GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE, UN PO DI VOCABOLARIO

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Transcript:

LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA PROF.SSA ANNA FALCO

Indice 1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE, UN PO DI VOCABOLARIO ---------------------------------- 5 3 I CINQUE ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE -------------------------------------------------------------------- 8 4 CONCLUSIONI --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19 2 di 19

1 Introduzione Per capire se stesso l uomo ha bisogno di essere capito dall altro; per essere capito dall altro ha bisogno di capire l altro (Paul Watzlawick) La comunicazione è il fondamento di tutti i rapporti umani e pur facendone un uso quotidiano, non sempre siamo consapevoli delle logiche sottese, dei processi che innesca e delle incredibili potenzialità. E importante che le persone che devono comunicare per professione, si pongano il problema di farlo in maniera efficace. La comunicazione ha molteplici funzioni. La funzione emotiva o espressiva relativa all esprimere i sentimenti e i pensieri; la funzione informativa, di trasmissione di dati ed informazioni; la funzione di contatto che si utilizza per entrare in contatto, per mantenerlo o interromperlo (pensiamo ai saluti, alle esclamazioni, ad esempio). Consideriamo infine la funzione poetica, cioè centrata sulla bellezza e complessità della propria costruzione, metalinguistica, cioè la capacità della lingua di descriversi, di parlare di sé spiegandosi, come quando descrive le proprie regole grammaticali e quella persuasiva usata per convincere gli altri, come in pubblicità e nei discorsi politici. La comunicazione è, innanzitutto, un attività sociale che avviene all interno di un gruppo o tra due persone, in altri casi si parla di monologo interiore. La comunicazione è partecipazione, in quanto presuppone l accordo su significati condivisi e negoziati all interno di un gruppo o comunità: pertanto ha una matrice culturale e una natura convenzionale. Possiamo poi asserire che è un attività cognitiva, perché c è una stretta interdipendenza tra il pensiero e la comunicazione stessa. La comunicazione, infine, è connessa all azione, poiché chi comunica ha uno scopo e agisce per arrivare al proprio obiettivo. Si possono individuare ed apprezzare tutte queste sfumature della comunicazione, ma è nella relazione vis à vis in cui maggiormente si realizzano tutte le potenzialità e la ricchezza comunicativa: in questa occasione avviene un passaggio di informazione (da-a) ma, soprattutto, avviene un inferenza tra coloro che comunicano, poiché vengono offerti e contemporaneamente accolti gli indizi riguardanti ciò che non è esclusivamente informazione. 3 di 19

Alcune delle più interessanti riflessioni sulla comunicazione umana risalgono agli anni 70 del secolo scorso, dovute alle ricerche dell antropologo e psichiatra Gregory Bateson e a Paul Watzlawick, Don Jackson e Jay Haley del gruppo del Mental Research Institute di Palo Alto in California (conosciuta in seguito come Scuola di Palo Alto). E alle loro ricerche che faremo sostanzialmente riferimento in questa lezione. 4 di 19

2 Gli elementi della comunicazione, un po di vocabolario Gli elementi della comunicazione sono le parti che, secondo Bateson, costituiscono le sequenze comunicative e permettono la trasmissione del contenuto. Il primo modello di comunicazione (teorizzato da Shannon e Weaver nel 1948), è il modello tradizionale, definito emittente-messaggio-ricevente che si pone in un ottica lineare (cioè io do il messaggio, tu lo ricevi), non focalizzandosi sulle comunicazioni di ritorno (il cosiddetto feedback). Questa importante caratteristica verrà studiata nel successivo modello dialogico nel quale la comunicazione viene vista in un ottica circolare (il messaggio parte da me, arriva a te che mi rimandi altre informazioni verbali o anche non verbali il feedback- che influiscono sulla mia successiva comunicazione in modo circolare ). L emittente e il ricevente, cioè colui che comunica e il destinatario del messaggio, possono essere costituiti da una o più persone. Il messaggio, cioè il contenuto di ciò che si comunica può essere una informazione, un dato, una notizia o più semplicemente una sensazione. Il codice è il sistema di segni che si usa per comunicare, senza il quale non avviene la trasmissione del messaggio. Può essere una lingua, un gesto, un grafico oppure un disegno. Questo elemento è distinto dal canale che può essere inteso sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, posta ecc.) sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione (principalmente udito e vista). L emittente svolge un importante attività, denominata codifica, in cui trasforma idee, concetti e immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso il codice. Parallelamente, il ricevente svolge la decodifica, cioè la trasformazione del messaggio da codice in idee, concetti e immagini mentali. Ulteriore elemento è il feedback, cioè la informazione di ritorno che parte dal ricevente e va all emittente; il feedback da informazioni all emittente: se il messaggio è stato ricevuto e capito, cosa ha provocato emotivamente nel ricevente, o quali idee ha stimolato. Infine c è il contesto o ambiente: è il 5 di 19

luogo, fisico o sociale, dove avviene lo scambio comunicativo; esso può incentivare o al contrario disincentivare la comunicazione. È importante sottolineare che non tutto quello che viene comunicato arriva al ricevente. Mediamente infatti, attribuendo al messaggio che si vuole comunicare un valore 100, l emittente riesce a comunicare solo 70. A causa dei disturbi o ostacoli nello scambio comunicativo (come rumore, disattenzione, scarso interesse, stanchezza, limiti culturali o fisici del ricevente, distacco o eccessivo coinvolgimento emotivo) il ricevente viene a contatto solo con il 40% del messaggio e ne capisce il 20%. E importante aggiungere che viene ricordato dal ricevente solo il 15-20% di ciò che ascolta (ad esempio in una lezione frontale), il 30-35% di ciò che vede (il canale visivo è molto più potente dell uditivo per memorizzare): la percentuale di ricordo sale al 60-70% se il canale uditivo viene supportato da quello visivo (come in una lezione frontale corredata da una presentazione di diapositive e video). Non bisogna quindi dare per scontato che si comunica davvero tutto ciò che si vuole, e che tutto ciò che si comunica viene percepito per intero dal ricevente. Cosa fare per cercare di ovviare a questi problemi comunicativi? L emittente dovrebbe a. definire l obiettivo della comunicazione: se il ricevente sa qual è la finalità della comunicazione, saprà coglierne più facilmente gli aspetti salienti. b. dare precedenza alle informazioni riguardanti i fatti rispetto alle opinioni, evitando così di confondere gli uni con le altre. c. usare un linguaggio adeguato al ricevente. d. esprimere con precisione semantica e sintattica il proprio pensiero, cioè essere chiaro. e. sottolineare e ripetere i concetti fondamentali perché se un concetto viene ripetuto, vi sarà una probabilità più alta che venga ricevuto e ricordato. f. accompagnare le parole con i gesti per aiutarne il ricordo. g. usare quando è possibile immagini, a supporto della comunicazione verbale. 6 di 19

h. è anche importante essere obiettivi, e interagire con il ricevente cogliendone, attraverso il linguaggio verbale e non verbale, i feedback (le informazioni di ritorno) per verificare l efficacia della comunicazione. i. l efficacia comunicativa passa anche attraverso un adeguata comunicazione corporea (guardare il ricevente, mostrarsi sereni e ben disposti), l alleggerire la comunicazione con pause, battute, esempi Il ricevente dovrebbe a. essere ben disposto alla comunicazione. b. avere capacità di ascolto. c. essere in grado di capire e interpretare i significati simbolici dei messaggi. d. comprendere gli schemi di riferimento dell emittente. e. porre domande affinché l emittente precisi il suo pensiero. 7 di 19

3 I cinque assiomi della comunicazione Uno dei primi studi scientifici sulla comunicazione può essere fatto risalire a Paul Watzlawick il quale, all interno del volume (1971), ha concettualizzato i principi fondamentali della comunicazione, definendola come: uno scambio interattivo fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento. In parole più semplici la comunicazione è uno scambio intenzionale e consapevole di informazioni attuato con simboli (o linguaggi) verbali e non verbali anche del contesto- che hanno un certo significato all interno di una determinata cultura. Per funzione pragmatica della comunicazione, si intende la capacità del linguaggio d avere conseguenze sui comportamenti umani nei contesti in cui agisce. Non esiste comunicazione senza un comportamento, né un comportamento che non comunichi qualcosa. Secondo l autore bisogna indagare le due modalità attraverso cui la comunicazione espleta questa funzione e cioè il linguaggio verbale e non verbale. Waslawick sottolineò come anche le nevrosi, le psicosi e in generale le forme di psicopatologia non nascono nell individuo isolato, ma nel tipo di interazione patologica che si instaura tra individui, ponendo quindi l accento sull importanza dell interazione esistente tra le persone che comunicano anche in patologia e sull influenza esercitata su di esse dalla cultura, attraverso i segni e i simboli cui vengono attribuiti significati. Watzlawick basa la sua elaborazione teorica su cinque assiomi, affermazioni basilari che riflettono i meccanismi che si innescano nell interazione tra segni e simboli. PRIMO ASSIOMA: non si può non comunicare Qualsiasi comportamento (verbale = parole; o non verbale = espressioni del viso o azioni o contesto) comunica qualcosa alle persone presenti. 8 di 19

Anche la passività e i silenzi, esplicitando la volontà di non comunicare, inviano un messaggio e, quindi, comunicano di non voler comunicare. Non può quindi esistere una non-comunicazione perché non esiste un non-comportamento. Esempi Da cliente entro in un bar e il cassiere, pur essendo io in attesa, non mi degna di uno sguardo e continua a parlare al telefono, non salutandomi e non dandomi retta. Comunicazione: disinteresse Nel mio ufficio il contesto è accogliente, la musica soffusa dà benessere, il mio abbigliamento e i toni della mia voce sono friendly, i modi di tutti i collaboratori sono affabili. Anche prima che ci sia lo scambio verbale l insieme di contesto e modalità non verbali è strutturato per comunicare accoglienza e interesse per il cliente. SECONDO ASSIOMA: I messaggi possiedono un aspetto di contenuto ed uno di relazione Questo assioma ci dice che in ogni interazione comunicativa dobbiamo identificare due aspetti: l aspetto (o livello) del contenuto (che notizia sta passando) e l aspetto (o livello) della relazione (all interno di quali ruoli relazionali?). Il livello della relazione risponde alla domanda chi ha diritto di dire cosa? e come lo deve dire per stare nel suo ruolo?. Se il capoufficio chiede a un collaboratore di svolgere un lavoro, con questo messaggio stabilisce una relazione caratterizzata dal potere che egli ha, per ruolo, su un altro individuo. Il collaboratore non troverà nulla di strano in questo. Se la stessa richiesta viene da uno da uno sconosciuto o da un collaboratore sarà considerata non consona, fuori contesto. Questo aspetto relazionale, il più delle volte implicito, del messaggio è definito metacomunicazione. Sincronicamente o addirittura prima di analizzare il contenuto manifesto dei sistemi verbali, esiste un tendere a codefinire le regole del gioco relazionale implicito. Perché l aspetto metacomunicativo sia congruo con la comunicazione verbale e non verbale ci dovrebbe essere reciproca consapevolezza dei ruoli relazionali. Se questo processo non viene condiviso da entrambi gli interlocutori, ci si può ritrovare a giocare una partita a scacchi senza comprendere le regole e l obiettivo del gioco. 9 di 19

Nella vita di tutti i giorni ci può capitare di intraprendere vere e proprie lotte, consapevoli o non, per ristabilire una congrua relazione di ruolo tra noi e i nostri interlocutori. Esempi. Un anziana signora entra nel mio ufficio. Mi alzo in piedi e la faccio subito accomodare. Le chiedo scusa, ma sono impegnato in una telefonata che cerco di concludere al più presto per potermi dedicare alle sue richieste. Esaurisco al più presto la telefonata e cerco di dedicarmi subito alla signora, che si mostra contenta del fatto che l abbia trattata come si aspettava una cliente anziana e con modi d altri tempi-. Stessa situazione, ma entrano un gruppo di ragazzi, molto giovani. Vado subito al tu, non stupito del modo informale e speculare col quale i ragazzi si rivolgono a me. Mi scuso della telefonata in corso e li invito a pazientare, dando loro nel frattempo la possibilità di esaminare materiali e video affinchè possano orientarsi ed essere parte attiva nella costruzione di una possibile offerta. I ragazzi sono ben disposti anche perché l atteggiamento informale e più alla pari, cooperativo anzichè strettamente consulenziale (video e giornali che li aiutano ad autodeterminare le richieste) li mette a loro agio, non li intimorisce. La stessa affermazione Fai attenzione può volere dire cose diverse a seconda della relazione in cui è inserita: se detta dalla madre a un figlio può essere intesa come una raccomandazione; se pronunciata dall insegnante rivolta all alunno è una richiesta o un ordine; se detta da un delinquente può diventare una minaccia. Penso sia chiaro come l aspetto metacomunicativo, che possiamo tradurre come chiarezza e rispetto relazionale dei ruoli (responsabile-collaboratore, cliente-professionista, anziano-giovane, giovane-giovane ) sia forse anche più importante, talvolta, dell aspetto contenutistico della comunicazione, perché può o non fare sentire le persone a loro agio, nel giusto ruolo relazionale. Le informazioni relative al ruolo relazionale privilegiano il canale non verbale, che sarà meglio spiegato nel 4 assioma. Quando i due interlocutori sono d'accordo sia sugli aspetti di relazione che di contenuto, la comunicazione è fluida. 10 di 19

Quando c'è accordo sui contenuti, ma disaccordo sulla relazione, il contenuto può diventare un pretesto di discussione, da cui si crea uno stato di disorientamento, che sfocerà in soluzioni precarie. Quando c'è disaccordo sui contenuti e accordo sulla relazione, si confrontano le diverse idee, nella stima e nel rispetto reciproci, ottenendo risultati stabili. Quando c'è disaccordo su entrambi i piani, si arriva allo scontro aperto e alla rottura, squalificando l'interlocutore. Dunque, se non vi è accordo a livello relazionale, il contenuto della comunicazione è solo un pretesto di discussione; se, invece, c'è volontà di intesa, qualsiasi disaccordo è risolubile. In una situazione di conflitto o polemica è importante riuscire a separare il livello dei contenuti da quello della relazione, ed affrontarli separatamente. TERZO ASSIOMA: la comunicazione dipende dalla punteggiatura (dalla mappa) utilizzata dai soggetti che comunicano La realtà in quanto tale non esiste. Esiste la mappa (=punteggiatura) che ciascuno di noi ha per leggerla e che può differire da persona a persona. Lo slogan che riassume efficacemente questo assioma è La mappa non è il territorio! E evidente che le personali letture della realtà comunicativa influenzano moltissimo il passaggio dei contenuti dell informazione. Ma da cosa dipende la mappa o punteggiatura della realtà? Dall insieme di convinzioni, credenze e valori che si formano all interno di ciascuno di noi per cultura, esperienze, strutturazione psicologica e biologica. Un disaccordo su come punteggiare una sequenza di eventi può essere all origine di un conflitto di relazione. Un tipico errore di punteggiatura è rappresentato dalla profezia che si autoavvera in cui il soggetto crede di reagire ai comportamenti altrui mentre in realtà li provoca. 11 di 19

Esempi. Da Watzalwick. Il topo ha una punteggiatura della realtà diversa da quello dello sperimentatore e pensa: Ho addestrato il mio sperimentatore. Ogni volta che premo la leva mi dà da mangiare Marito e moglie credono entrambi di leggere bene la realtà e che i problemi siano provocati dal partner. Un adolescente insicuro ritiene d essere antipatico. La sua punteggiatura degli eventi fa si che qualsiasi atteggiamento, azione o parola degli altri siano letti come un mettere distanza nei suoi confronti. Ma anch egli, così facendo mette in realtà distanza, con il risultato di ottenere proprio quello che temeva: essere antipatico agli occhi degli altri. E l esempio classico di profezia che si autoavvera. La mia distrazione viene letta dal cliente come un disinteresse nei suoi confronti. Un cambio di programma o di opinione del mio interlocutore viene letto da me come un tentativo di fregarmi. La punteggiatura dirige, dunque, il flusso comunicativo e le modalità di interpretarlo. La cultura, organizzando e codificando esperienze comuni e frequenti, ci permette di ottenere la condivisione degli aspetti basilari (le mappe diventano condivise). QUARTO ASSIOMA: Gli esseri umani comunicano sia in modo simbolico (o numerico, o logico, o digitale) sia analogico. L uomo, unico tra gli animali, comunica in due modi: Simbolico, attraverso le parole, organizzate in lingue, che per essere recepite nel loro contenuto necessitano di una intermediazione della cultura (se io non conosco una lingua non ne colgo i contenuti comunicativi!). E il linguaggio verbale. Il linguaggio simbolico serve a scambiare informazioni e a trasmettere la conoscenza nel tempo (se non ci fosse il modo simbolico di comunicare non esisterebbero giornali e libri, né la matematica anche i numeri sono simboli!-). Analogico, attraverso una rappresentazione diretta della realtà, che non richiede intermediazione culturale. E il linguaggio non verbale. Cosa è il linguaggio non verbale? 12 di 19

Per Watzlawick include le espressioni del viso, le inflessioni della voce, la sequenza e il ritmo delle parole, i gesti, le posizioni del corpo e il contesto ove avviene la comunicazione. Gli animali usano il modo analogico per comunicare tra loro e con l uomo, cogliendo il non verbale e non capendo il significato delle parole che diciamo non hanno la capacità di accedere a una comprensione dei simboli attraverso i quali parliamo del mondo-. E chiaro, come si può comprendere anche da quanto già detto nelle pagine precedenti, che il modo simbolico-verbale (parole e numeri) si presta soprattutto a veicolare il contenuto della comunicazione; il modo analogico-non verbale (espressioni corporee e contesto della relazione) è quello più idoneo a veicolare la definizione dei ruoli relazionali. Tuttavia sia il contenuto che la definizione dei ruoli passano nella relazione attraverso entrambi i modi comunicativi. Prima cogliamo il non verbale e il contesto e, sulla base di questi, diamo significato e valore al verbale. I gesti hanno talvolta il potere di sostituire lunghi messaggi verbali ( Vale di più un gesto che mille parole ). E un chiarimento sulle reciproche valenze di ruolo in una relazione di lavoro richiede talvolta chiarimenti verbali. Il modo non verbale di comunicare è estremamente potente. Il linguaggio analogico ci dà spesso la chiave di lettura del linguaggio verbale. Nella storia dell uomo è un modo di comunicare certamente più arcaico e spesso in gran parte istintivo. Ciò nonostante possiamo consapevolmente porre attenzione al nostro non verbale perché la comunicazione sia più efficace e specializzarci nella lettura del non verbale rimandatoci da contesti e persone. Alcune ricerche americane hanno messo in luce che l'incidenza di un messaggio è imputabile per il 7% alla componente verbale (le parole usate ed il loro senso), per il 38% a quella paraverbale (come diciamo le cose) e per il 55% alla componente non verbale (ciò che il nostro corpo comunica mentre parliamo). Ciò significa che siamo maggiormente influenzati dall aspetto non verbale o paraverbale di un messaggio, anziché dal suo contenuto verbale. Esempi. 13 di 19

Ci fermiamo a chiedere un informazione su come raggiungere una via ad un passante: ci dice di andare a destra ma con il braccio ci indica la sinistra. Nella quasi totalità dei casi, siamo portati a seguire la direzione del braccio (non verbale). In un breafing di lavoro il capo, pur senza parlare, mostra un interesse maggiore per una proposta piuttosto che per un altra (sorride, annuisce). La hall di un albergo comunica accoglienza (luci, piante, caramelle a disposizione del cliente); quella di un altro la troviamo respingente (arredi essenziali e poco caldi, scarsa cura ) Dal viso di un cliente leggiamo una contraddizione tra il linguaggio verbale (sono disposto a spendere quel che serve) e quello non verbale (il viso esprime preoccupazione quando si rende conto che la spesa può essere superiore al suo budget). In tal caso ci potremmo trovare disorientati e con cautela cercare di indagare meglio e mettere fine all ambivalenza del cliente. Una nostra presentazione in un meeting può essere molto curata dal punto di vista della comunicazione non verbale: sguardo diretto sulle persone, gesti con le mani che sottolineano il verbale, sorrisi e clima disteso, in piedi e fronte sala, ritmo e tono esprimono accoglienza Il doppio legame E di fondamentale importanza che ci sia accordo tra il livello verbale e non verbale per evitare quello che viene definito. una madre che dice al fglio con tono rabbioso tivlio bene sta mandando un doppio legame. Se il figlio ribadisce non è vero, la donna smentirà e il bambino non avrà argomenti per difendere la sua tesi, anche perché spesso il messaggio non verbale potrebbe essere inconsapevole per chi lo emette Il doppio messaggio o doppio legame normalmente genera molto stress nella comunicazione. Per uscire da un doppio messaggio dobbiamo porci ad un livello meta-comunicativo; dobbiamo cioè esplicitare che c è una doppia informazione, altrimenti rimaniamo paralizzati e sbagliamo comunque ci comportiamo. Altre volte possiamo relazionarci a quello verbale, tenendo conto di quello non verbale anche se decidiamo di non esplicitarlo. 14 di 19

QUINTO ASSIOMA: Gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari a seconda che siano basati sull uguaglianza o sulla differenza. Le comunicazioni possono essere simmetriche o complementari. Relazione simmetrica: l interazione è alla pari (=basata sull uguaglianza) Relazione asimmetrica o complementare. In questo caso, un membro della coppia relazionale assume una posizione primaria, detta one-up, superiore; mentre l altro partner è complementare a questa posizione, assumendo una posizione one-down, inferiore. Denotare un membro della coppia come superiore o inferiore non è un giudizio etico o di merito (buono - cattivo o forte debole). Tipi di relazione simmetrica sono quelle fra coniugi, colleghi, compagni di classe, amici, clienti. Tipi di relazione complementare sono quelle insegnante-alunno, padre-figlio, datore di lavoroimpiegato, medico-paziente. I posizionamenti relazionali possono variare da contesto a contesto anche fra le stesse persone. Se, ad esempio, un meccanico accusa un malore e si reca dal medico, la posizione one-up è assunta dal medico. Ma se, dopo un'ora, sulla tangenziale cittadina, lo stesso meccanico interviene per aiutare il medico, con il motore dell'auto in panne, il ruolo up sarà del meccanico e quello down del medico. Il medico che volesse sentenziare anche su questo sarebbe solo presuntuoso, poco flessibile. I posizionamenti relazionali tendono ad essere flessibili anche all interno di una relazione che a un primo livello è complementare, proprio perché all interno di una relazione in un tempo dato cambiano continuamente le condizioni di contesto che ne determinano o meno la complementarietà. Esempi. Un utente di una certa età si confronta con il giovane impiegato per la definizione di una proposta di soggiorno (ma vale anche per il cliente di un ristorante o il paziente di un medico). A un livello generale l impiegato è up rispetto al cliente; a un altro livello, e quindi con possibili slittamenti in caso di variazione minima del contesto, il cliente può avere maggiore esperienza di vita dell impiegato, e nello scorrere temporale della relazione può trovarsi a dare consigli all impiegato, mettendosi per un certo tempo up. 15 di 19

Marito e moglie in una relazione sostanzialmente simmetrica in alcuni momenti, ad esempio per malattia o difficoltà varie, possono supportarsi a vicenda, assumendo alternativamente ruoli up. 16 di 19

4 Conclusioni Noi creiamo il mondo che percepiamo, non perché non esiste realtà fuori dalla nostra mente, ma perché scegliamo e modifichiamo la realtà che vediamo in modo che si adegui alle nostre convinzioni sul mondo in cui viviamo (Gregory Bateson) Fraintendimenti, inefficacia comunicativa, interpretazioni personali delle comunicazioni, profezie che si autoavverano, discordanza tra buone intenzioni e comunicazione non verbale. Sono davvero tante le insidie della comunicazione umana. Abbiamo visto come nella comunicazione ciascuno proponga se stesso, un proprio ruolo e contenuti della comunicazione, la propria punteggiatura e definisce la relazione che ha con l interlocutore. Di questo dobbiamo essere consapevoli per essere efficaci e non creare fraintendimenti. Ancora due cose prima di concludere. I messaggi che un soggetto esprime per autodefinirsi o per esprimere la relazione con l altro possono essere accolti in modo diverso dall'interlocutore. L altro può rispondere con una conferma, un rifiuto oppure una disconferma. La conferma, ovvero l accettazione del ruolo che l altro ha fornito di sé; Il rifiuto, che comunque implica il riconoscimento della presenza dell altro. Il rifiuto equivale a Stai sbagliando. Se ti contesto è perché esisti, anche se penso che stai sbagliando. La disconferma è un ritiro relazionale sintetizzabile nell espressione Tu non esisti, non vali il mio interesse nei tuoi confronti. Questo tipo di risposta può essere particolarmente problematica per l interlocutore perchè non essere considerati può creare reazioni di ansia e di insicurezza molto dolorose. Evitare di usare la disconferma, che certamente non è efficace se si intende restare comunque nella relazione. 17 di 19

Durante gli incontri e le riunioni sarebbe bene rispettare alcuni semplici principi: massima di quantità, cioè dare un contributo efficace senza eccedere nella quantità; massima di qualità, ossia dare un contributo vero; massima di relazione, ovvero essere pertinenti; massima di modo, quindi essere chiari, evitando espressioni ambigue e oscure. Spesso la cattiva qualità della comunicazione all interno dei posti di lavoro è la vera causa di problemi che generano stress nei lavoratori, che sono all origine del mobbing e del graduale deteriorarsi di un buon clima aziendale. La comunicazione è essenziale per far arrivare con chiarezza il nostro messaggio e vivere in modo assertivo, riducendo così i nostri livelli di stress. 18 di 19

Bibliografia BATESON G. (1972) Verso una ecologia della mente. Milano, Adelphi, 1976 BATESON G. (1979) Mente e natura. Milano, Adelphi, 1983 WATZLAWICK P., BEAVIN J.H., JACKSON D.D. (1971) Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, Roma, Astrolabio, 1978 19 di 19