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La risposta numerica deve essere scritta nell apposito riquadro e giustificata accludendo i calcoli relativi.

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Transcript:

GRUPPO 6 : Francesca Serena Esposito Elena De Falco Francesco Gubitosi Introduzione all Elettrodinamica. Un principio generale della meccanica classica stabilisce che una forza esplicitamente dipendente dal tempo non può essere conservativa. Questo discorso è estendibile anche al caso di forze elettriche e magnetiche dipendenti dal tempo, dunque,anche se il campo elettrostatico è un campo conservativo, il campo elettrodinamico non lo è. Ciclotrone Sappiamo che quando un campo è conservativo, la seconda legge di Maxwell afferma che E ds = 0, ovvero la circuitazione del campo elettrostatico su qualunque curva chiusa è sempre pari a zero e l energia cinetica è costante. Il lavoro compiuto dalla forza elettrica, che è una forza conservativa,quando la particella si muove su una superficie chiusa è sempre nullo. Per il teorema dell energia cinetica: K = L, ma se L = 0 allora K = 0 e non ci sarà nessun incremento di energia cinetica. Un esempio dove il campo elettrico è non conservativo si ha nel ciclotrone, un dispositivo in grado di accelerare particelle ad altissime velocità, grazie all utilizzo di forze elettriche e magnetiche. Chiamiamo D 1 e D 2 due armature semi-circolari tra le quali è applicata una differenza di potenziale : V = V B V A. Le armature sono immerse in un campo magnetico uniforme e perpendicolare al piano del disegno. figura 1 Supponiamo che l elettrone sia in una posizione A, avendo carica negativa sarà attratto dal polo positivo; tale particella si muove con una certa v seguendo una traiettoria semicircolare,(figura 1). Nel ciclotrone le particelle aumentano l energia cinetica grazie ad un campo non conservativo.

Questo aumento di energia cinetica può essere ricavato tramite il Teorema di conservazione dell energia meccanica : K B + U B = K A +U A K B K A = U A U B K = e (V A V B) K = e (V B V A) K = e V (incremento di energia cinetica) Allora, essendo K 0 ciò implica una forza non conservativa e quindi il campo elettrico è non conservativo. figura 2 Nel momento in cui l elettrone compie una semi-rotazione si trova di nuovo sotto l azione del potenziale e la forza non avendo cambiato segno sarà una forza frenante, l elettrone perderà allora l energia che aveva inizialmente guadagnato,in condizioni elettrostatiche. Si utilizza una sorta di trucco per fare in modo che l elettrone compia l intera traiettoria circolare, ovvero si usa un generatore di f.e.m. alternata ad alta frequenza in modo da invertire la polarità all istante in cui la particella arriva di nuovo all interstizio,(posizione B,figura 2). Questo fa si che la particella acceleri nel passaggio da D 1 a D 2 incrementando di K = e V la propria energia cinetica. Il moto continua cosicché per ciascun semiciclo esso viaggia attorno ad una di, con un guadagno di energia cinetica. Possiamo studiare la cinematica delle particelle confrontando la forza centripeta che le trattiene nella traiettoria circolare e la forza di Lorentz generata dal campo magnetico: mv 2 r = evb dove ricaviamo il raggio r = mv eb Una condizione necessaria al funzionamento di questo strumento è che il verso di E cambi in sincronia con la rotazione dell elettrone. Il periodo di rotazione rimane costante per tutto il fenomeno: ω = 2π T ; ω = v r ; T = 2πm eb ; dove si non si osserva una dipendenza dalla velocità o dal raggio. Riportiamo un esempio numerico: sapendo che B = 100 mt allora (ricordiamo che 1 T =1 kg C s )

T = 2πm = 2π(9,109 10 31 kg) = 3.57710 e B (1,602 10 19 C)(100 10 3 T) 10 10 s ω = 2π T = 2π 3.57710 10 10 s = 1.7565 10 10 s 1 Ricaviamo la velocità: mv 2 r = evb v = ebr m dove r è il raggio della traiettoria circolare. Questo fenomeno si ripete migliaia di volte e ogni volta però la traiettoria della particella ha raggio maggiore in quanto è cresciuta la velocità. Raggiunta la velocità richiesta la particella lascia il sistema attraverso una fenditura. LA LEGGE DI FARADAY Alla luce di diversi esperimenti, Faraday arrivò a formulare la legge dell'induzione elettromagnetica che si scrive: Il significato di questa legge è che in presenza di un circuito si genera una f.e.m se il flusso del campo magnetico varia nel tempo. La f.e.m. è uguale alla derivata rispetto al tempo del flusso dell induzione magnetica attraverso un circuito cambiata di segno e la sua unità di misura è il volt (V). Il segno meno presente al secondo membro dell equazione è legato alla legge di Lenz ; dal punto di vista matematico bisogna tenere conto della convenzione sul verso di percorrenza dei circuiti mostrata in figura. Il verso positivo della normale alla superficie è legato al verso di percorrenza della curva Γ dalla regola della mano destra. Lo schema che segue riassume esattamente le modalità con cui Faraday effettuò i suoi esperimenti.

1) Situazione A: vi sono due circuiti fermi collocati ad una certa distanza. Si chiameranno Σ 1 la superficie delimitata dal primo circuito e Σ 2 la superficie delimitata dal secondo. Sul circuito primario o sorgente è presente un generatore di corrente i che determina un campo magnetico B le cui linee attraversano Σ 2 mentre in quello di prova vi è una resistenza R. Situazione B: dopo aver conferito al circuito secondario una velocità v, Φ Σ 2 (B ) il flusso attraverso la superficie Σ 2 del campo magnetico risulterà maggiore rispetto a quello nella situazione A. 2) Situazione A: i due circuiti sono collocati ad una certa distanza e sono fermi. Situazione B: spostando il circuito primario con una velocità v, Φ Σ 2 (B ) risulterà minore di quello nella situazione A dunque la superficie del circuito secondario sarà attraversata da meno linee di campo magnetico. 3) I due circuiti sono fermi tra loro tuttavia nel circuito primario è presente un generatore di corrente variabile nel tempo quindi Φ Σ 2 (B ) avrà un valore differente nella situazione A all istante t 1 rispetto a quello nella situazione B all istante t 2. Si considerino ora esempi pratici in cui si verifica una variazione di flusso di campo magnetico. CIRCUITO CON BARRETTA MOBILE (prima categoria concettuale mostrata nello schema)

Questo caso specifico lo si può ricollegare alla prima categoria di problemi mostrata nello schema in quanto il circuito pur non essendo stato spostato ha subito una deformazione che determina una variazione del flusso di campo magnetico. La parte mobile del circuito consiste in una barretta conduttrice di lunghezza b. Gli estremi della barretta scorrono lungo due fili del circuito mantenendo contatto elettrico durante il moto. Il circuito, posto su un supporto isolante orizzontale, è immerso in un magnetico verticale B di intensità costante nel tempo e uniforme nello spazio. R è la resistenza elettrica del circuito, x è la lunghezza della base del circuito rettangolare, v è la velocità costante con cui scorre la barretta e S rappresenta l area del circuito. In questo circuito non ci sono generatori, per cui non vi è corrente. Dato che il flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie orientata è definito come l'integrale di superficie del prodotto scalare del campo con la normale alla superficie esteso su tutta la superficie stessa, immaginando di scomporre la superficie S in tessere di area infinitesimale ds si avrà: Φ S (B ) = B s B ds = Bbx (qui si è tenuto conto del fatto che B ed sono paralleli e che è uniforme nel dominio di integrazione). L unica grandezza che varia rispetto al tempo è x quindi: f.e.m = d Φ S (B ) = - B b dx = -B b v Al primo membro dell ultima equazione compare la f.e.m. indotta cioè determinata dalla variazione del flusso. La corrente indotta sarà i = - B b v/ R ; ciò che si nota realizzando questo esperimento è che scorre corrente nel circuito per cui questo dispositivo si comporta come un generatore. Si presti ora attenzione alla questione del segno meno che compare nella legge che è legata alla regola della mano destra; una volta stabilita la normale positiva si conosce di conseguenza il verso di percorrenza positivo del circuito. La corrente è negativa, quindi girerà nel verso opposto imposto dalla f.e.m.. SPIRA RETTANGOLARE IN MOTO DI ROTAZIONE IN UN CAMPO MAGNETICO UNIFORME(prima categoria concettuale mostrata nello schema)

Questa spira ruota con velocità angolare ω attorno ad un asse verticale passante per il centro di massa. Sulla spira è presente una resistenza R e agisce un campo magnetico B uniforme, costante e orizzontale che formerà con la normale alla superficie della spira un angolo θ =ωt. A seconda dell inclinazione della spira il flusso attraverso l area Σ della spira sarà differente. Esso dunque sarà : Φ Σ ( B ) = B n dσ= B cosθ dσ Σ Σ si sta integrando in dσ) =BΣcosθ (perchè A variare nel tempo è θ per cui: dφ Σ B Σ ω sen(ωt) = B Σ ( d cosωt ) = - B f.e.m = - (-B Σ ω senωt) = B Σ ω sen(ωt) La corrente sarà uguale a B Σ ω sen(ωt)/ R. La f.e.m e la corrente calcolate in questo esempiosi dicono alternate poiché i loro versi si alternano periodicamente, in particolare il loro andamento è sinusoidale. Si consideri ora il grafico della potenza in funzione del tempo erogata dal generatore (uguale alla potenza dissipata sul carico) che è : P= f.e.m i = BΣω) 2 (sen ωt) 2 R

La funzione è positiva; assume valori da 0 a P max ma assume anche un valore medio P medio che è esattamente P max /2. Un esempio classico di generatore di f.e.m. alternata è l alimentatore di rete. I valori caratteristici di un dispositivo del genere sono: la frequenza = 50 Hz (tempo che la f.e.m. impiega a compiere un ciclo) e la tensione di rete 220V che non è il valore massimo della f.e.m. (380 V) ma il valore efficace; la potenza non è erogata in modo continuo quindi il valore di f.e.m. efficace è legata all ipotesi in cui il generatore fosse di f.e.m. costante. BARRETTA MAGNETICA CHE AVANZA IN UN SOLENOIDE (seconda categoria concettuale mostrata nello schema) In questo esempio una barretta magnetizzata che funge da circuito sorgente avanza con una velocità v in un solenoide di raggio a caratterizzato da n =N numero di spire /l unità di lunghezza. Esso costituirà il circuito di prova. Poiché il solenoide è realizzato con un filo possiederà una certa resistenza elettrica R. La barretta magnetizzata può essere ricondotta ad un solenoide approssimando la distribuzione del campo magnetico B generato dal solenoide con quella di un solenoide lungo; il campo magnetico sarà presente dunque all interno della barretta mentre sarà nullo all esterno. Si considerino ora la barretta magnetizzata e il solenoide che questa attraversa per quattro spire (tratto di lunghezza x) visti in sezione. L area di una singolas 1 spira corrisponde all area di un cerchio poiché il solenoide ha forma cilindrica e per ogni spira attraversata dalla barretta è possibile calcolare un valore di campo magnetico :

Φ s1 (B ) = B s 2 ds = B π a 2 (perché B ed, il vettore normale alla superficie S 1, sono paralleli e B è uniforme). Il flusso totale sarà NΦ s1 (N è il numero di spire attraversate dalla baretta). Sostituendo B con μ 0 M si avrà : Φ Stot (B) = μ 0 M π an = μ 0 M π a 2 n x. A variare rispetto al tempo è il tratto di lunghezza x per cui: d Φ Stot (B) =μ 0 Mπa 2 n(dx/) = μ 0 Mπa 2 n v Ne segue che la f.e.m e la corrente indotte saranno : f.e.m = - μ 0 Mπa 2 nv i= - μ 0 Mπa 2 nv/r. Per quanto riguarda il segno meno, conoscendo come è orientata si conosce anche il verso di percorrenza di ciascuna spira del solenoide. La corrente indotta è negativa pertanto ruoterà nel verso opposto e segue il verso imposto dalla f.e.m.. SOLENOIDE CIRCONDATO DA UNA SPIRA DI RAGGIO MAGGIORE (terza categoria concettuale mostrata nello schema) Il circuito primario è in questo caso un solenoide di altezza h, raggio a, caratterizzato da n = N/h con ( N numero di spire ) ed alimentato dalla corrente i 1 variabile nel tempo per cui (t) = μ 0 n i 1. B 1 Il secondario è una spira posta intorno al solenoide con raggio b>a e resistenza R. I due circuiti sono fermi tra loro.

i 1 variabile B 1 variabile Φ Σ2 (B 1 )variabile Nel calcolare Φ Σ2 (B 1 ) bisogna tenere conto del fatto che B 1 è uniforme in Σ 1 e non è presente in Σ 2, ovvero l area del cerchio di raggio b, di conseguenza nel calcolo del flusso bisogna escludere la regione in cui B 1 non è presente : Φ Σ2 (B 1 )= B dσ = B dσ = B π a 2 ( parallelo ab Σ 2 Σ 1 ) 1 Concludendo, calcolare il flusso di B 1 attraverso Σ 2 equivale a calcolare il flusso di B 1 attraversoσ 1 ; qualunque fosse stato il raggio b avremmo ottenuto lo stesso risultato, in quanto fuori da Σ 1 non vi è campo magnetico. Neppure l inclinazione della spira, posta intorno al solenoide, condiziona il valore del flusso ; il numero di linee di campo che attraversa la sua area è lo stesso a prescindere da come viene posizionata. I valori della f.e.m e della corrente indotte, posto che in questo caso a variare sia B 1 saranno quindi : f.e.m = - dφ Σ2(B 1 ) -=-πa 2 ( db 1 ) = - πa2 μ 0 n d (i 1) i 1 = - (πa2 μ 0 n) d i 1 R A questo punto è bene introdurre il concetto di induttanza. L'induttanza è la proprietà dei circuiti elettrici tale per cui la corrente che li attraversa induce una forza elettromotrice che, per la legge di Lenz, si oppone alla variazione dell'intensità della corrente stessa. La grandezza fisica associata è indicata con il simbolo L. Una corrente elettrica i che scorre in un circuito elettrico produce

un campo magnetico nello spazio circostante: se la corrente varia nel tempo il flusso magnetico del campo concatenato al circuito risulta variabile, determinando entro il circuito una f.e.m. indotta che si oppone alla variazione del flusso. Il coefficiente di autoinduzione L del circuito è il rapporto tra il flusso del campo magnetico concatenato e la corrente, che nel caso semplice di una spira è dato da: L = Φ Σ(B ) i L'unità di misura dell'induttanza è detta henry: 1 H = 1 Wb /1 A, in onore di Joseph Henry. In un induttore di 1 henry, quindi, una variazione di corrente di 1 ampere al secondo genera una forza elettromotrice di 1 volt. La mutua induttanza (o mutua induzione),m, è l'induttanza fra due circuiti elettricamente separati, quando il campo magnetico generato da uno esercita una forza elettromotrice sull'altro, e viceversa. La forza elettromotrice indotta nel caso di mutua induttanza si scrive: f.e.m = - dφ Σ(B ) = -M di/ M è indipendente da quale sia il circuito di prova e quale sia quello sorgente. Esercizio sul coefficiente di mutua induttanza : Consideriamo come circuito sorgente(primario) un solenoide formato da N₁ spire e come circuito secondario un altro solenoide di N₂ spire. Entrambi i solenoidi,coassiali, hanno stessa altezza h e rispettivamente raggio a e b, (con a<b). Abbiamo visto in precedenza come: Φ 1 (B 2 ) = Mi da cui f. e. m. ₂ = d(φ 1(B 2 )) = M d(i) Il primario è alimentato da una corrente i₁(t), che si fa variare nel tempo, in modo da ricavare una f.e.m. indotta nel circuito di prova, se ciò accade,allora anche B varia nel tempo e quindi anche Φ(B ). Per cui B=µ₀ n i₁(t), dove n = N/h ; con N numero di spire e h altezza del solenoide. Il campo magnetico all interno del solenoide primario è uniforme e costante e il flusso concatenato con il secondario è dato da :

Φ 2 (B 1 ) = B 1 n Σ 2 B₁ parallelo ad n ) Φ Σ2 (B 1 ) = B₁(t) a 2 π dσ = B₁ n dσ = B₁ dσ ( Σ 1 Σ 1 ( dove a 2 π = sezione solenoide primario). Nell espressione precedente abbiamo calcolato il flusso di B 1 attraverso una spira,come nell esercizio precedente,mentre il nostro circuito secondario è un solenoide costituito da N₂ spire,bisogna allora moltiplicare il risultato ottenuto per il numero di spire per determinare la f.e.m. : f. e. m. = N 2 d(φ Σ2 (B 1 )) = a 2 π N 2 d(b 1) f. e. m. = (N 2 N 1 π a 2 μ 0 ) h d(i₁(t)) = a 2 π N 2 μ 0 n d(i₁) Per la proprietà del coefficiente di mutua induttanza M è possibile scambiare i ruoli dei circuiti,cioè considerare il solenoide esterno come sorgente e quello interno come di prova: Φ Σ2 (B 1 ) = M i 1 (t) Φ Σ1 (B 2 ) = M i 2 (t) dove in questo caso il campo magnetico è dappertutto,e non solo nel primario,come per l approssimazione a solenoide lungo,tuttavia si osserva : B₂=µ₀ n i 2 (t) Φ Σ1 (B 2 ) = B Σ 2 n dσ = B₂ a 2 π = a2 π i 2 (t) N 2 1 h f. e. m = N 2 N 1 π a 2 μ 0 d i 2 (t) M = μ 0 N 1 N 2 a 2 π h che è uguale per entrambi i casi. Forze elettromotrici indotte e campi elettrici Riprendiamo l esercizio facente parte della terza categoria di applicazioni della legge di Faraday. Avevamo considerato un solenoide come circuito primario,dato da N spire e raggio a, e una singola spira come circuito secondario coassiale di raggio b. La legge di faraday dice che : f. e. m. = d(φ Σ(B )) (il flusso magnetico variabile induce nella spira una forza elettromotrice,e una corrente indotta ) ; ci si può chiedere come fa a nascere una f.e.m. nella spira se quest ultima si trova in una regione dello spazio dove B =0

(approssimazione solenoide lungo). Ciò accade perché il campo magnetico variabile è sorgente di un campo elettrico indotto,il quale applica una forza sulle cariche del conduttore (la nostra spira),causandone il moto. La f.e.m. sappiamo che può essere scritta come l integrale di linea : f.e.m.= E г m ds. Quando studiamo circuiti elementari abbiamo che la B f. e. m. = E A m ds ; mentre in elettrodinamica non è detto che il campo elettromotore sia limitato solo ad una regione del circuito (da A a B,dove è compreso il generatore), ma è possibile estendere il dominio dell integrale all intero circuito,riportando anche la parte in cui l integrale è nullo. La forma generale della legge dell induzione di Faraday è : f. e. m. = E г m ds In questo caso il campo elettromotore è un campo elettrico non conservativo perché prodotto da un campo magnetico variabile. Il lavoro compiuto per muovere una carica lungo un percorso chiuso non è zero. Dove,in generale, E m = E + v B e cioè il campo elettromotore è dato dalla somma di un campo elettrico e un campo di Lorentz. Abbiamo quindi due tipi di campi elettrici: -campi elettrostatici generati da cariche elettriche ferme dove le linee di campo nascono e muoiono nei punti in cui trovano le cariche; -campi elettrici generati da flussi magnetici variabili nel tempo,con linee chiuse perpendicolari alle linee di campo magnetico; Possiamo descrivere il campo elettromotore per i tre esempi dove nel primo caso con il circuito di prova in movimento avremo E m = v B con v 0, è un campo di Lorentz ; E m negli altri due tipi di problemi,invece,dato che il circuito secondario non è più in movimento (v = 0) il campo elettromotore è un campo elettrico : E m = E

Dunque,in questi ultimi due casi interpretiamo che un campo magnetico variabile nel tempo genera un campo elettrico. Autoinduttanza dei circuiti In precedenza abbiamo considerato due circuiti,dove il circuito primario, alimentato da una corrente i,genera un campo magnetico;schematicamente le linee del campo B ruotano attorno alle linee di corrente e nel passare attraverso il secondario generano una f.e.m.. Supponiamo di avere un solo circuito,dove passa una corrente e dove le linee del campo magnetico sono fatte in modo tale da avere un flusso diverso da zero attraverso l area dello stesso circuito. Chiamiamo Φ Σ (B ) flusso autoindotto. Quindi la variazione di flusso magnetico concatenato con il circuito ha origine dal circuito stesso. Anche la f.e.m. che ha origine in questo caso è chiamata f.e.m. autoindotta. Proprietà elementari : Φ Σ (B ) è proporzionale ad i(t); Φ Σ (B ) = L i ; dove L è detto AUTOINDUTTANZA. Esempio di calcolo dell autoinduttanza: Immaginiamo che nel circuito (solenoide ) passa una corrente i, calcoliamo il flusso autoindotto e poi ricaviamo L. Sappiamo che n = N/h e che B=µ₀ n i₁(t) ; poiché il solenoide è un insieme di N spire, l area sarà un insieme di N cerchi; Φ Σ (B) = N Φ 1 = N B π a 2 dove Φ 1 indica il flusso attraverso un cerchio; Da n = N/h ricaviamo N = n h e sostituiamo : Φ Σ (B ) = n 2 μ 0 i (π a 2 h) (π a 2 h = V, volume solenoide) da cui

L = Φ Σ(B ) = μ i 0 n V Escludendo la presenza di materiali ferromagnetici,l autoinduttanza L è un parametro geometrico. L unità di misura di L è : [L] = [Φ Σ(B )] = Wb = H (henry). [i] A L autoinduttanza è utile per lo studio elettrodinamico dei circuiti. Supponiamo di avere un circuito : - Fg : f.e.m. generatore; -R:resistenza; Alla chiusura dell interruttore si verificano dei fenomeni transitori (detti transienti ) ed entriamo in regime elettrodinamico,che si caratterizza tramite l autoinduttanza. L interruttore ideale è un dispositivo che ha due possibili stati: -aperto:non permette il passaggio della corrente,qualunque sia la d.d.p. ; -chiuso: diventa come un filo ideale,quindi permette il passaggio di qualunque corrente; Nei circuiti elementari,l equazione del circuito è del tipo: f. e. m. = i R In elettrodinamica,invece : f. e. m. = f g + f f (f g : f. e. m. generatore; f f : f. e. m. Faraday; ) Ma quanto vale la f.e.m. autoindotta? f. e. m. = L d(i) Chiudendo l interruttore la corrente comincerà a crescere ; l induttore produce una f.e.m. che si oppone al crescere della corrente,e dato che la corrente cresce,essendo d(i) positiva, la f.e.m. autoindotta sarà negativa. Per cui l equazione del circuito sarà : f g L d(i) = i R

Andando a graficare la i/t, con i=0 a t=0 : (andamento della corrente alla chiusura di un circuito contenete una induttanza) La f.e.m. autoindotta,seguendo la legge di Lenz, si oppone alla causa che l ha generata,ovvero alla f.e.m. del generatore, e talvolta è detta forza elettromotrice. L effetto della f.e.m. autoindotta è quello di non far salire istantaneamente la corrente nel circuito. Il valore di regime della corrente che si ottiene per t è dato da f g R La corrente a regime non coinvolge L dato che l induttore non ha alcun effetto se la corrente non varia. Nell equazione del circuito ricavata, ogni addendo ha come unità di misura una corrente diviso un R tempo,per cui poniamo : dove L i = i Τ Τ:è un tempo caratteristico legato alla elettrodinamica. Τ = L R La soluzione della equazione del circuito,la quale altro non è che una equazione differenziale,è: i = i 0 (1 e t Τ ). Dove osserviamo che,nel momento in cui Τ è uguale a t,avremo che i = 2i 0 3. In elettrotecnica: f g = i R + L d(i) e dal punto di vista grafico il circuito è rappresentato : Circuito RL.

Energia immagazzinata in un campo magnetico Quando un generatore agisce sulle cariche elettriche e quindi applica una forza elettromotrice a queste ultime,viene compiuto un lavoro L g = f. e. m. q Prendiamo un circuito,nel quale R è trascurabile: f g L di = 0 e moltiplicando per q q f g L di q = 0 dove il primo termine rappresenta un lavoro compiuto dal generatore, mentre il secondo termine con segno negativo indica un lavoro assorbito. In tale circuito il generatore,allora,compie lavoro e il campo magnetico assorbe lavoro e lo conserva sottoforma di energia magnetica. q f g L di q = 0 L g L i t q = 0 (ricordiamo che siamo passati da d/ a / t avendo supposto variazioni piccole,ma finite) L g L q t i = 0 L g L i i = 0 L g U m = 0 Per trovare l energia immagazzinata totale nell induttore andiamo a riscrivere l espressione precedente integrando: i 0 U m = L i di = 1 0 2 L i 0 2 Dove L è costante e portato fuori dall integrale. Possiamo adesso ricavare l energia per unità di volume immagazzinata in un campo magnetico : U m = 1 2 L i 0 2 L = μ 0 n 2 V U m = 1 2 μ 0 n 2 i 0 2 V moltiplichiamo e dividiamo per μ 0 : U m = 1 2 ( μ 0 2 n 2 i 0 2 ) V μ 0 = B2 V 2μ 0 V:volume solenoide;

Anche se questa espressione è stata ricavata per il caso del solenoide è valida per ogni regione dello spazio in cui esiste un campo magnetico. Analogamente alla densità di energia elettrostatica U E = ɛ 0 2 E2 V u E = U E V elettrico. dove l energia elettrostatica si distribuisce nel volume dove c è campo Si nota quindi che entrambe sono proporzionali al quadrato del campo corrispondente.