Monitoraggio on line dei trattamenti adroterapici con fasci di carbonio mediante la rilevazione di particelle secondarie

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1 FACOLTÀ Università degli Studi di Milano DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Triennale in Fisica Tesi di laurea triennale Monitoraggio on line dei trattamenti adroterapici con fasci di carbonio mediante la rilevazione di particelle secondarie : Marco Arrighetti Matricola Relatore interno: Prof.ssa Daniela Bettega Relatore esterno: Dott. Giuseppe Battistoni Anno Accademico

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3 2 Sommario La ricerca di migliori soluzioni terapeutiche per i tumori è ancora un fondamentale campo di studio e di sviluppo della scienza medica. Molteplici strade vengono esplorate contemporaneamente per arginare quella che ad oggi è una delle principali cause di morte nei paesi occidentali, ma che può essere efficacemente curata se diagnosticata con tempismo. Nella ricerca della miglior terapia, o della più opportuna combinazione delle stesse, le problematiche maggiori riguardano l efficacia, i danni collaterali ed i costi dei trattamenti considerati. Tra le terapie ancora in fase di sviluppo, l adroterapia con ioni con numero di massa 11<A<18 è un alternativa particolarmente promettente alla tradizionale radioterapia con fotoni, mentre l adroterapia con protoni è già in diffusione in virtù dei suoi evidenti vantaggi nella selettività spaziale. Difatti, caratteristica comune dei trattamenti adroterapici è una maggiore localizzazione del danno ai tessuti organici, risultando particolarmente adatti per contrastare tumori profondi e vicini ad organi a rischio. La scelta di diversi ioni (che costituiscono i proiettili del trattamento) può inoltre portare ad un danno più consistente ai tessuti stessi, permettendo così di contrastare più efficacemente quei tumori maggiormente radioresistenti. L adroterapia, in particolar modo quando fa uso di ioni con Z>1, richiede maggiori costi di installazione e funzionamento degli acceleratori di particelle, dei sistemi di posizionamento del paziente e di trasporto dei fasci, dei rivelatori necessari a verificare la distribuzione di energia rilasciata nel corpo e degli accurati esami (TC, RM, PET) a cui ogni paziente deve sottoporsi affinché si possa delineare il piano di trattamento più adatto al caso singolo. È quindi importante assicurare una grande efficacia delle nuove soluzioni proposte, affinché rimanga vantaggioso il rapporto costi/benefici. L efficacia di un trattamento adroterapico è essenzialmente legata alle questioni di posizionamento ed al naturale movimento degli organi interni. Difatti uno ione di carbonio (l unico ione con Z>1 attualmente in uso per scopi clinici) è ben più efficace dei fotoni o dei protoni, in pratica i meccanismi tramite i quali esso cede energia compromettono più facilmente la vita delle cellule colpite. È altresì necessaria una maggiore cura, poiché errori di posizionamento o modifiche dell anatomia del paziente tra una seduta e l altra potrebbero comportare una deposizione di dose su eventuali organi a rischio adiacenti alla massa tumorale maggiore della tolleranza ammessa dai piani di trattamento. Nonostante la distribuzione di energia ottenibile tramite ioni sia spesso assai più conforme alla massa tumorale, anche poca energia rilasciata

4 in zone indesiderate vanificherebbe la precisione intrinseca del trattamento adroterapico. È quindi di fondamentale importanza lo sviluppo di accurate tecniche di monitoring, ovvero tecniche che consentano di verificare l effettiva distribuzione energetica impartita ai tessuti, determinando il range degli ioni. Difatti le incertezze sulla stima di tale range non sono trascurabili. Una delle soluzioni in fase di studio, per esempio, consiste nell analisi delle particelle secondarie prodotte dall interazione del fascio con i tessuti biologici. Di particolare rilievo clinico sono quegli eventi che permettono di monitorare in tempo reale (on-line) la distribuzione di energia, così da poter correggere tutti i successivi irraggiamenti previsti nel piano di trattamento. Questo lavoro di tesi riguarda uno studio preliminare per il monitoring on line con fotoni da diseccitazione nucleare (o prompt) emessi da un trattamento adroterapico con ioni di 12 C, per valutare la correlazione tra il profilo longitudinale di emissione dei gamma prompt ed il profilo di deposizione energetica. Il trattamento considerato è quello pianificato per un tumore craniale dal CNAO di Pavia (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica). Lo studio si basa sui risultati ottenuti dalla simulazione Monte Carlo con codice FLUKA. Affiancandosi al lavoro del team di ricerca del progetto INSIDE, un ulteriore fine di questa tesi è di valutare le potenzialità di un rivelatore tracciante del tipo Compton Camera (come quello in sviluppo nel progetto INSIDE) nel monitoring adroterapico tramite gamma prompt. La presente tesi si articola come segue: Nel primo capitolo si spiega il funzionamento dell adroterapia ed i principi fisici su cui si basa, si introducono le grandezze biofisiche e dosimetriche utili per quantificare l azione della terapia stessa sui tessuti, si illustra la fondamentale questione della scelta delle particelle da utilizzare (se protoni o ioni di carbonio, di elio o di ossigeno) per riportare infine lo stato odierno di diffusione dei centri adroterapici ed i dati sui costi di un centro di trattamento. Il secondo capitolo si incentra invece sulla problematica del monitoring, sulle tecniche, on-line e non, ad oggi messe in pratica e su quelle ancora in via di sviluppo. Tra quest ultime particolare attenzione è dedicata allo studio dei fotoni prompt (o gamma prompt), metodo di monitoraggio che verrà applicato nel quarto capitolo. Il terzo capitolo presenta il progetto INSIDE (Innovative Solutions for In-beam Dosimetry), il cui obbiettivo è lo sviluppo di un rivelatore multifunzionale on-line sensibile a particelle cariche e non da introdurre nell ambiente di lavoro del CNAO. Si descrive il rivelatore tracciante 3

5 di tale progetto, un cui simile verrà caratterizzato nell ultimo capitolo. Si accenna al codice FLUKA con il quale sono stati prodotti i dati analizzati e si presenta infine il set up di simulazione su cui si basa l analisi dati del quarto capitolo. Nel quarto capitolo di questa tesi si analizzano i dati ottenuti dalla simulazione Monte Carlo per il set up descritto precedentemente. Si valuta la correlazione tra la posizione dei picchi di emissione dei fotoni prompt e quella dei picchi di Bragg. Si introducono nella ricostruzione di tali picchi la risoluzione angolare e l efficienza di rivelazione, studiandone in modo parametrico l effetto col fine di valutare le prestazioni di un rivelatore tipo Compton camera. 4

6 Indice 1 Adroterapia Introduzione Interazione tra radiazione e materia Interazione fotoni-materia Interazione particelle cariche-materia Le grandezze dosimetriche e biologiche fondamentali Dose assorbita LET RBE OER Meccanismi di danneggiamento del DNA Ottimizzare l adroterapia Range di penetrazione ed incertezze relative Scattering laterale Scelta dello ione Frazionamento del trattamento adroterapico Beam Delivery L adroterapia oggi e questioni economiche Monitoring dell adroterapia Positron Emission Tomography Decadimento Beta Monitoring tramite PET Monitoring tramite particelle cariche Monitoring tramite gamma prompt La ricostruzione della dose Le tecniche di rivelazione di fotoni: Progetto INSIDE Il rivelatore tracciante Ricostruzione dei fotoni incidenti

7 INDICE Il codice FLUKA Set up di simulazione: geometrie e materiali Analisi dei dati Ricostruzione dei profili longitudinali di emissione Confronto tra i picchi di Bragg ed i picchi di emissione gamma Caratterizzazione di un rivelatore per gamma prompt La risoluzione angolare L efficienza di rivelazione Effetto cumulativo di efficienza e risoluzione angolare Conclusioni e possibili sviluppi

8 Capitolo 1 Adroterapia 1.1 Introduzione Al giorno d oggi si dispone ancora di risorse limitate per combattere i tumori. Il trattamento più efficace ma chiaramente non sempre applicabile è la rimozione chirurgica della massa tumorale. Le alternative, fatta eccezione per l immunoterapia, sono tutte terapie invasive atte a distruggere le cellule neoplasiche, ma non sempre è possibile concentrare il danno esclusivamente su di esse. L immunoterapia nasce dall osservazione che pazienti siano guariti dal cancro senza alcuna terapia esterna. Si è notato infatti che il sistema immunitario stesso è in grado di combattere la neoplasia, ma ancora non si è in grado di interagire propriamente con esso e di stimolarlo a contrastare sistematicamente lo sviluppo del tumore. Tuttavia per alcuni tumori (tra cui quello al seno), esistono tecniche immunoterapiche che hanno riscontrato grande efficacia a contrastare i pesanti effetti collaterali della chemioterapia. La chemioterapia si basa sull introduzione nel corpo per via endovenosa di sostanze che interferiscano con i cicli riproduttivi delle cellule. Poiché una caratteristica peculiare delle cellule tumorali è l elevato tasso di riproduzione, esse risultano maggiormente danneggiate da questi farmaci rispetto agli altri tessuti. Tuttavia altre cellule hanno le medesime caratteristiche, quali le cellule del sangue, le mucose dell apparato digerente o i bulbi piliferi. Perciò vi sono danni collaterali intrinsechi a questo trattamento. Tuttavia a volte è possibile migliorarne l accuratezza utilizzando dei vettori (sostanze metabolizzate principalmente dalle cellule tumorali) che introducano la dose di farmaco chemioterapico solo all interno delle cellule desiderate. Questo trattamento purtroppo risente molto della tipologia di tumore da curare. In pratica gli stessi farmaci che portano ad ottimi risultati su di 7

9 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 8 un particolare tumore possono risultare completamente inefficaci su altri. Inoltre il singolo paziente può reagire differentemente al farmaco, ad esempio rendendolo inutilizzabile per gli eccessivi effetti collaterali, o semplicemente rispondendo al trattamento in maniera differente dalle aspettative. È chiaro che la complessità dei processi che avvengono all interno di un corpo umano rende imprevedibili quei trattamenti che attaccano il tumore dall interno. Terapie che risentono molto meno delle inevitabili singolarità presenti nel corpo di ciascun paziente sono quelle che combattono il tumore dall esterno, quali la radioterapia a fotoni e quella ad adroni, o adroterapia. La radioterapia convenzionale sfrutta le proprietà di interazione tra fotoni altamente energetici (per i tipici trattamenti radioterapici tra 6 e 20 MeV [22]) e tessuti organici. L energia rilasciata dai raggi X 1 in funzione della penetrazione nel tessuto segue un andamento esponenziale decrescente [37]. Ne consegue che la radioterapia convenzionale risulta essere poco adatta per trattare tumori in profondità senza eccessivi danni ai tessuti più esterni. Per limitare questo effetto alla radioterapia tradizionale si preferisce solitamente l IMRT (Intensity Modulated Radiation Therapy). Essa consiste nel trattamento della massa tumorale con molteplici fasci di raggi X, provenienti da direzioni diverse ed intersecantesi sulla zona dov è presente la neoplasia. Agendo in questo modo viene rilasciata energia su tutti i tessuti circostanti il tumore, ma su di esso se ne concentra la maggior parte. Benché siano evidenti le problematiche relative ai danni collaterali che questo tipo di terapia comporta, è necessario caratterizzare in maniera più precisa l interazione tra radiazione e materia per poter trarre conclusioni (il rilascio di energia in zone non desiderate non sempre comporta lo stesso tipo di danneggiamento del tessuto). L adroterapia è concettualmente simile alla radioterapia classica, consiste infatti nel bersagliare la zona tumorale dall esterno con proiettili però sostanzialmente differenti: gli adroni. Essi sono una classe di particelle non elementari (composte da sotto-particelle dette quark) e possono essere divisi in barioni o mesoni a seconda del numero delle loro componenti. La caratteristica più interessante a fini oncologici di queste particelle è la loro dispersione di energia: invece dell esponenziale decrescente tipico dei raggi X, queste presentano un marcato picco detto picco di Bragg la cui posizione dipende dall energia cinetica iniziale delle stesse. Grazie a ciò è evidentemente più semplice localizzare la dispersione di energia nelle zone d interesse, limitando notevolmente il danno arrecato ad i tessuti presenti tra la pelle ed il tumore. Inoltre il picco di Bragg coincide 1 Benché fotoni di energie tra 6 e 20 MeV siano invero dei raggi γ, in letteratura si parla sempre di radioterapia con raggi X, per cui si adotterà la medesima convenzione.

10 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 9 con la posizione di arresto dell adrone, per cui anche i danni agli organi oltre la zona d interesse sono molto limitati (è invero presente un effetto di coda che verrà spiegato successivamente). Inoltre la collimazione del fascio di adroni (specialmente se si adoperano ioni pesanti come carbonio od ossigeno) è decisamente migliore di quella relativa ai fasci di fotoni, quindi i fasci di ioni sono più sottili e precisi rispetto ai fasci di raggi X. In aggiunta il rilascio di energia tipico degli adroni più pesanti (z>2) è più efficace nel danneggiare i legami chimici delle macromolecole biologiche, tra cui il DNA. Questo fa si che l adroterapia a ioni pesanti risulti molto più efficace nel compromettere i meccanismi di riproduzione cellulare rispetto alla tradizionale radioterapia e quindi, se vengono colpite le cellule giuste, a combattere i tumori. Per poter esporre in maniera più specifica questi vantaggi si necessita la definizione di alcune quantità biofisiche, il che avverrà nella sezione seguente. 1.2 Interazione tra radiazione e materia L interazione tra radiazione e materia può essere trattata su due piani differenti, quello fisico e quello biologico. Al fine di mostrare al meglio le potenzialità dell adroterapia si introdurranno prima le grandezze biofisiche più utili per quantitativizzarne l effetto. Dopodiché si spiegherà di quale sia l effetto ricercato, cioè di che tipo di danno biologico sia necessario in oncologia e quali meccanismi vi sono dietro. Infine si farà una più dettagliata trattazione dell interazione tra ioni e materia, per comprendere come possano essi impartire la dose di energia alla materia Interazione fotoni-materia Ben differenti sono i principi secondo cui radiazione elettromagnetica (o fotoni) e particelle cariche interagiscono con la materia. Accenniamo brevemente a ciò che può accadere nel primo caso. Gli effetti che si osservano quando un fascio di fotoni attraversa un corpo dipendono sostanzialmente dall energia dei fotoni stessi (cioè dalla frequenza della radiazione elettromagnetica) e sono di tre tipi: Eccitazione elettronica Effetto fotoelettrico Scattering di Compton Produzione di coppie

11 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 10 Il primo è il fenomeno più comune, avviene quando fotoni poco energetici interagiscono con elettroni atomici. Se l energia del fotone è comparabile con la differenza energetica tra diversi orbitali atomici, questo può essere assorbito spingendo l elettrone sui livelli più esterni. In seguito l atomo torna alla sua configurazione stabile riemettendo un fotone della stessa energia. Se l energia dei fotoni è comparabile con l energia di legame degli elettroni esterni di un atomo del corpo bersaglio, un fotone può essere assorbito "liberando" un elettrone dall attrazione esercitata dal nucleo (effetto fotoelettrico). Se l elettrone così liberato, detto fotoelettrone, ha energia cinetica sufficiente, può dare luogo ad altri eventi ionizzanti (quali la produzione di radicali liberi). Per fotoni di energia maggiore che interagiscano con elettroni debolmente legati può verificarsi lo scattering di Compton. Questo meccanismo è facilmente modellizzabile con un urto: il fotone cede parte della sua energia per mettere in moto l elettrone, continuando poi a muoversi su una traiettoria deviata. Infine, quando l energia dei fotoni eccede i 1022 kev, il fotone può decadere in una coppia elettrone-positrone tramite l interazione con una terza parte, nei casi più comuni un nucleo atomico. Questa coppia particella-antiparticella non è legata, per cui solitamente il positrone incontra un elettrone dopo un cammino breve. Dall annichilazione di quest ultimi si ha prevalentemente la produzione di due raggi γ da 511 kev detti back-to-back (stessa direzione, verso opposto). La produzione di fotoni come i gamma back-to-back è estremamente utile per monitorare il percorso del fascio, in quanto la loro piccola sezione d urto (in confronto a quella degli ioni) rende più probabile la fuoriuscita dal corpo permettendone una successiva rilevazione. Ma non solo i fotoni sono le tracce del passaggio di radiazioni nella materia: oltre agli elettroni liberati per effetto Compton o fotoelettrico (che raramente hanno energia sufficiente ad uscire dal corpo) le interazioni di differente natura tra ioni e materia possono produrre particelle cariche rilevabili Interazione particelle cariche-materia Gli eventi di interazione tra una qualsiasi particella carica in movimento ed i nuclei atomici o gli elettroni del mezzo sono di quattro tipologie differenti 2 Ionizzazione ed eccitazione Scattering multiplo di Coulomb 2 In questo elaborato non si parlerà dell emissione di radiazione di Cherenkov ne del Bremsstrahlung, interessanti effetti per i quali si rimanda il lettore a fonti esterne [27].

12 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 11 Interazioni nucleari Ionizzazione ed eccitazione Il meccanismo principalmente responsabile della deposizione di energia di una particella carica in moto sono le innumerevoli collisioni anelastiche con gli elettroni del mezzo. Gli urti con queste particelle sono tanto più frequenti di quelli con i nuclei che determinano il range di penetrazione del fascio, cioè la massima distanza che percorrono gli ioni prima di fermarsi. Di ciò si parlerà in maniera più dettagliata nella sezione seguente. Gli eventi che possono verificarsi al seguito di una collisione anelastica con gli elettroni atomici sono essenzialmente due: Ionizzazione Eccitazione Nel primo caso l elettrone viene strappato dal legame atomico, per cui l atomo originario diventa uno ione e ciò può comprometterne un eventuale legame con altri atomi (distruggendo la molecola). La frequenza di questi eventi è ciò che caratterizza l efficacia biologica di una radiazione e difatti il LET è definito proporzionalmente alla loro densità lineare (invero la definizione del LET è data in termini di cessione di energia, ma la causa principale di questa cessione sono appunto gli eventi di ionizzazione ed eccitazione). L eccitazione consiste invece nel passaggio dell elettrone dal suo orbitale ad un orbitale atomico più esterno, il che avviene in seguito ad una modesta cessione di energia da parte del proiettile. Dopodiché l elettrone ritorna al suo stato originario, emettendo un fotone di frequenza proporzionale alla differenza di energia dei due orbitali in questione. La formalizzazione della perdita lineare di energia de per eventi di dx ionizzazione (electronic stopping power) è stata data da Hans Bethe nel 1930: de dx = ( e2 ) 4π N av Z t Zp 2 [ln 2m ev 2 γ 2 β 2 C δ 4πε 0 m e c 2 β 2 A t I Z t 2 ] (1.1) dove m e ed e indicano massa e carica dell elettrone, γ il fattore di Lorentz, β il rapporto tra velocità della particella e velocità della luce nel vuoto (c), N a v il numero di Avogadro, Z t ed A t numero di carica e numero di massa del bersaglio, Z p il numero di carica del proiettile, la densità del mezzo, ε 0 la costante dielettrica nel vuoto, v la velocità del proiettile ed I il valor medio del potenziale di ionizzazione del mezzo. Questa versione della formula

13 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 12 C contiene già alcune correzioni rispetto all originale (i termini e δ ), che Z t 2 tengono meglio conto della struttura a shell e della densità del mezzo. Le ipotesi per cui quest equazione è valida sono che gli ioni siano leggeri ed abbiano energia superiore a 10 Mev/u. L equazione 1.1 può tuttavia essere estesa ad energie minori sostituendo a Z p una carica efficace Z eff che tenga conto dell effetto schermante che le traccie di ionizzazione hanno sulla carica percepita dagli elettroni del mezzo quando la velocità del proiettile diminuisce fino a raggiungere la velocità degli stessi. L andamento del valore di Z eff in funzione della velocità del proiettile è dato da: Z eff = Z p (1 e 125βZ 2/3 p ) (1.2) Dall equazione 1.2 si nota che la carica efficace subisce una drastica diminuzione in prossimità della fine del percorso dello ione, in particolare quando la sua velocità è confrontabile con la velocità orbitale degli elettroni, cioè e 2 v p Zp 2/3 secondo il modello atomico di Thomas-Fermi. Dall equazione 1.1 h si osserva l aumento di perdita di energia al diminuire della velocità (fattore β 2 al denominatore). La somma di questi effetti porta al profilo di emissione energetica caratteristico delle particelle cariche: il picco di Bragg (si veda la sezione 1.5.1). Diffusione multipla di Coulomb La deviazione della traiettoria dei carichi in un corpo è dovuta innanzitutto allo scattering elastico con i nuclei del bersaglio. Nel caso coulombiano l urto è mediato dal campo d interazione coulombiana generato dai nuclei-bersaglio ed in questo caso non porta a frammentazione. Trattandosi di urti elastici si ha conservazione del momento totale e dell energia cinetica totale del sistema proiettile-bersaglio, ciò comporta che se la massa del proiettile è molto minore di quella del bersaglio l energia ceduta nell interazione è trascurabile. Questa condizione non si verifica per proiettili pesanti come gli ioni di carbonio o ossigeno, ma per i protoni si. Raramente singoli eventi di scattering possono modificare in maniera incisiva la direzione del proiettile, ma altrettanto raramente un proiettile subisce singole interazioni di questo tipo e per questo si parla di scattering multiplo. La natura di un evento di scattering coulombiano è ben descritta tramite la sezione d urto differenziale di Rutherford, grandezza che esprime quanto il cambiamento della traiettoria iniziale influenzi il cambiamento della direzione finale risultante dall interazione. dσ dω Z2 pzb 2 1 (1.3) E 2 sin(θ/2) 4

14 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 13 Le Z sono i numeri di carica dei nuclei proiettile e bersaglio, E l energia del proiettile e θ l angolo di deviazione dalla direzione originaria. Si nota quindi come proiettili più energetici abbiano una minore probabilità di essere deviati, che maggiori cariche del proiettile o del bersaglio intensifichino invece l interazione tra i due. Infine la dipendenza più forte: quella dall angolo di deviazione. Per angoli grandi (tendenti a 90 gradi) la sezione d urto differenziale cala drasticamente, cioè l interazione con la particella è quasi ininfluente nel determinare un simile cambiamento di direzione e quindi sono molto più probabili interazioni che deviino poco il proiettile. Inoltre, quando il numero di eventi di scattering diventa statisticamente rilevante, la distribuzione degli angoli di deviazione è caratterizzate da una forma gaussiana centrata in 0. L effetto globale dello scattering multiplo risulta allora in uno spostamento parallelo della direzione di propagazione del proiettile. Ovviamente la direzione dello spostamento di ciascun proiettile è casuale, per cui ciò si traduce in un allargamento progressivo del fascio detto lateral scattering, di cui si parlerà più approfonditamente in seguito. Interazioni nucleari Si tratta di interazioni dirette tra le particelle proiettile ed i nuclei atomici del target, come nel caso dello scattering multiplo di Coulomb. Differentemente da quest ultimo, in cui l interazione è mediata dal campo di repulsione coulombiana ed il fenomeno risultante è elastico (cioè si conserva l energia cinetica del sistema), le interazioni nucleari possono avere nature differenti: vi sono esempi di scattering anelastico, quasi elastico ed elastico accomunati dal coinvolgimento della forza nucleare forte. Esse si verificano quando l energia del proiettile è sufficientemente alta ed il parametro d impatto (minima distanza che il proiettile raggiunge rispetto al bersaglio) sufficientemente piccolo. La natura delle interazioni nucleari è tanto varia quanto ancora non completamente compresa, per cui in questa trattazione se ne considereranno gli effetti rilevanti in campo clinico. A seconda del valore del parametro d impatto possono inoltre verificarsi collisioni centrali o periferiche. Le prime avvengono solo nel 10% dei casi e la collisione porta alla completa disgregazione in costituenti di proiettile e bersaglio. Più comunemente invece gli urti sono periferici e coinvolgono quindi solo parte dei nucleoni costituenti le due particelle. Le collisioni periferiche possono dare luogo a fenomeni differenti: Scattering elastico Scattering quasi elastico

15 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 14 Figura 1.1: Schematizzazione del processo di frammentazione nucleare. Frammentazione nucleare Il primo è sostanzialmente analogo alla diffusione coulombiana appena trattata, tranne per il fatto che è mediato dalla forza nucleare forte invece che dalla repulsione elettromagnetica. Lo scattering quasi elastico è un fenomeno formalmente simile al precedente. La quasi elasticità si esprime in una non conservazione dell energia cinetica del sistema, per cui il proiettile ne cede parte al bersaglio, il quale raggiunge quindi uno stato eccitato ed instabile. Il proiettile dunque prosegue con direzione e velocità alterati, mentre il bersaglio torna allo stato di equilibrio emettendo un fotone di energia pari a quella ricevuta e/o evaporando dei nucleoni. I fotoni da diseccitazione nucleare sono detti fotoni (o gamma) prompt data la loro emissione in tempi brevi dall avvenimento dell interazione e possono essere emessi anche nel caso della frammentazione nucleare. In questo secondo caso l interazione tra ione-proiettile e nucleo-bersaglio può essere modellizzata suddividendola in due fasi: l abrasione e l ablazione (si veda la figura 1.1). La prima è un processo di termalizzazione, od eccitazione, in cui si trasferisce l energia ad i nucleoni direttamente coinvolti nell urto (che raggiungono così lo stato chiamato fireball). L ablazione consiste invece nella diseccitazione dei tre oggetti (frammento del proiettile, frammento del bersagio e fireball) tramite emissione di nucleoni o di fotoni prompt (l emissione di nucleoni in seguito a diseccitazione nucleare è anche detta evaporazione). In maggioranza i frammenti liberati sono singoli protoni o neutroni, ma l utilizzo di proiettili massivi ne permette la frammentazione in nuclei atomici più leggeri. Le particelle provenienti dal proiettile tendono a conservare la loro direzione ed hanno generalmente velocità elevate. Poiché a parità di energia

16 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 15 una particella meno carica percorre più strada dello ione originario (eq. 1.1), questi frammenti provenienti dal proiettile sono i responsabili dell anticipato effetto di coda, cioè il deposito di dose oltre il picco di Bragg. Il processo di frammentazione nucleare è di fondamentale importanza per il monitoring del fascio. Difatti i frammenti del nucleo bersaglio vengono emessi isotropamente e, se hanno energia sufficiente ad uscire dal corpo, sono facili da rilevare. Inoltre un altro utile risultato secondario della frammentazione nucleare è la possibilità di formazione di nuclei instabili che decadanoβ +, quali ad esempio il 11 C od il 10 C, anch essi alla base delle tecniche di monitoring ad oggi in fase di sviluppo. Questo argomento verrà trattato più nel dettaglio nel secondo capitolo. 1.3 Le grandezze dosimetriche e biologiche fondamentali Dose assorbita Il primo importante concetto da introdurre per lo studio dell effetto delle radiazioni sui corpi è quello di dose assorbita: D = de (1.4) dm La dose indica quindi la quantità di energia impartita localmente al corpo per unità di massa, la sua unità di misura sono i Gray (Gy). Non bisogna confondere l energia assorbita dal corpo con quella dispersa dal proiettile. Difatti quest ultima non sempre va ad inficiare i legami chimici delle molecole costituenti il bersaglio, può anche essere rapidamente riemessa sotto forma di raggi γ detti gamma prompt. Per scopi clinici però è più utile quantificare la dose totale assorbita, ad esempio, da un organo a rischio (OAR) situato vicino al tumore bersaglio. È infatti in questi termini che si può definire un limite massimo di sicurezza. Per fare ciò da questa definizione locale di dose si può ricavarne un espressione globale, denominata integrale di dose, appunto integrando D sul volume del bersaglio B e mediandola sulla massa: D(x,y,z)δ(x,y,z)dv B D B = (1.5) δ(x,y,z)dv B All interno dei trattamenti adroterapici sono queste le quantità che vengono considerate principalmente per studiare il piano di trattamento adatto al sin-

17 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 16 Figura 1.2: Confronto tra le distribuzioni unidimensionali di dose in funzione della profondità di penetrazione nel tessuto. Si intuisce che, indipendentemente dalla profondità del tumore, l adroterapia con adeguata scelta di particella proiettile ed energia localizza meglio la distribuzione di dose. Si noti il chiaro picco di Bragg dei protoni. Immagine da [5] golo paziente. Compito del medico radioterapista è stabilire la dose necessaria a diminuire o controllare il tumore, compito del fisico medico è invece stabilire il miglior metodo (direzione, numero ed energia dei fasci) per ottenere tale distribuzione di dose. Una volta raggiunto il compromesso ottimale tra le due parti è allora definito il piano di trattamento per il singolo paziente [4]. Possiamo ora confrontare adeguatamente dei piani di trattamento adroterapici con quelli radioterapici, eccone un esempio: Dall immagine precedente è già chiaro che la conformità della distribuzione di dose nella zona critica risulta decisamente maggiore sfruttando le tecniche adroterapiche. Il motivo per cui avviene ciò si trova nelle differenti modalità di distribuzione della dose da parte dei fotoni piuttosto che delle particelle cariche, illustrate nella figura 1.2 In quella stessa immagine si nota inoltre che l adroterapia è particolarmente efficace nel limitare la dose dispersa su tessuti sani nel caso di neoplasie vicine alla cute, si veda ad esempio la figura LET Come precedentemente anticipato, un altra importante differenza si trova nella qualità della dose distribuita dagli ioni. Difatti non conta solo quanta energia viene rilasciata, ma soprattutto la sua densità spaziale, dalla quale dipende fortemente il danno biologico che la radiazione può creare. Per

18 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 17 Figura 1.3: A sinistra: piano di trattamento per un tumore della base craniale con due fasci di ioni di carbonio. A destra: piano di trattamento dello stesso tumore con IMRT a nove fasci di raggi X. Immagine tratta da [15] Figura 1.4: Piano di trattamento per un tumore al midollo ottenuto dal PTCRI di Oxford (Particle Therapy Cancer Research Institute) caratterizzare questa grandezza si introduce il parametro denominato Linear Energy Transfer, o LET, definito come la densità lineare di energia rilasciata dalla radiazione ionizzante (cioè da una particella carica 3 ) lungo il suo tragitto: LET = de dx (1.6) Con questo parametro (di fatto identico all electronic stopping power), espresso solitamente in kev, si quantifica la densità di eventi di ionizzazione che µm 3 Questo parametro può essere definito anche per particelle neutre quali i fotoni, considerando le particelle cariche emesse secondariamente per effetto Compton, effetto fotoelettrico o produzione di coppie

19 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 18 Figura 1.5: Rappresentazione schematica delle differenze tra radiazione High-LET e Low-LET a parità di dose totale. In rosso sono indicati gli eventi di ionizzazione. Immagine da [6] avvengono per effetto della radiazione incidente (si veda la figura 1.5). Sono questi gli eventi che si ricercano a scopo clinico, poiché modificano o compromettono i legami chimici delle molecole, come accuratamente studiato da più associazioni (in Italia il CNAO di Pavia, all estero l organizzazione di ricerca RERF nata dalla cooperazione tra Giappone e Stati Uniti [6],[4]) A parità di dose si ha quindi che radiazioni high-let risultano molto più efficaci nel arrecare danni irreparabili alle molecole di DNA. È possibile legare il LET alla distribuzione di dose come segue: D = de F dx ρ (1.7) dove con F si indica il flusso di proiettili attraverso la superficie bersaglio e con ρ la densità del bersaglio stesso. Anche se i valori del LET dipendono fortemente sia dal tipo di particella considerato, sia dalla costituzione del tessuto bersaglio (più che mai varia in un corpo umano), è comunque possibile riportare degli intervalli di valori realistici, utili almeno a confrontare le differenti radiazioni. Si veda la tabella 1.1. È stata inoltre osservata una marcata dipendenza del LET dall energia cinetica degli ioni, come mostra la figura RBE La grandezza che riassume maggiormente le qualità e l efficacia distruttiva di una radiazione ionizzante è la Relative Biological Effectiveness o RBE. RBE = D ph D ion

20 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 19 Particella LET (kev/µm) Fotone da 1.2 MeV 0.3 Elettroni Protoni Particella α Ioni pesanti Tabella 1.1: Intervalli indicativi del LET di differenti radiazioni. La definizione consiste nel rapporto tra la dose assorbita tramite radioterapia e quella da assorbire tramite adroterapia per ottenere lo stesso effetto biologico. La figura 1.7 mostra, oltre che la definizione, la tecnica standard per ricavare i valori di questo parametro: vengono effettuate delle irradiazioni su colture di cellule in vitro e se ne valuta la sopravvivenza (intesa come capacità di riprodursi). In ambienti clinici è stato comunemente accettato il valore di 1.1 per i protoni, mentre altri studi portati avanti autonomamente da centri singoli quali l Heidelberg Ion beam Therapy center (HIT) o l Heavy Ion Medical Center di Gunma in Giappone, suggeriscono che per gli ioni più pesanti esso sia decisamente maggiore (da per gli ioni di carbonio e da 3.1 a 3.3 per quelli di ossigeno,[24] [60]). I limiti nella comprensione dei meccanismi di danneggiamento cellulare rendono questo parametro impossibile da determinare con precisione per tutti i tipi di radiazione e di tessuto. Ciononostante è indubbio che esso sia strettamente correlato al LET ed alla dose assorbita dal tessuto. In particolare esso raggiunge il suo massimo per dosi tendenti a 0 e mostra un andamento inizialmente direttamente proporzionale al LET [20]. I dati sperimentali riportati nell immagine 1.8 mostrano chiaramente questo effetto OER Una problematica ancora parzialmente irrisolta è la dipendenza dell efficacia della radiazione dal tipo di tessuto irradiato. Le osservazioni sperimentali hanno suggerito che la minor presenza di ossigeno rende i tessuti più radioresistenti [25]. Purtroppo, il rapido ritmo di moltiplicazione delle cellule neoplasiche fa si che il flusso di sangue non sia sufficiente a garantire il medesimo apporto di ossigeno delle cellule sane: i tessuti tumorali sono quindi ipossici. È stato inoltre osservato che, per alcuni tumori (cervice uterina e prostata) esiste una correlazione diretta tra probabilità di metastasi e presenza di zone ipossiche [36][45]. Non tutte le terapie però risentono allo stesso modo della presenza di ossige-

21 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 20 Figura 1.6: Andamento del LET in funzione dell energia cinetica di alcuni ioni di interesse terapeutico. Immagine da [47] Figura 1.7: A parità di effetto biologico, quindi per ugual numero di cellule sopravvissute, il rapporto tra le due dosi definisce l RBE. no, così, per quantificare l efficacia delle differenti radiazioni contro le zone ipossiche, si è introdotto il parametro Oxigen Enhancement Ratio o OER: OER = D hypoxic D oxigenated Con D h ypoxic e D o xigenated si sono indicati gli integrali di dose (dose totale) necessari per ottenere il medesimo danno biologico considerando l azione della stessa radiazione su un tessuto, rispettivamente, ipossico o arricchito di ossigeno. Pertanto più una radiazione è sensibile alla presenza di ossigeno,

22 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 21 Figura 1.8: L immagine riporta i dati sperimentali raccolti per differenti tipi di ioni dall Heidelberg Ion beam Therapy center. Per LET di circa 100 kev/µm si distingue un chiaro massimo. Ciò è dovuto al fatto che la densità di eventi ionizzanti raggiunge, per quel valore del LET, almeno un evento ogni nanometro, dimensione tipica della molecola di DNA. Immagine da [34]. più è alto l OER (non si conoscono terapie radiative più efficaci su tessuti con scarsa presenza d ossigeno di quanto non lo siano su tessuti normali). Lo studio di questo parametro è un forte indizio a favore dei trattamenti adroterapici, poiché si è osservato che ioni ad alto LET hanno un OER molto inferiore rispetto ai raggi X (si veda la figura 1.9). In generale più alto è il LET, più l OER tende ad 1, come numerose osservazioni sperimentali hanno confermato [13]. Alcuni studi ipotizzavano una dipendenza dell OER dalla dose somministrata, ma questo comportamento sembra dipendere dal tipo di tessuto irradiato. Di fatto non ci sono ancora modelli teorici affermati che interpretino con una spiegazione soddisfacente fenomeni come il danneggiamento biologico arrecato dalla radiazione, pertanto la diversità dei tessuti da luogo a comportamenti che rimangono imprevedibili o apparentemente inspiegabili. Tuttavia sono stati sviluppati numerosi modelli per l azione della radiazione sul DNA, i quali prevedono correttamente il comportamento dell OER in funzione del LET. Si citano in particolare il modello a radicali multipli studiato presso il Gray Laboratory Cancer Research Trust nel Regno Unito ([38]), il modello lineare-quadratico proposto presso il Lawrence Berkley Laboratory

23 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 22 Figura 1.9: Studio sul comportamento dell OER in funzione della dose con diversi livelli di ossigenazione dei tessuti e differenti radiazioni incidenti. All interno di ogni grafico le linee a valori più alti corrispondono ai tessuti maggiormente impoveriti di ossigeno. Si nota come specialmente per questi una radiazione ad alto LET risulta molto più efficace. Immagine da [53]. Figura 1.10: Efficacia del danneggiamento biologico per radiazioni a diverso LET, misurata su cellule renali umane ipossiche (hyp) e non (aer). Immagine da [9].

24 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 23 degli USA ([14]), ed il Local Effect Model, ideato a Darmstadt (Germania) presso il GSI Helmholtz Centre for Heavy Ion Research ([51]). Pur essendo uno dei campi di ricerca più attivi della radiobiologia, per ora le iniziative rimangono locali ed i progressi sperati subiscono l effetto di una mancanza di coordinazione dello sforzo. 1.4 Meccanismi di danneggiamento del DNA L effetto biologico che si vuole ottenere tramite l irraggiamento della zona tumorale e la morte cellulare. Questo processo può avvenire in due soli modi: l apoptosi e la necrosi. Il primo è un processo auto indotto dalla cellula stessa, la quale è in grado di riconoscere un suo potenziale malfunzionamento e di sintetizzare proteine che ne attivino il processo di degradazione. Tra i fattori che possono causare l apoptosi vi è il danneggiamento del DNA, che può avvenire in seguito all esposizione a radiazioni ionizzanti. Sfortunatamente le cellule tumorali, oltre a riprodursi più velocemente del normale, inibiscono il meccanismo apoptico. Questo implica che le cellule dei tessuti sani siano più radiosensibili di quelle neoplasiche ed è un ulteriore indicatore della necessità di massima precisione nella distribuzione di dose. Il processo principalmente responsabile della morte cellulare per radiazioni è quello necrotico. Esso avviene quando un qualsiasi fattore esterno impedisce alla cellula di continuare le sue funzioni vitali. Nel caso delle terapie con radiazioni ionizzanti questo fattore esterno consiste nella rottura del DNA per azione diretta o meno degli ioni. Non sempre la radiazione è in grado di causare la necrosi, anzi la maggior parte dei danni viene riparata dalla cellula stessa o non è sufficiente a causarne la morte. I meccanismi per cui un fascio di adroni può indurre un processo necrotico si dividono in interazioni dirette con il DNA ed indirette. Parliamo prima del danneggiamento indiretto. Questo tipo di interazione coinvolge le molecole di H 2 O naturalmente presenti nel corpo. Può verificarsi che la radiazione causi la scissione delle molecole d acqua in H + ed OH. Questi ioni, detti radicali liberi possono danneggiare il DNA inducendo un singolare tipo di necrosi della cellula: essa attiva delle proteine in grado di riparare il DNA, ma se il danno è sufficiente l eccessiva richiesta energetica dei riparatori porta la cellula alla morte [63]. Si tratta invero di un processo molto simile all apoptosi in quanto porta la cellula ad autodistruggersi, ma non richiede la mediazione dei tipici enzimi apoptici e può quindi avvenire anche nelle cellule tumorali. Invero la maggior parte del danno ai tessuti da

25 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 24 Figura 1.11: Schematizzazione dei possibili danni da radiazione ionizzante al DNA, tratta da [50] radiazioni ionizzanti (tutte le radiazioni di interesse oncologico) avviene in maniera indiretta. Per quanto riguarda l interazione diretta, le radiazioni ionizzanti possono indurre diversi tipi di danneggiamento del DNA: Rottura di singola elica Rottura di doppia elica Perdita o modifica di una base Formazione di un dimero (cioè formazione di un legame tra basi adiacenti) La figura 1.11 illustra i differenti modi di danneggiamento. Il danno diretto maggiormente responsabile della morte cellulare è la rottura della doppia elica, anche se non è comunque sufficiente a garantirla. Quando si adopera una radiazione ad alto LET la probabilità di avere una rottura della doppia elica è decisamente maggiore, difatti anche i tumori particolarmente radioresistenti rispondono alle terapie con fasci high-let. Nel 2008 studi condotti all Institute of Medical Radiation Biology di Essen (Germania) hanno dimostrato che l esposizione a calore prima del trattamento inibisce la capacità delle cellule di riparare le lesioni doppie, aumentando quindi sensibilmente il loro tasso di mortalità sotto radiazioni [21].

26 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 25 Figura 1.12: Dati sperimentali raccolti all Indiana Univerity School of Medicine nel Si riferiscono ad un esperimento di irraggiamento di cellule HeLa (linea cellulare derivata dal tumore alla cervice) tramite raggi X di LET 2keV/µm. L esperimento è stato condotto, oltre che sulle cellule semplici (triangoli), su due differenti colture delle stesse, nei nuclei delle quali sono state aggiunte molecole di sirna (quadrati) o scrna (cerchi) per meglio determinare l effetto del calore sui meccanismi di riparazione del DNA. Le forme vuote riguardano i dati delle cellule surriscaldate, quelle piene i dati a temperatura ambiente.

27 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA Ottimizzare l adroterapia I fenomeni d interazione descritti precedentemente sono alla base degli effetti macroscopici subiti dal fascio di ioni nell attraversare il corpo. Valutare correttamente l influenza di questi effetti è fondamentale per ottenere una distribuzione di dose fedele al piano di trattamento. Spesso tale influenza dipende fortemente dalla scelta dello ione per il trattamento. Vi sono inoltre accorgimenti e differenti metodologie di distribuzione della dose che possono rendere la terapia più efficace. Queste tematiche verranno presentate nella presente sezione. Per essere coerenti vi si dovrebbe inserire anche la fondamentale questione del monitoring, ma data la sua vastità si è deciso di dedicarle un capitolo a parte Range di penetrazione ed incertezze relative Nei trattamenti adroterapici si sfrutta la peculiare caratteristica delle particelle cariche di rilasciare il massimo quantitativo di energia alla fine del loro percorso (picco di Bragg). Si intuisce quindi che stimare correttamente il range è fondamentale per ottenere una buona distribuzione di dose. Range e picco di Bragg Nell approssimazione CSDA (Continuous Slowing Down Approximation) il range di una particella è descritto dalla seguente formula: R(E) = 0 E 0 ( de dx ) 1 de (1.8) Da questa prima visione si notano già due fattori determinanti: il meccanismo di perdita lineare dell energia ( de dx ) e l energia iniziale E 0. Per la seconda i limiti si trovano nella risoluzione dell acceleratore del fascio e nella valutazione delle dispersioni energetiche. Per il primo invece la questione è più complicata: si tratta di modellizzare nel modo più corretto possibile la perdita di energia di ioni in moto in un mezzo materiale. Come mostrato nella figura 1.13, l influenza delle interazioni nucleari nel rallentare gli ioni (il così detto nuclear stopping power) è irrilevante per energie di interesse clinico. Pertanto è una buona approssimazione considerare le collisioni elettroniche, in particolare gli eventi di ionizzazione, come unico meccanismo di perdita di energia [7]. Pertanto possiamo prendere come riferimento l equazione 1.1 per stimare il range dei differenti ioni. L equazione 1.1 porta al caratteristico profilo longitudinale mostrato in figura 1.15a denominato picco di Bragg. Individuare con precisione la posizione di tale picco

28 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 27 Figura 1.13: Si mostrano i contributi alla perdita di energia per unità di lunghezza delle interazioni nucleari (linea tratteggiata) ed elettroniche(linea continua) per differenti radiazioni di interesse terapeutico propagantisi in acqua. Immagine da [56] Figura 1.14: Range medio per differenti ioni in acqua, calcolato computazionalmente con il codice SRIM, immagine da [56]

29 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 28 consente di stimare con buona precisione il range della particella, anche si dovrà tenere conto dell incertezza dovuta all allargamento del picco stesso (si veda la sezione 1.5.1). Nella maggior parte dei casi clinici comunque il picco di Bragg è più stretto dello spessore dell area da trattare. Pertanto, similmente all espediente dell IMRT nel caso di radioterapia a fotoni, la distribuzione di dose viene solitamente divisa in più fasci di energie differenti, dalla cui somma si ricava il profilo di dose detto SOBP (Spread Out Bragg Peak) visibile in figura 1.15b Un altra importante osservazione che si può fare dall avere introdotto l equazione 1.1 riguarda la proporzionalità tra range e caratteristiche dello ione: R A/Z 2. Ciò implica che per ottenere il medesimo range uno ione pesante e molto carico richieda un energia iniziale decisamente maggiore di una particella leggera e poco carica. In figura 1.14 sono mostrate i differenti range in funzione dell energia iniziale per ioni di interesse terapeutico. Figura 1.15: Confronto tra Bragg peak e Spread Out Bragg Peak (a) In figura è riportata il profilo della depo-(bsizione lineare di energia ottenuta via simu-to SOBP (in blu) ottenuto dalla somma dei Profilo longitudinale di dose totale detlazione Monte Carlo col codice Geant 4.8, in diversi fasci (in rosso). confronto con i dati sperimentali per un fascio di ioni di carbonio a 100 Mev/u in acqua. Si noti in particolare l effetto di coda dopo il picco, tipico degli ioni pesanti in quanto dovuto alla frammentazione nucleare. Immagine da [30].

30 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 29 Incertezze: l energy straggling La formalizzazione della perdita lineare di energia descritta in sezione è valida per una singola particella carica in moto. Dovendo adoperare fasci di particelle si necessita di addurre considerazioni statistiche per modellizzarne il comportamento. Un fascio nominalmente accelerato fino ad una data energia sarà composto da particelle di differenti energie individuali. La distribuzione delle energie dei singoli ioni sarà una gaussiana incentrata sul valor medio rappresentante l energia del fascio. Di conseguenza dalle fluttuazioni energetiche delle singole particelle, o energy straggling, consegue una fluttuazione del range delle stesse (range straggling). Questo effetto porta ad un complessivo allargamento del picco di Bragg, come si vede in figura Figura 1.16: Profili di dose depositata da un singolo ione di carbonio (a sinistra) e da un fascio di ioni (a destra). Immagine da [29] Dall allargamento del picco di Bragg discende un incertezza nel determinarne l esatta fine, cioè il range (a meno di effetti di coda). Indicando con σ r l incertezza sul range, se ne può caratterizzare il rapporto con il range stesso (R) tramite la seguente formula: σ r R = f(1 γ) 1 M (1.9) f è una funzione lentamente variabile che assume forme diverse a seconda del differente mezzo attraversato dal fascio e dipende dalla velocità media degli ioni (presente all interno del fattore di Lorentz γ), mentre M è la massa del singolo ione ([46]). La dipendenza dalla massa implica che ioni più pesanti presentino un profilo di deposizione di energia più localizzato, con un picco di Bragg più

31 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 30 Figura 1.17: Da questo grafico si possono dedurre varie informazioni utili al confronto tra ioni leggeri e pesanti: è evidente la maggior precisione di un fascio di ioni carbonio nel confinare una maggiore distribuzione di energia nel picco (che per poter essere meglio paragonato è stato abbassato in questa immagine). Si nota però che l energia richiesta a parità di range per il carbonio è quasi doppia rispetto a quella necessaria ai protoni (costi), inoltre per questi ultimi non è presente l effetto di coda dovuto alla frammentazione. [48] stretto ed alto rispetto a quello tipico dei protoni. Nella figura 1.17 si può osservare la differenza tra le dispersioni energetiche di fasci di protoni e di carbonio. L incertezza dovuta all energy straggling non è l unica fonte di indeterminazione nel range dei carichi: Come si è visto nell equazione 1.1, la dispersione energetica dipende dalla densità del materiale attraversato. In ambiente clinico il percorso di un fascio attraversa tessuti dalle caratteristiche estremamente varie e determinarne la densità (non sempre omogenea tra l altro) è un compito per nulla banale. Ciò viene fatto attraverso le tecniche di imaging (ad esempio radiografie, ecografie, risonanze magnetiche e tecniche ad ultrasuoni [61]), la cui limitata risoluzione è fonte di inevitabili precisioni sulla stima della densità, nonché sull identificazione del volume tumorale da colpire. Anche gli apparati di accelerazione e di beam delivery presentano incertezze e dispersioni energetiche che rendono difficile il determinare con precisione l esatta energia d ingresso del fascio e la sua larghezza. Inoltre le approssimazioni adottate a livello teorico per caratterizzare il profilo di dispersione energetica portano in genere a sovrastimare il range. Valutare la somma di questi effetti è una grande sfida, ma è fondamentale per migliorare l applicabilità e l efficacia delle tecniche adroterapiche. Per fare ciò, oltre ad identificare un approccio analitico adatto, in grado cioè di risalire all origine dell incertezza e di quantificarne esattamente l effetto, le tecniche di simulazione Monte Carlo sono di grande aiuto, ma di questo si parlerà nel terzo capitolo.

32 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA Scattering laterale Nel parlare della diffusione multipla di Coulomb, che difatti ne costituisce la principale causa, si è già accennato a questo effetto. Le interazioni coulombiane e nucleari tra il fascio di adroni ed il mezzo in cui si diffonde portano ad un progressivo allargamento del fascio stesso all aumentare della profondità di penetrazione. Quantificare questo effetto è quindi particolarmente importante, dato che i trattamenti adroterapici hanno potenzialità assai maggiori della radioterapia convenzionale nel contrastare i tumori più profondi (si vedano le distribuzioni di dose precedentemente riportate in figura 1.2 ). La somma statistica delle deviazioni subite dai singoli ioni porta ad un globale allargamento del fascio adronico. Il comportamento di particelle cariche soggette a multiple scattering è stato completamente caratterizzato da Molière 4 nel 1948 [40]. Assumendo che l angolo di deviazione dalla direzione originaria sia piccolo, la soluzione di Molière diventa una distribuzione gaussiana: W(θ,σ) = 1 θ2 exp (1.10) σ2 2σ 2 Questa distribuzione è ricavata sull ipotesi che gli angoli dei singoli scattering siano piccoli, approssimazione che risulta essere assolutamente ragionevole se si osserva la sezione d urto differenziale di Rutherford precedentemente descritta (eq. 1.3). Pertanto l aver approssimato al primo ordine la soluzione di Molière è altrettanto ragionevole, in quanto la deviazione complessiva di più particelle poco deviate dalla direzione originale non sarà certo maggiore. La deviazione standard di tale gaussiana è data da: σ 2 = π N av M mol d( Zα pv )2 B(d,v,χ a ) (1.11) Da questo parametro si ricavano le informazioni relative alla larghezza del fasico: è direttamente proporzionale alla densità del materiale ( ), alla profondità di penetrazione (d), al numero di carica (Z) delle particelle del fascio ed al parametro B (dipendente in maniera non analitica dalla profondità di penetrazione, dalla velocità e dall angolo di screening χ a ). Le grandezze la cui crescita diminuisce la larghezza del fascio sono invece la massa molare del materiale (M mol ), la massa delle particelle del fascio (contenuta nella loro quantità di moto p, poiché classicamente p=mv) e la loro velocità v. Gli altri parametri contenuti sono costanti (il numero di Avogadro N av e la costante di struttura fine α). 4 La teoria di Molière tiene conto solo del contributo della diffusione coulombiana, non delle interazioni nucleari elastiche. Queste danno tuttavia un contributo trascurabile.

33 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 32 Figura 1.18: Scattering laterale per diversi adroni potenzialmente utilizzabili nei trattamenti. immagine da [62] A livello teorico l unico parametro non ben definito è l angolo di screening, introdotto da Molière stesso per caratterizzare la tipologia di interazione di scattering, ma ricavato con metodi numerici ed approssimati. Recenti studi ([59]) hanno tuttavia apportato delle importanti correzioni a tale parametro, che qui non sono riportate in quanto rilevanti solo per ioni molto pesanti (Z>20) e comunque lontane da una finalità pratica nell adroterapia data la non analiticità della dipendenza di B dall angolo di screening. Esistono anche versioni empiriche dell equazione 1.11, quale quella fornita da Highland nel 1975 ([26]), ma soffrono comunque delle incertezze sperimentali da cui sono state ricavate. Ciononostante grazie a queste ultime siamo in grado di simulare l effetto di lateral scattering per diversi ioni, come mostrato in figura Lo scattering laterale è un fenomeno tipico delle particelle cariche in moto, pertanto la radioterapia a fotoni non necessita di particolari accorgimenti per questa problematica. Tuttavia se anche un fascio di fotoni tende ad allargarsi molto meno (un minimo allargamento dovuto allo scattering di Compton è comunque presente), rimane ben più difficile da collimare e pertanto i fasci ad oggi utilizzati nella radioterapia a raggi-x in superficie sono più larghi dei fasci adronici ([5]). Inoltre, con l utilizzo di ioni più pesanti, un fascio

34 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 33 Figura 1.19: Confronto tra l allargamento di ioni di carbonio, protoni e fotoni in funzione della profondità di penetrazione in acqua. Immagine da [28] adronico rimane decisamente più stretto di un fascio di fotoni per profondità di interesse clinico (si veda l immagine 1.19) Scelta dello ione Alla luce dei fenomeni sin qui descritti si intuisce che la scelta dello ione è una questione particolarmente importante nei trattamenti adroterapici. Attualmente gli ioni utilizzati sono prevalentemente i protoni, una stretta minoranza di centri di trattamento utilizza ioni di carbonio (perlopiù in Giappone, esclusi il CNAO di Pavia, l HIT di Heidelberg e due ospedali in Cina) ed ancora nessun centro sta utilizzando gli ioni di elio ed ossigeno di cui sono già state analizzate le potenzialità per scopi clinici ([11]). La distinzione principale riguarda ioni pesanti (nuclei di carbonio, ossigeno) da ioni leggeri (nuclei d idrogeno e d elio, altrimenti noti come protoni e particelle α, rispettivamente). Si riassumono ora le principali differenze tra ioni pesanti e leggeri: Come appena descritto, ioni più pesanti risentono meno della diffusione multipla di Coulomb e, quindi, del lateral scattering. Da ciò discende che il fascio rimane decisamente più uniforme, il picco di Bragg maggiormente localizzato, permettendo così un applicazione della dose più

35 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 34 precisa e conforme alle zone da colpire, rendendo parimenti più facile evitare gli organi a rischio. Il fenomeno dell energy straggling, che porta ad una mitigazione ed allargamento del picco di Bragg, è ancora una volta più marcato per ioni leggeri, per cui l utilizzo di ioni pesanti rende più selettiva l applicazione della dose distribuendone una percentuale maggiore nella zona del picco. Gli ioni pesanti sono soggetti al fenomeno della frammentazione nucleare. Più sono pesanti maggiore è la probabilità di produzione di frammenti dalla massa molto inferiore e dal range molto superiore. L effetto di coda oltre il picco di Bragg rende necessario uno studio della geometria del fascio in modo da evitare di porre organi a rischio immediatamente oltre la zona tumorale, rispetto alla direzione del fascio. D altronde, sempre grazie alla frammentazione nucleare, il compito di ricostruire la deposizione di dose (importante per tutti gli ioni, date le numerose incertezze teoriche e sperimentali) è sensibilmente semplificato. Difatti la frammentazione produce un gran numero di secondari carichi e di fotoni prompt la cui rilevazione è fondamentale ai fini di monitoring del fascio. Ioni leggeri non sono totalmente immuni alla frammentazione nucleare comunque: i protoni possono indurla nei nuclei-bersaglio, evitando lo scomodo effetto di coda e producendo comunque carichi e gamma prompt (anche se in minor numero). Gli ioni di carbonio e di ossigeno, sempre in seguito alla frammentazione nucleare, possono raggiungere configurazioni instabili che decadano β +. La massa di queste è leggermente inferiore a quella iniziale ( 12 C-> 11 C, 16 O-> 15 O), ma la carica rimane invariata e pertanto nell urto il range delle configurazioni instabili risulta essere leggermente inferiore. Come si vedrà nel secondo capitolo, gli emettitori β + sono un ottima conferma del range del fascio, in quanto costituiscono il principio delle tecniche di imaging PET, sulle quali l elevata esperienza medica consente ormai una buona confidenza nella ricostruzione della posizione dell emettitore. Sarebbe scorretto dire che ioni più leggeri non consentono di sfruttare le tecniche di PET, ma non potendo essi stessi diventare nuclei che decadano β +, gli emettitori risultanti dall interazione di ioni leggeri col mezzo di propagazione sono nuclei del mezzo stesso. Questi, in seguito ad un eventuale frammentazione, rimangono fermi, portando ad un profilo di attività β + decisamente meno correlato alla posizione del picco di Bragg (si veda la figura 1.20).

36 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 35 Figura 1.20: A sinistra: distribuzione di dose calcolata (linea tratteggiata) ed attività β+ misurata per un fascio di protoni a 140 Mev su un target di PMMA (Polimetilmetacrilato, composto artificiale dalle proprietà simili ai tessuti organici). A destra: medesimo confronto ma per in fascio di carbonio da 260 Mev. Immagine da [18] A parità di range, l energia necessaria agli ioni pesanti è decisamente maggiore. Ciò comporta maggiori costi di operatività degli acceleratori. Nuclei più pesanti hanno maggiori RBE e LET. Sono infatti più efficaci nel creare danneggiamenti biologici irrecuperabili dai meccanismi cellulari di autoriparazione del DNA. Ciò li rende particolarmente adatti per il trattamento di tumori maggiormente radioresistenti. Gli ioni leggeri hanno un maggiore OER, ciò indica che sono meno efficaci nel danneggiamento dei tessuti ipossici. Le zone centrali di tumori estesi o in rapido sviluppo diventano ipossiche per lo scarso afflusso sanguigno, per cui anche per queste neoplasie è maggiormente indicabile l utilizzo di ioni pesanti. Ioni di massa maggiore richiedono acceleratori più costosi, ingombranti e pertanto difficili da installare. Da questo riassunto, parrebbe che i punti a sfavore degli ioni pesanti siano le questioni economiche e l effetto di coda. Ciò trae in inganno: la maggiore efficacia biologica degli ioni pesanti fa si che anche una piccola dose distribuita sui tessuti sani possa indurre a molti processi di necrosi cellulare. Pertanto il problema non è certamente l effetto di coda, in cui è distribuita una quantità irrisoria di dose (si vedano i dati sperimentali riportati in figura 1.15a) ad opera di frammenti dalla bassa efficacia biologica, ma la distribuzione di dose prima del picco di Bragg. Questa è infatti di intensità simile a quella impartita dai protoni (immagine 1.17), ma di qualità molto più pericolosa. L immagine 1.21 mostra chiaramente che nelle distribuzioni di dose di ioni pesanti la conformità all area tumorale è decisamente migliore, però dall ultima considerazione fatta

37 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 36 si comprende che l utilizzo di ioni pesanti sia sconsigliabile nel trattare tumori per raggiungere i quali sia necessario passare attraverso organi a rischio. Figura 1.21: Paragone tra i piani di trattamento per un tumore della zona craniale, la linea verde indica un organo a rischio. A sinistra il trattamento con ioni carbonio, a destra con protoni. Immagine da [43] Frazionamento del trattamento adroterapico L efficacia di una radiazione nell apportare danno biologico è massima per il massimo valore dell RBE. Questo danno sarà distribuito proporzionalmente alla dose rilasciata su ogni tessuto. Per l applicazione clinica di radiazioni ad alta efficacia biologica è dunque necessario l utilizzo di espedienti che minimizzino l inevitabile danno ai tessuti sani. Un utile modo per limitare i danni collaterali consiste nel frazionare il trattamento in più irraggiamenti (il che, come visto precedentemente, ha anche l effetto di aumentare l RBE). Nella routine clinica la terapia è già frazionata per raggiungere le diverse profondità del volume tumorale (SOBP). In questa sezione per frazionamento del trattamento si intende un ulteriore divisione dei fasci, non per energia, ma per intensità (determinata dal numero di adroni presenti nel fascio). Studi di sopravvivenze cellulari ([29]) hanno infatti mostrato che la divisione della distribuzione di dose in più irraggiamenti poco intensi favorisce la sopravvivenza dei tessuti sani. Ciò è dovuto ai tempi di risposta dei meccanismi di autoriparazione cellulare, per cui nell intervallo tra una frazione e la successiva i tessuti sani riescono a rigenerarsi in misura maggiore di quelli tumorali.

38 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 37 Figura 1.22: Curve di sopravvivenza cellulare in funzione della dose totale distribuita. In blu le statistiche riguardanti cellule sane, in rosso quelle tumorali. L effetto di un trattamento unico è riportato con linee continue, tratteggiate invece per un trattamento frazionato. [29] La differenza tra il danno ai tessuti sani e quelli neoplasici per opera del frazionamento, come si può vedere dalle curve di sopravvivenza riportate in figura 1.22, diventa più importante al crescere della dose totale da distribuire. Pertanto il frazionamento del trattamento adroterapico è importante anche nell adroterapia con ioni leggeri, che debbono distribuire grandi dosi data la loro minore efficacia biologica. È altresì vero che il dividere la terapia in più frazioni è economicamente svantaggioso ed il diminuire il numero delle frazioni è ad oggi l obbiettivo delle strutture sanitarie Beam Delivery Tra gli accorgimenti che possono migliorare le prestazioni dei trattamenti radioterapici con adroni, di indiscutibile importanza è la scelta del sistema di trasporto del fascio. Esso ha il compito di portare il fascio dall acceleratore al corpo del paziente, con dispersioni energetiche minori possibile, collimazione migliore possibile ed un ottimale sistema di consegna della dose (la parte terminale, quella da cui esce la radiazione ionizzante prima di entrare nei tessuti organici). Quest ultima parte, appunto il beam delivery è la più complessa, poiché deve modellare il fascio alla sua forma ottimale per rispettare il profilo di dose stabilito nel piano di trattamento. Attualmente esistono due metodologie di beam delivering, lo scanning passivo e lo scanning attivo. Lo scanning passivo consiste nell inserire diverse unità meccaniche nel percorso del fascio, di modo che dalle interazioni con tali oggetti il fascio risulti modellato come richiesto dal piano di trattamento. Se il fascio è stato accelerato tramite un ciclotrone (che produce fasci di energia fissa), questo

39 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 38 Figura 1.23: Schematizzazione dello scanning passivo. Per meglio comprendere gli effetti dei diversi moduli atti a modificare il fascio sono stati riportati in alto dei profili trasversali di intensità, dai quali si nota chiaramente l allargamento ed il troncamento subiti. In basso invece vi sono le previsioni del deposito longitudinale di dose, prima a picco di Bragg, poi modulato a SOBP (linea tratteggiata) e spostato rigidamente sul range desiderato (linea continua del secondo grafico). L area tratteggiata di fianco al tumore indica quei tessuti sani sui quali si prevede una non trascurabile distribuzione di dose dovuta all effetto del compensatore. Gli ellissi viola indicano degli organi a rischio per evitare i quali si è scelto di distribuire la dose sui tessuti sani prima del tumore. Chiaramente questo metodo di scanning è ben lontano dall essere ideale. Immagine tratta da [48]

40 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 39 metodo di scanning è fondamentale per ridurre del necessario l energia degli adroni. Ciò si fa attraverso moduli chiamati modulatore di range e range shifter, i quali rispettivamente spargono l energia del fascio sui diversi valori necessari ad ottenere il SOBP dello spessore richiesto e spostano queste energie di un valore fisso determinato dalla profondità del tumore in questione. Tramite lo scanning passivo il fascio deve inoltre raggiungere la totale larghezza della zona tumorale da colpire. Questo effetto è ottenuto tramite due altri moduli detti scattering system e collimatore, i quali allargano il fascio e ne troncano le parti troppo allargate. Infine un compensatore modula il range in funzione della posizione trasversale rispetto alla direzione di propagazione del fascio in modo da rispettare il non uniforme spessore dell area da colpire. L immagine 1.23 illustra quanto scritto. La metodologia di beam delivery appena descritta presenta dei chiari limiti nella distribuzione di dose ottenibile da un fascio così consegnato. Basandosi su interazioni tra ioni e materia, la cui descrizione, come visto, è spesso approssimativa, non permette di prevedere con una buona risoluzione come la dose sarà depositata. Il metodo di scanning attivo è di gran lunga preferibile al precedente. Esso si basa sulle ben più note interazioni tra carichi in moto e campi magnetici, pienamente ed esattamente descritte dalla forza di Lorentz: F = q v B (1.12) dove q è la carica della particella, v la velocità, il prodotto vettoriale e B il campo magnetico esterno applicato al carico in moto. Dovendo deviare un fascio di particelle, non ioni singoli, si ripresenta il problema dell energy straggling visto tra le incertezze relative al range. Difatti un incertezza sull energia dei singoli adroni del fascio implica un incertezza sulla loro velocità e, quindi, sulla loro deviazione ad opera del campo magnetico. Entra qui in gioco il ruolo fondamentale del beam monitor adoperato nello scanning attivo: dopo aver deviato il fascio esso attraversa questo sensibile rivelatore che ne registra la posizione con incertezza di 0.1 mm, la direzione e l intensità, eliminando quindi l incertezza sull allargamento del fascio dovuto alla deviazione subita (almeno entro la sensibilità del beam monitor). I dati raccolti dal beam monitor sono immediatamente trasferiti al sistema informatico di controllo del piano di trattamento (TPS, o Treatment Planning Sistem). Esso effettua quindi una prima fase di monitoring sulle condizioni iniziali del fascio: direzione, posizione ed energia. L energia è nota direttamente dall impianto di accelerazione. Questo sistema di beam delivery non consegna fasci allargati, ne singolarmente modulati in modo da ottenere il SOBP. Si tratta invece di fasci

41 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 40 Figura 1.24: Schematizzazione del sistema di active scanning che era in utilizzo presso il GSI di Dramstadt ("era" in quanto tale centro non tratta più pazienti dal 2009). Sulla destra si osservano le differenti slices programmate, di cui quella correntemente irradiata mostrata nel dettaglio con il progresso dei singoli pencil beams. [49] altamente collimati (dai 3 ai 10 mm FWHM) detti pencil beams dalla cui somma si ottiene il SOBP. Una frazione del trattamento è pertanto costituita dall irraggiamento con molti pencil beams, la cui direzione viene rapidamente variata dagli elettromagneti secondo le istruzioni del TPS. Non bisogna confondere il frazionamento del fascio con il frazionamento del trattamento: quest ultimo riguarda la programmazione di più sedute (frazioni) che si distanziano a volte di poche ore, a volte di giorni (a seconda della quantità di dose somministrata nella seduta). Il frazionamento del fascio in pencil beams piuttosto che il suo modellamento meccanico riguardano la somministrazione della dose durante la singola seduta. All interno di ogni frazione del trattamento si cerca, per massimizzare l efficacia della terapia, di distribuire la dose più omogeneamente possibile sul volume tumorale. Pertanto si divide il volume tumorale in differenti slices (letteralmente, "fette"), si calcolano le energie necessarie per raggiungere ciascuna di esse e le si irraggiano una ad una tramite diversi pencil beams (il cui numero dipende dall area superficiale di ciascuna slice). Per poter sfruttare questo sistema di beam delivery la struttura sanitaria deve essere dotata di un sincrotrone (acceleratore ad energia modulabile), agendo sul quale il TPS possa rapidamente regolare le energie dei fasci per irraggiare tutte le slices in una singola seduta. Nell immagine 1.24 è schematizzato il funzionamento dello scanning attivo.

42 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA L adroterapia oggi e questioni economiche I costi dell adroterapia sono una problematica cruciale per la diffusione delle tecniche adroterapiche. Le argomentazioni contrarie a questa terapia relativamente giovane insistono sui seguenti punti: L elevato costo degli ioni più efficaci. Il rapporto tra i benefici limitati (in termini di efficacia) apportati dall utilizzo di ioni leggeri e l eccessiva differenza in costi rispetto alla radioterapia con fotoni. Difatti se anche i protoni permettono una distribuzione di dose nettamente più localizzata, la loro efficacia biologica è trascurabilmente superiore a quella dei fotoni (l RBE dei protoni vale 1.1). L applicabilità clinica limitata a tumori fissi, localizzati e non infiltranti. Ad onor del vero però questo limite è figlio della mancanza di sufficienti dati clinici che provino l efficacia a lungo termine delle tecniche adroterapiche, poiché il numero di pazienti seguiti per un numero consistente di anni è ancora limitato. I risultati a breve termine rendono la comunità medica fiduciosa delle potenzialità della radioterapia ad adroni ([4]), tanto da aver già individuato delle "indicazioni consolidate" per il trattamento di alcune tipologie di tumori con gli adroni (tumori vicini agli organi a rischio e tumori radioresistenti). Tuttavia è bene ricordare che l elevata esperienza medica dietro alla convenzionale radioterapia la rende una tecnica sicura, alla quale è conveniente affiancare l adroterapia solo per il trattamento di casi clinicamente consolidati. Studi sulla sostenibilità economica dei trattamenti adroterapici ([52],[23],[42]) riportano i dati mostrati in tabella 1.2. La possibilità di ridurre gli investimenti richiesti senza inficiare l efficacia della terapia è vincolata alla tecnologia necessaria ad un centro di trattamento: l acceleratore, il sistema di beam delivery ed i rivelatori necessari per il monitoring. I primi due in particolare costituiscono la principale spesa di installazione e mantenimento. Per il trattamento con ioni di carbonio, infatti, un sincrotrone (tipologia di acceleratore maggiormente diffusa in ambiente clinico) è un oggetto circolare dal diametro di 30 m. La realizzazione di locali adatti al suo collocamento risulta indubbiamente onerosa. Il sistema di trasporto fasci dall acceleratore alla sala operatoria deve essere realizzato con estrema cura, sia per evitare dispersioni che modificherebbero il range degli adroni sia per mantenere una collimazione ottimale del fascio. Se quindi l abbattimento dei costi di realizzazione non può prescindere da un progresso tecnologico che porti alla realizzazione di acceleratori più

43 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 42 Tabella 1.2: Confronto tra i costi relativi a centri di trattamento adroterapici (attrezzati per terapie con ioni di carbonio e protoni o solo con protoni) e centri radioterapici. Il costo per frazione si riferisce al singolo irraggiamento. Il numero di irraggiamenti necessari per una terapia completa dipende dal volume e dalla forma della massa tumorale. Il costo operazionale annuo è basato sui dati di utilizzo medio, si veda [42]: Ioni C e p (e) p (e) Fotoni (e) Costo di costruzione Costo operazionale annuo Costo per frazione Rapporto fotoni compatti ed economici, i costi operazionali sono invece sensibilmente riducibili con la diminuzione della frazioni previste nel trattamento. I tumori trattabili tramite adroterapia ed i frazionamenti attualmente previsti nella prassi clinica del CNAO sono riportati nella tabella 1.4. Per evitare che gli effetti collaterali dovuti ad una riduzione dei frazionamenti limitino ulteriormente l applicabilità delle tecniche adroterapiche si vuole insistere sull importanza dello sviluppo di efficienti tecniche di monitoring, in quanto porterebbe all ottimizzazione della conformità della distribuzione di dose alla zona tumorale. In seguito (tabella 1.3) è riportato l elenco delle strutture attualmente attrezzate per trattamenti adroterapici, ed i dati sul numero di pazienti trattati, raccolti dal Particle Therapy Co-Operative Group.

44 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 43 Tabella 1.3: Dati sui centri attrezzati per la radioterapia con adroni, risalenti al 27 gennaio 2015: Paese Centro di trattamento Adroni Inizio operatività Pazienti trattati Canada TRIUMF, Vancouver p Repubblica PTC Czech r.s.o., Praga p Ceca Regno Clatterbridge p Unito Francia CAL, Nice p Francia CPO, Orsay p Germania HZB, Berlino p Germania RPTC, Monaco p Germania HIT, Heidelberg p-c Germania WPE, Essen p Germania PTC Uniklinikum, p Dresden Italia CNAO, Pavia p-c Italia INFN-LNS, Catania p Italia APSS, Trento p Giappone HIMAC, Chiba C Giappone NCC, Kashiwa p Giappone HIBMC, Hyogo p-c Giappone PMRC 2, Tsukuba p Giappone Shizuoka Cancer Center p Giappone STPTC Koriyama p Giappone GHMC, Gunma C Giappone MPTRC, Ibusuki p Giappone Fukui Prefecural Hospital p PTC, Fukui Giappone Nagoya PTC, Nagoya, p Aichi Giappone SAGA-HIMAT, Tosu C Giappone Aizawa Hospital PTC, Nagano p

45 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 44 Paese Centro di trattamento Adronratività Inizio ope- Pazienti trattati Cina WPTC, Wanjie, Zi-Bo p Cina IMP-CAS, Lanzhou C Cina SPHIC, Shanghai p-c Polonia IFJ PAN, Krakow p Russia ITEP, Mosca p Russia San Pietroburgo p Russia JINR 2, Dubna p Sud NRF-iThemba Labs p Africa Corea NCC, Ilsan p Del Sud Svezia Svedberg Lab, Uppsala p Svizzera CPT PSI, Villgen p USA, J. Slater PTC, Loma Linda p CA USA, UCSF, San Francisco p CA USA, Scripps Proton Therapy Center p CA USA, MGH Francis H. Barr PTC, p MA Boston USA, IN IU Health PTC, Bloomington p USA, MD Anderson Cancer Center, p TX Houston USA, UFPTI, Jaclsonville p FL USA, ProCure PTC, Oklahoma City p OK USA, Roberts PTC UPenn, p PA Philadelphia USA, IL CDH Proton Center, p Warrenville USA, HUPTI, Hampton p VA USA, ProCure Proton Therapy p NY Center, New Jersey USA, SCCA ProCure Proton Therapy p WA Cener, Seattle USA, S. Lee Kling PTC, Barnes p MO Jewish Hospital, St. Louis USA, Provision Center for Proton p TN USA, LA Therapy, Knoxville Wills Knighton Proton Therapy Cancer Center p

46 CAPITOLO 1. ADROTERAPIA 45 Tabella 1.4: Protocolli clinici dei trattamenti adroterapici presso il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica di Pavia. Con "-" si indica un numero di frazioni generico dipendente dal singolo caso, mentre "d.e." (dose escalation) indica un trattamento progressivo diviso in 7 stadi che conta in totale 105 frazioni. Tipo di tumore Adrone utilizzato Numero di frazioni Cordomi e condrosarcomi della base p craniale Cordomi e condrosarcomi del rachide p Recidive di cordomi e condrosarcomi del p - rachide Meningiomi intracranici p Tumori dell encefalo p Glioblastomi p 37 Neoplasie localmente avanzate del distretto p 8-15 cervico-cefalico Recidive di neoplasie del distretto p/c - cervico-cefalico Tumori dei seni nasali operabili a prognosi p/c - sfavorevole Carcinoma adenoideo cistico delle ghiandole C 16 salivari Adenomi plemorfi recidivi C 16 Recidive di tumori rettali 6 C d.e. Sarcomi ossei o dei tessuti molli del C 16 distretto cervico-cefalico Sarcomi ossei o dei tessuti molli del tronco C 16 Melanomi maligni delle mucose delle prime C 16 vie aerodigestive Carcinoma della prostata ad alto rischio C 16 Tumori primitivi e secondari dell orbita C 16 oculare Tumori del pancreas C 12 Neoplasie primitive maligne del fegato C 12 Recidive di cordomi e condrosarcomi del C rachide Melanoma oculare C 4

47 Capitolo 2 Monitoring dell adroterapia Dagli argomenti introdotti nel precedente capitolo si realizza l importanza dello sviluppo di accurate tecniche di monitoring. Le previsioni teoriche sul range degli adroni e sulla conseguente distribuzione di dose necessitano conferme o, eventualmente, correzioni che solo una ricostruzione effettiva della posizione dei picchi di Bragg può dare. Inoltre dalle tecniche monitoring si possono individuare le eventuali variazioni anatomiche (densità dei tessuti, spostamento di organi) intra-frazione od inter-frazione di trattamento. Innanzitutto possiamo distinguere due tecniche tipologie di monitoring differenti: il monitoring off-line ed il monitoring on-line. La differenza sta nell intervallo temporale tra il trattamento ed il responso del monitoring. Nel primo caso ciò avviene a seduta conclusa, solitamente in altri locali. Il secondo caso riguarda invece il ricavare informazioni sulla distribuzione di dose applicata durante il trattamento stesso. Chiaramente un monitoring on-line è preferibile, in quanto non soggetto ai problemi di metabolismo che possono ridurre o modificare l informazione ricavabile dal monitoraggio ed è l unico che in possibili sviluppi futuri permetterebbe di correggere il trattamento direttamente tra un pencil beam ed il successivo. Va da se che i costi integrativi di questa tipologia di monitoring siano maggiori rispetto ad un monitoring a posteriori, in quanto si necessita di accostare al sistema di beam delivery tutti i rivelatori necessari. Ciò di cui maggiormente si necessita al momento è la definizione di un protocollo clinico per gestire le correzioni di un trattamento. Tutte le tecniche di monitoring si basano sul rilevamento dei prodotti delle interazioni tra radiazione ionizzante e materia descritte nel primo capitolo. I prodotti di interazione da cui sia possibile ricavare informazioni utili sono: Particelle cariche Fotoni prompt 46

48 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 47 Fotoni da annichilazione. La produzione di particelle cariche discende dalla frammentazione nucleare, l emissione di gamma prompt è dovuta alle diseccitazioni nucleari che seguono ai fenomeni di interazione non elastica tra nuclei, mentre l emissione di fotoni da annichilazione segue alle annichilazioni particella-antiparticella dovute, in ambito adroterapico, alla produzione di positroni per decadimento β +. Oltre all identificazione di un affidabile procedura per ricostruire la distribuzione spaziale degli eventi di interazione, per poi stabilirne la relazione con la distribuzione di dose, non bisogna sottovalutare l importanza della progettazione di rivelatori che lo permettano. Infatti ad oggi sensibilità (cioè l incertezza sui valori forniti) ed efficienza (percentuale degli eventi registrati) di questi ultimi necessitano ancora di molti miglioramenti. Attualmente l unica tecnica di monitoring applicata (anche se costantemente in fase di sviluppo) è la PET, mentre lo studio delle particelle cariche e lo studio dei gamma prompt sono possibili alternative in fase di studio preliminare. 2.1 Positron Emission Tomography La PET è una tecnica di imaging medico di tipo funzionale, che consente cioè di rilevare le proprietà metaboliche dei tessuti, quando le altre tecniche di imaging (CT,RM) danno solo informazioni di carattere morfologico. Essa consiste nell introduzione di un radiofarmaco composto da traccianti marcati con isotopi radioattivi che decadano β +. Tessuti di organi differenti tendono a metabolizzare determinati traccianti e la grande esperienza ormai acquisita in campo medico permette di indagare un vasto numero di processi biochimici diversi con la scelta del tracciante corretto. La PET risulta di particolare interesse in campo oncologico in quanto, dato il tasso di metabolismo maggiore delle cellule tumorali, permette di identificare il volume tumorale anche prima che esso assuma caratteristiche morfologicamente rilevabili (tramite le altre tecniche di imaging medico). Entriamo ora nel dettaglio su come funzioni questa tecnica di imaging: essa si basa sul processo di decadimento nucleare β Decadimento Beta + Il decadimento β + è uno dei tre processi di decadimento β possibili (β +,β e la cattura elettronica), accomunati dal fatto che un nucleone (protoni o neutroni) cambi autostato di spin isotopico (passando quindi da protone a

49 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 48 neutrone o viceversa). Essi possono avvenire sia spontaneamente, nel caso di nuclei instabili, sia sotto stimolo (tipicamente da neutrini od antineutrini, ma recentemente si è scoperto come stimolarlo con radiazioni elettromagnetiche laser [10]). Può inoltre avvenire che un nucleo, in seguito a questo decadimento, raggiunga stati instabili che decadranno ulteriormente emettendo gamma da diseccitazione nucleare o evaporando nucleoni [7]. Il processo di decadimento β + consiste, in particolare, nel passaggio di un protone del nucleo instabile a neutrone, con il rilascio di un positrone e di un neutrino elettronico, come schematizzato: p n+e + +ν e A Z X A Z 1 X +e+ +ν e Dove X è il nucleo instabile, A il numero di massa e Z il numero di carica. Il positrone viene progressivamente rallentato dalle interazioni con gli elettroni del mezzo fino a quando non si verifica un evento di annichilazione. I tipici valori del libero cammino medio di un positrone in mezzi organici sono di circa 1 mm 1 ([2]). Dall evento di annichilazione si ha prevalentemente la produzione di due fotoni (in rari casi il processo può portare all emissione di 3 γ, ma la probabilità che ciò accada è dello 0, 1% [41]). Questi vengono emessi nella medesima direzione ma in versi opposti o, per l appunto, back-to-back, con una caratteristica energia di Mev. Data la peculiarità di questi eventi, risulta semplice selezionarli. Ciò viene fatto mediante l utilizzo di rivelatori simmetricamente disposti e di sistemi di controllo che verificano la coincidenza nel rilevamento degli eventi. Quando un evento di annichilazione viene riconosciuto, da i dati sulla posizione e la direzione dei γ è possibile ricostruire la loro posizione di origine. Il funzionamento di un tomografo PET è mostrato in figura Monitoring tramite PET Oltre ad essere una fondamentale tecnica di imaging medico, la PET è stata da subito applicata ai fini del moitoring adroterapico. In questo campo non si introducono isotopi radioattivi tramite radiofarmaci, in quanto gli emettitori β + vengono prodotti dalle interazioni nucleari descritte nel primo capitolo. 1 Tale valore viene riportato solo per mostrarne l ordine di grandezza. Difatti il libero cammino medio varia a seconda del nucleo emettitore, da cui dipende lo spettro di energia cinetica iniziale del positrone

50 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 49 Figura 2.1: Schematizzazione del funzionamento della PET. [17] Un importante differenza dalla PET classica si trova nella ridotta attività β + media degli emettitori, per cui sorgono problemi di carattere statistico e sull efficacia dei rivelatori (ad esempio la densità di attività β + media del 12 C è di 1600 Bq/(cm 3 Gy), mentre per i radioisotopi comunemente utilizzati tale valore è dell ordine di grandezza di Bq/(cm 3 Gy) [19]). Le tecniche di monitoring tramite PET si dividono il due tipologie differenti, una di monitoring on line detta PET in-beam ed una di monitoring a posteriori o PET off line. PET off line: Per quanto una tecnica in-beam sia potenzialmente più utile, allo stato attuale le tecniche di PET off line sono decisamente più sviluppate. Tuttavia vi sono delle difficoltà nell adattarle ad un trattamento adroterapico. Infatti, a differenza dei radioisotopi comunemente utilizzati nelle PET mediche, spesso il tempo di decadimento medio (o vita media) dei nuclei instabili prodotti nei trattamenti adroterapici è relativamente breve ( tabella2.1). Ciò rende difficile lo sfruttamento della PET off line in quanto i tempi di trasporto del paziente dalla sala di trattamento alla sala di monitoring influenzano in maniera non trascurabile il numero di eventi rilevabili. D altronde è impossibile integrare i tomografi comunemente utilizzati in un sistema di monitoring on line poiché le loro dimensioni e forma (cilindri che circondano

51 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 50 Isotopo Vita media E max (β + ) (kev) 11 C 20.4 min C s C ms N 9.96 min N 11 ms O 2.03 min O s O 8.58 ms F 110 min Rb 1.25 min I h 2130 Tabella 2.1: Vite medie e massima energia del positrone emesso nel decadimento β + per alcuni ioni. il paziente) possono contrastare con le geometrie di irraggiamento richieste dal piano di trattamento. Cionondimeno l efficienza di tali rivelatori è assolutamente ottimale, essendo essi in grado di rivelare fotoni emessi praticamente in tutte le direzioni. Inoltre le più moderne tecniche di ricostruzione dell immagine (dette 4D PET in quanto tengono conto anche degli spostamenti periodici dovuti alla respirazione) sono ad oggi applicate solo ai casi di PET off line [33]. Pertanto non bisogna sottovalutare l importanza del collocare il rivelatore nel locale di irraggiamento, così da spostare il paziente dalla sede di trattamento al tomografo PET riducendo al minimo le informazioni perse. Questa tecnica prende il nome di in-room PET e consente, terminata la frazione di trattamento, di fornire affidabili ricostruzioni sulle zone di maggiore attività β +. Come anticipato nella sezione sulla scelta dello ione, la correlazione tra queste ultime e la distribuzione di dose prevista è migliore nei trattamenti che adoperano ioni pesanti. In particolare, osservando i dati riportati nella tabella 2.1, si deduce che gli ioni più adatti per poter monitorare anche off line l attività β + sono gli ioni carbonio. Infatti, osservando la prima configurazione instabile di ciascuno ione (quella con numero di massa maggiore, che è anche la più probabile da ottenere) esso ha la vita media maggiore, nonché il massimo di energia di emissione del positrone minore. Quest ultimo parametro è importante che sia basso poiché è direttamente proporzionale al range medio del positrone emesso e quindi all incertezza nel ricostruire la posizione del nucleo emettitore.

52 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 51 Figura 2.2: A sinistra: rivelatore per PET in-beam installato presso il GSI di Dramstadt. A destra: rivelatore per PET tradizionale. La validità di questa tecnica di imaging è però compromessa dal metabolismo del paziente. In pratica la distribuzione di emettitori β + può essere modificata dai processi biologici arrivando ad una forma meno correlata alla distribuzione di dose (questione a cui generalmente ci si riferisce con il termine wash-out metabolico). Il monitoring on-line previene queste difficoltà PET in-beam: La PET in-beam riesce a risolvere il problema del wash-out metabolico ed a sfruttare la maggior parte degli eventi di emissione di positroni dato il minimo tempo tra l irraggiamento e la misura. Questa viene infatti effettuata nelle pause tra gli impulsi dell irraggiamento, permettendo di individuare subito possibili variazioni anatomiche o di posizionamento del paziente. Se la statistica (numero di eventi osservati) delle misurazioni tramite PET in-beam è la migliore possibile, il problema è la necessità di utilizzare un rivelatore a ridotto angolo solido (per questioni di adattamento ai sistemi di irraggiamento). Difatti, come mostra l immagine 2.2, un rivelatore utilizzabile per PET in-beam consiste di due rivelatori traccianti (tipicamente sfruttano cristalli scintillatori a pixel di LYSO, o Cerium-doped Lutetium Yttrium Orthosilicate) diametralmente opposti montati su un gantry, cioè un supporto circolare rotante, mentre un tradizionale rivelatore PET può registrare eventi lungo tutta la sua circonferenza.

53 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 52 Figura 2.3: L immagine riguarda il trattamento di un tumore craniale presso GSI di Dramstadt [16] Un possibile espediente per migliorare la risoluzione spaziale della PET in-beam consiste nell aumentare la selettività degli eventi in base al tempo di volo calcolato (il tempo intercorso tra l arrivo del fascio di ioni ed la rivelazione dei fotoni da annichilazione). Questa tecnica prende il nome di Time-Of-Flight in-beam PET (TOF ibpet) [12]. Poiché la distribuzione spaziale dell attività β + non corrisponde con la distribuzione di dose, ciò che ad oggi viene fatto per verificare la conformità al piano di trattamento è simulare l attività prevista per i fasci utilizzati via Monte Carlo. Si procede dunque con il confronto tra l attività prevista e quella misurata via ibpet. Un ipotesi di un possibile protocollo proposto al GSI di Dramstadt è la seguente: dalle differenze riscontrate si ipotizzano i fattori che potrebbero averle generate (modifiche anatomiche, con conseguenti cambiamenti delle densità dei tessuti attraversati dal fascio o cambiamenti nel posizionamento del paziente). Dopodiché si corregge la simulazione fino ad ottenere un risultato in accordo con l attività misurata. A questo punto si modifica il piano di trattamento di conseguenza, simulando come sia stata distribuita la dose con le nuove caratteristiche confermate dalla coincidenza delle attività β +. Si può vedere un esempio di un confronto tra attività β + prevista e misurata nell immagine Monitoring tramite particelle cariche Un innovativa tecnica di monitoring, attualmente in fase di studio preliminare, riguarda la possibilità di ricavare informazioni sulla dose distribuita ai tessuti tramite lo studio delle particelle cariche, prodotte dalle interazioni nucleari di cui si è parlato nel primo capitolo. In particolare, a seconda della posizione angolare di rivelazione, si sfruttano ioni di differente origine (frammenti del

54 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 53 proiettile, del bersaglio, nucleoni da evaporazione e particelle maggiormente energetiche, o fast) La posizione angolare di rilevamento, come si vedrà in sezione 2.3.1, è determinante per valutare la precisione di ricostruzione di un evento nonché influente sulla statistica delle misurazioni (ad esempio, le particelle cariche rilevabili ad angoli piccoli sono generalmente di più di quelle rilevabili ad angoli grandi, ma sono soggette ad una maggiore incertezza). Questa tecnica di monitoring risulta adatta principalmente per trattamenti con ioni pesanti, in quanto il numero di secondari carichi prodotti dalle interazioni nucleari non è statisticamente consistente nel caso di adroterapia a protoni. Il vantaggio principale del monitoring tramite particelle cariche (perlopiù protoni, ma anche deuteri e trizi come mostra l immagine 2.7) è la loro facile identificazione. Difatti le ben note interazioni tra singole particelle cariche in moto e materia hanno permesso lo sviluppo di rivelatori particolarmente efficienti, quali ad esempio i tracker a fibre. Tramite questi rivelatori si ottengono informazioni su posizione, direzione ed energia delle particelle cariche (o, per abbreviazione, carichi) rilevati. Per ricostruire quindi la distribuzione longitudinale della posizione di origine di tali carichi si effettua una back projection della traiettoria, individuandone il punto di minimo approccio alla traiettoria del fascio originale (detto vertice d interazione). Questa tecnica prende il nome di Interaction Vertex Imaging e ne è data una rappresentazione in figura 2.5.È possibile ricostruire il vertice d interazione tramite una singola traccia o tramite due (SP-IVI, cioè single proton detectrion IVI e DP-IVI o double proton detection IVI), anche se i primi risultati dimostrano una migliore affidabilità del single proton imaging [55]. Un limite nella precisione di questa tecnica di monitoring si trova nello scattering multiplo che le particelle cariche possono subire prima di uscire dal corpo, il quale può peggiorare l accuratezza del metodo di back projection. Nell utilizzo della back projection si trascura, inoltre, lo spessore del fascio: ciò che si fa è individuare il punto di minima distanza tra la direzione dei secondari rivelati e quella del fascio originale (considerandola quindi lineiforme, priva di spessore). Da questo discende un imprecisione nel determinare il vertice d interazione, poiché la traiettoria di origine può discostarsi al più di σ beam (semi-larghezza del fascio) da dove è stata ipotizzata. Tale incertezza può essere quantificata in funzione dell angolo di rivelazione, come illustrato in figura 2.4. Questo effetto, comunemente noto come effetto di parallasse, può essere evitato se si posizionano i rivelatori ortogonalmente al fascio, ma non sempre il numero di particelle emesse in quella direzione è consistente. La distribuzione degli eventi di produzione delle particelle cariche non è isomorfa alla deposizione di dose (non assomiglia al picco di Bragg), in quanto

55 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 54 Figura 2.4: Illustrazione di come il trascurare lo spessore del fascio porti a commettere un errore sulla stima della posizione longitudinale di emissione di secondari, se ricostruita tramite back projection Figura 2.5: Rappresentazione di un esempio di double proton detection

56 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 55 la prima è dovuta ad interazioni nucleari di carattere non elastico, mentre la seconda ad interazioni coulombiane con gli elettroni del mezzo. Pertanto non è immediato ricostruire la posizione del picco di Bragg partendo dalle particelle cariche. La dispersione in energia subita dai proiettili li porta a produrre secondari carichi di energia via via minore. Da ciò i secondari incontrano sempre più difficoltà nell uscire dal corpo e per questo la loro distribuzione assume la forma visibile in figura 2.6, dalla quale non si può ricavare immediatamente il picco di Bragg. Un metodo proposto da Persanti et al. ([35]) consiste nell eseguire il fit della distribuzione ricavata mediante back projection con la funzione: f(x) = p 0 (1+exp x+p 1 p 2 )(1+exp x+p 3 p 4 ) +p 5 (2.1) Questa funzione risulta particolarmente versatile nell approssimare distribuzioni a picco (a patto che siano realisticamente regolari) in quanto è possibile variare la larghezza del picco (modificando p 1 o p 3 ), la pendenza (p 4 per il lato crescente, p 2 per quello decrescente), posizione verticale e longitudinale (p 0 o p 5 per la prima, p 1 e p 3 per la seconda) e consente infine di tenere conto di eventuali rumori di fondo (con p 5 ). Effettuato il fit, si ricava il massimo di tale funzione (con metodi numerici, data la non analiticità della derivata prima). Dopodiché si considera la retta tangente al lato decrescente della funzione nel punto situato al 40% di tale altezza. Il punto d intersezione tra questa retta e l asse di riferimento longitudinale ha una buona correlazione con la posizione del picco di Bragg. In figura 2.6 ho applicato questo metodo ad i dati relativi all irraggiamento di un bersaglio di PMMA (Poli-Metil-MetacrilAto, un tessuto equivalente di comune utilizzo per simulare l interazione con tessuti organici) con ioni di 12 C da MeV/u presso l Heidelberg Ionenstrahl Therapiezentrum (HIT). In tutte le tecniche di monitoring è importante saper selezionare i dati misurati distinguendo gli eventi da cui hanno avuto origine. Spesso il discriminante è il tempo di volo, che nella PET è usato come parametro di coincidenza, mentre nel monitoraggio delle particelle cariche permette di ricavare l energia della particella. Successivamente, dal confronto tra energia totale ricavata ed energia liberata nell interazione con il rivelatore (misurata), è possibile distinguere il tipo di particella, come mostrato in figura 2.7.

57 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 56 Figura 2.6: Dati sperimentali raccolti da Collini et al. presso l HIT di Heidelberg. In rosso la funzione di fit, in blu la tangente, la riga tratteggiata evidenzia il 40% dell altezza ed il punto d incontro tra la riga blu e l asse z indica la stima della posizione del picco di Bragg. Figura 2.7: Dati riguardanti l energia rilasciata nel rivelatore LYSO, posto ortogonalmente rispetto al fascio, in funzione del tempo di volo ricavato. Si mostra il criterio di distinzione delle differenti particelle: protoni (p), deuteri (d) e trizi (t). Il numero di eventi classificati come protoni è maggiore, come ci si poteva aspettare, dato che le particelle più massive sono emesse ad energie minori. Dati da [35].

58 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 57 Isotopo Energia di emissione γ (MeV) 15 O O O O O C C C Tabella 2.2: Energie di emissione γ per alcuni ioni di interesse terapeutico, le energie differenti per ioni identici sono dovute ai diversi orbitali nucleari coinvolti nella diseccitazione. [3]. 2.3 Monitoring tramite gamma prompt L ultima tecnica di monitoring on line in fase di sperimentazione sfrutta i fotoni rapidamente emessi a seguito delle diseccitazioni nucleari, o fotoni prompt. La rapidità dei processi di emissione di questi fotoni, della durata di pochi ns, li rende insensibili alle questioni metaboliche che, in generale, possono sempre interferire con i dati acquisiti. Inoltre, come si può dedurre da dati riportati nell immagine 1.19, lo scattering laterale subito dai fotoni è meno influente di quello subito da particelle cariche. Un aspetto peculiare che differenzia le potenzialità di questa tecnica di monitoring discende dalla conoscenza delle energie discrete a cui sono emessi i gamma prompt in dipendenza dall elemento emittente (si veda la tabella 2.2). Dallo studio dello spettro energetico dei gamma rilevati da adroterapia a protoni si può quindi risalire alla concentrazione degli elementi nei tessuti, il che è recentemente (2013) stato provato da misurazioni di J. C. Polf et al. [44]. Ciò permetterebbe di fornire al Treatment Planning Sistem utili informazioni sull effettiva costituzione dei tessuti attraversati. Per questi motivi e per la buona correlazione osservata con i picchi di Bragg (per l adroterapia a protoni si citano i lavori sperimentali di Agodi et al. del 2012 [8] e di Min et al. [39], mentre per gli ioni carbonio il lavoro di Testa et al. [54]) l utilizzo del monitoring tramite gamma prompt è attivo argomento dell odierna ricerca.

59 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA La ricostruzione della dose Differentemente da quanto accade per le particelle cariche, la correlazione tra la distribuzione dei punti di emissione dei gamma prompt e la distribuzione di dose sui tessuti si stabilisce tra i picchi delle medesime. Da ciò, una volta ricostruito il profilo di emissione dei fotoni prompt, è sufficiente individuarne il picco per arrivare ad una stima del range. Tuttavia un lavoro di J. M. Verburg et al. del 2013 ha con successo verificato il range di protoni attraverso lo studio dello spettro energetico rilevato, sfruttando la correlazione tra l energia dei protoni nel fascio, i livelli energetici dei gamma emessi e la sezione d urto nucleare. Nel caso di adroterapia a protoni, si dispone quindi di entrambi gli approcci possibili, mentre l utilizzo degli ioni più pesanti implica l applicabilità solo del primo metodo. Difatti con l utilizzo di ioni carbonio i gamma da 4.44 MeV rilevati sarebbero di provenienza incerta (atomi di carbonio del corpo o ioni del fascio), pertanto la loro distribuzione spaziale sarebbe continua e non adatta al metodo applicato da J. M. Verburg (esso si basa sulla correlazione tra energia del fascio e distribuzione spaziale dei gamma corrispondenti a picchi di emissione differenti, per approfondimenti si veda [57]). Una questione che limita l applicabilità di questa tecnica di monitoring è il consistente rumore di fondo che si registra. Difatti i processi di fotoemissione sono molteplici (diseccitazione nucleare, diseccitazione elettronica, bremsstrahlung, emissione di Cherenkov) ed il background di neutroni è il principale fattore di disturbo. Se nella PET basta verificare la coincidenza degli eventi, e nel monitoring tramite particelle cariche è ben facile distinguerli per le loro proprietà elettrodinamiche, nel monitoring tramite gamma prompt i criteri di selezione non sono così immediati. La chiave è ancora una volta nello studio dell energia rilevata in funzione del tempo di volo, per cui si osservi la figura 2.8. Le diverse aree evidenziate indicano differenti eventi: in blu vi è il rumore di fondo del scintillatore, contributo eliminabile imponendo una soglia minima di energia; in rosa è indicata l area in cui gli eventi sono classificati come neutroni od altre particelle, è infatti intuitivo che tutte quelle particelle che interagiscano con il cristallo scintillatore verranno rilevate dopo i fotoni; in rosso e verde sono indicate due popolazioni di gamma prompt. Quelli che hanno impiegato meno tempo a raggiungere il rilevatore (indicati in rosso) sono fotoni provenienti dall interazione tra il fascio ed il beam monitor posto prima del paziente, mentre gli unici eventi di vero interesse sono, quindi, quelli indicati in verde. Il fatto che siano registrati dopo il primo gruppo di gamma prompt è dovuto alla geometria del set up sperimentale da cui provengono i dati mostrati in figura (Piersanti et al. [35]). A questo punto si possono selezionare gli eventi includendoli nell intervallo temporale corretto (largo circa 2 o 3 ns)

60 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 59 Figura 2.8: Dati che mostrano l energia ricostruita delle particelle rilevate in funzione del ToF, ricavato come differenza tra il tempo di ingresso del fascio nel beam monitor ed il tempo di rilevamento dell evento. L esperimento in questione, condotto presso il GSI di Dramstadt, consisteva nell irraggiamento di un bersaglio di PMMA tramite un fascio di 12 C da 220 MeV/u. Immagine da [35] Figura 2.9: Paragone tra lo spettro energetico ricavato dai dati sperimentali di un irraggiamento con protoni da 160 MeV su un target di PMMA e quello simulato con codice FLUKA. Si nota chiaramente il picco a 4.4 MeV del 12 C con i rispettivi picchi antecedenti (dovuti alle diseccitazioni nucleari dei livelli successivi al primo eccitato). Immagine da [11].

61 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 60 Figura 2.10: Distribuzioni di emissione di gamma prompt simulate da differenti codici. Immagine da [58] ed imponendo un intervallo energetico ( 2 MeV < E < 8 MeV ). Prima di procedere all analisi dei dati bisogna però tener conto di un altra correzione di carattere più sofisticato: sempre dall immagine 2.8 si può notare un effetto inaspettato, cioè la curvatura delle due popolazioni di fotoni. Difatti non vi è alcuna dipendenza tra energia del fotone e velocità di propagazione dello stesso, per cui le popolazioni dovrebbero distribuirsi verticalmente nel grafico indicato. Si tratta di un effetto detto time slewing di origine elettronica. La soluzione nasce dall osservazione che per ogni energia il tempo di volo medio registrato dovrebbe essere lo stesso. A questo punto si valuta la dipendenza del tempo medio di volo dall energia presente nei dati con un fit (f(e)), quindi banalmente si ricava T corr = T mis f(e). Questa correzione è importante per valutare lo spettro energetico dei gamma, mostrato in figura 2.9 La ricostruzione del punto di emissione di ciascun fotone può seguire la metodologia già introdotta nel monitoring delle particelle cariche, ovvero la back projection. Si ricorda che l utilizzo di questo metodo apporta un incertezza intrinseca allo stesso data da: σ θ = σ beam cotg(θ) (2.2) Ne discende che, oltre agli errori dovuti alla sensibilità dei rilevatori, si debba tener conto anche di questa incertezza geometrica, la quale è massima per angoli piccoli e si annulla se il rilevatore è posto perpendicolarmente al fascio. Le distribuzioni così ricostruite sono mostrate in figura Si noti che il picco dell "attività γ" è precedente al picco di Bragg. Riguardo a questo fenomeno non vi sono possibili interpretazioni in letteratura, ma il quantificarne l ordine di grandezza e verificarne la sistematicità sono possibili miglioramenti al dose imaging ricavabile dai gamma prompt.

62 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 61 Un ulteriore utilità del monitoring tramite gamma prompt o tramite particelle cariche è che essi consentano di monitorare la larghezza del fascio: esattamente come si può ricostruire il profilo di emissione longitudinale, si può anche ricostruire il profilo trasversale. Grazie a ciò si può monitorare la larghezza del fascio e verificare se il suo comportamento sia lo stesso previsto dalla teoria di Molière per lo scattering laterale, come mostrato in figura Figura 2.11: Distribuzione laterale (z è la direzione di propagazione) dei fotoni prompt personalmente ricavate dalla simulazione realizzata con codice FLUKA del trattamento adroterapico con fasci di ioni carbonio descritta nel terzo capitolo. Questa immagine si riferisce alla slice 30, di energia Mev/u Le tecniche di rivelazione di fotoni: Le maggiori problematiche sull applicabilità del monitoring tramite gamma prompt riguardano la mancanza di rivelatori adeguati. Difatti il numero di fotoni prompt emessi in un trattamento (specialmente se con ioni carbonio) è relativamente basso, per cui l efficienza del rivelatore è un punto cruciale per evitare di rimanere in balia delle fluttuazioni statistiche. Inoltre la sensibilità angolare dei rilevatori più efficienti (quelli del tipo Compton camera) nel determinare la direzione dei fotoni rilevati è ancora un grande limite.

63 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 62 In medicina sono già diffuse tecniche di imaging basate sul rilevamento di fotoni da decadimento nucleare: la PET di cui si è già parlato e la SPECT. Quest ultima (Single Photon Emission Computed Tomography) registra l emissione di gamma da diseccitazione di radionuclidi instabili (gamma singoli, non back-to-back) e, dalla sovrapposizione di più immagini bidimensionali di attività γ, ricostruisce un immagine tridimensionale del tessuto contenente il radionuclide. Questa tecnica non è però applicabile ad i gamma prompt che si osservano in adroterapia dato il loro vasto spettro energetico (misurazioni di Agodi et al. riportano che tali energie sono comprese tra 1 e 10 MeV [8]). È pertanto necessaria la progettazione e lo sviluppo di rivelatori adatti ad i gamma prompt. Parte del lavoro di questa tesi consiste proprio nella caratterizzazione di un rivelatore per fotoni prompt. Allo stato attuale i rivelatori su cui si sta facendo ricerca sono: PGS Multi-slit camera Knife-edge slit camera Compton camera Tutti questi rivelatori sfruttano dei cristalli scintillatori come il LYSO (ortosilicato di lutezio ed ittrio drogati con cerio) od il BGO (germanato di bismuto), ma sono strutturati in maniera differente. PGS Il PGS, o prompt gamma scanner, è stato il primo rivelatore ad essere utilizzato per i fotoni prompt. L illustrazione 2.12 ne schematizza la sezione ed il funzionamento. Con questo rivelatore la selezione dei fotoni prompt dai neutroni od altre particelle non è teoricamente necessaria, in quanto sono presenti tre piani che schermano il cristallo scintillatore dai neutroni. I segnali luminosi prodotti dal cristallo sono raccolti da un tubo fotomoltiplicatore che li intensifica per poi trasmetterli come output. La risoluzione sull angolo di ingresso dei fotoni è ottimale, in quanto uno stretto collimatore permette di raggiungere il cristallo scintillatore praticamente solo ad i fotoni ortogonali al fascio. L immagine 2.13 mostra risultati sperimentali ottenuti dall irradiazione con protoni di un bersaglio di acqua. La correlazione così ottenuta tra picco dei fotoni e picco di Bragg è dell ordine di un millimetro [39]. Questo tipo di rivelatore, tuttavia, non è di interesse clinico, poiché per ricavare il profilo di emissione è necessario spostarlo durante il trattamento,

64 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 63 Figura 2.12: Schematizzazione di un PGS Figura 2.13: Dati sperimentali dell emissione di gamma prompt misurati tramite PGS, confrontati con la deposizione di dose per tre fasci di protoni in acqua, da 100, 150 e 200 MeV. [39] il che non è applicabile entro i tempi di irraggiamento. Inoltre l elevata collimazione e la schermatura riducono sensibilmente il numero di eventi che questo sistema permette di registrare. Multi-slit camera Questo rivelatore è essenzialmente una versione migliorata del precedente. Viene denominato anche sistema di misurazione "array-tipe" o anger camera in quanto consiste in un vettore di differenti scintillatori, ognuno dei quali ha il corrispettivo collimatore che permetta l ingresso solo a fotoni ortogonali al fascio ed il corrispettivo foto-diodo che raccolga il segnale. L immagine

65 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 64 Figura 2.14: Rappresentazione di una multi-slit camera 2.14 lo rappresenta. Questo rivelatore pure non consente di misurare l intero profilo di emissione, ma permette di ricostruirlo. Ancora una volta quel che si guadagna in precisione lo si perde in efficienza ed essendo quest ultima critica non sono ancora stati fatti test clinici sfruttando una multi-slit camera. knife-edge slit camera Questa soluzione rende localmente continua la misurazione dell emissione dei gamma prompt: invece di un collimatore che permetta il passaggio solo a fotoni ortogonali al fascio, una knife-edge slit camera permette il passaggio a fotoni in un intervallo angolare di 36, il che significa che la loro emissione può avvenire tra i 72 ed i 90 rispetto alla direzione del fascio. Con ciò, a patto di un minimo effetto di parallasse, questo semplice rivelatore consente di ricostruire con buona precisione il profilo del picco dei gamma. Infatti, centrandolo sulla posizione prevista per il picco di Bragg, questo rivelatore consente di acquisire dati su 10 cm lungo la direzione del fascio. Tale rivelatore, rappresentato in figura 2.15, è un assoluto prototipo di cui è ancora in corso la caratterizzazione, costituito fondamentalmente di un collimatore a "lama di rasoio" ed uno scintillatore a pixel. Ci si aspetta che la semplicità ed i costi ridotti di questo rivelatore ne permettano un introduzione rapida nella pratica clinica. Compton camera Rispetto ai rivelatori fino ad ora presentati, la Compton camera è fondamentalmente diversa. Si tratta di un rivelatore relativamente innovativo le cui potenzialità nell applicazione clinica sono state per la prima volta indagate nel 2009 da Kabuki et al. [32]. L idea di base è la stessa dei rivelatori utilizzati

66 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 65 Figura 2.15: Schematizzazione di una knife-edge slit camera per le particelle cariche: più piani sono disposti parallelamente, di modo che l interazione con piani successivi renda possibile determinare la traiettoria di ingresso del fotone senza limitare la sensibilità con l uso di collimatori (si veda l immagine Nella configurazione più semplice esso consiste di un piano di scattering ed uno di assorbimento, ma miglioramenti in efficienza possono essere ottenuti includendo più piani di scattering. Difatti questo rivelatore sfrutta lo scattering di Compton accennato nel primo capitolo, per cui un fotone è in grado di interagire con un elettrone debolmente legato deviandolo e venendo deviato. All arrivo sul cristallo scintillatore entrambe le particelle vengono rilevate e, dallo studio delle loro direzioni rispetto al punto di prima interazione, si ricavano informazioni sull energia dispersa dal fotone e sulla sua direzione iniziale. Poiché uno scintillatore a pixel permette di determinare posizione ed energia del fotone incidente, si può risalire facilmente all energia iniziale del fotone, per cui l output di una Compton camera fornisce direttamente posizione, direzione, tempo di volo, energia finale ed energia dispersa negli scattering planes. Date le svariate informazioni di cui si può disporre non è un limite l aver evitato sistemi di schermo dai neutroni, poiché essi potranno essere discriminati a posteriori come descritto nella sezione precedente. Il rivelatore in via di sviluppo del progetto INSIDE, a cui si partecipa con questo lavoro di tesi, è del tipo Compton camera, per cui se ne darà una descrizione maggiormente dettagliata nel terzo capitolo. Per ora ci limitiamo ad evidenziare limiti e potenzialità di questo rivelatore: la sua struttura è ottimale per garantire una buona efficienza, ma la ridotta sezione d urto dello scattering di Compton (che esprime la probabilità che tale evento si verifichi) riduce sensibilmente questo potenziale beneficio; la possibilità di rivelare fotoni provenienti da tutto il percorso del raggio è a sua volta limitata dalle basse risoluzioni ottenibili nel ricostruire la direzione del fotone incidente; la

67 CAPITOLO 2. MONITORING DELL ADROTERAPIA 66 Figura 2.16: Rappresentazione del principio di funzionamento di una Compton camera. similitudine con i rivelatori di particelle cariche permette lo sviluppo di un rivelatore multifunzionale adatto ad entrambi i monitoring.

68 Capitolo 3 Progetto INSIDE Il lavoro di questa tesi è inserito nell ambito del progetto INSIDE (INnovative Solutions for In-beam DosimEtry in hadrontherapy). Questo recente progetto di ricerca, che ha avuto inizio nel febbraio 2013, ha l obiettivo di sviluppare entro tre anni il prototipo di un rivelatore multifunzionale in grado di monitorare il trattamento on line sfruttando contemporaneamente le informazioni ricavate da particelle prompt e dai fotoni da annichilazione. L idea consiste nello sfruttare sia un rivelatore tracciante sia un rivelatore per PET in-beam a doppia testa (si veda l immagine 3.1). Nel secondo capitolo sono state riassunte le proprietà dei fotoni prompt e delle particelle cariche energetiche emesse. Il rivelatore tracciante incluso nel progetto INSIDE è stato progettato principalmente per lo studio delle particelle cariche, ma anche per la rivelazione dei fotoni prompt secondo il principio della Compton camera. Il progetto prevede di integrare il multirivelatore nell ambiente clinico del CNAO, per cui il design studiato è fatto in modo da adattarsi ai moderni sistemi di beam delivery ivi presenti (del tipo a scanning attivo descritto nel primo capitolo). La scelta dell angolazione a cui posizionare i rivelatori è stata dettata principalmente dalle distribuzioni angolari di emissione delle differenti particelle (mostrate in figura 3.2), tenendo allo stesso tempo conto delle compatibilità d ingombro in funzione dello spazio utile. Considerando, dunque, che l emissione di gamma prompt è quasi isotropa, mentre quella delle particelle cariche è decisamente concentrata su angoli piccoli rispetto alla direzione del fascio, si è deciso di posizionare il rivelatore tracciante (l unico dei due adatto alle particelle cariche) intorno a 60 rispetto al fascio incidente. Poiché nella presente tesi si studieranno le potenzialità della Compton camera per la rivelazione di gamma prompt, si darà ora una descrizione di come sia strutturato un rivelatore tracciante (nello specifico quello del 67

69 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 68 Figura 3.1: Schematizzazione dei rivelatori previsti dal progetto INSIDE nella sala di trattamento del CNAO di Pavia. Figura 3.2: Distribuzioni angolari di emissione per differenti radiazioni di interesse terapeutico

70 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 69 Figura 3.3: Sezione del rivelatore tracciante sviluppato nel progetto INSIDE, considerata nella simulazione per la sua caratterizzazione. progetto INSIDE, anche se si ripete che quest ultimo è ottimizzato per la rivelazione di particelle cariche). 3.1 Il rivelatore tracciante Il rivelatore tracciante è stato studiato per registrare contemporaneamente i fotoni prompt da diseccitazione nucleare (di energie tra circa 2 e 10 MeV) e le particelle cariche prodotte nelle interazioni nucleari tra il fascio di adroni ed il tessuto attraversato (principalmente protoni di energie dell ordine di decine di Mev). In figura 3.3 è mostrata la sezione di tale rivelatore. Esso consiste di sei piani di tracciamento in fibre scintillanti (in nero), un assorbitore di elettroni (in azzurro) ed un cristallo di LYSO a pixel usato come calorimetro (in rosso). I sei piani che compongono l apparato di tracciamento sono stati caratterizzati attraverso simulazioni Monte Carlo, finalizzate ad ottimizzarne le prestazioni entro i limiti di dimensione stabiliti (20x20 cm 2 ). Ognuno di essi è composto da due livelli di fibre scintillanti poste in direzione ortogonale, di granularità pari a 0,5 mm x 0,5 mm. Grazie a ciò si possono fornire informazioni su entrambe le coordinate trasversali alla direzione di propagazione delle particelle rivelate. La risoluzione spaziale attesa per singola particella interagente è di 500µm, mentre. La risoluzione sull energia rilasciata per elettroni da scattering di Compton è indicativamente del 20%, mentre quella per i protoni è circa del 10%.

71 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 70 Figura 3.4: Caratterizzazione di un evento come fotone o particella carica. L assorbitore di elettroni è stato introdotto per evitare il rimbalzo degli stessi sul cristallo di LYSO, che conseguentemente comprometterebbe le traccie rivelate dai sei piani di fibre scintillanti. La risoluzione energetica attesa per questo modulo è circa dell 11%. Il calorimetro a LYSO viene utilizzato per registrare posizione ed energia rilasciata dalle particelle incidenti. È l unico dei moduli inseriti che rilevi per via diretta la posizione dei fotoni. Inoltre, dato il suo numero atomico elevato (Z eff = 66) riesce a fermare i protoni che lo raggiungono, misurando quindi tutta la loro energia cinetica residua. Esso è costituito da 16 cristalli di LYSO a pixel (disposti 4x4), ognuno di 5x5x2 cm 3. Ciascun cristallo è una matrice Hamamatsu LFS da 16x16 pixel, con una dimensione del singolo pixel di 0.3 cm Il principio di funzionamento di questo rivelatore è mostrato in figura 3.4. Sono rappresentati i sei piani scintillatori, l assorbitore di elettroni ed il calorimetro di LYSO. Quando un fotone (γ) entra nell accettanza del rivelatore, ad ogni piano tracciante che attraversa vi è una probabilità finita che esso dia luogo ad un evento si scattering di Compton. Se ciò avviene, un elettrone (e ) viene messo in moto, tracciato dai piani seguenti ed assorbito, mentre il fotone deviato (γ ) può o meno dare luogo ad altri scattering di Compton, terminando eventualmente il suo percorso nel calorimetro di LYSO. Per cui, quando si registra una dispersione di energia nell assorbitore di elettroni (con relativo tracciamento dell elettrone) ed una dispersione energetica nel LYSO, si può caratterizzare l evento come fotone. Per le particelle cariche invece si registra un tracciamento attraverso tutti i piani ed una deposizione di energia nel calorimetro di LYSO.

72 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 71 Figura 3.5: Illustrazione del principio di ricostruzione della direzione di un fotone rivelato Ricostruzione dei fotoni incidenti Con un rivelatore come quello appena descritto, è necessario che una particella carica interagisca con almeno tre piani traccianti per poterne identificare la traccia senza confonderla con quella di altre particelle. Se per i protoni questa richiesta è sempre verificata, per gli elettroni messi in moto dallo scattering di Compton non è altrettanto probabile. Inoltre l algoritmo di ricostruzione della direzione del fotone incidente richiede pure che il fotone deviato dallo scattering di Compton depositi energia nel LYSO. La probabilità che entrambe le cose accadano è inferiore all 1%, che rappresenta anche l efficienza di rivelazione dei fotoni (non poterne ricostruire la traccia è come non rivelarli). Il procedimento di ricostruzione della direzione del fotone incidente è mostrato in figura 3.5. Dalle energie rilasciate da elettrone (e ) e fotone (γ ) nei corrispettivi sensori, si possono ricavare i moduli delle quantità di moto degli stessi (p e e p γ ). Note le posizioni dello scattering avvenuto e del rilascio di energia nel LYSO si risale alla direzione del fotone ( pˆ γ ), mentre quella dell elettrone (ˆp e ) viene ricostruita dal punto di scattering e dai punti di rilascio energetico su almeno altri due piani di fibre scintillanti. Dalla conservazione della quantità di moto si ricava quindi: p γ = p γ + p e (3.1) ˆp γ = p γ p γ ˆ p γ + p e p γ ˆp e (3.2)

73 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 72 Quindi, imponendo la condizione di normalizzazione si ottiene p γ, da cui anche ˆp γ : 1 = ( p γ ) 2 +( p e ) 2 +2 p p γ e cos(θ) (3.3) p γ p γ p γ p γ dove si sono usate le notazioni mostrate in figura 3.5. Simulazioni Monte Carlo preliminari hanno mostrato che la risoluzione angolare (cioè l ampiezza del cono con asse identificato da ˆp γ ) ottenibile tramite questo metodo di ricostruzione è circa Il codice FLUKA La caratterizzazione del rivelatore esaminato, il lavoro di questa tesi e molte previsioni utilizzate nella radioterapia, si basano su simulazioni Monte Carlo effettuate con codice FLUKA. FLUKA (FLUktuierende KAskade) è un codice Monte Carlo sviluppato nel linguaggio Fortran e realizzato dalla collaborazione fra l INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) ed il CERN (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare). Il software consente di simulare con grande accuratezza la propagazione e l interazione nella materia di particelle e nuclei, in un ampio intervallo di energie (comprese fra 1 kev e migliaia di TeV), e di riprodurre geometrie anche molto complesse di bersagli e rivelatori. Ogni particella viene seguita nel suo cammino attraverso la materia, sono valutate le probabilità di interazione per i diversi processi fisici possibili, viene simulata l interazione, modificata la cinematica della particella e, infine, se sono prodotte particelle secondarie, viene studiato anche il loro percorso. Il codice contiene anche accurati modelli nucleari che permettono la simulazione dei meccanismi di diseccitazione e frammentazione. Si elencano ora i principali processi fisici riproducibili tramite FLUKA: Interazioni elettromagnetiche: Effetto fotoelettrico Scattering di Compton Scattering di Rayleigh Produzione di coppie Interazione fotonucleare Bremsstrahlung Scattering Bhabha Scattering Moller

74 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 73 Figura 3.6: Calcolo della distribuzione della dose, tramite FLUKA, per un paziente trattato al CNAO con fasci di protoni. La barra dei colori mostra i valori della dose normalizzati. Scattering multiplo di Coulomb Perdita di energia per ionizzazione Interazioni adrone-adrone Interazioni adrone-nucleo Interazioni nucleo-nucleo Recentemente la comunità medica ha dimostrato un grande interesse per FLUKA, che può essere utilizzato in ambito clinico per predire l interazione dei fasci di adroni con il corpo del paziente e calcolare la dose depositata sulla zona tumorale [1]; ci si serve delle informazioni congiunte dei dati di FLUKA (caratteristiche degli ioni, configurazione dei fasci ecc...) e delle informazioni ricavate tramite imaging dei pazienti per ottimizzare il piano di trattamento. Difatti FLUKA è stato ideato in modo da permettere di caricare un accurata geometria anatomica a partire dalle immagini DICOM delle CT. In figura 3.6 è mostrata la rappresentazione della dose depositata durante un trattamento su un paziente del CNAO: il calcolo è stato effettuato da FLUKA tenendo conto dei parametri fisici del paziente. Attualmente i fasci utilizzati per fini adroterapici sono quelli di protoni e carbonio, ma si prevede di studiare le proprietà di altri elementi, quali ossigeno ed elio, proprio attraverso delle simulazioni Monte Carlo.

75 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 74 Figura 3.7: Distribuzione di dose prevista dal piano di trattamento stabilito al CNAO per un tumore nella zona intracranica. 3.3 Set up di simulazione: geometrie e materiali La simulazione ideata per la caratterizzazione del rivelatore tracciante del progetto INSIDE è la stessa utilizzata per la presa dati di questa tesi. Essa si basa sul piano di trattamento per un tumore solido intracranico calcolato tramite il Treatment Planning System Syngo al CNAO di Pavia (figura 3.7). Tale piano prevede un trattamento tramite due campi contrapposti di 12 C, dei quali nella presente simulazione ne è stato considerato solo uno. Tale campo, per una somministrazione di dose più precisa (rappresentata in figura 3.8), è costituito dalla sovrapposizione di differenti pencil beams di energie e direzioni differenti. In particolare, il trattamento prevede la divisione del campo in 39 diverse energie, per ognuna delle quali possiamo assegnare una profondità diversa della posizione del picco di Bragg, dividendo quindi il volume tumorale in zone trasversali (o slice). Ogni "slice" prevede l irraggiamento di molteplici spots di differenti coordinate trasversali, per ognuno dei quali viene prodotto un singolo pencil beam. La somministrazione di dose, all interno di ogni frazione del trattamento, consiste in totale di 4542 irraggiamenti (in tabella 3.2, a fine capitolo, si riportano le energie dei fasci ed il numero di spots previsti).

76 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 75 Figura 3.8: Distribuzione di dose prevista per il fascio di ioni carbonio considerato nella simulazione. Per semplicità, soprattutto allo scopo di ridurre i tempi di calcolo in questa fase preliminare, invece di simulare la geometria reale del paziente, si è preferito considerare un fantoccio di tessuto equivalente. Esso consiste di una sfera di raggio di 10 cm, dei quali 9 cm riproducono un tessuto omogeneo cerebro-equivalente, mentre 1 cm riproduce il tessuto osseo. Le caratteristiche dei tessuti, riportate nella tabella 3.1, sono state prese in conformità con quelle definite dalll ICRP (International Commission on Radiological Protection). Il fantoccio sferico è posto a 64 cm dal beam monitor ed a 20 cm dalle posizioni di rivelazione. L origine del sistema di riferimento è presa al centro del fantoccio, con asse z orientato nella direzione di provenienza del fascio (come mostrato nella figura 3.9). Nella simulazione utilizzata nel progetto INSIDE è stato tenuto conto della geometria del rivelatore tracciante presentato in sezione 3.1 e mostrata nell immagine 3.10, con particolare attenzione sulla granularità delle fibre e la risoluzione dei cristalli di LYSO. E stata inoltre costruita una libreria che interfaccia FLUKA con ROOT, framework di analisi dati molto utilizzato nella fisica delle particelle, per potersi servire dello stesso codice sia per il run della simulazione sia per l analisi dati. Affinché un evento della simulazione venga processato dal calcolatore è necessario che sia verificato almeno uno dei seguenti prerequisiti: Un deposito di energia superiore ai 100 kev nel calorimetro

77 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 76 Figura 3.9: Geometria del set up di simulazione. Al centro il fantoccio di tessuti equivalenti. A sinistra (in viola) il sistema di beam monitor del CNAO (NOZZLE). In azzurro le zone previste per il posizionamento del detector nel progetto INSIDE. Figura 3.10: Geometria del rivelatore tracciante.

78 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 77 Tessuto cerebrale Tessuto osseo densità (g/cm 3 ) B E (ev) Zn (%/g) E E-04 Fe (%/g) E-05 0 Ca (%/g) E-01 K (%/g) Na (%/g) E-03 0 C (%/g) E P (%/g) E E-01 Mg (%/g) E E-03 O (%/g) N (%/g) E E-01 H (%/g) Cl (%/g) E-03 0 S (%/g) E E-03 Tabella 3.1: Composizioni dei tessuti equivalenti considerati secondo quanto stabilito dall ICRP. Un deposito di energia superiore ai 100 kev nello scintillatore. Un numero di fibre accese superiore a tre. Questo è stato stabilito per valutare correttamente la prestazioni del rivelatore tracciante. Per i fini di questa tesi il sistema di riferimento, il fantoccio ed il piano di trattamento considerati sono i medesimi appena descritti. Non si sono invece considerate le geometrie e le risoluzioni dello specifico rivelatore del progetto INSIDE, analizzando quindi i dati riguardanti tutte le particelle secondarie emesse in differenti fasce angolari dal fantoccio sferico.

79 CAPITOLO 3. PROGETTO INSIDE 78 "slice" N. Energy (MeV/u) Spots N. "slice" N. Energy (MeV/u) Spots N Tabella 3.2: Energie e numero di pencil beams programmati per ogni "slice".

80 Capitolo 4 Analisi dei dati I dati ottenuti dalla simulazione Monte Carlo con codice FLUKA riguardante il set up di simulazione introdotto nel capitolo precedente verranno ora analizzati e presentati. Inizialmente si verifica la correlazione tra le posizioni dei picchi dei profili longitudinali di emissione dei γ prompt ricostruiti ed i loro valori attesi previsti dalla simulazione Monte Carlo, nonché la differenza tra questi ultimi e la posizione dei picchi di Bragg. Dopodiché si passa allo studio parametrico delle caratteristiche di un rivelatore del tipo di quello del progetto INSIDE (Compton camera): si investiga l effetto dovuto alla risoluzione angolare sulla ricostruzione dei profili di emissione longitudinali dei γ prompt. Si quantifica l incertezza così introdotta e si riportano le differenze tra le distribuzioni ottenute con e senza risoluzione. Si introduce infine l efficienza di rivelazione e si osserva come essa influenzi l attendibilità dei profili di emissione longitudinale ricostruibili. Fissato un valore realistico per l efficienza di rivelazione, si stabilisce, per fasci ad alto numero di fotoni emessi, l attendibilità delle informazioni ricavabili dai profili longitudinali di emissione a seconda della risoluzione angolare. 4.1 Ricostruzione dei profili longitudinali di emissione I dati forniti dalla simulazione consistono di: posizione, direzione e tempo di ogni singolo fascio di ioni carbonio del piano di trattamento nel beam monitor. 79

81 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 80 caratteristiche, posizione, direzione e tempi delle particelle secondarie emesse in diverse fasce angolari. I fotoni sono stati selezionati nella macro di lettura dati richiedendo un opportuno intervallo di tempo di emissione, allo scopo di diminuire il fondo di gamma prodotti soprattutto da neutroni lenti. Un ulteriore selezione è stata fatta sull intervallo angolare di emissione rispetto al fascio. La suddivisione riportata nei dati della simulazione comprende tre intervalli: 45 e 60, tra 60 e 75 e tra 75 e90. Inizialmente si sono analizzati i dati di tutte le finestre angolari, ma per minimizzare l effetto di parallasse introdotto in sezione 2.2, si è scelto poi di concentrarsi sull analisi dei dati relativi all ultimo intervallo angolare. Inoltre, scegliendo di analizzare i fotoni emessi tra 75 e 90 gradi, si riproduce più correttamente la situazione prevista per una applicazione clinica 1. Gli algoritmi utilizzati per la lettura e l analisi dei dati sono implementati in ambiente ROOT (ambiente di analisi di dati scientifici sviluppato presso il CERN) utilizzando il linguaggio C++. Il metodo della back projection anticipato in sezione 2.2 è stato quindi implementato in modo da inserirlo nella macro di lettura dati. Si sono così ricavate le distribuzioni delle posizioni longitudinali di emissione dei gamma prompt per ciascuna delle 39 slices previste nel trattamento. Nell immagine 4.1 sono riportati ad esempio i dati relativi alla prima, la ventesima e l ultima "slice", messi a confronto con le distribuzioni di dose previste dalla simulazione. In tutti i casi c è buona concordanza tra il fall off del profilo di emissione dei γ prompt e dei picchi di Bragg corrispondenti. Si può inoltre osservare, in particolare nei dati riguardanti il fascio meno energetico, un picco non correlato alla posizione del picco di Bragg. Esso è dovuto alla corteccia di tessuto osseo equivalente del fantoccio utilizzato per la simulazione, a riprova del modo in cui le disomogeneità presenti nel tessuto attraversato influenzino i profili di emissione di γ prompt ricostruibili. 4.2 Confronto tra i picchi di Bragg ed i picchi di emissione gamma Ricostruite le distribuzioni longitudinali di emissione dei γ prompt, si sono identificate le posizioni dei loro picchi. A queste, la cui ricostruzione non 1 Ponendo il rivelatore a 90 ed a 40 cm dal bersaglio (cioè la distanza di rilevazione per il nostro set up di simulazione) la sua accettanza comprende le particelle emesse dal centro del bersaglio tra 76 e 90 gradi rispetto al fascio.

82 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 81 Figura 4.1: Distribuzioni del profilo longitudinale di emissione dei γ prompt rilevati tra 75 e 90 rispetto al fascio, confrontate con le corrispettive distribuzioni di dose previste dalla simulazione Monte Carlo.

83 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 82 ha coinvolto incertezze sperimentali, è stato attribuito un errore che tenesse conto sia dell effetto di parallasse relativo all angolo tra la congiungente la posizione del picco con il centro del rivelatore e la direzione del fascio, sia della larghezza dei bin degli istogrammi da cui sono state ricavate tali posizioni. In pratica: σ(e) = σbin 2 +σ par(θ(e)) 2 (4.1) Dalla simulazione sono stati poi recuperati i dati relativi alla deposizione lineare di dose prevista ed alle posizioni longitudinali di effettiva emissione dei γ prompt (gamma "true"). Generate le corrispettive distribuzioni, si sono quindi ricavate le posizioni previste per i picchi di Bragg (già mostrate in figura 4.1) e per i picchi dei profili di emissione dei γ prompt, attribuendogli imprecisioni pari alla semi-larghezza dei bin. In figura 4.2 (a sinistra) si può vedere il confronto, per ogni "slice", tra le posizioni di questi ultimi due picchi. A conferma di quanto già osservato per irradiazioni di fantocci di PMMA o d acqua, le posizioni dei picchi di emissione dei γ prompt sembrano precedere sistematicamente quelle dei picchi di Bragg. Sempre nella figura 4.2 (a destra) sono invece confrontate i picchi delle distribuzioni previste e ricostruite dei γ prompt. Per meglio comprendere il grado di correlazione che si può attribuire a questi dati conviene guardare alla figura 4.3, in cui sono riportate le differenze tra le posizioni dei vari picchi (sinistra e destra come in figura 4.2), ciascuna con la propria incertezza calcolata propagando gli errori a partire dalle incertezze sulle posizioni dei corrispettivi picchi. In entrambe le immagini riportate in figura 4.3 è evidente il peso delle fluttuazioni dei valori ricavati e tale comportamento indica che non ci sia dipendenza dall energia per le differenze valutate. Tuttavia tali immagini sono indicative dell ordine di grandezza delle differenze in questione, in valore assoluto sempre inferiore a 0.4 cm, per cui si conferma la correlazione di ordine millimetrico. Per quanto riguarda la differenza tra le posizioni dei picchi di Bragg e dei picchi di emissione dei gamma "true", non è definito alcun valore atteso e pertanto l estrarre un valor medio di tali differenze può essere utile per dare indicazioni più precise sulle massime differenze attese, identificando quindi un criterio per stabilire la precisione di ricostruzione del range. Bragg/True = 0.15±0.1cm (4.2) Da ciò si può affermare che, traslando in avanti di 0.15 cm le posizioni dei picchi di emissione dei gamma "true", il 95% dei valori così ottenuti si troverà entro 0.2 cm dalla posizione del picco di Bragg.

84 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 83 Figura 4.2: A sinistra: confronto tra la posizione dei picchi di Bragg ed i picchi del profilo di emissione dei γ prompt, entrambe previste dalla simulazione Monte Carlo, in funzione dell energia. A destra: confronto tra i picchi del profilo di emissione dei gamma previsti dal Monte Carlo e quelli ricostruiti tramite back projection. I dati analizzati riguardano i γ prompt emessi tra 75 e 90 rispetto alla direzione del fascio.

85 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 84 Figura 4.3: A sinistra: differenza tra la posizione dei picchi di Bragg e dei picchi dei gamma previsti in funzione dell energia. A destra: differenza tra le posizioni previste e ricostruite dei picchi di emissione dei gamma rilevati tra 75 e 90 rispetto al fascio incidente, in rosso il valore atteso. Nel caso delle differenze tra posizioni attese e ricostruite dei picchi di emissione di fotoni prompt ci si aspetta, invece, che siano nulle. Nonostante i margini d errore relativamente ampi, si osserva che più valori non sono concordi con lo 0. In questo caso estrarre il valor medio ci è allora utile per verificare l affidabilità del procedimento di ricostruzione, per valutare se classificare come fluttuazioni statistiche o meno quelle differenze discordi dal valore atteso. True/Reconstructed = 0.03±0.14cm (4.3) Il valore ottenuto è compatibile con 0. Ciò indica che il criterio di ricostruzione utilizzato è attendibile e le singole differenze non concordi col valore atteso possono considerarsi come fluttuazioni statistiche (ad esempio dovute allo scattering di Compton, il più probabile fenomeno di interazione tra fotoni e materia organica [31]). 4.3 Caratterizzazione di un rivelatore per gamma prompt Le distribuzioni ricostruite nella precedente sezione riguardano i fotoni emessi nell angolo solido occupato dal rivelatore, non quelli rivelati dallo stesso. Ne discende che esse sono da intendersi come distribuzioni ideali, non tenenti conto ne dell efficienza di rivelazione, ne delle incertezze insite nel detector. In questa sezione si vedrà quindi come il tenere conto di queste condizioni realistiche modifichi le distribuzioni delle posizioni di emissione dei gamma prompt ricostruite tramite la back projection.

86 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 85 Figura 4.4: Costruzione geometrica considerata per simulare l effetto della risoluzione angolare sui dati originali. r 0 è la direzione originale, r quella estratta prima di essere ruotata in modo da sovrapporre l asse del cono di estrazione su r La risoluzione angolare L effetto che a priori si ritiene più importante è quello dovuto alla risoluzione angolare della Compton camera. Per tenere conto di queste incertezze sperimentali i dati simulati sono stati convoluti con uno spread gaussiano. Questo metodo (che prende il nome di smearing) consiste nell estrarre il valore del dato "misurato" da una distribuzione gaussiana incentrata nel valore "vero" dello stesso (quindi quello dato dalla simulazione Monte Carlo) e di deviazione standard pari alla risoluzione del rivelatore che si vuole considerare. Nel presente lavoro sono state considerate le incertezze di rivelazione sia sulla posizione che sulla direzione dei gamma prompt. Pertanto si è inclusa nella macro di analisi dati una funzione che, per ogni evento dato dalla simulazione, estraesse una nuova posizione di rivelazione ed una nuova direzione. Nello specifico la posizione è stata estratta da circonferenze equiprobabili sul piano del beam monitor, centrate sulla posizione data dalla simulazione e di raggio gaussianamente estratto con deviazione standard di 0.1 mm (la sensibilità spaziale del beam monitor). Il contributo determinante per l aspetto dei profili longitudinali di emissione dei gamma prompt ricostruibili viene dallo risoluzione angolare: le direzioni effettivamente rivelate sono state estratte da coni centrati sulle direzioni date dalla simulazione Mone Carlo (si veda la figura 4.4). Per far ciò la semi-ampiezza di tali coni (θ in figura) è stata ricavata da distribuzioni gaussiane centrate sullo 0 (coincidente con l asse z del

87 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 86 nostro sistema di riferimento) e di deviazione standard pari alla semi-ampiezza del cono di indeterminazione aspettato per un rivelatore del tipo Compton camera. La coordinata angolare definita sui cerchi (φ) perpendicolari all asse del cono è stata invece estratta equiprobabilmente tra 0 e 2π. Le direzioni così ottenute (r) sono state quindi ruotate dell angolo θ 0 tra l asse z (asse del cono di estrazione) e la direzione originale r 0 (asse del cono di effettiva rivelazione). Le distribuzioni ricavate includendo la risoluzione (o smearing) angolare mostrano un profilo di emissione privo di picchi per risoluzioni di valore realistico (l ampiezza del cono di indeterminazione per un rivelatore del tipo Compton camera è di circa 23 ), per tanto solo uno studio parametrico sull effetto dell angolo di risoluzione considerato può individuare il su valore massimo che renda riconoscibili i picchi di emissione. Nella figura 4.5 si confrontano le distribuzioni ricavate per diversi parametri di risoluzione angolare con la distribuzione originale. Nell immagine i parametri angolari indicano le ampiezze dei coni di estrazione, non le semi-ampiezze effettivamente usate nell algoritmo per tenere conto della risoluzione angolare. Si può osservare come l effetto principale dovuto all introduzione della risoluzione angolare sia quello di mitigare la zona di picco equilibrando la distribuzione risultante. Si noterà che la concordanza con la distribuzione ideale può essere ben valutata nella regione del fall off che segue al picco. Per angoli di risoluzione di 0.05 rad (2.9 ) o inferiori il fall off è chiaramente distinguibile e compatibile con la distribuzione ideale, mentre le distribuzioni ricavate simulando risoluzioni peggiori (tra cui quella del rivelatore, cioè 23 ) non permettono la ricostruzione della posizione del picco di emissione. Ciò indica che si necessita di rivelatori almeno 8 volte più precisi nel determinare la direzione dei fotoni prompt per poterli sfruttare a fini di monitoring. Per comprendere meglio l effetto della risoluzione angolare sulle distribuzioni delle posizioni di emissione dei fotoni prompt si osservi la figura 4.6. L avere introdotto un incertezza sulla misura della direzione comporta, ovviamente, un incertezza sulla posizione di emissione ricostruibile tramite back projection. Nella figura sono indicate le incertezze medie sulla posizione del singolo evento di emissione per ciascuna "slice" e per differenti parametri di risoluzione angolare. Per ricavarle si è applicata la teoria della propagazione degli errori partendo dagli errori sulla direzione di rivelazione introdotti con la risoluzione angolare. Si osserva come il parametro di risoluzione angolare influenzi consistentemente l errore ricavato. Inoltre, fissato l angolo di risoluzione, si nota che l errore medio sulla posizione del singolo evento di emissione di gamma prompt diminuisce al crescere dell energia del fascio. Questo è principalmente dovuto alla maggiore statistica dei fasci altamente energetici.

88 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 87 Figura 4.5: Distribuzioni del profilo longitudinale di emissione dei γ prompt rilevati perpendicolarmente al fascio di ioni considerando l effetto della risoluzione angolare, confrontate con le distribuzioni originali. Tutti i grafici riportati riguardano la medesima "slice", per la quale il piano di trattamento prevede un fascio di ioni carbonio da Mev/u. Le immagini sono riportate in ordine decrescente di angolo di risoluzione simulato (rispettivamente: 23, 11.5, 2.9 ).

89 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 88 Figura 4.6: Incertezze sulla posizione del singolo evento di emissione in funzione dell energia del fascio, al variare dell angolo di risoluzione. I dati riportati riguardano (dall alto in basso) angoli di risoluzione di 23, 11.5, 5.7, 2.9 e 1.4. Figura 4.7: Numero di fotoni che entrano nell accettanza del rivelatore del progetto INSIDE, secondo quanto previsto dalla simulazione Monte Carlo L efficienza di rivelazione Il secondo parametro che si è voluto caratterizzare è l efficienza di rivelazione. Essa è un parametro percentuale che esprime il rapporto tra il numero di fotoni

90 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 89 rivelati dal detector ed il numero di fotoni entranti nel detector. Attualmente una realistica probabilità di rivelazione di un fotone prompt per un rivelatore del tipo Compton camera è pari allo 0.26%. Per simularne l effetto si è quindi introdotta una selezione casuale all interno della macro di analisi dati, che accettasse 26 eventi classificati come gamma prompt ogni Per poter valutare quanto ciò sia influente sulla statistica bisogna sapere quanti fotoni prompt entrino nel rivelatore. Ciò è riportato in figura 4.7 Figura 4.8: Distribuzione del profilo di emissione longitudinale dei γ prompt rilevati tra i 75 ed i 90 gradi rispetto al fascio da MeV/u con o senza l efficienza. Già da queste informazioni si intuisce che le distribuzioni relative alle "slices" di bassa energia, considerando un efficienza dell ordine di 10 3, non hanno rilevanza statistica. L effetto sulle distribuzioni dei profili di emissione ricostruiti per fasci a bassa energia è infatti tale da non permettere di identificare con affidabilità dei picchi, si veda a proposito la figura 4.8, in cui si confrontano la distribuzione originale e quella con efficienza relative al fascio programmato per la terza "slice" (144.1 MeV). Nonostante si consideri un efficienza di quattro volte l attuale efficienza del rivelatore, la distribuzione delle posizioni di emissione dei gamma prompt ricavata (opportunamente pesata nella figura per rendere possibile il confronto) non può essere utilizzata per il monitoring di tale fascio.

91 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 90 Figura 4.9: Distribuzioni dei profili longitudinali di emissione γ prompt rilevati tra 75 e 90 gradi rispetto al fascio da Mev/u, tenendo conto di differenti efficienze (dove E=0.26% è l efficienza di un rivelatore tracciante tipo Compton camera), confrontate con le distribuzioni originali.

92 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 91 L effetto dell efficienza al variare dell energia è pienamente quantificato dall immagine 4.7, in cui la forte crescita della statistica indica un deciso miglioramento delle distribuzioni ottenibili tenendo conto dell efficienza. Difatti, per fasci sufficientemente energetici, l introduzione dell efficienza non impedisce di riconoscere la regione di fall off che segue al picco di emissione di gamma prompt. A tal proposito, si veda il confronto tra i profili longitudinali con e senza efficienza (questi secondi sono stati pesati in maniera opportuna il confronto) relativi al fascio da MeV/u utilizzato per la "slice" 30 del trattamento simulato. Si osserva che il fall off del picco rimane invariato per tutti i parametri di efficienza considerati, con un miglioramento generale della compatibilità delle distribuzioni per efficienze maggiori Effetto cumulativo di efficienza e risoluzione angolare In un rivelatore reale, ovviamente, gli effetti introdotti si presentano in contemporanea. Dunque in questa sezione si osserverà come la compresenza dei due effetti modifichi le distribuzioni delle posizioni di emissione di gamma prompt ricostruibili. Se l efficienza di rivelazione è un forte limite per le slices a bassa statistica, combinandola alla risoluzione angolare ci si aspetta che ne peggiori l effetto. Come osservato nel commento all immagine 4.6, questa è un inevitabile conseguenza della riduzione della statistica a disposizione, poiché diventano più probabili fluttuazioni consistenti che spostino il fall-off e, quindi, la stima della posizione del picco ricavabile. Nella figura 4.10 si considerano le risoluzioni angolari con parametro inferiore ai 2.9, le quali, con efficienza del 100%, permettevano di ottenere una buona correlazione tra i fall offs dei picchi di emissione longitudinale dei gamma prompt. Come si può osservare, con un efficienza di rivelazione dello 0.52% nessuno dei parametri di risoluzione angolare considerati permette di identificare un fall off compatibile con quello previsto dalla distribuzione ideale. Considerando invece un efficienza dell 1% la correlazione tra i fall offs è buona, specialmente per un parametro di risoluzione angolare di 1.4. Per poter affermare che un efficienza dell 1% ed una risoluzione angolare di 1.4 consentano di rivelare efficacemente i fotoni prompt occorre indagare più a fondo entrambe gli effetti. Tratandosi infatti di effetti implementati da selezioni casuali, le distribuzioni ricostruite considerandoli varieranno, seppur leggermente, l una dall altra. Pertanto si sono estratte 500 distribuzioni per

93 CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI 92 Figura 4.10: Confronti tra le distribuzioni originali delle posizioni di emissione dei gamma prompt e le distribuzioni ricostruite tenendo conto di differenti parametri di efficienza (E) e risoluzione angolare. In ordine di lettura: efficienza dello 0.52% e risoluzione di 2.9, efficienza dello 0.52% e risoluzione di 1.4, efficienza dello 1% e risoluzione di 2.9, efficienza dello 1% e risoluzione di 1.4. Tutte le distribuzioni rappresentate riguardano i fotoni emessi tra 75 e 90 rispetto al fascio da MeV/u.

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