Il perché del Principio di Archimede



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Transcript:

Il perché del Principio di Archimede Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l alto uguale al peso del fluido spostato Ricordiamo che il principio è valido per i fluidi e quindi quando pensiamo all acqua siamo in un caso particolare del Principio di Archimede. Ragioniamo dunque pensando all acqua, ma dobbiamo sapere che tutti i ragionamenti fatti sono validi anche, per esempio, per l aria. Ciò ci resta un poco più difficile perché non è immediato pensare all aria come a un qualcosa che pesa, ma è così: l aria pesa (un metro cubo d aria al livello del mare pesa circa un chilogrammo). Se l aria non avesse una sua massa non potrebbe, quando viene deviata dalle vele, fornire loro l azione aerodinamica che fa avanzare la barca. Pensiamo ad una risma di fogli di carta per fare le fotocopie appoggiata su un tavolo (disegno n. 1). Immaginiamo di averli numerati tutti da 1 fino a 500 con il numero 1 attribuito a quello che sta sopra di tutti ed il numero 500 a quello che sta sotto tutti gli altri. Il foglio di carta che sta sopra tutti gli altri (il numero 1) ha sopra di sé soltanto il peso dell aria soprastante che, in questo ragionamento, trascuriamo ponendolo uguale a zero (attenzione: non è così, ma fare questa semplificazione ci aiuta a comprendere meglio). Il foglio numero 2 sopporta il peso del foglio n. 1. Il foglio numero 3 sopporta il peso dei fogli n. 1 e 2 (cioè il peso di 2 fogli). Il foglio numero 4 sopporta il peso dei fogli n. 1, 2 e 3 (cioè il peso di 3 fogli). Il foglio numero 5 sopporta il peso dei fogli n. 1, 2, 3 e 4 (cioè il peso di 4 fogli). E così via fino ad arrivare al foglio n. 500 che sopporta il peso di tutti gli altri che gli stanno sopra e cioè il peso di 499 fogli. Per l acqua il ragionamento è simile (la differenza sta nel fatto che l acqua, a differenza dei fogli, non ha una sua forma propria). Se pensiamo dunque all acqua come ad un qualcosa costituita da tanti fogli d acqua possiamo immediatamente comprendere che, tanto più si va verso il fondo, tanto più i fogli d acqua debbono sopportare un peso maggiore. La somiglianza di comportamento tra la risma dei fogli di carta e l insieme dei fogli d acqua finisce qui perché, come abbiamo già detto, l acqua non ha una sua forma. Questo fatto fa sì che essa trasferisca di lato (in ogni direzione) la pressione che riceve dai fogli d acqua soprastanti rendendo valido il principio che Archimede, con una intuizione eccezionale, ha enunciato più di duecento anni prima della nascita di Cristo. Disegno n. 1 Foglio n. 1 2 3 4 5 499 500 Busto di Archimede Per comprendere fino in fondo perché il principio di Archimede funziona pensiamo ad un corpo che ha la forma ed il volume di un decimetro cubo (un litro) ed immaginiamolo immerso 1

nell acqua (disegno n. 2). La pressione che subisce la faccia inferiore (B nel disegno) è più grande di quella che subisce la faccia superiore (A nel disegno); la differenza tra le due è data dal peso di tutti i fogli d acqua con i quali possiamo immaginare di comporre il nostro decimetro cubo e cioè dal peso del volume d acqua che occupava lo spazio ora occupato dal nostro decimetro cubo. Quel volume d acqua è appunto quello che abbiamo spostato per poter immergere il decimetro cubo in questione. Quella esposta fino a questo punto è la spiegazione scientifica del perché del Principio di Archimede. Una spiegazione più intuitiva è quella che si rifà al modo in cui, molto probabilmente, Archimede ha intuito il tutto. Immaginiamo di essere al mare e di fare il bagno. E esperienza di tutti noi che galleggiamo con discreta facilità: mediamente (non siamo tutti uguali) la nostra linea di galleggiamento si colloca all intorno della nostra bocca (disegno n. 3). Facciamo ora una serie d astrazioni mentali. F A B F1 > F Disegno n. 2 Disegno n. 3 Disegno n. 4 a) immaginiamo di uscire dall acqua b) lo spazio che prima era occupato dal nostro corpo (disegno n. 4) viene immediatamente occupato da un volume d acqua uguale al nostro volume (dai piedi fino alla bocca). c) immaginiamo dunque un volume d acqua, che ha la nostra forma, collocato lì dove stavamo noi. d) quel volume d acqua galleggia (!); non si muove - non va né su né giù. e) immaginiamo di togliere tutta l acqua che circonda il nostro corpo ideale fatto d acqua (disegno n.5). f) è evidente che esso precipiterà sul fondo. g) ciò significa che tutta l acqua che lo circondava gli forniva una spinta che lo sosteneva e che 2

Disegno n. 5 Disegno n. 6 quindi era pari al suo peso. h) decidiamo di fare un nuovo bagno e di ricollocarci nell identica posizione precedente. i) come prima: galleggiamo l) l acqua che ci circonda non si accorge se ci siamo noi o se c è il corpo ideale fatto d acqua con la nostra stessa forma (disegno n. 6). Questa serie d astrazioni ci fa intuire il perché del principio di Archimede. L acqua continua a fare il suo lavoro, sia che ci siamo noi, sia che non ci siamo (con il nostro spazio occupato da un volume d acqua pari al nostro volume immerso). Il ragionamento può esser ovviamente ripetuto per il palloncino dei bambini, per la mongolfiera, per l aerostato, per il dirigibile (immagini n.ri 7, 8 e 9). A noi interessa soltanto l acqua e quindi parliamo di liquido e non di fluido. Immagine n. 7 Immagini n.ri 8 e 9 3

Ciò significa che ogni corpo immerso in un liquido è soggetto all azione di due forze opposte: la gravità, la quale tende a farlo affondare, e la spinta del liquido, la quale tende a farlo emergere con una forza uguale al peso del liquido spostato dal corpo. Immaginiamo un corpo con un volume di 1 dm3 (quindi 1 litro). Immergiamolo nell acqua distillata (un litro d acqua distillata pesa esattamente 1 Kg). Tutti sanno che l acqua di mare è ben lontana dall essere distillata e che pesa più di essa. Infatti 1 dm3 di acqua di mare ha un peso che oscilla tra 1,020 e 1,036 Kg a seconda dei luoghi (è per questo motivo, come tutti ben sanno, che nell acqua di mare si galleggia più facilmente che nell acqua dolce). In ogni modo questo fatto non sposta la sostanza della questione. Abbiamo tre situazioni caratteristiche: 1) il corpo pesa meno di 1 Kg (ad esempio è di sughero o di legno leggero o costruito con una lamierina d acciaio che ne delimita la superficie lasciando vuoto l interno: potrebbe esser una nave in miniatura!). 2) il corpo pesa esattamente 1 Kg 3) il corpo pesa più di 1 Kg. Nel caso 1) il corpo galleggia immergendo una parte del suo volume in modo tale che essa sposti una quantità d acqua pari al suo peso. Nel caso 2) il corpo affonda completamente fino al suo limite superiore e lì si ferma perché ha spostato un volume di liquido pari al suo peso. Nel caso 3) il corpo affonda raggiungendo il fondo perché la quantità massima d acqua che può spostare è 1 litro che pesa, appunto 1 Kg. Perché un imbarcazione si oppone allo sbandamento Abbiamo visto perché una barca galleggia. Vediamo ora di capire perché una barca è stabile e si oppone allo sbandamento indotto dall azione del vento o da altre cause come, ad esempio, lo spostamento di pesi a bordo. Il disegno n. 10 rappresenta un galleggiante visto in sezione, nella posizione d equilibrio. Il successivo disegno n. 11 rappresenta lo stesso galleggiante in posizione di sbandamento. Nei disegni G rappresenta il centro di gravità (baricentro) nel quale si può immaginare applicata la M somma di tutti i pesi che compongono lo scafo; in fisica questa somma di pesi viene chiamata risultante. In questo esempio chiamiamo g questa risultante. Essa agisce verticalmente verso g il basso. Con C è indicato il centro di carena (parte immersa del- G lo scafo), in altre parole il C baricentro del volume immerso dello scafo, al quale s immagina applicata la somma delle spin- c te (risultante) c che, per il principio d Archimede, agisce Disegno n. 10 ver- 4

so l alto equilibrando la forza g. Risulta quindi che le due risultanti g e c sono uguali e contrarie. M Quando lo scafo sbanda, il centro di carena si sposta perché è cambiata la forma della carena e quindi il suo baricentro. Si osservi che è cambiata la forma dei G c a volumi immersi e non il volume C g C' complessivo perché, in base al principio di Archimede, il volume immerso deve avere un peso Disegno n. 11 uguale al peso dell imbarcazione. Chiamiamo C il nuovo centro di carena. Il baricentro G mantiene invece invariata la sua posizione (lo scafo è lo stesso di prima); la forza g agisce sempre verso il basso, mentre la forza c agisce sempre verso l alto (agendo però da una posizione spostata in C ). Le forze g e c generano quella che in fisica viene chiamata coppia di braccio a. Tale coppia tende a far riprendere allo scafo la posizione originaria. Dunque la capacità dello scafo di raddrizzarsi dopo un azione che lo ha fatto inclinare lateralmente dipende dal valore delle due forze g e c (uguali tra loro) e dalla distanza a che le separa. Il prodotto g x a prende il nome di Momento Raddrizzante Mr = g x a. La capacità dello scafo di opporsi allo sbandamento dipende dal valore di g (peso dell imbarcazione detto anche dislocamento) e dal valore di a. Tanto più questi valori sono grandi, tanto più l imbarcazione è in grado di opporsi allo sbandamento. Si dice dunque che il Momento Raddrizzante dipende dal peso g dell imbarcazione (stabilità di peso) e dal valore di a (stabilità di forma perché a dipende dalla forma dello scafo). Possiamo quindi affermare che un imbarcazione è tanto più stabile, a parità di peso, quanto più la forma della sua carena è tale per cui, sbandando immerge volumi lontani dal suo piano di simmetria (perché il valore a cresce più rapidamente). Il punto in cui la spinta passante per C interseca la congiungente CG con imbarcazione dritta viene detto, dagli addetti ai lavori metacentro. La distanza GM è l altezza metacentrica. S intuisce che l imbarcazione è tanto più stabile quanto più l altezza metacentrica GM è elevata. 5