L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE E PROCESSI DI CONTROLLO



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L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE E PROCESSI DI CONTROLLO ALESSANDRO FIOCCO 1. Introduzione La rappresentazione della performance 1 tramite un insieme precostituito di indicatori sintetici è una pratica ampiamente diffusa nell ambito dei sistemi di controllo. Per essere efficacemente utilizzati, tali indicatori devono formare un sistema, che possa simultaneamente: rappresentare i risultati con riferimento all intera azienda; essere scomposto in un reticolo gerarchizzato di indicatori legati fra di loro da relazioni causali o funzionali (cosiddetta proprietà del factoring). La teoria e la prassi presentano vari modelli 2 sulla base dei quali i sistemi di indicatori sono costituiti. D altra parte, il riferimento a modelli diversi risente della natura e della numerosità delle dimensioni di performance 3, mutevoli in relazione alle caratteristiche del contesto ambientale e delle priorità competitive. ¹ Il termine performance è utilizzato con diverse sfumature di significato nella letteratura di lingua anglosassone: esso sta a designare, secondo una traduzione letterale, il «risultato» o la «prestazione» offerta da un «ente» (che può essere un settore industriale, l intera azienda, una o più combinazioni produttive parziali, o le persone a capo di queste ultime) secondo alcuni predeterminati criteri di misurazione. Da tale generica definizione è facile notare come il concetto di performance possa correttamente utilizzarsi anche in un ottica di valutazione esterna. Tuttavia, nell ambito di questo scritto, il termine performance sarà utilizzato per descrivere una delle parti costitutive del sistema di controllo direzionale, in un ottica, quindi, prettamente interna. ² La presenza di un «modello» come elemento fondamentale del sistema di controllo è considerata da molti studiosi. Si vedano, per tutti, Otley e Berry (1980). ³ Con la locuzione «dimensioni di performance» intenderemo, nel corso di questo lavoro, riferirci alle categorie logiche correntemente utilizzate per orientare il giudizio su di un operazione di misurazione. Denomineremo, pertanto, «dimensioni di performance» l efficienza e l efficacia e, nei modelli più recenti, le loro ulteriori scomposizioni in flessibilità, qualità e tempo. 39

La capacità rappresentativa dei modelli è condizione necessaria, ma non sufficiente a garantirne una efficace applicazione. Ulteriori requisiti di efficacia derivano, infatti, dalla conveniente configurazione del sistema di controllo 4 che su di essi si basa. Il presente lavoro intende, appunto, proporre una rassegna dei principali modelli di misurazione della performance corredati, di volta in volta, dall illustrazione delle loro condizioni di utilizzo. A tal fine, si illustreranno innanzitutto le funzioni tipicamente attribuite alla misurazione delle performance, i suoi destinatari ed i suoi significati (paragrafo 2). Di seguito si procederà all illustrazione dei modelli di indicatori basati prevalentemente su grandezze economico-finanziarie (paragrafo 3): essi, di gran lunga i più diffusi ed i più soggetti a critiche (paragrafo 3.2.) ed a proposte «incrementali» di modifica (paragrafo 3.3.), sono caratterizzati da assunti metodologici omogenei (paragrafo 3.4.). A tali uniformità di fondo si farà, per brevità, riferimento sotto la denominazione di approccio contabile 5 alla misurazione delle performance. Ancora, si descriverà il modello di misurazione concepito dall approccio «dei fattori strategici» (paragrafo 4): esso rappresenta, per alcuni aspetti, una sofisticazione del modello precedente, pur introducendo numerose innovazioni nella complessiva configurazione dei meccanismi di controllo. Si analizzeranno poi le proposte, in molti punti assai divergenti da quelle fin qui citate, avanzate dai sostenitori di un nuovo approccio alla misurazione della performance. Tali proposte saranno denominate, per la rilevanza delle novità in esse contenute, «approccio radicale» (paragrafo 5). Nel descrivere le modalità di funzionamento di alcune di esse (paragrafo 5.1.), si tenterà di dare evidenza ad alcuni elementi che dovrebbero caratterizzare la progettazione di sistemi di controllo coerenti con tali modelli innovativi (paragrafo 5.2.). Infine, saranno sviluppate alcune considerazioni critiche prevalentemente incentrate sulla struttura dei modelli descritti. Tale esame dimostra che l approccio radicale presenta alcuni elementi che ne impediscono una efficace applicazione a talune situazioni aziendali/categorie di combinazioni produttive (paragrafo 5.3.). ⁴ Fra i molteplici significati attribuiti nelle nostre discipline al termine «controllo», quello cui faremo prevalente riferimento è il controllo «autonomico», inteso come quello in cui «ogni sistema di livello superiore fornisce un obiettivo ai sottosistemi di livello inferiore e si limita ad osservare il loro comportamento, nel presupposto che tali sottosistemi siano controllati in forma autonoma» (Amigoni, 1988b). ⁵ Su una rappresentazione dell approccio alla misurazione secondo i canoni della «dottrina amministrativa tradizionale» (qui brevemente denominato «contabile», in quanto svolto dagli amministrativi e fondato sulle grandezze economico-finanziarie tratte dalla contabilità) si veda Amigoni (1995a). 40

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... 2. La misurazione della performance e i suoi significati La misurazione della performance può essere vista come una delle possibili finalità 6 che rendono necessaria l elaborazione delle informazioni per funzione di controllo. Le determinazioni quantitative così prodotte assumono un significato diverso rispetto a ciascuna delle categorie di attori coinvolti nel processo di misurazione. Così, dal punto di vista dei soggetti che utilizzano le informazioni prodotte, la misurazione delle performance è prevalentemente finalizzata alla valutazione dei soggetti/delle unità gerarchicamente sottoposti. In particolare, essa può essere rivolta ad apprezzare: l attività delle diverse unità organizzative in vista di rendere l allocazione delle risorse la più efficiente possibile; le azioni intraprese e/o i risultati conseguiti dagli individui responsabili. Con più specifico riferimento a questi ultimi, il conseguimento di obiettivi di performance può eventualmente essere rinforzato tramite la corresponsione di incentivi. Per converso, dal punto di vista dei soggetti valutati, il solo sottoporre a misurazione le attività svolte e/o i risultati raggiunti ha una diretta influenza sul loro comportamento. Le misure di performance utilizzate, infatti, assumono significato di per se stesse, e ciò almeno in un duplice senso: in quanto forniscono indicazioni sul percorso da seguire per raggiungere il risultato (significato direttivo); in quanto motivano al raggiungimento di obiettivi esplicitamente quantificati. Dunque, nei confronti degli individui direttamente o indirettamente interessati alla misurazione delle performance, essa assume non soltanto il significato informativo-valutativo più esplorato in letteratura ma anche una valenza direttiva e motivazionale 7. Questi attributi costituiscono il tratto differenziale fra ottica «pragmatica» ⁶ Altre finalità comunemente attribuite alla struttura tecnico-contabile dei sistemi di controllo direzionale sono: la produzione di informazioni analitiche utili alla redazione del bilancio e la determinazione di figure di costo per le decisioni di breve periodo. Su questa classica ripartizione si vedano le considerazioni di Nanni (1990). ⁷ Questi ulteriori significati delle misure di performance sono analizzati prevalentemente nell approccio che privilegia l analisi della dimensione «comportamentale» dei processi di controllo. Per una rassegna commentata di alcuni fra i contributi più recenti, v. Bernardi (1989); Ferrarese e Santesso (1990). Per la correlazione dei molteplici significati della misurazione rispetto al grado di prevedibilità dell ambiente, allo stato di conoscenza dei processi produttivi, alla determinazione di obiettivi e strategie, v. Agliati (1990). Nonostante alcuni tentativi di integrarlo con il più diffuso approccio strutturale, l approccio comportamentale arriva difficilmente a proporre dei suggerimenti operativi. Esso ha, comunque, il merito di arricchire lo studio dei sistemi di controllo della dimensione «organizzativa», di cui il tema in esame costituisce un importante aspetto. 41

propria dei sistemi di controllo e ottica «semantica» 8 della misurazione. L esame della misurazione delle performance dall angolo visuale dei soggetti valutati cui è recentemente riconosciuta una certa rilevanza sulla scorta di alcune esperienze di successo è riscontrabile anche in riferimento a modelli di misurazione estremamente noti e diffusi: quello basato sulle componenti di reddito e quello basato sull equazione delle determinanti della redditività operativa. Di questi ultimi si esamineranno, qui di seguito, la logica di funzionamento, il contesto operativo di appartenenza, le critiche fondate su ciascuno dei significati della misurazione. 3. L approccio «contabile»: la sovrapposizione fra aree di responsabilità e aree di risultato 3.1. Logica di funzionamento e contesto di riferimento Un primo modello di misurazione fa riferimento alle grandezze che formano il reddito di esercizio: i costi, i ricavi e le figure di reddito parziale vengono, in prima approssimazione, assegnate a ciascuna unità in modo compatibile con la diffusione di autorità/responsabilità previsto dalla struttura organizzativa formale 9. Tale criterio di massima soffre, però, di notevoli eccezioni, dovute sia alle peculiarità proprie di ogni struttura organizzativa, sia alla pratica, ampiamente diffusa, dei centri di profitto semi-autonomi e fittizi. La qualificazione ed il disegno dei centri sono orientati, in sede di progettazione, da considerazioni di carattere strategico ed organizzativo, così da riflettere l apporto sostanziale di ciascuno di essi alla formazione del risultato economico 10. Il significato direttivo e motivazionale delle componenti di reddito come indicatori di performance risiede, rispetto al tipo di responsabilità assegnata, nella riduzione dei costi, nell aumento dei ricavi, nella massimizzazione del profitto. In corrispondenza alla maggiore autonomia nella gestione della ⁸ Cfr. Mason e Swanson (1979). I due autori applicano alle misure le conclusioni della teoria dei segni e denominano «misurazione in ottica pragmatica» quella nella quale il «segno» assunto come parametro di misurazione non soltanto rende conto della prestazione dell entità misurata in base ad una scala di valori, ma è tale da influenzare il comportamento dei valutati attirandone l attenzione, evidenziando le linee di azione da seguire e rilevando i risultati. Una approfondita analisi delle funzioni della misurazione nei processi di controllo è svolta anche da Flamholtz in Ferrarese e Santesso (1990). ⁹ Ad esempio, il direttore di una funzione commerciale può essere responsabilizzato sul livello dei ricavi della gestione caratteristica, un responsabile di produzione sul totale dei costi di stabilimento, un direttore divisionale sul conseguimento del margine operativo di divisione. ¹⁰ Sulla qualificazione dei centri di responsabilità si vedano le esemplificazioni proposte da Vancil (1973) e Merchant (1989). 42

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... dotazione di capitale, la valutazione basata sulle componenti di reddito viene affiancata ed integrata da quella basata sugli indicatori di redditività, fra cui, tipicamente, il ROI nelle molteplici varianti della sua determinazione 11. Inizialmente utilizzato per valutare l efficienza dell allocazione delle risorse, tale indicatore diviene successivamente il principale riferimento anche per la valutazione dell operato dei manager divisionali, così da assumere il ruolo di «meccanismo equilibratore sia del mercato interno dei capitali, sia del mercato del lavoro dei dirigenti» 12. Quanto alla valenza direttiva, le due componenti del ROI turnover del capitale e redditività delle vendite sono identificabili, rispettivamente, come parametri dell efficiente operato della funzione produzione e di quella commerciale. Tale scomposizione mette immediatamente in evidenza i percorsi di azione da seguire: così, ad esempio, se la bassa redditività dipendesse da un basso ROS, il compito del responsabile della funzione commerciale sarebbe quello di agire sulla leva prezzo, mentre gli altri centri di responsabilità tenteranno di ridurre i costi; se, viceversa, dipendesse da una insufficiente rotazione del capitale, essa potrà essere migliorata agendo sull incremento dei volumi di fatturato e sulla riduzione del capitale investito, resa possibile da razionalizzazioni del capitale immobilizzato e da una riduzione del ciclo del circolante. Il contesto nel quale i modelli descritti trovano maggiore diffusione è quello delle aziende multidivisionali. Esso è caratterizzato da una «struttura strategica» 13 formalmente definita che tende a minimizzare i punti di contatto fra le diverse aree di affari, rendendole così il più possibile autosufficienti ed indipendenti. La gestione delle transazioni interaziendali, ove presenti, viene rappresentata da valori che simulino, per quanto possibile, quelli di mercato, i prezzi di trasferimento. In questo ambito, gli indicatori contabili consentono di valutare con un metro omogeneo l efficienza che caratterizza l azione di tutti i centri di responsabilità e degli individui ad essi preposti; tale valutazione si ispira, nei limiti in cui le grandezze in esame sono ulteriormente suscettibili di scomposizione, ai criteri di analisi degli scostamenti. In particolare, un rilievo specifico è assunto dall esame delle prestazioni dei capi divisione da parte dei dirigenti centrali 14. Questo, ¹¹ Per un esame delle diverse configurazioni di ROI, si esaminino Terzani (1996); Amigoni (1995a). ¹² Cfr. Ezzamel (1992). ¹³ È questo il termine adoperato da Lorange (1980) per definire le modalità di aggregazione dei business elementari. ¹⁴ L enfasi che la letteratura pone sulla misurazione della performance ai livelli alti delle organizzazioni complesse è indotta dall interesse suscitato dal decentramento di responsabilità nelle aziende diversificate. In esse, infatti, si pone, in maggiore misura, il problema di recuperare la coerenza dell azione nelle unità decentrate. Sul punto si veda Agliati (1990, 126). 43

svolto con cadenza periodica, è basato sul confronto fra i consuntivi e i budget divisionali approvati se coerenti con il piano pluriennale dalla direzione centrale nel periodo precedente. La composizione degli indicatori di performance è pressoché interamente riferita alle grandezze di budget. Esse scaturite da una negoziazione di variabile intensità fra valutatori e valutati esprimono, normalmente, il valore più probabile delle singole grandezze secondo le aspettative dei diversi responsabili. Per arricchire della prospettiva temporale il contesto della valutazione, i risultati ottenuti vengono confrontati oltre che con quelli attesi con i risultati del o degli esercizi precedenti. Il riferimento alle prestazioni passate influenza anche il livello al quale il processo di negoziazione porta a determinare gli obiettivi, stabiliti secondo una logica «incrementale» (previsione di un leggero miglioramento rispetto all esercizio precedente) più che «razionale» (determinazione degli obiettivi sulla base delle esigenze del periodo futuro) 15. Sulla base degli scostamenti in positivo o in negativo dal valore preventivato in budget si articola il sistema di premi/punizioni. A tal fine, la valutazione del responsabile deve avvenire cercando di «isolare» le parti di risultato dipendenti dalle leve di azione a sua disposizione. Questa regola, nota come principio di controllabilità, induce, in sede di consuntivo o di reporting, alla separata evidenziazione delle componenti su cui il responsabile ha i mezzi per agire da quelle su cui non li ha 16 (Tabella 1). La notevole diffusione dell approccio contabile trae origine dai molteplici vantaggi che esso presenta 17 : esercizio di una pressione sul breve periodo molto consistente, il che induce ad una gestione sobria e senza sprechi, improntata ad un forte pragmatismo; idoneità a riassumere il risultato dell intera azienda in un unico indicatore di valutazione, a sua volta scomponibile in un reticolo di indicatori riferibili a combinazioni produttive parziali; modellizzazione dell attività in termini di valori economico-finanziari, con indicazione chiara ed univoca delle azioni da intraprendere per conseguire gli obiettivi di budget; una ulteriore conseguenza di questa circostanza è rappresentata dalla prevedibilità delle azioni correttive connesse con gli scostamenti; ¹⁵ Cfr. Flamholtz in Ferrarese e Santesso (1990). ¹⁶ Tale principio porta ad affermare, ad esempio, che il reddito netto di un centro di profitto non sia la migliore misura di performance del suo responsabile (Ezzamel, 1992): a tali fini, più efficace sembrerebbe il riferimento ad un «reddito controllabile», al netto cioè delle voci di costo tipicamente al di fuori delle possibilità di azione (tasse, carico di spese di struttura, ecc.). ¹⁷ I vantaggi dell approccio contabile elencati nel testo sono evidenziati da numerosi autori. Si vedano, in particolare: Merchant (1985, 1989); Horngren e Foster (1991). 44

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... Tabella 1 Logica di funzionamento e meccanismi di controllo nell approccio contabile: i centri di profitto Dimensione di performance Significato direttivo Natura obiettivi Livello obiettivi Meccanismo operativo prevalente Confronti in sede di valutazione Valutazione individuale efficienza aumentare i ricavi, aumentare la diminuire i costi redditività delle (reddito) vendite; aumentare il turnover del capitale (ROI) grandezze economico-finanziarie valori «prudenti» determinati in base a una logica «incrementale» controllo direzionale (budget) prestazioni passate valori «controllabili» confrontabilità, data la sostanziale omogeneità del metro monetario, dei risultati anche fra unità organizzative che svolgono attività diverse; unicità: il sistema di misurazione, per quanto utilizzato per diverse finalità, è sostanzialmente unico. Da ciò conseguono forti economie nel trattamento dell informazione. 3.2. Le critiche all approccio contabile Le critiche 18, generalmente condivise, alle misure di performance di natura contabile si appuntano sia sulla loro valenza informativa, sia sul loro significato direttivo e motivazionale. In primo luogo, esse riguardano la tendenza a non favorire un ottima allocazione delle risorse. La critica è focalizzata principalmente sui quozienti di redditività, dei quali si contesta l efficacia per prendere decisioni proiettate nel futuro. I risultati di questi indici nel corso del tempo sono in contrasto con quelli derivanti dalla valutazione ai flussi di cassa scontati, che costituirebbero la migliore approssimazione al ¹⁸ Il tema delle critiche alla misurazione economico-finanziaria delle performance è ampiamente diffuso in letteratura. L economia di questo lavoro non può comprendere una sua sistematica trattazione, ma solo il cenno agli spunti di più diretto interesse per il tema trattato. Per un esauriente approfondimento si rinvia ai lavori di Bellandi (1980, 90 segg.) e di Riccaboni (1989, 163 segg. e 179 segg.). 45

valore economico 19. Il riferimento ai livelli passati di performance, inoltre, porta ad una scarsa efficienza complessiva nell allocazione delle risorse: i responsabili dei centri di investimento sono indotti ad escludere alternative con un tasso di rendimento inferiore rispetto al passato, ma che potrebbe essere superiore rispetto a progetti approvati ad altri centri con «precedenti» di redditività meno favorevoli. In secondo luogo, gli indicatori di performance di natura contabile si prestano a varie forme di manipolazione da parte dei responsabili, che possono stravolgere il contenuto stesso delle rilevazioni per creare delle riserve di budget o, semplicemente, per evitare l irrogazione delle sanzioni connesse al mancato raggiungimento degli obiettivi 20. Inoltre, la focalizzazione su tali grandezze induce ad un orientamento troppo pronunciato sul breve termine 21, sia perché l orizzonte temporale della misurazione contabile e molti dei processi valutativi ad essa sottesi sono tipicamente legati all esercizio amministrativo; sia perché, se resi sotto la forma di rapporti di efficienza, tali indicatori rischiano di stimolare oltre ogni logica l avversione al rischio dei responsabili dei centri di profitto. In particolare, la misurazione delle performance basata su rapporti di redditività presenta difetti ineliminabili, potenzialmente in grado di produrre conseguenze distorsive quali che siano le modalità di calcolo dell indicatore. Considerando, ad esempio, il caso del ROI, il calcolo del capitale investito al lordo degli ammortamenti può determinare una scarsa attenzione alle potenzialità residue della struttura produttiva ed una eccessiva facilità di rinnovo; per contro, calcolando la stessa grandezza al netto degli ammortamenti, il rapporto di redditività ne risulterebbe indebitamente gonfiato, favorendo la già carente propensione al rischio dei valutati 22. Una ulteriore aspetto sottoposto a critica è dato dall ipotesi di una «proprietà additiva» che l approccio contabile sembra presupporre: il miglioramento della performance di ciascun centro di responsabilità coincide con il miglioramento della performance dell intera azienda. Tale impostazione non tiene in adeguata considerazione le correlazioni sistemiche fra le singole unità organizzative 23. ¹⁹ Cfr. Dearden (1969). ²⁰ Per una schematizzazione delle pratiche di comportamento nei processi di controllo si vedano Birnberg, Turopolec e Young (1983) e Merchant (1985). Per una indagine sul campo concernente le pratiche di manipolazione dei dati di budget si veda Merchant (1990). ²¹ Notevole è la letteratura americana sulla «miopia manageriale». Per una illustrazione in termini generali del problema, può essere utile la consultazione di Abernathy e Hayes (1980); per una diversa interpretazione di questa tesi dominante, si veda, invece, Bruce e Taylor (1991). ²² Cfr. Dearden (1960). ²³ Tale aspetto è estremamente enfatizzato nel lavoro di Johnson (1992). Questa critica, qui solo brevemente accennata per completezza di esposizione, verrà ampiamente sviluppata trattando dell approccio radicale, del quale costituisce uno dei principali punti di partenza. 46

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... 3.3. Le proposte «incrementali»: la riespressione dei valori contabili, l utilizzo dei flussi finanziari scontati Diversi sono i tentativi di recuperare l attendibilità e la rilevanza della misurazione mantenendo gli stessi modelli interpretativi della realtà aziendale. Ferma restando la struttura del modello, le proposte di modifica si concentrano essenzialmente 24 : a) su alcune modifiche del modello e del processo di misurazione; b) sulle opportunità di esprimere, con appropriate rielaborazioni, indicatori di performance più significativi ed efficaci. Tali proposte «incrementali» hanno la duplice finalità di rendere il sistema di indicatori: più affidabile in funzione delle decisioni di efficace ed efficiente allocazione delle risorse; più coerente rispetto agli obiettivi aziendali sovraordinati. a) Le proposte riguardanti la modifica di alcuni aspetti del processo o dei metodi di misurazione si concentrano: sul problema della separazione fra la valutazione dell operato individuale e la verifica a consuntivo degli scostamenti dal budget; sulla necessità di stabilire diversi criteri di misurazione per il responsabile e per l unità organizzativa da esso governata; sulla opportunità di determinare gli obiettivi in logica «base zero»; sull esigenza di indicare orizzonti temporali di valutazione più ampi o di estendere la misurazione a quei fenomeni della gestione non abbastanza evidenziati dalle misure contabili (come le risorse umane). Se anche questo tentativo dovesse rivelarsi inefficace, la soluzione estrema proposta è quella di abbandonare il controllo sui risultati 25. b) Un altro insieme di proposte è volto ad approfondire la ricerca di indicatori che mantengano il rigore di quelli tradizionali, ma che meno di essi prestino il fianco a manipolazioni «opportunistiche» o conducano a comportamenti miopi. Tale tentativo si traduce: nella modifica dei criteri di valutazione delle grandezze componenti le misure di performance (esempio valorizzazione del capitale investito operativo a valori di rimpiazzo anziché a costo storico sulla base di coefficienti attendibili e condivisibili di aggiornamento); nella maggiore elasticità all atto dell esame di quelle componenti di risultato la cui determinazione è rimessa dalla discrezionalità dei valutati: tipicamente, gli ammortamenti e le rimanenze. ²⁴ Una ripartizione in parte omogenea a quella proposta nel testo, ma basata sui sistemi di controllo nel loro complesso e non sui soli modelli di misurazione, è contenuta in Ferrarese e Santesso (1990, 7-8). ²⁵ Le proposte elencate nel testo sono illustrate, rispettivamente, in Dearden (1960, 1969); Flamholtz in Ferrarese e Santesso (1990); Merchant (1985). 47

Inoltre, questo filone di studio, partendo dall evidenziazione dei difetti indicati nel paragrafo precedente, tende a spostare dai «rapporti» ai «margini» l enfasi delle misure di controllo. In particolare, la contrapposizione tipicamente proposta è quella fra il ROI ed il Reddito Residuale 26 ; quest ultimo indicatore consente di eliminare le distorsioni connesse all utilizzo dei quozienti e, tramite una più accurata stima del costo del capitale, gran parte delle distorsioni in fase di allocazione delle risorse. Esso resta, tuttavia, legato ai limiti di significatività connessi alla misurazione di tipo contabile. Una ulteriore alternativa al ripristino di significatività dei valori economico-finanziari riguarda la sostituzione dei valori contabili con valori finanziari attualizzati. L ipotesi alla base di questa affermazione è che il principio di competenza, alla base della determinazione del «reddito contabile», non riflette accuratamente il «reddito economico». Quest ultimo è assunto come incremento, in un intervallo di tempo definito, del valore di mercato dell azienda 27. Atteso che la finalità ultima dell azienda è, secondo questa impostazione, la massimizzazione della ricchezza degli azionisti, anche il contributo di singole unità organizzative potrebbe essere valutato da parametri espressivi di tale obiettivo, comunemente espresso dal cash flow futuro atteso. Naturalmente, il calcolo di quest ultimo presuppone che tale grandezza sia utilmente determinabile anche in contesti operativi caratterizzati da condizioni di concorrenza, di attitudine al rischio, di trasferibilità delle informazioni lontane dalla posizione ottimale. Inoltre, per evitare che la loro determinazione sia soggetta agli stessi margini di arbitrarietà caratterizzanti gli indicatori contabili, e dia luogo a distorsioni tanto più gravi in quanto proiettate nel futuro si propone di inserire, quale autonomo obiettivo di performance, l attendibilità delle valutazioni 28. L utilizzo di questo metodo per la valutazione delle prestazioni manageriali suggerisce alcuni spunti di riflessione: da un lato appare difficile da conciliare con contesti operativi molto lontani dalle condizioni di «perfezione» (simmetria informativa, molteplicità delle informazioni, assenza di rischio); dall altro non sembra risolvere, ma semmai aggravare, il problema della valenza direttiva dell indicatore. Esso, infatti, al contrario di quelli contabili, sembra soltanto suggerire una generica propensione verso la massimizzazione di lungo periodo del flusso di cassa, e quindi una diretta «comunicazione» degli obiettivi superiori, ²⁶ Per un esaustivo confronto fra queste due grandezze, v. Brusa e Zamprogna (1991); Riccaboni (1989); Horngren e Foster (1991). ²⁷ Cfr. Merchant (1985); Bruns e Merchant (1986); Ezzamel (1992). ²⁸ Cfr., in tal senso, Bruns e Merchant (1986). 48

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... ma da essa non risulta nessuna indicazione specifica sui comportamenti da tenere, soprattutto ai livelli gerarchici subordinati 29. 3.4. Gli assunti metodologici dell approccio contabile Nonostante la notevole varietà delle proposte, l approccio contabile inquadra il problema della misurazione delle performance nell impostazione «classica» del controllo direzionale. La funzione ad esso tradizionalmente attribuita è quella di allocare le risorse rese disponibili dai piani strategici secondo criteri di efficacia e di efficienza. Dato il prevalente utilizzo di strumenti economico-finanziari per il governo di tali risorse, esso è talvolta denominato «controllo finanziario» 30. Nei contributi più recenti, quest ultimo presenta maggiore considerazioni delle conseguenze comportamentali dei sistemi di controllo. Un tratto distintivo di tale approccio, anche nella versione aggiornata, consiste nella scelta di considerare le decisioni strategiche come variabili esogene rispetto al sistema di controllo 31. Il compito del controllo è identificato principalmente nell implementazione dei piani strategici. Questa tradizionale separazione di competenze appare direttamente connessa al filone harvardiano di studi strategici. Nella sua versione originaria, esso implica, per la definizione del campo di attività del controllo direzionale, una netta separazione di compiti fra dirigenti centrali e dirigenti di linea. Il coinvolgimento dei line manager è, in questa fase, limitato alla sola realizzazione del budget: «Soltanto quando il piano diventa un budget di profitto annuale, allora la responsabilità dei dirigenti diventa chiara» 32. Ogni forma di valutazione delle performance in chiave strategica presenta difficoltà insormontabili, che impediscono il riferimento ad un modello sistematico. L esigenza di riferire i criteri di valutazione a condizioni di certez- ²⁹ Non mancano, tuttavia, proposte tendenti ad ipotizzare il factoring del flusso di cassa. Per un esempio, relativo però a singoli progetti di investimento, v. Azzone (1994). ³⁰ Tale locuzione rappresenta la traduzione dell anglosassone financial control, che sta ad indicare che l oggetto del controllo è rappresentato da sintesi significative di valori estratti dalla contabilità, con prevalente riferimento, come si è visto, all analisi delle decisioni di investimento più che di finanziamento. Tuttavia, la denominazione «controllo finanziario» ha assunto negli studi italiani il più ampio significato di «controllo di sintesi del binomio fonti/impieghi correlato al binomio redditività/liquidità» (Ferrero, 1981). Per evitare di confondere i due significati ora tratteggiati, preferiremo, nel prosieguo del lavoro, indicare come controllo direzionale quello che gran parte della letteratura anglosassone denomina financial control. ³¹ Tale premessa metodologica è comune a tutto l approccio classico. Si confrontino, per una conferma di questa tesi, Merchant (1985); Anthony, Dearden e Bedford (1989). ³² Cfr. Dearden (1987, 86) (TdA). 49

za è ulteriormente dimostrata dalla limitata applicabilità di tali modelli di misurazione: per esplicare la loro massima efficacia, essi richiedono la conoscenza del processo di trasformazione e, soprattutto, un buon grado di misurabilità dei risultati. Ora, tale misurabilità è spesso identificata con la quantificabilità in termini economico-finanziari che trae, a sua volta, validità dall essere concepita e redatta secondo criteri di rappresentazione sistematica della realtà aziendale e sulla base di principi generalmente accettati. La mancanza di questo requisito determina inevitabilmente, nella logica di questo approccio, un calo di efficacia del sistema di controllo e la maggiore rilevanza di forme di governo meno facilmente programmabili (individuale, sociale, «di clan»). Un altro carattere comune a tutte le proposte dell approccio contabile risiede nel permanere della convinzione ben radicata nella cultura manageriale nordamericana e frutto del legame originario del management accounting con la teoria economica classica della univocità del profitto quale fine unico ed ultimo dell attività di impresa 33. L influenza del modello classico di razionalità economica porta anche ad altre assunzioni «forti». In particolare, si ipotizza che valutatore e valutato abbiano gli stessi obiettivi e la stessa propensione al rischio: da cui il presupporre, fra tali categorie di attori, una convergenza di interessi non sempre verificata nella pratica. La rimozione di questa ipotesi, sviluppata analiticamente dall agency theory, porta ad alcune interessanti indicazioni sulla scelta degli obiettivi controllabili e sulla configurazione delle modalità di incentivazione. L applicazione di questo schema al tema in esame mostra, fra l altro, che la divergenza del comportamento dei valutati rispetto agli obiettivi fissati dal principal possa essere ridotta tramite l utilizzo di un insieme coerente e bilanciato di indicatori 34. È proprio questo «espediente» che trova largo utilizzo negli approcci qui di seguito descritti. 4. L approccio dei «fattori strategici»: il bilanciamento fra indicatori di efficienza e di efficacia Lo sviluppo, nella teoria e nella prassi, di schemi di analisi strategica, in grado di fornire risposte più selettive alla crescente complessità ambientale, porta a sovrapporre ai tradizionali processi di budgeting ³³ Il legame fra management accounting e teoria economica classica è documentato in Caplan (1966). Invece, per alcune esemplificazioni dell orientamento univoco verso il profitto delle grandi imprese nordamericane, si veda Coda (1988). Una inequivoca conferma di questo assunto è fornita anche da R. F. Vancil (1973): «L analisi della profittabilità è un criterio di misurazione della performance estremamente utile, riuscendo a ricondurre ad omogeneità anche situazioni molto diverse ed a motivare al raggiungimento di obiettivi misurati dalla sola unità di misura del successo imprenditoriale» (TdA). ³⁴ Sull applicazione dell agency theory ai processi di controllo si veda Bastia (1992). Per l applicazione citata nel testo v., invece, Cappellari e Collini (1994). 50

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... meccanismi formali di pianificazione. Questi, tipici delle imprese a struttura complessa, comportano la ridefinizione dell ambito di operatività delle singole unità organizzative, il cui coinvolgimento nella formulazione ed implementazione della strategia è direttamente correlato al livello gerarchico e crescente in relazione allo stadio di evoluzione dei meccanismi operativi 35. Tale circostanza, pur se non sempre accompagnata da una formale attribuzione di responsabilità rispetto ai risultati 36, porta ad arricchire il modello classico di misurazione delle performance con alcuni indicatori di grandezze strategicamente rilevanti. In effetti, l introduzione di indicatori di natura strategica rivela l esigenza di una più attenta considerazione della dimensione efficacia che, nei modelli precedenti, era sinteticamente rappresentata dal fatturato o dal ROS 37 (o dai rispettivi tassi di crescita). La necessità di un proficuo abbinamento fra efficienza ed efficacia pone un duplice problema: a) come modificare il modello di misurazione tradizionale sia in vista della valutazione individuale, sia al fine di apprezzare l operato di combinazioni produttive parziali; b) come modificare, in ragione della diversa natura degli indicatori espressivi di grandezze strategiche, la configurazione dei meccanismi di controllo. a) Rispetto alla misurazione dell operato di sub-unità organizzative, le logiche di generazione e di allocazione delle risorse sono forte- ³⁵ Per una efficace interpretazione dello sviluppo di nuovi meccanismi operativi a fronte dell aumento di complessità e dello sviluppo dimensionale dell impresa, si veda Amigoni (1995b) e Bergamin Barbato (1991). Sulla correlazione fra livello gerarchico e ruolo nel processo di formulazione ed implementazione della strategia si vedano, ad esempio, Lorange (1980); Hax e Majiluf (1987); sulla considerazione degli stadi di evoluzione dei meccanismi operativi, si guardi, per esempio alla tassonomia proposta da Banks e Wheelwright (1979). ³⁶ Il filone di studi della pianificazione strategica tende a differenziare le finalità dei diversi meccanismi di coordinamento, assegnando alla pianificazione strategica il compito di sviluppare l adattamento dell impresa all ambiente, alla programmazione il ruolo di provvedere all integrazione fra le diverse unità organizzative, al budgeting la funzione di sancire la responsabilizzazione formale su obiettivi condivisi, misurabili ed accettabili. Su questo punto si veda Lorange (1980) cap. 1. Il problema della responsabilizzazione sulla dimensione strategica della performance è, inoltre, uno dei possibili aspetti del problema del controllo strategico, tuttora estremamente dibattuto in letteratura. Per una trattazione sistematica delle problematiche legate a questo tema si veda Bubbio in D Anselmi (1990); Paolini (1992). ³⁷ L interpretazione del ROS come indicatore di efficacia è, ad esempio, sostenuto da Stata e Maidique (1980). Altri autori intendono, più propriamente, il ROS come indicatore di efficienza esterna, in quanto combina l utilizzo di una variabile indicativa dell efficacia (le vendite), con una intesa a rappresentare anche il corrispondente utilizzo di risorse. Su quest ultima impostazione si veda, ad esempio, Massari in Pivato (1987, 388-399). 51

mente influenzate dalle considerazioni sul posizionamento strategico delle diverse unità di business derivanti dalle note matrici di portafoglio. Queste portano a definire l ammontare di risorse spettante ad ogni singola unità sulla base dello stadio di evoluzione dell attività in termini di attrattività del settore e di posizione competitiva relativa. Il problema critico da risolvere, secondo questa impostazione, è la gestione coordinata ed armonica delle diverse fasi di sviluppo dei singoli business. Ai fini della generazione ed allocazione delle risorse, risulta decisiva la composizione di un portafoglio di «unità di affari» equilibrato in termini di redditività e crescita, dimensioni fondamentali della matrice di redditività (profitability matrix) 38. Tale schema di riferimento è assunto anche a base dei sistemi di obiettivi assegnabili ai responsabili delle singole unità di business, e rappresenta una delle possibili modalità di bilanciamento degli obiettivi 39. Questi ultimi vengono raffigurati non più da un solo parametro di risultato, ma da un insieme bilanciato di parametri che siano in grado di conciliare l efficienza con l efficacia. La questione del bilanciamento trova, tuttavia, anche altre alternative di risoluzione in sede di assegnazione degli obiettivi individuali. I tradizionali indicatori di efficienza vengono integrati da: indicatori rappresentativi delle «tappe» rilevanti di avanzamento del piano denominati, nella letteratura anglosassone, milestones 40 ; indicatori specifici intesi a concentrare l attenzione dei valutati sui fattori critici di successo. b) Il contesto nel quale la misurazione delle performance si colloca è, si accennava in apertura del paragrafo, sostanzialmente più complesso rispetto a quello dell approccio contabile. Esso resta però pressoché invariato quanto alla concezione della macrostruttura organizzativa: il maggiore grado di complessità favorisce la maggiore autonomia delle unità decentrate, ma lascia intatto il disegno della struttura strategica, per lo più insensibile alla gestione dei collegamenti orizzontali. Alla sostanziale invarianza delle logiche di progettazione della struttura organizzativa fa riscontro, tuttavia, un assetto sostanzialmente diverso dei meccanismi di controllo. Al controllo direzionale ³⁸ Per una descrizione dello specifico strumento richiamato nel testo si veda Hax e Majiluf (1987, 310). ³⁹ Cfr. Donaldson (1985): secondo l autore, tale strumento può essere utile alla definizione di un vettore di parametri/obiettivo fra loro compatibili e, quindi, accettabili da parte dei valutati. Tale impostazione è adeguatamente esemplificata anche in Brusa e Zamprogna (1991, 179 segg.). ⁴⁰ Tipici esempi di milestones (lett. pietre miliari) sono le fasi per il lancio di un nuovo prodotto (definizione delle specifiche, progettazione, prototipo, immissione sul mercato), ovvero i livelli di penetrazione in un mercato ipotizzati dal piano strategico a diverse scadenze. 52

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... tradizionale si sovrappone, infatti, una forma di controllo «strategico» 41 che mira, oltre che a verificare periodicamente le «premesse» del piano, ad indicare i corretti percorsi della sua realizzazione. A differenza del controllo direzionale, il controllo strategico è solo raramente formalizzato sia nei meccanismi che nell attribuzione delle responsabilità; dal primo, in genere, si differenzia per la cadenza delle verifiche e per un minor numero di soggetti coinvolti 42. Con riguardo a quest ultimo aspetto e coerentemente con il significato di strategia accolto, il processo di controllo strategico è spesso limitato ai vertici direttivi, unici attori, in quanto unici responsabili, della corretta formulazione e realizzazione della strategia 43. Quando è esplicitamente formalizzato, il controllo strategico da parte dei dirigenti centrali porta alla integrale elaborazione dei piani strategici a livello di area d affari, e, in taluni casi, alla selezione, da parte degli stessi valutati, del tipo e del livello degli obiettivi. Tale soluzione, sfruttando le conoscenze «di prima mano» dei manager di linea, consente di attribuire maggiore realismo al processo di pianificazione. Un processo così congegnato richiede, tuttavia, da parte della direzione centrale, un ulteriore riscontro sull attendibilità dei piani presentati e sulla completezza dei sistemi di obiettivi proposti per le valutazioni individuali. L attività di verifica è operata, talvolta, da appositi ruoli di collegamento (detti liaison manager o padrini), legittimati ad esercitare potere di autorizzazione o di veto sulle proposte presentate. La diversa articolazione del processo di controllo strategico dipende in larga misura dalla impossibilità di riferirsi, per le grandezze di natura strategica, ad un modello di misurazione certo ed univocamente condivisibile. Da ciò scaturiscono due ulteriori conseguenze: la necessità di operare una integrazione dei tradizionali indicatori di risultato con indicatori intermedi di produttività 44 e con grandezze espressive dei fattori critici di successo; ⁴¹ Oltre ai riferimenti citati in nota 36, si consulti, per una organica trattazione delle differenze fra controllo direzionale e controllo strategico, intesi come «stili» di controllo, Goold e Campbell (1987). ⁴² La cadenza delle verifiche dipende essenzialmente dalle diverse forme di controllo strategico proponibili in relazione alla prevedibilità delle modifiche dell ambiente e alle possibilità di risposta dell impresa. Si veda, sul punto Lorange, Scott Morton e Ghoshal (1986). ⁴³ Particolarmente utili all illustrazione di questo punto appaiono le parole di Beretta in Amigoni (1995b): «il modello gerarchico, che prevedeva una netta separazione fra decisione ed azione, favoriva il diffondersi dell illusione che il processo di apprendimento potesse esaurirsi al vertice dell impresa». ⁴⁴ Sulla definizione degli indicatori intermedi di produttività si veda Amigoni (1995a). Inoltre, è opportuno sottolineare che i sistemi bilanciati di indicatori riflettono una forma «mista» di controllo dei risultati e delle azioni; nella prospettiva in esame, tuttavia, la complessità e rilevanza delle «azioni» misurate porta ad attenuare la categoricità di questa classica distinzione. 53

la necessità di coordinare la logica del controllo strategico con i meccanismi e le azioni proprie del controllo direzionale. In risposta a queste esigenze, l utilizzo di sistemi bilanciati di parametri di performance: può rappresentare un efficace momento di incontro fra le due logiche di controllo; può contribuire a rendere più chiaro ed esplicito l orientamento strategico dell alta direzione ed a minimizzare la propensione al breve periodo indotta dalle sole misure contabili. La diretta focalizzazione anche su grandezze di natura strategica, inoltre, porta gli attori del processo di controllo a determinare gli obiettivi in modo più coerente con le necessità espresse dalla «missione» assegnata alle singole unità di business. È importante sottolineare che l enfasi sui fattori strategici attenua, di fatto, il significato originario del principio di controllabilità: del resto, anche da parte dei fautori dell approccio contabile, si prende atto, sulla base di una cospicua evidenza empirica, che quest ultimo è largamente disatteso. Il principio di controllabilità, elemento «portante» dei sistemi di controllo direzionale di ispirazione tradizionale, viene stemperato nel concetto meno categorico di influenzabilità: il criterio principale per la responsabilizzazione su qualsiasi tipo di indicatore diventa il fatto che i valutati accettino di contribuire Tabella 2 Logica di funzionamento e meccanismi di controllo nell approccio dei fattori strategici: le unità di business Dimensione di performance Significato direttivo Natura obiettivi Livello obiettivi Meccanismo operativo prevalente Confronti in sede di valutazione Valutazione individuale efficienza + efficacia raggiungere gli obiettivi del piano nell ambito dei vincoli di redditività prefissati economico-finanziari, di mercato, qualitativi valori stabiliti nell ambito di un processo di negoziazione coerente con la missione delle singole unità pianificazione strategica/strategic management prospettive di redditività e crescita dell area di business valori «influenzabili» 54

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... ad orientarne l andamento, a prescindere dalle leve di azione disponibili. In altri termini, l accuratezza e la precisione della misura sembra essere subordinata al consenso ottenuto, su di essa, dai valutati 45 (Tabella 2). L approccio, sopra descritto, dei fattori strategici si presenta, sotto molti aspetti, come la naturale evoluzione del modello contabile e le soluzioni da esso proposte appaiono volte a colmare le lacune più evidenti per effetto dell accresciuta complessità strutturale ed ambientale evidenziate nel primo. L esigenza di «controllare» la formulazione e la realizzazione della strategia porta, tuttavia, ad alcune significative modifiche del processo di controllo. Quest ultimo appare, pur nei limiti della ristretta cerchia di attori coinvolti, orientato ad utilizzare la misurazione più come supporto alla comprensione delle dinamiche caratterizzanti le singole combinazioni produttive parziali che non come strumento di valutazione individuale. Tale tendenza sarà ampiamente sviluppata nelle più recenti proposte, qui di seguito illustrate, di ripensamento dei modelli di misurazione. 5. L approccio «radicale»: oltre il modello quantitativo-monetario 5.1. Logica di funzionamento di due dei nuovi modelli: la Balanced Scorecard e la Piramide delle Performance L evoluzione delle filosofie manageriali verso la soddisfazione del cliente, la qualità totale, il miglioramento continuo pongono l ulteriore esigenza di ampliare l insieme delle priorità strategiche da perseguire. Il raggiungimento simultaneo di un livello di obiettivi accettabile per ciascuno degli aspetti indicati è condizionato dalla crescita della capacità di risposta dell azienda alle pressioni competitive cui viene sottoposta. Dunque, si assiste non soltanto alla crescita delle dimensioni rilevanti di performance, ma anche alla necessità di riferirle ad un più largo numero di livelli organizzativi. In altre parole, una performance efficace è la risultante di un insieme complesso ed articolato di variabili che gli esperti di misurazione delle performance sono incaricati di porre a sistema e di assegnare in modo coerente con le leve di azioni manovrabili. Peraltro, non sempre le dimensioni rilevanti di performance possono essere efficacemente rappresentate da grandezze di tipo quantitativo-monetario 46. Si assiste, così, alla progettazione di sistemi di indicatori «aperti» ⁴⁵ Cfr. Sòstero (1991). Sui costi ed i benefici connessi alla selezione di grandezze controllabili v. Merchant (1989, 87-141). ⁴⁶ Sul punto si veda l efficace schema proposto da Silvi (1995, 30). 55

la cui strutturazione prende direttamente le mosse dalla enunciazione della «visione» del vertice aziendale 47. Un esempio di questi ultimi è rappresentato dalla Balanced Scorecard (BS) 48 : essa rappresenta un tentativo di riassumere sotto quattro dimensioni fondamentali (economico-finanziaria, di soddisfazione del cliente, di miglioramento ed apprendimento) i possibili indicatori in grado di rappresentare obiettivi reciprocamente compatibili e che considerino nel modo adeguato le «ragioni di scambio» 49 fra le diverse grandezze di riferimento. Tale approccio, tuttavia, non costituisce un mero allargamento del modello visto nel paragrafo precedente. Anzi, da quello si differenzia per due aspetti fondamentali: a) la considerazione della dimensione economico-finanziaria; b) la modalità di selezione e composizione dei parametri di performance. a) Quanto al primo aspetto, esso sembra partire dall osservazione che i metri di misura di derivazione contabile sono efficacemente utilizzabili per valutare i risultati ottenuti sulla base delle decisioni già prese, mentre non forniscono informazioni sufficienti per selezionare le decisioni da prendere 50. In particolare, l utilizzo di grandezze eco- ⁴⁷ I modelli di misurazione delle performance descritti ed analizzati qui di seguito non esauriscono la molteplicità di proposte avanzate dalla letteratura più recente. La decisione di prendere in considerazione solo due dei modelli proposti è funzionale all economia di questo lavoro e consente di indirizzare in modo più mirato le critiche che seguiranno. Per una visione unitaria di un più ampio numero di proposte, si consideri la classificazione operata da De Toni e Tonchia (1996). ⁴⁸ Cfr. Kaplan e Norton (1992,1993). È opportuno precisare che la versione originaria del modello fa solo implicitamente riferimento alla preesistenza di una «visione» strategica. La necessità di ricondurre le varie dimensioni di performance ad una visione strategica unitaria è, invece, sottolineata con maggiore enfasi dal successivo lavoro di Hoffecker e Goldenberg (1994). ⁴⁹ Intendiamo come «ragioni di scambio» (per tradurre il termine anglosassone tradeoff) il diverso rapporto fra le variabili di input utile a realizzare un livello predeterminato di una variabile di output. ⁵⁰ L esigenza di disporre, a fini di corretta gestione, di informazioni sulle grandezze fisico-tecniche che completassero quelle economico-finanziarie era già stata avvertita, pur se in presenza un diverso contesto storico, da molti dei maestri della nostra economia aziendale. Ad esempio, Zappa (1956: 883) affermava: «... malgrado la notevole portata delle determinazioni a valore, queste sono inadeguate ad una sufficiente conoscenza delle gestioni produttive e richiedono di essere variamente integrate da rilevazioni del volume fisico delle cose acquistate, prodotte, vendute (...) dalla rilevazione di andamenti e di future tendenze di quantità economiche di impresa e di mercato». Sulla stessa problematica, rilevante è l impostazione del Ceccherelli (1967, 18-20) che individua due separate branche della rilevazione, distinte ma reciprocamente connesse: una prima, che ha come fine il risolvere «il singolare problema della determinazione anticipata dei redditi aziendali», attuata attraverso le rilevazioni di conto; una seconda che «tende alla formulazione di diagnosi (...) ed a suggerire la tempe- 56

A. FIOCCO, L EVOLUZIONE DEL RAPPORTO FRA MODELLI DI MISURAZIONE... nomico-finanziarie nell ambito della Balanced Scorecard rappresenta il solo modo di rappresentare i risultati. Il collegamento fra indicatori fisico-tecnici e quantitativo-monetari è, però, tutt altro che risolto: non è detto che un positivo riscontro sugli indicatori fisico-tecnici comporti automaticamente il miglioramento dei risultati economico-finanziari, né che questi siano, in assoluto, inespressivi dei fattori critici per il successo competitivo. b) La selezione degli indicatori più adatti, nell ambito delle linee guida fissate dalla visione strategica, è rimessa ad un apprezzamento delle singole situazioni operative: soltanto dalla loro intima conoscenza può, infatti, emergere un quadro attendibile di rappresentazione della realtà osservata. Il modello, quindi, si limita alla sola enunciazione delle dimensioni di performance, lasciando alla discrezionalità degli utilizzatori la facoltà di strutturare, secondo la loro percezione della realtà, le relazioni fra grandezze. L efficacia di questo strumento, nelle esperienze finora riscontrate, è correlata alla possibilità di interessare alla sua applicazione il maggior numero possibile di livelli organizzativi 51. Una più puntuale correlazione fra dimensioni di performance e livelli organizzativi è avanzata da una ulteriore proposta, quella della piramide della performance (PP) 52. Nonostante la rappresentazione gerarchica delle dimensioni, la logica sottostante al modello assegna alla flessibilità il ruolo di dimensione centrale di performance: è tramite la capacità di adattamento e la velocità di risposta alle esigenze del cliente che si riescono a conseguire risultati soddisfacenti sotto il profilo sia dell efficienza che dell efficacia. In particolare, ai tre livelli gerarchici considerati sotto la direzione centrale (responsabili di business unit, responsabili di «sistema operativo» 53, responsabili delle operations) vengono asse- stiva adozione di provvedimenti capaci di consolidare la struttura, e di mantenere o ristabilire l equilibrio funzionale delle imprese», attuata attraverso le «indagini statistiche». Queste ultime risultano preminenti sulle prime «quando si tratta di cogliere dai dati segnalatici la conoscenza dei fatti e di dedurne norme di comportamento». In modo analogo Onida (1971, 713) riserva ampio spazio al problema delle rilevazioni «statistiche» nelle aziende, riconoscendone l utilità «sia che si tratti di indirizzare consapevolmente la futura condotta dell azienda e di formare programmi di esercizio, sia che si tratti di attuare controlli di efficienza o di interpretare i risultati economici rilevati negli ordinari bilanci periodici». ⁵¹ Cfr. Hoffecker e Goldenberg (1994). ⁵² Per una compiuta descrizione della PP, da taluni denominata anche SMART (Strategic Management Analysis and Reporting Technique), inizialmente utilizzato con finalità di reporting, v. Dixon, Nanni e Vollmann (1990); Lynch e Cross (1992). Si vedano anche, su questo specifico strumento, le considerazioni di Collini (1993, 210). ⁵³ La nozione di «sistema operativo» accolta dagli autori è molto vicina a quella di attività generatrice di valore à la Porter. Essa, tuttavia, se ne differenzia per il minore legame con il ciclo fisico-tecnico di trasformazione e per la maggiore enfasi sui rapporti fornitore-cliente interno. Cfr. Lynch e Cross (1992, 83-85). 57

gnate, rispettivamente, misure di efficienza e di efficacia con crescente grado di specificazione (Figura 1). Fig. 1 La gerarchia delle dimensioni secondo la piramide delle performance La correlazione fra livello gerarchico e dimensione di performance è intesa a specificare con maggiore precisione la «sfera di influenza» di ciascuno dei responsabili ai diversi livelli in termini non necessariamente economico-finanziari ed in modo congruente con le priorità strategiche enucleate. Quindi, oltre alla necessità di dare una risposta alla crescente complessità delle dimensioni rilevanti di performance 54, le proposte sopra sinteticamente descritte tentano di elaborare un modello di misurazione, sostitutivo di quello contabile, in grado di orientare gli sforzi di ogni unità organizzativa al raggiungimento degli obiettivi generali. Tale circostanza appare in netto contrasto con quanto proposto nell approccio contabile. In particolare, la critica a quest ultimo si appunta: sulla scarsa capacità delle misure contabili a fornire le adeguate informazioni al personale occupato nelle operations. Il significato direttivo degli indicatori contabili ai livelli gerarchici più vicini al processo fisico-tecnico di trasformazione porta ad agire «eliminando i lavoratori e tagliando le spese». Esso si limita, cioè, a manipolare il processo produttivo per rimuovere le manifestazioni tangibili del consumo di risorse, senza offrire alcuna indicazione sull identificazione e sulla gestione delle determinanti di tale consumo 55 : sulla carente attitudine dell architettura dei sistemi di controllo tradizionali a rendere visibile ai livelli organizzativi più bassi il collegamento fra obiettivi locali ed obiettivi globali. Il disegno dei centri di responsabilità induce a considerare ciascuno di essi come unità di governo tendenzialmente autonoma ed indu- ⁵⁴ Tale complessità è sottolineata anche da Bertini (1990, 135): «... occorre il supporto di una massa sempre maggiore di dati da elaborare in vista di un obiettivo comune: la conoscenza completa, su basi razionali, delle condizioni operative del sistema aziendale. In relazione alla sempre maggiore complessità che la gestione presenta, sia sul piano tecnico-produttivo che su quello del rapporto azienda-ambiente, la gamma delle informazioni utili per la razionale conduzione dell azienda si è estesa praticamente all infinito». ⁵⁵ Tale critica, mossa da tutti i fautori dell approccio radicale, è particolarmente sviluppata in Nanni, Miller e Vollmann (1988). 58