed inequivocabilmente le singole unità di polarità senza l ausilio di altri metodi, come la datazione biostratigrafica e isotopica IL PROBLEMA DEL TEMPO MAGNETICO Il concetto delle zone di polarità magnetostratigrafica come potenzialmente globali ed isocrone ha portato al tentativo di introdurre nuove categorie-tempo e di creare una terminologia speciale per esprimere l intervallo di tempo corrispondente ad un unità magnetostratigrafica (NASC, 1983; REY et alii, 1997). Secondo HARLAND (1992) e, in particolare, SALVADOR (1994), l utilizzo di termini specifici per esprimere il tempo magnetico va assolutamente scoraggiato. In stratigrafia, infatti, non esiste un tempo magnetico, un tempo isotopico o un tempo biologico : il tempo è uno solo anche

7 62 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA se esistono molti metodi per determinarlo o per esprimere la posizione degli strati nel tempo. La magnetostratigrafia è un formidabile metodo di controllo delle correlazioni in cronostratigrafia. L intervallo di tempo rappresentato da un unità di polarità magnetostratigrafica viene denominato con il termine dell unità geocronologica fondamentale: il crono (ad esempio: Crono Brunhes). Per assegnare tutte le rocce di tutto il mondo aventi la stessa età ad una determinata unità di polarità magnetostratigrafica, si fa riferimento alla terminologia cronostratigrafica: nell esempio sopracitato Cronozona Brunhes. La terminologia raccomandata da Salvador è riportata nella fig. 1. SALVADOR (1994) contempla inoltre la possibilità di introdurre il termine polarità (ad esempio Crono di polarità Brunhes), qualora nel contesto si rendesse necessario specificare che il nome Brunhes deriva da un unità di polarità magnetostratigrafica (vedere paragrafo 7.6) COSTRUZIONE DELLA SCALA TEMPO DELLE POLARITÀ GEOMAGNETICHE (GPTS) La Scala Tempo delle Polarità Geomagnetiche, in continuo stato di affinamento e revisione, risulta dalla combinazione di diversi metodi di indagine, tra loro indipendenti, che si sono susseguiti e completati dagli anni sessanta ad oggi. Per un commento critico alle successive revisioni della GPTS, si rimanda ai lavori di HARLAND et alii (1990) e CANDE & KENT (1992). Le tre fonti di dati che hanno permesso la costruzione della GPTS sono: - dati paleomagnetici provenienti da rocce magmatiche datate radiometricamente; - dati paleomagnetici provenienti da rocce sedimentarie datate radiometricamente e/o biostratigraficamente; - dati paleomagnetici provenienti dall interpretazione delle anomalie magnetiche dei fondi oceanici Dati paleomagnetici provenienti da rocce magmatiche datate radiometricamente La costruzione della scala delle polarità magnetiche ha avuto inizio negli anni sessanta con lo studio delle rocce vulcaniche plio-pleistoceniche, datate per mezzo del metodo K/Ar. In questo modo COX (1969) e COX et alii (1963, 1964) hanno elaborato la scala delle inversioni di polarità negli ultimi 5 milioni di anni. L incertezza del metodo K/Ar (2%) ha però impedito di estendere la GPTS basata sullo studio di affioramenti di rocce vulcaniche isolate più antiche, essendo la durata dei sottocroni (10 5 anni) paragonabile all errore di misurazione. MCDOUGALL et alii (1977) sono riusciti ad estendere la GPTS fino a 13 milioni di anni fa, analizzando le successioni vulcaniche continue dell Islanda occidentale Dati paleomagnetici provenienti da rocce sedimentarie datate radiometricamente e/o biostratigraficamente Lo studio delle successioni sedimentarie ha avuto un ruolo molto importante nella costruzione della GPTS, data la maggior continuità ed estensione nel tempo del record sedimentario rispetto a quello vulcanico. La successione delle inversioni dedotta dallo studio delle rocce sedimentarie può essere datata in modo relativo mediante l analisi biostratigrafica o radiometricamente, se sono presenti minerali autigeni o livelli vulcanici nella successione sedimentaria. I dati paleomagnetici ricavati dalle rocce sedimentarie provengono essenzialmente da tre fonti: - da sedimenti marini recenti, campionati a gravità sul fondo degli oceani attuali che hanno validato la GPTS costruita mediante i dati paleomagnetici ricavati da rocce vulcaniche ed hanno permesso di estendere la scala fino al Paleogene (OPDYKE et alii, 1966; THEYER & HAMMOND, 1974); - da sedimenti marini più antichi, campionati dal Deep Sea Drilling Project (DSDP) e, a partire dal 1985, dall Ocean Drilling Program (ODP), che hanno fornito un enorme quantità di dati paleomagnetici e biostratigrafici; - da successioni sedimentarie affioranti, inizialmente di età recente (Neogene e Quaternario) e in seguito mesozoiche.

8 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 63 In particolare, le analisi magnetobiostratigrafiche effettuate sulle carote del DSDP e ODP e sulle successioni pelagiche in affioramento hanno permesso di calibrare biostratigraficamente la GPTS fino al Giurassico sup.-cretacico Dati paleomagnetici provenienti dall interpretazione delle anomalie magnetiche dei fondi oceanici Lo studio delle anomalie dei fondi oceanici fornisce una registrazione completa delle inversioni di polarità dal Giurassico superiore al presente. Per assegnare un età alle anomalie si è essenzialmente proceduto in tre modi: 1) correlando la successione dei picchi dei profili magnetici oceanici con la GPTS relativa agli ultimi 3,5 milioni di anni è possibile assegnare alle anomalie magnetiche un età numerica, ricavando inoltre la velocità di espansione dei fondi oceanici; se si considera la velocità di espansione costante lungo tutto il profilo, si può estrapolare l età di tutte le anomalie del profilo in esame. HEIRTZLER et alii, (1968) hanno calcolato in questo modo la velocità di espansione dell Oceano Atlantico ed esteso la GPTS fino al Cretacico. Revisioni successive (HARLAND et alii, 1990; CANDE & KENT, 1992, 1995) hanno messo però in evidenza che la velocità di espansione degli oceani non è costante; 2) campionando i sedimenti immediatamente sovrastanti i basalti dei fondali oceanici e datandoli biostratigraficamente (DSDP e ODP) e/o radiometricamente; 3) correlando i profili delle anomalie oceaniche con le sequenze magnetostratigrafiche derivate dalle successioni sedimentarie affioranti, o in pozzo/carote, datate biostratigraficamente e/o radiometricamente. Attualmente, le versioni più recenti della GPTS sono quella di CANDE & KENT (1995), quella di GRADSTEIN et alii (1995) per il Mesozoico e quella di KENT &OLSEN (1999) per il Triassico superiore. Per quanto riguarda i tempi più antichi, COWIE & BASSETT (1990) hanno messo in evidenza che è possibile ricostruire la storia delle inversioni di polarità fino al Proterozoico inferiore, tenendo conto delle difficoltà associate al fatto che non esiste crosta oceanica più antica dell Oxfordiano e che quindi tali studi si basano essenzialmente su successioni in affioramento. La GPTS è stata utilizzata per misurare la durata dei ritmi sedimentari, ma da una decina d anni, grazie alla possibilità di riconoscere ciclicità ad alta frequenza nei sedimenti (Cap. 13. ), si è costruita una scala dei tempi astronomici (ATS, Astronomical Time Scale) per gli ultimi 10 milioni d anni (SHACKLETON et alii, 1990; HILGEN, 1991a, b; SHACKLETON et alii, 1995; HILGEN et alii, 1995; LOURENS et alii, 1996), con frequenti proposte di affinamento CONCLUSIONI Negli ultimi anni le applicazioni della magnetostratigrafia si sono rivelate estremamente utili e molteplici. Per periodi ove esiste una GPTS, la magnetostratigrafia rappresenta un validissimo mezzo di correlazione e, nel caso di correlazione tra successioni marine e continentali, diventa spesso l unico metodo possibile. Rispetto ad altri metodi, la magnetostratigrafia ha la potenzialità di riconoscere unità estese globalmente ed indipendenti dalle facies. Inoltre, un inversione di polarità è un fenomeno che avviene in un intervallo di tempo di durata di poche migliaia di anni ed è pertanto un fenomeno istantaneo geologicamente che approssima quindi le superfici tempo. La più grande limitazione della magnetostratigrafia consiste nel fatto che raramente può essere utilizzata indipendentemente da altri metodi tempo-diagnostici, come la biostratigrafia e la geocronologia, poiché gli eventi di polarità non sono univoci. Rocce a polarità normale ed inversa si susseguono infatti nel record geologico, impedendo il riconoscimento univoco dell età di un campione solo in base alla sua polarità, a meno che non si abbia a che fare con successioni estese di inversioni di polarità con fingerprint caratteristico ed univoco (e.g. la magnetozona MO alla base della Superzona Cretacica).

9 64 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA L integrazione della magnetostratigrafia con la biostratigrafia ha costituito un notevole passo avanti negli studi stratigrafici, poiché ha permesso di ottenere correlazioni a livello globale, di verificare il grado di sincronismo dei bioeventi omotassici. Inoltre, una volta attribuita un età ai limiti magnetostratigrafici grazie a datazioni radiometriche o astrociclostratigrafiche, si può ricavare una valutazione biocronologica per gli eventi biostratigrafici. In sintesi, le applicazioni più comuni della magnetobiostratigrafia sono le seguenti: - calibrazione cronologica delle zone biostratigrafiche. Si stabilisce una zonazione magnetostratigrafica su successioni sedimentarie, appartenenti a regioni diverse, di cui è nota la zonazione biostratigrafica. Si correlano quindi le zone di polarità magnetostratigrafica alla Scala Tempo delle Polarità Geomagnetiche, ottenendo una datazione numerica degli eventi biostratigrafici [si veda anche la calibrazione delle biozone a nannofossili nelle Alpi Meridionali con la GPTS eseguita da CHANNELL & ERBA (1992)]; - correlazione delle successioni di mare profondo (DSDP e ODP) con le sezioni in affioramento. In base ai requisiti enunciati nel cap. 4., gli stratototipi delle unità stratigrafiche ed in particolare delle unità cronostratigrafiche, devono essere basati preferibilmente su sezioni in affioramento, logisticamente accessibili. La magnetostratigrafia rappresenta quindi lo strumento migliore per correlare la biostratigrafia delle successioni carotate sul fondo degli oceani con quella definita su sezioni in affioramento; - correlazione di successioni sedimentarie marine e continentali. I problemi di correlazione di successioni appartenenti a diversi paleoambienti di sedimentazione (continentale, marino, marginale), caratterizzate quindi da scarsità di elementi faunistici comuni, possono essere risolti dall analisi magnetostratigrafica che ha permesso inoltre la costruzione di scale biostratigrafiche integrate (ad esempio, quella del Plio-Pleistocene marino e continentale dell area mediterranea) ESEMPI ITALIANI Vengono di seguito descritti tre esempi di studi magnetostratigrafici nell area italiana che dimostrano la fondamentale importanza delle indagini magnetobiostratigrafiche: Magnetostratigrafia nel Triassico medio delle Dolomiti MUTTONI et alii (1996, 1997) hanno studiato in dettaglio la biostratigrafia e la magnetostratigrafia al limite Anisico- Ladinico nell area di Frötschbach/Seceda, al fine di correlare la biozonazione tetidea alla sequenza delle polarità magnetiche per la costruzione della scala tempo del Triassico. Lo studio magnetostratigrafico condotto sulla Formazione di Buchenstein nella sezione di Frötschbach ha permesso di riconoscere quattro zone di polarità, denominate F1n, F1r, F2n, F2r (fig. 4). La sezione di Frötschbach è stata correlata mediante marker litologici e macrofossili con la sezione di Seceda, caratterizzata da una dettagliata zonazione ad ammoniti. La calibrazione mediante la biostratigrafia a conodonti, ammoniti e palinomorfi ha messo in evidenza la presenza di un inversione di polarità (passaggio da F1n a F1r) in prossimità del limite Anisico-Ladinico, nella parte alta della Cronozona a Nevadites secedensis. Datazioni radiometriche U/Pb su zirconi di livelli tufacei nella sezione di Seceda e nella sezione di Bagolino (quest ultimo correlato attraverso la sezione di Seceda alla sezione di Frötschbach) hanno permesso di stimare che le quattro zone di polarità magnetostratigrafica rappresentano un intervallo di circa 3 milioni di anni. La zonazione magnetostratigrafica ha inoltre permesso la correlazione della sezione di Frötschbach con quelle dell isola di Hydra (Grecia), in modo da ottenere una magnetostratigrafia e biostratigrafia composita attraverso il limite Anisico-Ladinico. La calibrazione tra magnetostratigrafia e zonazione ad ammoniti, utilizzata come riferimento per l intervallo Anisico-Ladinico nella scala tempo di GRADSTEIN et alii (1994), si riferisce ai soli dati provenienti da Hydra (MUTTONI et alii, 1994) ed è quindi superata. Magnetostratigrafia nel Cretacico superiore-paleogene dell area umbra La successione pelagica del Cretacico superiore-oligocene della Scaglia, affiorante nell area di Gubbio (Umbria), rappresenta un esempio unico, a livello mondiale, dove è stato possibile condurre congiuntamente analisi magnetostratigrafiche, biostratigrafiche e radiometriche. Possedendo infatti i requisiti di elevato spessore, continuità, ricchezza di eventi biostratigrafici, presenza di livelli databili radiometricamente e di magnetizzazione sufficiente, oltre alla facilità di accesso e di campionamento, è uno dei punti chiave su cui sono state basate sia la costruzione della GPTS sia le correlazioni magnetobiostratigrafiche attraverso il limite Cretacico-Paleogene.

10 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 65 Lo studio di tale successione, intrapreso negli anni settanta e culminato con le sintesi di ALVAREZ et alii (1977), NAPOLEONE et alii (1983) e nel volume edito da PREMOLI SILVA et alii (1988), ha previsto una prima fase di analisi litostratigrafiche, biostratigrafiche e magnetostratigrafiche che hanno permesso la datazione delle inversioni di polarità a Gubbio. Successivamente, la sequenza delle inversioni di polarità di Gubbio è stata correlata con il profilo delle anomalie oceaniche, per le quali si è quindi ottenuta una datazione biostratigrafica indiretta. Inoltre, PREMOLI SILVA et alii (1988) illustrano in dettaglio la biostratigrafia e la magnetostratigrafia al limite Eocene- Oligocene nell area di Gubbio. In fig. 5 vengono illustrate le correlazioni magnetostratigrafiche e biostratigrafiche delle sezioni in esame, che rappresentano, nell insieme, una delle migliori sequenze di polarità magnetica calibrate alla biostratigrafia a plancton calcareo per l intevallo Eocene-Oligocene. Le zone di polarità magnetostratigrafica delle due sezioni della Contessa sono state inoltre correlate con la sequenza delle anomalie magnetiche di LA BRECQUE et alii (1977) e con i dati del DSDP Sites 522 e 523 (TAUXE et alii, 1984), i quali hanno mostrato una notevole corrispondenza con la sezione Contessa Highway III. Correlazioni con altre sezioni in Umbria ed in particolare con la sezione di Massignano (NOCCHI et alii, 1986), stratotipo del limite Eocene-Oligocene, hanno messo in evidenza che il limite è posto nella Cronozona C13r (= C13r (0.14)). CANDE & KENT (1992) utilizzano l età radiometrica di 33.7 (+ 0.4) Ma, ottenuta da ODIN et alii (1991) per il limite Eocene-Oligocene nella successione umbra, per la calibrazione della Scala Tempo delle Polarità Geomagnetiche. Magnetostratigrafia nel Pliocene-Pleistocene dell Italia meridionale RIO et alii (1991) hanno ricostruito una magnetobiostratigrafia di dettaglio per il Pliocene-Pleistocene dell area mediterranea, che ha permesso da un lato la correlazione degli stratotipi dei piani, basati principalmente su successioni di mare basso e caratterizzati da elevato provincialismo delle faune e flore, con sezioni di mare profondo e dall altro la stima delle età numeriche per gli stratotipi stessi. RIO et alii, (1991) sono partiti dal presupposto iniziale che, per valutare le età degli stratotipi dei piani relativi all intervallo Plio-Pleistocene e correlare le sezioni del Mediterraneo con il record geologico globale, era necessario calibrare gli schemi biostratigrafici a foraminiferi e nannofossili con la scala tempo delle polarità geomagnetiche.gli Autori hanno quindi preso in considerazione studi di magnetostratigrafia eseguiti sia su sezioni a terra (TAUXE et alii, 1983; CHANNELL et alii, 1988; ZACHARIASSE et alii, 1990), che su successioni di mare profondo perforate nel Mar Tirreno (CHANNELL et alii, 1990) in modo da ottenere una sequenza delle inversioni di polarità su cui calibrare e datare i bioeventi riconosciuti (fig. 6). In particolare, durante il Leg 107(ODP) si è cercato di ottenere una successione pelagica continua plio-pleistocenica (Sito 653) che permettesse di correlare le successioni oceaniche con quelle marine a terra. Tale perforazione, caratterizzata da una biostratigrafia a plancton calcareo di estremo dettaglio, ha rivelato debolissime proprietà magnetiche che non hanno permesso una zonazione magnetostratigrafica, eseguita con successo nei Siti 652, 654 e sulle sezioni a terra (Vrica, Gela, Capo Spartivento) (fig. 6). Le correlazioni biostratigrafiche tra il Sito 653 ed i Siti 652, 654 e le sezioni a terra hanno comunque permesso di correlare i bioeventi del Sito 653 con la scala tempo delle polarità geomagnetiche, ottenendo una biocronologia a plancton calcareo ad alta risoluzione che costituisce la base per la correlazione delle successioni di mare profondo con le successioni marine a terra e per la valutazione della durata e validità degli stratotipi dei piani. La sezione di Vrica, stratotipo del limite Plio-Pleistocene, rappresenta un esempio estremamente chiaro di come viene ottenuta la correlazione tra le zone di polarità magnetostratigrafica e la scala tempo delle polarità geomagnetiche. Lungo tale sezione, TAUXE et alii, (1983) hanno riconosciuto 6 zone di polarità magnetostratigrafica, denominate informalmente Vrica R2-R4 e N1-N3, che, trovandosi al di sopra di un livello a cineriti datato a 2.2 Ma, risultano più recenti del limite Gauss-Matuyama (2.47 Ma). TAUXE et alii (1983) hanno quindi potuto ipotizzare tre possibili correlazioni: 1) N1 e N2 corrispondono ai sottocroni Reunion e N3 corrisponde al sottocrono Olduvai; 2) N1 e N2 corrispondono all Olduvai e N3 è un breve sottocrono normale tra l Olduvai e lo Jaramillo; 3) N1 e N2 corrispondono all Olduvai e N3 rappresenta lo Jaramillo. A questo punto, considerando i seguenti dati biostratigrafici: - che il LAD di Discoaster brouweri e di D. brouweri var. triradiatus coincidono con la base del sottocrono normale Olduvai nelle carote oceaniche delle basse e medie latitudini, - che il LAD di Calcidiscus macintyrei è più recente del sottocrono normale Olduvai, - la presenza, nella zona di polarità N3, di Helicosphaera sellii, il cui LAD precede costantemente il sottocrono Jaramillo. TAUXE et alii (1983) hanno potuto dimostrare la validità della seconda ipotesi e correlare così la sezione di Vrica alla Scala Tempo delle Polarità Geomagnetiche. Per quanto riguarda gli importantissimi studi di stratigrafia chimica e ciclostratigrafia orbitale sulle successioni al limite Miocene/Pliocene e plio-pleistoceniche dell Italia meridionale, si vedano gli esempi italiani alla fine dei capitoli 12. e 13. Una collezione di fossili proveniente dal Valdarno Superiore (Italia centrale) calibrata con la magnetostratigrafia La collezione di fossili del Valdarno Superiore proviene quasi esclusivamente dalla seconda delle tre fasi sedimentarie del bacino di Valdarno (NAPOLEONE & AZZAROLI, 2002). La collezione, conservata al Museo di Firenze, è catalogata

11 66 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA come pleistocenica essenzialmente sulla base dell analogia con l Unità Faunistica Olivola, ritenuta la base del Pleistocene in coincidenza con il Villafranchiano superiore. D altra parte, circa il 75% dell intera raccolta non è provvista di indicazioni topografiche e stratigrafiche del sito di provenienza: ciò ha reso particolarmente laborioso individuare elementi stratigrafici convincenti per ancorare le prime magnetozone che vennero definite nell area di Matassino e di Faella, nel depocentro del bacino. Tuttavia, all inizio degli anni 90, con le prime misure in Valdarno, il problema di fissare il limite P/P nella serie emipelagica dell area ionica dell Italia meridionale fu particolarmente dibattuto. Infatti, esso fu ufficializzato nella sezione della Vrica (VAN COUVERING, 1997), mentre le indagini magnetostratigrafiche erano già arrivate a definire nell Olduvai terminale una breve magnetozona inversa entro la quale il limite fu fissato (ZIJDERVELD et alii, 1991). É proprio alla stessa data il rinvenimento di una analoga successione di polarità magnetiche nella sezione di Matassino e pubblicata subito dopo (TORRE et alii, 1993). La fauna di Matassino fu localizzata nella breve magnetozona inversa e quindi correlata con il reversal di Zijderveld, sulla base del fatto che Olivola era assimilata a Matassino e quindi appariva confermata la sua età alla base del Pleistocene. La sezione magnetostratigrafica di Faella, prima integrata con quella di galleria Tasso e poi completata lungo tutto l Olduvai, ha mostrato che quella di Vrica, ufficializzata nel 1997, è perfettamente ripetuta nella serie continentale e pertanto quest ultima è diventata il riferimento per la calibrazione delle sezioni del Valdarno Superiore per gli eventi geologici in esse registrati (NAPOLEONE & AZZAROLI, 2002). Anche la sezione di Matassino è stata ricalibrata con quella di Faella, dopo che i loro profili litostratigrafici sono stati correlati con grande dettaglio (data la loro vicinanza -2 km- e la disposizione orizzontale dei sedimenti della seconda fase lacustre). Il nuovo profilo magnetostratigrafico è stato effettuato simulando una magnetozona indipendente dalla serie di riferimento, in un recente taglio che ha permesso di identificare un tratto canalizzato nel quale i sedimenti hanno fissato la polarità normale del materiale sovrastante. Su questa magnetozona vengono calibrati sia il sito di Matassino che quelli di cui è ricostruita la magnetostratigrafia in altre sezioni. Faune delle antiche collezioni posizionate accuratamente o faune più recenti sono datate con l accuratezza di 10 ka. Casa Frata è un deposito tra le Argille di Ascione e i Limi di Oreno, in una sezione molto prossima a quella di galleria Tasso e pertanto la sua posizione è fissata in fig. 7 intorno alla data di 1,85 Ma. La sezione di Faella, oltre alla definizione magnetocronologica, ha fornito una piccola collezione di fossili che costituiscono una fauna locale simile per abbondanza di specie alla maggior parte delle collezioni classiche. La possibilità di ubicare tutti questi reperti nella scala dei tempi geomagnetici dimostra come essa ricapitoli la storia biocronologica di questo intervallo del Villafranchiano superiore in prossimità del limite P/P. 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12 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 67 GRADSTEIN F.M., AGTERBERG F.P., OGG J.G., HARDENBOL J., VAN VEEN P., THIERRY J. & HUANG Z. (1994) - A Mesozoic time scale. J. Geophys. Res., 99: GRADSTEIN F.M., AGTERBERG F.P., OGG J.G., HARDENBOL J., VAN VEEN P., THIERRY J. & HUANG Z. (1995) - A Triassic, Jurassic and Cretaceous time scale. In: Geochronology, time scales and global stratigraphic correlation. BERGGREN W.A., KENT D.V., AUBRY M.P. & HARDENBOL J. (Eds.), Spec. Publ.-SEPM (Society for Sedimentary Geology) 54: HAILWOOD E.A. (1989) - Magnetostratigraphy. Geol Soc. Spec. Rep., Blackwell Sci. Publ., Oxford, 19: pp. 84. HARLAND W.B. (1992) - Stratigraphic regulation and guidance: A critique of current tendencies in stratigraphic codes and guides. Geol. Soc. Amer. Bull., 104, 10: HARLAND W.B., AMSTRONG R.L., COX A.V., SMITH A.G. & SMITH D.G. (1990) - A Geologic Time Scale Cambridge Univ. Press: pp HEIRTZLER J.R., DICKSON G.O., HERRON E.M., PITMAN III W.C. & LE PICHON X (1968) - Marine magnetic anomalies, geomagnetic field reversals and motions of the Ocean floor and continents. J. Geophys. Res., 73: INTERNATIONAL SUBCOMMISSION ON STRATIGRAPHIC NOMENCLATURE (ISSC) OF IUGS (1997) - Circular n. 92, March : 1-12 and Appendix A-D. HILGEN F.J. (1991a) - Astronomical calibration of Gauss to Matuyama sapropels in the Mediterranean and implication for the geomagnetic polarity time scale. Earth Planet. Sci. Lett., 104: HILGEN F.J. (1991b) - Extension of the astronomically calibrated (polarity) time scale to the Miocene-Pliocene boundary. Earth Planet. Sci. Lett., 107: HILGEN F.J., KRIJGSMAN W., LANGEREIS C.G., LORENS L.J., SANTARELLI A. & ZACHARIASSE W.J. (1995) - Extending the astronomical (polarity) time scale into the Miocene. Earth Planet. Sci. Lett., 136: JACOBS J.A. (1994) - Reversal of the Earth s Magnetic Field. Cambridge Univ. Press: pp KENT D.V. & OLSEN P.E. (1999) - Astronomically tuned geomagnetic polarity time scale for the Late Triassic. J. Geophys. Res., 104: KENT D.V., OLSEN P.E. & WITTE W.K. (1995) - Late Triassic-earliest Jurassic geomagnetic polarity sequence and paleolatitudes from drill cores in the Newark rift basin, eastern North America. J. Geophys, Res., 100: LABRECQUE J.L., HSU K.J., CARMAN M.F.JR., KARPOFF A.M., MCKENZIE J.A., PERCIVAL S.F. JR., PETERSEN N.P., PISCIOTTO K.A., SCHREIBER E., TAUXE L., TUCKER P., WEISSERT H.J. & WRIGHT R. (1983) - DSDP, Leg 73: Contributions to Paleogene stratigraphy in nomenclature, chronology and sedimentation rates, Palaeogeogr. Palaeoclim., Palaeoecol.,42: LABRECQUE J.L., KENT D.V. & CANDE S.C. (1977) - Revised magnetic polarity time scale for the Late Cretaceous and Cenozoic time. Geology, 5: LARSON R.L. & PITMAN III W.C. (1972) - Worldwide correlation of Mesozoic magnetic anomalies and its implications. Geol. Soc. Amer, Bull., 83: LOURENS L.J., ANTONARAKOU A., HILGEN F.J., VAN HOOF A.A.M., VERGNAUD-GRAZZINI C. & ZACHARIASSE W.J. (1996) - Evaluation of the Plio-Pleistocene astronomical timescale. Paleoceanography, 11(4): LOWRIE W. (1989) - Magnetostratigraphy and the geomagnetic polarity record. Cuad. Geol. Iber., 12: MATUYAMA M. (1929) - On the direction of magnetization of basalt in Japan, Tyosen and Manchuria. Japan Acad. Proc., 5: MCDOUGALL I., SAEMUNDSSON K., JOHANNESSON H., WATKINS N.D. & KRISTJANSSON L. (1977) - Extension of the geopolarity time scale to 6.5 m.y.: K-Ar dating, geological and paleomagnetic study of a 3550-m lava succession in W Iceland. Geol. Soc. Amer. Bull. 88: MCELHINNY M.W. & MCFADDEN P.L. (2000) - Paleomagnetism : continents and oceans. Academic press. - XII, 386 p. (International geophysics series; 73) MUTTONI G., CHANNELL JE.T. & NICORA A. (1994) - Magnetostratigraphy and biostratigraphy of an Anisian-Ladinian boundary section from Hydra (Greece). Palaeogeogr. Palaeoclim. Palaeoecol. 111: MUTTONI G., KENT D.V., NICORA, A., RIEBER H. & BRACK P. (1996) - Magneto-biostratigraphy of the Buchenstein Beds at Frotschbach (Western Dolomites, Italy). Albertiana, 17: MUTTONI G., KENT D.V., BRACK P., NICORA A. & BALINI M. (1997) - Middle Triassic magnetostratigrphy and biostratigraphy from the Dolomites and Greece. Earth Planet. Sci. Lett., 146: NAPOLEONE G. & AZZAROLI A. (2002) - A collection of fossil vertebrates from the Upper Valdarno (Central Italy) calibrated in the End Pliocene to span 220,000 years across the Olduvai magnetochron. Riv. It. Paleont. Strat., 108/3: NAPOLEONE G., PREMOLI SILVA I., HELLER F., CHELI P., COREZZI S. & FISCHER A.G. (1983) - Eocene magnetic stratigraphy at Gubbio, Italy and its implications for Paleogene geochronology. Geol. Soc. Amer. Bull., 94: NESS G., LEVI S. & COUCH R. (1980) - Marine magnetic anomaly timescales for the Cenozoic and Late Cretaceous: A precis, critique and synthesis. Rev. Geophys., 18:

13 68 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA NOCCHI M., PARISI G., MONACO P., MONECHI S., MADILE M., NAPOLEONE G., RIPEPE M., ORLANDO M., PREMOLI SILVA I. & BICE D.M. (1986) - The Eocene-Oligocene boundary in the Umbrian Pelagic sequences, Italy. In POMEROL C. & I. PREMOLI SILVA (Eds.): Terminal Eocene Events. Develop. Paleont. Strat., 9: 25-40, Elsevier. NORTH AMERICAN COMMISSION ON STRATIGRAPHIC NOMENCLATURE (1983) - North American Stratigraphic Code (NASC). AAPG Bull., 67, 5: ODIN G.S., MONTANARI A., DEINO A.L., DRAKE R., GUISE P.G., KREUZER H. & REX D.C. (1991) - Reliability of volcanosedimentary biotite ages across the Eocene-Oligocene Boundary (Apennines, Italy). Chemical Geology, Isotope Geoscience Section, 86/3: OPDYKE N.D. & CHANNEL J.E.T. (1996) - Magnetic Stratigraphy. Academic Press. OPDYKE N.D., GLASS B., HAYS J.D. & FOSTER J. (1966) - Paleomagnetic study of antartic deep-sea cores. Science, 154: PREMOLI SILVA I., ORLANDO M., MONECHI S., MADILE M., NAPOLEONE G. & RIPEPE M. (1988) - Calcareous plankton biostratigraphy and magnetostratigraphy at the Eocene-Oligocene transition in the Gubbio area. In I. PREMOLI SILVA et alii (Eds.): The Eocene-Oligocene boundary in the Umbria-Marche basin (Italia). International Union of Geological Sciences, Commission on Stratigraphy. Ind. Grafiche F.lli. Aniballi, Ancona: PREMOLI SILVA I., COCCIONI R. & MONTANARI A. (Eds.) (1988) - The Eocene-Oligocene boundary in the Umbria-Marche basin (Italia). International Union of Geological Sciences, Commission on Stratigraphy. Ind. Grafiche F.lli. Aniballi, Ancona: pp REY J. (COORD.), BAUDIN F., BELKAALOUL N.K., CAMPY M., CAPDEVILA R., CLAUER N., CORBIN J.-C., COTILLON P., COUREL L., DAUX V., DUMAY J., EMMANUEL, GALBRUN B., DE GOER DE HERVÉ A., ISAMBERT M., LAUTRIDOU J.-P., LEBRET P., MACAIRE J.-J., MARIOUD P., MENILLET F., MEYER M., RABILLER P., RAYNOUD J.-F., RENARD M., THIERRY J. (1997) - Stratigraphie Terminologie Francaise. Bull. Centres Rech. Explor. Prod. Elf Aquitaine, 19: pp RIO D., SPROVIERI R. & THUNNEL R. (1991) - Pliocene-lower Pleistocene chronostratigraphy: A re-evaluation of Mediterranean type sections. Geol. Soc. Amer. Bull., 103: SALVADOR A. (1994) - International Stratigraphic Guide. A guide to stratigraphic classification, terminology, and procedure. The International Union of Geological Sciences and the Geological Society of America (Eds.): pp SHACKLETON N.J., BERGER A. & PELTIER W.A. (1990) - An alternative astronomical calibration of the lower Pleistocene timescale based on ODP Site 677. In: The late Cenozoic ice age. Transactions of the Royal Society of Edinburgh: Earth Sciences, 81 (4): SHACKLETON N.J., CROWHURST S., HAGELBERG T., PISIAS N.G. & SCHNEIDER D.A. (1995) - A new late Neogene time scale: application to leg 138 sites. Proc. of the Ocean Drilling Program, Sci. Res., 138: TAUXE L., OPDYKE N.D., PASINI G. & ELMI C. (1983) - Age of the Plio-Pleistocene boundary in the Vrica section, southern Italy. Nature, 304: TAUXE L., TUCKER P., PETERSEN N.P. & LABRECQUE J.L. (1984) - Magnetostratigraphy of Leg 73 sediments. Initial Reports DSDP, 73: THEYER F. & HAMMOND S.R. (1974) - Paleomagnetic polarity sequence and radiolarian zones, Bruhnes to polarity epoch 20. Earth Planet. Sci. Lett., 22: 307. TORRE D., ALBIANELLI A., AZZAROLI A., FICCARELLI G., MAGI M., NAPOLEONE G. & SAGRI M. (1993) - Paleomagnetic calibration of the Late Villafranchian mammal faunas from the Upper Valdarno, Central Italy. Mem. Soc. Geol. It., 49: VAN COUVERING J.A. (Ed.) (1997) - The Pleistocene boundary and the beginning of the Quaternary. World and Regional Geology Series, Cambridge Univ. Press, 9: pp ZACHARIASSE W., GUDJONSSON L., HILGEN F., LANGEREIS C., LOURENS L., VERHALLEN P & ZIJDERVELD J. (1990) - Late Gauss to Early Matuyama invasions of Neogloboquadrina atlantica in the Mediterranean and associated record of climatic change. Paleoceanography, 5: ZIJDERVELD J.D.A., HILGEN F.J., LANGEREIS C.G., VERHALLEN P.J.J.M. & ZACHARIESSE W.J. (1991) - Integrated magnetostratigraphy and biostratigraphy of the upper Pliocene-lower Pleistocene from the Monte Singa and Crotone areas in Calabria, Italy. Earth Planet. Sci. Lett., 107:

14 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 69 Fig. 1 - Termilogia raccomandata da SALVADOR, 1994, per le unità di polarità magnetostratigrafica. Fig. 2 - Scala magnetostratigrafica costruita sulla base dei dati delle perforazioni oceaniche (da HAILWOOD, 1989).

15 70 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Fig. 3 - Parte della scala delle polarità magnetiche dell Eocene che mostra la nomenclatura utilizzata per i sottocroni (da REY et alii, 1997).

16 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 71 Fig. 4 - Correlazione litostratigrafica e magnetostratigrafica di alcune sezioni stratigrafiche nella Formazione di Buchenstein delle Dolomiti nord occidentali e centrali (da BRACK & MUTTONI, 2000).

17 72 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Fig. 5 - Le tre sezioni Contessa Highway III, Contessa Quarry e San Marco nell area di Gubbio, correlate su base magnetostratigrafica e biostratigrafica (da PREMOLI SILVA et alii, 1988).

18 GUIDA ITALIANA ALLA CLASSIFICAZIONE E ALLA TERMINOLOGIA STRATIGRAFICA 73 Fig. 6 - Magnetostratigrafia dei siti ODP 652 e 654 (CHANNEL et alii, 1990), della sezione Vrica (TAUXE et alii, 1983), della sezione Capo Spartivento (CHANNEL et alii, 1988) e della sezione Gela (da RIO et alii, 1991).

19 74 COMMISSIONE ITALIANA DI STRATIGRAFIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Fig. 7 - Magnetostratigrafia della sezione composita di Faella, sulla quale sono posizionati i campioni della collezione di Faella. Il crono Olduvai è costituito da due zone di polarità magnetica normali, all interno delle quali ricade il limite inferiore del Pleistocene, fissato nello stratotipo di Vrica (da NAPOLEONE & AZZAROLI, 2002, modificato).

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