Una donna di 62 anni viene inviata dal Pronto



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Un adulto con grave dimagrimento non sempre è neoplastico Umberto Volta, Claudia Parisi Dipartimento di Malattie dell Apparato Digerente e Medicina Interna, Centro di Riferimento per la Diagnosi e il follow up della malattia Celiaca, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Policlinico Sant Orsola- Malpighi, Bologna IL CASO CLINICO Una donna di 62 anni viene inviata dal Pronto Soccorso (PS) nel nostro reparto di Medicina Interna del Policlinico Sant Orsola- Malpighi con diagnosi di «Tetania ipocalcemica in paziente con sospetta cachessia neoplastica». Esami urgenti eseguiti in PS mostrano: globuli rossi 3.020.000, Hb 10,1, MCV 72 m 3, globuli bianchi 11.900, piastrine 450.000, calcemia 6,6 mg/dl, creatinina 1,2 mg/dl, Na + 145 MEq/l, K+ 3,5 MEq/l. Nell anamnesi fisiologica si rilevano 2 gravidanze a termine e due aborti spontanei alla 10 a e 12 a settimana di gestazione. Nell anamnesi patologica remota è presente una tiroidite autoimmune, diagnosticata all età di 50 anni (in trattamento con Eutirox 50 ug 1 cp al dì) e una condizione di colon irritabile, riscontrato già da tempo, caratterizzato da alternanza di stipsi e diarrea. Negli ultimi 2 anni l alvo è diventato costantemente diarroico con calo ponderale di 10 kg, instauratosi progressivamente, ed è stata riscontrata una condizione di anemia sideropenica. Sul piano clinico sono inoltre comparsi dispepsia e meteorismo di notevole entità. Nell ultimo mese la paziente ha presentato crisi tetaniche subentranti, caratterizzate da spasmi a livello delle mani. All esame obiettivo la paziente presenta una condizione di notevole magrezza con indice di massa corporea marcatamente ridotto (alt. 1,50 m, peso kg 33, BMI = 13,7), spiccata ipotrofia muscolare, evidenti segni di disidratazione con cute secca e non sollevabile in pliche, sensorio lucido con assenza di sintomi neurologici. L obiettività cardiaca e toracica non evidenziano alcuna significativa alterazione, mentre l addome appare globoso con marcato meteorismo, non si palpano masse addominali, il margine epatico inferiore è apprezzabile a 2 cm dall arcata costale di consistenza lievemente aumentata, regolare, non dolente e la milza non è palpabile. Si evocazione il segno di Trosseau (spasmo carpale con mano da ostetrico, bloccando la circolazione del braccio con il bracciale dello sfigmomanometro, lasciato per almeno 3 minuti sopra i valori della pressione sistolica). In base all anamnesi, all esame obiettivo e ai primi esami eseguiti in PS quali ipotesi diagnostiche avreste formulato? Una prima ipotesi diagnostica è che la marcata compromissione delle condizioni generali della paziente con lo sviluppo di un vero e proprio stato simil-cachettico sia imputabile a una patologia neoplastica, verosimilmente a partenza dal tubo gastroenterico e più precisamente a livello gastrico o intestinale. La possibilità di una neoplasia del colon destro è sostenuta dalla diarrea e dall insorgenza di una anemia sideropenica. Una seconda ipotesi che può essere formulata è quella di una severa sindrome da malassorbimento nell ambito di una patologia dell intestino tenue in grado di giustificare un ridotto assorbimento di calcio (ipocalcemia con crisi tetaniche), di ferro (anemia sideropenica) e di normali nutrienti, tale da giustificare il severo stato di malnutrizione della paziente. Fra le possibili cause di compromissione dell assorbimento intestinale è possibile ipotizzare la malattia celiaca o condizioni più rare fra cui il morbo di Whipple (improbabile per il sesso e l età della paziente), l enteropatia autoimmune, la sindrome da protido-dispersione (tipo linfangectasia intestinale), la gastroenterite eosinofila, infezioni da protozoi e parassiti. Una terza ipotesi diagnostica è quella che pone al centro di tutto la severa ipocalcemia con manifestazioni tetaniche nell ambito di un possibile ipoparatiroidisimo primitivo. Quali esami pertanto avreste eseguito in base a queste ipotesi diagnostiche? In base alle ipotesi diagnostiche formulate vengono richiesti gli esami ematochimici, che, oltre agli esami di routine, includono anche l assetto marziale e del metabolismo calciofosforico, una 15

16 batteria epatica completa e i marcatori eteroplastici. Gli esami bioumorali confermano un anemia microcitica (Hb 10 g/dl, MCV 70 m 3 ) con iposideremia (40 mg/dl), elevata transferrina insatura (353 mg/dl) e bassi valori di ferritina (3 ng/ml); si rileva inoltre ipertransaminasemia con transaminasi glutammico-piruvica (2x) e glutammico-ossalacetica (1,5x), rialzo della fosfatasi alcalina (1,5x) con normali valori di gamma- GT, bassi valori di proteine totali (5,5 g/dl) e ipoalbuminemia (2,2 g/dl), ipergammaglobulinemia (g-globuline 2,1 g/dl) con elevati valori di IgA (600 mg/dl). L assetto calciofosforico mostra valori in ulteriore calo di calcemia (5,5 mg/dl) e bassi valori di fosforemia (1,5 mg/dl) e di vitamina D [25(OH)D], nonché elevati livelli di paratormone (1,5x), in presenza di normali valori di azotemia e creatinina. Il dosaggio degli elettroliti urinari mostra ridotti valori di calciuria e fosfaturia. I marcatori neoplastici (CEA, Ca-19-9) sono nella norma. L assetto degli esami di funzionalità tiroidea mostra TSH, FT3 ed FT4 nei limiti della norma (la paziente è in terapia sostitutiva) con elevati valori di anti-tpo (> 3000 U/ml) e anti-tg (2199 U/ml). Tre coprocolture e altrettanti esami parassitologici risultano negativi. Viene eseguita ecografia epatica, che mostra un fegato di dimensioni ed ecostruttura nella norma e una milza di dimensioni assai ridotte (ipotrofia splenica). La paziente viene sottoposta a pancolonscopia che non evidenzia lesioni macroscopiche degne di nota, ma che all esame istologico mette in evidenza una colite linfocitica. La TAC addominale con MDC conferma una milza di piccolissime dimensioni con calcificazioni spleniche. Viene programmata una EGDS che mostra assenza di lesioni a livello dell esofago e dello stomaco, mentre fa rilevare assenza delle pliche di Kerckring nella seconda porzione duodenale ove vengono eseguiti prelievi bioptici multipli. Nel frattempo giungono gli esiti degli esami immunologici, che mostrano negatività per autoanticorpi antienterociti (marcatori di enteropatia autoimmune), assenza di anticorpi antinucleari e antimitocondriali, mentre fanno rilevare positività per autoanticorpi antiendomisio (EmA) (1:640) e antitransglutaminasi tissutale (anti-ttg) di classe IgA (30 UA v.n. < 7 UA), marcatori altamente specifici per morbo celiaco. L esame istologico della biopsia duodenale rivela un significativo incremento dei linfociti intraepiteliali (LIE), evidenziato sia dalla colorazione in ematossillina-eosina sia da quella specifica per i CD3 (LIE 65/100 v.n. < 25/100) con marcata iperplasia delle cripte ghiandolari e atrofia subtotale dei villi con rapporto villi/cripte 1:1. Il quadro morfologico è nel complesso riferibile a una lesione tipo 3c secondo la classificazione di Marsh-Oberhuber. Nel complesso pertanto il quadro completo degli esami laboratoristici e strumentali con particolare riguardo ai dati immunologici (positività per EmA e anti-ttg) e istologici (duodeno con lesione atrofica tipo 3c) orienta verso la diagnosi di malattia celiaca. Quali altri esami avreste richiesto una volta giunti alla diagnosi di malattia celiaca? Viene eseguita una densitometria ossea con tecnica DEXA che evidenzia una condizione di severa osteoporosi con T score -3,5 e -4,5 rispettivamente a livello del rachide e del femore. Alla luce della marcata ipotrofia splenica viene eseguita nello striscio periferico al microscopio a contrasto di fase la conta delle pitted cells, globuli rossi con alterazioni della membrana cellulare, che a conferma della ipofunzione splenica risultano pari al 24,2% (v.n. < 4%). Non si è ritenuto indispensabile eseguire l indagine genetica per ricerca degli antigeni di istocompatibilità correlati alla malattia celiaca (HLA-DQ2 e -DQ8) in quanto gli elementi a disposizione per la diagnosi (concordanza di istologia e sierologia) erano già più che sufficienti. Come avreste impostato la terapia in questa paziente? Le condizioni critiche presentate dalla paziente all arrivo in reparto con grave stato di denutrizione e turbe diselettrolitiche hanno imposto un immediato trattamento con calciogluconato ev, liquidi e plasma. È stata immediatamente impostata dieta aglutinata spiegando dettagliatamente alla paziente quali cereali sono vietati (grano, segale, orzo, farro, kamut, avena) e quali consentiti (riso, mais, soia, grano saraceno, miglio) ai celiaci. Alla luce della ipofunzione splenica si è proceduto alla vaccinazione antipneumococcica per prevenire infezioni da Gram positivi, soprattutto meningococchi e pneumococchi. È stata prescritta terapia a base di bifosfonati, calcio e vitamina D da iniziarsi però solo dopo 6 mesi di dieta aglutinata per consentire una parziale ricrescita della mucosa, con ripresa dell assorbimento anche dei farmaci. Come avreste programmato il follow up della paziente? Seguendo le linee guida del protocollo per la diagnosi e il follow up approvato dalla commissione del Ministero della Salute nell ambito della Legge n. 123/2005, i primi controlli nei pazienti celiaci devono essere eseguiti a 6 mesi dalla diagnosi e successivamente una volta all anno. A ogni controllo viene eseguita visita medica con indagine dietetica per verificare la corretta compliance alla dieta. Nella prima visita, effettuata a 6 mesi dall inizio della dieta aglutinata, la nostra paziente presenta una significativa ripresa del peso corporeo (aumento di 11 kg) con indici di massa corporea normalizzati (BMI: 19,5). Sul piano degli esami bioumorali si segnala normalizzazione dei valori della calcemia e della fosforemia, mentre la dieta aglutinata stretta correla con la negativizzazione degli EmA e antittg di classe IgA.

Al secondo controllo dopo 1 anno di dieta aglutinata la paziente presenta ulteriore aumento ponderale fino a raggiungere un peso di 49 kg con BMI 21,7. Normali gli esami del follow up di routine che includono TSH, ferritina, emocromo, anticorpi antitransglutaminasi. Data l ottima risposta clinica della paziente sul piano clinico e laboratoristico in accordo con le linee guida del National Institute of Health (NIH) 1 non si ritiene indispensabile la ripetizione della biopsia duodenale per documentare l avvenuta ricrescita dei villi intestinali (tale esame è assolutamente necessario solo nei casi in cui la diagnosi rimane dubbia per persistenza di sintomi clinici o di mancata risposta sul piano sierologico). L EVIDENZA In considerazione della diagnosi avvenuta in età avanzata e della presenza di ipofunzione splenica, predittiva di possibili complicanze della celiachia, viene fissato un monitoraggio di controlli annuali e, in occasione del controllo al 3 anno dalla diagnosi, si rileva nuovamente severa anemia sideropenica, associata a stipsi ostinata ed episodio di rettorragia. Una pancolonscopia, prontamente eseguita, evidenzia una neoplasia del sigma, per la quale la paziente viene immediatamente trattata con asportazione della massa neoplastica (adenocarcinoma) e intervento di anastomosi termino-terminale, con successivo ciclo di chemioterapia per prevenire recidive della malattia neoplastica. Negli ultimi 20 anni i brillanti risultati raggiunti dalle ricerche sulla malattia celiaca hanno portato a radicali cambiamenti nella storia naturale di questa malattia. Nonostante questi innegabili progressi, il pianeta celiachia non può essere visto come qualcosa di statico e si può affermare, senza pericolo di essere smentiti, che le nostre conoscenze in questo campo della medicina sono in continua evoluzione grazie a sempre nuove acquisizioni nell ambito dei fattori ambientali, biochimici, immunologici, genetici, diagnostici e terapeutici. La malattia celiaca è un enteropatia che necessita per manifestarsi di una predisposizione genetica ben definita (rappresentata dalla positività per gli antigeni di istocompatibilità DQ2 e/o DQ8), ha come principale organo bersaglio l intestino tenue, principalmente nel suo tratto prossimale, e può essere definita come un intolleranza alimentare permanente al glutine contenuto in certe componenti proteiche presenti in alcuni cereali 1,2. È generalmente accettato che le prolamine e le glutenine ad alto peso molecolare contenute nel frumento, segale, orzo, farro e kamut svolgano un azione tossica nei confronti della mucosa dell intestino tenue dei celiaci, mentre più incerto è il ruolo svolto dall avena, anch essa esclusa dalla dieta per celiaci nel nostro Paese (ma non nei Paesi nord-europei), soprattutto per la frequente contaminazione da parte di altre farine, ma anche per una sua potenziale tossicità in celiaci ipersensibili al glutine. Un ruolo di primo piano nell azione tossica è certamente svolto dalle gliadine, le quali sono costituite da singole catene polipeptidiche, di peso molecolare compreso fra 30 e 90 kilodalton. Mediante elettroforesi su gel di amido le gliadine possono essere separate in quattro frazioni (a, b, g e w), dotate secondo questo ordine di tossicità decrescente. L isolamento dei cloni di DNA complementare per la gliadina ha permesso di sequenziare e determinare i 266 aminoacidi costituenti l A-gliadina, una sottofrazione tossica dell a-gliadina. Più recentemente sono stati identificati due peptidi che attraverso vari meccanismi svolgono un ruolo importante nel determinismo delle lesioni intestinali, cioè il peptide 31-43 e il peptide 57-68. La frazione tossica consiste di un tetrapeptide con sequenza aminoacidica prolina-serina-glutamina-glutamina o glutamina-glutamina-glutaminaprolina, come dimostrato da vari studi in vitro su campioni di mucosa intestinale. Epidemiologia L epidemiologia della malattia celiaca è stata completamente ridisegnata negli ultimi decenni 3. Nel passato la celiachia è stata a lungo considerata una patologia estremamente rara, praticamente confinata ai Paesi europei e a esclusivo coinvolgimento dell età pediatrica. Grazie a studi di screening compiuti su campioni di popolazione generale oggi siamo in grado di affermare con assoluta certezza che la celiachia è una patologia molto frequente, con una prevalenza di un caso ogni 100 individui, che può manifestarsi a qualsiasi età della vita e che ha una distribuzione praticamente ubiquitaria nel mondo, dall Europa all America, dall Oceania all Asia e all Africa. Nei profughi Saharawi, complici anche l elevato consumo di cous-cous, ricco di glutine, e una genetica favorevole (presenza dell HLA DQ2 in > 30% della popolazione), è stata documentata una prevalenza di celiachia pari al 5%. Le uniche parti del mondo in cui la celiachia sembra ancora una realtà sconosciuta sono la Cina, il Giappone, la Malesia, le Filippine e l Indonesia, aree ove notoriamente il consumo di cereali con glutine è molto scarso. Peraltro anche in queste aree, a seguito del cambiamento delle abitudini alimentari legate alla globalizzazione, la celiachia ha incominciato a fare la sua comparsa con le prime diagnosi ed è probabile che nel giro di pochi anni anche questi territori scopriranno il fenomeno celiachia. Nonostante il notevole incremento diagnostico registrato negli ultimi tempi, la celiachia è ancora ampiamente sottodiagnosticata, per fare un esempio in Italia vi sono al momento circa 70.000 diagnosi a fronte delle oltre 500.000 attese. 17

18 Patogenesi Il trigger scatenante la comparsa della celiachia, come già sottolineato, è il glutine e in particolare l azione tossica sulla mucosa intestinale è esercitata dalle gliadine, le quali però non sono in grado di innescare la celiachia senza una ben definita predisposizione genetica, la quale pertanto ricopre un ruolo di primo piano nel determinismo della malattia. In pratica, la totalità dei celiaci presenta gli antigeni di istocompatibilità (HLA) DQ2 (presente nel 90-95% dei casi) e DQ8 (5-10% dei casi) 4. L assenza di questi HLA di fatto esclude con certezza quasi assoluta la diagnosi, ma la loro presenza non è diagnostica in quanto gli stessi HLA sono presenti anche nel 30% della popolazione sana non celiaca. Alcuni fattori ambientali possono svolgere un ruolo importante nella slatentizzazione e nello scatenamento della celiachia, a cominciare dalle infezioni virali (fra cui quella da rotavirus di recentissima identificazione come possibile causa di celiachia), batteriche e parassitarie. Spesso una sindrome celiaca si manifesta ad esempio solo dopo che il paziente ha contratto un infezione intestinale batterica o parassitaria a seguito di un viaggio all estero. Ma la malattia celiaca può esplodere in tutte le sue più classiche manifestazioni a seguito di uno stress particolarmente intenso o anche dopo una gravidanza trascorsa in modo del tutto regolare e con un parto eutocico. L importanza del fattore ereditario è confermata dal fatto che dal 4% al 17% dei familiari di I e II grado di celiaci sono affetti dalla stessa intolleranza alimentare. Ma quali sono i meccanismi attraverso i quali si instaura il danno della mucosa intestinale? La svolta per comprendere i meccanismi fisiopatologici della celiachia si è avuta nel 1997 grazie a un interessante studio italo-tedesco che ha consentito di identificare nella transglutaminasi tissutale (ttg), un enzima citoplasmatico dell organismo umano, il principale autoantigene che ricopre un ruolo di primo piano nella risposta immunologica di tipo adattivo 5. La ttg è presente non solo nell intestino tenue, ma anche in numerosi altri organi e apparati, quali cute, tiroide, pancreas, fegato, articolazioni, sistema nervoso e sistema riproduttivo. Ciò fa sì che il processo immunologico, una volta innescato, possa propagarsi al di fuori dell intestino tenue, facendo assumere talvolta alla celiachia le sembianze di una malattia sistemica. Due infatti sono i meccanismi immunologici attraverso i quali si realizza il danno intestinale tipico della celiachia: la risposta innata o nativa (ttg-indipendente) e la risposta adattiva (ttg-dipendente). La risposta innata si basa su una tossicità diretta della gliadina, e in particolare del peptide 31-43, in grado di stimolare la sintesi di IL-15 (una citochina che svolge un ruolo centrale nell attivazione T cellulare), di indurre l espressione di molecole di stress sugli enterociti e di attivare i linfociti intraepiteliali nella mucosa intestinale. L insieme di queste reazioni porta alla morte diretta dell enterocita ed è considerato uno dei meccanismi determinanti l atrofia dei villi. L azione diretta del peptide di gliadina sugli enterociti aumenta la permeabilità intestinale attraverso il rilascio della zonulina con conseguente disassemblamento delle tight junctions (giunzioni serrate). L altra via responsabile del danno di mucosa è quella dell immunità adattiva che attraverso l azione del peptide 56-68 porta all attivazione T-linfocitaria mediata dalla ttg 6. Il peptide, resistente alla degradazione da parte dei succhi gastrici e pancreatici, dopo aver superato la barriera intestinale per via paracellulare grazie al disassemblamento delle giunzioni serrate, favorito dall over-expression di zonulina, subisce il processo di deamidazione (trasformazione di una molecola di glutammina in acido glutammico) da parte della ttg e viene presentato dai macrofagi ai linfociti T CD4+ con conseguente sintesi di citochine in grado di portare avanti il danno intestinale. Parallelamente si ha la stimolazione dei linfociti B con conseguente sintesi anticorpale. Le principali citochine coinvolte nel determinismo della lesione intestinale sono l IL-15 che svolge un ruolo chiave nel generare il danno epiteliale e nel guidare la proliferazione delle cripte, nonché nel modulare l infiltrazione linfocitaria intraepiteliale, ma anche il TNF-alfa IFN-gamma e IL-2 hanno un effetto citotossico diretto sulle cellule epiteliali, inoltre IL-6 differenzia i B linfociti così favorendo la sintesi anticorpale. Una citochina che ha invece un ruolo regolatorio per la mucosa intestinale è l IL-10 che controlla la risposta immune alla flora batterica non patogena e agli antigeni dietetici. Manifestazioni cliniche La malattia celiaca colpisce più frequentemente il sesso femminile con un rapporto femmine/maschi di 2:1. Come già detto, può manifestarsi a qualsiasi età della vita, dalla prima infanzia all età geriatrica, con due picchi di insorgenza: poco dopo lo svezzamento con glutine entro i 2 anni di età e verso la seconda-terza decade di vita. La sintomatologia con cui la malattia celiaca può presentarsi è così variabile che tale condizione morbosa è stata paragonata per queste sue caratteristiche sia a un camaleonte sia a un grande imitatore 7,8. I sintomi variano spesso da paziente a paziente e questo rende particolarmente difficile l identificazione della celiachia (Tabella 1). In base comunque alla presentazione clinica vengono distinte varie forme cliniche. Nella forma classica è presente la tipica sindrome da malassorbimento con diarrea e perdita di peso, severa anemia e marcata astenia. Sebbene questo esordio sia sempre meno frequente ai nostri giorni (presente in meno del 30% dei casi) grazie a una diagnosi sempre più precoce, alcuni pazienti possono ancora giungere alla nostra osservazione con una cachessia devastante, atrofia muscolare, severa ipoalbuminemia e turbe elettrolitiche e metaboliche. Nella forma subclinica o atipica le manifestazioni gastrointestinali, se presenti, si caratterizzano per una marcata stipsi o per un alvo alterno (compatibile con una condizione di colon irritabile) o per turbe dispeptiche

Tab. 1 Sintomi da tenere d occhio in quanto possibili spie di celiachia. Diarrea, dolore e gonfiore addominale Stipsi, alvo irregolare (colon irritabile), nausea, vomito Perdita di peso Astenia cronica Afte ricorrenti Forme di anemia (soprattutto anemia da carenza di ferro, ma anche di acido folico o vitamina B12) Facilità al sanguinamento Osteoporosi Anomalie dello smalto dentario Aborti ricorrenti (in particolare nel 1 trimestre) Irregolarità mestruali (amenorrea, menarca tardivo, menopausa precoce) Rialzo delle transaminasi da causa sconosciuta Carenza di elettroliti (calcio, magnesio, potassio ecc.) Assenza congenita della milza o atrofia splenica Fragilità di unghie e capelli Tab. 2 Patologie associate a celiachia. Dermatite erpetiforme Tiroidite autoimmune, morbo di Basedow Diabete mellito tipo I Deficit di IgA Patologia epatica autoimmune (cirrosi biliare primitiva, epatite autoimmune, colangite sclerosante primitiva) Patologia neurologica idiopatica (atassia cerebellare, epilessia con o senza calcificazioni cerebrali, neuropatia periferica) Sindrome di Down, sindrome di Turner Alopecia, vitiligine, psoriasi Malattie del connettivo (artrite reumatoide, LES, sindrome di Sjogren, sclerodermia, dermatomiosite) Cardiomiopatia dialatativa idiopatica, miocarditi autoimmuni Morbo di Addison con nausea e talvolta vomito, o spesso possono lasciare il posto a manifestazioni extraintestinali, di cui le più frequenti espressioni sono un anemia microcitica sideropenica per mancato assorbimento di ferro (riscontrabile nel 30-40% dei casi) o più raramente un anemia macrocitica per carenza di acido folico e più raramente di vitamina B12, una sindrome emorragica da mancato assorbimento di vitamina K, alterazioni del metabolismo osseo (presenti in circa il 70% dei pazienti alla diagnosi) sotto forma di osteopenia o più raramente di osteoporosi per malassorbimento di calcio, iposomia (particolarmente importante nelle forme pediatriche), alterazioni della smalto dentale, stomatite afosa, rialzo delle transaminasi (ritrovate nel 40-50% dei celiaci non trattati ed espressione della cosiddetta epatite celiaca legata in gran parte all arrivo di antigeni alimentari e batterici al fegato per l alterato assorbimento intestinale), ansia e depressione. Nel quadro clinico di presentazione possono essere incluse anche le alterazioni della sfera riproduttiva, caratterizzate da menarca tardivo, amenorrea, aborti ricorrenti, parti prematuri, menopausa precoce, alterazioni del numero e della motilità degli spermatozoi (tutte alterazioni reversibili con dieta aglutinata). La malattia celiaca può associarsi a diverse patologie autoimmuni e idiopatiche, fra cui la dermatite erpetiforme (definita anche la celiachia della cute per la presenza di un costante interessamento della mucosa intestinale), il diabete mellito autoimmune, la tiroidite di Hashimoto, il deficit selettivo di IgA, l alopecia areata, il morbo di Addison, le malattie del connettivo, le malattie cromosomiche (sindrome di Down e sindrome di Turner), le malattie neurologiche (neuropatia periferica, epilessia con o senza calcificazioni occipitali, atassia cerebellare), la patologia autoimmune epatica (cirrosi biliare primitiva, epatite autoimmune, colangite sclerosante primitiva) e la cardiomiopatia dilatativa idiopatica (Tabella 2). L importanza di diagnosticare una celiachia associata a queste malattie è duplice, dal momento che la dieta aglutinata è in grado non solo di risolvere le manifestazioni e prevenire le complicanze della celiachia, ma anche talvolta di migliorare i sintomi della patologia concomitante. La forma silente o asintomatica comprende pazienti che non presentano alcun sintomo o condizione associata alla celiachia. Esempio classico di questa forma sono i casi identificati in seguito a screening anticorpale nei familiari di celiaci e nell ambito degli screening su popolazione generale. La forma potenziale è una condizione di sempre più frequente osservazione in cui il paziente viene identificato prima che si realizzi l atrofia della mucosa intestinale, ma risulta essere positivo per i marcatori anticorpali di celiachia. Peraltro, non sempre i pazienti con forma potenziale sono asintomatici, ma spesso presentano una sintomatologia rilevante, come ad esempio atassia cerebellare e sindrome dell aborto ricorrente, che è suscettibile di risoluzione o significativo miglioramento con la dieta se instaurata precocemente. Diagnosi I due punti cardine per la diagnosi di celiachia sono l esame istologico della biopsia duodenale, che rimane a tutt oggi il gold standard diagnostico, e gli anticorpi sierici, che negli ultimi anni hanno acquisito una rilevanza sempre maggiore. Esami bioumorali L importanza degli esami ematochimici di routine è invece limitata, ma proprio perché si tratta di test di prima istanza e di facile esecuzione possono essere il primo indizio per sospettare l esistenza di questa patologia 9. Bassi livelli sierici di emoglobina, albumina, calcio, potassio, magnesio e fosforo sono di più frequente riscontro nei 19

2O Tab. 3 Valore diagnostico dei markers anticorpali correlati alla celiachia. Anticorpo Sensibilità (%) Specificità (%) Val. pred. pos. (%) Val. pred. neg. (%) IgA anti-ttg 98 90 91 98 IgA EmA 95 100 100 95 IgA AGA 82 78 79 81 Impiego consigliato dei markers anticorpali: anti-ttg (anticorpi antitransglutaminasi) come test di I livello; EmA (anticorpi antiendomisio) come test di conferma; AGA (anticorpo antigliadina), utile nei bambini di età < 2 anni (primo anticorpo a comparire) celiaci con malassorbimento franco rispetto a quelli con malattia subclinica. Una iposideremia più o meno marcata con elevati valori di transferrina insatura e ipoferritinemia può essere un altra spia per pensare a una possibile celiachia; alla stessa stregua possono essere considerati una bassa folatemia e valori sierici ridotti di vitamina B12. L anemia è, in genere, da carenza di ferro, con bassi valori di sideremia e ferritinemia. L ipocolesterolemia è di frequente riscontro e si può associare a ipotrigliceridemia nei casi con severo malassorbimento. Nei pazienti con deficit di assorbimento di vitamina K si ritrovano bassi valori di tempo di protrombina. Elevati livelli di fosfatasi alcalina (isoenzima osseo) possono essere trovati nei celiaci con osteoporosi. Un rialzo delle transaminasi di origine sconosciuta (così classificata dopo avere escluso un eziologia virale, autoimmune, tossica) è una possibile spia di celiachia. Il test della xilosemia, basato sulla somministrazione di questo zucchero per os e sulla sua successiva determinazione ematica a distanza di 1 ora, è attualmente poco utilizzato, in quanto bassi valori di xilosemia, come espressione di malassorbimento intestinale, si sono dimostrati sempre meno sensibili nell identificazione dei casi di celiachia con atrofia lieve e lesioni minime della mucosa intestinale. In una discreta percentuale di celiaci adulti sono presenti, nello striscio periferico, alterazioni della membrana dei globuli rossi (pitted cells e corpi di Howell-Jolly), espressione di disfunzione o atrofia splenica. Il riscontro di una condizione di iposplenismo deve sempre far ipotizzare una diagnosi di celiachia. Inoltre, la presenza di iposplenismo espone il soggetto celiaco a un maggior rischio di complicanze. Ruolo della sierologia L impiego dei test anticorpali ha segnato una svolta decisiva nello screening della malattia celiaca. Il significato di questi esami non è quello di sostituirsi alla biopsia intestinale, che rimane il gold standard per la diagnosi, ma è quello di consentire l esecuzione di biopsie mirate. Lo screening anticorpale per la malattia celiaca si basa sulla ricerca di anticorpi di classe IgA, alcuni dei quali possono essere considerati markers altamente sensibili e specifici di celiachia (Tabella 3) 10 : 1. anticorpi antiendomisio (EmA) e anticorpi anti transglutaminasi umana (anti-ttg): sono i due test con la più elevata accuratezza diagnostica per la celiachia. Gli EmA, ricercati in immunofluorescenza indiretta, consentono di identificare il 95% dei casi di celiachia, con una specificità che a tutt oggi possiamo considerare assoluta. L unico handicap è quello della variabilità interobserver, legata alla lettura del test, che è causa di frequenti errori di interpretazione. Gli anti-ttg mostrano una sensibilità lievemente più elevata (98%), ma una specificità inferiore rispetto agli EmA, con circa il 10% di falsi positivi in casi di allergia alimentare, infezioni intestinali e patologia autoimmune. Ciò nonostante si sono affermati come test di routine rispetto agli EMA per la più elevata riproducibilità della metodica impiegata per la loro determinazione (ELISA); 2. anticorpi antigliadina (AGA): test che mostra una sensibilità e specificità medie dell 80%, ma che è di scarsa utilità per la disponibilità di marcatori anticorpali più validi; la ricerca degli AGA dovrebbe essere ormai limitata alla prima infanzia, nei bambini al di sotto dei 2 anni di età, dal momento che questo anticorpo compare più precocemente di tutti gli altri; 3. anticorpi antireticolina R1: ormai superati per la bassa sensibilità per la malattia (40-50%) ancorché dotati di assoluta specificità. Vanno ricordati unicamente perché il loro riscontro casuale in corso di ricerca di autoanticorpi non organo-specifici, richiesti per altri motivi (indagini immunologiche per malattia autoimmune in senso lato), consente di identificare casi inattesi di celiachia; 4. anticorpi antiactina: questi anticorpi, diretti verso l actina filamentosa (F-actina), componente del citoscheletro della parete intestinale, sono ritrovati nel 90% dei celiaci con severa atrofia dei villi, ma solamente nel 10% di quelli con lesioni minime della mucosa intestinale. Pertanto, non possono essere considerati un test di screening per la celiachia. Gli anticorpi di classe IgG, pur mostrando mediamente elevati livelli di sensibilità per la malattia celiaca, presentano una assai scarsa specificità con elevato numero di falsi positivi (fino al 30-40%) in pazienti con patologia gastrointesti-

nale, autoimmune e anche in controlli sani. La loro utilità è circoscritta all identificazione dei pazienti con malattia celiaca associata a deficit di IgA. Per questo scopo gli anti-ttg di classe IgG si sono rivelati il test più attendibile. Ruolo della biopsia duodenale La biopsia intestinale rimane l accertamento indispensabile per la diagnosi di celiachia in quanto nessuno dei test anticorpali raggiunge una sensibilità e una specificità del 100% per la malattia celiaca 11. La biopsia intestinale viene eseguita in corso di esofagogastroduodenoscopia (EGDS) nella seconda o terza porzione del duodeno. Presupposti fondamentali per una corretta valutazione istologica sono l orientamento delle biopsie in modo da evidenziare correttamente i diversi strati della mucosa e un numero adeguato di prelievi bioptici (in genere almeno 4). Il quadro istologico classico dell enteropatia da glutine si caratterizza per le significative modificazioni dell architettura mucosale, con assenza dei villi e iperplasia delle cripte risultante in una ridotta superficie assorbente (Tabella 4). La lesione tipica di malattia celiaca è rappresentata dall atrofia dei villi (lesione di tipo 3), suddivisa a seconda della severità dell atrofia nei tre stadi (lieve- a, parziale- b, subtotale- c), mentre le lesioni tipo 1-2 (aumento dei linfociti intraepiteliali con o senza iperplasia delle cripte), pur essendo compatibili con la diagnosi di celiachia, non sono specifiche per questa condizione morbosa e devono essere inquadrate, per una corretta valutazione, nel contesto clinico-sierologico. La lesione tipo 4 (atrofia totale dei villi), fortunatamente di assai raro riscontro, è espressione dell evoluzione della celiachia in forma complicata, in particolare in malattia celiaca refrattaria e in linfoma intestinale. Un atrofia dei villi intestinali non glutine-dipendente che entra in diagnostica differenziale soprattutto con la celiachia dell adulto è presente in alcune condizioni patologiche di raro riscontro, fra cui l enteropatia autoimmune, la gastroenterite eosinofila, alcune malattie parassitarie, fungine e virali, in particolar modo in soggetti immunodepressi, la linfangectasia intestinale, la ipogammaglobulinemia comune variabile e il danno enterico da FANS. Il riscontro, in corso di endoscopia, di alcuni pattern macroscopici, quali la perdita o riduzione delle pliche della seconda porzione duodenale, rivelatisi altamente predittivi per celiachia, consente di identificare casi di enteropatia da glutine fra le migliaia di pazienti sottoposti a EGDS per altri motivi (ulcera, dispepsia, gastrite). Pertanto, in presenza dei suddetti segni endoscopici, deve sempre essere eseguita la biopsia duodenale. Tab. 4 Classificazione istologica delle lesioni intestinali nella celiachia. Aumento LIE (maggiore 25/100 ce)* (tipo 1) Iperplasia delle cripte (tipo 2) Atrofia lieve dei villi (tipo 3a) Atrofia parziale dei villi (tipo 3b) Atrofia subtotale dei villi (tipo 3c) LIE: linfociti intraepiteliali; ce: cellule epiteliali Lesione tipo 4: atrofia totale dei villi con assenza di LIE, quadro a rischio di complicanze Classificazione modificata di Marsh-Oberhuber Ruolo dell indagine genetica L utilità dell indagine genetica è quella di escludere con certezza quasi assoluta la diagnosi di celiachia se il soggetto è negativo sia per HLA- DQ2 sia per il -DQ8. La presenza del DQ2 o del DQ8 non può invece essere considerata diagnostica perché, anche se la totalità dei celiaci presenta questi HLA, essi vengono ritrovati pure nel 30% della popolazione normale 4. Il loro riscontro è comunque utile per definire una predisposizione alla celiachia nei familiari di 1 e 2 grado di celiaci. Dati recenti hanno messo in evidenza che è sufficiente metà eterodimero per il DQ2 (DQA1* 05 o DQB1* 02) per essere predisposti alla malattia celiaca. Nuovi approcci diagnostici Alcune tecniche strumentali si sono recentemente dimostrate utili nella diagnostica della celiachia. La loro importanza non è paragonabile a quella della biopsia duodenale e della sierologia, ma possono trovare applicazione per identificare casi di celiachia, a volte non sospettabili sul piano clinico, da confermare con gli accertamenti tradizionali. Ecografia I principali reperti ultrasonografici che possono far nascere il sospetto di una malattia celiaca sono l aumento del volume della colecisti a digiuno, l incremento volumetrico dei linfonodi mesenterici, il riscontro di anse intestinali dilatate e di spessore aumentato con elevato contenuto di liquido e la presenza di liquido libero nella cavità addominale. La concomitante presenza di tutti questi segni ecografici deve fare pensare a una possibile diagnosi di celiachia 12. Tecnica a immersione Questa tecnica, basata sulla rapida introduzione, in corso di EGDS, di acqua nel lume duodenale dopo rimozione dell aria per suzione, consente di visualizzare i villi intestinali. In pazienti con positività per EmA o anti-ttg questa metodica ha dimostrato un elevato potere predittivo per la diagnosi di celiachia, consentendo di identificare la totalità dei pazienti con atrofia dei villi. Il vantaggio di questo approccio è rappresentato dal risparmio dei costi relativi all esecuzione della biopsia duodenale, ma ancora una volta va sottolineato che solo la biopsia duodenale, facilmente eseguibile nel corso dello stesso esame endoscopico necessario per la tecnica a immersione, può dare la certezza diagnostica 13. 21

22 Enteroscopia Tecnica che consente, in particolare utilizzando la push-enteroscopy, di esplorare un tratto più esteso dell intestino tenue. Il vantaggio più evidente è quello di eseguire biopsie più distali in confronto alla tradizionale endoscopia. Ciò è rilevante non solo per la definizione delle patologie che entrano in diagnostica differenziale con la celiachia, ma anche per verificare una possibile correlazione fra severità del quadro clinico ed estensione delle lesioni intestinali. Inoltre, tale metodica consente di ottenere informazioni cruciali relativamente alle complicanze neoplastiche e non neoplastiche della celiachia 14. Videocapsula L indicazione all esecuzione di questo esame non è tanto la diagnosi, ma piuttosto lo studio delle complicanze della celiachia (linfoma, malattia celiaca refrattaria, digiunoileite ulcerativa). Peraltro, nei pazienti, che non possono essere sottoposti a EGDS o che rifiutano l esame, la capsula endoscopica è in grado di riconoscere la presenza di atrofia dei villi in una elevata percentuale di casi. Nell ambito della caratterizzazione dei pazienti già diagnosticati tale esame può fornire informazioni sulla estensione delle lesioni dell intestino tenue. Peraltro, va sottolineato che l esclusione della diagnosi di celiachia non può basarsi sulla assenza di atrofia dei villi alla videocapsula, ma richiede sempre l esecuzione di una biopsia duodenale 15. Complicanze della malattia celiaca Studi longitudinali hanno dimostrato l importanza della diagnosi precoce di malattia celiaca, dal momento che tanto più è precoce l inizio della dieta aglutinata quanto più il soggetto è protetto dal rischio delle complicanze neoplastiche e non-neoplastiche (malattia celiaca refrattaria, digiunoileite ulcerativa, sprue collagenosica) 16,17. Fra le molteplici complicanze neoplastiche l eteroplasia più frequente è rappresentata dal linfoma intestinale a cellule T (enteropathy T cell lymphoma, ETCL). Questa neoplasia può essere già presente al momento della diagnosi di celiachia, potendo presentarsi anche in giovane età, ma in genere insorge fra la quinta e la settima decade di vita, con un quadro clinico spesso caratterizzato da occlusione intestinale acuta o perforazione. Altre neoplasie che si manifestano con maggiore frequenza nella storia naturale della celiachia sono gli adenocarcinomi dell intestino tenue, le neoplasie a livello dell esofago e del colon e i carcinomi della tiroide. Fra le complicanze non-neoplastiche della celiachia un posto di primo piano spetta alla malattia celiaca refrattaria, una condizione caratterizzata dall assenza di risposta sul piano clinico e istologico alla dieta aglutinata. La malattia celiaca refrattaria è una complicanza fortunatamente rara che è presente dal 2% al 5% dei celiaci a seconda delle varie realtà, più frequente nelle diagnosi dopo i 50 anni. È una diagnosi che va posta solo dopo avere verificato attentamente i criteri di refrattarietà (persistenza di atrofia della mucosa dopo almeno 15 mesi di dieta aglutinata stretta con negativizzazione dei markers anticorpali EmA e anti-ttg). Si distinguono due forme in base alla diversa caratterizzazione dell infiltrato linfocitario a livello della mucosa intestinale e alla diversa risposta alla terapia: una forma di tipo I con normale espressione dell antigene T cellulare nei linfociti intraepiteliali (CD3+, CD8+) e una forma di tipo II con presenza di una aberrante produzione monoclonale di linfociti intraepiteliali (CD3+, CD8-) con elevato rischio di progressione verso il linfoma intestinale. Buoni risultati vengono raggiunti con la terapia immunosoppressiva (azatioprina e cortisone) nella forma di tipo I, mentre, nonostante un approccio terapeutico più aggressivo (cladribina, anti-il 15, infliximab, trapianto autologo di midollo osseo), la forma di tipo II ha una prognosi decisamente peggiore. La digiunoileite ulcerativa è una condizione caratterizzata da ulcerazioni multiple trasversali a carico dell intestino tenue, con frequente stenosi dei tratti colpiti e con un istologia caratterizzata da infiltrato infiammatorio a tutto spessore e da un atrofia dei villi intestinali, di grado variabile, a carico della mucosa adiacente all ulcerazione. I dati più recenti dimostrano che questa rara complicanza della malattia celiaca porta all insorgenza di un linfoma a cellule T. La mortalità di questa condizione morbosa supera il 70% ed è dovuta a occlusione intestinale, perforazioni ed emorragia. La sprue collagenosica è un altra complicanza molto rara della celiachia. È caratterizzata dalla deposizione di una banda più o meno spessa di fibre collagene al di sotto della membrana basale dell epitelio intestinale e dalla mancata risposta clinica e istologica alla dieta aglutinata. Il decorso può essere rapidamente fatale, anche se in alcuni casi la terapia steroidea dà temporanei benefici. Terapia Linee guida per la dieta nei pazienti con celiachia si basano innanzitutto sull evitare tutti i cibi contenenti cereali con glutine, e cioè frumento, orzo, segale, farro e kamut. È consigliabile escludere, come già detto inizialmente, anche l avena, sia per la possibile contaminazione da parte di farine di altri cereali con glutine sia per la sua potenziale tossicità. In caso sia presente intolleranza al lattosio sintomatica, secondaria a severo danno della mucosa intestinale con perdita delle lattasi a livello dei microvilli, vanno esclusi per i primi tre mesi di dieta il lattosio e i derivati del latte. Cereali consentiti sono il riso, il mais (per cui la polenta), il grano saraceno, il miglio, la soia, il sesamo, il sorgo, la ta-

pioca, la patata e le castagne. È buona norma prestare attenzione alla possibile presenza di glutine negli additivi alimentari, mentre di scarso rilievo è la possibile presenza di tracce di glutine nei farmaci in qualità di eccipiente sotto forma di amido di frumento (la farmacopea ufficiale ha stabilito che trattasi di quantità minime e irrilevanti ai fini pratici). I pazienti devono essere indirizzati all utilizzo di prodotti contrassegnati dal simbolo della spiga sbarrata, segno di contenuto in glutine inferiore a 20 parti per milione (p.p.m.), cioè 20 mg/kg, come da indicazioni del prontuario dell Associazione Italiana Celiachia (AIC). La necessità di impiegare farmaci nella celiachia non è frequente, ma neanche così rara come alcuni pensano. Nei casi con severo malassorbimento è talvolta necessario impostare terapia parenterale reidratante con infusione di elettroliti (potassio, calcio, magnesio); talvolta in presenza di severa anemia c è necessità di somministrare ferro per via parenterale e, in presenza di edemi discrasici, albumina sempre per via endovenosa. La terapia dell osteoporosi prevede di integrare la dieta con calcio e vitamina D ed eventualmente con bifosfonati. Il trattamento della colonpatia funzionale, frequentemente associata alla celiachia, trae beneficio dall uso di cicli di fermenti lattici, che talvolta riescono anche a risolvere o migliorare il fastidioso problema di concomitanti infezioni urinarie ricorrenti. Nei casi con iposplenismo è raccomandata la vaccinazione antipeumococcica onde prevenire infezioni gravi. La terapia steroidea e immunosoppressiva trova indicazione nel trattamento delle complicanze della malattia. Nuove prospettive per una terapia alternativa alla dieta aglutinata vengono dalla ricerca. L avanzamento delle conoscenze dei meccanismi che scatenano la malattia ha consentito di proporre vari approcci per bloccare lo sviluppo della celiachia intervenendo a vari livelli. Alcune delle opzioni proposte appaiono al momento più perseguibili di altre, in particolare quella relativa all impiego di antagonisti della zonulina per bloccare l assorbimento del glutine a livello della mucosa intestinale o alla digestione dei peptidi tossici di gliadina a livello gastrico mediante enzimi (peptidasi) di origine fungina (Aspergillus Niger) 18,19. La zonulina, come è noto, è una proteina over-espressa a livello della mucosa dei celiaci e svolge un ruolo di primo piano nel favorire il passaggio dei peptidi tossici di gliadina attraverso la mucosa intestinale. Non a caso per questi due approcci terapeutici è già in corso o sta per essere avviata una sperimentazione su pazienti celiaci. Tentativi sono anche rivolti alla desensibilizzazione del soggetto celiaco verso i peptidi tossici del glutine attraverso la preparazione di vaccini: è chiaro che la sostituzione di una terapia efficace e priva di effetti collaterali, come la dieta aglutinata, con nuove terapie impone un attenta verifica dei nuovi approcci, che devono confermarsi efficaci e sicuri quanto la dieta. Bibliografia 1. National institutes of health (NIH) consensus development. Conference statement on celiac disease, June 28-30, 2004. Gastroenterology 2005; 128: S1-S9. 2. Alaedini A, Green PHR. Narrative review. Coeliac disease: understanding a complex autoimmune disorder. Ann Int Med 2005; 142: 289-298. 3. Volta U, Bellentani S, Bianchi FB, Brandi G, De Franceschi L, Miglioli L, Granito A, Balli F, Tiribelli C. High prevalence of celiac disease in Italian general population. Dig Dis Sci 2001; 46: 1500-05. 4. Karell K, Louka AS, Moodie SJ, Ascher H, Clot F, Greco L, Ciclitira PJ, Sollid LM, Partanen J. 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LA PRATICA Malattia celiaca La malattia celiaca è una frequente intolleranza alimentare cronica, ancora assai sottodiagnosticata. La prevalenza stimata di malattia nella popolazione generale è dell 1% e il rapporto casi diagnosticati/attesi è di 1:7. L esordio clinico può avvenire in qualsiasi eta della vita: dalla prima infanzia all età geriatrica. La diagnosi di celiachia va sospettata non solo in presenza di sindrome da malassorbimento, ma anche di sintomi intestinali atipici (stipsi, meteorismo, colon irritabile), di sintomi extraintestinali (anemia, ipertransaminasemia, osteoporosi, aborto ricorrente) e di patologie autoimmuni associate (diabete mellito di tipo 1, tiroidite di Hashimoto). Elementi cardine della diagnosi sono la biopsia duodenale con il riscontro di atrofia di vario grado dei villi intestinali (da lieve a subtotale) con aumento dei linfociti intraepiteliali (> 25/100) e la sierologia con positività per anticorpi antitransglutaminasi e antiendomisio di classe IgA, markers altamente sensibili specifici di celiachia. Complicanze della malattia celiaca non trattata o diagnosticata in età avanzata sono la possibile insorgenza di linfoma intestinale e di neoplasie epiteliali dell apparato gastroenterico (in particolare dell intestino tenue) e la malattia celiaca refrattaria. La terapia si basa sulla dieta aglutinata stretta da seguire per tutta la vita. Tale terapia è in grado di prevenire la maggior parte delle patologie autoimmuni associate e le complicanze neoplastiche e non neoplastiche della celiachia. 24