PREVENZIONE DEL DIABETE DI TIPO 1 Emanuele Bosi* La prevenzione del diabete di tipo 1 è un obiettivo ambizioso, ma non irrealistico. Da oltre 20 anni sappiamo che il diabete di tipo 1 è una malattia cronica autoimmune caratterizzata da una lunga fase di incubazione asintomatica, identificabile per la presenza in circolo di autoanticorpi contro antigeni delle isole pancreatiche. L' accurata predizione ottenibile mediante l'utilizzo combinato di marcatori genetici, anticorpali e metabolici definisce lo stato attuale di avanzamento della ricerca in questo campo. Al momento sono in corso numerosi studi di prevenzione primaria (antecedenti alla comparsa del processo autoimmune), secondaria (nei soggetti asintomatici con autoanticorpi) e terziaria (per la preservazione della funzione residua all'esordio della malattia). L' esigenza di ottenere risultati non equivoci in questa difficile materia ha imposto come necessità la conduzione degli studi di intervento su base multicentrica da parte di estesi consorzi internazionali al fine di potere disporre di massa critica, potenza statistica, tempo di osservazione e finanziamenti adeguati. Ministero o della Salute - area editoriale Parole chiave: diabete di tipo 1; prevenzione; screening; autoimmunità; immunoterapie La predizione come presupposto alla prevenzione del diabete di tipo 1 La acquisita capacità di identificare i soggetti durante la fase preclinica mediante screening genetico e autoanticorpale e di predirne con elevata accuratezza la possibile evoluzione a malattia rappresenta il maggiore avanzamento della ricerca sulla patogenesi del diabete di tipo 1 degli ultimi anni. Da oltre 20 anni sappiamo che il diabete di tipo 1 è una malattia cronica autoimmune che si sviluppa su un terreno di predisposizione genetica, caratterizzata da una lunga fase di incubazione e come tale, almeno in teoria, suscettibile di prevenzione (1). Le fondamentali e recenti acquisizioni sulla storia naturale del diabete di tipo 1 hanno consentito di meglio definire e ottimizzare le strategie di screening per la predizione della malattia. Grazie a studi prospettici come il BABYDIAB (2), DPP (3) e DAISY (4), eseguiti in soggetti ad elevato rischio di sviluppare il diabete di tipo 1 seguiti sin dalla nascita con prelievi di sangue ad intervalli regolari, oggi sappiamo che il processo di autoimmunità non è congenito, ma viene acquisito molto precocemente, nella maggioranza dei casi in età compresa tra 1 e 4 anni. Queste acquisizioni sulle fasi precoci del processo autoimmune, unitamente a quelle relative alla sua *Medicina Generale, Diabetologia ed Endocrinologia Università Vita-Salute e Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele Milano.
successiva maturazione, rappresentano i presupposti teorici per definire le strategie di prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Prevenzione primaria Per prevenzione primaria si intende quella da realizzarsi in epoca antecedente allo sviluppo del processo autoimmune, sostanzialmente in età neonatale o comunque non oltre il primo anno. Qualunque genere di prevenzione primaria deve necessariamente fondarsi su uno screening genetico, rappresentato dalla familiarità per la malattia (esempio figli di genitori con diabete di tipo 1) o dalla presenza di alleli HLA ad elevato rischio, come DR3 (DQB1 0302) e DR4 (DQB1 0201). Una prevenzione primaria efficace dovrebbe riconoscere e rimuovere i fattori ambientali responsabili dell'induzione della risposta autoimmune nei soggetti geneticamente a rischio. Questi fattori purtroppo continuano a rimanere non identificati, anche se alcune recenti osservazioni hanno apportato alcuni elementi utili al disegno di interventi di prevenzione. L'attenzione di molti ricercatori si è focalizzata sugli antigeni alimentari contenuti nei cereali (5, 6) o nel latte vaccino (7), la cui rimozione o posticipazione in termini di introduzione nella alimentazione potrebbe rappresentare uno strumento di prevenzione. Alcuni di questi interventi sono stati realizzati in forma di studi pilota, come nel caso del latte idrolizzato (8), o sono in corso di realizzazione nell'ambito di studi estesi come il TRIGR (http://trigr.epi.usf.edu/), sempre basato sulla somministrazione di latte idrolizzato, o il BABYDIET, basato sulla posticipazione dell'introduzione del glutine con la dieta (9). Prevenzione secondaria La prevenzione secondaria è quella che interviene a processo autoimmune già avviato e si applica a soggetti identificati come positivi allo screening per autoanticorpi a specificità insulare, comprendenti gli anticorpi contro insulina (IAA), glutamato decarbossilasi (GADA) e protein-tirosin-fosfatasi IA-2; a questi si possono aggiungere gli ICA, marcatori storici del diabete di tipo 1 determinati in immunofluorescenza indiretta su sezioni criostatiche di pancreas (10). La capacità di predizione del futuro sviluppo del diabete di tipo 1 sulla base della misurazione combinata di questi marcatori, e dalla successiva caratterizzazione metabolica mediante carico endovenoso di glucosio, è oggi molto elevata, consentendo una valutazione del rischio estremamente accurata (11). Numerosi studi di intervento di prevenzione secondaria sono stati realizzati, in alcuni casi ottenendo anche risultati interessanti come ad esempio mediante la rimozione del glutine dalla dieta (12), ma la maggior parte di questi soffriva della limitazione della inadeguata dimensione della popolazione investigata o di un insufficiente follow-up. Al fine di ovviare a queste problematiche, si sono creati dei consorzi estesi a numerosi centri con l'obiettivo di creare la massa critica necessaria allo svolgimento di studi con base multicentrica in grado di rispondere ai quesiti di efficacia di un determinato intervento. Il maggiore di questi studi è stato il DPT-1 (Diabetes Prevention Trial 1): patrocinato dagli NIH, si è svolto in USA e Canada ed ha tratto origine dallo screening per anticorpi in oltre 100.000 familiari di pazienti con diabete di tipo 1 e prevedeva come strumento di prevenzione la somministrazione di insulina per via parenterale nei soggetti a più elevato rischio (>50% entro 5 anni) o per via orale nei soggetti a rischio intermedio (26-50%). Il razionale risiedeva nella possibile induzione di tolleranza nei riguardi di un autoantigene importante come l' insulina. Sono stati randomizzati e seguiti per 5 anni 339 soggetti nel braccio di somministrazione parenterale di insulina (13) e 372 nel braccio di somministrazione orale di insulina (14): purtroppo, nessuno dei due trattamenti è risultato efficace in termini di prevenzione, anche se un ritardo nella progressione verso il diabete è stato osservato in un sottogruppo di soggetti con elevati titoli di IAA trattati con l'insulina orale. In Europa è stato realizzato lo studio ENDIT
(European Nicotinamide Diabetes Intervention Trial) che, partendo da uno screening anticorpale di oltre 50.000 familiari di primo grado, ha arruolato nel trattamento con Nicotinamide o placebo 552 soggetti per un follow-up di 5 anni; i risultati hanno tuttavia dimostrato la inefficacia della Nicotinamide in termini di ritardo della progressione verso il diabete (15). Prevenzione terziaria La prevenzione terziaria si identifica nella preservazione della funzione beta-cellulare residua ancora presente all'esordio della malattia e può realizzarsi mediante interventi, per lo più di immunosoppressione o immunomodulazione, a partire dal momento della diagnosi clinica di diabete di tipo 1. I migliori risultati in questo genere di trattamenti sono quelli ottenuti intorno alla fine degli anni ottanta con la ciclosporina (16), successivamente abbandonata a causa della transitorietà dei benefici (17) e degli effetti indesiderati associati (18). Negli anni seguenti nessuno dei numerosi altri trattamenti proposti ha ottenuto risultati apprezzabili; soltanto di recente, le incoraggianti esperienze ottenute con l'impiego di anticorpi monoclonali anti-cd3 in due studi, uno condotto in USA (19) e un altro in Europa (20), hanno rivitalizzato l'interesse in questo tipo di interventi. L' esigenza di ottenere risultati non equivoci in questa difficile materia ha imposto come necessità la conduzione degli studi di intervento su base multicentrica da parte di estesi consorzi internazionali al fine di potere disporre di massa critica, potenza statistica, tempo di osservazione e finanziamenti adeguati. Ne è esempio, oltre al già menzionato TRIGR, TrialNet (www.diabetestrialnet.org/), un network finanziato dai NIH e da altre agenzie come JDRF (Juvenile Diabetes Research Foundation) che ha ereditato la rete che aveva realizzato il DPT-1 ed è composto da 18 Centri, di cui 13 in USA e 5 internazionali, ognuno dei quali a propria volta al centro di reti regionali o nazionali di altri centri satelliti e affiliati. Scopo di TrialNet è la conduzione di campagne di screening e di studi di intervento di prevenzione del diabete di tipo 1. Al momento sono in fase di realizzazione o imminente avvio: uno studio di prevenzione primaria mediante supplementazione di acidi grassi omega 3 nelle gestanti di bambini potenzialmente a rischio o negli stessi bambini entro i primi due anni di vita; uno studio di prevenzione secondaria ancora basato sulla somministrazione orale di insulina; studi rivolti alla preservazione della funzione beta cellulare residua basati sulla somministrazione di farmaci immunosoppressori o immunomodulatori come il micofenolato somministrato da solo o associato ad anticorpi anti- CD25, e gli anticorpi anti-cd20; allo studio anche la possibilità di stimolare la ricrescita della massa beta-cellulare utilizzando i nuovo farmaci analoghi del GLP-1 Le prospettive future
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