A1.1 Rappresentazione interna ed esterna di un sistema dinamico

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Transcript:

A1 Sistemi AC e RSS Questa breve Appendice 1 vuole fornire al lettore le nozioni di base sui sistemi dinamici che nella stesura del testo sono dati per noti. Non è dunque una rassegna equilibrata della Teoria dei Sistemi, poiché solo i concetti utilizzati nel libro vi sono esposti. A1.1 Rappresentazione interna ed esterna di un sistema dinamico In letteratura esistono diverse definizioni di quegli oggetti astratti chiamati sistemi, ma certamente la più semplice, pur se rozza e incompleta, è pensare un sistema come un oggetto definito da due gruppi di variabili, dette cause ed effetti, o ingressi e uscite, e da alcune particolari relazioni che tra esse sussistono. Tali variabili sono usualmente indicate con u e y e il sistema è rappresentato come in Fig. A1.1. Si noti che, per il momento, indichiamo con u tutti gli ingressi, senza distinguerli in disturbi e controlli come nel testo; riprenderemo questa divisione nel Par. A1.6. In generale u e y sono vettori, funzioni del tempo t, e pertanto con u(t) e y(t) denoteremo i valori che ingresso e uscita assumono all istante t. Le loro traiettorie sono invece denotate da u( ) e y( ). L interazione del sistema con altri sistemi ( il resto del mondo ) si riflette in alcuni vincoli su t (t S t ), sui valori u(t) e y(t) e sulle funzioni u( ) e y( ), per cui possiamo scrivere u(t) S u y(t) S y u( ) Ω y( ) Γ In alcuni sistemi particolari l uscita y(t) può essere calcolata noto l ingresso u(t) semplicemente con una funzione del tipo y(t) = f(u(t)) 1 L Appendice è una rielaborazione di una parte del Cap. 1 di Rinaldi et al. [1979].

2 Appendice A1 u(t) Ingresso Sistema y(t) Uscita Figura A1.1 Rappresentazione generale di un sistema. tuttavia ciò non è sempre possibile. Per esempio la portata affluente u(t) in un lago non regolato è la causa ultima delle variazioni della portata di deflusso y(t) nel suo emissario, così che possiamo pensarle come ingresso e uscita del lago. Ciononostante il deflusso y(t) non può essere espresso come una funzione dell afflusso u(t), poiché è il risultato di tutta la storia passata dell afflusso e di fatto non dipende dal valore di u all istante t. Il deflusso y(t) può essere determinato solo se la condizione interna del lago (il suo livello) è noto in un istante t 0 (t 0 < t), detto istante iniziale, assieme alla traiettoria u [t0,t)( ) (con questa notazione designiamo la funzione u( ) nell intervallo temporale [t 0, t)). È dunque evidente che l uscita del lago può essere determinata in ogni istante t se è noto il suo livello in quell istante (la condizione interna), mentre il contrario, non è in generale, vero. In conclusione, si può affermare che in sistemi come il lago l uscita del sistema al tempo t dipende da alcune condizioni iniziali e dai valori precedenti dell ingresso e questi sistemi sono detti sistemi dinamici. La condizione interna, denotata con x(t), è detta stato del sistema. Pertanto un sistema dinamico può essere definito [Kalman et al., 1969 e Zadeh e Polak, 1969] come un oggetto astratto caratterizzato da tre variabili dipendenti, ingresso u(t) S u, stato x(t) S x e uscita y(t) S y, che soddisfano le seguenti proprietà x(t) = φ ( t, t 0,x(t 0 ),u [t0,t]( ) ) t > t 0 y(t) = h(t,x(t)) La prima proprietà afferma che, noto il valore x(t 0 ) dello stato all istante t 0, il suo valore può essere calcolato in qualsiasi istante t ad esso successivo a patto che la funzione di ingresso u( ) sia nota su tutto tale intervallo (ad esclusione del suo valore all istante finale t), mentre la seconda proprietà afferma che l uscita può essere determinata dato lo stato nello stesso istante di tempo. Le due funzioni φ e h, che caratterizzano ogni sistema dinamico, sono chiamate funzione di transizione di stato e funzione di trasformazione di uscita, rispettivamente. I sistemi descritti da queste due funzioni possono essere rappresentati come in Fig. A1.2 dove la variabile di stato è messa esplicitamente in evidenza. Questa descrizione di un sistema dinamico è detta, per ovvie ragioni, rappresentazione interna e i corrispondenti modelli sono chiamati modelli ingresso-stato-uscita o più brevemente modelli di stato. Sono anche detti modelli meccanicistici, poiché la conoscenza dello stato implica che il meccanismo interno che governa il processo è stato compreso.

Sistemi 3 u(t) Ingresso φ x(t) Stato h y(t) Uscita Transizione di stato Trasformazione di uscita Figura A1.2 Rappresentazione interna di un sistema dinamico. Una rappresentazione alternativa dei sistemi dinamici è la cosiddetta rappresentazione esterna, in cui non compare lo stato, ma solo le variabili di ingresso e di uscita. Chiaramente, da quanto detto consegue che essa può essere specificata solo assumendo implicitamente che la condizione iniziale sia fissata. Infatti se fissiamo l istante iniziale t 0 e lo stato iniziale x(t 0 ) = x 0 l uscita diventa una funzione unicamente del tempo t e dell ingresso u [t0,t], ovvero y(t) = ψ t0,x 0 ( t,u[t0,t]( ) ) (A1.1) dove la funzione ψ t0,x 0 è spesso detta relazione ingresso-uscita e il modello è detto modello in forma esterna o modello ingresso-uscita. Chiaramente di un sistema dinamico vi sono tante relazioni ingresso-uscita quante sono le possibili coppie (t 0, x 0 ) (dette eventi), anche se, quasi sempre, solo una di esse è di fatto interessante in pratica. La determinazione di un modello ingresso-uscita dato un modello di stato è sempre possibile e in un solo modo ψ t0,x 0 ( t,u[t0,t]( ) ) = h ( t, φ ( t, t 0,x(t 0 ),u [t0,t]( ) )) mentre il problema inverso (detto problema di realizzazione) avrebbe un unica soluzione solo se fossero note le infinite relazioni ingresso-uscita. È chiaro che dalla osservazione nell intervallo [t 1, t 2 ] delle coppie ingresso-uscita che conseguono a uno stato iniziale x(t 1 ) = x si otterranno, in generale, informazioni solo sulla relazione ψ t1,x, ma anche vero che solo in circostanze particolari le stesse osservazioni permetteranno di associare al sistema fisico osservato un modello di stato. L identificazione di un modello di stato a partire da una sequenza di coppie ingresso-uscita rilevate è dunque molto difficile e incerta in assenza di informazioni a priori, quali quelle che possono essere fornite da una teoria. Riprenderemo questo problema nell App. A4. A1.2 Movimento, traiettoria, cicli ed equilibri Una coppia (x, t), con x S x, t S t, è detta evento e l insieme S x S t è detto insieme degli eventi. Quando per un dato sistema viene fissato un istante di tempo t 0, uno stato x(t 0 ) e una funzione di ingresso u( ), la funzione del tempo φ(, t 0,x(t 0 ),u( )) risulta univocamente definita per ogni t > t 0. Tale funzione è detta movimento

4 Appendice A1 (dello stato) ed è geometricamente rappresentata nell insieme degli eventi S x S t. La proiezione del movimento sull insieme di stato S x, cioè l insieme {φ(, t 0,x(t 0 ),u( )) ;t > t 0 } dei valori assunti dallo stato, si chiama traiettoria. La traiettoria è quindi un sottoinsieme ordinato 2 di S x, di cui il movimento fornisce una descrizione parametrica. Per questo i termini movimento e traiettoria, anche se ben distinti nella letteratura specialistica, sono nella pratica spesso confusi e il secondo è di uso più largo e intuitivo. Per questo l abbiamo ampiamente adottato nel testo, come ad esempio nell accezione traiettoria del livello del lago che, più propriamente, dovrebbe dirsi movimento del livello del lago. Definizioni analoghe possono essere date per l ingresso e l uscita. Tra i vari movimenti di un sistema sono di particolare interesse quelli periodici, la cui traiettoria è detta ciclo, e quelli costanti, la cui traiettoria è detta equilibrio. Si è in presenza di un ciclo se dato un evento (x(t 0 ), t 0 ) e una funzione di ingresso u( ) (in genere dipendente dall evento considerato) il movimento soddisfa la seguente condizione φ(t, t 0,x(t 0 ),u( )) = φ(t + T, t 0,x(t 0 ),u( )) t > t 0 per un opportuno valore di T, detto periodo. Si è invece in presenza di un equilibrio (in tempo infinito) se la condizione soddisfatta è la seguente φ(t, t 0,x(t 0 ),u( )) = x(t 0 ) t > t 0 Nel primo caso lo stato evolverà indefinitamente lungo il ciclo, nel secondo rimarrà indefinitamente pari a x(t 0 ). A1.3 Differenti tipi di sistemi Nel paragrafo precedente abbiamo visto che è possibile associare a uno stesso sistema fisico due modelli matematici differenti: un modello di stato (caratterizzato dalle funzioni di transizione di stato φ e di trasformazione di uscita h) e un modello ingresso-uscita (caratterizzato da una relazione ingresso-uscita ψ t0,x 0 ). Non è stato però possibile specificare la forma di queste funzioni, perché specificandole si limita la classe dei sistemi che si considera; ma se si vuol dire qualcosa di più è necessario farlo. Per questa ragione definiremo ora gli attributi principali dei sistemi e mostreremo qualcuna delle forme utilizzate. Nel farlo faremo riferimento alla rappresentazione in forma interna di un sistema dinamico x(t) = φ ( t, t 0,x(t 0 ),u [t0,t]( ) ) (A1.2a) y(t) = h(t,x(t)) poiché è quella più frequentemente utilizzata. (A1.2b) 2 Perché ogni suo elemento è biunivocamente associato a un dato istante t.

Sistemi 5 A1.3.1 Sistemi tempo-discreti e tempo-continui Un primo importante attributo concerne la variabile indipendente t (tempo): se t varia con continuità (ovvero se T è l insieme dei numeri reali R + ) il sistema è detto tempo-continuo, mentre se t è discreta (ovvero se T è l insieme dei naturali N) il sistema è detto a tempo-discreto. In generale le variabili che caratterizzano i sistemi naturali sono sempre tempo-continue, ma dato che gli ingressi e le uscite sono campionati in istante temporali discreti e anche le decisioni sono prese in istanti discreti è più conveniente utilizzare un modello in cui t rappresenti gli istanti di campionamento o di decisione. I modelli a tempo discreto sono in generale più semplici da utilizzare e in particolare più semplice risulta la loro simulazione su un calcolatore. A1.3.2 Sistemi tempo-variante e tempo-invarianti Un secondo attributo di un sistema è la dipendenza delle sue caratteristiche dal tempo. Può accadere che lo stesso esperimento, cioè l applicazione di un dato ingresso a partire da un dato stato iniziale, produca funzioni di uscita diverse a seconda dell istante temporale in cui l esperimento inizia, come accade ad esempio nel caso di una pianta irrigata la cui crescita è diversa, a parità di ciclo irriguo, a seconda della stagione in cui essa è seminata. I sistemi che mostrano questo tipo di comportamento sono detti tempo-varianti, mentre i sistemi per cui l istante iniziale dell esperimento può essere traslato senza influenzare l uscita sono detti tempo-invarianti. Nei sistemi tempo-invarianti la funzione di trasformazione di uscita h non dipende esplicitamente dal tempo e la funzione di transizione di stato φ dipende dall intervallo (t t 0 ) trascorso dall istante iniziale, così che qualsiasi sia l istante iniziale può essere per semplicità definito come istante zero. La (A1.2) diviene pertanto x(t) = φ ( t,x(0),u [t0,t]( ) ) y(t) = h(x(t)) Un caso particolare, ma molto importante, è quello in cui le funzioni φ e h sono funzioni periodiche del tempo; in tal caso il sistema è detto periodico. A1.3.3 Sistemi a parametri concentrati e a parametri distribuiti Un altra distinzione è tra modelli a parametri concentrati e modelli a parametri distribuiti. I modelli a parametri concentrati sono quelli in cui i valori u(t), x(t) e y(t) dell ingresso, dello stato e dell uscita sono punti di opportuni spazi vettoriali a dimensione finita, sono cioè dei vettori. Un lago è rappresentabile con un modello di questo tipo se la sua superficie è perfettamente orizzontale e non esistono afflussi distribuiti lungo le sue sponde, ne infiltrazioni o percolazioni tramite il suo fondo, ma solo alcuni affluenti e un emissario spazialmente ben delimitati. I modelli a parametri distribuiti sono quelli in cui almeno una delle tre variabili

6 Appendice A1 u(t), x(t) e y(t) appartiene a uno spazio vettoriale di dimensione infinita. Ne è un esempio un lago in cui l afflusso u(t) avviene per ruscellamento lungo le sponde, dato che per descriverlo occorre specificare in ogni istante una funzione dello spazio. Naturalmente modelli a parametri distribuiti possono essere approssimati da modelli a parametri concentrati discretizzando opportunamente lo spazio (il ruscellamento può essere definito suddividendo la sponda in zone e fornendo la portata entrante in ciascuna di esse). Poiché i sistemi a parametri distribuiti sono descritti da equazioni alle derivate parziali, mentre i sistemi a parametri concentrati sono descritti da equazioni a derivate totali, la discretizzazione può essere pensata come uno schema di integrazione numerica delle equazioni a derivate parziali. Ovviamente la soluzione di equazioni a derivate totali è più semplice della soluzione di equazioni a derivate parziali e per questo, per quanto è possibile, si cerca di evitare i modelli a parametri distribuiti. A1.3.4 Sistemi SISO o MIMO Una distinzione in qualche senso analoga (basata sulla dimensionalità delle variabili) intercorre tra i sistemi ad un ingresso e un uscita (SISO, single input-single output) e i sistemi multivariati (MIMO, multi input-multi output). I primi sono ovviamente più facili da trattare avendo ingresso e uscita scalari, mentre nei secondi essi sono veri e propri vettori. Si noti che questo attributo è indipendente da quello visto nel paragrafo precedente, perché è possibile avere sistemi in cui l ingresso e l uscita sono scalari, mentre lo stato è una funzione dello spazio: ne è un esempio un tronco fluviale in cui l ingresso e l uscita sono le portate a monte e a valle e lo stato è l andamento del livello e della portata lungo tutto il tronco (vedi Par. 5.3.2). A1.3.5 Sistemi lineari e non-lineari Infine la distinzione tra sistemi lineari e non-lineari è fondamentale per l implicazioni pratiche che essa comporta. I sistemi lineari sono definiti come quei sistemi in cui la funzione di transizione è lineare nella coppia (x(t 0 ), u [t0,t]( )) e la funzione di trasformazione di uscita è lineare in x(t), così che la (A1.2) può essere scritta come x(t) = Φ(t, t 0 )x(t 0 ) + Θ(t, t 0 )u [t0,t]( ) y(t) = Λ(t)x(t) (A1.3a) (A1.3b) dove Φ(t, t 0 ), Θ(t, t 0 ) e Λ(t) sono opportune trasformazioni lineari. L equazione (A1.3) è la scrittura formale del cosiddetto principio di sovrapposizione degli effetti, che afferma che se y (t) e y (t) sono i valori dell uscita in corrispondenza delle coppie [x (t 0 ),u [t 0,t] ( )] e [x (t 0 ),u [t 0,t]( )] rispettivamente, allora l uscita y(t) in corrispondenza della coppia [αx (t 0 ) + βx (t 0 ), αu [t 0,t] ( ) + βu [t 0,t] ( )] è [αy (t) + βy (t)]. L equazione (A1.3) afferma che il movimento del sistema è composto (è cioè la somma) dal così detto movimento libero

Sistemi 7 Φ(t, t 0 )x(t 0 ), che deriva dalla causa interna x(t 0 ), e del cosiddetto movimento forzato Θ(t, t 0 )u [t0,t]( ), prodotto dalla causa esterna u [t0,t]( ). In altre parole, in un sistema lineare i vettori di stato e di uscita possono essere decomposti, in ogni istante, in due vettori che rappresentano i contributi all evoluzione del sistema prodotti dallo stato iniziale e dalla funzione d ingresso. I sistemi non-lineari sono definiti negativamente, come quelli che non soddisfano la (A1.3). Consideriamo ora classi di sistemi che godono di più d una delle proprietà or ora definite. A1.3.6 Sistemi tempo-continui, lineari, a parametri concentrati Di particolare interesse è la classe dei sistemi tempo-continui, lineari, a parametri concentrati poiché si può mostrare che sotto ipotesi molto larghe (si veda, ad esempio, Kalman et al., 1969) l evoluzione del loro stato è descritta da un sistema di n equazioni differenziali della forma dx 1 (t) dt = f 11 (t)x 1 (t) + + f 1n (t)x n (t) + g 11 (t)u 1 (t) + + g 1m (t)u m (t). dx n (t) = f n1 (t)x 1 (t) + + f nn (t)x n (t) + g n1 (t)u 1 (t) + + g nm (t)u m (t) dt dove n e m sono le dimensioni dei vettori di stato e di ingresso, x(t) = x 1 (t) x n (t) T e u(t) = u 1 (t) u m (t) T (T denota la trasposizione) e f ij (t) e g ij (t) sono opportune funzioni del tempo. La funzione di trasformazione di uscita è descritta da p equazioni lineari della forma y 1 (t) = h 11 (t)x 1 (t) + + h 1n (t)x n (t). y p (t) = h p1 (t)x 1 (t) + + h pn (t)x n (t) dove p è la dimensione del vettore di uscita y(t) = y 1 (t) y p (t) T e h ij (t) sono, di nuovo, opportune funzioni del tempo. Queste equazioni sono generalmente scritte nella forma compatta ẋ(t) = F(t)x(t) + G(t)u(t) y(t) = H(t)x(t) (A1.4a) (A1.4b) dove ẋ(t) sta per la derivata dx i (t)/dt e F(t), G(t) e H(t) sono le tre matrici [f ij (t)], [g ij (t)] e [h ij (t)], di dimensioni n n, n m e p n rispettivamente. Una rappresentazione a blocchi, molto esplicativa, dell equazione (A1.4) è mostrato in Fig. A1.3. L equazione (A1.4a) lega lo stato e l ingresso nello stesso istante e può essere vista come un modo di definire indirettamente la (A1.3a) (infatti la (A1.3a) è la soluzione della (A1.4a)), mentre la (A1.4b) corrisponde direttamente alla (A1.3b).

8 Appendice A1 u(t) G(t)u(t) ẋ(t) x(t) y(t) G(t) H(t) + + F(t)x(t) F(t) Figura A1.3 Diagramma a blocchi di un sistema lineare (rappresentazione interna). Il movimento in tali sistemi La teoria delle equazioni differenziali ci insegna che la soluzione della (A1.4a) ha la seguente forma x(t) = Φ(t, t 0 )x(t 0 ) + t t 0 Φ(ξ, t)g(ξ)u(ξ)dξ (A1.5) dove la matriceφ(t, t 0 ), detta matrice di transizione, è la soluzione della equazione differenziale matriciale con condizione iniziale dφ(t, t 0 ) dt = F(t)Φ(t, t 0 ) (A1.6a) Φ(t, t 0 ) = I (A1.6b) essendo I la matrice identità. Se il sistema è anche tempo invariante le tre matrici F, G e H che compaiono nella (A1.4) sono costanti nel tempo e, di conseguenza, la (A1.5) può essere semplificata. Infatti, quando F è costante la (A1.6a), con la condizione iniziale (A1.6b), può essere risolta in forma chiusa Φ(t, t 0 ) = e F(t t0) = I + F(t t 0 ) + F 2(t t 0) 2 + 2! Inoltre, si può sempre porre t 0 = 0 senza perdita di generalità, così che l equazione (A1.5) assume la ben nota forma (formula di Lagrange) Da questa espressione segue che una perturbazione δx(0) dello stato iniziale da origine a una perturbazione δx(t) dello stato al tempo t data da δx(t) = e Ft δx(0) (A1.7) Ciò significa che ogni perturbazione dello stato iniziale è asintoticamente riassorbita dal sistema se e solo se la matrice di transizione e Ft tende alla matrice nulla per t che tende all infinito. I sistemi in cui ciò accade sono detti sistemi asintoticamente stabili. Si può mostrare che la matrice di transizione tende a zero se e solo

Sistemi 9 se gli autovalori 3 della matrice F hanno tutti parte reale strettamente negativa. Il lettore può intuirlo osservando che, nel caso in cui lo stato sia monodimensionale, la matrice F è una costante, che assume valore nei reali e coincide con il proprio (unico) autovalore, e e F t nella (A1.7) tende a zero se e solo se F è negativo. Infine, per i sistemi SISO le matrici G e H degenerano in un vettore colonna g e in un vettore riga h T cosicché l equazione (A1.7), insieme con la (A1.4b) diviene y(t) = h T e Ft x(0) + t 0 h T e F(t ξ) gu(ξ)dξ (A1.8) Questa è, ovviamente, la forma generale della relazione ingresso uscita ψ t0,x 0 con t 0 = 0 e x 0 = x(0). Una particolare relazione ingresso uscita è quella che corrisponde a stato iniziale nullo (x(0) = 0), che è spesso detta relazione ingresso uscita del sistema a riposo. Per la (A1.8) essa è data da y(t) = ψ 0,0 ( t, u[t0,t]( ) ) = t 0 h T e F(t ξ) gu(ξ)dξ (A1.9) da cui si conclude che la relazione ingresso uscita ψ 0,0 è nota se è nota la funzione b(t) = h T e F t g (A1.10) La funzione b(t) è detta risposta all impulso del sistema, poiché se nella (A1.9) u( ) è posto uguale a un impulso si ottiene y(t) = b(t). La risposta all impulso è (si veda, ad esempio, Zadeh e Desoer, 1963) una combinazione lineare di termini della forma t k e λ it dove k è un intero non negativo e λ i un autovalore dif. Pertanto la risposta all impulso di un sistema asintoticamente stabile tende a zero per t tendente all infinito come mostrato nella Fig. A1.4 per alcuni casi particolari. Vale la pena di notare che sistemi lineari a parametri distribuiti non forniscono risposte all impulso come quelle della Fig. A1.4 Ad esempio un sistema descritto dalla relazione ingresso uscita y(t) = u(t τ), che rappresenta un ritardo puro (si veda, ad esempio, il modello plug flow di un canale), è ovviamente un sistema a parametri distribuiti 4 poiché lo stato x(t) è la funzione u [t τ,t] ( ). Questo sistema non può dunque essere descritto da una terna (F, g, h T ) poiché lo stato ha infinite dimensioni. Ciononostante, la risposta all impulso può essere definita ed è data da un impulso δ(t) ritardato di τ b(t) = δ(t τ) che non è, ovviamente, della forma (A1.10). 3 Si ricorda che gli autovalori di una matrice F sono le soluzioni dell equazione caratteristica det(λi F) = 0. 4 Attenzione: solo nel caso qui considerato in cui il sistema è tempo continuo. Se è tempo discreto il modello è a parametri concentrati. Perché? La risposta la lasciamo al lettore.

10 Appendice A1 b b 1 b 2 b 3 t Figura A1.4 Tre esempi di risposta all impulso di sistemi asintoticamente stabili. Da qui, passando attraverso la definizione della funzione di trasferimento, ossia della trasformata di Laplace della b ( ), si giunge alla definizione delle costanti di tempo T i, che sono legate agli autovalori λ i di F dalla semplice relazione T i = 1/Re(λ i ), dove Re(λ) denota la parte reale del numero complesso λ. Poiché tali nozioni sono poco o punto utilizzate nel testo non le svilupperemo rimandando il lettore interessato a un testo di Teoria dei Sistemi o di Automatica, come ad esempio Rinaldi [1977] o Bolzern et al. [1998]. A1.3.7 Sistemi tempo-discreti, lineari, a parametri concentrati Tutti i risultati ottenuti per la classe di sistemi considerata nel precedente paragrafo possono essere facilmente estesi ai sistemi tempo-discreti, lineari, a parametri concentrati. Per quanto concerne la descrizione interna, questi sistemi sono rappresentati da equazioni lineari alle differenze della forma x(t + 1) = F(t)x(t) + G(t)u(t) y(t) = H(t)x(t) (A1.11a) (A1.11b) dove t è ora un numero intero e le matrici (F, G, H) sono costanti se il sistema è tempo-invariante. Le matrici G e H sono due vettori g e h T quando il sistema è SISO. La risposta all impulso del sistema può ancora essere definita e, nei sistemi SISO, essa è data da { m(t) = 0 per t = 0 h T F t 1 g per t > 1 (A1.12) Come i sistemi continui anche i sistemi discreti ammettono una rappresentazione ingresso-uscita. Ne parleremo approfonditamente nell App. A4. Un sistema

Sistemi 11 tempo-discreto è infine asintoticamente stabile se e solo se tutti gli autovalori di F sono in modulo minori di uno. Ancora una volta il lettore può intuirlo considerando il caso in cui lo stato è monodimensionale: la matrice F è allora una costante, che assume valore nei reali e coincide con il proprio (unico) autovalore, e F t 1 nella (A1.12) tende a zero se e solo se F ha modulo minore di uno. Le costanti di tempo T i del sistema sono ora legate agli autovalori λ i di F dalla relazione T i = 1/ log( λ i ). A1.3.8 Sistemi tempo-continui, non-lineari, a parametri concentrati Se il sistema è non-lineare, tutto ciò che possiamo dire (vedi Kalman et al., 1969) è che, in generale, i sistemi tempo-continui, a parametri concentrati sono descritti da equazioni differenziali della forma ẋ(t) = f(t,x(t),u(t)) y(t) = h(t, x(t)) (A1.13a) (A1.13b) mentre i sistemi tempo-discreti sono descritti da analoghe equazioni alle differenze x(t + 1) = f(t,x(t),u(t)) y(t) = h(t, x(t)) (A1.14a) (A1.14b) A1.3.9 Linearizzazione dei modelli non-lineari Nella pratica i modelli lineari sono spesso usati per approssimare sistemi nonlineari. La procedura da seguire per ottenere tali approssimazioni è detta linearizzazione e la descriviamo ora brevemente per i sistemi tempo-continui, nonlineari della forma (A1.13). Si assuma che le variabili u(t), x(t) e y(t) varino nell intorno di un particolare movimento u (t), x (t) e y (t) del sistema. Le variazioni soddisfano le equazioni seguenti δu(t) = u(t) u (t) δx(t) = x(t) x (t) δy(t) = y(t) y (t) δẋ(t) = f (t,x (t) + δx(t),u (t) + δu(t)) ẋ δẏ(t) = h(t,x (t) + δx(t)) y (t) Le funzioni f( ) e h( ) possono essere sviluppate in serie di Taylor che può essere ragionevolmente troncata al primo termine se le variazioni δu(t), δx(t) e δy(t)

12 Appendice A1 sono abbastanza piccole. Ricordando che ẋ (t) = f (t,x (t),u (t)) y (t) = h(t,x (t)) si ottiene [ ] f δẋ(t) = δx(t) + x x,u [ ] f δẏ(t) = δx(t) x x,u [ ] f δu(t) u x,u (A1.15a) (A1.15b) che è un sistema lineare della forma (A1.4) con F(t) = [ ] [ ] f f G(t) = H(t) = x x,u u x,u [ ] f x x,u Si noti che il sistema (A1.15), chiamato sistema linearizzato, è in generale tempovariante anche se il sistema non-lineare (A1.13) è tempo-invariante (cioè anche se f e h non dipendono dal tempo). L unico caso significativo in cui il sistema (A1.15) è tempo-invariante si presenta quando si considera un sistema tempoinvariante e lo si linearizza nell intorno di un equilibrio (ū, x, ȳ) (pertanto risulta f( x,ū) = 0 e ȳ = h( x), vedi oltre), poiché le tre matrici F, G e H sono in tal caso costanti. A1.3.10 Sistemi stocastici Vogliamo, infine, ricordare che le nozioni introdotte in questo paragrafo possono essere generalizzate al caso di sistemi dinamici stocastici. La definizione generale di questi oggetti esula dai limiti di questo libro, in cui ci si limita a considerare sistemi deterministici alimentati da ingressi stocastici. Per esempio un sistema deterministico, non-lineare, della forma (A1.13) diviene un sistema stocastico quando è così modificato ẋ(t) = f (t,x(t),u(t)) + v p (t) y(t) = h(t,x(t)) + v m (t) dove v p (t) e v m (t), detti disturbi di processo e di misura, rispettivamente, sono opportuni processi stocastici (vedi App. A0). Ne consegue che, anche nel caso in cui u(t) sia una funzione deterministica del tempo, lo stato x(t) e l uscita y(t) del sistema divengono processi stocastici.

Sistemi 13 A1.4 Stati di equilibrio e stabilità nei sistemi a parametri concentrati Nel Par. A1.2 abbiamo visto che uno stato x è di equilibrio se esiste un ingresso ū tale per cui se il sistema è inizialmente in x vi permane indefinitamente. Ad esempio in un serbatoio ogni invaso è uno stato di equilibrio se l ingresso netto (differenza tra portata di afflusso e di deflusso) è nullo. Da questa definizione consegue che, in un sistema a parametri concentrati, gli stati di equilibrio, e gli ingressi che li generano, possono essere individuati imponendo che la derivata prima dello stato sia identicamente nulla per ogni t ẋ(t) = 0 (A1.16) se il sistema è tempo-continuo, mentre, se è tempo-discreto, richiedendo che coincidano gli stati all istante t e all istante t + 1 x(t + 1) = x(t) (A1.17) In entrambi i casi si ottiene una relazione algebrica, che definisce l insieme delle coppie ( x, ū) cercate. Ad esempio, se il sistema è non-lineare e tempo-invariante, nel primo caso si ottiene la seguente relazione (si ricordi la (A1.13a)) f( x,ū) = 0 mentre nel secondo essa assume la forma (si ricordi la (A1.14a)) x = f( x,ū) Ad esempio applicando la (A1.17) all equazione (5.2) che governa la dinamica di un serbatoio si ottiene a t+1 = e t+1 S(s t ) + R t (s t, u t, a t+1, e t+1 ) che è appunto la condizione che abbiamo poco sopra intuito. Si consideri ora un sistema tempo-invariante, sottoposto all ingresso ū associato a uno stato di equilibrio x. Si dice che x è uno stato di equilibrio asintoticamente stabile se esiste un intorno di x tale che partendo da ognuno dei suoi punti la traiettoria x( ) tende, in tempo finito o infinito, a x; in caso contrario l equilibrio è detto instabile. Questa definizione può essere facilmente estesa ai sistemi tempo-varianti, ma qui non lo faremo. Abbiamo visto che nei sistemi lineari, tempo-continui ogni movimento è asintoticamente stabile se gli autovalori della matrice F hanno parte reale negativa. Dato che uno stato di equilibrio non è altro che un particolare tipo di movimento, lo stato è stabile se e solo se tale condizione è verificata. Si comprende inoltre che se uno stato di equilibrio (associato a un dato valore ū) è asintoticamente stabile, lo sono pure tutti gli altri stati di equilibrio che il sistema possiede (associati a altri valori di u). Pertanto nei sistemi lineari, tempo-continui, la stabilità è una

14 Appendice A1 proprietà del sistema e non del singolo stato di equilibrio. I sistemi lineari tempodiscreti godono di analoghe proprietà, con la sola differenza che la condizione di asintotica stabilità richiede che tutti gli autovalori di F siano in modulo minori di uno. Nei sistemi non-lineari l asintotica stabilità non è, invece, una proprietà del sistema, ma del singolo stato di equilibrio. Per accertarsi che uno stato di equilibrio x, associato all ingresso ū, sia asintoticamente stabile il modo più semplice è di linearizzare il sistema nell intorno della coppia ( x, ū) e di verificare se il sistema così ottenuto è stabile o instabile esaminando gli autovalori della matrice [ f/ x] x,ū. In modo del tutto analogo è possibile verificare la stabilità dei cicli. A1.5 Analisi di sensitività Il termine analisi di sensitività designa l esame dell influenza della variazione dei parametri sul movimento dello stato (o dell uscita). L analisi può essere effettuata con tecniche differenti, a seconda che ci si attenda variazioni grandi o piccole. In caso di grandi variazioni il metodo più semplice è di simulare il modello (o osservare la sua soluzione analitica) per alcuni valori rappresentativi dei parametri e confrontare i movimenti così ottenuti tra loro [Lin et al., 1973]. D altra parte, se si è interessati solo a piccole variazioni attorno a una condizione nominale, si può effettuare l analisi tramite l approssimazione del primo ordine suggerita dalla così detta teoria della sensitività. Poiché questo approccio è molto utile ed efficiente lo presenteremo brevemente. Si supponga che un sistema tempo-continuo, a parametri concentrati, in corrispondenza di un dato ingresso sia descritto dall equazione differenziale ẋ(t) = f (t,x(t), θ) (A1.18a) dove θ è un parametro (tempo-invariante) con valore nominale θ. Si assuma inoltre che il valore dello stato iniziale x 0 dipenda dal valore del parametro, cioè x 0 = x 0 (θ) ( x 0 = x 0 ( θ)) (A1.18b) La soluzione dell equazione (A1.18a) con condizione iniziale (A1.18b) è una funzione x = x(t, θ) che, sotto condizioni molto generali, può essere espansa in serie nell intorno del valore nominale del parametro, precisamente [ ] x(t, θ) x(t, θ) = x(t) + (θ θ θ) + dove x(t) = x(t, θ) è la soluzione nominale (movimento nominale). Il vettore [ x(t, θ)/ θ] θ, che è la derivata del vettore di stato rispetto al parametro, è detto θ

Sistemi 15 x x s 2 x 0 t s 1 Figura A1.5 Soluzione nominale x e coefficienti di sensitività s 1 e s 2 di un sistema. vettore di sensitività (o brevemente sensitività) e denotato con s, i.e. [ ] x(t, θ) s(t) = θ La soluzione perturbata dell equazione (A1.18) può quindi essere approssimata da x(t, θ) = x(t) + s(t) (θ θ) una volta che la sensitività s(t) sia nota. Quando vi sono vari parametri θ 1, θ 2,..., θ q, la conoscenza dei vettori di sensitività s 1, s 2,..., s q permette di associare certe caratteristiche del comportamento del sistema a certi particolari parametri. Se, ad esempio, la soluzione nominale x(t) di un sistema del primo ordine è quella mostrata in Fig. A1.5 dove s 1 (t) e s 2 (t) sono le due componenti del vettore di sensitività di x rispetto a due parametri θ 1 e θ 2, è ragionevole affermare che il primo parametro è responsabile della sovralongazione iniziale, mentre il secondo influenza il comportamento asintotico. La caratterizzazione dei parametri è spesso molto utile nella fase di validazione della struttura di un modello. È facile mostrare che il vettore di sensitività s(t) è soluzione della seguente equazione differenziale vettoriale [ ( ] [ ] f t,x, θ) f (t, x, θ) ṡ = s+ (A1.19a) x θ con condizione iniziale ṡ = x [ ] x0 (θ) θ θ θ θ (A1.19b)

16 Appendice A1 Sistema di sensitività 1 s 1 Sistema nominale x. Sistema di sensitività q s q Figura A1.6 Schema di calcolo del vettore di sensitività. Pertanto, il vettore di sensitività è il vettore di stato del sistema (A1.19), detto sistema di sensitività, che è sempre un sistema lineare anche quando il sistema (A1.18) è non-lineare. Grazie a questa proprietà il vettore di sensitività può spesso essere calcolato analiticamente. In ogni caso può essere calcolato numericamente per mezzo di simulazioni secondo lo schema di Fig. A1.6. A1.6 Il controllo Il vettore di ingresso, sin qui denotato con la lettera u, è in generale partizionabile in due vettori, il primo dei quali denoteremo ancora con u (correndo così qualche rischio di confusione, ma uniformandoci però alla notazione utilizzata nel testo), il secondo con ε. Il primo, detto controllo, è costituito dalle componenti dell ingresso i cui valori possono essere modificati a seconda della nostra volontà. Il secondo, detto disturbo, dalle restanti componenti; esso, a sua volta, potrebbe essere suddiviso nel vettore dei disturbi deterministici e in quello dei disturbi stocastici come fatto nel testo, ma non lo faremo perché ora è inutile. Si agisce sul controllo per contrastare gli effetti negativi che i disturbi ε potrebbero produrre sull uscita y: ad esempio si manovrano le paratoie di un lago regolato per modificarne il deflusso e contrastare l innalzamento del livello quando un onda di piena del suo affluente minaccia di produrre un esondazione lacuale. Per ottenere questo scopo è, in genere, necessario modificare opportunamente il valore del controllo nel corso del tempo e questo compito è svolto da un controllore: un sistema opportunamente addestrato o progettato per questo scopo, costituito a seconda dei casi da una persona o da un apparato, tanto meccanico quanto elettronico. In questo paragrafo esamineremo i diversi modi (detti schemi di controllo) con cui un controllore può interagire con il sistema che controlla (sistema controllato).

Sistemi 17 ε Disturbo Controllore u Controllo Sistema y Uscita Figura A1.7 Schema di controllo in anello aperto. A1.6.1 Controllo in anello aperto Il primo e più semplice schema di controllo è quello mostrato in Fig. A1.7 in cui il controllo u è generato a priori, senza cioè osservare cosa accada al sistema. Esso è detto schema di controllo in anello aperto(open-loop control). È evidente che se il comportamento effettivo del sistema fosse molto sensibile al disturbo ε, questo schema fornirebbe ben miseri risultati, tant è che in tali casi non è mai utilizzato. A1.6.2 Controllo con compensazione La Fig. A1.8 mostra un secondo schema, noto come controllo con compensazione (feedforward controller), che differisce dal precedente perchè il controllore tiene conto del valore del disturbo nel fissare il valore del controllo. Questo schema può naturalmente essere adottato solo quando il disturbo è misurabile (o predicibile) e quando l effetto di ε su y è noto, perché, in caso contrario, non si potrebbe ottenere alcun vantaggio dalla conoscenza di ε. Questo schema potrebbe ad esempio essere adottato nel sostegno delle magre: se la portata ε di un corso d acqua scende al di sotto di un valore di soglia la si aumenta erogando una portata u da un serbatoio, così da accrescere la portata y a valle della confluenza tra il corso d acqua e l emissario del serbatoio. L effetto della compensazione diviene più efficiente quando si possa disporre di una previsione del disturbo o quando la causa ε che provoca il disturbo è misurabile come mostrato in Fig. A1.9. In questo caso deve essere disponibile un modello del sistema disturbante che descriva la relazione tra il disturbo primario ε e ε. Se, per esempio ε è la portata del fiume e ε è la pioggia, bisogna identificare un modello pioggia-portata del bacino imbrifero. Esso sarà usato dal controllore per prevedere le variazioni di ε e compensarle con un opportune variazioni del controllo. A1.6.3 Controllo in anello chiuso Il terzo e più comune schema di controllo è il controllo in anello chiuso o in retroazione (feedback controller) mostrato in Fig. A1.10. Questo schema di controllo ha tre vantaggi rispetto al precedente. Primo, dato che l uscita del sistema è misurata, l effetto di ogni possibile disturbo è immediatamente rilevato, mentre

18 Appendice A1 ε Disturbo Controllore u Controllo Sistema y Uscita Figura A1.8 Schema di controllo con compensazione. ε Disturbo primario Sistema disturbante ε Disturbo Controllore u Controllo Sistema y Uscita Figura A1.9 Un più efficiente schema di controllo con compensazione. nello schema con compensazione solo i disturbi misurati sono compensati. Secondo, non occorre modellizzare il disturbo, poichè le variazioni delle uscita rispetto al comportamento desiderato sono direttamente rilevate. Infine, la struttura in anello chiuso è particolarmente flessibile: per esempio le proprietà di stabilità del sistema possono essere significativamente migliorate per mezzo di un controllo in retroazione, mentre un controllo con compensazione non può modificarle. Lo schema in anello chiuso è veramente efficace quando lo stato x è misurabile (cioè quando y = x), perché è possibile individuare senza incertezza il controllo migliore. D altra parte, quando y x, e, in particolare, quando y è costituita da soltanto alcune delle componenti del vettore di stato, il controllore non dispone di una informazione completa sullo stato del sistema e la scelta del controllo u(t) diviene più critica. In questi casi conviene spezzare il controllore in due blocchi, come mostrato in Fig. A1.11. Il primo, detto ricostruttore dello stato, è un sistema dinamico che usa le misure dell ingresso e dell uscita del sistema per produrre una stima ˆx(t) dello stato x(t) del sistema. Il secondo, chiamato ancora controllore, è un sistema non dinamico che fornisce il controllo u(t) come funzione della stima dello stato u(t) = m(ˆx(t), t) La funzione m(, ) è detta politica di controllo e una sua sezione temporale

Bibliografia 19 ε Disturbo Controllore u Controllo Sistema y Uscita Figura A1.10 Schema di controllo in anello chiuso. ε Controllore u Sistema y ˆx Ricostruttore dello stato Figura A1.11 La struttura del regolatore. m(, t) legge di controllo. Si noti che la politica e la legge coincidono quando il controllore è tempo-invariante. L intero sistema, cioè l insieme del ricostruttore dello stato e del controllore, è chiamato regolatore. Bibliografia Bolzern, P., R. Scattolini and N. Schiavoni (1998). Fondamenti di controlli automatici. McGraw-Hill. Milano, I. Box, G. and G. Jenkins (1970). Time Series Analysis: Forecasting and Control. Holden-Day Inc.. San Francisco, CA. Kalman, R.E., P.L. Falb and M.A. Arbib (1969). Topics in Mathematical System Theory. McGraw-Hill. New York, NY. Lin, S.H, L.T. Fan and C.L. Hwang (1973). Digital simulation of the effect of thermal discharge on stream water quality. Water Resour. Bull. 9, 689 702. Rinaldi, S. (1977). Teoria dei Sistemi. CLUP. Milano, IT.

20 Bibliografia Rinaldi, S., R. Soncini-Sessa, H. Stehfest and H. Tamura (1979). Modeling and Control of River Quality. McGraw-Hill. New York, NY. Zadeh, L.A. and C.A. Desoer (1963). Linear System Theory. McGraw-Hill. New York, NY. Zadeh, L.A. and E. Polak (1969). System Theory. McGraw-Hill. New York, NY.