Fabio Viggiano V Ras Il Sake Il termine sake (O-sake) in giapponese moderno indica in generale una bevanda alcolica, tuttavia spesso viene inteso come la bevanda tipica per eccellenza che intendiamo anche in Occidente. Preparazione del sake Dato che, per ottenere il sake è necessaria la fermentazione del riso, in molti lo definiscono "vino di riso". In realtà il procedimento per la realizzazione del sake è molto più complesso e questo è il motivo per cui i puristi della bevanda non amano questa sua nomenclatura. Gli elementi fondamentali che concorrono alla realizzazione del sake sono principalmente tre: il riso (kome), l'acqua (mizu) e tecnica (waza). Le zone di produzione dei sake migliori siano quelle dove si produce il riso migliore e dove l acqua è particolarmente adatta alla sua preparazione. A differenza del nostro vino dove non vi sono (o almeno non dovrebbero esservi) liquidi aggiunti, e la sostanza acquosa è solo quella dell uva, nella preparazione del sake, l acqua rappresenta una vera e propria materia prima. Questo prodotto viene realizzato nei saka-gura e ognuna di queste botteghe ha i suoi segreti, metodologie e procedure nella sua realizzazione proprio come accade nelle nostre cantine per la produzione del vino. Per questo motivo non c'è un procedimento preciso. I passaggi a grandi linee consistono in: -Sbramatura e sbiancatura (seimai) Il riso per produrre il sake è abbastanza diverso dal riso che viene comunemente usato in cucina. Nel riso da sake si trova una percentuale di amido superiore rispetto a quello per uso alimentare e un minore quantitativo di oli e fibre che con la fermentazione darebbero sapori e profumi indesiderati. Tutto il riso sia quello per uso alimentare sia quello per la produzione di sake, subisce una certa raffinazione, un processo in cui viene tolto al chicco una parte degli strati più esterni. Questo processo di raffinazione determina la qualità del riso. Anche in Italia, in base al grado di raffinazione, si ha la classificazione del riso in integrale, raffinato, brillato, ecc. Normalmente in Giappone il riso preparato per essere consumato come riso in bianco subisce una pulitura che elimina circa un 30% del rivestimento esterno del chicco. Il riso che invece viene utilizzato per la preparazione del sake subisce un ulteriore lavorazione che ne elimina quasi il 60%.
I chicchi di riso vengono limati e assottigliati a tal punto da farli diventare piccoli granelli tondeggianti. Il processo viene eseguito per eliminare fibre e proteine che non servono alla preparazione, anzi rischierebbero di danneggiare il sapore del sake aumentandone la percentuale di amido della materia prima, un po come si fa con certe uve da vino che vengono fatte appassire per aumentarne il grado zuccherino. È l amido infatti, uno zucchero complesso, ciò che per mezzo della fermentazione si trasforma in alcool. Come abbiamo già visto, la varietà di riso utilizzato per la preparazione del sake è già di per se ricco di amido. Vi sono moltissime varietà di riso da sake, un po come i vitigni per il vino, ma quella più utilizzata è il Yamadanishiki. -Lavaggio(senmai) Il riso ripulito degli strati più esterni per mezzo della brillatura estrema cui è sottoposto nel passaggio precedente viene quindi ripulito dei residui esterni di amido di cui è ricoperto. Un vero e proprio lavaggio effettuato con acqua pura. -Ammollo(shinsi) Il riso così ripulito viene quindi messo in ammollo in acqua. Il chicco di riso assorbe dal 25 al 30 percento di liquido che penetra fino al suo interno. -Cottura al vapore(mushimai) La cottura del riso per la preparazione del sake avviene per mezzo del vapore. Il riso, viene sistemato su degli appositi contenitori posizionati su una fonte di vapore a 100. Il tempo di cottura può durare dai 30 ai 60 minuti a seconda di una molteplicità di fattori -Raffreddamento(hourei) La materia prima uscita dalla fase di cottura viene divisa in parti a seconda dell uso che se ne farà nei successivi processi che concorrono alla preparazione del sake. -Formazione del riso Koji A differenza del glucosio contenuto nell'uva che, in quanto zucchero semplice fermenta facilmente, l'amido del riso per il sake necessita di uno stimolo esterno per arrivare alla fermentazione. Per fare ciò si ricorre al koji, una muffa che appartiene a una famiglia di funghi microscopici. Il koji non è in alcun modo tossica per l'uomo e il suo utilizzo serve a scindere l'amido all'interno del riso in zuccheri semplici di cui i lieviti possono nutrirsi trasformandolo in alcol. Le spore di koji vengono sparse su una parte del riso che nella precedente fase del raffreddamento è stato suddiviso. Successivamente viene quindi lasciato in un ambiente umido in modo che il kōji si sviluppi.
Si può dire che il riso venga letteralmente fatto ammuffire. Per essere sicuri che i processo avvenga in maniera uniforme, ogni due ore circa il riso viene rigirato. Il riso così trattato, prende lui stesso il nome di koji. La scelta di una delle numerose varietà di koji, il quantitativo che ne viene utilizzato, i tempi di propagazione, sono tutti determinanti nella qualità di sake che si andrà ad ottenere. -Fermentazione (moto) La fermentazione per il sake avviene in più fasi. La prima fase consiste nel preparare un impasto di base al quale, in fasi successive verrà aggiunto altro riso fino al completamento della fermentazione. Al koji viene aggiunta acqua, una parte del riso cotto e raffreddato e il lievito che darà il via alla fermentazione. La base del sake, questo il termine con cui potrebbe tradursi moto, viene lasciata fermentare per una decina di giorni. -Moromi Quando il moto, ossia la base di fermentazione del riso, è pronto, gli viene aggiunto in tre fasi successive nuovo riso cotto a vapore, acqua e altro koji per completare la fermentazione. L aggiunta in fasi successive del riso avviene nell arco di tre giorni, e permette al lievito di svilupparsi in maniera progressiva con l aumento del volume complessivo di riso. -Filtraggio (jouso) Completata la fermentazione il sake viene estratto tramite filtraggi successivi. In passato si utilizzavano delle sacche di tessuto a maglie via via più fini. Oggi si usano delle più moderne presse a celle filtranti. -Pastorizzazione (hiire) Il sake ottenuto con il filtraggio viene quindi lasciato riposare in modo che ulteriori sospensioni si depositino e quindi stabilizzato con una pastorizzazione delicata con temperature attorno ai 60. -Imbottigliamento (taruzume) Le ultime fasi nella produzione del sake sono costituite da un possibile allungamento con acqua del sake grezzo in modo da portarlo alla gradazione voluta, ulteriori filtraggi e creazione di blend per ottenere la migliore armonia al gusto. Terminate queste operazioni il sake, dopo un più o meno lungo periodo di affinamento
può essere imbottigliato. La storia del sake La storia del sake non è ben documentata e ci sono molteplici teorie su come possa essere stato inventato. Un'ipotesi sostiene che la pratica della fermentazione del riso abbia avuto origine in Cina attorno al quinto millennio A.C. E successivamente esportata in Giappone. Un'altra ipotesi fa risalire la fermentazione del sake al Giappone del terzo secolo, con l'avvento della coltivazione del riso in umido. La combinazione di acqua e riso avrebbe portato a muffa e fermentazione. Il primo venne chiamato "sake masticato in bocca", ed era fatto con il riso di un intero villaggio e preparato sputando un miscuglio di castagne, miglio e ghiande in un tino. Gli enzimi della saliva permisero agli amidi di saccarificare(convertendosi in zucchero). In seguito a questo dolce miscuglio si aggiunse grano appena cotto e così poté fermentarsi in modo naturale. Tradizionalmente il miglior sake prodotto in questo modo derivava da giovani ragazze vergini. Secoli dopo, con la scoperta del koji, questa pratica cadde in disuso. Nel VII secolo A.C. tecniche venute dalla Cina diedero origine a un sake di maggior qualità. Col tempo il sake divenne sufficientemente popolare che al palazzo imperiale di Kyoto fu istituito un organismo per la sua preparazione. Questo ebbe come conseguenza la nascita dei birrai di sake a tempo pieno, e questi artigiani aprirono la via per molti sviluppi nella tecnica. Vennero aggiunte tre nuove fasi al processo di fermentazione (una tecnica per aumentare ancora il livello di alcol e ridurre le possibilità di inasprimento), esempio delle migliorie apportate in questo periodo. Nei successivi 500 anni la qualità e le tecniche usate nella produzione del sake migliorarono costantemente. Divenne usanza la preparazione di una miscela di partenza o "moto" per coltivare il maggior numero possibile di cellule di lievito prima della fabbricazione. I birrai avevano anche la capacità di isolare il koji per la prima volta, e perciò seppero controllare la saccarificazione (conversione dell'amido in zucchero) del riso. Attraverso osservazioni, esperimenti ed errori, si sviluppò anche una forma di pastorizzazione. Partite di sake che iniziarono a inasprirsi a causa di batteri durante i mesi estivi furono versate dalle loro botti in serbatoi e riscaldate. Comunque, il risultante sake pastorizzato sarebbe poi tornato nelle botti infettate dai batteri. Di qui il sake avrebbe assunto un sapore più acido, e quando fosse arrivato l'autunno sarebbe stato pessimo. Le ragioni per le quali avvenisse la pastorizzazione e come si potesse migliorare la qualità non sarebbero state comprese finché Luis Pasteur non avesse fatto la sua scoperta molti anni più tardi. A metà dell'ottocento furono scritte delle leggi che permisero a chiunque avesse capacità economica e conoscenze pratiche di mettere su e dirigere una fabbrica di sake. Nacquero così in un solo anno circa 30.000 fabbriche in tutto il Paese. A ogni modo, col passare degli anni il governo impose sempre più tasse sull'industria del sake e lentamente il
numero delle fabbriche si ridusse a 8.000. La maggior parte delle fabbriche che si svilupparono e sopravvissero a questo periodo appartenevano a ricchi proprietari terrieri. I latifondisti che possedevano raccolti di riso avrebbero avuto ancora del riso a fine stagione e, piuttosto che lasciare che queste scorte di riso rimanessero inutilizzate, le avrebbero trasportate alle loro fabbriche. La fabbrica di famiglia con maggiore successo fra queste è attiva ancora oggi. Nel Novecento la tecnologia di produzione del sake fece passi da gigante. Nel 1904 il governo aprì l'istituto per la ricerca nella produzione del sake, e nel 1907 si tenne il primo concorso di degustazione di sake. Furono isolate specifiche varietà di lieviti selezionate per le loro proprietà e arrivarono serbatoi in acciaio ricoperti di smalto. Il governo iniziò ad acclamare l'uso di serbatoi smaltati perché facili da pulire, di durata eterna, e privi di problemi batterici (il governò considerò le botti in legno anti-igieniche a causa dei potenziali batteri viventi dentro al legno). Sebbene tutto ciò sia vero, il governo pretese anche più tasse dai produttori perché il legno delle botti succhiava una quantità significativa di sake (attorno al 3%) che avrebbe dovuto essere tassata. Questa fu la fine dell'era delle botti di sake in legno, e il loro uso scomparve totalmente. Durante la guerra russo-giapponese (1904-1905) il governo bandì la produzione di sake in casa, che non era soggetta ad alcuna tassa, per far aumentare ancora di più le entrate fiscali dovute al sake, che in quel periodo costituivano già un sorprendente 30%. E questa fu la fine del cosiddetto "doboroku" (sake fatto in casa): questa legge rimane infatti ancora oggi malgrado le vendite di sake costituiscano attualmente solo il 2% delle entrate del governo. Quando scoppiò la seconda Guerra Mondiale 'industria del sake subì un pesante colpo dopo che il governo pose un freno all'uso del riso per la produzione di alcolici. La maggior parte del riso cresciuto in questo periodo venne usato per le fatiche di guerra e questo, in unione con molti altri problemi, fu il destino di migliaia di aziende in tutto il Giappone. In precedenza era stato scoperto che piccole dosi di alcol potevano essere aggiunte al sake per migliorarne l'aroma e la struttura. Dal decreto del governo, alcol puro e glucosio venivano aggiunti a piccole quantità di miscela di riso, aumentando la resa di quattro volte tanto. Il 95% del sake di oggi è prodotto usando questo tecnica, rimasta dagli anni della guerra. C'erano anche alcune fabbriche capaci di produrre sake senza riso. Naturalmente, in questo periodo ne risentì molto la qualità. Dopo la guerra le fabbriche di sake iniziarono a riformarsi poco alla volta, e la qualità del sake crebbe gradualmente. A ogni modo cominciarono a essere sempre più popolari in Giappone birra, vino e superalcolici e negli anni '60 per la prima volta il consumo di birra superò quello di sake. Il consumo di sake continuò a diminuire, ma in contrasto la qualità migliorò notevolmente. Oggi la qualità del sake è al suo apogeo, e questo alcolico è diventato effettivamente una bevanda mondiale con la nascita di alcune fabbriche nel Sud-Est asiatico, nelle Americhe, Cina e Australia. Inoltre sempre più aziende stanno tornando ai vecchi metodi di produzione. Mentre il resto del mondo sta forse bevendo sempre più sake, e la qualità è aumentata, ci sono delle difficoltà per l'industria del sake. In Giappone la vendita di sake sta ancora
scendendo e non è sicuro che l'esportazione del sake in altri Paesi possa salvare le aziende giapponesi. Infatti attualmente ci sono circa 1500 aziende in Giappone, laddove nel 1988 ce n'erano circa 2500. Purtroppo, contrariamente a questo prodotto di eccellenza, nei ristoranti specializzati in cucina orientale, il sake servito è di dubbia qualità e confezionato in anonime bottiglie. Inoltre spesso si assiste alla pratica deleteria del suo riscaldamento col beccuccio della macchina del caffè. Tutto ciò risulta deleterio alla bevanda che, oltre che venire allungato con l'acqua di condensa del vapore, subisce uno shock termico. La pratica corretta consiste nel riscaldamento della bevanda nella bottiglia a bagnomaria a circa 40 gradi. Al contrario i sake di alta qualità andrebbero serviti freschi. Ovviamente questo prodotto si accompagna bene con i piatti tipici giapponesi come sushi o-toro, wasabi, tempura. Infatti i vini occidentali potrebbero risultare troppo invasivi. Il sake si presta bene anche come distillato da meditazione di fine pasto. Una delle pratiche per le quali si consuma il sake è nell'ambito malavitoso della tristemente famosa Yakuza. Infatti gli aspiranti adepti devono bere in compagnia del capo svariati bicchieri di sake.