PERSONALITA, TEMPERAMENTO E DISTURBO DI PANICO
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1 UNIVERSITA VITA-SALUTE SAN RAFFAELE FACOLTA DI PSICOLOGIA Corso di Laurea in Scienze psicologiche PERSONALITA, TEMPERAMENTO E DISTURBO DI PANICO Relatore: Prof. Enrico Smeraldi Correlatore: Dott. Michele Cucchi Elaborato finale di: Maddalena Malanchini matr Anno Accademico 2008/2009
2 1 Introduzione Il disturbo di panico (DP) con o senza agorafobia è una patologia mentale molto frequente nella popolazione generale: secondo recenti studi epidemiologici la prevalenza lifetime del disturbo si aggira intorno al 4,7% (Kessler et al., 2006). Il decorso del DP risulta estremamente variabile (può essere un decorso cronico, ricorrente o remittente) (Cassano, 2006); tuttavia in una percentuale elevata di pazienti il disturbo persiste per anni e può determinare un notevole indebolimento del funzionamento della persona ed una sostanziale riduzione della qualità della vita. Come sempre accade nella patologia psichiatrica, anche il disturbo di panico va interpretato come un disturbo a genesi sostanzialmente multifattoriale, dove i diversi fattori implicati (fattori genetici, biochimici, ambientali, relazionali) interagiscono tra loro (Rizzoli & Smeraldi, 1993). Sono stati effettuati vari tentativi di correlare il DP e la relativa componente agorafobica con particolari caratteristiche di personalità, partendo da prospettive diverse e con strumenti di indagine differenti (Cassano & Pancheri, 1999). La personalità può essere definita come l insieme delle modalità di comportamento, di pensiero e di relazionarsi con gli altri inerenti un dato soggetto, su base sia congenita che acquisita; essa comprende il temperamento, che è il fondo biologico, umorale che indirizza le condotte del soggetto, e il carattere, il quale si riferisce allo stile di comportamento, legato non solo a fattori costituzionali ma anche a modalità apprese (Cassano, 2006). Questo elaborato si propone di esaminare la letteratura presente rispetto alle possibili relazioni che sussistono tra i tratti di personalità, disturbi di personalità e disturbi d ansia, in particolare il DP. Le principali ipotesi sviluppate in letteratura sul tema di questa relazione, suggeriscono varie possibilità di legame. Essenzialmente le caratteristiche personologiche sono state studiate in relazione ai disturbi d ansia sotto varie prospettive: quali fattori di predisposizione, fenotipi che conseguono al disturbo di asse I, manifestazioni cliniche a comune genesi ezipatologica, 1
3 fattori con non ben definita relazione causa effetto o di associazione ma da considerare come influenzanti la prognosi del disturbo di asse I (Brandes & Bienvenu, 2006). L elaborato cercherà di fornire una review della letteratura analizzando validità e solidità dei risultati proposti dagli studi a sostegno delle ipotesi teoriche degli Autori. 2
4 2 Il Disturbo di Panico Il disturbo di attacchi di panico, così come definito da Donald Klein nel 1962, è caratterizzato dalla presenza di brevi e inattesi attacchi di ansia associati a fenomeni cognitivi, neurovegetativi e comportamentali. Essi sono seguiti da una condizione di attesa di successivi attacchi e di anticipazione ansiosa che alimenta una serie di comportamenti di evitamento claustro- e agorafobici e quindi uno stato di dipendenza e di demoralizzazione (Cassano, 2006). 2.1 Diagnosi categoriale Secondo la definizione proposta nell ultima edizione del manuale dell American Psychiatric Association (DSM-IV TR) l attacco di panico è un episodio di intensa paura o disagio, associato a una serie di sintomi somatici e cognitivi, che è in genere inaspettato, insorge all improvviso, ha una durata breve (da pochi minuti a mezz ora) ed è accompagnato da un senso di pericolo o catastrofe imminente o urgenza di allontanarsi (American Psychiatric Association, 2002). Per la diagnosi è necessaria la presenza di almeno 4 sintomi tra i 13 sintomi seguenti: palpitazioni, sudorazione, tremori, dispnea o sensazione di soffocamento, sensazione di asfissia, senso di oppressione o dolore toracico, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento o svenimento oppure capogiri, derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (sensazione di essere distaccati da se stessi), paura di impazzire o di fare qualcosa di incontrollato, paura di morire, paraestesie (sensazioni di torpore o formicolio), vampate di caldo o sensazione di freddo (American Psychiatric Association, 2002). Gli attacchi che soddisfano tutti gli altri criteri ma che sono caratterizzati da meno di 4 sintomi somatici o cognitivi sono definiti attacchi di panico minori o paucisintomatici. In genere, oltre che per il numero limitato di sintomi, gli attacchi minori si distinguono da quelli maggiori sopra descritti anche per una intensità ridotta dell esperienza ansiosa. Tra i sintomi caratteristici degli attacchi minori sono da ricordare le vertigini, spesso isolate, le palpitazioni, i sentimenti di irrealtà, le vampate di caldo ed i brividi di freddo (Cassano & Pancheri, 1999). 3
5 Gli attacchi di panico possono essere distinti in tre categorie, a seconda delle circostanze in cui si manifestano e della presenza o assenza di fattori scatenanti (American Psychiatric Association, 2002): a) attacchi inattesi (non provocati): l insorgenza dell attacco è improvvisa e inaspettata, apparentemente immotivata e non associata a fattori situazionali scatenanti (il soggetto lo avverte come un fenomeno spontaneo, a ciel sereno ); b) attacchi situazionali (provocati): gli attacchi si manifestano pressoché costantemente quando il soggetto è esposto ad un certo stimolo o situazione o in previsione dell esposizione; c) attacchi sensibili alla situazione: sono simili agli attacchi di panico causati dalla situazione, ma non sono invariabilmente associati allo stimolo e non si manifestano necessariamente subito dopo l esposizione; è possibile infatti che si verifichino a distanza di un certo tempo dall inizio dell esposizione allo stimolo o situazione. Inoltre gli attacchi di panico possono essere classificati in diversi sottotipi in base alla prevalenza di certi sintomi rispetto ad altri (Massana et al., 2001; Briggs, Stretch, & Brandon, 1993; Lelliott & Bass, 1990): a) sottotipo con sintomi respiratori b) sottotipo con sintomi gastrointestinali c) sottotipo con sintomi cardiaci d) sottotipo con sintomi pseudoneurologici. In un dato paziente gli attacchi di panico sono fenomeni psicopatologici omotipici (si verificano sempre con le stesse modalità nello stesso paziente).il disturbo di panico (DP) è caratterizzato da ricorrenti e inaspettati attacchi di panico seguiti, almeno per un mese, da preoccupazione costante di incorrere in un nuovo attacco o riguardo le conseguenze che ne possono derivare (ansia anticipatoria) oppure da una modificazione costante del proprio comportamento correlata agli attacchi (evitamento) (American Psychiatric Association, 2002). L ansia anticipatoria viene quindi definita come paura della paura in quanto legata al timore o ansia di incorrere in un attacco di panico. Essa può essere presente sia come condizione di base durante lo svolgimento delle normali attività quotidiane, sia nel periodo precedente all esposizione a situazioni fobiche. 4
6 Il DP è spesso accompagnato da agorafobia, la quale consiste nella paura di trovarsi in spazi aperti (ad esempio in una piazza) o in luoghi affollati o chiusi (come mezzi pubblici, ascensori, automobili) oppure in situazioni nelle quali può risultare difficile o imbarazzante allontanarsi o essere soccorsi nel caso in cui si verificasse una crisi improvvisa (American Psychiatric Association, 2002). Il soggetto tipicamente sviluppa quindi comportamenti di evitamento rivolti a questi luoghi o situazioni. Alcuni individui riescono a sopportare le esposizioni ma con intenso disagio e con l ansia che si verifichi un attacco di panico. Spesso sono in grado di confrontarsi con la situazione temuta soltanto in presenza di un accompagnatore. Per la diagnosi di disturbo di panico, il DSM-IV TR richiede che gli attacchi siano ricorrenti, inaspettati e che siano seguiti per almeno un mese da uno o più dei seguenti sintomi: a) preoccupazione persistente di incorrere in un altro attacco di panico; b) preoccupazione sulle possibili implicazioni o conseguenze degli attacchi; c) significativo cambiamento del comportamento correlato agli attacchi. Inoltre la componente agorafobica può essere presente o assente (diagnosi di disturbo di panico con/senza agorafobia) e gli attacchi non devono essere meglio giustificati dalla presenza di un altro disturbo mentale, né dagli effetti fisiologici di una sostanza (es.,droga di abuso), né da una condizione medica generale (es., ipertiroidismo) (American Psychiatric Association, 2002). 2.2 Epidemiologia La maggior parte degli studi epidemiologici stima che nella popolazione generale la prevalenza lifetime del disturbo di panico sia del 4,7%, con un tasso del 2,8% in dodici mesi (Kessler et al., 2006); per quanto riguarda l agorafobia, la prevalenza lifetime varia dallo 0,6% al 6% (Giberti & Rossi, 2005). Uno studio recente svolto da Kessler e collaboratori su oltre novemila soggetti ha stimato che la prevalenza lifetime: per gli attacchi di panico isolati senza agorafobia è del 22,7%; per gli attacchi di panico con agorafobia (ma senza che si sviluppi il disturbo di panico) è dello 0,8%; per il disturbo di panico senza agorafobia è del 3,7%; 5
7 per il disturbo di panico con agorafobia è dell 1,1% (Kessler et al., 2006). L età di esordio si colloca tra i 15 e i 35 anni (in media 25 anni), tuttavia il DP può insorgere anche nell infanzia o dopo i 45 anni (American Psychiatric Association, 2002). Disturbo di panico e agorafobia sono entrambi maggiormente presenti nelle donne: il DP senza agorafobia viene diagnosticato con una frequenza doppia nel sesso femminile, mentre per il DP con agorafobia il rapporto maschi/femmine è di 1 : 3 (American Psychiatric Association, 2002). 2.3 Eziopatogenesi Per quanto riguarda l eziopatogenesi del DP, sembrano essere coinvolti i sistemi neurotrasmettitoriali principali (serotoninergico, noradrenergico e GABAergico) e aree funzionali specifiche: il tronco cerebrale (in particolare il locus coeruleus e il nucleo del rafe, che sarebbe implicato nello sviluppo dell attacco di panico), il sistema limbico (forse alla base dell ansia anticipatoria) e la corteccia frontale (forse coinvolta nell evitamento) (Cassano, 2006). Sulla base di queste evidenze si sono sviluppati due modelli interpretativi differenti. Il primo filone (modello omeostatico) vede l attacco di panico come un fenomeno legato al malfunzionamento dei sistemi del tronco dell encefalo che controllano le funzioni omeostatiche (respirazione, funzione cardiaca e vestibolare). Il secondo filone (modello dei circuiti della paura) esclude che ci sia un malfunzionamento dei sistemi omeostatici e propone invece che il panico rappresenti una reazione di paura eccessiva e immotivata verso generiche e fisiologiche sensazioni corporee; essa è modulata dai circuiti della paura il cui fulcro è situato nell amigdala (Bellodi, 2005). Studi familiari e gemellari indicano una possibile ereditarietà del disturbo. Il rischio per i parenti di primo grado di un soggetto con DP di contrarre la medesima patologia è da 4 a 8 volte maggiore rispetto a quello di andare incontro ad altre patologie psichiatriche (Giberti & Rossi, 2005). In particolare, secondo uno studio familiare condotto da Crowe e collaboratori, il rischio per i parenti di primo grado risulta essere intorno al 25%, significativamente superiore al rischio del 2% per i soggetti di controllo (Crowe, Noyes, Pauls, & Slymen, 1983). Allo stesso modo, la concordanza per il DP 6
8 nei gemelli monozigoti è risultata maggiore che nei dizigoti ( 31%versus 10%) (Torgersen, 1983). 2.4 Fenomenologia Psicopatologica L attacco di panico ha un esordio brusco, avviene in assenza di un reale pericolo e nel giro di pochi minuti (circa 10) raggiunge il picco di massima intensità. Successivamente, entro massimo mezz ora, le manifestazioni cliniche si esauriscono spontaneamente e si verifica una fase post-critica, caratterizzata da sintomi similinfluenzali quali spossatezza, dolori muscolari, sensazione di testa confusa o vuota, sbandamenti, vertigini. Questa fase può durare fino a qualche ora (Cassano & Pancheri, 1999). Circa la metà dei pazienti presenta attacchi di panico notturni che si verificano solitamente nello stadio 2 e 3 del sonno e la cui sintomatologia è sovrapponibile a quella degli episodi diurni (sintomi somatici e cognitivi) (Albert, Maina, Bergesio, & Bogetto, 2006). Il perpetuarsi degli attacchi notturni può provocare insonnia secondaria alla paura di avere ulteriori crisi durante il sonno (Cassano, 2006). Generalmente il paziente ricorda il primo attacco di panico come un esperienza alquanto drammatica, che rimane vivida nella sua memoria e lo stesso vale per la situazione o il luogo in cui si è verificato (Cassano & Pancheri, 1999). Il timore che gli attacchi possano ripetersi genera nel soggetto una condizione di aspettativa ansiosa (ansia anticipatoria). Essa è connotata da uno stato di apprensione e paura e da una serie di sintomi fisici analoghi a quelli dell attacco di panico, dai quali si distingue per l insorgenza graduale, la durata protratta e per la minore fluttuazione dell intensità della sintomatologia. Inoltre l ansia anticipatoria può essere controllata dal soggetto attraverso rassicurazioni o allontanandosi dalla situazione temuta, mentre l attacco di panico sfugge al suo controllo una volta innescato. In alcuni casi l ansia anticipatoria può essere talmente persistente che determina uno stato di allarme caratterizzato da preoccupazioni e timore riguardo le conseguenze degli attacchi; questa condizione è spesso fonte di grave sofferenza e può permanere anche quando gli episodi critici si sono diradati (Cassano & Pancheri, 1999). 7
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