Argomenti di diottrica oculare

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1 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :49 Pagina 51 CAPITOLO 3 Argomenti di diottrica oculare Giampaolo Lucarini 3.1 INTRODUZIONE ALLʼOTTICA PARASSIALE Il compito dell ottica geometrica è sostanzialmente quello di definire le modalità con le quali la radiazione che appartiene alla sorgente oggetto interagisce con il mezzo diottrico per formare l immagine. In presenza di un sistema ottico, la regione dello spazio dal quale origina il fascio di raggi che incide su di esso, si chiama spazio oggetto. Se l oggetto è puntiforme possiamo considerarlo come il centro di curvatura del fronte d onda che si propaga e che incide sulla superficie di separazione tra due mezzi con differente indice di rifrazione. Tale oggetto si definisce come reale se il raggio incidente è divergente, mentre è virtuale se arriva convergente al mezzo ottico. La radiazione che emerge dopo l avvenuta rifrazione si trova nello spazio immagine e, nel caso della sorgente puntiforme, il fronte d onda che va a individuare l immagine ha una curvatura avente il centro coincidente con l immagine stessa. Anche in questo caso si distingue una immagine reale, se il raggio che emerge dalla superficie di separazione è convergente, e una immagine virtuale se il raggio emerge divergente. EQUAZIONE DI GAUSS E TERMINOLOGIA Dato un certo potere diottrico di un qualsiasi mezzo ottico, si può stabilire una esatta corrispondenza tra le relative distanze dell oggetto e dell immagine dalla superficie rifrangente. Si dice quindi che oggetto e immagine sono coniugati e questo fa si che ad ogni luogo dello spazio oggetto corrisponda un corrispettivo nello spazio immagine, una volta fissato il potere del mezzo diottrico. I termini che indicano grandezze si rappresentano con lettere in corsivo, con la differenza che quelle relative a distanze sono minuscole (es. l, g, f ), mentre quelle relative a vergenze sono maiuscole (es. F, L..). Quando invece si indica un punto cardinale la lettera è normale ma maiuscola (es. F, P, N..). L indice di rifrazione (anche esso in corsivo e minuscolo: n) nello spazio oggetto è n 1 e nello spazio immagine diventa n 1. Quest ultimo, in presenza di un ulteriore mezzo diottrico, indica un nuovo spazio oggetto e diventa n 2. La distanza dell oggetto dalla superficie rifrangente di un diottro o dal piano principale oggetto di una lente spessa, si indica con l. Se l oggetto si trova in aria (n 1 =1), l inverso di tale distanza, espressa in metri, ne determina la vergenza, in diottrie, che si indica con L: L (dt) = n 1 /l (m) = 1/l (m) (1) La distanza dell immagine è l e la sua vergenza sarà L. In questo caso si deve tenere conto dell indice di rifrazione del mezzo n 1 : L (dt) = n 1 /l (m) (2) Il fascio di raggi che origina dall oggetto o dall immagine, se si propaga divergente dall asse ottico determina una distanza negativa e una vergenza negativa. Se è convergente, la distanza e la sua relativa vergenza sono positive (Fig. 3.1). Il potere diottrico di un mezzo si indica con F (Focal Power) ed è legato al raggio di curvatura (R) della superficie rifrangente e al salto di indice di rifrazione tra spazio oggetto e immagine (n 1 n 1 ) dalla relazione: F = (n 1 n 1 ) / R (3) Il raggio di curvatura R è positivo se il centro di curvatura si trova dalla parte in cui si propaga la radiazione emergente (dopo la rifrazione sulla superficie di separazione). Se il centro di curvatura si trova dalla parte opposta il raggio è da considerarsi negativo (Fig. 3.2). E possibile determinare la vergenza di una immagine se si conosce la vergenza dell oggetto e il potere

2 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare FIG. 3.1 Formazione dellʼimmagine Oʼ2 in un sistema ottico formato da due superfici diottriche. Lʼimmagine generata dalla prima rifrazione si fa oggetto per la successiva interfaccia diottrica diottrico del mezzo. Queste grandezze sono legate tra loro dall equazione di Gauss: L = L + F (4) Tale equazione consente di definire anche la dimensione dell immagine, poiché l ingrandimento (m: magnification o anche I: ingrandimento) introdotto dal mezzo ottico è dato dal rapporto fra la grandezza dell immagine (η ) e quella dell oggetto (η), oppure dal rapporto tra la vergenza dell oggetto e quella dell immagine: m = η /η = L/L (5) Il segno dell ingrandimento m stabilisce se l immagine è diritta (+) o capovolta (-). Nel caso si abbia in sistema composto da più di un mezzo, come ad esempio una serie di lenti, l ingrandimento totale finale m T è dato dal prodotto di tutti i singoli ingrandimenti: m T = m 1 m 2 m 3 m 4 m 5.. (6) 3.2 DIOTTRICA OCULARE Per comprendere le problematiche legate alla diottrica oculare è necessario semplificare l analisi affidandosi a modelli matematici che hanno stimolato da secoli la fantasia di numerosi studiosi. Nel trattare un modello matematico ci si accorge immediatamente che i risultati ottenuti hanno una attendibilità proporzionale alla complessità dello modello stesso. Se si pretende una spiegazione ottica rigorosa del comportamento del nostro occhio, è necessario affrontare il problema in modo complesso; se invece ci si accontenta di risultati meno fini, è possibile, con metodi più semplici, prendere in esame un modello come quello rappresentato dagli occhi schematici che da Gullstrand in poi hanno divertito gli appassionati dell ottica applicata. Le considerazioni fatte nel capitolo sull ottica geometrica permettono di fare una prima importante osservazione: il sistema diottrico oculare va considerato come un sistema complesso, ovvero composto da due elementi diottrici, cornea e cristallino, con le opportune valutazioni legate al fatto che i due mezzi diottrici sono assialmente separati da un mezzo diverso dall aria. Le numerose implicazioni cliniche ci costringono poi almeno a pensare al cristallino come a una lente spessa e quindi a seguire il percorso della radiazione attraverso di esso considerando che la rifrazione avviene non sulle superfici fisiche ma sui piani principali. Questo, ad esempio, consente di comprendere la causa di molti errori commessi nel calcolo del potere della IOL. DIOTTRICA DELLA CORNEA La cornea fornisce quasi i due terzi del potere complessivo del sistema ottico oculare. Se infatti sappiamo che il potere diottrico medio di un occhio emmetrope è circa 60,00 diottrie, la cornea da sola fornisce quasi 43,00dt. Sappiamo dall ottica geometrica che il potere di un diottro è legato a due variabili: l indice di rifrazione e il raggio di curvatura. L indice di rifrazione della cornea è rappresentato da quello FIG. 3.2 Rappresentazione della convenzione per lʼassegnazione dei segni ai raggi di curvatura e ai poteri delle lenti, secondo il sistema inglese

3 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 53 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 53 relativo allo strato più spesso, ovvero lo stroma, ed è 1,376. La superficie anteriore della cornea è più piatta di quella posteriore ed i valori medi porterebbero ad un raggio di curvatura di 7,80mm per la prima (R a ) e di 6,50mm per la seconda (R p ). Tutti gli studi sulla forma della cornea confermano che tra le due superfici vi è una relazione tale per cui al modificarsi della faccia anteriore si ha sempre una variazione anche di quella posteriore anche se non proporzionale e facilmente prevedibile. La correlazione che tuttavia sussiste tra i due raggi porta in media alla seguente relazione: R p = 0,83R a (1) Data la difficoltà a misurare direttamente il raggio di curvatura della superficie posteriore la (1) viene sfruttata nella determinazione del potere corneale totale tramite il cheratometro, che, infatti, ricava il valore mediante la sola misura della faccia anteriore. Ciò porta ad utilizzare un indice di rifrazione diverso (spesso 1,3375) e ad avere ovvie ripercussioni nel decidere quale valore cheratometrico adottare nel calcolo del potere della IOL nei soggetti che hanno subito in precedenza un trattamento di chirurgia rifrattiva e per i quali non può valere più la correlazione nel punto (1). Mediante l equazione generale sul potere (F) dei diottri, si sa che: F = (n - n)/r dove n ed n sono rispettivamente l indice di rifrazione nella parte incidente e in quella rifratta. Da questa si possono ricavare i relativi poteri (F a ed F p ) e la loro somma algebrica porta al potere finale della cornea pari a circa 42,00dt: superficie anteriore: F a = 48,20dt R a = 7,80mm n= 1 n = 1,376 superficie posteriore: F p = -6,15dt R p = 6,50mm n= 1,376 n = 1,336 Tale potere non cambia significativamente se per il calcolo viene usata la formula più generale delle lenti spesse e questo può far considerare la cornea come una lente sottile, quindi con entrambi i piani principali coincidenti con il vertice. Il potere corneale sopra descritto si può utilizzare solo per rappresentare la parte vicina al vertice e solo se le superfici in questione sono sferiche. In realtà la geometria della superficie anteriore e posteriore non è mai sferica sia per la toricità che per l asfericità ed oltretutto spesso i centri di curvatura non sono allineati, determinando una mancanza di coassialità. ASFERICITÀ CORNEALE L asfericità della superficie anteriore della cornea viene da sempre studiata con particolare interesse, soprattutto nella porzione ottica centrale, all interno di un diametro di 8mm. Per poter gestire facilmente i calcoli derivati dai modelli proposti dai vari Autori, viene generalmente semplificata la geometria delle superfici che spesso vengono rappresentate da sezioni di conicoidi (in tre dimensioni) o di coniche (in due dimensioni). Una conicoide rotazionalmente simmetrica rispetto all asse Z, viene espressa nella seguente forma: h 2 +(1+Q)Z 2-2ZR= 0 dove Z è l asse ottico, h 2 =X 2 +Y 2 ed R è il raggio di curvatura al vertice. Q è l asfericità ed indica (Fig. 3.3): Q<-1 iperboloide Q=-1 paraboloide -1<Q<0 ellissoide (prolato) con l asse maggiore lungo Z Q=0 sfera Q>0 ellissoide (oblato) con l asse maggiore nel piano X-Y FIG. 3.3 Esempi di curve in funzione del valore di asfericità Q Alcune volte l asfericità viene indicata in termini di fattore (p) che è legato a Q dall equazione: p= 1+Q (2) Se si studiano separatamente le varie sezioni corneali si possono rappresentare le superfici mediante equazioni di coniche che, se approssimate ad ellissi descrivono la variazione dal raggio di curvatura al vertice mediante il coefficiente di eccentricità (e) che è legato al fattore p e Q dalle seguenti equazioni: Q = -e 2 (3) p = 1-e 2 (4) Questo comporta l impossibilità di usare l eccentricità (e) come termine per indicare l asfericità di una

4 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare superficie, in quanto e 2 può diventare negativo mentre per il termine e ciò è impossibile. Infatti, nel caso dell ellisse prolata e 2 è positivo nell ellisse oblata e 2 è negativo. Per ovviare a tale problema ci si limita a rappresentare l asfericità di una superficie mediante il coefficiente Q o il fattore p. Quindi quando e 2 è negativo (ellisse oblata) si ha che p>1, mentre quando e 2 è positivo p<1. Una possibilità ulteriore è quella di usare il termine SF al posto di e 2 (SF=e 2 ). MISURA DEL RAGGIO FUORI DALLʼASSE In una superficie sferica il raggio di curvatura in ciascun punto e in ogni meridiano è sempre lo stesso, ma in una conicoide il raggio in un punto fuori dall asse dipende non solo dalla distanza dal vertice, ma anche dal meridiano nel punto in esame. In definitiva si creano due meridiani principali, uno tangenziale e uno sagittale. Quello tangenziale è individuato dal piano che contiene il punto e il vertice, quello sagittale è perpendicolare al primo. Il raggio di curvatura sagittale e tangenziale si trovano mediante le seguenti equazioni: R s = (R 2 -QY 2 ) 1/2 (5) R t = (R 2 -QY 2 ) 3/2 /R 2 = R 3 s /R 2 (6) dove Y (in mm) è lo spostamento rispetto al vertice corneale, R è il raggio al vertice e Q è il coefficiente di asfericità. Per un raggio R=7,80mm e uno spostamento Y di 2mm con Q=-0,18 si trova rispettivamente: R s = (7, , ) 1/2 = (60,84+0,72) 1/2 7,85mm R t = (7, , ) 3/2 /7,80 2 = (60,84+0,72) 3/2 /60,84 7,95mm Come si vede dai risultati ottenuti, l errore maggiore si ha sempre in direzione dello spostamento rispetto al vertice della cornea. Quindi anche in presenza di una cornea non torica, se si esegue la misura dei raggi di curvatura con un errore di allineamento orizzontale, si troverà sempre una toricità secondo regola che aumenta all aumentare dello spostamento. DIOTTRICA DEL CRISTALLINO Il cristallino risulta simile ad una lente biconvessa non isoscele con un raggio di curvatura anteriore di circa 10mm e quello posteriore di -6mm. Lo spessore al centro (d 2 ) è circa 3,6mm e naturalmente cambia durante il processo accomodativo. L indice di rifrazione non è costante, ma risulta maggiore al centro, nel nucleo (1,406) e minore in periferia, nella corteccia (1,387). Questa variazione progressiva di indice viene definita con il termine di gradiente di indice. Se si volesse sostituire al gradiente di indice, presente nell occhio reale, un unico valore, questo dovrebbe essere superiore a quello massimo presente nel gradiente stesso. Infatti, l indice di rifrazione spesso usato è pari a 1,416. Ogni volta che sarà necessario trattare numericamente le caratteristiche ottiche dell occhio ci affideremo per semplicità ai valori standard dell occhio schematico di Gullstrand-Emsley (Fig. 3.4) dove la cornea ha una sola superficie avente raggio di curvatura R 1 = 7,8mm, l indice di rifrazione dell umor acqueo (n 2 ) e del vitreo (n 4 ) è 1,3333, la distanza tra la cornea e il cristallino (A 1 A 2 = d 1 ) come pure lo spessore di quest ultimo (A 2 A 3 = d 2 ) è di 3,6mm. Il raggio anteriore del cristallino è 10mm e quello posteriore è pari a -6mm. In funzione di tali valori, per il calcolo del potere (F L ) del cristallino, mediante la formula per le lenti spesse, è necessario conoscere i singoli poteri della faccia anteriore (F 2 ) e posteriore (F 3 ): F 2 = (1,416-1,3333). 1000/10= 8,267dt F 3 = (1,3333-1,416). 1000/-6= 13,783dt da cui: F L = F 2 +F 3 -F 2 F 3 d 2 /n 3 F L =8,267+13,783-8, ,783. 3, /1,416= 21,76dt La posizione dei piani principali (P 2 e P 2 ) del cristallino rispetto ai vertici si determina facilmente: A 2 P 2 = e 2 = n. 2 d. 2 F 3 /(n 3 F L ) = 1, ,6. 13,783/ /(1, ,76) = 2,157mm P 2 A 3 = e 2 = n. 4 d. 2 F 2 /(n. 3 F L ) = 1, ,6. 8,267/ /(1, ,76) = 1,288mm POTERE COMPLESSIVO DELLʼOCCHIO Il potere complessivo dell occhio (F O ) si ricava partendo dall assunzione che si tratta di un sistema a sua volta composto da due mezzi, cornea e cristallino, e tenendo conto del fatto che in un sistema diottrico come l occhio lo spessore (d) da considerare è rappresentato dalla distanza tra il piano principale immagine della cornea (P 1 ) e il piano principale oggetto del cristallino (P 2 ). Nella semplificazione di una cornea con le due superfici coincidenti, gli stessi piani principali coincidono anche essi nel vertice. Quindi la distanza (d) in questione sarà data dalla profondità della camera anteriore (d 1 ) più il valore e 2 (d=d 1 +e 2 =5,747mm). Quindi: F O = F 1 +F L -F 1 F L d/n 4 F O = 42,73+21,76-42,73. 21,76. 5, /1,3333 = 60,48dt

5 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 55 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 55 FIG. 3.4 Occhio come insieme di diottri e Occhio Schematico di Gullstrand-Emsley La posizione dei piani principali dell occhio (P ed P ) si ricavano così: A 1 P = e = n. 1 d. F L /n. 4 F o = 1. 5, ,76/(1, ,48) = 1,55mm P P 2 = e = n. 4 d. F 1 /n. 4 F o = 1, , ,73/ /(1, ,48) = 4,06mm Si ricordi che la distanza e va considerata dal piano principale immagine del cristallino P 2 e comunque si ricava facilmente la sua distanza rispetto vertice corneale (1,85mm). Per calcoli più grossolani, quando non è richiesta una maggiore precisione, sono stati proposti modelli ulteriormente semplificati di cui il più conosciuto è l Occhio Emmetrope Ridotto di Emsley, nel quale il potere rifrattivo (60 dt) viene concentrato sull apice corneale, essendo l unica superficie attiva presente (Fig. 3.5). In questo caso, l indice di rifrazione n = 1,333 è unico come pure il punto nodale. VARIAZIONI INDOTTE DALLʼACCOMODAZIONE Nell occhio schematico di Gullstrand-Emsley in piena accomodazione, il raggio di curvatura anteriore del cristallino (R 2 ) arriva a 5mm così come il raggio posteriore (R 3 =-5mm). In questo modo la profondità della camera anteriore si riduce di 0,4mm arrivando a 3,2mm mentre lo spessore del cristallino diventa di 4mm. Di conseguenza i piani principali del cristallino si spostano verso la faccia anteriore posizionandosi esattamente al centro di esso. I piani principali dell occhio si spostano di poco verso il cristallino e le due focali oggetto e immagine si ri-

6 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare FIG. 3.5 Confronto tra lʼocchio Schematico Semplificato di Gullstrand-Emsley e lʼocchio Emmetrope Ridotto di Emsley ducono. In considerazione del fatto che cornea e cristallino sono longitudinalmente separati da un liquido, per ogni diottria di accomodazione esercitata dal cristallino si assiste ad aumento effettivo del potere rifrattivo oculare (F O ) di circa 0,82dt. ASSI ED ANGOLI DELLʼOCCHIO Assi Nonostante le buone prestazioni visive, l occhio umano non è un sistema ottico centrato. La conseguenza di tale condizione è l impossibilità di definire un asse ottico reale come pure la presenza di punti nodali. Infatti, i centri di curvatura delle varie superfici rifrangenti, non giacciono su una stessa linea, e perciò i relativi assi ottici non possono coincidere. Dovendo tuttavia far necessariamente riferimento ad un unico asse, possiamo definire l asse ottico dell occhio come quello che in media più si avvicina a tutti i centri di curvatura di cornea e cristallino. Come conseguenza diretta del fatto che l asse ottico non interseca la retina a livello della fovea, ma di norma a circa 1.5mm (5 ) nasalmente e 0.5mm (1.5 ) superiormente, sarà opportuno definire alcuni assi più importanti e i relativi angoli di intersezione, spesso in funzione dello stesso asse ottico. L asse pupillare è la linea che attraversa il centro della pupilla d entrata, con un angolo ortogonale alla cornea. Normalmente la pupilla si trova decentrata nasalmente di circa 0,25mm rispetto all asse ottico, così anche il centro della pupilla d entrata e d uscita si trovano dalla parte nasale, determinando un angolo di circa 3. L asse di fissazione è per definizione quello che origina dall oggetto e arriva all occhio passando per il centro di rotazione oculare. La particolare condizione che però si crea a causa dell inserzione anatomica dei quattro retti oculari e dei due obliqui, fa si che il centro di rotazione dell occhio non sia fisso, ma che subisca un continuo spostamento in base alle differenti direzioni di sguardo. La linea di sguardo è la linea che unisce l oggetto fissato con la fovea, passando per il centro della pupilla anatomica. Nell attraversare cornea e cristallino, la linea di sguardo subisce il normale effetto della rifrazione, cosicché il prolungamento del raggio incidente che arriva alla cornea va a definire il centro della pupilla d entrata. Dopo aver attraversato il cristallino, la linea di sguardo emerge da quest ultimo, per arrivare alla fovea, come se originasse dal centro della pupilla d uscita. Nonostante la linea di sguardo sia un raggio difficile da tracciare, esso si rivela molto utile, poiché individua sempre il centro del fascio di raggi che attraversa la pupilla, e perciò il centro del disco di confusione. L asse nodale è rappresentato da quella linea che, partendo dall oggetto fissato, passa dal punto nodale oggetto ed emerge, traslato, dal punto nodale immagine arrivando alla fovea, senza aver subito deviazione. Molto spesso tale asse ha assunto il nome di asse visivo o visuale. La figura 3.6 dimostra che sia l asse nodale che la linea di sguardo incontrano contemporaneamente la retina nello stesso punto solo nel caso in cui si abbia un immagine a fuoco su di essa,quindi nell emmetrope con l oggetto all infinito. Nel caso di una immagine sfuocata, il centro del disco di confusione è individuato solo dalla linea di sguardo, che è quindi l unica in grado di stabilirne la reale grandezza e perciò l ingrandimento. Angoli L angolo alfa (α) è quello formato dall intersezione tra l asse ottico e l asse nodale relativamente al punto nodale oggetto. Il suo valore è di circa 5 orizzontale e il suo segno positivo sta ad indicare che nello spazio oggetto l asse nodale è nasale rispetto all asse ottico. E chiaramente dipendente dalla presenza di una ametropia assiale così che generalmente esso risulta più piccolo nelle miopie assiali e più grande nelle ipermetropie assiali. L angolo gamma (γ) si forma con l intersezione al centro di rotazione oculare tra l asse ottico e l asse di fissazione (Fig. 3.7). L angolo kappa (K) è l angolo formato tra l asse nodale e l asse pupillare al punto nodale oggetto (Fig. 3.8).

7 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 57 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 57 L angolo lambda (λ) è l angolo sotteso al centro della pupilla d entrata dall intersezione dell asse pupillare e la linea di sguardo (Fig. 3.9). Nella pratica non si riscontra una differenza significativa tra l angolo kappa e l angolo lambda. Per quanto riguarda i segni da attribuire ai differenti assi, si deve seguire la convenzione secondo la quale, se l asse nodale o la linea di sguardo nello spazio oggetto si trovano dalla parte nasale dell asse ottico o dell asse pupillare, allora il segno sarà positivo. 3.3 PUPILLA DʼENTRATA E PUPILLA DʼUSCITA PUPILLA DʼENTRATA La pupilla d entrata non è altro che l immagine della pupilla anatomica generata dal sistema diottrico formato da cornea e camera anteriore. Se la pupilla anatomica si fa oggetto per un ipotetico osservatore posto dalla parte della retina, si potrà osservare la sua immagine generata dal cristallino, ovvero la pupilla d uscita. Tutto ciò che arriva alla retina è quin- FIG. 3.6 Linea di sguardo e asse nodale FIG. 3.7 Angolo α e γ FIG. 3.8 Angolo λ e K

8 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare di sempre limitato dalla dimensione della pupilla d uscita e ogni disco di confusione trova simmetria di rivoluzione proprio rispetto al centro della pupilla d uscita. Un fascio di raggi paralleli che punta sulla pupilla d entrata, dopo la normale rifrazione sulla superficie corneale, passa per la pupilla anatomica e, dopo l ulteriore rifrazione dovuta al cristallino, emerge da questo come se in realtà provenisse dalla pupilla d uscita convergendo poi sulla fovea (Fig. 3.9). I punti che intercettano il piano della pupilla d entrata e d uscita sull asse ottico, sono naturalmente punti coniugati ed è quindi possibile stabilire un rapporto tra l angolo (u ), formato con l asse ottico, o con l asse pupillare qualora la pupilla non sia centrata, dal prolungamento del raggio rifratto che emerge dal cristallino e passante quindi per il centro della pupilla d uscita (E ), e dall angolo (u) formato dal raggio coniugato incidente il cui prolungamento arriva sul centro della pupilla d entrata (E). Tale rapporto m è una costante per ogni dato sistema ottico e ovviamente cambia in funzione delle caratteristiche diottriche come ad esempio durante l accomodazione. Nell occhio schematico di Gullstrand-Emsley tale rapporto è pari a 0,82 e in piena accomodazione scende a 0,797. Questo spiega il motivo per cui si assiste al rimpicciolimento dell immagine retinica durante il processo accomodativo. Poiché i due sistemi diottrici che generano la pupilla d entrata e d uscita si possono considerare come diottri piano convessi dove l oggetto osservato (la pupilla anatomica) si trova coincidente alla superficie piana, si può facilmente intuire come le immagini osservate siano in effetti più grandi e spostate longitudinalmente verso l osservatore in misura proporzionale al salto di indice esistente. Per il calcolo della posizione assiale del centro della pupilla d entrata e d uscita e del loro relativo ingrandimento si può ricorrere a semplici calcoli relativi ai diottri. Il centro della pupilla d entrata (E) si trova alla distanza l data dal tratto A 1 E, mentre il centro della pupilla anatomica (E o ) è alla distanza l = d 1 = - 3,6mm. L indice di rifrazione dello spazio oggetto è n 1 = 1,3333 e quello dello spazio immagine è n 1 = 1 (Fig. 3.10). Poiché il centro di curvatura non giace nello spazio di propagazione della radiazione emergente, il raggio diventa negativo (R 1 = -7,8mm). Mediante l equazione di Gauss sui diottri, si può mettere in relazione il potere del nostro sistema diottrico con le relative vergenze dell oggetto e dell immagine: L = L + F ovvero n 1 /l = (n 1 /l) + F (1) da cui sostituendo si ricava l 1 = -3,05mm Dove il segno negativo sta ad indicare che l immagine (E ) si trova a sinistra, nello spazio oggetto. Per il calcolo dell ingrandimento della pupilla d entrata rispetto a quella anatomica (M EA ) si ha: M EA = (n. 1 l )/(l. n 1 ) (2) che sostituendo porta a M EA = (1, ,05)/(3,6. 1) = 1,130 ossia il 13% PUPILLA DʼUSCITA Il centro della pupilla d uscita (E ) si trova ad una distanza l = E A 3 dal vertice posteriore del cristallino (A 3 ). Il centro della pupilla anatomica (E o ) è invece alla distanza l = A 2 A 3 = d 2 dal vertice posteriore del cristallino (Fig. 3.11). Dato R 3 = -6 mm ed l = d 2 = -3,6mm sostituendo si ricava l = -3,51mm Anche in questo caso il segno negativo indica che l immagine (E ) si trova a sinistra nello spazio oggetto. Per il calcolo dell ingrandimento della pupilla d uscita rispetto a quella anatomica M E A : M E A = (1,416. 3,51)/(3,6. 1,3333) = 1,035 ossia il 3.5% Si spiega in tal modo il maggiore spostamento e ingrandimento della pupilla d entrata rispetto a quella d uscita, il tutto per il maggior salto di indice tra aria e cornea. L importanza della pupilla d entrata e d uscita si evidenzia nello studio dell immagine retinica sfuocata e il suo relativo ingrandimento. Se si analizza l immagine retinica che si forma di un oggetto esteso, si può constatare che di tutto il fascio di raggi che individua l immagine, ce ne sono due che sono estremamente importanti, l asse nodale e la linea di sguardo (Fig. 3.12). Per definizione, il raggio nodale è quello che parte da un punto dell oggetto esteso e arriva al punto nodale oggetto. Considerate le varie rifrazioni subite dal sistema ottico, arriva alla retina parallelo al primo tratto, emergendo dal punto nodale immagine. Essendo l unico raggio che non subisce deviazione, è molto utile nel tracciare graficamente la dimensione dell immagine. La linea di sguardo invece è quel raggio che da un punto dell oggetto esteso, punta sul centro della pupilla d entrata, passa per il centro della pupilla anatomica e, dopo la relativa rifrazione dovuta al cristallino, arriva alla fovea emergendo dalla superficie posteriore del cristallino come se provenisse dal centro della pupilla d uscita. Sebbene si tratti di un raggio difficile da tracciare, esso si rivela molto utile, poiché individua sempre il centro del fascio di raggi, e perciò il centro del disco di confusione.

9 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 59 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 59 La figura 3.12 dimostra inequivocabilmente che i due raggi citati incontrano contemporaneamente la retina solo nel caso che l immagine sia a fuoco su di essa. Nel caso di una immagine sfuocata, il centro del disco di confusione è individuato solo dalla linea di sguardo, che è quindi l unico in grado di stabilirne sempre la grandezza o l ingrandimento. 3.4 FORMAZIONE DELLʼIMMAGINE RETINICA FIG. 3.9 Pupilla dʼentrata e di uscita e posizione dei relativi centri tramite il raggio principale parassiale (linea di sguardo) FIG Posizione della pupilla dʼentrata EFFETTO DELLA LUNGHEZZA ASSIALE E DELLA CURVA- TURA SULLO STATO RIFRATTIVO Lunghezza assiale Le caratteristiche diottriche dell occhio schematico ci consentono di comprendere la relazione tra i vari componenti che formano il sistema ottico oculare e che ne permettono l emmetropizzazione. E perciò chiaro che l immagine potrà formarsi sul piano retinico solo se si verifica una determinata condizione di equilibrio tra il potere diottrico fornito dalla cornea e dal cristallino in funzione della lunghezza assiale del bulbo e della distanza che separa il piano principale immagine della cornea e il piano principale oggetto del cristallino. Si vuole ora studiare l effetto introdotto sullo stato refrattivo dalle variazioni nella lunghezza assiale e nella curvatura dell occhio schematico (Fig. 3.13). Dall equazione generale che lega la vergenza dell immagine e dell oggetto al potere dell occhio L =L+F si ricava: n /l - L = F Se si vuole conoscere l effetto sulla vergenza dell oggetto ( L) e quindi sullo stato refrattivo ( Rx) introdotto da una variazione l della lunghezza assiale è necessario differenziare tale equazione ottenendo infine: Rx = - l F 2 /n FIG Posizione della pupilla dʼuscita FIG Importanza della linea di sguardo, rispetto allʼasse nodale, nel definire la grandezza dellʼimmagine

10 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare Dato un occhio avente potere F = 60.00dt con indice di rifrazione del vitreo n pari a 1.336, e considerata la variazione l in millimetri, si ha: Rx = l (dt) ovvero l = Rx (mm) Questo porta alla conclusione che ad ogni millimetro di lunghezza assiale in più corrisponde una miopizzazione di 2,69dt; viceversa, per ogni diottria di miopia si assiste ad un aumento della lunghezza assiale di 0,371mm. Curvatura Prendiamo in esame ora il potere diottrico della superficie anteriore della cornea: F C = (n-1)/r Differenziando tale equazione è possibile determinare l effetto F C sul potere della cornea F C, e quindi in definitiva l effetto ( F) sul potere totale dell occhio (F), indotto da una variazione r del raggio di curvatura r. Poiché la differenza di potere refrattivo dell occhio ( F) equivale, cambiando segno, alla differenza di stato rifrattivo ( Rx) si ricava la seguente relazione: drx (F C ) 2 dr/(n-1) (diottrie) Se si prende ad esempio un occhio avente la cornea con r 1 = 7.70mm e indice n = 1.376, e proviamo a verificare l effetto introdotto sullo stato rifrattivo dell occhio da un aumento di 0.10mm del raggio di curvatura corneale, si può facilmente ottenere, sostituendo: drx [( )10 3 /7.8] 2 0/( ) dt Il valore positivo del segno indica che l aumento del raggio comporta una correzione residua ipermetropica. Nel caso di una riduzione del raggio di curvatura il termine r va considerato con il segno negativo. In tal modo il risultato dell equazione determinerà una correzione miopica. 3.5 LE IMMAGINI DI PURKINJE Quando si vogliono conoscere i parametri ottici di un mezzo diottrico inserito all interno di un sistema diottrico complesso ci si scontra subito con la difficoltà di ottenere misure dirette a causa della presenza di superfici diottriche che precedono il mezzo in esame. Accade così che non è possibile avere una misura diretta del potere e quindi del raggio di curvatura della superficie anteriore e posteriore del cristallino. Le attuali metodologie di studio dei parametri ottici del cristallino sfruttano analisi comparative fra le immagini riflesse generate dalle facce del cristallino e della cornea (misurabile oftalmometricamente). Conoscendo quindi il raggio di curvatura della cornea e considerando il confronto fra le immagini riflesse osservate si può ricavare, quindi indirettamente, il raggio di curvatura anteriore e posteriore del cristallino. Le immagini in questione sono dovute all effetto della riflessione di Fresnel sulle superfici dei mezzi oculari, che quindi vanno considerati come specchi sferici. Quando una radiazione incide su una superficie, una parte della radiazione riflessa ha un piano di polarizzazione che dipende dall angolo di incidenza. Per angoli inferiori a circa 15, l effetto legato alla polarizzazione può ritenersi trascurabile e la riflettanza (r), quindi la brillanza dell immagine, risulta direttamente proporzionale al quadrato della differenza tra l indice di rifrazione del secondo e del primo mezzo, e inversamente proporzionale al quadrato della loro somma: r = [(n 2 -n 1 )/(n 2 +n 1 )] 2 (1) Da questo si intuisce che l immagine più brillante sarà quella generata dalla superficie dove è maggiore il salto di indice di rifrazione, ovvero all interfaccia che separa l aria dalla cornea. Semplici calcoli dimostrano che, rispetto alle altre immagini, quella riflessa dalla faccia anteriore della cornea è circa 100 volte più brillante. Se si considerano le ulteriori riflessioni sulla faccia posteriore della cornea e su quella anteriore e posteriore del cristallino si hanno così le principali quattro immagini di Purkinje, dal nome del fisiologo ceco che per primo le descrisse in dettaglio nel Queste vengono riconosciute e numerate tramite i numeri romani I, II, III e IV e hanno una serie di importanti implicazioni cliniche che vanno dalla cheratometria alla facometria, dalla localizzazione degli assi e degli angoli dell occhio alla stima delle deviazioni oculari (Test di Hirschberg) (Fig. 3.14). 3.6 PROFONDITÀ DI FUOCO E DI CAMPO La profondità di fuoco nello spazio immagine e la profondità di campo nello spazio oggetto sono intervalli di spazio, espressi in diottrie o in metri, coniugati tra loro, all interno dei quali è possibile spostare rispettivamente le immagini o gli oggetti senza determinare un significativo peggioramento del visus. Se un soggetto fissa un oggetto alla distanza l o, gli oggetti che si trovano all interno dell intervallo spaziale limitato dalla estremità più lontana (distale: l d ) e quella più vicina (prossima: l p ) della profondità di campo, saranno percepiti ugualmente nitidi. Volendo esprimere tale ampiezza in diottrie, si ricordi che

11 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 61 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 61 le vergenze L d e L p relative alle estremità l d e l p sono simmetriche rispetto alla vergenza L o dell oggetto fissato. Quindi si ha che: L d = L o E L p = L o + E dove il termine E si riferisce al valore di profondità di campo soggettiva che determina la maggiore o minore sensibilità allo sfuocamento e per la quale la posizione dell oggetto diventa critica. Il fattore che influenza maggiormente la profondità di campo E è il diametro della pupilla g. Se infatti il diametro pupillare aumenta, si ha un incremento anche del disco di confusione e così l immagine retinica va facilmente fuori fuoco. La relazione che lega il diametro della pupilla d entrata g con la profondità di campo E è regolata dalla formula di Campbell: E (dt) = ± 0.75/g (g in millimetri) che per una pupilla media di 4mm genera una profondità di campo di circa ± 0.27dt. Se si considera anche la distanza dell oggetto fissato, si può verificare come, all aumentare di questa, aumenti anche la profondità di campo lineare (E l ), ovvero la distanza che separa le due estremità, distale e prossima, le quali però in genere non risulteranno mai simmetriche all oggetto fissato se non per oggetti estremamente vicini al soggetto. Per sfruttare al massimo gli intervalli di visione nitida offerti dalla profondità di campo, il sistema visivo adegua la risposta accomodativa allo stimolo accomodativo che si presenta di volta in volta. Si dimostra quindi che per lontano il sistema visivo preferisce accomodare di una quantità tale da far coincidere l estremità più lontana dell intervallo con l infinito, da qui la normale propensione a preferire caratteri sul rosso di fronte al test rosso-verde (Fig. 3.15). Per la visione a distanza ravvicinata, accade esattamente il contrario, così da far registrare normalmente una risposta inferiore allo stimolo e quindi una preferenza verso caratteri sul verde al duochrome (Fig. 3.16). 3.7 ABERRAZIONI OCULARI Come la maggior parte dei sistemi ottici, l occhio è soggetto ad aberrazioni regolari e irregolari dovute a radiazioni sia monocromatiche che policromatiche incidenti su superfici che notoriamente sono prive di simmetria di rivoluzione. Per controbilanciare questi effetti, l occhio presenta superfici ottiche asferiche e variazioni di indice di rifrazione all interno di cornea e cristallino utili a ridurre fortemente l aberrazione sferica e ad aumentare la bontà ottica, oltre che una pupilla sufficientemente centrata. Inoltre l immagine retinica si proietta su una superficie curva riducendo così l effetto della curvatura di FIG Variazione della distanza l in funzione di un aumento della lunghezza assiale dlʼ. FIG Visualizzazione delle quattro immagini di Purkinje campo. Si deve comunque ricordare che l asse ottico virtuale non incontra la retina a livello della fovea, ma di norma a circa 1.5mm (5 ) nasalmente e 0.5mm (1.5 ) superiormente rispetto a questa così da formare un piccolo angolo (alfa) rispetto all asse nodale. Il risultato di tutto è che la fovea riceve sempre una immagine soggetta all effetto dell aberrazione cromatica trasversale. Le aberrazioni che possono influenzare significativamente la qualità dell immagine retinica sono però quelle legate principalmente alla visione centrale in quanto si traducono in una riduzione della capacità di apprezzare dettagli molto fini, capacità che fisiologicamente diminuisce velocemente allontanandosi dalla regione foveale e non può essere quindi ulteriormente peggiorata da difetti supplementari dovuti alle aberrazioni extraassiali. ABERRAZIONE CROMATICA L aberrazione cromatica oculare esiste poiché l indice di rifrazione dei mezzi ottici che compongono il nostro occhio diminuisce all aumentare della lunghezza d onda. Perciò, le lunghezze d onda più lunghe, vengono rifratte meno rispetto a quelle più corte. In tal modo, per un raggio policromatico proveniente da una sorgente lontana, l effetto della di- l

12 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare FIG Spostamento nel vitreo dellʼintervallo di profondità di fuoco. Sulla retina si trova lʼimmagine coniugata alla distanza prossima FIG Spostamento virtuale oltre il bulbo dellʼintervallo di profondità di fuoco. Sulla retina si trova lʼimmagine coniugata alla distanza distale spersione cromatica, su un occhio emmetrope, sarà tale per cui il raggio che incontrerà prima l asse ottico risulterà quello relativo al violetto, nel vitreo di fronte al piano retinico, mentre l ultimo sarà quello porpora, virtualmente dietro la retina. Su tale principio viene effettuato il Duo-chrome test (Fig. 3.17). Per lo studio dei fenomeni oculari, ma anche semplicemente per indicare con esattezza un potere diottrico o una lunghezza focale, è naturalmente necessario riferirsi ad una precisa lunghezza d onda alla quale associare un indice di rifrazione medio dei vari mezzi ottici (Tabella 3.1). Considerando l intero intervallo dello spettro del visibile da 400 a 700 nm, si può dimostrare che il valore dell aberrazione cromatica non è lineare rispetto alla lunghezza d onda, ma risulta avere maggiori effetti verso le lunghezze d onda più corte. Alcune considerazioni però ci permettono di comprendere il motivo per il quale l acuità visiva rimane sorprendentemente ottima, nonostante lo sfuocamento dell immagine retinica, dovuto agli effetti dell aberrazione cromatica. Infatti, con l età, il cristallino tende ad assorbire e diffondere sempre di più la radiazione blu, che, come già detto, è quella maggiormente responsabile dello sfuocamento. Inoltre la macula contiene la xantofilla, un pigmento che agisce come un vero e proprio filtro giallo, che quindi assorbe il blu. Infine nella fovea non ci sono fotorecettori sensibili alla radiazione blu, ma solo coni sensibili al verde e al rosso, rimanendo indifferenti alla radiazione blu significativamente sfuocata. Per evidenziare gli effetti dell aberrazione cromatica, si può utilizzare un filtro blu cobalto, il quale TABELLA 3.1 Associazione dellʼindice di rifrazione medio in due mezzi diottrici rispetto a diverse lunghezze focali LINEA SPETTRALE Fʼ d Cʼ n di Abbe 1 (nm) ,6 643, (n) n (umor vitreo) 1,3450 1,3378 1,333 1,3315 1, ,9 n (cristallino) 1,4334 1,4221 1,416 1,4138 1, ,1

13 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 63 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 63 FIG Aberrazione cromatica longitudinale blocca la radiazione della parte centrale dello spettro, mentre fa passare le basse e le alte lunghezze d onda. Un soggetto che, perciò, osserva una sorgente policromatica lontana attraverso un tale filtro, vedrà l immagine blu della sorgente circondata da un alone rosso se è ipermetrope; se invece è miope l alone esterno sarà blu e l immagine centrale rossa. La misura diottrica che porta a vedere a fuoco prima l immagine blu e poi quella rossa, ci fornisce il valore dell aberrazione cromatica longitudinale (LCA) che, considerando l intero intervallo dello spettro del visibile, arriva a circa 2,00 dt. Tale valore diottrico è legato in modo direttamente proporzionale al potere rifrattivo del mezzo diottrico che genera la dispersione, comportando quindi un aumento del valore dell aberrazione cromatica longitudinale all aumentare dell accomodazione. La misura della distanza angolare, rispetto al punto nodale immagine, tra i centri dei dischi di confusione relativi alle lunghezze d onda degli estremi dello spettro, determina la componente trasversale (TCA) dell aberrazione cromatica. Tale componente non è fissa, ma è legata alla posizione del centro della pupilla d entrata, ovvero al fatto che, di norma, linea di sguardo e asse nodale non coincidono. Il decentramento naturale della pupilla però, in genere nasale, fa si che la linea di sguardo sia abbastanza vicina all asse nodale, riducendo in tal modo gli effetti negativi dovuti alla TCA. Non è impossibile trovare soggetti in cui i due assi coincidono e per i quali la TCA è nulla. Tali soggetti, se posti di fronte al test bicromatico in visione binoculare, non possono apprezzare differenze di profondità apparente tra lo sfondo verde e quello rosso. Infatti, quello che comunemente si può registrare è la tendenza a percepire lo sfondo rosso prima di quello verde (stereopsi cromatica), mentre per vedere il verde prima del rosso, la pupilla dovrebbe essere decentrata si nasalmente, ma di un valore insolitamente alto (>0.5mm), tanto da invertire la propria posizione rispetto all asse nodale. ABERRAZIONE SFERICA Insieme al coma, l astigmatismo da fasci obliqui, la curvatura di campo e la distorsione, l aberrazione sferica fa parte delle cinque aberrazioni monocromatiche di Seidel, ma è la sola che interessa gli oggetti che si trovano sull asse ottico. Essa esprime il diverso comportamento tra i raggi parassiali e quelli marginali che incontrano la superficie rifrangente di un sistema ottico ad una determinata distanza h dall asse ottico. Questo porta il raggio marginale ad incontrare l asse ottico prima o dopo rispetto al raggio parassiale. Nel primo caso si ha una aberrazione sferica sottocorretta o positiva mentre nel secondo caso l aberrazione sferica è sovracorretta o negativa. La distanza tra il fuoco dei raggi marginali e quello dei raggi parassiali determina la componente longitudinale misurata come differenza lineare tra le due focali o in diottrie come differenza tra le due relative vergenze (Fig. 3.18). In presenza di sistemi ottici dotati di simmetria di rivoluzione, come nel caso degli occhi schematici, il potere della aberrazione sferica (F SA ) in funzione della distanza h dall asse ottico, può essere espressa nella seguente forma: FIG Aberrazione sferica TSA: Ab. sf. trasversale, proporzionale ad h 3 LSA: Ab. sf. longitudinale, proporzionale ad h 2

14 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare F SA(h) = h 2 + termini dell ordine di h 4 e superiori Anche nel caso del nostro occhio il potere F SA può essere limitato al solo primo termine, cosicché l aberrazione sferica longitudinale risulta proporzionale semplicemente a h 2. L aberrazione sferica trasversale, invece, non è altro che il raggio di curvatura del disco di confusione che si forma quando sulla retina c è il fuoco dei raggi parassiali. Questa è proporzionale ad h 3 e fornisce una maggiore indicazione in merito allo sfuocamento dell immagine retinica (Fig. 3.18). Secondo l occhio schematico disaccomodato di Gullstrand-Emsley, F SA = 0.38h 2 ed è il risultato della somma dei singoli poteri delle aberrazioni sferiche di ciascuna superficie rifrangente che la radiazione incontra prima di arrivare alla retina. Se si considera l accomodazione, all aumentare del potere del sistema ottico oculare, il valore della F SA cresce. Se poi si tiene conto della forma asferica della superficie corneale, il risultato cambia ancora (Tab. 3.2): TAB. 3.2 n (mm) Aberrazione sferica (dt) Sferica Ellittica Parabolica Rispetto all occhio schematico l aberrazione sferica dell occhio reale ha un altro comportamento. E vero che in caso di accomodazione rilassata anche l occhio reale ha una aberrazione sferica positiva, ma durante il processo accomodativo, si verifica un incurvamento molto più accentuato nella porzione centrale della superficie anteriore del cristallino, ri- spetto alla sua periferia. In tal modo, aumenta progressivamente il coefficiente di asfericità, con la conseguente riduzione dell aberrazione sferica positiva e, addirittura, la tendenza a creare una AS sovracorretta, ovvero negativa. Questa è la condizione esattamente opposta a quella che si verifica nei soggetti miopi che hanno subito un intervento di chirurgia rifrattiva. In questo caso, nella zona di passaggio dall area trattata a quella più periferica, si riscontra una riduzione dell asfericità tanto da aumentare l AS positiva. Il conseguente effetto di maggiore miopizzazione per i raggi marginali, utile per la visione a distanza ravvicinata nei soggetti in età di presbiopia, è limitato dalle aree di trattamento di dimensione sempre maggiore e dalla naturale costrizione pupillare durante il processo accomodativo e la convergenza. ASTIGMATISMO DA FASCI OBLIQUI Quando la radiazione proveniente da una sorgente puntiforme lontana incide con un dato angolo sulla superficie di un sistema diottrico seppur sferico, l immagine che si genera non è puntiforme ma è costituita da due focali ortogonali tra di loro. Tale immagine è perciò astigmatica si forma anche in presenza di superfici diottriche sferiche, poiché ciò che genera l aberrazione è l inclinazione della radiazione incidente. Le due focali sono quindi longitudinalmente separate, con una dimensione direttamente proporzionale all angolo di incidenza, al fattore di forma (p) e al diametro pupillare. Il piano individuato dall asse ottico e dal raggio incidente si definisce tangenziale mentre quello ad esso ortogonale prende il nome di piano sagittale. La focale tangenziale ha quindi sempre la direzione del piano sagittale e, come si può constatare dalle figure seguenti, converge sempre prima rispetto a quest ultima (Fig. 3.19). FIG Astigmatismo da fasci obliqui: a) posizione delle focali in funzione dellʼangolo di incidenza; b) rispettivi valori diottrici delle focali tangenziali e sagittali in funzione dellʼeccentricità retinica

15 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 65 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 65 La conformazione bulbare fortunatamente determina una condizione assolutamente vantaggiosa, in quanto la superficie retinica si viene a trovare quasi sempre sul disco di minima confusione che si forma tra le due focali. L implicazione clinica più importante la possiamo trovare durante la fase del rilevamento oggettivo dello stato rifrattivo di un soggetto. Se infatti si esegue l esame della schiascopia statica, o anche una autorefrattometria, assumendo una posizione di osservazione laterale, quindi non coassiale all occhio esaminato, si genera un piano tangenziale orizzontale, poiché tale piano segue sempre la direzione dello spostamento, e per compensare l astigmatismo introdotto è necessario l uso di cilindri negativi con asse verticale. In questi casi è perciò facile incorrere alla sovrastima di astigmatismi contro regola o alla sottostima di quelli secondo regola. COMA Il coma fa parte della famiglia delle aberrazioni extra-assiali e il risultato della sua presenza sulla qualità dell immagine è quello di produrre una sbavatura che fa ricordare la scia di una cometa. Il fatto che il suo effetto si registri fuori dall asse ottico non la pone in secondo piano, poiché anche la stessa fovea non si trova sull asse ottico. CURVATURA DI CAMPO Se si prende una sorgente lontana ad una certa altezza dall asse ottico, il relativo piano focale risulta formato, in realtà, da una superficie curva, chiamata di Petzval, che si approssima sufficientemente alla curvatura della retina, così che l effetto introdotto sulla qualità della visione si rivela trascurabile. DISTORSIONE Mentre l effetto dell aberrazione sferica, il coma e l astigmatismo da fasci obliqui si riscontra nella mancanza di puntualità e perciò di nitidezza dell immagine, la distorsione è dovuta a una variazione dell ingrandimento all aumentare della distanza dall asse ottico. L implicazione clinica più importante riguarda la necessità dell adattamento del sistema visivo alle distorsioni indotte da una correzione oftalmica differente da quella precedentemente in uso, in termini di variazione sia del potere diottrico che della geometria delle lenti montate sulla montatura. 3.8 EFFETTI DELLA CHIRURGIA RIFRATTIVA I primi interventi atti a modificare il potere rifrattivo dell occhio mediante variazioni indotte sulla superficie anteriore della cornea, si basavano sul principio che la curvatura corneale poteva essere modificata grazie a tecniche di sutura, incisione e successivamente di fotoablazione laser. Il principio generale stabiliva che un dato meridiano della cornea poteva essere incurvato o appiattito se veniva interessato direttamente dalla sutura o dall incisione, sia essa radiale che arcuata. In caso di incisione, quindi, si assiste ad un rilassamento del tessuto corneale in direzione del meridiano interessato dal trattamento, con il conseguente risultato di un appiattimento proporzionale alla profondità dell incisione. L unica differenza sta nel fatto che in caso di incisione radiale si ha un minimo appiattimento anche del meridiano perpendicolare, mentre nell incisione arcuata il meridiano perpendicolare tende a subire un incurvamento. Durante l intervento di facoemulsificazione il tunnel che viene aperto a livello del limbus, seppur piccolo nelle attuali tecniche di microchirurgia della cataratta, viene normalmente programmato per ridurre o almeno per non incrementare, un astigmatismo già presente. Se ad esempio il soggetto presenta, nel pre-operatorio, un astigmatismo secondo regola, il tunnel viene preferibilmente effettuato superiormente a 90 ovvero ad ore 12 (Fig. 3.20). 3.9 ABERROMETRIA STUDIO QUANTITATIVO DELLʼIMMAGINE RETINICA Gli studi sulla formazione dell immagine retinica portano a considerare le imperfezioni ottiche oculari in funzione dell effetto complessivo che hanno tutte le aberrazioni dell occhio sull immagine retinica. Queste poi vengono rappresentate mediante una mappa aberrometrica bi-dimensionale rispetto al piano pupillare. In tal modo è possibile avere mappe dettagliate della qualità ottica dell occhio su tutto il campo pupillare. Generalmente gli aberrometri forniscono una misura delle aberrazioni, in termini di errore del fronte d onda, mediante un numero dato dalla radice della media dei quadrati (RMS: Root Mean Square) degli errori misurati. Una tale misura, però, non sempre riesce ad esprimere adeguatamente la qualità dell immagine retinica; si pone quindi il problema di individuare una forma di unità di misura che ci consenta di descrivere bene ogni immagine e di correlarla, se possibile, alla performance visiva. La qualità di un sistema ottico come l occhio, può essere studiata fondamentalmente mediante due approcci differenti, ma in relazione tra loro: il primo si propone di studiare le proprietà ottiche dell occhio e il secondo studia gli effetti che tali proprietà hanno sulla qualità delle immagini retiniche. Normal-

16 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare FIG Esempi di incisioni radiali e arcuate a) b) mente le proprietà ottiche sono rappresentate da mappe aberrometriche o di errore del fronte d onda rispetto al piano pupillare. Gli effetti di tali proprietà sul piano delle immagini retiniche vengono invece definiti dalla qualità delle immagini dovute a stimoli elementari di riferimento, come oggetti puntiformi o reticoli. In entrambi gli approcci i risultati sono molto difficili da trattare e per tale motivo sorge l esigenza di ridurre tale complessità, se possibile, a un singolo valore scalare. Lo scopo finale sarà poi quello di studiare un sistema di misura che riesca ad esprimere una ideale correlazione con la performance visiva, ovvero con la capacità soggettiva di apprezzare minimi sfuocamenti. Al fine di ottenere tale risultato è però necessario impostare un metodo che preveda inizialmente lo studio degli effetti di tutte le aberrazioni oculari sulla qualità dell immagine. Il metodo aberrometrico rappresenta l approccio più completo per descrivere le imperfezioni ottiche oculari e da questo si possono ricavare secondariamente le misure della qualità ottica dell immagine (PSF, LSF, MTF, PTF e OTF) (Fig. 3.21). In ciascun punto del campo pupillare, la differenza tra il fronte d onda di riferimento e quello reale definisce l errore del fronte d onda dell occhio (aberrazione d onda) (Fig. 3.21). Tali errori di fase producono effetti di interferenza che degradano le qualità dell immagine retinica. Per quantizzare l errore si usa spesso l RMS W sebbene a volte presenti una scarsa correlazione con l effetto soggettivo che le aberrazioni hanno sulla visione. In alternativa si studiano gli effetti dell RMS dovuti all inclinazione e alla curvatura del fronte d onda. INCLINAZIONE DEL FRONTE DʼONDA In presenza di un occhio con aberrazioni, il fronte d onda risulta distorto e perciò i singoli raggi non possono essere paralleli fra di loro. Essendo perpendicolari al fronte d onda, la loro direzione di propagazione è vincolata al grado di pendenza del fronte d onda in ciascun punto. MISURE RELATIVE AL PIANO PUPILLARE Le misure relative al piano della pupilla si riconducono allo studio della qualità del fronte d onda mediante metodi che prevedono il confronto con una superficie di riferimento. ERRORE DEL FRONTE DʼONDA Descrive le differenze di cammino ottico, attraverso il piano pupillare, generate da errori nella fase per le radiazioni che entrano nell occhio attraverso diverse porzioni della pupilla. Infatti, nell occhio affetto da aberrazioni, per un oggetto a distanza il fronte d onda rifratto non è sferico, ma presenta distorsioni dovuti a difetti nella rifrazione. FIG Esempio di fronte dʼonda alterato dalle aberrazioni oculari

17 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 67 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 67 L inclinazione è espressa in modo vettoriale ed è definita da una coppia di mappe. Una stabilisce l inclinazione sull asse delle x e l altra su quello delle y. CURVATURA DEL FRONTE DʼONDA Per avere una buona immagine, a qualsiasi distanza finita, la curvatura del fronte d onda deve essere costante attraverso tutta la pupilla. Per un punto oggetto sulla retina, un fronte d onda piatto ha una curvatura pari a 0 in ogni punto e ciò corrisponde alla formazione di una immagine perfetta all infinito. Per essere completamente definita, la curvatura del fronte d onda necessita di più mappe. FRAZIONE PUPILLARE Altre misure della qualità del fronte d onda possono essere dedotte dal concetto di frazione pupillare, definita come parte di area pupillare dove la qualità ottica dell occhio risulta sufficientemente buona. Quindi, se la frazione pupillare è grande, la maggior parte della radiazione che attraversa la pupilla contribuisce a formare una buona immagine retinica. Esistono due modi per rappresentare la frazione pupillare: la Pupilla critica e la Pupilla totale. Il primo, chiamato pupilla critica, fornisce una misura della qualità del fronte d onda all interno di una apertura secondaria concentrica alla pupilla e privilegia gli effetti dovuti alla regione centrale della pupilla che d altronde fornisce maggiori informazioni alla visione a causa dell effetto Stiles-Crawford. Il secondo metodo, chiamato pupilla totale, attribuisce la stessa importanza a tutta la superficie pupillare. La mappa dell errore del fronte d onda è suddivisa mediante una griglia, dalla quale è possibile ricavare il numero dei punti che soddisfano il criterio di qualità scelto. Il rapporto tra il numero dei punti che hanno una buona qualità e il numero totale dei punti determina il valore della frazione pupillare. MISURE RELATIVE AL PIANO DELLE IMMAGINI RETINICHE La misura quantitativa dell immagine serve a determinare la qualità dell immagine retinica per due tipi di stimoli fondamentali: l oggetto puntiforme (PSF) e la griglia, o reticolo, con pattern costituiti da una alternanza periodica di bande chiare e scure aventi profilo di luminanza sinusoidale (OTF). Misura della PSF Si tratta di descrivere la forma dell immagine generata da un semplice oggetto geometrico come un punto o una linea. L andamento della distribuzione di luminanza sul piano immagine viene chiamata PSF (Point-Spread Function) per un punto oggetto e LSF (Linear-Spread Function) per un oggetto lineare. Alcune semplici misure che si possono ottenere da queste funzioni, come l ampiezza (diametro del disco di confusione) o l entità (rapporto Strehl) della distribuzione, ci forniscono il valore dell effetto delle imperfezioni ottiche sullo sfuocamento. Misura dell OTF È lo studio della perdita di modulazione e della traslazione della fase nell immagine che si ottiene da uno stimolo rappresentato da una griglia con bande chiare e scure (reticolo di Foucault), la cui luminanza varia con moto periodico secondo un andamento sinusoidale. Il rapporto tra la modulazione dell immagine e dell oggetto rappresenta l effetto dello sfuocamento dovuto alle imperfezioni ottiche. Il variare di tale rapporto con la frequenza spaziale e l orientamento dello stimolo fornisce la MTF (Modulation Transfer Function). La differenza spaziale di fase tra l immagine e l oggetto descrive lo spostamento prismatico indotto dalle imperfezioni ottiche. La variazione di tale differenza di fase con la frequenza spaziale e l orientamento dello stimolo, viene definito PTF (Phase Transfer Function). La MTF e la PTF insieme descrivono la OTF (Optical Transfer Function) del sistema ottico oculare, dimostrando una tendenza del sistema diottrico oculare a simulare il comportamento di un filtro passa-basso. Infatti la perdita di modulazione aumenta con la frequenza spaziale (Fig. 3.22). LʼABERRAZIONE DʼONDA E necessario immaginare inizialmente un fronte d onda sferico avente origine in un oggetto puntiforme. Le aberrazioni presenti nell occhio impediscono al fronte d onda di mantenere la stessa forma sferica. Il fronte d onda aberrato viene così confrontato con quello ideale il cui centro di curvatura giace sul punto ideale immagine ovvero quel punto posto nella posizione tale che l immagine rappresenta la copia perfetta dell oggetto (considerando la differenza di ingrandimento e gli effetti della diffrazione). Tale confronto avviene a livello del piano della pupilla d uscita, per cui ad ogni punto sulla pupilla d uscita, lo scostamento del fronte d onda aberrato da quello ideale di riferimento, moltiplicato per l indice di rifrazione dell umor vitreo, fornisce il valore dell aberrazione d onda associato a quel punto. Se il fronte d onda precede quello ideale, l aberrazione è positiva, altrimenti è negativa. I valori in gioco sono molto piccoli e sono espressi in micron o lunghezza d onda (alla lunghezza d onda di 500 nm, un micron equivale a 2 due lunghezze d onda). Da un punto di vista clinico, la mappa aberrometrica si comprende in termini di errore della lunghezza del cammino ottico (OPL : Optical Path Length). L OPL definisce il numero di volte che una data on-

18 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare a) b) c) FIG I procedimenti matematici di a) autocorrelazione, b) trasformata di Fourier e c) di convoluzione sono necessari per arrivare alla qualità dellʼimmagine retinica attraverso la PSF e la OTF partendo dalla mappa aberrometrica da deve oscillare per passare da un punto ad un altro e quindi varia in base al mezzo in cui l onda si propaga. Poiché tutti i raggi provenienti da una sorgente puntiforme avranno lo stesso OPL, e perciò lo stesso numero di oscillazioni, si può identificare un luogo di punti che presenta la stessa fase temporale e che si identifica con il fronte d onda della radiazione (Fig. 3.23). Per definire le aberrazioni di un sistema oculare si deve comparare l OPL per un raggio passante per un punto (x,y) sul piano della pupilla d uscita con il raggio principale passante attraverso il centro pupillare (0,0). Il risultato viene chiamato differenza del cammino ottico (OPD: Optical Path Difference). Quindi un occhio è considerato perfetto se tutti i raggi che passano attraverso l intera area pupillare,

19 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina 69 Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare 69 percorrono la stessa distanza ottica dal punto oggetto a quello immagine e quindi oscillano lo stesso numero di volte (Fig. 3.23). L aberrazione del sistema ottico dell occhio è, in definitiva, riassunta in una mappa bidimensionale che mostra quanto variano le aberrazioni stesse all interno del campo pupillare. Quindi si possono tracciare tre differenti tipi di mappe che mostrano: come ciascun raggio devia da quello ideale di riferimento (deviazione del raggio) come varia la distanza ottica dall oggetto all immagine, attraverso l area pupillare (OPD) come la forma del fronte d onda differisce dalla sfera (errore del fronte d onda) Come si può immaginare, la mappa del fronte d onda equivale a quella dell OPD, ma con segno opposto. Questo è spiegato dal fatto che un cammino ottico maggiore corrisponde a un ritardo della fase, mentre un cammino ottico più corto determina un avanzamento della fase stessa. Considerando la reversibilità del cammino ottico, si arriva facilmente alla definizione della mappa aberrometrica. Infatti, nel caso dell occhio, non potendo fornire misure sull immagine retinica è conveniente spostare l attenzione sullo spazio oggetto e considerare l oggetto sulla retina. In tal modo, si prende come piano di riferimento la pupilla d entrata e anche in questo caso l aberrazione d onda è positiva se il fronte d onda precede quello ideale. Considerando una sorgente puntiforme e sapendo che la forma del fronte d onda emergente è determinato dalla variazione dell OPL attraverso il campo pupillare dell occhio, se siamo in presenza di un occhio otticamente perfetto e emmetrope, il fronte d onda emergente sarà un fronte piano che si propaga in direzione dell asse ottico z. Quindi per la visione a distanza, ogni discostamento del fronte d onda emergente dal piano x-y è una aberrazione ottica. Per la visione a distanza ravvicinata il fronte d onda emergente deve essere confrontato con il fronte d onda sferico avente il centro sul punto di fissazione (Fig. 3.24). In pratica la distanza W(x,y) tra il fronte d onda emergente e il fronte d onda di riferimento, considerata su tutta l area pupillare, è la misura della funzione dell aberrazione del fronte d onda del sistema ottico oculare per un dato oggetto fissato, ed è chiamata mappa aberrometrica. Per convenzione, si ha una aberrazione positiva quando i raggi marginali viaggiano con un minore OPL rispetto al raggio principale (come nel caso dell occhio miope). Una volta fissato lo stimolo accomodativo, la funzione dell errore del fronte d onda viene tradizionalmente rappresentata, con maggiore attendibilità, in termini delle serie di espansione di Seidel, le serie di Taylor o i polinomi di Zernike. Inizialmente la trattazione di Seidel delle aberrazioni riguardava sistemi ottici simmetrici, ma la mancanza di una sufficiente simmetria nell occhio reale porta a considerare maggiormente l utilizzo delle espansioni di Zernike. FUNZIONI POLINOMIALI DI ZERNIKE Per classificare la forma delle mappe aberrometriche si ricorre sempre più spesso a serie di funzioni polinomiali come il popolare set dei polinomi di Zernike (detti anche coefficienti di Zernike). Una delle proprietà di tale classificazione è la suddivisione in vari ordini spesso rappresentati su una piramide dove l ordine n varia verticalmente e la frequenza m orizzontalmente. I termini n e m definiscono la complessità della superficie rappresentata dal particolare polinomio. L indice n in pedice è sempre positivo e rappresenta il tipo di funzione che si ottiene facendo una sezione del fronte d onda lungo i meridiani. All aumentare di n aumenta il numero dei picchi e delle valli lungo il meridiano. L indice m in apice rappresenta la frequenza con cui la funzione totale cresce e decresce cambiando di segno ruotando. L indice m può assumere segno positivo o negativo (Fig. 3.25). FIG Differenza tra il fronte dʼonda emergente dalla pupilla dʼentrata e il fronte dʼonda piano di riferimento FIG Forma sferica del fronte dʼonda emergente per un oggetto puntiforme a distanza finita

20 0303_Oftalmologia_cap03:Layout :18 Pagina Capitolo 3 Argomenti di diottrica oculare FIG Classificazione delle mappe di aberrazione secondo la suddivisione a piramide mediante lʼuso di polinomi a doppio indice n e m Nella prima fila l ordine n è pari a zero, Z 0 0 (r,q); il singolo termine della funzione vale 1 ed è chiamato pistone. Il piano del fronte d onda si presenta piatto e parallelo a quello di riferimento; i suoi effetti sull immagine retinica sono trascurabili. Nelle aberrazioni della seconda fila l ordine n è 1 e vi rientrano quei fronti d onda piatti, ma inclinati rispetto al piano di riferimento sull asse x oppure y. A questa fila appartengono i due termini, Z -1 1 (r,q) e Z 1 1 (r,q) che rappresentano gli effetti prismatici o di tilting in senso orizzontale (secondo la x) e verticale (secondo la y). Queste aberrazioni causano la traslazione della fase della PSF e quindi dell immagine retinica, senza alterare la MTF. Infatti, i termini del primo ordine sono i prismi base alta e bassa e quelli base nasale e tempiale e stabiliscono la posizione dell immagine, non la sua qualità ottica. L alternanza dei valori positivi e negativi presenti in apice nei coefficienti di Zernike giustificano la presenza di funzioni tra loro ruotate. Tale natura di rotazione si ripete lungo la piramide, così che, in ogni fila, una funzione con valore negativo del coefficiente m è una forma ruotata della funzione avente lo stesso valore m, ma positivo. Per convenzione, alle armoniche definite dalla funzione coseno sono assegnate frequenze positive e alle armoniche sinusoidali sono assegnate frequenze negative. Nella terza fila si ha n = 2 e quindi le funzioni sono del 2 ordine e comprendono i difetti rifrattivi sferici e cilindrici. L indice n pari a 2 sta ad indicare che la funzione radiale definisce un solo picco o una sola valle. Il quarto termine, quello centrale, Z 0 2 (r,q) ha una simmetria di rivoluzione ed è perciò chiamato defocus. La frequenza m è uguale a 0 e quindi il potere rifrattivo è distribuito in modo uniforme su tutti i meridiani, i quali presenteranno la stessa sezione radiale. Il segno di tale polinomio determina la miopia o l ipermetropia. Se il defocus è positivo si ha una ipermetropia, poiché tutti i raggi divergono da quello principale, viceversa si ha una miopia. Ai suoi lati ci sono il terzo e il quinto termine, Z -2 2 (r,q) e Z2 2 (r,q) che determinano gli astigmatismi a 45 e a 180. Le mappe dovute a miopia e ipermetropia presentano una forma a scodella, mentre quelle astigmatiche determinano un fronte d onda a sella (Fig. 3.26). La funzione polinomiale per cui m = -2 è detta astigmatismo obliquo e raggiunge il massimo valore di +2 lungo il meridiano a 45 e il minimo valore di -2 lungo il meridiano a 135. L altra funzione polinomiale per cui m = +2 è la stessa ma ruotata di 45 così da

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