C A P I T O L O VII Motori a combustione interna VII.1 Generalità.

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1 C A P I T O L O VII Motori a combustione interna VII.1 Generalità. Comunemente si è abituati ad immaginare il motore a combustione interna come quel tipo di motore che ci permette di far funzionare i più comuni veicoli che utilizziamo per la trazione.in realtà esso è utilizzato anche in altri campi, ad esempio nella produzione di energia elettrica mediante i gruppi elettrogeni, anche se una tale soluzione si rende necessaria per lo più in condizioni di emergenza. L associazione motore a c. i. - trazione non è da ritenersi sbagliata ma anzi essa è ampiamente giustificata dal reale e più comune uso che viene fatto di questo tipo di motore. La prima caratteristica che viene subito posta in risalto è il campo di potenze, enormemente vasto, che il motore a c. i. riesce a ricoprire; infatti, si va da potenze di pochi kw (i comuni motorini) fino a potenze dell ordine dei MW (40 50 nella trazione navale). Analoga considerazione va fatta per quanto riguarda il rendimento, infatti, anche per esso il range di valori è molto vasto: si va dai (motorini) fino a rendimenti che superano lo 0.50, quindi confrontabili con quelli degli impianti combinati. Rispetto agli impianti finora studiati (T.V., T.G., I.C.) il motore a c. i. ha un tipo di funzionamento completamente diverso; infatti finora abbiamo visto che per ogni fase del ciclo da compiere vi era un componente (diverso per le varie fasi) che la eseguiva: per intenderci si aveva una distribuzione spaziale oltre che temporale della realizzazione del ciclo. Ora, invece tutto avviene in un sistema pistone - cilindro in cui le fasi del ciclo termodinamico si susseguono nel tempo all interno di uno stesso volume: ciò porta, come immediata conseguenza, la non stazionarietà di un tale sistema. Infatti, nel pistone-cilindro le grandezze p, T, v variano continuamente nel tempo; questo non avveniva per gli altri tipi di impianti studiati, infatti, se prendevamo una qualunque sezione di una turbina a gas o di un impianto a vapore trovavamo i valori di pressione, temperatura, volume, portata, ecc. costanti nel tempo (a meno di non effettuare una regolazione). Dopo questa panoramica sugli aspetti fondamentali che caratterizzano il motore a c. i., passiamo ad un analisi più dettagliata sia del suo funzionamento che della sua struttura. Innanzitutto quando si parla di motori a combustione interna ci si riferisce a sistemi alternativi: si ha la presenza di un cilindro nel quale scorre un pistone che si muove di moto rettilineo; attraverso un collegamento meccanico costituito da una biella e una manovella il pistone è collegato all albero motore: è proprio attraverso tale collegamento che si può trasformare il movimento alternativo del pistone in rotazione dell albero motore. Il pistone è caratterizzato da un diametro D, detto anche alesaggio, Tra la testa del pistone e il fondo del cilindro esiste sempre un certo spazio di volume non nullo che viene detto camera di combustione.quando la camera di combustione ha il suo valore minimo si dice che il pistone si trova al PMS (punto morto superiore); quando ha valore massimo si dice che il pistone è al PMI (punto morto inferiore). La distanza tra il PMS e il PMI viene detta corsa del pistone e la si indica con s. Dalla conoscenza dei due parametri che abbiamo appena introdotto (alesaggio e corsa) è possibile calcolare la 2 D cosiddetta cilindrata V che può essere espressa come: V = V = π s (siccome ci stiamo MAX V MIN 4 riferendo ad un solo cilindro è bene specificare che questa di cui stiamo parlando è la cilindrata unitaria; un motore a combustione interna può essere costituito anche da più cilindri: parleremo di motori pluricilindri e ci riferiremo alla cilindrata totale data dal prodotto della cilindrata unitaria per il numero di cilindri.). 1

2 Un altro parametro fondamentale di un motore a combustione interna è il cosiddetto rapporto volumetrico di compressione, detto anche rapporto geometrico, indicato con ρ definito come rapporto tra il massimo volume del cilindro ( al PMI ) e quello minimo (al PMS) ρ V V MAX MIN = = 1 MIN V + V V MIN + V V MIN Si vede dalla definizione di ρ, che al crescere del rapporto di compressione diminuisce la distanza tra cilindro e pistone quando quest ultimo si trova al PMS, ovvero diminuisce il V MIN della camera di combustione. E ovvio che ρ deve assumere valori diversi da zero perché se esso fosse nullo ciò comporterebbe dei problemi di urto tra cilindro e pistone in quanto vi è da mettere in conto che oltre alle forze esercitate dal fluido presente nella camera di combustione, vi sono delle forze di inerzia che agiscono sul pistone e che possono portarlo ad urtare il cilindro. VII.2 Classificazioni dei motori a combustione interna. Vediamo quali sono le possibili classificazioni che si possono individuare per i motori a combustione interna; Una prima classificazione si può fare in base al sistema di accensione del combustibile: si parlerà quindi di Motori ad accensione comandata Motori ad accensione per compressione I primi sono i classici motori alimentati a benzina o a gas in cui il processo di combustione è innescato mediante una scintilla che scocca tra gli elettrodi di una candela. I secondi sono rappresentati invece dai motori diesel in cui il processo di combustione si innesca spontaneamente a causa dell elevata pressione e temperatura presenti nella camera di combustione. Si ricorda che il gergo comune può trarre in inganno: infatti si è soliti parlare di motori benzina e motori diesel. Tale modo di classificare i motori è scorretto, in quanto benzina e diesel sono i combustibili usati, e non certamente delle caratteristiche dei motori a c. i. Correttamente quindi si dovrà necessariamente parlare di motori a c. i. ad accensione comandata oppure ad accensione per compressione. Una seconda classificazione dei motori a combustione interna in base al ciclo operativo, cioè in base al numero di fasi che sono necessarie per la realizzazione del ciclo termodinamico. Avremo allora Motori a due tempi (2T) Motori a quattro tempi (4T) Un motore 2T è caratterizzato da un ciclo termodinamico che si completa in due corse del pistone, cioè in un solo giro dell albero motore. Un motore 4T è caratterizzato invece da un ciclo termodinamico che si completa mediante quattro corse del pistone, cioè in due giri dell albero motore. Oggi tutti i motori sono a 2T o a 4T ma si possono ancora trovare motori di vecchia concezione a 6T in cui c è una corsa in più del pistone legata a motivi di raffreddamento del motore 8oggi non si realizzano più). 2

3 I motori ad accensione comandata, a seconda del sistema di immissione del carburante, si suddividono in: Motori a carburazione Motori ad iniezione I motori a carburazione oggi non sono più utilizzati perché sono di vecchia concezione ed hanno lasciato posto ai più moderni motori ad iniezione. Questi ultimi si differenziano in: - motori ad iniezione indiretta in cui il combustibile è spruzzato in pressione, sottoforma di getti finemente polverizzati, mediante gli iniettori, nel condotto di aspirazione prima di entrare nel cilindro ( è la situazione che si verifica per i motori a benzina ); -motori ad iniezione diretta in cui il combustibile è spruzzato in pressione direttamente nel cilindro; è questo il caso dei moderni motori diesel in cui non è presente la precamera ( nei vecchi diesel la precamera era l organo ricavato nella testa dei cilindri in cui veniva iniettato il gasolio e dove iniziava la combustione ). Oggi sono allo studio anche motori ad iniezione diretta di benzina, i cosiddetti motori GDI. A seconda del sistema di alimentazione possiamo individuare: Motori aspirati, in cui l aria immessa è prelevata a pressione atmosferica; Motori sovralimentati, in cui l aria immessa è compressa mediante l utilizzo di un compressore volumetrico che permette di introdurre nella camera di scoppio una quantità di miscela aria-benzina superiore a quella che il motore sarebbe in grado di aspirare da sé ( è la situazione classica per i motori diesel mentre è più rara per i motori a benzina ). Un ultima classificazione che si può fare è la seguente: Motori monocilindro, costituiti da un unico cilindro ( a 2T o a 4T ); Motori pluricilindro, costituiti da più cilindri ( a 2T o a 4T ). Le classificazioni per cui siamo passati possono essere combinate fra di loro in vario modo: ad esempio si può parlare di un motore ad accensione comandata, 4t, aspirato, pluricilindrico; oppure di un motore ad accensione per compressione, 2t, sovralimentato, pluricilindrico. Così si potrebbero trovare tante altre soluzioni. Facciamo ora delle considerazioni valide per tutti i tipi di motori a combustione interna. Per permettere all interno del cilindro lo scorrimento del pistone, quest ultimo è ricoperto da uno strato di olio lubrificante al fine di ridurre gli attriti: questo strato di olio deve avere uno spessore ben preciso per garantire un perfetto funzionamento del motore e a tale scopo sul pistone sono presenti delle fasce che garantiscono lo spessore ottimale. Se non c è un sufficiente velo di lubrificante le superfici in metallo del pistone e del cilindro, venendo a contatto tra loro, si surriscaldano e, dilatandosi arrivano a impedire il movimento del pistone. Il motore quindi si blocca totalmente e tale fenomeno è detto grippaggio. Tutti i cilindri sono posizionati nel monoblocco in cui sono presenti le camicie: in queste vengono posizionati i cilindri in modo però che rimanga lo spazio sufficiente per il passaggio di un fluido ( aria o liquido ) che garantisca il raffreddamento dei cilindri durante il loro funzionamento ed uno scambio termico con l olio lubrificante in modo che quest ultimo si mantenga alla giusta temperatura. Sul monoblocco è fissata la testata ( è la parte superiore del motore: in essa sono alloggiate le valvole, gli iniettori, i condotti di aspirazione e scarico, le candele ) mediante una guarnizione che,compressa tra i due pezzi, si deforma garantendo una perfetta ermeticità. Le valvole possono essere due o quattro per cilindro e regolano l afflusso e l uscita dei gas dai condotti di aspirazione e di scarico attraverso la camera di combustione. 3

4 La rotazione reciproca tra pistone e biella è garantita dallo spinotto; c è poi l albero a gomiti, su cui sono fissate le bielle, che permette di rendere il movimento alternativo del pistone in moto rotatorio sull asse. Altri elementi fondamentali di un motore a combustione interna sono il filtro dell aria, che serve per purificare l aria utilizzata per la combustione, e l albero a camme, che permette il movimento delle valvole ( il suo movimento è garantito da ruote dentate collegate all albero motore: in un motore 4T la ruota dentata deve girare ad una velocità pari alla metà di quella dell albero in quanto le valvole devono aprirsi ogni due giri di quest ultimi ). Abbiamo detto che i motori sovralimentati presentano un compressore volumetrico: quest ultimo è mosso dall albero motore. Si può realizzare anche una compressione con turbocompressore formato da due elementi: un compressore centrifugo e una turbina che gira ad altissima velocità spinta dai gas di scarico. Questa è una soluzione che migliora le prestazioni del motore ed inoltre non sottrae potenza alla macchina come nel caso del compressore volumetrico. La scelta di un motore 2T oppure 4T è basata sulla semplicità oppure sulla potenza; infatti un motore 2T nei motorini viene privilegiato per la semplicità mentre su una nave è la potenza che ne determina la scelta: infatti con un motore 2T, a parità di volume e numero di giri dell albero motore, abbiamo una potenza doppia rispetto ad un motore 4T in quanto nello stesso tempo il fluido compie un numero doppio di cicli termodinamici. In generale i cilindri di un motore vengono disposti uno accanto all altro; tuttavia esistono anche i motori boxer ( con cilindri contrapposti ) e i motori a V ( in cui i cilindri sono disposti in bancate ). - vista in trasparenza di un motore a benzina vista in trasparenza di un motore turbodiesel 4

5 vista in trasparenza di un motore a V VII.3 Cicli di un motore a combustione interna. Per i motori ad accensione comandata il ciclo di riferimento è il CICLO OTTO o BEAU DE ROCHAS. Per i motori ad accensione per compressione il ciclo di riferimento è detto CICLO DIESEL. Tutti questi cicli sono dei cicli di riferimento per il ciclo reale, e ci forniscono il rendimento ideale a cui si dovrebbe tendere. Vediamo come è fatto il ciclo Otto: Questo è il ciclo di riferimento per un motore ad accensione comandata; è un ciclo ideale in quanto si immagina che la combustione non sia interna al cilindro ma si suppone esterna ad esso. Questo porta come conseguenza che il cilindro non ha bisogno delle valvole e quindi nel suo interno è presente sempre la stessa quantità di massa per cui è possibile disegnare il ciclo in funzione del volume specifico. Supponiamo di partire dal punto 1 in cui il cilindro è pieno di aria alla pressione atmosferica ed il pistone si trovi al PMI; il pistone poi sale iniziando la fase di compressione che si può assimilare ad una trasformazione adiabatica e isoentropica: quindi v diminuisce mentre la pressione aumenta finchè il pistone raggiunge il PMS (punto 2). A questo punto inizia la fase di combustione esterna che comporta una adduzione di calore a volume specifico costante; durante la fase di combustione, supposta istantanea, dal punto 2 raggiungiamo il punto 3. Il pistone poi inizia a scendere dando inizio alla fase di espansione, anch essa adiabatica ed isoentropica, e ritorna al PMI (punto 4) con una pressione superiore a quella di partenza. Segue quindi una sottrazione di calore isocora per ritornare nelle condizioni di partenza. 5

6 Le fasi del ciclo si possono riassumere nel seguente modo: 1-2 : compressione adiabatica isoentropica; 2-3 : adduzione di calore isocora; 3-4 : espansione adiabatica isoentropica; 4-1 : sottrazione di calore isocora. Vediamo ora di analizzare il ciclo diesel: Questo ciclo è il ciclo di riferimento per i motori ad accensione per compressione e per tale motivo si differenzia dal ciclo otto; anche qui si suppone di partire dal punto 1 in cui il pistone è al PMI e il cilindro è pieno d aria. Inizia una fase di compressione adiabatica ed isoentropica seguendo le stesse modalità di prima ma alla fine la pressione che si deve raggiungere è molto più elevata per innescare il fenomeno di combustione. Questo risultato lo si può ottenere aumentando il valore del rapporto di compressione e riducendo lo spazio morto tra il PMS del pistone e la testa del cilindro. La fine della compressione si ha nel punto 2 e, vista l elevata pressione raggiunta, si innesca il fenomeno della combustione: esso è istantaneo e perciò lo si può considerare isobaro. Alla fine della combustione (punto 3), si hanno una espansione isoentropica adiabatica e una sottrazione di calore isocora con le stesse modalità del ciclo otto. Le fasi del ciclo si possono così riassumere: 1-2 : compressione adiabatica isoentropica; 2-3 : adduzione di calore isobara; 3-4 : espansione adiabatica isoentropica; 4-1 : sottrazione di calore isocora. La differenza fondamentale fra questi due cicli di riferimento è che nel ciclo otto abbiamo una combustione isocora, mentre nel ciclo diesel abbiamo una combustione isobara. 6

7 ciclo sabathè C è poi un ciclo, il ciclo sabathè, che è una sorta di ciclo riassuntivo in quanto include gli andamenti sia del ciclo otto e sia del ciclo diesel; in tale ciclo infatti la fase di adduzione del calore avviene in parte a volume costante ed in parte a pressione costante. In virtù del fatto che con il ciclo sabathè riusciamo a ricoprire sia il campo dei motori ad accensione comandata che quello dei motori ad accensione per compressione, facciamo su di esso una serie di considerazioni generali. Una rappresentazione di questo ciclo, anch esso ideale, è la seguente: Cerchiamo, in riferimento a tale ciclo, di valutare i rendimenti che si possono ottenere per poi particolarizzare l espressione che si ricava per il ciclo otto ed il ciclo diesel. Fissato il punto 1 vediamo come ricavare i parametri negli altri punti del ciclo in base anche alla conoscenza dei volumi che li caratterizzano. Essendo la trasformazione 1-2 una compressione adiabatica isoentropica si ricava che T 2 =T 1 ρ k-1 Si definiscono poi due nuovi parametri dati dal rapporto di due valori di temperatura: τ = T 3 / T 2 e b = T 3 / T 3 τ e b danno delle informazioni sulla modalità con cui avviene la somministrazione del calore. Per quanto riguarda la temperatura nel punto 4, essendo il punto 3 distinto da 3, possiamo scrivere: b = T 3 / T 3 = v 3 / v 3 quindi T 4 = T 3 (v 3 / v 4 ) k-1 Facendo delle opportune sostituzioni si ricava T 4 = T 1 ρ k-1 τ b ( v 3 b / v 4 ) k-1 = T 1 τ b k 7

8 A questo punto si può definire il rendimento ideale del ciclo come η id = ( Q 1 Q 2 ) / Q 1 = 1 ( Q 2 / Q 1 ) Q 1 rappresenta il calore fornito ed essendo il sistema chiuso è pari a: Q 1 = c v ( T 3 -T 2 )+c p (T 3 -T 3 ) Esso è somma di due aliquote di cui la prima è relativa al tratto a volume costante e la seconda è relativa al tratto a pressione costante. Q 2 rappresenta il calore sottratto ed essendo il sistema chiuso è dato da : Q 2 = c v ( T 4 T 1 ); Possiamo finalmente ricavare l espressione del nostro rendimento : η 1 k ρ = id 1 1 ( τb k 1) [( τ 1) + kτ ( b 1) ] Come si vede dall espressione ricavata il rendimento dipende da tre parametri : il rapporto di compressione (ρ), modalità con cui si adduce il calore ( b e τ ) e tipo di fluido (k). Quest espressione generale, come si può vedere, non è molto semplice ma essa si semplifica se la si particolarizza per un ciclo otto e per un ciclo diesel. 1 Per un ciclo otto infatti, essendo 3 = 3, b =1 quindi η id = 1 k 1 ρ Il rendimento cioè dipende solo dal rapporto di compressione e per avere motori di buon rendimento bisogna dunque aumentare ρ. L aumento di rendimento all aumentare di ρ è dovuto al fatto che il punto 2 del ciclo si sposta verso l alto e quindi si adduce calore ad una temperatura più elevata. Questa è una caratteristica fondamentale di un motore ad accensione comandata e la ritroveremo anche nell analisi del funzionamento reale. Per un ciclo diesel invece τ = 1 e quindi l espressione del rendimento è : η id 1 k ρ = 1 1 b k k 1 ( b 1) Il rendimento in questo caso non dipende solo dal rapporto di compressione ma anche dalla modalità con cui si effettua l adduzione di calore. In generale un motore diesel presenta dei valori di rendimento più elevati rispetto ad un motore a benzina essenzialmente perché si possono raggiungere valori nettamente più elevati per il rapporto di compressione. Valori così elevati di pressione non si possono mantenere in un motore ad accensione comandata in quanto in tal caso si potrebbe innescare il cosiddetto fenomeno della detonazione, si ha cioè l accensione istantanea di tutto il combustibile che viene iniettato nel cilindro. Questo fenomeno è sicuramente da evitare in quanto a lungo andare provoca dei seri problemi al motore: quest ultimo picchia in testa e si può provocare lo sfondamento del pistone. La detonazione quindi è un fenomeno che non si deve assolutamente verificare per avere un corretto funzionamento di un motore ad accensione comandata. VII.4 Ciclo indicato di un motore quattro tempi Iniziamo ora a fare un discorso più aderente alla realtà analizzando l andamento del ciclo reale di un motore a combustione interna, riferendoci in particolare ad un motore quattro tempi.la prima cosa da specificare per ricavare questo ciclo reale, che è detto anche ciclo indicato, è che non possiamo 8

9 più porci nelle stesse condizioni di funzionamento del motore che abbiamo considerato fino a questo momento (condizioni di funzionamento ideali). Innanzi tutto un motore reale è dotato sicuramente di valvole: attraverso il loro movimento di apertura e chiusura, determinano una variazione del volume all interno del cilindro nelle varie fasi di funzionamento del motore; questo sta a significare che non possiamo più parlare in termini di volume specifico ma, nella rappresentazione del ciclo, dobbiamo fare riferimento al volume totale V. Inoltre in questo caso non possiamo considerare più la combustione come un fenomeno che si realizza all esterno del cilindro ma dobbiamo supporre che tutto avvenga nella camera di combustione per cui la situazione cambia notevolmente. Per i motivi appena esposti, diagrammeremo il ciclo indicato in funzione della pressione e del volume totale. Un semplice schema di funzionamento di un motore 4T ad accensione comandata può essere così rappresentato: Il motore nel suo ciclo di funzionamento compie quattro fasi (aspirazione, compressione, espansione e scarico) in un tempo equivalente a due giri dell albero motore. Per tracciare il diagramma indicato ad esso relativo bisogna vedere cosa succede fase per fase all interno del cilindro. Supponiamo di partire dalle condizioni in cui il pistone è al PMI e nella camera di combustione abbiamo fluido alla pressione atmosferica: inizia poi la fase di compressione che ora però non possiamo più considerare adiabatica e cerchiamo di capire il perché; se supponiamo di partire da una condizione di regime per il motore, il cilindro sarà caratterizzato dall avere le pareti ad una certa temperatura che indichiamo con T w (è una temperatura che si mantiene pressocchè costante intorno ad un valore di 450 K).Man mano che il pistone inizia a salire, l aria contenuta nel cilindro inizia ad essere compressa e quindi inizia a cambiare la sua temperatura T: in particolare a causa degli attriti durante lo scorrimento del pistone la temperatura dell aria tende ad aumentare.se in un primo momento T< T w (e quindi si ha del calore che dall esterno entra nel cilindro, il che comporta un andamento della compressione più ripido di un isoentropica) poi essa tende ad aumentare fino a 9

10 superare T w (in tale situazione il calore è ceduto dal cilindro all esterno e l andamento della compressione diventa meno ripido). Sono questi scambi di calore che rendono la compressione non adiabatica. La fase di compressione dovrebbe finire al raggiungimento del PMS da parte del pistone (come visto nel caso ideale) per poi passare alla fase di combustione: siccome la compressione nel caso reale non può considerarsi istantanea ma richiede un certo tempo per verificarsi, se la compressione terminasse al PMS e poi scoccasse la scintilla la combustione non avverrebbe nelle condizioni ottimali in quanto l pistone tenderebbe già a scendere provocando un decremento di pressione. Per evitare tale situazione si fa scoccare la scintilla con un po di anticipo in modo che la combustione inizi quando il pistone è ancora in corsa verso il PMS: in tal modo la combustione avviene in maniera ottimale in quanto nella camera di combustione si ha un elevata pressione dovuta al fatto che il pistone sta ancora comprimendo l aria. Per far bruciare nel modo migliore il combustibile bisogna mettersi a cavallo del PMS per minimizzare il volume della camera di combustione. Siccome la combustione avviene mentre il pistone sale e scende, abbiamo un andamento del ciclo in cui volume e pressione sono entrambi fortemente variabili. Terminata la combustione inizia la fase di espansione, anch essa né isoentropica né adiabatica: in tale fase infatti la temperatura dei gas combusti all interno del cilindro è sempre maggiore di T w e quindi l espansione è caratterizzata sempre da una sottrazione di calore. L espansione non viene fatta terminare al PMI come ci si potrebbe aspettare: l apertura della valvola di scarico infatti non è istantanea e quindi non si riuscirebbero ad eliminare tutti i gas dal cilindro in quanto il pistone tenderebbe a risalire. Per tale motivo si anticipa l apertura della valvola di scarico mentre il pistone è ancora in fase di discesa. Ciò determina dapprima una fase di scarico spontanea (in quanto i gas sono ad una pressione superiore a quella atmosferica) che fa diminuire notevolmente la pressione e poi c è una fase di scarico forzata dal pistone. In questo modo il lavoro del pistone sarà minore rispetto al caso senza anticipo anche se ciò comporta una piccola perdita del lavoro di espansione. L angolo di anticipo di scarico ha un valore di 30 ~ 40. La fase di scarico forzata dovrebbe terminare al PMS: per svuotare completamente il cilindro dai gas di scarico si chiude la valvola di scarico dopo che il pistone ha raggiunto il PMS; in tal modo si riesce a sfruttare l inerzia che possiede il fluido, in quanto spinto dal pistone, per farlo uscire completamente. Questo angolo di ritardo ha un valore di 10. Alla fase di scarico deve seguire quella di aspirazione: per consentire l entrata della maggiore quantità possibile di aria fresca nel cilindro si deve aprire la valvola di aspirazione prima che il pistone raggiunga il PMS; tale valvola si deve chiudere poi dopo che il pistone raggiunge di nuovo il PMI (si sfrutta ancora una volta l inerzia dell aria, che ha ancora una certa velocità, per riempire maggiormente il cilindro). La fase di aspirazione è spontanea perché avviene ad una pressione minore di quella atmosferica e quindi si crea un risucchio dell aria all interno del cilindro. Dopo l aspirazione abbiamo una nuova compressione ed il ciclo ricomincia. Il ciclo indicato ci consente di avere una visualizzazione di tutto ciò cha avviene all interno del cilindro e che abbiamo appena descritto. Per un motore ad accensione comandate il ciclo indicato ha il seguente aspetto: 10

11 Questo ciclo reale che abbiamo appena descritto è detto ciclo indicato in quanto può essere ricavato, con estrema precisione, attraverso la valutazione del valore di pressione all interno del cilindro per mezzo di un trasduttore di pressione, detto indicatore, che millisecondo per millisecondo è in grado di rilevare la pressione nella camera di combustione. Un alto modo per arrivare alla determinazione di un ciclo indicato è quello di effettuare delle prove su modelli del motore realizzati in laboratorio. Le fasi che caratterizzano il funzionamento del motore che abbiamo appena descritto e che ci hanno permesso di ricavare il ciclo indicato, possono essere visualizzate sul cosiddetto diagramma polare. Una rappresentazione di quest ultimo è la seguente : 11

12 Da quanto appena descritto, durante il funzionamento del motore esiste un tempo durante il quale sono aperte contemporaneamente sia la valvola di aspirazione che quella di scarico: tutto questo avviene per un certo angolo detto angolo di incrocio valvole. Su questo angolo di incrocio valvole si devono fare alcune considerazioni perché se esso è troppo elevato si possono verificare due casi sfavorevoli: 1) si può verificare che la miscela aria-combustibile esca direttamente fuori dal cilindro senza subir il fenomeno di combustione:si perde del combustibile incombusto e tutto ciò penalizza sicuramente i consumi ma aumenta anche l emissione di sostanze inquinanti; 2) i gas di scarico possono seguire un percorso anomalo e dirigersi verso il condotto di aspirazione ricco di aria fresca da inviare al cilindro: questa è una situazione dannosa perché innesca il fenomeno del ritorno di fiamma. Nei moderni motori per evitare questi inconvenienti ed ottimizzare così l angolo di incrocio valvole si utilizza il cosiddetto sistema della fasatura variabile in cui l apertura delle valvole è gestita dall elettronica. Se osserviamo il ciclo indicato notiamo che esso è costituito da due aree: una che contribuisce positivamente (quella superiore) ed una che invece contribuisce negativamente (quella inferiore): l area negativa, che per tale motivo è percorsa in senso antiorario, è detta area di pompaggio e rappresenta il lavoro che deve compiere il pistone per aspirare e scaricare l aria nelle fasi di funzionamento del motore (rispettivamente aspirazione e scarico). Una volta individuato il ciclo indicato relativo ad un motore, rimane individuato anche il lavoro ottenibile da tale ciclo che è definito come lavoro indicato Per definizione il lavoro indicato e dato da : L i = L + - L - 12

13 Tale lavoro può essere definito anche nel seguente modo: Li = pdv = pmiv, espressione ottenuta applicando il teorema della media. In tale espressione V rappresenta la cilindrata mentre a p mi si dà il nome di pressione media indicata. Per definizione p mi = L i /V e rappresenta la pressione in grado di fornirci lo stesso lavoro indicato al variare della cilindrata V. In realtà per vedere uscire il lavoro indicato dall asse della macchina bisogna attraversare tutta una serie di meccanismi (sistema biella-manovella): a causa degli attriti che si manifestano durante il loro funzionamento il lavoro disponibile all asse è sicuramente minore di quello indicato. In tal senso si parla di lavoro effettivo definito nel seguente modo: L eff = L i η m Dove η m rappresenta un rendimento meccanico che tiene conto non solo degli attriti ma anche della presenza degli organi ausiliari necessari al funzionamento del motore stesso (ad esempio gli organi per la lubrificazione). Con l introduzione del lavoro effettivo è possibile definire anche una Pressione media effettiva pari a: p me = L eff / V Il valore della pressione media effettiva è di rilevante importanza in quanto è collegato ai livelli di potenza del motore. VII.5 Potenza di un motore a combustione interna Vogliamo affrontare ora un discorso relativo alla potenza che caratterizza un motore a combustione interna. Se indichiamo con z il numero di cilindri di cui è costituito il motore, con V la cilindrata e con p me la pressione media effettiva, l espressione della potenza effettiva P eff che il motore è in grado di fornire è: n n Peff. = zleff. = pmevz 60ε 60ε dove il termine Vz rappresenta il valore della cilindrata totale unitaria e n ε cicli = s rappresenta il 60 tempo per compiere un giro dell albero motore. Come si vede in questo ultimo termine compare il parametro ε che tiene conto del tipo di motore che ci sta fornendo potenza. In particolare ε=1 per un motore 2T ed ε=2 per un motore 4T. Per determinare la potenza dunque dobbiamo vedere quante volte al secondo è possibile ottenere il lavoro indicato e quindi quanti cicli al secondo possiamo effettuare. Dall espressione della potenza si nota che essa si può incrementare attraverso un aumento della cilindrata. p P me eff. Ma la relazione può essere scritta anche come: 60 =, dalla quale deduciamo che la pme è un ε Vzn indice della potenza effettiva specifica per unità di cilindrata ed unità di numeri di giri del motore, ovvero, a parità di cilindrata e numero di giri del motore, se vogliamo ottenere una potenza maggiore, dobbiamo far aumentare. È proprio ciò che accade ad esempio nei motori di p me 13

14 Formula 1 dove per motivi di regolamento non si può variare la cilindrata e quindi l unico modo per aumentare la potenza è agire sulla pressione media effettiva. Un motore a combustione interna è caratterizzato anche da un valore di coppia effettiva data da: C eff = P eff / ω =(p me Vz)/(2πε) Cerchiamo però adesso di ricavare per la potenza una espressione più generale che tenga conto di tutti i parametri che possono influenzarla. In generale per una qualsiasi macchina termica la potenza può essere espressa nel seguente modo: P = m c H i η g dove m c rappresenta la portata di combustibile, H i il suo potere calorifico inferiore e η g il rendimento globale del motore. La portata di combustibile è data dal rapporto tra la portata di aria inviata al motore e il coefficiente α, cioè m c = m a / α (in particolare α = α stec per i motori ad accensione comandata mentre α> α stec per i motori ad accensione per compressione come avremo modo di specificare meglio in seguito) dalla relazione appena scritta si vede che, fissato α, la portata di combustibile da inviare al motore dipende dalla portata di aria. Da un punto di vista teorico la portata di aria a densità ambiente in grado di riempire tutta la cilindrata è: m at =Vzρ a (n/60ε) ma, siccome l aria prima di poter entrare nel cilindro deve seguire tutto un percorso obbligato, si hanno delle perdite di pressione e quindi la portata effettiva di aria che entra nel cilindro è diversa da quella teorica. Si può scrivere cioè che m a eff = λ v m at dove λ v è detto coefficiente di riempimento e ci dà delle informazioni su come si sta riempiendo il cilindro rispetto al caso teorico ottimale. Alla luce di tutte queste considerazioni ed esplicitando i termini che compaiono nella espressione generale della potenza per una macchina termica possiamo ottenere il seguente risultato. L espressione più generale per la potenza di un motore a combustione interna è: P = Vzρ a (n/60ε)(λ v /α)h i η g = [π (D 2 /4)s]zρ a (n/60ε)(λ v /α)h i η g (*) Dall espressione appena ricavata si vede che per aumentare la potenza fornita dal motore si deve necessariamente operare su uno dei parametri che compaiono nella formula in quanto non ci sono 14

15 altre possibili strade. Vogliamo quindi vedere quali sono le possibilità per ottenere un incremento di potenza. La potenza può variare agendo ad esempio sulla cilindrata; si potrebbe ad esempio aumentare il parametro z anche se non lo si può rendere troppo elevato in quanto non si realizzano motori costituiti da un numero elevato di cilindri;anche l alesaggio D non può assumere valori troppo elevati in quanto in tal caso aumenterebbero troppo le forze agenti sul pistone;nemmeno la corsa s infine può aumentare troppo in quanto come conseguenza abbiamo una diminuzione del numero di giri del motore. Da quanto appena evidenziato si capisce che agendo sulla cilindrata si possono realizzare solo variazioni modeste della potenza. Per avere degli incrementi di potenza maggiori bisogna agire su un altro parametro e in particolare sul coefficiente di riempimento λ v. Abbiamo definito tale parametro come rapporto tra la portata di aria effettiva entrante nel cilindro e la portata di aria teorica: tale coefficiente assume valore diverso da 1 in quanto durante la fase di aspirazione del motore parte della cilindrata è occupata dai gas di scarico del ciclo precedente e ciò penalizza λ v rendendolo inferiore all unità. Si deduce quindi che per aumentare la potenza fornita bisogna aumentare il coefficiente di riempimento: vediamo come si può ottenere un tale risultato. Per aumentare il coefficiente di riempimento si devono progettare in maniera molto accurata il collettore di aspirazione ed il collettore di scarico: questi si realizzano in modo da avere dei condotti comuni, denominati plenum, opportunamente dimensionati per migliorare λ v. Soffermiamoci ad analizzare il condotto di aspirazione in cui è inviata l aria che deve poi entrare nei cilindri. Quando si apre la valvola di aspirazione del cilindro, l aria presente nel collettore accelera in quanto è risucchiata nel cilindro: questo significa che nel collettore di aspirazione si propaga un onda di depressione. Quando poi la valvola di aspirazione si chiude, l aria nel collettore ha ancora una velocità dovuta alla sua inerzia e quindi tende a comprimersi sulla valvola stessa: nel condotto cioè si propaga questa volta un onda di compressione. Da quanto appena esposto il collettore dunque è sede del propagarsi di onde di pressione (per un motore 4T abbiamo quattro onde di depressione e quattro onde di compressione in quanto come sappiamo l apertura delle valvole è sfasata di 180 ). Se indichiamo con L la lunghezza del collettore e con a la velocità di propagazione del suono, il tempo caratteristico di propagazione delle onde di pressione nel collettore è pari a (2L/a). Se si riesce ad eguagliare la frequenza di queste onde di pressione con la frequenza di apertura e chiusura delle valvole di aspirazione, si può far in modo che quando la valvola si apre si abbia in corrispondenza un picco di compressione mentre quando si chiude una depressione: si può cioè sfruttare questa particolare condizione di risonanza per riempire meglio il cilindro e di conseguenza migliorare λ v. Si può fare in modo che il massimo riempimento del cilindro si abbia per un particolare numero di giri del motore n * : fissato n * è fissata la frequenza di apertura e chiusura delle valvole f * (in quanto esse sono mosse dall albero a camme collegato all albero motore) e, ponendoci nella condizione di risonanza appena descritta, è così possibile ricavare la lunghezza L * ottimale per il collettore per rendere migliore il coefficiente di riempimento dalla relazione (2L * /a) = (1/f * ) In questo modo è possibile tracciare gli andamenti del coefficiente di riempimento in funzione del numero di giri del motore: sono degli andamenti differenti a seconda dell utilizzo del motore. Ad esempio per un motore di F1 il coefficiente di riempimento assume il valore più elevato in corrispondenza di un numero di giri superiore rispetto a quelli di un motore realizzato per il funzionamento cittadino. L andamento di λ v in funzione del numero di giri del motore è del tipo riportato in figura. 15

16 Come si è visto si può controllare il coefficiente di riempimento scegliendo opportunamente i condotti di aspirazione e, in particolare, le loro dimensioni. Un discorso del tutto analogo lo si può fare considerando la fase di scarico per svuotare il cilindro il più possibile dai gas combusti. Per migliorare ulteriormente il coefficiente di riempimento si possono utilizzare particolari accorgimenti: si possono utilizzare collettori di aspirazione a lunghezza variabile con il numero di giri del motore (in particolare la lunghezza aumenta al crescere del numero di giri ), ma il metodo più moderno ed efficace è la fasatura variabile. Con questo sistema, attraverso una centralina elettronica, si gioca sui tempi di apertura e chiusura delle valvole e quindi si riesce ad ottenere dal motore una potenza maggiore a parità di cilindrata : questo perché ciò che sta aumentando è la pressione media effettiva. Infatti P = p me Vz( n / 60ε ) e p me = δ a λ v ( H i / α ) η g e quindi aumentando λ v aumenta p me. Mediante la fasatura variabile è possibile rendere il coefficiente di riempimento addirittura maggiore di 1: ciò significa che entra nel cilindro una quantità di aria maggiore rispetto a quella che si riesce ad aspirare a pressione atmosferica. Si verifica cioè il cosiddetto fenomeno di sovralimentazione per inerzia che è molto sfruttato ad esempio dai motori di formula 1. Per aumentare il coefficiente di riempimento si deve necessariamente aumentare la quantità di aria introdotta nel collettore di aspirazione e ciò lo si può ottenere mediante una sovralimentazione meccanica: si utilizza un compressore mosso dall albero motore per mandare più aria nel collettore. Le conseguenze di ciò sul ciclo indicato sono le seguenti: siccome l aspirazione avviene ad una pressione superiore a quella atmosferica, quando si apre la valvola di aspirazione la pressione cresce e l area di pompaggio si può rendere positiva ( abbiamo cioè un aria utile maggiore ). Ciò che in realtà si riesce ad ottenere mediante la sovralimentazione meccanica è solo un incremento di potenza: non si ha infatti un vantaggio sul lavoro di pompaggio in quanto tutto ciò che in tal senso viene recuperato lo si perde per muovere il compressore. Siccome questo compressore è collegato all albero motore è caratterizzato dall avere un numero di giri abbastanza basso: questo sta a significare che non può essere un compressore dinamico bensì un compressore volumetrico, che è l unico in grado di svolgere la sua missione con un basso numero di giri. Essendo collegato direttamente all albero motore poi, questo compressore segue tutte le variazioni subite dal motore: quando ad esempio il motore aumenta il numero di giri in fase di accelerazione, la girante del compressore ruota più velocemente e quindi si riesce a fornire più aria al motore. Questo sistema di sovralimentazione ha il vantaggio di entrare subito in azione nel momento più opportuno fornendo una risposta molto rapida a seconda delle varie esigenze (questo è il suo fondamentale pregio). Tutto ciò però toglie energia meccanica al motore. 16

17 Per recuperare tale energia dal motore si è creato un diverso tipo di sovralimentazione, quella con turbocompressore di cui qui di seguito c è una figura che lo rappresenta. Il turbocompressore è un particolare dispositivo di sovralimentazione che sfrutta parte dell energia dei gas di scarico, altrimenti persa, per pompare più aria nel motore di quanto esso sarebbe in grado di aspirare. I gas di scarico del motore vengono inviati verso una turbina che è rigidamente collegata alla girante del compressore: attraverso il movimento della turbina si può dunque comprimere l aria in ingresso nel motore. La turbina è posta a valle del collettore di scarico per cui in tale ultimo dispositivo regna una pressione superiore a quella atmosferica (la pressione atmosferica regna a valle della turbina): per tale motivo si verifica che lo scarico avviene ad una pressione diversa da quella atmosferica e quindi nel ciclo indicato relativo al motore ricompare di nuovo un area di pompaggio negativa. Quando allo scarico si verifica che i valori di pressione e temperatura dei gas sono troppo elevati si potrebbe compromettere il funzionamento del compressore: per tale motivo dalla parte della turbina esiste una valvola, detta waste gate, che, aprendosi, permette di inviare una certa quantità dei gas combusti direttamente allo scarico, garantendo così la temperatura e la pressione ottimali per il funzionamento del turbo. Con questo tipo di sovralimentazione, turbina e compressore non sono collegati direttamente all albero motore e quindi possono girare più velocemente di quest ultimo: ciò permette di utilizzare un compressore dinamico, in particolare un compressore centrifugo. Il vantaggio fondamentale della sovralimentazione con turbocompressore è la possibilità di svincolarsi dal numero di giri del motore insieme al fatto che non si sottrae potenza al motore come nel caso di sovralimentazione meccanica. Tuttavia questo sistema di sovralimentazione presenta un inconveniente e cioè un certo ritardo alla risposta in quanto ora il collegamento con il motore non è di tipo meccanico ma di tipo fluidodinamica e quindi, a causa dell inerzia dei gas, non si riesce a variare rapidamente il numero di giri del turbocompressore. Se noi consideriamo una curva caratteristica del funzionamento di una turbina di sovralimentazione essa varia al variare del numero di giri del motore: in corrispondenza di un certo rapporto di 17

18 espansione si ha il relativo valore della portata massica alla turbina e di conseguenza anche un certo valore del numero di giri del motore;se a parità rapporto di espansione e portata massica si cambia il numero di giri non si ha più sovralimentazione in quanto ci spostiamo dalla curva caratteristica suddetta. Se riuscissimo a far variare la curva fino a farla passare per il nuovo punto di funzionamento otterremmo una sovralimentazione a velocità del motore molto più basse. Questo risultato lo si può ottenere utilizzando i moderni turbocompressori con turbina a geometria variabile: questi sono dotati di un sistema di parzializzazione della sezione di ingresso dei gas, così da migliorare la risposta ai bassi regimi del motore. Il turbocompressore a geometria variabile segue questa logica di funzionamento: modifica le sezioni di passaggio dei gas di scarico nella turbina in funzione del carico e del regime del motore mantenendo alta la velocità di rotazione del compressore, che pertanto fornisce una sufficiente pressione di sovralimentazione in ogni condizione di funzionamento. In pratica è come se si disponesse di due turbo, uno più piccolo,che funziona ai bassi regimi, e uno più grande, che lavora ai giri più alti. Nel dettaglio, il funzionamento prevede il collegamento tra loro delle palette dello statore della turbina, che così possono ruotare variando la sezione di ingresso dei gas. La figura sottostante mostra come ciò avviene: un attuatore (3) sposta la corona (4) su cui sono imperniate le palette (2); a sinistra esse sono nella posizione di maggior chiusura e, pur con una piccola portata, la velocità di passaggio dei gas è sufficientemente alta. A destra c è la situazione che si verifica quando il motore funziona a regimi elevati: l attuatore fa ruotare le palette in senso antiorario per lasciar passare la maggior quantità di gas di scarico presenti. Nella maggior parte dei casi l attuatore è di tipo pneumatico ed è controllato dalla centralina d iniezione. Con questo tipo di turbocompressore non è più necessaria la valvola waste gate in quanto è sufficiente agire sulle palette per variare la sezione di passaggio dei gas per compiere la stessa funzione della valvola Da tutte le considerazioni che abbiamo fatto si deduce che l utilizzo del turbocompressore migliora solo la potenza ma non il rendimento in quanto, pur migliorando il coefficiente di riempimento, aumentano i consumi perché si deve bruciare più combustibile (infatti P = m c H i η g ). Infatti la sovralimentazione ci fa avere più aria e questo ci permette di bruciare più combustibile e quindi aumenta la potenza, quindi se sovralimentiamo senza aumentare la portata di combustibile la potenza non aumenta. 18

19 VII.6 Motore a due tempi Dall espressione generale della potenza di un motore a combustione interna si può notare che essa dipende anche da un parametro, che abbiamo definito ε, che varia a seconda del tipo di motori 2T o 4T. Dal valore di tale parametro in prima battuta si può affermare che con un motore a due tempi, a parità di tutti gli altri parametri, è possibile avere una potenza doppia. Vediamo se tale affermazione è vera affrontando uno studio più approfondito di un tale motore. Un ciclo di funzionamento di un motore 2T può essere così rappresentato: Anche per un motore a due tempi le fasi che ne caratterizzano il funzionamento sono quattro (aspirazione, compressione, espansione e scarico) ma esse si realizzano in due sole corse del pistone. Pertanto per la realizzazione del ciclo in un motore a due tempi è sufficiente un solo giro dell albero motore; per un ciclo a due tempi però occorre anche una fase supplementare, vale a dire la compressione preventiva della miscela attiva che avviene nel carter, cioè fuori dal cilindro vero e proprio. Come si può vedere dalla figura il motore è caratterizzato da una luce di immissione (I) e una luce di scarico (S) comunicanti direttamente con l interno del cilindro: esse restano scoperte quando il pistone si trova al PMI; la terza luce è quella di aspirazione (A) attraverso la quale entra la miscela attiva nel carter quando il pistone è al PMS. Il motore pertanto non è munito di valvole. Il pistone poi sulla parte superiore è sagomato in modo tale da dirigere opportunamente il flusso della miscela nel cilindro. La successione delle fasi è la seguente: in un primo tempo il pistone sale, chiudendo le luci di immissione e scarico, e comprime la miscela. Quando arriva al PMS scocca la scintilla alla candela e avviene lo scoppio; contemporaneamente l ascesa del pistone provoca una depressione nel carter provocando in esse l ingresso della miscela attiva. Avvenuto lo scoppio, il gas si espande e spinge il pistone verso il PMI: durante questa fase prima si scopre la luce di scarico, consentendo ai gas combusti di uscire dal cilindro a causa dell elevata pressione ancora ivi regnante. Subito dopo si scopre anche la luce di immissione e si dà inizio alla cosiddetta fase di lavaggio, durante la quale la miscela fresca attiva, spinta dalla pressione creatasi nel carter a causa della discesa nel pistone, entra nel cilindro e dirigendosi verso l alto per la conformazione della parte superiore del pistone completa lo scarico dei gas combusti. Le luci di lavaggio e scarico sono poste in parti opposte nel cilindro. L uscita dei gas bruciati e l entrata della miscela fresca proseguono fino a che il pistone 19

20 risalendo non chiude nuovamente le due luci. La fase di lavaggio è molto delicata perché serve a sostituire nel cilindro, entro poco tempo, i prodotti di scarico con la miscela fresca evitandone il mescolamento, curando che tutti i gas combusti escano e soprattutto che la miscela fresca non si diriga direttamente verso lo scarico, innescando il cosiddetto fenomeno del corto circuito che provocherebbe uno spreco inammissibile di combustibile. Per evitare quest ultimo inconveniente non si può fare altro che operare sull anticipo all accensione dato che, mancando le valvole, nessuna regolazione è possibile per variare la durata delle fasi. Per un motore a due tempi la miscela attiva è costituita da aria e combustibile insieme ad olio che consente così la lubrificazione del pistone e del carter diminuendo gli attriti durante il funzionamento. Inoltre un motore a due tempi è raffreddato ad aria. Anche per questo motore è possibile ricavare un ciclo indicato che presenta il seguente aspetto: Per un motore a due tempi, avendone spiegato il funzionamento, si verifica che il coefficiente di riempimento λ v è molto più piccolo in quanto nel cilindro rimangono spazi occupati dai gas di scarico del ciclo precedente: possiamo quindi ottenere da tale motore una potenza doppia rispetto a un 4T solo a parità di λ v (cosa che nella realtà non si verifica). Inoltre il fenomeno del cortocircuito, pur con tutti gli accorgimenti possibili, non si può evitare del tutto e come conseguenza di ciò abbiamo dei consumi abbastanza elevati e, in termini specifici, anche le emissioni inquinanti sono alte. 20

21 VII.7 Modalità di combustione nei motori a combustione interna Abbiamo visto come nel funzionamento reale di un motore a combustione interna il fenomeno della combustione si verifica all interno del cilindro: è un fenomeno molto complicato che si realizza in maniera diversa a seconda che il motore sia ad accensione comandata o ad accensione per compressione. Ciò che vogliamo fare adesso è una descrizione delle modalità con cui si verifica la combustione nelle due tipologie di motori. Per quanto riguarda i motori ad accensione comandata, quando ne abbiamo descritto il principio di funzionamento abbiamo detto che attraverso le valvole di aspirazione passa una miscela di aria e combustibile. Per tale motivo questo tipo di motori sono anche denominati motori premiscelati, nel senso che la miscela di aria e combustibile si crea prima dell ingresso nel cilindro. Il combustibile ha tutto il tempo di evaporare e formare con l aria una miscela omogenea per cui una volta che questa è entrata nella camera di combustione in ogni punto abbiamo lo stesso rapporto ariacombustibile. La caratteristica di bruciare una miscela omogenea è comune sia ai più vecchi motori con carburatore, sia ai più moderni motori ad iniezione. La quantità di combustibile che si deve miscelare con l aria dipende dal valore del parametro α, che per un motore ad accensione comandata deve essere pari ad α stec. Vediamo come si realizza la combustione: quando la miscela omogenea riempie la camera di combustione, mediante la candela si fa scoccare una scintilla;si genera una fiamma per il valore di temperatura raggiunto, che partendo dalla candela si propaga progressivamente a tutta la miscela contenuta nella camera di combustione. La propagazione del fronte di fiamma ha una velocità non elevata (12 ~13 m/s) e perciò le parti della miscela più lontane dalla candela bruciano trascorso un certo tempo dallo scoccare della scintilla, dovendo ricevere calore dalle parti di miscela che bruciano prima. Le parti bruciate inoltre espandendosi comprimono le parti della miscela ancora incombuste le quali aumentano la temperatura fino al raggiungimento del valore di innesco per la combustione.se queste parti che dovrebbero bruciarsi dopo ricevono calore in misura eccessiva, la loro temperatura sale notevolmente e si verifica così un autoaccensione: questo è il fenomeno che dà origine alla detonazione ( la combustione avviene improvvisamente in tutta la massa gassosa). La detonazione provoca un incremento brusco di pressione che produce un urto nel cilindro noto come battito in testa: se un motore batte in testa significa che il combustibile non è adeguato al rapporto di compressione. L immissione della quantità di combustibile nell aria aspirata deve essere dunque molto precisa: nei motori di vecchia concezione questo compito veniva svolto dal carburatore, di cui di seguito è riportato uno schema: 21

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