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SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI. Successioni di funzioni Sia {f n } una successione di funzioni in C ([, ]; R), ovvero tale che f n è una funzione continua per ogni n in N. Supponiamo di sapere che, per ogni x in [, ], esiste un numero reale f(x) tale che f(x) = n(x), n + ovvero si ha che f n converge puntualmente a f. Sotto quali condizioni la funzione f è, a sua volta, continua? Osserviamo che il problema appena posto è un problema di scambio di iti ; infatti, la continuità di una funzione è definita tramite un ite, e quindi ci stiamo chiedendo se valga la seguente uguaglianza: [ f n(x)] =? [ f n (x)]. x x n + n + x x Infatti, espandendo le parentesi quadre, ed usando la continuità di f n, tale uguaglianza si riscrive x x f(x)? = n + f n(x ) = f(x ). Ora, lo scambio di iti non è sempre possibile, ed anche quando è possibile non necessariamente le proprietà possedute da f n per ogni n sono conservate dal ite f. Esempio.. Consideriamo la successione a n,m = n n + m, n, m N. Allora si ha a n,m =, a n,m =, m + n + e quindi = [ a n,m] [ a n,m] =. n + m + m + n + Osserviamo poi che, per ogni n fissato, la successione a n,m appartiene ad l, dato che m= n (n + m) = n m= (n + m) = n m=n+ m < +,

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI ma che la successione ite puntuale ottenuta tenendo fermo m e facendo tendere n a più infinito è a,m = a n n,m = n + n + n + m =, m N, e dunque non appartiene ad l. In questo caso, lo scambio di iti che non possiamo effettuare è tra ( n + k + k m= n ) (n + m) e ( k [ k + m= n + n ]). (n + m) Consideriamo ora f n (x) = x n per x in [, ]; si vede facilmente che f n converge puntualmente a { f(x) = f se x <, n(x) = n + se x =, che non è una funzione continua. scambio tra In questo caso, non è permesso operare lo [ f n(x)] = =, e [ f n(x)] = =. x n + x n + x n + Infine, tanto per gradire, consideriamo la successione di funzioni data da: n x se x, n f n (x) = n n x se < x, n n se < x. n n area = n n Si vede facilmente che f n (x) converge puntualmente a zero, ed in questo caso lo scambio di iti che non si può fare è quello tra il ite dell integrale di f n, e

l integrale del ite di f n : si ha, infatti, n + SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 3 f n (x) dx = =, e n + [ f n(x)] dx = dx =. n + Anche questo è uno scambio di ite se si pensa all integrale come ite delle somme integrali per eccesso e per difetto. Se l esempio precedente mostra come la convergenza puntuale non sia sufficiente per il passaggio al ite sotto il segno di integrale, il prossimo mostra come neanche la proprietà di essere integrabile passa al ite puntuale. Sia infatti {x n } = Q [, ] un enumerazione dei razionali in [, ] (che sappiamo esistere essendo i razionali numerabili), e definiamo, per n in N, { se x {x,..., x n }, f n (x) = altrimenti. Chiaramente, ognuna delle f n è integrabile secondo Riemann, dato che ha un numero finito di punti di discontinuità, ed ha integrale nullo. Il ite puntuale, però, non è integrabile essendo la funzione di Dirichlet { se x [, ] Q, D(x) = se x [, ]\Q. L ultimo esempio è abbastanza complicato, perché ha bisogno di un enumerazione dei razionali. Il prossimo, invece, permette di costruire la funzione di Dirichlet come ite di una successione di funzioni più esplicita. Sia infatti n in N e definiamo la funzione (integrabile secondo Riemann perché discontinua solo in un numero finito di punti) { se n! x è un intero, f n (x) = altrimenti. Sia ora x razionale in [, ]; allora x = p/q, e quindi n! x = n! p/q è un intero per ogni n q. Pertanto, f n (x) = per ogni n q, e quindi x [, ] Q = n + f n(x) =. Se, invece, x non è razionale, allora n! x non è mai intero (se lo fosse, essendo n! un intero, x sarebbe razionale). Pertanto, f n (x) = per ogni n in N se x è irrazionale, e quindi x [, ]\Q = n + f n(x) =, e dunque f n (x) converge puntualmente alla funzione di Dirichlet.

4 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Negli ultimi esempi una delle proprietà della successione si perde nel passaggio al ite puntuale: l appartenenza ad l, la continuità, l avere integrale pari ad, e l integrabilità. Sappiamo già che in l p un modo di passare da convergenza componente per componente a convergenza in l p consiste nell aggiungere un controllo uniforme sulla successione (si veda il teorema di convergenza dominata in l p ). Cosa dobbiamo aggiungere alla convergenza puntuale per far sì che la continuità si conservi? E l integrale? E l integrabilità? Fortunatamente, ed almeno per la continuità, abbiamo già una risposta (anche se era nascosta all interno di una dimostrazione...). Teorema.. Sia {f n } una successione in C ([a, b]; R) convergente, in distanza d, ad una funzione f. Allora f è continua. Dimostrazione. Ripetiamo qui, per completezza, la dimostrazione già vista. Innanzitutto, dire che f n converge a f in d vuol dire che [ sup f n (x) f(x) ] =, n + x [a,b] da cui segue facilmente la convergenza puntuale di f n ad f dato che f n (x) f(x) sup f n (x) f(x) = d (f n, f). x [a,b] Sia ora {x n } una successione contenuta in [a, b] e convergente ad x (che appartiene ad [a, b]); vogliamo dimostrare che f(x n) = f(x ). n + Usando la disuguaglianza triangolare, si ha f(x n ) f(x ) f(x n ) f m (x n ) + f m (x n ) f m (x ) + f m (x ) f(x ), da cui segue che f(x n ) f(x ) f m (x n ) f m (x ) + d (f m, f). Se facciamo tendere n ad infinito, tenendo m fisso, dalla continuità di f m (e dal teorema ponte) segue che inf f(x n) f(x ) sup f(x n ) f(x ) d (f m, f). n + n + Facendo tendere m ad infinito si ottiene inf n + f(x n) f(x ) sup n + f(x n ) f(x ), da cui segue n + f(x n) f(x ) =,

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 5 e dunque la continuità di f. Definizione.3. Una successione f n di funzioni si dice uniformemente convergente ad una funzione f se d (f n, f) =. n + Il teorema precedente può dunque essere riformulato così: il ite uniforme di una successione di funzioni continue è continuo. Quali altre proprietà si conservano per convergenza uniforme? Teorema.4. Sia {f n } una successione di funzioni in C ([a, b]; R) uniformemente convergente ad f. Allora n + b a f n (x) dx = b a f(x) dx. Dimostrazione. Innanzitutto, essendo f n una successione di funzioni continue, anche f è una funzione continua, e dunque integrabile. Inoltre, b b b f n (x) dx f(x) dx f n (x) f(x) dx e quindi b a a f n (x) dx b a a f(x) dx b a a d (f n, f) dx = (b a) d (f n, f). La tesi segue allora dal fatto che d (f n, f) tende a zero e dal teorema dei carabinieri. Osservazione.5. Si noti che nella dimostrazione del teorema abbiamo usato oltre alla convergenza uniforme anche il fatto che l intervallo [a, b] fosse itato. Se, invece, l intervallo non è itato, non è più vero che in presenza di convergenza uniforme si può passare al ite sotto il segno di integrale. Per vederlo, definiamo { se x n, f n (x) = n se x > n. Si vede facilmente che f n (x) converge puntualmente a f(x), ed anche uniformemente, dato che d (f n, ) = sup x f n (x) = n. D altra parte, + f n (x) dx = n n =, + f(x) dx =,

6 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI e quindi non c è convergenza degli integrali. Il teorema di passaggio al ite sotto il segno di integrale in presenza di convergenza uniforme può essere migliorato: anche l integrabilità secondo Riemann si conserva passando al ite uniforme. Teorema.6. Sia {f n } una successione di funzioni integrabili (secondo Riemann) su [a, b], ed uniformemente convergente ad f. Allora f è integrabile secondo Riemann su [a, b] e si ha n + b a f n (x) dx = b a f(x) dx. Alla dimostrazione del teorema premettiamo un lemma. Lemma.7. Siano f e g due funzioni itate da [a, b] in R. Allora, per ogni partizione P di [a, b] si ha S(f, P) S(g, P) + (b a) d (f, g), S(f, P) S(g, P) (b a) d (f, g). Dimostrazione. Per definizione di d (f, g) si ha g(x) d (f, g) f(x) g(x) + d (f, g), x [a, b], da cui segue immediatamente che, per ogni [α, β] [a, b] si ha inf g(x) d (f, g) inf f(x) sup f(x) sup g(x) + d (f, g). x [α,β] x [α,β] x [α,β] x [α,β] Pertanto, se P = {a = x < x <... < x n = b} è una partizione di [a, b], si ha (ad esempio) (x k+ x k ) sup x [x k,x k+ ] f(x) (x k+ x k ) Sommando per k da ad n si ottiene sup x [x k,x k+ ] S(f, P) S(g, P) + (b a) d (f, g), g(x) + (x k+ x k ) d (f, g). che è una metà della tesi; la disuguaglianza per le somme inferiori si dimostra analogamente. Dimostrazione del Teorema.6. Per il lemma precedente, che si può applicare perché f n è itata essendo integrabile, e f è itata essendo ite uniforme di funzioni itate, si ha, per qualsiasi partizione P di [a, b], e S(f, P) S(f n, P) + (b a) d (f n, f), S(f, P) S(f n, P) (b a) d (f n, f).

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 7 Fissato ε >, sia n ε in N tale che n n ε implica d (f n, f) < ε. In particolare, abbiamo che d (f nε, f) < ε. Ora, essendo f nε integrabile, per lo stesso ε > fissato in precedenza esiste una partizione P ε di [a, b] tale che Pertanto, S(f nε, P ε ) S(f nε, P ε ) < ε. S(f, P ε ) S(f, P ε ) S(f nε, P ε ) S(f nε, P ε ) + (b a)d (f nε, f) < C ε. In sostanza, fissato ε >, abbiamo trovato una partizione P ε di [a, b] tale che S(f, P ε ) S(f, P ε ) < C ε, e quindi f è integrabile secondo Riemann. Una volta dimostrato che f è integrabile, il passaggio al ite sotto il segno di integrale si dimostra come nella dimostrazione del Teorema.4. Una volta sistemate la continuità e l integrabilità, che possiamo dire della derivabilità? In questo caso, come si vedrà, la convergenza uniforme non è sufficiente a conservarla (che non lo sia la convergenza puntuale, è evidente dato che non conserva la continuità, che è condizione necessaria per la derivabilità). Esempio.8. Sia, per x in [, ], f n (x) = x + n. Si vede facilmente che f n è derivabile (con derivata continua), e che il ite puntuale di f n è f(x) = x, cosicché è sufficiente dimostrare che la convergenza di f n a f è uniforme per dimostrare che la derivabilità non si conserva. Consideriamo allora f n (x) f(x) = x + n x, che è una funzione positiva, e calcoliamone il massimo in [, ]; dal momento che f n f è una funzione pari, è sufficiente studiarla in [, ]; osserviamo che f n(x) f x (x) =. x + n Si vede facilmente che f n f è sempre negativa, e quindi la funzione f n f è decrescente; pertanto, max f n (x) f(x) = max (f n (x) f(x)) = f n () f() = x [,] x [,] n, e quest ultimo risultato dimostra che la convergenza è uniforme.

8 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Per ottenere che la funzione ite è derivabile, si devono fare delle ipotesi più forti sulla convergenza. Teorema.9. Sia {f n } una successione di funzioni in C ([a, b]; R) tale che f n converge uniformemente ad una funzione g, ed esiste x in [a, b] tale che f n (x ) converge ad un numero reale y. Allora esiste una funzione f in C ([a, b], R) tale che f n converge uniformemente ad f, e si ha f = g. Dimostrazione. Essendo f n delle funzioni continue e derivabili con derivate continue, possiamo applicare ad ognuna di esse il teorema fondamentale del calcolo: f n (x) = f n (x ) + x x f n(t) dt, x [a, b]. Siccome f n (x ) converge ad y, e la convergenza delle derivate prime è uniforme, si può passare al ite nel secondo membro dell identità precedente per dimostrare che, se definiamo f(x) = y + x x g(t) dt, x [a, b], allora si ha f n(x) = f(x), x [a, b]. n + Osserviamo innanzitutto che, essendo per ipotesi g continua, grazie al teorema fondamentale del calcolo, f appartiene a C ([a, b]; R) ed è tale che f (x) = g(x) per ogni x in [a, b]. Inoltre, x f n (x) f(x) f n (x ) y + f n(t) g (t) dt, da cui si ottiene f n (x) f(x) f n (x ) y + x x x d (f n, g) dt = f n (x ) y +(b a)d (f n, g ). Siccome l ultima disuguaglianza è vera per ogni x in [a, b], si ha d (f n, f) f n (x ) y + (b a)d (f n, g ), da cui segue la convergenza uniforme di f n ad f usando le ipotesi. Ricordando la definizione di distanza in C ([a, b]; R): d C (f, g) = f(x ) g(x ) + d (f, g ), il risultato del Teorema.9 si può riformulare così: se f n è una successione di funzioni in C ([a, b]; R) che converge ad f in d C, allora f è in C ([a, b]; R).

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 9 Osservazione.. Anche per il Teorema.9, dimostrato applicando il Teorema.4, si è usato il fatto che l intervallo di definizione delle f n è itato. Se l intervallo non è itato, possiamo solo concludere che f n (x) converge puntualmente ad f(x), e che f è una funzione di classe C, ma non che la convergenza di f n ad f è uniforme, fatto che in generale è falso. Ad esempio, sia g n la successione di funzioni definita da { se n x n+, g n (x) = n se x < n o se x > n. Dal momento che l estremo superiore di g n su [, + ) è n, g n converge uniformemente a zero. Se definiamo x se x < n, x f n (x) = g n (t) dt = n se n x n+, n se x > n, abbiamo che f n converge puntualmente a zero (che è l integrale del ite uniforme delle g n ), ma non uniformemente dato che sup f n (x) =, n N. x [,+ ) Osservazione.. Come abbiamo visto, la convergenza puntuale non è sufficiente per la convergenza degli integrali. Ancora meno sufficiente (se possibile) è il viceversa, ovvero l implicazione tra convergenza degli integrali e convergenza puntuale. Per vedere questo fatto, sia n in N; allora esistono (e sono unici) m in N e k in {,..., m } tali che n = m + k. Ad esempio, = +, 5 = +, 3649 = + 6, eccetera. Definiamo allora { se k x k+, f n (x) = f m +k(x) m m altrimenti in [, ]. 4 4 3 4 3 4 8

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Si vede facilmente che f n (x) dx = f m +k(x) dx = m, e siccome m = [log (n)] diverge quando n diverge, l integrale di f n tende a zero. D altra parte, per ogni x in [, ], f n (x) assume infinite volte il valore zero, ed infinite volte il valore (), e quindi non c è convergenza puntuale in alcun punto. Si noti tuttavia che esiste almeno una sottosuccessione (), ad esempio {f m}, che tende a zero puntualmente in (, ]. Esercizio.. Sapreste dire per quali valori di n la successione {f n (/3)} dell esempio precedente vale? E se x in (, ) è un punto generico?.. Quando si ha convergenza uniforme? Abbiamo visto nel paragrafo precedente che proprietà come continuità ed integrabilità si conservano in presenza di convergenza uniforme (mentre si perdono per convergenza puntuale). Siamo in grado di dare condizioni sufficienti su una successione di funzioni affinché la convergenza sia uniforme? Una prima condizione l abbiamo già incontrata: se {f n } è una successione di funzioni in L([a, b]; R) che sia di Cauchy in d, allora (essendo lo spazio completo), f n converge uniformemente ad una funzione f. Il problema con questo risultato è che la verifica della condizione di Cauchy è altrettanto ardua della verifica della convergenza uniforme (anche se prescinde dal calcolo del ite puntuale), per cui il criterio appena citato non è di facile applicazione. Un secondo criterio chiede delle ipotesi aggiuntive sulla successione di funzioni. Teorema.3 (Piccolo teorema del Dini). Sia {f n } una successione di funzioni in C ([a, b]; R) tale che f n (x) f n+ (x), n N, x [a, b]. Supponiamo inoltre che sia continua la funzione f(x) = f n(x), x [a, b] n + (si noti che il ite esiste perché la successione {f n (x)} è monotona crescente). Allora f n converge uniformemente ad f. Analogo risultato vale se la successione f n è monotona decrescente. () Ad esempio, f n () = {,,,,,,,,,,,,,,,,...}. () In realtà parecchie...

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che f n non converga uniformemente ad f, ovvero che d (f n, f) non tenda a zero quando n diverge. Pertanto, esiste ε > tale che la disuguaglianza d (f n, f) ε non è verificata definitivamente, ovvero, esiste ε > tale che per ogni k fissato in N esistono infiniti indici naturali h, maggiori di k, per i quali si abbia d (f h, f) ε; in particolare, per ogni k in N esiste almeno un numero naturale h = h(k) > k tale che d (f h(k), f) ε. Per definizione di d, possiamo allora dire che esiste ε > tale che k N h(k) > k, x k [a, b] : f h(k) (x k ) f(x k ) ε. Ricordando che f f n per ogni n, possiamo riscrivere l affermazione precedente dicendo che esiste ε > tale che k N h(k) > k, x k [a, b] : f(x k ) f h(k) (x k ) ε. Dal momento che la successione {f n } è monotona crescente, si ha f h(k) (x k ) f j (x k ) per ogni j h(k), cosicché esiste ε > tale che k N h(k) > k, x k [a, b] : f(x k ) f j (x k ) ε, j h(k). Osserviamo ora che {x k } è contenuta nell insieme compatto [a, b], e quindi (per Bolzano- Weierstrass) ammette una sottosuccessione {x ki } convergente ad x in [a, b]. Dal momento che si ha f(x ki ) f j (x ki ) ε, j h(k i ), passando al ite su i, usando la continuità sia di f che di f j, e osservando che h(k i ) diverge, abbiamo f(x ) f j (x ) ε, j N. Facendo tendere j ad infinito, si ottiene l assurdo: e quindi la tesi. = f(x ) f(x ) ε, Analogo risultato vale se alla convergenza monotona della successione f n sostituiamo la monotonia della funzione f n, per ogni n. Teorema.4. Sia {f n } una successione di funzioni definite su [a, b] e crescenti. Supponiamo che f n converga puntualmente ad una funzione f, continua su [a, b]. Allora la convergenza di f n a f è uniforme. Analogo risultato vale se le funzioni sono monotone decrescenti. Dimostrazione. Fissato ε >, sia δ ε > il valore dato dall essere f uniformemente continua; sia poi h in N, con h > (b a)/δ ε, e consideriamo una partizione di [a, b] in h parti uguali: x = a < x <... < x h < x h = b, x j = a + b a h j. Essendo f uniformemente continua, e siccome l ampiezza degli intervalli [x j, x j ] è minore di δ ε per costruzione, si ha f(x) f(y) ε, x, y [x j, x j ], j =,..., h.

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Dal momento che f n (x) converge puntualmente a f(x) per ogni x, esiste n in N tale che n n = f n (x j ) f(x j ) ε, j =,..., h. Sia ora j fissato e x in [x j, x j ]; dal momento che le f n sono monotone crescenti, si ha f n (x j ) f n (x) f n (x j ), x [x j, x j ], da cui segue, osservando che anche f è crescente, f n (x j ) f(x j ) f n (x j ) f(x) f n (x) f(x) f n (x j ) f(x) f n (x j ) f n (x j ), per ogni x in [x j, x j ]. Da queste disuguaglianze segue allora f n (x) f(x) f(x j ) f(x j ) ε, n n, x [x j, x j ], cosicché sup x [x j,x j ] f n (x) f(x) ε, n n, e la disuguaglianza precedente vale per ogni j tra e h. Ma allora, per ogni n n si ha ( ) d (f n, f) = sup f n (x) f(x) = max sup f n (x) f(x) x [a,b] j h x [x j,x j ] ε, da cui segue la tesi. Esempio.5. La successione f n (x) = x n definita su [, ] non soddisfa né le ipotesi del Teorema.3, né le ipotesi del Teorema.4. Infatti, pur se è vero che la successione f n decresce al suo ite puntuale, ed è fatta di funzioni monotone crescenti, il ite puntuale non è continuo (e dunque nessuno dei due teoremi si può applicare). Se restringiamo l intervallo passando a [, ), il ite è la funzione nulla (che è continua), ma nessuno dei due teoremi si può applicare perché l intervallo di definizione non è più un compatto. Se, invece, restringiamo ulteriormente l intervallo considerando [, a] con a <, entrambi i teoremi si applicano (ed infatti la convergenza è uniforme, come si verifica facilmente a mano ). Un ulteriore risultato sulla convergenza uniforme o meglio sull esistenza di una sottosuccessione uniformemente convergente verrà enunciato (ed anche dimostrato...) più avanti, quando si affronterà il problema della caratterizzazione degli insiemi a chiusura compatta in C ([a, b]; R)... Quando non si ha convergenza uniforme? Alle volte può essere utile dimostrare (senza fare troppi calcoli) che una successione di funzioni converge puntualmente ma non uniformemente. Ovviamente, se le f n sono continue ed il ite puntuale non lo è, la convergenza non può essere uniforme, ma cosa si può dire se, invece, il ite puntuale è continuo? In questi casi, torna utile (una conseguenza de) il seguente risultato.

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 3 Teorema.6. Sia {f n } una successione di funzioni continue su [a, b], uniformemente convergente ad una funzione f, e sia {x n } una successione convergente ad x in [a, b]. Allora f n(x n ) = f(x ). n + Dimostrazione. Grazie alla disuguaglianza triangolare si ha f n (x n ) f(x ) f n (x n ) f(x n ) + f(x n ) f(x ) d (f n, f)+ f(x n ) f(x ). Dal momento che f n converge uniformemente a f, per ogni ε > esiste n ε, in N tale che n n ε, implica d (f n, f) ε. D altra parte, essendo f continua (come ite uniforme di funzioni continue), per ogni ε > esiste n ε, in N tale che n n ε, implica f(x n ) f(x ) ε. Pertanto, se n max(n ε,, n ε, ) si ha f n (x n ) f(x ) ε, il che dimostra che {f n (x n )} tende a f(x ). Si può allora ottenere un criterio di non convergenza uniforme : se si riesce a trovare una successione {x n } convergente ad x, e tale che f n (x n ) non converge a f(x ), allora la convergenza di f n a f non è uniforme. Ad esempio, la successione f n (x) = x x + ( nx), che converge puntualmente a f(x) in [, ], non vi converge uniformemente dato che ) n( f = n + n = = f(). n +.3. Serie di funzioni. Un caso particolare di successioni di funzioni di cui considerare la convergenza, è quello delle serie di funzioni. Data una successione {f n } di funzioni definite su un insieme A, consideriamo la successione di funzioni ( somme parziali ) S n (x) = f k (x), x A. k= Diremo, in analogia a quanto detto precedentemente, che la serie converge puntualmente se esiste una funzione S(x) tale che S n converge puntualmente ad S, e che la serie converge uniformemente se la convergenza di S n ad S è uniforme. Dai risultati dimostrati in precedenza, discende il seguente teorema. Teorema.7. Sia {f n } una successione di funzioni in C ([a, b]; R) tale che S n converge uniformemente ad S; allora S è continua; se {f n } è una successione di

4 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI funzioni integrabili secondo Riemann su [a, b] la cui serie converge uniformemente ad una funzione S, allora S è integrabile secondo Riemann su [a, b] e si ha b a S(x) dx = b k= a f k (x) dx, ovvero possiamo scambiare l operazione di integrale con quella di serie. Infine, se le funzioni f n appartengono a C ([a, b]; R), esiste x in [a, b] tale che la serie di termine generico f n (x ) converge, e la serie delle derivate prime converge uniformemente, allora la serie di termine generico f n converge uniformemente, la somma S(x) della serie è derivabile, e la derivata di S(x) è la somma della serie delle derivate. Si noti che se f n (x) per ogni n in N e per ogni x in [a, b], allora la successione delle somme parziali converge crescendo a S(x); pertanto, se S(x) è una funzione continua, la convergenza di S n a S è uniforme grazie al piccolo teorema del Dini. Il problema della convergenza uniforme per una serie di funzioni consiste essenzialmente nel fatto che a meno di casi eccezionali non è possibile calcolare esplicitamente la somma S(x) della serie, cosicché la definizione di convergenza uniforme è poco maneggevole. È vero che, usando la completezza dello spazio C ([a, b]; R), è sufficiente dimostrare che la successione S n è di Cauchy per dimostrare che è uniformemente convergente, ma in ogni caso sarebbe comoda una definzione di convergenza per serie di funzioni che sia più facile da verificare da un lato, è implichi la convergenza uniforme dall altro. Definizione.8. Sia {f n } una successione di funzioni in L([a, b]; R). La serie di funzioni di termine generico f n si dice totalmente convergente se si ha k= sup f k (x) = M < +. x [a,b] Teorema.9. Sia {f n } una successione di funzioni in L([a, b]; R) la cui serie converga totalmente. Allora la serie converge uniformemente. Dimostrazione. Dimostriamo innanzitutto che la serie converge puntualmente, dimostrando che, per ogni x in [a, b], la serie di termine generico f k (x) converge assolutamente. Infatti, dal momento che si ha f k (x) sup f k (x), x [a,b]

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 5 il risultato segue dal criterio del confronto per serie a termini positivi. Possiamo allora definire Essendo S(x) S(x) = k= k= f k (x) f k (x), x [a, b]. k= sup f k (x) = M < +, x [a,b] abbiamo che S è itata su [a, b] e dunque appartiene a L([a, b]; R). Ha dunque senso calcolare d (S n, S) = sup f k (x) f k (x) = sup f k (x). x [a,b] x [a,b] Ora, per ogni x in [a, b] si ha e quindi k=n+ k= f k (x) sup x [a,b] k=n+ k=n+ k= f k (x) f k (x) k=n+ k=n+ k=n+ sup f k (x), x [a,b] sup f k (x). x [a,b] Il termine a destra della disuguaglianza è infinitesimo per n tendente ad infinito, essendo la serie resto di una serie convergente. Pertanto, anche il termine a sinistra nella disuguaglianza tende a zero (essendo positivo). Ne segue che d (S n, S) = n + come volevasi dimostrare. n + sup x [a,b] k=n+ f k (x) =, Osservazione.. Sia {f n } n una successione di funzioni definite su [a, b]; poniamo f (x) e Allora g n (x) = f n (x) f n (x), n. f n (x) = g k (x), k= cosicché la convergenza puntuale ed uniforme di {f n } può essere ottenuta tramite la convergenza puntuale ed uniforme della serie di funzioni di termine generico g k. Ricordando che per la convergenza delle serie di funzioni abbiamo a disposizione

6 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI un criterio in più, la convergenza totale, possiamo dedurre la convergenza uniforme di {f n } dalla convergenza totale della serie delle g k. Pertanto, [ ] [ ] g k (x) = f k (x) f k (x) < + k= sup x [a,b] k= sup x [a,b] = f n converge uniformemente. Non sempre, però, le serie convergono totalmente, e il riuscire a dimostrare la convergenza uniforme può essere l ultima speranza per ottenere informazioni sulla funzione ite. Se la serie è a segni alterni, abbiamo il seguente criterio. Teorema.. Sia f k (x) una successione decrescente di funzioni non negative convergente uniformemente a zero: Allora la serie f k+ (x) f k (x), k N, sup f k (x) =. k + x [a,b] k= ( ) k f k (x), converge uniformemente in [a, b]. Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che, per ogni x fissato, esiste S(x) = k= ( ) k f k (x) < +, dato che si può applicare il criterio di Leibniz alla serie di termine generico ( ) k f k (x). Ripetendo la stessa dimostrazione del criterio di Leibniz (si veda più avanti), si dimostra che cosicché Ma allora S (x) S 3 (x)... S m+ (x) S m (x)... S 4 (x) S (x), x [a, b], S m+ (x) S(x) S m (x), m N, x [a, b]. S n (x) S(x) S n+ (x) S n (x) = f n+ (x), n N, x [a, b], da cui segue sup x [a,b] S n (x) S(x) sup x [a,b] f n+ (x), e la quantità a destra tende a zero per ipotesi. Esempio.. Consideriamo, come applicazione del teorema precedente, la serie k= x k, x [, ]. k +

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 7 Apparentemente, la serie non è a segni alterni; se, però, definiamo x = y, con y in [, ], otteniamo la serie k= ( ) k y k, y [, ], k + che è a segni alterni, con f k (y) = yk. Dal momento che si ha, per y in [, ], k+ y k+ y k, chiaramente f k+ (y) f k (y). D altro canto, sup f k (y) = max y [,] y [,] y k k + = k +, che tende a zero quando k diverge. Per il teorema precedente, la serie di funzioni di termine generico f k (x) converge uniformemente in [, ], e quindi k= x k, converge uniformemente in [, ]. k + Notiamo che, essendo x k+ x k + = t k dt, dai teoremi di integrazione per serie (3) abbiamo che da cui segue k= k= e quindi, in particolare, x k+ k + = x k k + x dt t = log( x) x k= ( ) k k + = log().. Serie di potenze = log( x),, x [, ], Un caso molto particolare di serie di funzioni è quello delle cosiddette serie di potenze: a k (x x ) k, k= con x in R fissato, il cui insieme dei valori x di convergenza, divergenza o non convergenza dipende dalla successione a k che le definisce. In quanto segue, sarà (3) Perché possiamo applicarli?

8 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI sempre x = dato che, a partire da una serie di potenze come sopra, ci si può sempre ricondurre, ponendo y = x x, alla serie di potenze a k y k. k= Esempio.. Consideriamo le tre successioni a k =, b k! k = e c k = k!; in corrispondenza alle tre successioni otteniamo le tre serie di potenze k= x k + k!, k= x k, k= k! x k, che si vede facilmente essere convergenti su tutto R, in (, ) e solo nell origine, rispettivamente. Data una successione {a k } di coefficienti, supponiamo di aver determinato E = {x R : k= Possiamo allora definire f : E R come f(x) = k= a k x k è convergente}. a k x k, x E. Nei primi due casi dell esempio precedente, abbiamo E = R e f(x) = e x per la prima serie, ed E = (, ), con f(x) =, per la seconda (avendo usato la x definizione di esponenziale, e le proprietà delle serie geometriche). Esempio.. Consideriamo ora la seguente successione di coefficienti: { ( ) h se k = h è pari, a k = se k è dispari. Scrivendo la serie di potenze di coefficienti a k si ha, grazie alla definizione, h= ( ) h x h = h= ( x ) h. Ricordando le proprietà delle serie geometriche, si ha x < = h= ( x ) h = + x, dove l ultima uguaglianza indica che la serie converge, e che la sua somma è la funzione. La cosa strana che si nota da questa identità è che la serie +x converge solo per x <, mentre la funzione ite è non solo definita, ma +x

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 9 anche itata, su tutto R (si noti che nel caso della somma della serie geometrica la funzione ite non né definita, né itata su R). È naturale allora chiedersi x come mai accada un fenomeno del genere, e perché l identità valga solo per x <, e per nessun x tale che x (è facile vedere che la serie o diverge o non converge per x ). Sfortunatamente, rimanendo nell ambito dei numeri reali non si riesce a capire la motivazione (profonda) di questo fatto. Se, però, invece di considerare valori x reali, consideriamo valori z complessi, ovvero studiamo la serie di potenze in campo complesso ( z ) h, h= l arcano si chiarisce. È infatti facile dimostrare che se z < allora la serie converge assolutamente, e quindi semplicemente, ed inoltre che si ha z < = h= ( z ) h = + z. Ed ecco svelato il mistero: mentre la funzione f(x) = è itata e definita +x su tutto R, la funzione f(z) = non è né definita, né itata su C; infatti, +z il denominatore si annulla per z = ±i, e la frazione non è più definita. In altre parole: se vediamo la serie di potenze in campo reale come traccia della serie di potenze in campo complesso, ci rendiamo conto che oltre (, ) non possiamo andare perché, in qualche modo, le operazioni di sommatoria (ovvero, di ite) risentono della presenza dei valori ±i nei quali né la serie converge, né è definita la funzione ite. In altre parole, l ambiente naturale per lo studio delle serie di potenze non è R, ma C (4), cosicché da ora in poi (e fino ad avviso contrario) i coefficienti della serie ora saranno numeri complessi. Rimane, dall esempio precedente, un dubbio: per quale motivo l essere la serie non convergente per z = ±i implica che la serie non converge per (ad esempio) ±, o per qualsiasi x tale che x >? La spiegazione di questo fatto è data nel seguente teorema. Teorema.3. Sia {a k } una successione di numeri complessi, e sia z in C, z, tale che a k z k converge. (4) C, dove c è più spazio! k=

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Allora la serie di potenze k= a k z k converge totalmente in B R () per ogni R < z, e dunque converge assolutamente in z, per ogni z tale che z < z. Dimostrazione. Dal momento che a k z k k= converge, per la condizione necessaria di convergenza si ha il che implica che Pertanto, esiste k in N tale che k + a k z k =, a k z k =. k + k k = a k z k. Sia ora z in B R (), con R < z, e sia k k : allora a k z k a k z k z k ( R ) k, z z e quindi ( R ) k sup a k z k. z B R () z Essendo R < z, si ha R/ z <, e quindi l ultimo termine a destra nella disuguaglianza precedente è il termine generico di una serie geometrica (reale) convergente. Per il criterio del confronto, la serie di termine generico {sup a k z k } è dunque convergente, e pertanto la serie di termine generico a k z k è totalmente convergente, come volevasi dimostrare. La convergenza assoluta (dunque puntuale) segue poi dalla convergenza totale. Il teorema precedente motiva la seguente definizione. Definizione.4. Sia data una serie di potenze k= a k z k.

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Definiamo il raggio di convergenza della serie di potenze come { } ρ = sup z, z C : a k z k converge. k= La definizione di raggio è motivata dal seguente risultato. Teorema.5. Una serie di potenze ha raggio di convergenza uguale a ρ, con < ρ < +, se e solo se la serie converge per z < ρ, e non converge per z > ρ. Dimostrazione. Sia ρ in (, + ) il raggio di convergenza della serie di potenze (come definito precedentemente), e dimostriamo che la serie converge se z < ρ; infatti, fissato z < ρ, esiste (per le proprietà dell estremo superiore) un numero complesso z tale che z < z ρ, e tale che la serie converga in z ; per il Teorema.3, la serie di potenze converge puntualmente in z. Sia ora z tale che z > ρ. Per definizione di estremo superiore (uguale a ρ), la serie non può convergere in z : se lo facesse, l estremo superiore dell insieme di convergenza sarebbe strettamente maggiore di ρ (cosa che non è). Viceversa, supponiamo che la serie converga se z < ρ, e non converga se z > ρ. Dalla prima informazione otteniamo che ρ ρ, mentre dalla seconda segue che ρ ρ; se infatti fosse ρ < ρ, allora esisterebbe z, con ρ < z ρ, tale che la serie converge in z, contraddicendo così la non convergenza per z > ρ. Abbiamo così dimostrato che ρ = ρ, e dunque la seconda parte del teorema. Come converge una serie di potenze all interno del raggio di convergenza? Teorema.6. Data una serie di potenze, sia ρ > il raggio di convergenza. Allora la serie di potenze converge totalmente in B r (), per ogni r < ρ. Dimostrazione. Per definizione di ρ (come estremo superiore), per ogni r < ρ esiste z tale che la serie converge in z, e si ha r < z ρ. Per il Teorema.3, si ha allora convergenza totale in B R (), per ogni R < z, e dunque, in particolare, in B r (). Il prossimo teorema permette di calcolare il raggio di convergenza di una serie di potenze. Teorema.7. Sia {a k } una successione di numeri complessi, e si definiscano L = sup k + k ak, ρ = se L = +, L se < L < +, + se L =.

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Allora ρ è il raggio di convergenza della serie di potenze k= a k z k. Dimostrazione. Supponiamo che < ρ < +, e sia z tale che z < ρ; allora, come nella dimostrazione del Teorema.3, abbiamo Dal momento che sup k + a k z k = a k z k. k ak z k = L z = z ρ <, la serie di potenze converge assolutamente (e dunque semplicemente) per il criterio della radice, come volevasi dimostrare. Se, invece, z > ρ, allora sup k + k ak z k = L z = z ρ >, e quindi la serie diverge assolutamente per il criterio della radice. Pertanto, ρ è il raggio di convergenza della serie di potenze. Se ρ = (e quindi L = + ) allora, per z > si ha k + k + k ak z k = +, cosicché la serie diverge assolutamente per il criterio della radice; se, infine, ρ è infinito (che implica L = ), allora k ak z k =, per ogni z in C, e quindi la serie di potenze converge assolutamente per ogni z complesso. Sia ora data una serie di potenze a coefficienti reali, e sia ρ > il suo raggio di convergenza. Possiamo allora definire una funzione reale di variabile reale f : ( ρ, ρ) R come f(x) = k= a k x k. Che proprietà ha la funzione f? Dal fatto che la convergenza della serie è totale (dunque uniforme) in ogni sottointervallo [ r, r] ( ρ, ρ), sappiamo già che f è continua in (ρ, ρ) (si noti che ogni somma parziale è continua essendo un polinomio). Possiamo dire di più?

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 3 Teorema.8. Sia {a k } una successione di numeri reali, e sia ρ > il raggio di convergenza della serie di potenze f(x) = k= a k x k. Allora ρ è anche il raggio di convergenza della serie delle derivate (che è una serie di potenze essa stessa): f (x) = k= k a k x k = k= (k + ) a k+ x k. Dimostrazione. È sufficiente osservare che dato che sup k + k k ak = sup k + k + e concludere usando il Teorema.7. k k =, k ak, Come conseguenza del teorema precedente, dei teoremi sulla convergenza della serie delle derivate, e dei teoremi sulla convergenza delle serie di potenze, abbiamo dunque che f appartiene a C (( ρ, ρ); R). Osserviamo ora che possiamo riapplicare lo stesso teorema alla serie delle derivate, e poi alla serie delle derivate seconde, e così via. In sostanza, se f è la funzione data dalla somma di una serie di potenze di raggio di convergenza ρ >, allora f è derivabile infinite volte con continuità. Se, invece di derivare, integriamo, possiamo scambiare serie ed integrale grazie alla convergenza uniforme. Teorema.9. Sia {a k } una successione di numeri reali, e sia ρ > il raggio di convergenza della serie di potenze k= Allora per ogni ρ < α < β < ρ si ha β α ( + ) a k x k dx = k= k= α a k x k. β a k x k dx = k= a k k + [βk α k ],

4 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI e la serie di potenze degli integrali, k= x k+ k +, ha lo stesso raggio di convergenza della serie di partenza. Osservazione.. I teoremi precedenti valgono anche in ambito complesso; il concetto di derivata di una funzione complessa (per non parlare di quello di integrale, che è radicalmente differente) esula però dagli argomenti di questo corso, e quindi il risultato è stato dimostrato solo in ambito reale. In sostanza, quindi, una volta assegnata una successione {a k } di numeri complessi, l insieme di convergenza della serie di potenze è quasi completamente identificato dal raggio di convergenza; l unica incognita sulla convergenza riguarda l insieme { z = ρ} (chiaramente, deve essere < ρ < + ). Come vedremo, su tale insieme può succedere che la serie converga sempre, o mai, o solo in alcuni punti. Esempio.. Consideriamo le tre serie k= z k k +, + k= z k (k + ), + k= k z k. Per tutte e tre il raggio di convergenza è ρ = ; se z =, la seconda serie converge (perché converge assolutamente) e la terza non converge (dato che non soddisfa la condizione necessaria di convergenza). La prima, invece, converge ad esempio per z = e diverge per z =. Esercizio.. Esistono altri numeri complessi di modulo (a parte z = ) tali che k= z k k + è convergente? Se, invece di considerare serie di potenze complesse, consideriamo serie di potenze reali, si può concludere qualcosa su come converge una serie di potenze sul bordo. Teorema.3 (Abel). Sia {a k } una successione di numeri reali, e sia < ρ < + il raggio di convergenza della serie di potenze corrispondente. Se la serie di potenze converge per x = ρ, allora la convergenza è uniforme in [ r, ρ] per ogni < r < ρ (ed analogamente se la serie converge in x = ρ).

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 5 Esempio.4. Ad esempio, se a k = /(k + ) per ogni k, la serie di potenze è k= x k (k + ), che ha come raggio di convergenza ρ = e converge per x = ± (come si verifica facilmente), cosicché la convergenza è uniforme in [, ]. Osservando che x k k + = t k dt, x abbiamo k= x k + k + = k= x t k dt = x + k= e, integrando nuovamente, x k (k + ) = x k= Sostituendo x = (che è lecito!), si ottiene π 6 = + k= t k dt = x x (k + ) = log( t) t log( t) t dt t dt. dt. = log( x) x.. Esponenziale, seno e coseno. Torniamo al campo complesso, e definiamo e z = k= z k k!. Si vede facilmente che il raggio di convergenza è ρ = +, e dunque che la serie converge (totalmente, uniformemente e puntualmente) su ogni compatto K C (5). Dimostriamo che, per ogni z e w in C, si ha e z+w = e z e w, fatto che giustifica la definizione di esponenziale per la somma della serie. Si ha, infatti, per la formula del binomio di Newton, e z+w (z + w) k k ( ) k k = = z h w k h k! z h w k h = k! k! h k! h! (k h)!, ovvero k= k= e z+w = h= k= k h= z h w k h h! (k h)!. (5) Ricordiamo che i compatti di C sono i compatti di R o meglio di (R, d ) per l identificazione naturale tra C ed R data da z = x + i y (x, y). k= h=,

6 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Scambiamo ora l ordine della sommatoria, ed osserviamo che A = {(k, h) N : k, h k} = {(h, k) N : h, k h} = B. h k h = k B k = h A k h Allora, e z+w = h= k=h Ora, però, si ha, ponendo k h = j, z h w k h + h! (k h)! = h= z h ( + h! k=h w k h ). (k h)! k=h w k h + (k h)! = j= w j j! = e w, e quindi e z+w = h= z h h! ew = e w h= z h h! = ew e z, come volevasi dimostrare. Se z = x appartiene ad R, ritroviamo la serie di Taylor dell esponenziale: e x = k= x k k!. Se, invece, poniamo z = i x, con x reale, allora troviamo e i x = k= (ix) k. k!

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 7 Osservando che si ha i k = ( ) k, e i k+ = ( ) k i, si ha la cosiddetta formula di Eulero: e i x = ( ) k xk + (k)! + i ( ) k x k+ = cos(x) + i sen(x). (k + )! k= k= Scegliendo x = π, si ha dunque e π i =, e quindi, per ogni z complesso, e z+π i = e z, da cui segue che la funzione esponenziale complessa è periodica di periodo π i. La formula di Eulero, scritta per x = z complesso, diventa e i z = k= ( ) k zk + (k)! + i ( ) k z k+ (k + )!. Definendo (si noti che le serie convergono su tutto il piano complesso) abbiamo ed inoltre cos(z) = k= zk ( ) k (k)!, k= sen(z) = + k= e i z = cos(z) + i sen(z), z C, ( ) k z k+ (k + )!, cos(z) = ei z + e i z, sen(z) = ei z e i z, i formule che (se z = x è reale) permettono di ottenere le funzioni trigonometriche seno e coseno dalla funzione esponenziale complessa: Si noti che cos(x) = ei x + e i x, sen(x) = ei x e i x. i cos(kπ i) = e kπ + e kπ, e quindi, a differenza di quanto accade in campo reale, cos(kπ i) = +. k + Se ne deduce, in particolare, che la funzione coseno (e analogamente la funzione seno ) non è itata in campo complesso. Questo è un caso particolare di un importante teorema, dovuto a Liouville, che afferma che ogni funzione f, derivabile in campo complesso (6) e itata, è costante (7). Si noti che tale teorema (6) Qualsiasi cosa significhi, ma sappiate che la funzione coseno lo è! (7) E, quindi, non sono tante le funzioni derivabili e itate!

8 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI in R è falso: la funzione arc tg(x) è itata, derivabile, ma non costante, così come non lo è la funzione e x = k= ( ) k xk k!. Che quest ultima non sia itata si vede immediatamente passando ai complessi: la funzione e z = non è itata, dato che e (ix) = e x k= ( ) k zk k!, diverge quando x diverge. Osservazione.5. Perché mai una funzione derivabile in campo complesso e itata deve essere costante? Invece di considerare una funzione derivabile (che non sappiamo cosa sia), consideriamo una funzione complessa definita da una serie di potenze che converge ovunque in C: f(z) = k= a k z k. Consideriamo ora la funzione g(z) = f(z)/z, ed andiamo a considerare tale funzione ristretta alla circonferenza di raggio R e centro l origine, che può essere parametrizzata come z = R e iθ, θ in [, π]. Abbiamo così g(r e iθ ) = k= a k (R e iθ ) k = k= a k R k [cos((k )θ) + i sen((k )θ)]. Siccome la serie converge uniformemente su tutti i compatti di C (avendo raggio di convergenza più infinito) possiamo scambiare serie ed integrale (8) : g(re iθ ) dθ = k= a k R k [ cos((k )θ) dθ + i ] sen((k )θ) dθ. Ora, se k, i due integrali nella sommatoria sono nulli, mentre se k = l integrale del coseno vale π, e quello del seno vale ; pertanto, g(r e iθ ) dθ = π a, e il primo membro della precedente identità non dipende da R. Ricordiamo ora che g(z) = f(z)/z; pertanto, se z = R, si ha, essendo f itata, g(z) = f(z) z M R, (8) L integrale al primo membro va pensato come integrale della parte reale più i volte l integrale della parte immaginaria.

il che implica che SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 9 R + sup g(z) =, z =R ovvero che g, ristretta a z = R, tende uniformemente a zero quando R diverge. Ma allora possiamo portare il ite sotto il segno di integrale: π a = g(re iθ ) dθ = R + g(re iθ ) dθ =, da cui a =. In altre parole, se f è una funzione itata, somma di una serie di potenze convergente su tutto il piano complesso, a =. Se consideriamo g(z) = f(z)/z, e ripetiamo il ragionamento, troviamo che a =, ed iterando, che a k = per ogni k. Pertanto, e dunque f è costante. f(z) = k= a k z k = a, 3. Serie di Taylor e funzioni analitiche Nel precedente paragrafo, abbiamo studiato la convergenza di serie di potenze in campo complesso e di conseguenza in campo reale. In particolare, abbiamo visto che se ρ > è il raggio di convergenza della serie, allora la funzione f(x) = k= a k x k, x ( ρ, ρ), è derivabile con continuità infinite volte in ( ρ, ρ), e si ha f (h) (x) = k=h [k (k )... (k h + )] a k x k h, x ( ρ, ρ). In particolare, si ha (ricordando che la serie converge puntualmente in ( ρ, ρ), f (h) () = k=h [k (k )... (k h + )] a k x k h x= = h! a h, dato che tutti i termini si annullano nell origine, tranne il primo. Pertanto, se f(x) = k= a k x k, x ( ρ, ρ), il polinomio di Maclaurin di ordine n di f (che sarebbe il polinomio di Taylor di ordine n di f in x = ) è dato da f (k) () P n (x; ) = x k = a k x k. k! k= k=

3 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI In altre parole, la somma parziale n-sima della serie di potenze che definisce f non è altro che il polinomio di Taylor di ordine n di f in x =. Ovviamente, dato che la serie converge per ipotesi a f(x) in ( ρ, ρ), la serie di potenze che genera f non è altro che la serie di Taylor di f in x =. Abbiamo così dimostrato che se f è la somma di una serie di potenze il cui raggio di convergenza è ρ >, allora la serie di Taylor di f in x = converge a f in ( ρ, ρ). Ci poniamo ora la domanda inversa: supponiamo di avere una funzione f derivabile infinite volte e tale che la sua serie di Taylor in x =, che è ovviamente una serie di potenze, abbia raggio di convergenza ρ > ; è così definita la funzione g(x) = k= f (k) () k! x k, x ( ρ, ρ). Sotto quali condizioni su f si ha f g? In altre parole: come deve essere fatta f in modo tale da poterla ricostruire completamente partendo dalla conoscenza della successione delle sue derivate in? La domanda non è oziosa (ovvero, la risposta non è basta che la serie di Taylor converga ), come mostra il seguente esempio. Esempio 3.. Sia { se x, f(x) = e x se x >. Si vede facilmente che la funzione è continua nell origine; inoltre, essendo { se x <, f(x) = e x x se x >, si ha anche f () =. Continuando a derivare, si trova (9) f (k) () = per ogni k. Pertanto, il polinomio di Taylor di f è P n (x; ), che, chiaramente, non converge a f quando n tende a più infinito (tranne che nell origine), dato che f non è identicamente nulla. Pertanto, f è derivabile infinite volte, la sua serie di Taylor converge ovunque in R, ma non converge ad f. Ovvero: non tutte le funzioni sono, come si dice, sviluppabili in serie di potenze. (9) Esercizio!

SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI 3 Definizione 3.. Una funzione f si dice analitica in un intervallo I se è sviluppabile in serie di potenze, ovvero se coincide in I con la somma della sua serie di Taylor. L esempio precedente dimostra che l insieme delle funzioni analitiche è un sottoinsieme stretto dell insieme delle funzioni infinitamente derivabili; ovviamente, l insieme delle funzioni analitiche non è vuoto dato che contiene almeno la funzione nulla, tutti i polinomi, l esponenziale e le funzioni trigonometriche seno e coseno. Il prossimo risultato fornisce delle condizioni sufficienti sulle derivate della funzione f affinché la funzione sia analitica (ovviamente, non possono essere condizioni solo puntuali, dato che l Esempio 3. dimostra che controllare tutte le derivate in un punto non basta a ricostruire la funzione). Teorema 3.3. Sia f : [a, b] R una funzione infinitamente derivabile tale che max f (n) (x) M L n+, n, x [a,b] con L e M. Allora f è analitica in [a, b]. Dimostrazione. Scriviamo la formula di Taylor con il resto in forma di Lagrange: f (k) () f(x) = x k + f (n+) (ξ(n, x)) x n+, k! (n + )! k= con ξ(n, x) compreso tra ed x. Chiaramente, si ha convergenza della serie a f se si ha f (n+) (ξ(n, x)) x n+ =. n + (n + )! Per le ipotesi sulle derivate di f si ha, detto R = max( a, b ), f (n+) (ξ(n, x)) x n+ R n+ L n+ M. (n + )! (n + )! Dal momento che R n+ L n+ =, n + (n + )! si ha la tesi. 4. Compattezza nello spazio delle funzioni continue Fino ad adesso si è parlato di proprietà che vengono conservate nel passaggio alla convergenza uniforme: continuità, derivabilità, integrabilità; a parte il piccolo teorema del Dini e il successivo teorema che ipotizzava la monotonia delle funzioni f n, non abbiamo però dato condizioni sufficienti per la convergenza uniforme, o

3 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI quanto meno per l esistenza di una sottosuccessione uniformemente convergente. Dalla teoria della compattezza nel contesto degli spazi metrici segue ovviamente che se {f n } è una successione contenuta in un compatto K di (ad esempio) (C ([a, b]; R), d ), allora da {f n } si può estrarre una sottosuccessione uniformemente convergente. Il problema è, però, che i compatti di (C ([a, b]; R), d ) sono, in un certo senso sconosciuti, dato che chiusura e itatezza non implicano compattezza in uno spazio di dimensione infinita quale è lo spazio delle funzioni continue. Ad esempio, la successione f n (x) = x n, con x in [, ], è contenuta nella sfera B () in (C ([, ]; R), d ), ma non ammette alcuna sottosuccessione uniformemente convergente dato che il ite puntuale (che è il candidato ite per una qualsiasi sottosuccessione) è una funzione discontinua. Una prima ipotesi che va necessariamente fatta sulle funzioni {f n } affinché possa esistere una sottosuccessione convergente, è che le funzioni, che sono itate se prese singolarmente (grazie al Teorema di Weierstrass), siano equiitate: deve esistere cioè una costante M tale che max f n(x) M, n N. x [a,b] Che tale ipotesi sia in un certo senso necessaria, è chiarito dall esempio f n (x) = n; è evidente che da tale successione non è possibile estrarre alcuna sottosuccessione uniformemente convergente, dato che il ite puntuale non è neanche una funzione. Supponiamo allora che la successione {f n (x)} sia equiitata. Questa ipotesi implica, in particolare, che la successione numerica {f n (x)} è itata in (R, ) per ogni x in [a, b]. Per il teorema di Bolzano-Weierstrass, possiamo estrarre da {f n (x)} una sottosuccessione {f nk (x)}, convergente ad un numero reale y, dipendente da x (ed appartenente a [ M, M]). Facendo variare x in [a, b], abbiamo così ottenuto una funzione f, il candidato ite. Abbiamo ottenuto, o almeno così ci sembra, dato che la sottosuccessione che estraiamo da {f n (x)} dipende da x, e, a priori, cambia al variare di x in [a, b]. In altre parole, non abbiamo modo di sapere che esista un unica sottosuccessione, indipendente da x, tale da convergere ad una funzione f(x) definita su tutto [a, b] (ricordiamo che, dal momento che la convergenza uniforme implica la convergenza puntuale, abbiamo bisogno di un ite puntuale per poter parlare di convergenza uniforme). Come facciamo, allora, a trovare tale sottosuccessione? L idea è di procedere in diagonale, come abbiamo già fatto (nei complementi del precedente capitolo) per successioni in l p. Il problema, in questo caso, è che mentre nel caso di l p avevamo una successione di successioni (e quindi un oggetto numerabile, che permetteva di applicare il metodo diagonale per estrarre una sottosuccessione