Kierkegaard: la filosofia dell esistenza

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1 Kierkegaard: la filosofia dell esistenza

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3 Cenni biografici Søren Kierkegaard nasce a Copenhagen nel Dal padre, un pastore protestante, riceve un educazione severa, imperniata sulla colpa e il peccato. Di carattere malinconico, Kierkegaard è colpito da una misteriosa e dolorosa malattia, che egli vive come il segno di un peccato commesso dal padre in gioventù; colpa ricaduta poi su tutta la famiglia con la morte prematura della mamma e di cinque fratelli. Si laurea in teologia nel 1841 con una dissertazione intitolata Sul concetto dell ironia in riferimento costante a Socrate. Nel frattempo si fidanza con Regina Ølsen, rompendo però poco dopo il fidanzamento senza motivo, rinunciando contemporaneamente anche a fare il pastore di anime.

4 Tra il 1843 e il 1846 scrive e firma con pseudonimi differenti tutte le sue opere più importanti, tra cui Aut-aut (1843), Timore e tremore (1843), Diario di un seduttore (1843), Il concetto dell angoscia (1844), Briciole di filosofia (1844), La malattia mortale (1849). Dal 1850, con lo scritto L esercizio del cristianesimo entra in clamoroso contrasto con la Chiesa protestante danese, da lui accusata di conformismo e razionalismo hegeliano. Muore nel 1855.

5 L irriducibilità dell individuo Contro la filosofia hegeliana che riassorbe il valore e il significato del particolare, dell individuo nell universale, nel tutto, sia questo concepito come lo Stato, la storia o lo spirito, Kierkegaard muove dall uomo nella sua concretezza e irripetibilità.

6 La filosofia di Kierkegaard è anzitutto la filosofia dell uomo Kierkegaard: è una filosofia biografica, vissuta in prima persona, in cui il filosofo parlando di sé, tratta anche dell uomo universale e della condizione esistenziale di ogni singolo individuo.

7 Una realtà contrassegnata dalla libertà Contro Hegel che ha identificato reale e razionale, Kierkegaard fa propria e radicalizza in termini antidealistici la prospettiva di Schelling secondo cui la realtà non è mai riducibile al pensiero, perché eccede l ambito puramente logico. Secondo Kierkegaard la realtà è cambiamento e movimento e per questo è avviata da una causa, che opera liberamente non condizionata da alcuna necessità:

8 Ogni divenire si compie con libertà, non per necessità: nulla diviene in virtù di una ragione (necessaria) ma tutto dipende da una causa. Ogni causa fa capo ad una causa che opera liberamente. (S. Kierkegaard, Briciole di filosofia, p. 164)

9 Angoscia e disperazione della possibilità La libertà, opponendosi alla necessità, implica l onnipotenza della possibilità, ossia la condizione in cui tutto è ugualmente possibile.

10 Il lato emotivo esistenziale della libertà come possibilità è l angoscia: ossia la paura per ciò che è indeterminato, data dal peso della responsabilità per una scelta che è sempre disgiuntiva, in cui una possibilità esclude tutte le altre. Oltre che nell angoscia, la possibilità, per il suo carattere infinito e onnipotente, getta l uomo anche nella disperazione: la condizione nella quale tutto è possibile, tutto è uguale, tutto è indeterminato, mancando un ancoraggio a qualcosa di necessario, di assoluto.

11 Kierkegaard intravede nella fede in Dio e nel suo amore l unica possibilità umana di salvarsi da questa disperazione della possibilità.

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13 Gli stadi dell esistenza La fede, ancorché decisiva, è però solo una delle esperienze possibili. Altri stadi dell esistenza costituiscono alternative radicali di vita, mai componibili come nella logica dialettica hegeliana, ma sempre separate da un salto, da una disgiunzione: aut-aut. Kierkegaard ne indica tre: lo stadio estetico, lo stadio etico, lo stadio religioso.

14 La vita estetica Il libertino, il seduttore, il Don Giovanni è l emblema dello stadio estetico, per il quale la possibilità, la scelta deve rimanere sospesa: la conquista ha senso in sé e non per il possesso che ne consegue. Il tempo del seduttore è il momento immediato, l istante del piacere, sempre uguale a se stesso. Questa identità genera però noia e insoddisfazione e una continua rincorsa di emozioni.

15 La vita etica Alla disperazione del libertino sfugge l uomo per bene, incarnato nell opera Aut-Aut dalla figura del marito e giudice, fedele alla propria responsabilità e alla legge, cioè alla continuità e alla ripetizione, in cui trova appagamento.

16 Ma è un appagamento parziale, perché schiaccia la singolarità irripetibile nella fedeltà a un ruolo universale, a una maschera. La vita etica genera inoltre il pentimento, aprendo alla sfera religiosa. L uomo etico, infatti, per fedeltà al ruolo assunto, accetta anche gli aspetti incongruenti, assurdi e insopportabili del proprio compito nel mondo, per poi sentirne il peso. Un peso cui solo Dio può dare conforto.

17 La vita religiosa La disperazione è la malattia mortale cui conducono sia la vita estetica sia la vita etica. Essa è generata dall impossibilità di essere se stessi. Essere se stessi è infatti impossibile per esseri finiti come gli uomini che non hanno in sé la propria ragion d essere; ma neppure non voler essere se stessi è possibile, perché saremmo comunque sempre noi stessi a non volerlo essere.

18 Solo la fede salva dalla disperazione, perché in essa l uomo è consapevole della propria insufficienza, cioè della propria condizione di peccatore e della sua dipendenza da Dio, alla cui volontà deve affidarsi.

19 L uomo religioso La vita religiosa si colloca oltre la vita etica, come dimostra la vicenda biblica di Abramo, da Kierkegaard elevato a emblema di questo stadio. Dio chiede ad Abramo di uccidere il figlio Isacco. La fede non conosce ragioni, spiegazioni, principi, così Abramo ubbidisce affidandosi, in silenzio, completamente alla volontà di Dio:

20 La sofferenza e l angoscia del paradosso consistono nel silenzio. Abramo non può parlare. È dunque contraddittorio chiedere che lo faccia, a meno di non liberarlo dal paradosso; così che egli sospenderebbe il paradosso all istante decisivo, cessando però di essere Abramo. (S. Kierkegaard, Timore e tremore, p. 127)

21 Il paradosso della fede cristiana Come la scelta religiosa non segue ragioni, così la fede cristiana è paradosso: essa propone di credere in un Dio che muore, affidando la responsabilità di credere a un essere che è nulla rispetto a Dio, e dal quale può soltanto ricevere, compresa la fede stessa. La fede per Kierkegaard è un irruzione del divino nella vita del singolo, come l Incarnazione è l irruzione dirompente dell eterno nel tempo.

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