Matematica per l Economia, a.a. 2016 2017 Integrazione al libro di testo Gianluca Amato 20 dicembre 2016 1 Note ed errata corrige Sezione 2.3, definizione di dominio. La definizione di dominio data dal libro di testo è atipica. Di solito il termine dominio è considerato sinonimo di insieme di definizione. Consideriamo la funzione f : R + R R tale che f(x) = x. Usando la notazione del libro, R + è l insieme di definizione, mentre R è il dominio. Usando la definizione standard, R + è sia il dominio che l insieme di definizione. Sezione 2.4, definizione di funzione composta. La notazione usata dal libri per la funzio ne composta di f e g, ovvero g[f] è atipica. La notazione più comune è g f. Pertanto (g f)(x) = g[f(x)]. Esercizio 2.2 VIII. La soluzione indicata nel libro è sbagliata. Vedi l esercizio svolto, più avanti in questo documento. Sezione 3.9, pag. 44. Della funzione esponenziale a x il libro dice il caso a = 0 è banale: f(x) = 0 x = 0. Si tratta di una imprecisione, quanto detto vale solo per x > 0. Invece se x 0, 0 x non è definito. D altronde, per esempio, 0 1 = 1/0 che sappiamo non essere definito. Sezione 3.11. La funzione cos x non è iniettiva nell intervallo [ π 2, π 2 ] come lo sono seno e tangente. Lo è però nell intervallo [0, π]. Pertanto la funzione arccos è definita considerando la restrizione di cos all intervallo [0, π]. Vuol dire che arccos x è sempre un valore compreso tra 0 e π per ogni x compreso tra 1 ed 1. Esercizio 3.27. Il testo dell esercizio è errato. Se f è dispari e g è pari, sia f[g(x)]] che g[f(x)] sono pari. 1
Esercizio 5.1. Il testo afferma che una successione è un insieme infinito. Questo è abbastanza impreciso. A differenza che in un insieme, in una successione è importante l ordine degli elementi. Le successioni 1, 1/2, 1/3, 1/4, 1/5, 1/6,... e 1/2, 1, 1/4, 1/3, 1/6, 1/5,... (l ultima è ottenuta scambiano gli elementi di indice pari con quello di indice dispari successivo) sono diverse, ma corrispondono allo stesso insieme 1, 1/2, 1/3,...}. 2 Integrale indefinito: integrazione Nella sezione 9.3, il libro di testo mostra come calcolare alcune anti-derivate che lui chiamata quasi immediate. In realtà, tutti gli esempi di questa sezione sono casi particolari di uno schema generale, che illustreremo di seguito. Supponiamo la funzione f(x) abbia la forma f(x) = g (x)h(g(x)) dove h e g x 2 +1 sono due funzioni. Per esempio f(x) = cade in questo schema prendendo h(x) = 1 x e g(x) = x2 + 1. Abbiamo g (x) = e g (x)h(g(x)) = x 2 +1. In generale, se vediamo che nella funzione f da integrare c è un pezzo che è la derivata di un altro pezzo, è probabile che ci ritroviamo in questo caso (o quantomeno ci possiamo ad esso ricondurre). L integrale indefinito di una funzione f di questo tipo si calcola abbastanza facilmente come segue: g (x)h(g(x)) = H(g(x)) + c dove H è una qualunque primitiva di h. Nel caso di prima, siccome h(x) = 1/x, possiamo scegliere come primitiva H(x) = log x e abbiamo x 2 + 1 = H(g(x)) + c = log x2 + 1 + c Talvolta la funzione non ha esattamente la forma cercata, ma ci si può ad essa ricondurre. Ad esempio, sia f(x) =. In questo caso x non è la derivata di x x 2 +1 x 2 +1. Tuttavia, è vero che possiamo scriver f(x) come f(x) = 1/2 2 x x 2 +1. Abbiamo semplicemente moltiplicato e diviso il numeratore per 2 (quindi, in realtà, non è cambiato niente). Tuttavia, usando le proprietà degli integrali, possiamo tirare fuori il fattore 1/2, ottenendo: x x 2 + 1 = 1/2 2 x x 2 + 1 1 = 2 x 2 + 1 = 1 2 x 2 + 1 = 1 2 log x2 + 1 + c. L ultimo integrale è proprio della forma che a noi fa comodo, e che abbiamo già risolto precedentemente. 3 Spazi vettoriali: integrazione In questa sezione integreremo il materiale presente sul libro di testo relativo ai sottospazi vettoriali di R n. 2
3.1 I sottospazi vettoriali di R 2 ed R 3. Esaminiamo in dettaglio quali sono i possibili sottospazi di R 2 ed R 3. Prima di tutto, qualunque sia n > 0, R n ha sempre due sottospazi banali: R n stesso, e l insieme 0}, ovvero l insieme il cui unico elemento è il vettore nullo. Consideriamo ora il caso di R 2. A parte i due sottospazi banali di cui sopra, gli unici altri sottospazi di R 2 sono le rette passanti per l origine. Una generica retta passante per l origine ha equazione ax + by = 0, per cui i sottospazi in questione sono gli insieni L = (x, y) ax + by = 0} al variare di a e b. Come esercizio, vogliamo far vedere che L è un sottospazio di R 2. Se prendo un vettore generico (x, y) L (per cui ax+by = 0) e lo moltiplico per k, ottengo il vettore (kx, ky). Devo mostrare che (kx, ky) L, ovvero che a(kx) + b(ky) = 0. Ma questo è vero perché a(kx) + b(ky) = k(ax) + k(by) = k(ax + by) = 0 dato che ax + by = 0. Analogamente se prendo (x, y) L (e quindi ax + by = 0) e (x, y ) L ( e quindi ax + by = 0) avremo (x + x, y + y ) L, in quanto a(x + x ) + a(y + y ) = ax + ax + by + by = a(x + by) + (ax + by ) = 0 + 0 = 0. Passando ad R 3, abbiamo che gli unici sottospazi non banali di R 3 sono le rette passanti per l origine e i piani passanti per l origine. Questa cosa si può generalizzare agli R n con n > 3. Ad esempio, in R 4 gli unici sottospazi non banali sono le rette passanti per l origine, i piani passanti per l origine e gli spazi passanti per l origine. 3.2 Spazio vettoriale generato da un insieme di vettori Consideriamo m vettori x 1,..., x m in R n, Spesso siamo interessati a all insieme di tutte le possibili combinazioni lineari di questi vettori. Indichiamo questo insieme con x 1,..., x m = k 1 x 1 + + k m x m k 1 R,..., k m R }. Ad esempio, sia S = (1, 0, 0), (0, 1, 0). Utilizzando la definizione di cui sopra, abbiamo S = k 1 (1, 0, 0) + k 2 (0, 1, 0) k 1, k 2 R} = (k 1, k 2, 0) k 1, k 2 R}, che è l insieme di tutti i vettori di R 3 che hanno l ultima componente pari a zero. Si noti che questo insieme è un sottospazio vettoriale di R 3. Infatti, dato x = (k 1, k s, 0) e k R, abbiamo kx = (k k 1, k k 2, 0) che è ancora ovviamente un elemento di S perché ha la terza componente uguale a zero. Analogamente, se prendo due vettori in S, siano x = (k 1, k 2, 0) e x = (k 1, k 2, 0), abbiamo x + x = (k 1 + k 1, k 2 + k 2, 0) che è ancora elemento di S. Il fatto che S sia un sottospazio vettoriale non è un caso. È vero per tutti gli insiemi del tipo x 1,..., x m. Abbiamo dunque il seguente: Teorema. Siano x 1,..., x m vettori di R n. Allora x 1,..., x n è un sottospazio vettoriale di R n. Per questo motivo x 1,..., x m si chiama sottospazio vettoriale (o semplicemente spazio vettoriale) generato da x 1,..., x m. Il contrario è anche vero, ogni sottospazio vettoriale è generato da un certo numero (finito) di vettori. 3
Teorema. Sia S un sottospazio di R n. Allora esistono vettori x 1,..., x m tali che S = x 1,..., x m. Si dice allora che x 1,..., x m } è un insieme di generatori di S, o anche che x 1,..., x m generano S. Prendiamo per esempio l insieme S = (t, t) t R}. Si può verificare che S è un sottospazio di R 2 e che i suoi punti sono tutti e soli i punti della bisettrice del secondo e del quarto quadrante. Abbiamo che S è generato dal vettore (1, 1). Infatti (1, 1) = k 1 (1, 1) k 1 R} = (k 1, k 1 ) k 1 R} che è esattamente uguale alla definizione di S, tranne che per la sostituzione di t con k 1 che non è rilevante. 3.3 Generatori e basi Nel libro di testo il concetto di base è definito in maniera molto limitativa solo per R n. Qui vogliamo generalizzare il concetto ai sottospazi di R n. Torniamo di nuovo all esempio della sezione precedente, e consideriamo S = (1, 0, 0), (0, 1, 0) che sappiamo essere un sottospazio vettoriale di R 3. Chiaramente, per definizione, A = (1, 0, 0), (0, 1, 0)} è un insieme di generatori di S. Ma questa non è l unica scelta possibile. Anche B = (1, 1, 0), (1, 1, 0)} e C = (1, 0, 0), (0, 1, 0), (1, 1, 0)} sono insiemi di generatori di S. C è però una differenza importante tra A e B da una parte e C dall altra: C contiene degli elementi ridondanti. Se da C togliamo l ultimo elemento, otteniamo A, che sappiamo essere un insieme di generatori di S. Come facciamo a sapere in generale se ci sono elementi ridondanti in un insieme? Basta controllare se gli elementi dell insieme sono linearmente indipendenti (in questo caso non ci sono elementi ridondanti) oppure sono linearmente dipendenti (e in questo caso gli elementi ridondanti ci sono). A noi interessano solo quegli insiemi di generatori che non contengono elementi ridondanti. Questi insiemi di generatori li chiamiamo basi. Definizione. Dato S sottospazio vettoriale di R n, diciamo che l insieme dei vettori x 1,..., x m } è una base di S quando: 1. x 1,..., x m } genera S, ovvero S = x 1,..., x m ; 2. i vettori x 1,..., x m sono linearmente indipendenti. Quindi, nell esempio di prima, A e B sono basi di S, mentre C è un insieme di generatori di S ma non è una base. Notare che A e B hanno lo stesso numero di elementi. Questo non è un caso: Teorema. Dato S sottospazio vettoriale di R n, tutte le basi di S hanno lo stesso numero di elementi, che chiamiamo dimensione di S. La dimensione di R n è n. 4
4 Esercizi svolti Esercizio 2.2 (VIII) Il risultato del libro è sbagliato! Vediamo lo svolgimento dell esercizio. Siccome A = ( 100, 0], l insieme A C è formato dai numeri minori o uguali a 100 e dai numeri strettamente maggiori di 0, ovvero A C = (, 100] (0, + ) Analogamente l insieme D C è formato dai numeri minori o uguali a 3 e dai numeri maggiori o uguali a 100, ovvero D C = (, 3] [100, + ) Possiamo rappresentare A C e D C su un grafico come segue: -100 0 3 100 Il quadrato indica che lo 0 non è incluso. La soluzione è costituita da quei numeri reali che sono inclusi in A C e D C, ovvero Esercizio 2.17 A C D C = (, 100] (0, 3] [100, + ) D C AC Dati abbiamo f[g(x)] = f(x) = x 2, g(x) = f(1 x) se x 2 f(x) se x > 2 1 x, se x 2 x, se x > 2 = (1 x) 2 se x 2 x 2 se x > 2 Analogamente g[f(x)] = g(x 2 ) = 1 x 2, se x 2 2 x 2, se x 2 > 2 A questo punto, se risolvo la disequazione x 2 2, ottengo come soluzione 2 x 2. Chiaramente per tutti gli altri valori di x si ha x 2 > 2. Si arriva pertanto alla soluzione del libro 1 x 2, se 2 x 2 g[f(x)] = x 2, altrimenti 5