Matrici delle differenze finite

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1 Capitolo 8 Matrici delle differenze finite Si riportano in questo capitolo alcuni risultati e proprietà delle matrici delle differenze finite ovvero delle matrici che intervengono nel metodo delle differenze finite per la risoluzione di problemi differenziali. In modo particolare si introducono le matrici irriducibili e le M matrici. 8.1 Matrici a diagonale dominante Si riporta la definizione di matrice a diagonale dominante per righe o per colonne. Una matrice A, m n, a coefficienti reali o complessi, si dice diagonale dominante per righe se: n a ii a ij i = 1,..., m j=1 j i per colonne se: m a jj a ij j = 1,..., n i=1i j Si dice strettamente diagonale dominante per righe o per colonne se la disuguaglianza nella definizione vale con il segno di >. 8.2 Matrici definite positive Una matrice A R n n si dice simmetrica e definita positiva se è simmetrica e se per ogni vettore x R n, con x 0, si ha x T Ax > 0 Se x T Ax 0 per ogni vettore x 0, allora la matrice A si dice simmetrica semidefinita positiva. In modo analogo si definiscono matrice definite e semidefinite negative. È possibile fornire una definizione di matrice definita (o semidefinita) positiva (o negativa) anche se la matrice non è simmetrica. Si fornisce innanzitutto la definizione di matrice antisimmetrica. Una matrice A a coefficienti reali si definisce antisimmetrica se A = A T 111

2 112 CAPITOLO 8. MATRICI DELLE DIFFERENZE FINITE Si può provare che una matrice antisimmetrica ha autovalori nulli o puramente immaginari. Si definiscono con A s e A a la parte simmetrica e la parte antisimmetrica di una matrice A rispettivamente: A s = 1 2 (A + AT ) A a = 1 2 (A AT ) allora, ogni matrice A equivale alla somma della sua parte simmetrica e della sua parte antisimmetrica A = A s + A a Possiamo ora dare la seguente definizione. Una matrice, non necessariamente simmetrica, è definita positiva se lo è la sua parte simmetrica. 1 In modo analogo una matrice non simmetrica è definita negativa o semidefinita (positiva o negativa) se tale è la sua parte simmetrica. Se A R n n è una matrice definita positiva (negativa) allora: gli elementi diagonali di A sono positivi (negativi), i.e., a ii > 0 (a ii < 0), i = 1,..., n. Per quanto concerne gli autovalori di una matrice definita o semidefinita A R n n si hanno i risultati: Se A è definita positiva (negativa), allora i suoi autovalori sono positivi (negativi); Se A è semidefinita positiva (negativa), allora i suoi autovalori sono non negativi (non positivi). Inoltre se A R n n è una matrice simmetrica vale che: A è una matrice definita positiva (negativa) se e solo se i suoi autovalori sono positivi (negativi); 2 A è una matrice semidefinita positiva (negativa) se e solo se i suoi autovalori sono non negativi (non positivi). 8.3 Matrici irriducibili Definizione Si riporta ora la definizione di riducibilità di una matrice a coefficienti reali o complessi. 1 Infatti: x T Ax = x T A s x + x T A a x = x T A s x ( ) x T (A A T )x = x T A sx xt (Ax) 1 2 (Ax)T x = x T A sx 2 Si prova il caso di definita positività. Se ogni autovalore λ i, i = 1,..., n, della matrice simmetrica A R n n è positivo e Q T ΛQ = A è la diagonalizzazione di A (Q è una matrice ortogonale avente per colonne gli autovettori di A e Λ è la matrice diagonale con elementi diagonali uguali agli autovalori di A) si ha per ogni vettore x non nullo: dove y = Qx. n x T Ax = x T Q T ΛQx = y T Λy = λ i yi 2 > 0 i=1

3 8.3. MATRICI IRRIDUCIBILI 113 Una matrice A, n n, si dice riducibile se esiste una matrice P di permutazione tale che ( ) P AP T B11 B = 12 0 B 22 con B 11 e B 22 sottomatrici quadrate. Una matrice A, n n, si dice irriducibile se non è riducibile. Come si vede dalla definizione non è immediato comprendere se una matrice è irriducibile o meno. Chiaramente se una matrice ha tutti i suoi elementi diversi da zero allora è irriducibile. Per fornire una caratterizzazione delle matrici irriducibili è utile introdurre una interpretazione geometrica del concetto di irriducibilità per mezzo della teoria dei grafi. Si richiamano brevemente alcune elementari nozioni della teoria dei grafi (König, 1936). Teoria dei grafi e matrici irriducibili Definizione. Un grafo è una struttura matematica G = (V, E) costituita da un insieme finito V di n (n 1) vertici o nodi e da un insieme finito E di m (m 0) lati o archi. Due vertici si dicono adiacenti se esiste un lato {u, v} in G, altrimenti u e v si dicono indipendenti. I lati {u, u} si chiamano anelli. Se nella definizione di grafo si considera che i lati siano costituiti da coppie non ordinate, ovvero {u, v} e {v, u} indicano la stessa coppia, il grafo si dice non orientato, altrimenti se il grafo è costituito da coppie ordinate, il grafo si dice orientato. È possibile associare un peso, in particolare un numero reale, ad ogni lato di un grafo, orientato o non orientato, in tal caso il grafo si dice pesato. Definizione. Un cammino in un grafo, orientato o non orientato, G = (V, E) da un vertice u 1 a un vertice u k è una successione finita di vertici (u 1, u 2,..., u k ) con la proprietà che (u i, u i+1 ) E per ogni i, 1 i k 1. Se nessun vertice (e quindi nessun lato) appare più di una volta in tale successione, il cammino si dice semplice. Un ciclo è un cammino con u k = u 1 e con u 1, u 2,..., u k 1 distinti tra loro. Definizione. Un grafo, orientato o non orientato, G = (V, E) si dice connesso se per ogni coppia di vertici u (origine) e v (destinazione) di G esiste un cammino da u a v che li unisce; diversamente il grafo si dice non connesso. Un grafo G = (V, E) con vertici v 1, v 2,..., v n si rappresenta con la matrice n n di adiacenza A = (a ij ) n i,j=1 dove { a ij = 1 se v i e v j sono adiacenti a ij = 0 se v i e v j non sono adiacenti se il grafo non è orientato, altrimenti { aij = 1 se esiste il lato (v i, v j ) a ij = 0 se non esiste il lato (v i, v j ) se il grafo è orientato. Se il grafo è pesato, nella definizione si sostituisce a ij = 1 con a ij = c ij, dove il numero c ij è il peso associato al lato (v i, v j ). Si nota che se il grafo non è orientato la matrice di adiacenza è simmetrica. Elementi non nulli sulla diagonale di A indicano la presenza di anelli, ovvero di archi che collegano un nodo con se stesso.

4 114 CAPITOLO 8. MATRICI DELLE DIFFERENZE FINITE Si osserva che, se consideriamo grafi non pesati, un elemento di coordinate (i, j) della matrice di adiacenza A uguale a uno, evidenzia che c è un lato, ovvero un cammino di lunghezza uno, che unisce il nodo i al nodo j, i j. Allora, la matrice A 2 = A A ha l elemento (i, j) uguale al numero dei cammini di lunghezza 2 tra i vertici i e j; ad esempio se a ij = 3, allora esistono tre cammini, formati ciascuno da due lati, con nodo origine i e nodo destinazione j. La matrice A 3 ha elementi uguali al numero dei cammini di lunghezza 3; A 4 ha per elementi il numero dei cammini di lunghezza 4, e così A 5,... La matrice A + A 2 + A 3 ha dunque elementi uguali al numero dei cammini di lunghezza al più 3. Se n è il numero dei vertici di un grafo, la matrice B = A + A 2 + A A n 1 ha elementi uguali al numero dei cammini di lunghezza al più n 1. Se la matrice B ha elementi tutti diversi da zero, allora il grafo è connesso. 3 Dunque, ad ogni matrice A, n n a coefficienti reali a ij si può associare un grafo orientato e pesato di n vertici. Vale allora il seguente risultato che relaziona matrici irriducibili e grafi connessi: 4 una matrice è irriducibile se e solo se il suo grafo orientato è connesso. Come immediata conseguenza del risultato si ha che una matrice A tridiagonale con elementi a ii 1 e a i 1i, i = 2,..., n diversi da zero è irriducibile. Matrici irriducibilmente diagonale dominante Una importante classe di matrici irriducibili è quella delle matrici irriducibilmente diagonale dominante. Una matrice A, n n, si dice irriducibilmente diagonale dominante se: è irriducibile; è diagonale dominante (per righe) ed esiste almeno un indice (di riga) per cui vale la dominanza diagonale in senso stretto. 3 Si è fatto uso del seguente teorema: Un grafo, orientato o non orientato, con n vertici, se due vertici sono connessi, ovvero esiste un cammino tra di essi, allora, esiste un cammino di lunghezza non superiore a n 1 tra essi. Dimostrazione. Supponiamo che esista un cammino tra i vertici v 1 e v k. Sia (v 1, v 2,..., v k ) la successione dei vertici che costituisce il cammino tra v 1 e v k. Se la lunghezza del cammino è l, allora esistono l + 1 vertici della successione. Per l > n 1, deve esistere un vertice v j che appare più di una volta nella successione; si ha cioè (v 1,..., v j,..., v j,..., v k ). Eliminando i lati che portano da v j a v j, si ha un cammino da v 1 e v k (con v j una volta sola) di lunghezza inferiore a quello originario. Questo procedimento si ripete finchè non si ha un cammino tra v 1 e v k di lunghezza inferiore a n 1. 4 Si veda p. 20 in Varga R.S.: Matrix Iterative Analysis, Prentice Hall, Englewood Cliffs NJ, 1962 (ripubblicato in una seconda edizione da Springer, Berlin 2000). nel seguito del capitolo riferito come Varga (1962).

5 8.4. TEOREMI DI LOCALIZZAZIONE DEGLI AUTOVALORI Teoremi di localizzazione degli autovalori In questo paragrafo si richiamano tre importanti teoremi di localizzazione degli autovalori. 5 Sia A C n n ; si definiscono i cerchi nel piano complesso (cerchi di Gerschgorin) di centro a ii e raggio r i = n j=1 j i a ij : K i = {z C : z a ii r i } Si hanno i seguenti risultati (Gerschgorin, 1931). 1. Primo teorema di Gerschgorin Gli autovalori di A sono tutti contenuti nell unione dei K i, i = 1,...n. 2. Secondo teorema di Gerschgorin Se l unione M 1 di k cerchi di Gerschgorin è disgiunta dall unione M 2 dei rimanenti n k cerchi, allora, k autovalori appartengono a M 1 e n k autovalori appartengono a M 2. Per matrici irriducibili si ha il seguente risultato (Taussky, 1948). 3. Se A è irriducibile ed un autovalore λ di A appartiene alla frontiera dell unione dei cerchi di Gerschgorin, allora ogni cerchio di Gerschgorin contiene l autovalore λ sulla sua frontiera. Ne discende che: Se A è una matrice simmetrica, allora i cerchi di Gerschgorin si riducono ad intervalli dell asse reale. Se A è una matrice a diagonale strettamente dominante, allora ha autovalori diversi da zero (A è non singolare); 6 se inoltre A ha elementi diagonali positivi, allora i suoi autovalori hanno parte reale positiva. Se A è una matrice irriducibilmente diagonale dominante, allora ha autovalori diversi da zero (A è non singolare); 7 se inoltre A ha elementi diagonali positivi, allora i suoi autovalori hanno parte reale positiva. 8.5 M matrici Nella classe delle matrici ad inversa non negativa (A 1 (Ostrowski, 1937) come segue. 8 0) si definiscono le M matrici 5 Per le dimostrazioni di questi teoremi si veda, ad esempio, 6.1 e 6.2 in Horn R.A., Johnson C.R.: Matrix Analysis, Cambridge University Press, Cambridge, I cerchi di Gerschgorin, o un unione di essi, per una matrice strettamente diagonale dominante non contengono l origine del piano complesso. 7 Per una matrice a dominanza diagonale la frontiera dei cerchi di Gerschgorin contiene l origine del piano complesso e dunque la matrice potrebbe avere un autovalore nullo; se la matrice è anche irriducibile, un autovalore λ appartenente alla frontiera di un cerchio di Gerschgorin deve appartenere anche alle frontiere di tutti gli altri cerchi, ovvero λ è un punto di intersezione delle frontiere. Se per la matrice A, irriducibile, vale che a ii = n j=1 a j i ij per ogni indice i, i = 1,..., n, allora A può essere singolare in quanto l origine appartiene alla frontiera di tutti i cerchi di Gerschgorin e dunque può essere un autovalore; se la matrice A è irriducibilmente diagonale dominante, esiste un indice r per cui a rr > n j=1 a j r rj, allora il cerchio di Gerschgorin K r non include l origine. L origine non può essere un autovalore. 8 Per le dimostrazioni dei risultati sulle M-matrici si veda 3.5 in Varga (1962) oppure 6.2 in Ortega J.M.: Numerical Analysis: A Second Course, Academic Press, New York, 1972 (ripubblicato da SIAM, Philadelphia, 1990). denotato con Ortega (1972).

6 116 CAPITOLO 8. MATRICI DELLE DIFFERENZE FINITE Una matrice A a coefficienti reali è una M matrice se A 1 0 e a ij 0 per i j. Poiché l inversa di una matrice non è esplicitamente nota, si richiamano alcune condizioni sufficienti perchè una matrice sia una M matrice (p. 110 in Ortega (1972)). Sia A R n n una matrice strettamente diagonale dominante con a ij 0, i j e a ii > 0, allora, A è una M matrice. Sia A R n n una matrice irriducibilmente diagonale dominante con a ij 0, i j e a ii > 0, allora, A è una M matrice. Infine si ha che (p. 109 in Ortega (1972)): 9 Una M matrice simmetrica A R n n positiva. è una matrice simmetrica e definita Si osserva che le M matrici sono particolari matrici a inversa non negativa che soddisfano una proprietà di monotonia. Infatti se si indica con x la soluzione di un sistema lineare Ax = b e con y la soluzione di un sistema lineare Ay = d con A M matrice e b d, allora b d 0 = A(x y) 0 = A 1 A(x y) 0 = x y 9 Altri importanti risultati sulle M matrici sono (pp in Ortega (1972)): Se A R n n soddisfa a ij 0, i j, allora A è una M matrice se e solo se a ii > 0, per i = 1,..., n; Sia A R n n una M matrice e D R n n una matrice diagonale non negativa; allora A + D è una M matrice e (A + D) 1 A 1.

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