La valutazione dei dati optometrici di Silvio Maffioletti e Sabrina Prudenzano L a verifica del sistema visivo si fonda sull utilizzo di una serie di test optometrici, che misurano una certa variabile psicometrica controllando ogni altra variabile implicata (Ruggeri et al., 2003). Vari aspetti caratterizzano un test come strumento di misura: il tipo di stimoli indotti, la risposta evocata dagli stimoli, la valutazione della prestazione relativa al test (Petrabissi, Santinello, 1997). È opportuno considerare sia i risultati espressi dai test, sia il comportamento osservato nel soggetto esaminato nel corso della loro esecuzione; entrambi contribuiscono alla valutazione complessiva, ma differenti sono le modalità con cui vanno analizzati. Il risultato di un test è un dato numerico e viene interpretato sottoponendolo ad analisi statistica; le valutazioni comportamentali hanno invece carattere qualitativo e servono per avvalorare determinate ipotesi diagnostiche che, a loro volta, vanno confermate sottoponendo il soggetto a specifici test. Per un bambino a scuola, per esempio, alzarsi dal banco e avvicinarsi alla lavagna per copiare (valutazione comportamentale) è un forte indizio di una condizione miopica, che deve però essere confermata sottoponendo il soggetto agli opportuni test dell analisi visiva [Facchin, Ruggeri, 2002]. I test O gni test possiede precise norme di somministrazione; se pertanto si ha la possibilità di scegliere tra due diversi test che misurano il medesimo costrutto, è preferibile scegliere quello che possiede norme di somministrazione meglio definite e strutturate. Tali norme vanno accuratamente rispettate; per esempio, quando si utilizza la sequenza optometrica analitica dell OEP per la determinazione della performance visiva e della conseguente prescrizione ottica, ci si riferisce agli specifici valori di riferimento (i cosiddetti expected) che perdono però validità se la procedura di rilevazione non rispecchia quella standardizzata e indicata dall OEP. Se quindi si modifica la procedura oppure si utilizza solamente una parte della testistica, non si potranno trarre conclusioni corrette (Faini, 2001). Soltanto la scrupolosa osservanza delle norme di somministrazione del 75
test permette di ottenere risultati validi, attendibili, raffrontabili a campioni di riferimento, comparabili longitudinalmente (nel tempo) e trasversalmente (tra soggetti diversi), confrontabili tra diversi esaminatori (Prudenzano et al., 2006). Attendibilità e validità dei test O gni test è caratterizzato dall attendibilità e dalla validità. L attendibilità (ρ) si riferisce alla precisione del test e corrisponde alla stabilità e alla coerenza del suo punteggio nel tempo, ottenuto con soggetti che non abbiano avuto evidenti cambiamenti psicofisici o ambientali. Indica quindi la capacità di una misura di cogliere effettivamente una certa variabile e non altre. Viene espressa dal rapporto fra la componente vera del punteggio (V) e la somma delle componenti vera e di errore casuale di misurazione (E) secondo la formula ρ = V / (V + E). L indice di attendibilità varia da 0 a 1. Se l attendibilità è zero, il punteggio non misura nulla (è inattendibile); l attendibilità uguale a 1 corrisponde a situazioni ideali, in cui la misura è priva di errore (Ercolani et al., 2001). La validità è il grado con cui il test riesce a misurare ciò che si propone di misurare; comprende diverse sottocomponenti specifiche, ognuna delle quali sottende un analisi statistica che definisce il grado di significatività del test stesso (Petrabissi, Santinello, 1997). Frequentemente si tende a costruire una relazione biunivoca tra test e area indagata, nel senso che il costrutto viene valutato direttamente in base all esito del test senza che vengano introdotte altre considerazioni sulla reale corrispondenza tra i due fattori. In alcuni casi tale relazione risulta effettivamente vera (ciò accade soprattutto nelle misurazioni di natura fisica), mentre essa diventa più labile quando si misurano variabili psicologiche o comportamentali come quelle testate attraverso i test optometrici. Per questo la validità è importante: dato che determinati costrutti vengono misurati facendo riferimento a comportamenti che dovrebbero essere la loro manifestazione, è importante dimostrare che i comportamenti effettivamente misurati riflettono in modo valido tali costrutti (Ercolani et al., 2001). Si possono distinguere test monocomponenziali (che misurano un unica variabile) e test multicomponenziali. I primi sono di difficile attuazione, meno ecologici, misurano meglio il costrutto ma lo svincolano dalla realtà rendendolo decontestualizzato. I test multicomponenziali prendono invece in considerazione più variabili e il loro risultato esprime una performance globale, non attribuibile a una singola area ma più ecologica e vicina alle reali condizioni di vita del soggetto esaminato. Per esempio, il test dell acuità visiva di risoluzione a distanza è un test monocomponenziale; la variabile misurata è infatti quella della capacità di risoluzione. Il test della flessibilità accomodativa lontano/vicino, eseguito binocularmente, è invece prettamente multicomponenziale poiché la performance globale contempla svariate abilità: capacità di risoluzione, ampiezza e flessibilità accomodativa, convergenza degli assi visivi, attenzione sostenuta, attenzione selettiva e memoria visuo-spaziale (Facchin, Ruggeri, 2002). I test optometrici L individuazione e la compensazione ottica delle ametropie non ha soltanto una valenza in ordine alla nitidezza delle immagini (Grosvenor, 2002). La presenza di ametropie può causare svariati disturbi astenopici e influisce anche sulla visione prossimale, poiché sposta il norma- 76
le equilibrio tra accomodazione e convergenza. Per questo è opportuno non limitarsi alla sola analisi rifrattiva ma, integrando la compensazione delle ametropie con la gestione della condizione visiva complessiva, eseguire un analisi visiva completa che consenta al professionista di individuare i valori nella norma e quelli inadeguati, scoprendo la tipologia di problema visivo espressa dalla contemporanea inadeguatezza di determinati risultati (Rossetti, Gheller, 2003). L abilità del professionista risiede proprio nella capacità di applicare schemi ed euristiche corrette e congrue alla situazione in esame (Castellani, 1999). I dati optometrici raccolti nel corso dell esame visivo possono essere analizzati attraverso varie metodiche. Alcune sono attualmente in auge e si rivelano appropriate ed utili, altre sono datate e fanno ormai parte più della storia che dell attualità dell optometria. Le più diffuse e utilizzate sono l analisi visiva integrata (AVI), l analisi grafica, l analisi di Morgan e il metodo dei 21 punti dell OEP. Tutte, oltre che per analizzare i dati optometrici, vengono usate dal professionista per definire l opportuna prescrizione ottica per la visione a distanza e/o per la distanza prossimale. Ognuna delle metodiche fa riferimento a ben definiti modelli teorici e richiede una specifica procedura di somministrazione dei test, che singolarmente forniscono però indicazioni parziali e circoscritte; solo la loro integrazione conduce a una valutazione complessiva, più ricca e completa, della condizione visiva del soggetto (Facchin, Ruggeri, 2002). Il metodo grafico è stato il primo metodo optometrico che si è preoccupato di tener conto delle diverse variabili del sistema visivo. Nel metodo grafico i dati raccolti vengono registrati in un modello cartesiano nel quale lo stimolo accomodativo (in diottrie) è in ordinata e lo stimolo in convergenza (in diottrie prismatiche) è in ascissa. Il metodo grafico, pur non essendo recente, rimane un sistema chiaro, utilissimo, insostituibile per l insegnamento e per l attività didattica; recentemente ne è stata sviluppata anche una versione specifica per i soggetti presbiti (Faini, 2001). I limiti del metodo grafico sono quelli di essere fondato su un modello eccessivamente strutturale e statico della visione e di non essere adatto a valutare i problemi visivi di natura funzionale (Piacentini et al., 2004). L analisi visiva con metodo OEP è stata messa a punto da Skeffington nella prima metà del Novecento. Fondata sulla fisiologia e sulla psicologia 77
comportamentista, è composta da una parte testistica relativamente standardizzata (i 21 punti dell OEP) e da una successiva metodologia di analisi dei risultati (Maiocchi, 2007). L analisi visiva con il metodo OEP supera la rigidità del metodo grafico e si basa su una teoria funzionale della visione, che tiene conto dello stress visivo conseguente all impegno prossimale e lo rende maggiormente adeguato alla soluzione dei problemi visivi di chi utilizza a lungo la visione in attività a distanza ridotta. I limiti dell analisi visiva con il metodo OEP sono quelli di essere fondata su un modello comportamentale ormai superato e di avere significativi limiti metodologici (Facchin, Ruggeri, 2002). L analisi di Morgan si basa sulla comparazione tra i risultati dei test e le relative previsioni. Divide i test in 3 gruppi che permettono di distinguere i problemi legati alla convergenza e i problemi di natura accomodativa. Il conseguente trattamento può avvalersi di lenti, prismi oppure terapia visiva. Il raggruppamento dei dati, nell analisi di Morgan, elimina il problema della deviazione di un singolo dato che, con altri sistemi di analisi, provoca un interferenza significativa; ciò lo rende semplice, flessibile e pratico. Il limite dell analisi di Morgan risiede nella mancanza di alcuni test oggi necessari come i test di flessibilità dell accomodazione e delle vergenze, la MEM Retinoscopy e i test oculomotori. L analisi visiva integrata (AVI) applica vari sistemi di analisi, limitandone gli svantaggi ed esaltandone le peculiarità. Effettua dapprima una comparazione tra i risultati dei test e le relative previsioni; quindi raggruppa i test e identifica alcune sindromi in base ai test che esprimono 78
risultati inadeguati. È il metodo di analisi visiva più completo, che utilizza e integra gli aspetti positivi di vari precedenti sistemi di analisi. L AVI ha acquisito dall analisi visiva con il metodo OEP i concetti fondamentali (la condizione del sistema visivo può deteriorarsi, alcuni problemi visivi di natura funzionale possono essere previsti e prevenuti) mentre dall analisi di Morgan ha acquisito la modalità di raggruppare i dati per una loro più ampia e completa valutazione. Nell AVI sono inoltre stati inseriti test di verifica della disparità di fissazione, test di verifica della flessibilità dell accomodazione e delle vergenze, test oculomotori e la MEM Retinoscopy (Scheiman, Wick, 2002). Gestione della condizione visiva U n adeguato esame optometrico rende possibile la corretta gestione della condizione visiva (Faini, Maffioletti, 2007). Chi si occupa dei problemi visivi delle persone è chiamato a valutare anche aspetti posturali, illuminotecnici, psicologici e cognitivi se vuole fornire un aiuto efficace alle persone che, vivendo in una società tecnologicamente avanzata, sono quotidianamente chiamate a stressanti condizioni di vita e di lavoro (Reed, 1994). La qualità della percezione visiva, l armonia dei comportamenti visuomotori e visuopercettivi, l efficienza del sistema cognitivo e il benessere psico-fisico di tutto l organismo sono oggi fortemente sollecitati dall impegno sempre più prolungato e coercitivo che l ambiente socio-culturale esige (Ravasi, 2005). Il professionista della visione non può valutare soltanto le ametropie, limitandosi ad essere il freddo e asettico controllore dei valori rifrattivi e fornendo una soluzione prescrittiva tratta da rigide regole matematiche e fisiche; differenzia invece la soluzione in rapporto alle necessità della persona grazie agli strumenti che il progresso scientifico e tecnologico gli mette a disposizione e in virtù delle proprie specifiche conoscenze. Riferimenti bibliografici Castellani P., Expertise, in Girotto V., Legrenzi P. (a cura di), Psicologia del pensiero, Il Mulino, Bologna, 1999. Ercolani A.P., Areni A., Leone L., Statistica per la psicologia, Il Mulino, Bologna, 2001. Facchin A., Ruggeri L., Evoluzione in ambito cognitivo dei concetti optometrici comportamentali, in Rivista Italiana di Optometria, vol 25/2, 2002. Faini M., Lezioni di Optometria, Assopto Milano Acofis, Milano, 2001. Faini M., Maffioletti S., Optodizionario, in HYPERLINK http://www.soeo.it www.soeo.it, 2007. Grosvenor T., Primary care optometry, Butterworth Heinemann, Boston, 2002. Maiocchi A., Manuale pratico per l esecuzione di un esame visivo, Medical Books, Palermo, 2007. Petrabissi L., Santinello M., I test psicologici, Il Mulino, Bologna, 1997. Piacentini I., Maffioletti S., Borghesi A., Nocera M., Comparazione e integrazione tra la sequenza optometrica analitica e il metodo MKH, Tesi di laurea in Ottica e Optometria, Università degli Studi di Milano Bicocca, a.a. 2003-2004. Prudenzano S., Papagni A., Maffioletti S., Facoetti A., Abilità visive nell eta evolutiva: verifica e valutazione, Tesi di laurea in Ottica e Optometria, Università degli Studi di Milano Bicocca, a.a. 2005/2006. Ravasi A., Papagni A., Maffioletti S., Ruggeri L., Lorusso M.L., Facoetti A., Acuità visiva, movimenti oculari e apprendimento della lettura, Tesi di laurea in Ottica e Optometria, Università degli Studi di Milano Bicocca, a.a. 2004/2005. Reed S.K., Psicologia cognitiva, Il Mulino, Bologna,1994. Rossetti A., Gheller P., Manuale di optometria e contattologia, Zanichelli, Bologna, 2003. Ruggeri L. con la collaborazione di Facchin A., Maffioletti S., Pregliasco R., Segantin O., La standardizzazione italiana del protocollo Visuo-Cognitivo-Motorio (PVCM) in ambiente, Rivista Italiana di Optometria, vol.26/4, 2003. Scheiman M., Wick B., Clinical management of binocular vision, heterophoric, accomodative, and eye movement disorders, Lippincott Williams & Wilkins, Philadelphia, 2002. 79