Ubaid ( ) Uruk ( ) Jemdet Nasr ( ) Proto-dinastico ( ) Accadico ( ) Ur III ( ) Babilonese antico

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Transcript:

Quello che troverete qui è il resoconto del giro di ricognizione di un intruso. Mi spiego. Nel 2011 mi venne chiesto di tenere due Tanner Lectures a Harvard. Ero lusingato, ma avevo appena finito un libro impegnativo e mi stavo godendo un momento di «lettura libera» senza uno scopo particolare. Cosa avrei potuto mettere insieme di interessante in soli quattro mesi? Stavo riflettendo alla ricerca di un tema fattibile quando mi vennero in mente le due conferenze inaugurali che negli ultimi vent anni avevo l abitudine di tenere a un corso di laurea sulle società agricole. Le conferenze riguardavano la storia della domesticazione e la struttura agraria degli stati antichi e, anche se nel tempo si erano evolute, ero consapevole di quanto fossero tristemente superate. Forse, pensai, potrei lanciarmi in un lavoro piú recente sulla domesticazione e gli stati antichi e almeno scrivere due conferenze che riflettano lo stato attuale della ricerca e siano piú utili ai miei perspicaci studenti. Non immaginavo che sorpresa mi stava aspettando! La preparazione delle conferenze ha sconvolto quello che credevo di sapere e mi ha messo di fronte a una grande quantità di dibattiti e nuove scoperte che, mi resi conto, avrei dovuto conoscere per rendere giustizia all argomento. Le conferenze vere e proprie, quindi, sono servite a registrare il mio stupore di fronte alla quantità di luoghi comuni che dovevano essere rimessi in discussione, piú che a tentare di mettere mano a questo riesame. Il mio ospite, Homi Bhabha, aveva scelto tre commentatori molto intelligenti Arthur Kleinman, Partha Chatterjee e Veena Das che, durante il seminario che seguí le conferenze, mi convinsero che i miei ragionamenti non erano nemmeno lontanamente pronti per fare il loro ingresso in pubblico: ho impie-

x gato cinque anni a mettere insieme una bozza ben argomentata e provocatoria, almeno secondo me. Questo libro è quindi il risultato del mio tentativo di scavare piú in profondità. Per molti versi è ancora il lavoro di un dilettante: sono un esperto in scienze politiche, un antropologo e ambientalista a titolo amichevole, ma per questa impresa ho dovuto lavorare ai confini tra preistoria, archeologia, storia antica e antropologia. Non ho nessuna particolare competenza in nessuno di questi campi e per questo mi meriterei di essere accusato di presunzione. La mia scusa che potrebbe non bastare a giustificarmi per aver fatto l intruso ha tre aspetti. Primo, il vantaggio dell ingenuità! A differenza di uno specialista, immerso nei serrati dibattiti propri del suo campo, ho iniziato a studiare la domesticazione delle piante e degli animali, la stanzialità, le prime concentrazioni di popolazione e gli stati antichi con gli stessi superficiali presupposti che chi di noi non ha prestato molta attenzione alle nuove conoscenze degli ultimi vent anni probabilmente darebbe per scontati. In questo senso, per scrivere un libro rivolto a un pubblico vittima degli stessi pregiudizi, la mia ignoranza, e la conseguente grande sorpresa di fronte a quanto di quello che pensavo di sapere fosse sbagliato, sono un vantaggio. Secondo, come consumatore ho fatto lo sforzo deliberato di capire le discussioni e le scoperte piú recenti in biologia, epidemiologia, archeologia, storia antica, demografia e storia ambientale pertinenti con l argomento di questo libro. E infine, la mia esperienza ventennale nel cercare di comprendere la logica del potere dello stato moderno (Seeing Like a State) cosí come le pratiche dei popoli non statali, in particolare nel Sudest asiatico, che fino a poco tempo fa sono riusciti a evitare di essere assorbiti dagli stati (The Art of Not Being Governed). Dunque questo progetto non intende essere originale: non crea nuova conoscenza ma vuole, al massimo, «unire i puntini» della conoscenza che già esiste in modi che potrebbero essere illuminanti o suggestivi. I sorprendenti progressi della nostra comprensione degli ultimi decenni hanno permesso di mettere radicalmente in discussione quello che pensavamo di sapere delle prime «civiltà» della piana alluvionale della Mesopotamia e di altri luoghi. Eravamo convinti (la maggior parte di noi, in ogni

xi caso) che la domesticazione delle piante e degli animali avesse condotto direttamente alla sedentarietà e all agricoltura stanziale. Si è scoperto però che la sedentarietà precede di molto le prove della domesticazione di piante e animali e che stanzialità e domesticazione esistevano almeno quattromila anni prima che apparisse qualcosa di simile ai villaggi agricoli. La sedentarietà e la prima apparizione delle città sono sempre state considerate effetti della pratica dell irrigazione e della fondazione degli stati. Si è scoperto invece che in genere entrambe sono il prodotto dell abbondanza offerta dalle terre umide. Pensavamo che sedentarietà e agricoltura avessero condotto direttamente alla formazione dello stato, ma al momento della fondazione dei primi stati, l agricoltura stanziale esisteva già da molto tempo. Si supponeva che l agricoltura fosse stata un grande passo avanti per l umanità, in termini di benessere, nutrizione e tempo libero dal lavoro, anche se all inizio fu il contrario. Lo stato e le antiche civiltà spesso erano considerati poli capaci di attrarre le persone per il lusso, la cultura e le opportunità che offrivano ma, in effetti, i primi stati erano costretti a catturare e trattenere gran parte della popolazione con la schiavitú ed erano tormentati dalle epidemie da affollamento. Gli stati antichi erano fragili e correvano facilmente il rischio di cadere, ma gli «anni bui» che seguivano spesso potevano segnare un vero e proprio miglioramento nel benessere delle persone. Infine, ci sono valide ragioni per credere che la vita al di fuori dello stato la vita dei «barbari» spesso fosse materialmente piú facile, libera e sana della vita all interno della civiltà, almeno per le classi non privilegiate. Non mi illudo che quello che ho scritto qui dica l ultima parola sulla domesticazione, sulla formazione dello stato antico o sulla relazione degli stati antichi con le popolazioni dei territori circostanti. Ho due obiettivi. Il primo, piú modesto, è condensare la migliore conoscenza che abbiamo di questi argomenti e poi suggerire che cosa questa conoscenza comporti per la formazione dello stato e le conseguenze umane ed ecologiche della forma dello stato. È un lavoro difficile e nel farlo ho provato a emulare lo standard stabilito per questo genere da autori come Charles Mann (1491) ed Elizabeth Kolbert (La sesta estinzione. Una storia innaturale). Il secondo

xii obiettivo, per cui le mie guide non hanno alcuna responsabilità, è trarre implicazioni piú ampie e suggestive, che immagino siano «buone da pensare». Suggerisco quindi che la domesticazione, nella sua accezione piú ampia di controllo sulla riproduzione, si possa applicare non solo al fuoco, alle piante e agli animali, ma anche agli schiavi, alle persone assoggettate allo stato e alle donne nella famiglia patriarcale. Propongo la tesi che i cereali abbiano caratteristiche uniche, tali da renderli quasi ovunque il principale bene tassabile, essenziale alla costruzione dello stato antico. Credo che abbiamo sottovalutato di molto l importanza delle malattie (infettive) da affollamento per la fragilità demografica dello stato antico. A differenza di molti storici, mi chiedo se i frequenti abbandoni dei centri dello stato antico non siano stati una benedizione per la salute e la sicurezza delle popolazioni, invece che l «epoca buia» che indica la caduta di una civiltà. E infine, mi chiedo se le popolazioni che rimasero al di fuori dei centri statali per millenni dopo la fondazione dei primi stati non siano rimaste lí (o non siano scappate lí) perché c erano condizioni migliori. Tutte le implicazioni che ho tratto dalla mia interpretazione delle testimonianze storiche e archeologiche vogliono essere provocazioni: il loro intento è stimolare ulteriori riflessioni e ricerche. Dichiaro in tutta franchezza quando sono rimasto a bocca aperta, cosí come provo a segnalare i casi in cui le prove sono deboli e mi avventuro nelle ipotesi. Una parola sui periodi storici e geografici è d obbligo. La mia attenzione si concentra quasi esclusivamente sulla Mesopotamia, in particolare sulla «piana alluvionale meridionale» a sud dell odierna Bassora. Il motivo è che questa zona tra il Tigri e l Eufrate (il paese di Sumer) è stata il centro dei primi stati «originari» del mondo anche se non è stato il luogo della prima sedentarizzazione, né delle prime coltivazioni domesticate e nemmeno dei primi agglomerati proto-urbani. L arco temporale che copro (a parte nel caso della storia profonda della domesticazione) va dal periodo della cultura di Ubaid, che inizia intorno al 6500 a.c., fino al periodo babilonese antico, che finisce intorno al 1600 a.c. Le suddivisioni convenzionali (qualche data piú antica è in discussione) sono:

xiii Ubaid (6500-3800) Uruk (4000-3100) Jemdet Nasr (3100-2900) Proto-dinastico (2900-2335) Accadico (2334-2193) Ur III (2112-2004) Babilonese antico (2004-1595) La gran parte delle prove che porto a sostegno delle mie tesi riguarda il periodo dal 4000 al 2000 a.c. perché è il periodo chiave per la formazione dello stato e il punto su cui si concentra la maggior parte della ricerca storica esistente. A volte faccio qualche breve riferimento ad altri stati antichi, come le dinastie Qin e Han in Cina, l antico Egitto, la Grecia classica, la Repubblica e l Impero romano e l antica civiltà Maya del Nuovo Mondo. Lo scopo di queste digressioni è fare delle triangolazioni nel caso le prove trovate in Mesopotamia siano deboli o controverse, per poi formulare ipotesi plausibili in base al confronto. Questo vale in particolare per il ruolo del lavoro coatto negli stati antichi, l importanza delle malattie nella caduta dello stato, le conseguenze della caduta e, infine, la relazione tra stati e «barbari».