ANALISI DEI GENI DEL COLORE DEL MANTELLO: TRACCIABILITÀ DI RAZZA

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1 ANALISI DEI GENI DEL COLORE DEL MANTELLO: TRACCIABILITÀ DI RAZZA Prof. Vincenzo Russo, Prof. Luca Fontanesi Università di Bologna, Reggio Emilia (Relazione tenuta in occasione della 7ª Conferenza Mondiale Allevatori Razza Bruna) Introduzione La formazione delle razze bovine deriva da un lungo processo che, partendo sin dalla domesticazione avvenuta in periodi preistorici, passa attraverso una serie di eventi naturali e biologici, sociali ed economici che si sono susseguiti dai primordi della civiltà ad oggi. Gli elementi disponibili per la ricostruzione della preistoria dei bovini si riducono a graffiti trovati nelle caverne abitate dall uomo primitivo ed ai reperti ossei rinvenuti nei primi insediamenti. In epoca storica la più numerosa documentazione pervenutaci sull allevamento bovino è costituita da rappresentazioni artistiche nei monumenti, nelle tombe ed in altri manufatti delle civiltà più antiche, raffigurazioni pittoriche, documenti e trattati delle età successive e da trattati scientifici dell età moderna. Tuttavia, per quanto riguarda la distinzione in razze, intese nel significato moderno che si attribuisce al termine, la documentazione risulta insufficiente e insicura fino al XVIII secolo, periodo in cui inizia, principalmente in Europa Occidentale, il processo di formazione e perfezionamento della maggior parte delle razze oggi esistenti. Ancora all inizio del XVIII secolo, in tutte le località dei vari paesi europei il bestiame allevato era generalmente eterogeneo per caratteri esteriori e per attitudini produttive. E stato questo il materiale di partenza per la formazione delle razze. Da questo materiale alcuni allevatori iniziarono a scegliere gli esemplari che, o per il loro aspetto esteriore o per qualche misura, spesso stimata soggettivamente, delle loro capacità produttive, meglio si adattavano ai sistemi produttivi e alle esigenze di allora. Allo scopo di distinguerli dagli altri soggetti presenti nei loro allevamenti, questi allevatori cercarono di rendere uniforme l aspetto esteriore degli animali prescelti. Ciò nella convinzione che alcune caratteristiche morfologiche, quali ad esempio il colore del mantello, fossero associate con il livello delle produzioni di latte o carne o con la resistenza alla fatica o all adattamento all ambiente. In questo modo, veniva attuandosi un processo di selezione che ha portato all isolamento riproduttivo di gruppi di animali con caratteristiche uniformi e diverse da altri gruppi. Successivamente gli operatori che intendevano allevare lo stesso tipo di bestiame si sono riuniti in gruppi, consorzi o società che già prefiguravano le moderne associazioni di razza. Queste associazioni, per raggiungere l obiettivo della standardizzazione, cercarono di tenere i loro animali in isolamento riproduttivo attuando accoppiamenti soltanto tra soggetti appartenenti a membri delle associazioni, fissando, così, alcuni caratteri fenotipici quali le dimensioni corporee, il colore del mantello, la pigmentazione delle mucose, la presenza o assenza di corna e la loro forma. Successivamente i programmi di selezione sono stati perfezionati passando dalla scelta dei riproduttori in base a criteri morfologici a quella in base a criteri funzionali (produzione di latte, incremento ponderale, efficienza nella trasformazione degli alimenti, ecc.) e passando poi dalla selezione fenotipica a quella genotipica. Perciò le razze bovine sono popolazioni chiuse (o parzialmente chiuse) costituite da soggetti con peculiari caratteristiche morfologiche e funzionali che le distinguono da altre, conservate e selezionate da allevatori che perseguono obiettivi comuni e che a tal fine si riuniscono in associazione ed utilizzano un sistema centrale di identificazione, registrazione e controllo. Il fulcro di questo sistema oggi è costituito dai controlli funzionali e dal libro genealogico a cui possono essere iscritti animali con un particolare standard proprio di razza che include in genere anche un caratteristico colore del mantello. Il colore del mantello è, infatti, il principale carattere esteriore che viene utilizzato per descrivere e riconoscere le diverse razze bovine. Le conoscenze che si sono acquisite negli ultimi anni sui meccanismi biochimici e genetici che influenzano la pigmentazione nei mammiferi ha portato all identificazione e all isolamento di alcuni geni-chiave coinvolti nei processi che determinano la colorazione del mantello nei bovini. Mutazioni in questi geni sono state correlate direttamente ad un certo colore del mantello. Se, come si è detto, nelle principali razze bovine questo carattere fenotipico è fissato, si può dedurre che particolari alleli di questi geni possono essere presenti in tutti gli animali di una particolare razza o che possano addirittura essere razza-esclusivi. Ne consegue che marcatori genetici che permettano di identificare questi alleli direttamente a livello del DNA possono divenire importanti

2 strumenti per tracciare i prodotti che derivano da una particolare razza. In altri termini si può pensare di utilizzare i geni che determinano il colore del mantello per identificare o escludere la razza di provenienza dei prodotti di origine animale. Infatti sia nella carne che nel latte (attraverso le cellule somatiche) e quindi anche nel formaggio è presente il DNA dell animale da cui deriva quella particolare produzione. Su questi principi si pongono le basi della tracciabilità di razza mediante l utilizzo di tecniche di genetica molecolare. Genetica e biochimica del colore del mantello: alcuni elementi Dal punto di vista biochimico e fisiologico, la pigmentazione nei bovini e in tutti i mammiferi ha la sua base nella presenza o nell assenza di pigmenti, le melanine, nei peli e nella pelle. Le melanine sono pigmenti di vario peso molecolare che si formano dall ossidazione enzimatica dell amino acido tirosina e da cui derivano due tipi di pigmenti: eumelanine (pigmenti neri/marroni) e feomelanine (pigmenti giallo/rossi). La pigmentazione è essenzialmente determinata dalla distribuzione dei due pigmenti che producono, rispettivamente, una colorazione nera/marrone e giallo/rossa. Le vie metaboliche che portano alla sintesi di questi due tipi di melanine sono per buona parte conosciute. L enzima chiave in questo processo è la tirosinasi che catalizza i primi due passaggi metabolici che partono dall idrossilazione della tirosina a diidrossifenilalanina (DOPA) e la successiva ossidazione di questo metabolita a DOPAchinone. Le eumelanine derivano poi dai metaboliti del DOPAcromo mentre le feomelanine sono prodotte dai metaboliti del 5-S-cisteinilDOPA (Prota, 1992). Le melanine sono sintetizzate e accumulate nei melanosomi che sono particolari organelli del citoplasma di cellule specializzate, i melanociti, che risiedono fra il derma e l epiderma. I melanosomi sono trasferiti poi nei peli durante la loro crescita tramite un processo di esocitosi. Durante lo sviluppo embrionale i melanociti, partendo dalla cresta neurale, migrano nelle diverse parti del corpo conferendo alle aree in cui sono presenti la pigmentazione. Nelle aree in cui mancano i melanociti si formano macchie bianche che conferiscono la caratteristica pezzatura di alcune razze. Inoltre, in alcune parti del corpo la pigmentazione può essere modificata a seconda della più o meno ridotta attività dei melanociti. I primi studi sulla genetica del colore del mantello nei bovini, effettuati all inizio del 1900, sono appena successivi alla riscoperta delle leggi di Mendel (Barrington e Pearson, 1906). A queste ricerche seguirono altri studi che stabilirono omologie di colorazione tra i diversi mammiferi e da allora questi schemi sono stati utilizzati per descrivere il colore del mantello anche nei bovini (Wright, 1917; Lauvergne, 1966; Searle, 1968). I principali loci, identificati mediante diversi incroci e analisi della segregazione dei vari colori sono, Agouti (A), Extension (E), Albino (C), Brown (B), Dilution (D), Roan (R), Silver e Spotted (S), ciascuno con una propria serie allelica a volte non ben chiara (Searle, 1968; Olson, 1999). La relativa proporzione dei due tipi di melanina è controllata dai loci Extension (E) e Agouti (A) che manifestano effetti epistatici. In diversi mammiferi, alleli dominanti al locus E producono un colore del mantello nero mentre alleli recessivi danno luogo ad una colorazione rosso/giallastra. Alleli al locus A determinano il colore nero recessivo solo quando al locus E è presente l allele selvatico ma non l allele dominante o recessivo. Altri loci determinano l'estensione della pigmentazione e l intensità della pigmentazione. Fra questi, il locus W (White Spotting), che secondo alcuni studi è riferibile al locus S (Spotted), agisce sull'estensione della pezzatura, il locus Roan (R) determina l'omonimo colore, il locus Dilute agisce diluendo la pigmentazione, il locus Silver determina la perdita dei melanociti follicolari con conseguente ingrigimento del mantello, il locus Brown determina il colore marrone, ecc. Un elenco più completo dei loci che influenzano il colore del mantello nei mammiferi si può trovare in Searle (1968). Un metodo di classificazione delle razze bovine si basa sulla colorazione del mantello e sulla distribuzione della colorazione. Un primo tentativo di classificare le razze bovine italiane utilizzando il colore del mantello e delle estremità come caratteri discriminanti uniti al possibile genotipo per i principali loci che influenzano il colore è stato effettuato da Renieri et al. (1984) che suddivisero le razze in 10 gruppi che a loro volta possono essere riuniti in due gruppi principali: eumelanico e feomelanico. Anche il Database sulle razze degli animali di interesse zootecnico preparato e mantenuto dalla European Association for Animal Production (EAAP) ( suddivide le razze bovine in 10 gruppi (gruppi bianco e nero, nero, a pattern rosso, rosso, bruno, grigio, blue, biondo, bianco e multicolorato) che comprendono a loro volta diversi sottogruppi.

3 Genetica molecolare e colore del mantello Grazie alle conoscenze che derivano dall embriologia, dalla biochimica e dalla genetica molecolare è stato possibile identificare e caratterizzare i principali geni che influenzano il colore del mantello. Questi geni sulla base delle loro funzioni possono essere classificati come segue: 1) Geni coinvolti nella regolazione della melanogenesi: il locus Extension (E) che codifica per melanocortin receptor 1 (MC1R); il locus Agouti (A) che codifica per una proteina di circa 130 amino acidi (agouti signaling protein, ASIP) che agisce come antagonista dell αmelanocyte-stimulanting-hormone (α-msh) sul recettore MC1R. 2) Geni che influenzano lo sviluppo dei melanociti e la loro migrazione durante l embriogenesi: il locus White Spotting (W), identificato a livello molecolare come il gene KIT; il locus Roan (R) che codifica per mast cell growth factor (MGF) che si lega al gene KIT. 3) Geni che codificano per gli enzimi della biosintesi delle melanine: il locus Albino (C) che codifica per l enzima tirosinasi (TYR); il locus Brown che codifica per l enzima tyrosinaserelated protein 1 (TYRP1); il locus Slaty che codifica per l enzima tyrosinase-related protein 2 (TYRP2). 4) Geni che influenzano la morfologia dei melanociti: ad esempio il locus Dilute (D) che codifica per una miosina di tipo V (MYO5A). 5) Geni che influenzano la struttura e la funzione dei melanosomi: il locus Silver (PMEL17) e il locus pink-eyed dilution (p) che codificano per proteine transmembrana dei melanosomi. Il locus Extension è stato inizialmente caratterizzato a livello molecolare nel topo. Questo locus codifica per Melanocortin receptor 1 (MC1R) indicato anche come Melanocyte stimulating hormone receptor (Robbins et al., 1993) che è una proteina transmembrana della famiglia dei G- protein-coupled receptors. Oltre che nel topo, anche nell uomo (Valverde et al., 1995), nel cavallo (Marklund et al., 1996), nella pecora (Våge et al., 1999), nel pollo (Takeuchi et al., 1997) e nel suino (Kijas et al., 1998) diverse mutazioni nel gene MC1R sono state associate a differenti colori del mantello. Nel bovino sono stati identificati diversi alleli al locus MC1R (Klungland et al., 1995; Joerg et al., 1996; Rouzaud et al., 2000; Kriegesmann et al., 2001; Graphodatskaya et al., 2002; Maudet e Taberlet, 2002). Di questi, tre sono i principali: l'allele "wild type" E + (che, in verità è riconducibile a più di una mutazione e quindi a diversi alleli) che produce diverse colorazioni; l'allele dominante E D (caratterizzato da una mutazione puntiforme che cambia l'aminoacido in posizione 99, L99P) che determina il colore nero del mantello; l'allele e, caratterizzato da una delezione puntiforme che causa uno slittamento nella lettura dei codoni e quindi una proteina non funzionale, e, in condizioni omozigoti determina il colore rosso del mantello. Il locus Extension interagisce in modo epistatico con il locus Agouti. Quando è presente l'allele considerato selvatico al locus E (E + ) si può esprimere l'allele recessivo a (al locus Agouti), che determina il colore nero recessivo (Olson, 1999). L'altro allele al locus Agouti (A + ), ipotizzato essere presente nei bovini, sembrerebbe determinare il colore marrone sempre quando è presente l'allele E + al locus Extension (Adalsteinsson et al., 1995). Il gene è stato isolato in molte specie tra cui anche in quella bovina per la quale è disponibile in banca dati la sequenza completa del gene. Tuttavia, fino ad ora non sono state segnalate mutazioni a livello del DNA in alcuna razza. Il locus W (white spotting) è caratterizzato nel topo da mutazioni nel gene c-kit receptor (KIT; Chabot et al., 1988). Nel suino mutazioni nel gene KIT causano il colore del mantello bianco e cinghiato (Marklund et al., 1998). Nel bovino il locus "Spotted" con l'allele white face caratteristico della razza Hereford, è stato mappato sul cromosoma 6 dove mappa il gene KIT (Grosz e MacNeil, 1999). Nella stessa regione è stato mappato un QTL per l estensione della pezzatura nelle razze Frisone e Simmental (Reinsch et al., 1999). Da questi studi si è ipotizzata quindi l esistenza di più alleli del gene KIT con diverso effetto fenotipico. Tuttavia, fino ad ora non sono state identificate mutazioni del gene KIT che causano il fenotipo white spotting nel bovino. Per questo gene, in un introne, è stato identificato un polimorfismo biallelico (Olsen et al., 2000) che è stato utilizzato come marcatore in un primo studio di associazione con il colore del mantello nei bovini, evidenziando linkage disequilibrium tra questo locus e la pezzatura (Klungland et al., 2000). Il locus Roan (Roano, R) è stato recentemente mappato sul cromosoma 5 di bovino e lo studio di un gene candidato (mast cell growth factor, MGF) ha evidenziato una mutazione puntiforme nell'esone 7 del gene MGF che determina il cambio di un aminoacido (Ala? Asp) negli animali di razza Blue Belga e Shorthorn (Seitz et al., 1999). Questa mutazione dell amino acido 193 probabilmente altera la struttura ad α elica del suo dominio ed è stata indicata come la causa del caratteristico colore roano in queste due razze.

4 Nel gene TYRP1 (locus Brown) di bovino sono state identificate tre mutazioni non conservative. Una di queste (H424Y) sembrerebbe interagire con il locus MC1R determinando la colorazione bruna solo nella razza Dexter (Berryere, et al., 2003). Oltre ai geni sopra descritti, altri, che secondo ricerche effettuate soprattutto in animali da laboratorio influenzano il colore del mantello, sono stati isolati nel bovino. Fino ad ora, però, non sono stati effettuati studi di associazione tra questi geni e il colore del mantello nella specie bovina. Applicazioni della genetica molecolare per la tracciabilità dei prodotti di origine animale: i formaggi monorazza Per tracciabilità dei prodotti di origine animale si può intendere, in generale, l insieme dei metodi e dei sistemi che permettono di mantenere l identificazione dell animale o di un gruppo di animali da cui provengono i prodotti lungo tutta la filiera, dall allevamento fino al piatto del consumatore finale. La tracciabilità rappresenta un fondamentale aspetto per garantire la qualità e la sicurezza degli alimenti, tutelando il consumatore ma anche il produttore, da possibili frodi. Di particolare importanza è la messa a punto di sistemi di tracciabilità per i prodotti tipici di alta qualità, in quanto si mettono a disposizione gli strumenti per difendere e valorizzare queste produzioni. La genetica molecolare permette di effettuare abbastanza facilmente, almeno in linea teorica, una tracciabilità individuale degli animali per mezzo di marcatori del DNA altamente polimorfi come i microsatelliti o molto diffusi nel genoma come gli SNP (single nucleotide polymorphisms). Utilizzando un certo numero di questi loci si ha una bassissima probabilità di trovare due animali identici, cioè che presentano gli stessi alleli per tutti i marcatori analizzati. La tracciabilità individuale basata sull analisi del DNA, sviluppata soprattutto per la carne bovina, può essere utilizzata per controllare i sistemi tradizionali di tracciabilità effettuta su supporti cartacei oppure per affiancarli o sostituirli se si riusciranno a ridurre i costi attuali. La tracciabilità di razza si pone come esigenza quando è necessario garantire produzioni che si ottengono solo con animali di una particolare razza e per i quali, per motivi di costi o logistici o tecnici non è conveniente o non si può attuare una tracciabilità individuale. Un esempio particolare è rappresentato dai formaggi tipici prodotti solo con latte di una particolare razza per i quali ci sono già in Italia alcuni esempi. Tra questi possiamo ricordare il formaggio Parmigiano Reggiano di solo razza Reggiana e i formaggi disolabruna. Presso la Sezione di Allevamenti Zootecnici dell Università di Bologna sono state iniziate alcune ricerche per mettere a punto metodi di analisi basati sulla genetica molecolare per la tracciabilità di questi di due tipi di formaggio monorazza. Per la tracciabilità di razza ci si è basati sullo studio dei geni del colore del mantello partendo dall analisi dei polimorfismi al locus MC1R (Russo et al., 2003). Analizzando più di 100 bovine di razza Reggiana è stato evidenziato in questo locus solo la presenza dell allele e. Poiché la razza presenta il mantello di colore fromentino (rossiccio) questi risultati confermano che l allele recessivo al locus Extension determina il colore rosso dei bovini. Nella razza Frisona, che presenta un altissima frequenza dell allele E D che determina il colore nero, è stato trovato anche l allele e con bassissima frequenza e solo in alcuni soggetti eterozigoti E D e (Russo et al., 2003). Nella razza Bruna è risultato presente l allele E + e con una bassissima frequenza anche l allele e, sempre trovato in condizione eterozigote (cioè E + e) (Russo e Fontanesi, dati non pubblicati). Questi primi dati permetterebbero di utilizzare il gene MC1R per identificare o escludere, per quanto riguarda almeno alcune razze, la provenienza del latte e quindi dei formaggi, oltre che, ovviamente, anche della carne. Questo locus infatti, è stato oggetto di studio per l identificazione di marcatori specifici delle razze bianche da carne italiane (Crepaldi et al., 2003). Conclusioni L attività di selezione dell uomo che ha operato nella costituzione delle razze rendendole uniformi per diversi caratteri morfologici, tra cui il colore del mantello, ha operato indirettamente a livello del DNA fissando alcuni alleli in questi geni che oggi possiamo identificare ed analizzare con le tecniche della genetica molecolare. Per garantire e valorizzare produzioni monorazza, quali ad esempio alcuni formaggi, per i quali non è possibile utilizzare la tracciabilità individuale, i marcatori dei geni del colore del mantello sembrano molto promettenti ai fini di una tracciabilità di razza. I dati relativi al gene MC1R permettono, già, di approntare alcuni protocolli di analisi anche se, per renderli più efficienti e discriminanti, sono necessari ulteriori studi su altre razze. Inoltre, per migliorare

5 la capacità di discriminazione sono necessari altri studi su altri geni che influenzano i colore del mantello. Bibliografia Adalsteinsson S., et al. (1995) J. Hered. 86, Barrington A., Pearson K. (1906) Biometrica 4, Berryere G.T., et al. (2003) Anim. Genet. 34, Bultman S.J., et al. (1992) Cell 71, Chabot B., et al. (1988) Nature 335, Charlier C., et al. (1996) Mamm. Genome 7, Crepaldi P., et al. (2003) It. J. Anim. Sci. 2 (Suppl. 1), Graphodatskaya D., et al. (2002) J. Receptors Sign. Transduct. 22, Grosz M.D., MacNeil M.D. (1999) J. Hered. 90, Joerg H., et al. (1996) Mamm. Genome 7, Kijas J.M.H., (1998) Genetics 150, Klungland H., et al. (2000) J. Anim. Breed. Genet. 117, Klungland H., et al. (1995) Mamm. Genome 6, Kriegesmann B., et al. (2001) J. Dairy Sci. 84, Lauvergne J.J. (1966) Bibliogr. Génét. 20, Marklund L., et al. (1996) Mamm. Genome 7, Marklund S., et al. (1998) Genome Res. 8, Maudet C., Taberlet P. (2002) J. Dairy Sci. 85, Olsen H., et al. (2000) Anim. Genet. 31, 71. Olson T.A. (1999) In: Fries R., Ruvinsky A. "The Genetics of Cattle" CABI Publishing, Oxon, UK. Prota G. (1992) Melanins and Melanogenesis. Academic Press, New York. Reinsch N., et al. (1999) J. Hered. 90, Renieri C., et al. (1984) Riv. Zootec. Vet. 12, Rieder S., et al. (2001) Mamm. Genome 12, Robbins L.S., et al. (1993) Cell 72, Rouzaud F., et al. (2000) Genet. Sel. Evol. 32, Russo V., et al. (2003) Proc. 54 th EAAP meeting, August 31 st September 3 rd, Rome. Searle A.G. (1968) Comparative Genetics of Coat Colour in Mammals. Logos Press, London, UK. Seitz J.J., et al. (1999) Mamm. Genome 10, Våge D.I, et al. (1999) Mamm. Genome 10, Valverde P., et al. (1995) Nature Genet. 11, Wright S. (1917) J. Hered. 8,

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