Qualche riflessione sul contributo dei giudici internazionali ed interni al diritto internazionale



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«Rivista giuridica degli studenti dell Università di Macerata», 0 (2010), pp. 23-27 ISSN 2038-7415 (print) / ISSN 2038-7423 (online) 2010 eum Qualche riflessione sul contributo dei giudici internazionali ed interni al diritto internazionale Benedetto Conforti* 1. Premessa Il contributo che i giudici, sia internazionali che interni, danno alla rilevazione e all interpretazione delle norme internazionali è andato divenendo sempre più imponente negli ultimi tempi. Per quanto riguarda i tribunali internazionali, la loro moltiplicazione, soprattutto la moltiplicazione delle Corti settoriali (in tema di diritti umani, di diritto del mare, di diritto del commercio internazionale, ecc.) sia a livello universale che a livello regionale è da tutti rilevabile e rilevata. Per quanto riguarda i giudici interni, basti dare un occhiata alle raccolte di giurisprudenza per rendersi conto dell aumento impressionante, rispetto al passato, delle decisioni che si basano sul diritto internazionale. Questo fenomeno è ovvio è parallelo a quello della sempre maggiore ingerenza del diritto internazionale nei rapporti che direttamente riguardano gli individui all interno delle varie comunità statali. * Professore Emerito di Diritto Internazionale alla Università degli Studi di Napoli Federico II ; è stato giudice della Corte Europea dei Diritti dell Uomo. L articolo è una versione modificata per questa Rivista del contributo già pubblicato in AA.VV., Liber Fausto Pocar, I. Diritti individuali e giustizia internazionale, Milano, Giuffrè, 2009.

24 benedetto conforti 2. Luci ed ombre dell apporto dei Tribunali internazionali alla rilevazione dei principi e delle norme di diritto internazionale generale Non c è alcun dubbio che il contributo dato dai Tribunal internazionali allo sviluppo del diritto internazionale generale sia estremamente importante. Non sono poche le norme generali esistenti, che si sono formate, o consolidate, sotto la spinta di decisioni giurisprudenziali internazionali. Ciò, come è noto, vale soprattutto per l attività consultiva e contenziosa della CIG e basti citare per tutte le regole che si sono formate in tema di riserve a partire dal famoso Parere consultivo del 1951 o quelle in tema di personalità delle Organizzazioni internazionali, sulla spinta dei Pareri consultivi del 1948 sui danni subiti dai funzionari delle Nazioni Unite e del 1980 sull interpretazione dell Accordo del 25 marzo 1951 tra l Organizzazione Mondiale della Sanità e l Egitto. È di conseguenza quanto mai utile ed opportuno che, nel ricostruire il contenuto di norme generali, si prenda come punto di riferimento l attività delle giurisdizioni internazionali, con la CIG in testa. A nostro avviso, però, non bisogna esagerare e considerare tale riferimento quasi come un elemento che esaurisca ogni indagine sull esistenza di siffatte norme. Sinceramente, l autore di queste note ha l impressione che spesso ricerche tendenti a rilevare il diritto consuetudinario o i principi generali del diritto internazionale si limitano a fondarsi sulla giurisprudenza, particolarmente su quella della CIG. E si dimentica che la parola decisiva sull argomento, secondo i principi classici della diuturnitas e dell opinio juris, spetta agli Stati e soltanto agli Stati. Altrimenti si rischia di considerare come diritto esistente norme non ancora accettate dalla generalità degli Stati. Casi in cui gli Stati hanno mostrato di non accettare, o comunque di non accettare in tutti i loro corollari, dei principi affermati dalla giurisprudenza, non mancano certo nella prassi. Si pensi, ad es., a proposito dei principi deducibili dalla Carta delle Nazioni Unite, alla questione dell obbligo gravante sui Membri di contribuire alle spese derivanti da risoluzioni dell Assemblea generale e del Consiglio di Sicurezza in tema di azioni a tutela della pace. Tale obbligo venne affermato nel celebre Parere consultivo della CIG nel caso delle Spese per le azioni delle Nazioni Unite in Medio Oriente e nel Congo, del 1962. Il Parere è stato, ed è, assai citato a proposito degli effetti delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Ma in realtà non ci risulta si tenga nel debito conto la circostanza che, con una decisione dell Assemblea generale del 1965, si stabilì, e la prassi successiva ha confermato, che, contrariamente all opinione della Corte, gli Stati dovessero provvedere alle dette spese soltanto con contribuzioni volontarie. A nostro avviso, un altro caso del genere è quello dell obbligo, che sarebbe previsto dal diritto internazionale generale, di non causare danni all ambiente. Come è noto, tale obbligo, riconosciuto da gran parte della dottrina, è stato affermato dalla CIG nel Parere consultivo sulla liceità dell uso delle armi nucleari, del 1996, e nella sentenza nel caso del progetto Gabčìcovo-Nagymaros, del 1997. Esso era stato già proclamato nelle Dichiarazioni di Stoccolma, del

qualche riflessione sul contributo dei giudici internazionali ed interni al diritto internazionale 25 1972, e di Rio, del 1992, entrambe non vincolanti. Ma quale è la prassi degli Stati veramente significativa che l ha recepito, al di là di specifiche convenzioni internazionali che peraltro si occupano principalmente della responsabilità di diritto interno? È difficile dare una risposta positiva. La stessa categoria degli obblighi erga omnes, a cui dette l avvio la CIG nel celebre dictum contenuto nella sentenza del 1970 nel caso della Barcelona Traction, non si può dire abbia avuto applicazioni sicure e precise nella prassi degli Stati. In particolare, non è chiaro che cosa gli omnes possono fare in caso di violazione di obblighi del genere, come è dimostrato tra l altro dalle opinioni divergenti e dalle riserve che, da parte degli Stati, hanno accompagnato e fatto seguito ai lavori della Commissione di Diritto Internazionale in tema di responsabilità degli Stai. Non è qui il caso di andare alla ricerca di altri esempi. Tutto ciò che si vuol dire è che il problema dei rapporti tra prassi giurisprudenziale e prassi degli Stati c è e che esso potrebbe proficuamente costituire l oggetto di uno studio approfondito di carattere scientifico. 3. I giudici interni e il diritto internazionale Per quanto riguarda i giudici nazionali, è chiaro anzitutto che le loro sentenze in materia di diritto internazionale contribuiscono anch esse all interpretazione e alla rilevazione delle norme internazionali, sia che si tratti di norme consuetudinarie sia che si tratti di norme convenzionali. In un certo senso, la loro influenza sull evoluzione del diritto internazionale è più diretta, in quanto, dal punto di vista di quest ultimo, essi agiscono come organi del proprio Stato, e quindi la prassi alla quale essi danno vita è prassi degli Stati. In varie materie il contributo dei giudici interni si è rivelato fondamentale affinché nel diritto internazionale generale si verificassero quei mutamenti necessari per adattarlo a sopravvenute esigenze della vita di relazione internazionale o per orientarlo verso il perseguimento di valori comuni all intera umanità. Basti pensare ad esempio, sotto il primo aspetto, ai mutamenti subiti dalle regole sull immunità degli Stati dalla giurisdizione civile, l immunità assoluta essendo stata scardinata dalla giurisprudenza italiana e belga già nel primo dopoguerra, ed essendosi arrivati oggi, dopo la vigenza della regola dell immunità limitata agli atti jure imperii, alla soppressione dell immunità finanche per certi tipi di atti del genere. Ci riferiamo alla regola, contenuta anche nella Convenzione delle Nazioni Unite sull immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni, adottata nel 2004 dall Assemblea generale dell ONU ed aperta alla firma ed alla ratifica da parte degli Stati, regola secondo cui non c è esenzione dalla giurisdizione allorché una controversia riguardi i danni causati a persone o a cose da atti di qualsiasi tipo commessi in tutto o

26 benedetto conforti in parte nel territorio dello Stato del foro. Sotto il secondo aspetto, si pensi, sempre a titolo di esempio, alla norma sulla giurisdizione universale degli Stati, applicabile in caso di crimini internazionali in deroga al principio secondo cui la giurisdizione penale può essere esercitata legittimamente dal punto di vista del diritto internazionale solo in presenza di un criterio di collegamento tra il reato e lo Stato del foro. Anche se non si può dire che tale regola sia sicuramente vigente, il contributo dato dai giudici interni affinché essa si affermi nella prassi degli Stati è senz altro notevole. L esemplificazione potrebbe continuare con l indicazione di altri settori in cui l apporto dato alla rilevazione ed all interpretazione di norme internazionali è stato ed è assai importante, come il settore dell interpretazione delle norme di diritto internazionale privato e di diritto uniforme, quello del trattamento degli stranieri, quello dell esercizio della potestà di governo negli spazi marini, e così via. Un altro aspetto dell attività dei giudici nazionali, che non solo ha avuto sempre modo di esplicarsi, come una attenta analisi della prassi rivela, ma che va incoraggiata, va qui richiamata l attenzione. Trattasi della funzione di controllo della legalità internazionale dei comportamenti dei rispettivi Governi. Sulla materia chi scrive ha avuto modo di insistere più volte ed i risultati delle sue ricerche sono stati fatti propri dall Institut de droit international in una risoluzione adottata durante la sessione di Milano dell Institut nel 1993. In particolare, ai giudici interni va riconosciuta, in piena indipendenza dal Potere esecutivo, la competenza a determinare non solo, come già si è detto, l esistenza ed il contenuto del diritto internazionale generale, ma anche, ovviamente con effetti limitati al caso concreto, l esistenza, la validità, la modificazione o l estinzione di un trattato internazionale vincolante il proprio Stato. E lo stesso dicasi per quanto riguarda l accertamento dei cosiddetti fatti internazionali, ossia dei fatti, legati alla politica estera, rilevanti ai fini dell applicazione di regole internazionali. In questo caso permangono in alcuni Paesi regole anacronistiche implicanti la dipendenza dei giudici dal Potere esecutivo: è il caso dei Paesi di comon law, nei quali resiste la prassi consistente nel rivolgersi all Esecutivo per l accertamento di alcuni fatti internazionali (vicende relative alla nascita e all estinzione di Stati e Governi, esistenza dello stato di guerra di guerra, ecc.). La situazione è diversa nei Paesi di civil law: ad es., la Corte di Cassazione francese ha già negli anni 80 ritenuto che l accertamento della reciprocità come condizione per l applicazione dei trattati internazionali, previsto dalla Costituzione francese, possa essere effettuato senza il parere vincolante del Potere esecutivo. Anche la Corte costituzionale italiana ha fatto giustizia della norma di legge che attribuiva al Ministro della giustizia la competenza ad accertare la reciprocità in tema di immunità degli Stati stranieri dall esecuzione forzata.

qualche riflessione sul contributo dei giudici internazionali ed interni al diritto internazionale 27 4. Conclusione In conclusione, con la moltiplicazione dei Tribunali internazionali si va ormai verificando una chiara erosione del vecchio brocardo secondo il quale nel diritto internazionale non vi sarebbero ni lois, ni juges ni gendermes. A parte i gendarmi, che ancora mancano, sia le leggi, ossia i trattati internazionali, che i giudici non si può più dire che facciano difetto. Altrettanto in espansione è la tendenza dei Tribunali nazionali ad occuparsi dell interpretazione e dell applicazione del diritto internazionale, materia che in passato, vuoi per la lacunosa conoscenza delle norme internazionali da parte dei giudici, vuoi per pregiudizi nazionalistici, era quasi considerata come una riserva di caccia del Potere esecutivo. Il rafforzamento della funzione giurisdizionale, sempre che essa non degeneri in un Governo dei giudici, non può che essere salutato con entusiasmo.