Ènoto che l infarto miocardico acuto, causato

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1 26 imparare dalla clinica Prevenzione secondaria ambulatoriale nei Pazienti affetti da cardiopatia ischemica trattati con riperfusione coronarica mediante angioplastica coronarica antonio Santoboni Ènoto che l infarto miocardico acuto, causato da una occlusione improvvisa di un arteria del cuore, e che si presenti all elettrocardiogramma con sopraslivellamento del tratto ST (infarto STEMI), ha la più alta mortalità nelle primissime ore (prima, seconda e terza ora) dall inizio della sintomatologia e che l intervento di rivascolarizzazione miocardica con angioplastica coronarica (PTCA) primaria ( palloncino e stent) o con l infusione di farmaci trombolitici (che sciolgono il trombo occludente la coronaria), ha ridotto notevolmente, negli ultimi 25 anni, con la riabilitazione dell arteria coronaria occlusa e la riperfusione del muscolo cardiaco, la mortalità a breve e medio termine, e modificato radicalmente la storia naturale delle sindromi coronariche acute. Già dalla metà degli anni Ottanta del XX secolo si era dimostrato, con l importante studio del Gruppo Italiano per lo Studio della Streptochinasi nell Infarto Miocardico (GISSI I ), che con la infusione endovenosa di streptochinasi nelle primissime ore dell infarto miocardico, si aveva una riduzione significativa della mortalità (del 46% circa se praticata nelle prime tre ore, e soltanto del

2 17% se praticata tra la terza e sesta ora dall inizio della sintomatologia [1]. Ma ancora oggi, nonostante le efficaci strategie di riperfusione coronarica e i nuovi trattamenti farmacologici, l infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST rimane gravato, soprattutto se in sede anteriore, con un interessamento di 5 o più derivazioni, o con un tempo di ischemia maggiore di 3 ore, e con frazione di eiezione compromessa, da elevata morbilità e mortalità a 30 giorni che è circa 8-10% [2]. C è da aggiungere che con l invecchiamento della popolazione, nei pazienti di età superiore a 75 anni, la sindrome coronarica acuta si presenta più frequentemente con un infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) [3-4], e anche se i dati della letteratura non sono ancora conclusivi, anche per loro sarebbe preferibile un trattamento di riperfusione tempestivo dell infarto miocardico con un approccio invasivo acuto seguito da una ancora più attenta prevenzione secondaria [5]. Nella popolazione di sesso femminile, invece, la cardiopatia ischemica si presenta generalmente qualche anno dopo quella del sesso maschile, e con caratteristiche sia anatomiche sia cliniche proprie. Alla coronarografia infatti, le coronarie si presentano più piccole e con una maggiore e spiccata vasomotricità (spasmo), e la stessa sindrome coronarica ischemica si manifesta clinicamente con caratteristiche peculiari, anche diagnostiche. L esordio della malattia, in genere, avviene sotto forma di angina instabile, e più frequentemente con un infarto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) rispetto a un infarto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI). Queste varianti anatomiche e cliniche femminili comunque non inficiano, dal punto di vista tecnico, la fattibilità ed efficacia dell angioplastica coronarica nell infarto miocardico acuto, senza differenza di mortalità, paragonata al sesso maschile, sia nel breve sia nel lungo periodo [6]. Nel 2011 sono state oltre 2000 le angioplastiche coronariche eseguite nell infarto miocardico acuto nella sola regione Lazio (dati G.I.S.E. Gruppo Italiano di Studi Emodinamici): una vasta popolazione composita, di giovani e anziani, di uomini e di donne. Alcuni di questi pazienti, che hanno superato un infarto miocardico acuto, possono essere a rischio di nuovi eventi e di recidiva entro il primo anno dalla dimissione dall ospedale [7]. Questo può avvenire per vari motivi: o per la trombosi intra-stent, che può essere acuta (entro 31gg) o tardiva (un mese - un anno, o più), o per le caratteristiche angiografiche della lesione trattata, come per esempio una placca ulcerata, o una sottoespansione dello stent, e/o fattori propri legati all anatomia dell albero coronarico. Di grande importanza sono poi le condizioni cliniche, come per esempio se è presente o meno ischemia residua nell area infartuale o in altri territori del muscolo cardiaco, o altre situazioni che riguardano sia la progressione della malattia aterosclerotica stessa, sia la concomitante presenza di altre malattie. Sono necessari, pertanto, alcuni interventi terapeutici con i quali ottenere un miglioramento della prognosi, interventi che riguardano il trattamento degli indicatori di rischio coronarico conosciuti. Si è dimostrata l utilità nel ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori nella prevenzione secondaria dopo angioplastica coronarica, con trattamenti sia non farmacologici e sia farmacologici, i quali debbono protrarsi per un lungo periodo di tempo. Le indicazioni terapeutiche non farmacologiche consigliate alla dimissione, dopo il superamento della sindrome coronarica acuta, che vanno dallo stile di vita, all alimentazione corretta, e all attività fisica, debbono tenere conto sia delle condizioni generali del singolo paziente, sia dell età, sia del livello di attività fisica, e le eventuali limitazioni motorie, precedenti l episodio ischemico. Le indicazioni farmacologiche, che hanno dimostrato benefici con una riduzione della morbilità e mortalità, in accordo con tutte le linee guida internazionali, comprendono farmaci come le statine, i betabloccanti, gli inibitori dell enzima di conversione dell angiotensina (ACE inibitori o sartani) e la duplice terapia antiaggregante, con aspirina e altri antiaggreganti (DAPT acronimo di Dual Antiplatelet Therapy). Per quanto riguarda la durata di tale duplice terapia antiaggregante, essendo il tempo necessario per l endotelizzazione 27

3 28 negli stent metallici (bare-metal-stent: BMS) di tre-sei mesi, può avere una durata relativamente breve, mentre con gli stent medicati (drug-eluting stent: DES) questa terapia deve protrarsi per un periodo più lungo, e la cui durata può non essere ben definita richiedendo questi stent, per la nuova endotelizzazione, un maggiore lasso di tempo. I farmaci, inoltre, debbono praticarsi, non soltanto per impedire la trombosi e la conseguente occlusione dello stent, ma anche per limitare il rischio di eventi ischemici spontanei successivi [8]. Queste terapie sono volte a garantire la continuità assistenziale dal ricovero di pochi giorni in ospedale, al territorio e ad accompagnare il passaggio dalla fase assistenziale acuta, con le cure primarie, come l angioplastica coronarica, alla rete ambulatoriale, cui compete la continuità della cura stessa e la gestione del paziente infartuato, per il breve e medio termine, periodo critico nel quale si concentra la maggiore incidenza di mortalità post infartuale [7]. Oltre al trattamento degli indicatori di rischio oggi conosciuti, c è da considerare anche quelli che sono gli aspetti psicologici post sindrome coronarica acuta, poiché l ansia è quasi praticamente inevitabile, sia nei pazienti sia nei loro famigliari, così come lo può essere la possibile evenienza di uno stato depressivo e di irritabilità. Altro fattore da considerare è rappresentato dall invecchiamento della popolazione, con la possibile concomitanza di altre patologie croniche correlate, come per esempio l ipertensione arteriosa, la broncopatia ostruttiva, il diabete mellito, l insufficienza renale, l osteoporosi, la fibrillazione atriale, ecc. con le rispettive ulteriori terapie da seguire [9]. C è da sottolineare, purtroppo, che la prevenzione farmacologica delle recidive coronariche risente ancora di un inadeguata utilizzazione di farmaci con spiccata proprietà cardioprotettiva nel trattamento ambulatoriale del post infarto miocardico acuto sottoposto a rivascolarizzazione miocardica mediante angioplastica coronarica. Il recente, importante studio PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology) ha valutato la prevalenza di soggetti in trattamento con farmaci cardiovascolari in prevenzione secondaria, mostrando che la maggior parte dei pazienti con un pregresso infarto miocardico o ictus assume una terapia cardiovascolare inadeguata. Lo studio dimostra che i pazienti in trattamento con farmaci cardiovascolari fondamentali per la prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica e dell ictus, supera di poco il 50%, e questo avviene in qualsiasi strato sociale [10]. I motivi possono essere diversi. Per esempio i soggetti giovani, senza storia di malattia, dimessi dopo un breve ricovero per sindrome coronarica acuta trattata con angioplastica coronarica, rassicurati sulla risoluzione positiva dell evento ischemico acuto, possono non rendersi conto a pieno di quanto la prevenzione secondaria possa essere di fondamentale importanza per il mantenimento di buone condizioni di salute; nei soggetti meno giovani o più anziani il dover assumere contemporaneamente

4 molte più pillole, per le comorbilità associate, può essere motivo di interruzione della terapia cardioattiva. Anche il doversi sottoporre a un intervento chirurgico non cardiaco è causa frequente di sospensione della terapia soprattutto antiaggregante. Si può trovare nelle prescrizioni dei medici generalisti ambulatoriali un elevato tasso di variabilità terapeutica, anche perché la prescrizione dei farmaci cardioprotettivi è raramente frutto soltanto della decisione del medico di medicina generale, ma essa risente anche dell indirizzo terapeutico di altri medici specialisti che trattano, spesso in assenza di coordinamento, se non a volte addirittura in competizione reciproca, il paziente coronaropatico post angioplastica coronarica [11]. Sarebbe necessario, pertanto, uno stretto rapporto tra la competenza del medico di famiglia e le competenze cardiologiche, professionalmente adeguate, dello specialista ambulatoriale di cardiologia interventistica [12]. Una efficace prevenzione cardiovascolare richiede, inoltre, che all appropriatezza prescrittiva dei medici si accompagni anche l aderenza terapeutica da parte dei pazienti stessi, poiché le modifiche dei comportamenti di vita abituali, che sono tendenzialmente molto conservativi, richiedono un percorso lungo, laborioso e non sempre semplice. conclusioni Lo scopo della prevenzione secondaria nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica, trattati con riperfusione coronarica mediante angioplastica coronarica, è quello di evitare le recidive, ristabilire e mantenere una buona qualità di vita. I progressi scientifici, che hanno caratterizzato la ricerca cardiologica negli ultimi decenni, hanno modificato la storia naturale dell infarto miocardico acuto, consentendo, ai sopravvissuti al primo evento coronarico, efficaci terapie farmacologiche di prevenzione cardiologica secondaria (terapie che, se sistematicamente applicate, possono prevenire una grande parte delle recidive). Risulta fondamentale e importante, pertanto, quella che è la responsabilità della gestione clinica del paziente post-angioplastica coronarica, in seguito a sindrome coronarica acuta, in particolare nei sei, dodici mesi successivi al grave episodio ischemico acuto, che ricordiamo essere il periodo più critico e dove si concentra la maggiore incidenza di mortalità post-infartuale. Altrettanto importante che la gestione clinica continui ancora dopo, negli anni a seguire, essendo purtroppo la cardiopatia ischemica una condizione patologica cronica. Questo approccio richiede, nella pratica clinica ambulatoriale, un organizzazione sanitaria dedicata all appropriatezza della prescrizione farmacologica con l applicazione di tutte le procedure terapeutiche efficaci da estendere alla numerosa popolazione affetta da cardiopatia ischemica, e già sottoposta a procedura di angioplastica coronarica. Con la visione della lettera di dimissione dell ospedale, che è una modalità irrinunciabile di trasferimento delle informazioni tra ospedale e territorio, della terapia in atto, con la visione della registrazione su dischetto magnetico della procedura di angioplastica coronarica, con la visualizzazione angiografica dell albero coronarico in toto, del trattamento della lesione colpevole dell infarto miocardico acuto, e della funzione ventricolare sinistra, si possono, in un centro ambulatoriale con competenze specialistiche, professionalmente adeguate di cardiologia interventistica, in stretto rapporto con il medico di famiglia, implementare interventi e trattamenti, anche a lungo termine, per determinare un miglioramento della prognosi, limitare le recidive, ristabilire e mantenere una buona qualità di vita. 29

5 30 Bibliografia 1. Effectiveness of Intravenous Thrombolytic Treatment in Acute Myocardial Infarction. Gruppo Italiano per lo Studio della Streptochinasi nell Infarto Miocardico (GISSI). Scientific advisor board-cardiology: Belli C., Binaghi G., Bossi M., Camerini F., Cristallo E., De Ambroggi L., Fazzini P.F., Furlanello F., L Abbate A., Milazzotto F., Piccolo E., Raviele A., Riggio G., Rossi P., Salerno J.A., Santoboni A., Solinas P., Vecchio C., Zardini P.. Lancet 1986; 1: Buch P., rasmussen s., gislason g.h., rasmussen J.n., Kober l., gadsboll n., stender s., madsen m., torp- Pedersen c., abildstrom s.z. Temporal decline in the prognostic impact of a recurrent acute myocardial infarction 1985 to Heart 2007; 93: casella g., cassin m., chiarella f. et al. Epidemiology and patterns of care of patients admitted to Italian intensive Cardiac Care units: the BLITZ-3 registry. J Cardiovasc Med 2010; 11: olivari z., steffenino g., savonitto s. et al. The management of acute myocardial infarction in the cardiological intensive care units in Italy; the BLITZ- 4 Quality project for performance measurement and quality improvement. European Heart Journal Acute Cardiovascular Care 2012: 1: savonitto s., antonicelli r., caraceni d., d ambrosi f., de servi s. Trattamento delle sindromi coronariche acute nel paziente anziano: insegnamenti dell Italian Elderly ACS Study. G Ital Cardiol 2012; 13(10 suppl 2); 59S-64S. 6. Petronio a.s., musumeci g., limbruno u. et al. L angioplastica coronarica nelle donne: fattori di rischio e differenze dell anatomia coronarica legate al sesso valutate con ecografia intravascolare. Ital Heart J Suppl 202; 3: Yusuf s. Two decades of progress in preventing vascular desease. Lancet 2002; 360: casella g., de servi s., tubaro m., cavallini c., andreotti f., oliari z., di Pasquale g. La duplice terapia antiaggregante nel paziente con sindrome coronarica acuta sottoposto a rivascolarizzazione con angioplastica coronarica. Problemi clinici aperti ed effetti della mancata aderenza alla terapia. G Ital Cardiol 2011; 12(suppl.1): volpe m., Pignatelli g., Panemi f. La politerapia in prevenzione cardiovascolare: problemi aperti. G. Ital.Cardiol. 2012; 13(7-8): Yusuf s., islam s., chow c.k., et al. Prospective Urban Rural Epidemiology(PU- RE) Study Investigators.Use of secondary prevention drugs for cardiovascular disease in the community in high-income, middle-income, and low-income countries (the PURE Study): a prospective epidemiological survey. Lancet 2011; 378: Pedrinelli r., ciccone m., novo s., catapano a.l. La prevenzione farmacologica delle recidive coronariche nella pratica clinica italiana:una revisione della letteratura. G Ital Cardiol 2012; 13(11): Task Force per il trattamento dell infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST della Società Europea di Cardiologia. G Ita Cardiol 2009; 10\7: Presso la BIOS S.p.A. di Roma in via Chelini 39, è attivato un servizio cardiologico di prevenzione ambulatoriale dedicato al controllo e monitoraggio delle persone sottoposte ad angioplastica coronaria, con la consulenza del prof. Antonio Santoboni. Per informazioni e prenotazioni: CUP

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