GASTROENTEROLOGIA Settembre 2008

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1 GASTROENTEROLOGIA Settembre 2008 PATOLOGIE E CURE DELL APPARATO DIGERENTE QUESTO SUPPLEMENTO È STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL CORRIERE DELLA SERA NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO

2 2 pubblicità GASTROENTEROLOGIA La Gastroenterologia Italiana Entità del problema. Circa 10 milioni di persone in Italia risultano affette da Malattie dell Apparato Digerente, il che colloca queste malattie al primo posto come causa di ricovero ed al secondo posto come causa di morte. Avanzamento delle conoscenze. Negli ultimi anni la ricerca ha prodotto avanzamenti delle conoscenze enormi, che hanno consentito interventi di prevenzione e terapeutici straordinari. Solo due esempi esemplificativi: - l infezione da virus B si può prevenire nel 100% dei casi con misure igieniche, comportamentali, vaccinazione nei soggetti a rischio. Nei casi di malattia cronica da virus B le terapie antivirali consentono di controllare la replica virale. Nelle malattie avanzate, quando possibile, il trapianto di fegato consente alla maggioranza dei soggetti una lunga vita; - lo screening del cancro colo-rettale consente di ridurre in maniera significativa la mortalità per questa malattia. La eliminazione delle lesioni precancerose ( ad es. polipectomia endoscopica ) o la diagnosi precoce dei tumori del colon consente la guarigione. Spesa sanitaria. Nessun paese, per quanto ricco, può offrire ai malati tutto quello che la ricerca mette a disposizione. E l Italia, che tanto ricca non è, sostiene con difficoltà la sua spesa sanitaria. Molti esperti pensano, ed io concordo con loro, che è invece possibile offrire gli avanzamenti della ricerca, non aumentando la spesa sanitaria, anzi diminuendola. Come? Razionalizzando le risorse. Negli ultimi anni Società scientifiche e molte Istituzioni hanno elaborato e continuamente elaborano Conferenze di Consenso, Pareri di esperti, Linee Guida, volte a offrire su ogni patologia il meglio con la minore spesa possibile. Ma quasi sempre la implementazione di una condotta virtuosa è lasciata alle lodevoli iniziative di singoli. Molta difficoltà a capire, in presenza di malattie ad elevato costo, ad elevata mortalità e complessità, la carenza nel nostro Sistema Sanitario di specialisti in Gastroenterologia, quando è documentato che le malattie del fegato, pancreas ed apparato digerente, curate da persone ad elevata specializzazione, guariscono meglio, in minor tempo e con minor costo. Ricerca nelle Malattie dell Apparato Digerente in Italia. I ricercatori italiani in questo campo sono fra i migliori nel mondo. Questa affermazione si basa su dati inconfutabili e riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale. Gli autori degli articoli che seguono ne sono un esempio, ma sono solo una rappresentanza di quella che è la comunità scientifica gastroenterologica italiana. Ma la formazione di questi professionisti è il frutto di anni di lavoro silenzioso in giro per il mondo, spesso a proprie spese, per acquisire esperienze ed internazionalizzazione; è il frutto di lavoro senza orario al punto di non distinguere bene il confine fra notte e giorno, fra giorni festivi e giorni lavorativi. Sono la Gastroenterologia Italiana. Prof. Nicola Caporaso Ordinario di Gastroenterologia Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università degli Studi di Napoli "Federico II" SOMMARIO La Gastroenterologia Italiana...2 La malattia di Crohn...2 Prospettive in gastroenterologia pediatrica...3 La celiachia...4 Gastropanel: una biopsia sierologica...4 L epatite C...5 HBV: evoluzione e possibilità terapeutiche...5 L epatite B...5 La gastroprotezione da Fans e aspirina ed il ruolo della gastroprotezione...8 La videocapsula nella diagnostica delle malattie dell apparato digerente...10 Tumori al colon...10 La fitoterapia e gastroenterologia oggi in Italia...11 Integrazione tra assistenza e ricerca per la buona pratica di cura...11 Le malattie infiammatorie cronoche e intestinali...12 Nuove acquisizioni in tema di malattia da reflusso gastroesofageo...12 La litiasi dell albero biliare...13 Acqua e fibra di Psyllium...13 Chirurgia Laparoscopica per l obesità...14 Epatocarcinoma...14 Intestino e Idrocolon...15 La steatoepatite non alcolica...15 Mediaplanet with reach and focus Mediaplanet è una casa editrice leader in Europa per la pubblicazione di supplementi tematici allegati a quotidiani e portali online di economia, politica e finanza. Per ulteriori informazioni : Filippo Gioiello Country Director, filippo.gioiello@mediaplanet.com GASTROENTEROLOGIA - UNA PUBBLICAZIONE DI MEDIAPLANET Project Manager: Marinella Marinelli, Mediaplanet Production Manager: Gianluca Cò, Mediaplanet Produzione/Layout: Daniela Borraccino, Mediaplanet daniela.borraccino@mediaplanet.com Testi: Massimiliano Riatti, giornalista scientifico Stampa: Seregni Grafiche Srl, Paderno Dugnano Distribuzione: Corriere della Sera - Magazine Foto: istockphoto.com La malattia di Crohn La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica ad eziologia sconosciuta le cui lesioni possono interessare qualsiasi tratto del canale alimentare, dalla bocca all ano. L esordio dei sintomi si osserva piu frequentemente nei soggetti giovani, ed è caratterizzato da sintomi quali diarrea cronica intermittente, dolori addominali e calo ponderale. Per la non specificità dei singoli segni o sintomi l intervallo di tempo fra l esordio del quadro clinico e la diagnosi di malattia di Crohn è spesso lungo. La malattia influisce, a volte pesantemente, sulla qualità di vita dei pazienti, influenzandone le capacità relazionali, lavorative, sociali e lo stato fisico ed emozionale. Per tale motivo richiede un impiego rilevante di risorse economiche, scientifiche, umane. La Malattia di Crohn è più frequente nei paesi a maggior sviluppo socioeconomico e molto rara in quelli sottosviluppati. L incidenza della malattia mostra un trend in aumento e nei paesi a maggior prevalenza è quasi quadruplicata negli ultimi 25 anni. Nei soggetti compresi fra i 15 e 25 anni di età la malattia di Crohn rappresenta la causa organica più frequente di dolore addominale ricorrente. La diagnosi della malattia viene posta in oltre i 2/3 dei casi prima dei 36 anni di età, e nel 25% dei casi prima dei 20 anni. La causa della malattia è tutt ora sconosciuta. L insieme delle attuali conoscenze indica tuttavia che, in soggetti geneticamente predisposti, un inappropriata risposta immunitaria nei confronti degli antigeni normalmente presenti nell intestino rapresenti un evento in gardo, se non di indurre, quantomeno di mantenere il processo infiammatorio. La malattia di Crohn mostra una spiccata eterogeneità anatomica e clinica. Ne sono fattori le caratteristiche delle lesioni e dell ospite. La principale di queste variabili è la sede della malattia ma anche l estensione delle lesioni influenza il decorso clinico della malattia. La malattia può andare incontro allo sviluppo di alcune complicanze che comprendono l ostruzione intestinale, la perforazione, gli ascessi addominali, la malattia perianale e le fistole, interne o esterne. Potenziali manifestazioni extraintestinali possono riguardare le articolazioni, la cute, gli occhi e le vie biliari. Dal punto di vista clinico la malattia può esordire in modo improvviso, simulando un appendicite acuta. Nella maggioranza dei casi, vi è un periodo di sintomi caratteristici ma non specifici, quali dolore addominale, calo ponderale, episodi diarrea con o senza sangue rosso vivo nelle feci. Il periodo di latenza medio fra esordio dei sintomi e diagnosi di malattia di Crohn è compreso fra 0-4 anni. L assenza di sintomi specifici per la malattia rende essenziale applicare un procedimento diagnostico completo che includa indagini di laboratorio, esami di diagnostica per immagini, esami endoscopici. Nessuna delle indagini e procedure elencate risulta di per sé specifica. In assenza di una terapia etiologica gli obiettivi della terapia medica sono: a) Controllo delle fasi di attività mediante l attenuazione e il contenimento delle espressioni cliniche della malattia, la correzione dei deficit e il trattamento dei sintomi; b) Mantenimento della remissione; c) Gestione delle complicanze d) Prevenzione delle recidive dopo intervento chirurgico. Le forme lievi o lievi-moderate di malattia vengono trattate ambulatorialmente e seguite con controlli clinici-strumentali a tempi definiti, mentre per la malattia in fase attiva complicata puo essere indicato il ricovero ospedaliero. Il trattamento appropriato dipende dalle caratteristiche dei farmaci a disposizione, dalla modalità di somministrazione, dalle dosi ottimali e dagli effetti collaterali. Nell ambito dei farmaci efficaci nella malattia di Crohn possiamo identificare: a) Farmaci convenzionali, inclusi i salicilati orali o topici, i corticosteroidi, gli antibiotici. b) Farmaci immunosoppressivi ; c) Nuovi farmaci biologici (anti TNF- α) La terapia chirurgica nella Malattia di Crohn dovrebbe essere riservata alla gestione delle complicanze o al trattamento dei pazienti refrattari a terapie convenzionali o steroidodipendenti refrattari a farmaci alternativi. Quanto esposto illustra come vi sia in questo campo molto da aspettarsi dalla ricerca scientifica. Le linee di ricerca più attuali e promettenti sono quelle che stanno esplorando gli aspetti genetici della suscettibilità ad ammalare di malattia di Crohn e quelle indirizzate alla comprensione della risposta immunitaria intestinale. I dati desumibili da quest ultima potrebbero contribuire allo sviluppo di nuovi farmaci capaci di sopprimere più selettivamente e stabilmente l infiammazione intestinale. Francesco Pallone Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Roma. Prof. Ordinario di Gastroenterologia presso la Cattedra di Gastroenterologia Direttore del Dipartimento di Medicina Interna Resp. del Centro Specialistico di Gastroenterologia del Policlinico Universitario Tor Vergata

3 GASTROENTEROLOGIA pubblicità 3 Prospettive in gastroenterologia pediatrica Salvatore Cucchiara Professore Ordinario di Pediatria Direttore della Gastroenterologia e Epatologia Pediatrica della Sapienza Università di Roma Presidente della Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP) La gastroenterologia pediatrica ha conosciuto recentemente uno straordinario sviluppo della conoscenza dei meccanismi di malattia delineando nuovi approcci clinici e identificando nuovi target terapeutici. Buona parte del successo della gastroenterologia pediatrica si deve ad uno stretto legame tra clinici e ricercatori di base (immunologi, genetisti, biologi molecolari, microbiologi) con un reciproco arricchimento, secondo il ben noto aforisma from bench to bedside (dal tavolo di laboratorio al letto del malato): in altri termini, la ricerca di base studiando le cause molecolari delle malattie aiuta il clinico a classificare il paziente, adattando e individualizzando le terapie disponibili al singolo caso; inoltre, studiando i meccanismi di malattia, la ricerca tende a identificare nuove e più mirate terapie che neutralizzano specifiche molecole implicate in questi meccanismi. Uno degli aspetti più affascinanti e delicati della gastroenterologia pediatrica è rappresentato dal fatto che ci si occupa di soggetti in crescita, nei quali le malattie gastroenterologiche hanno implicazioni a volte gravi, compromettendo la crescita staturale e ponderale, lo sviluppo sessuale, lo stato di nutrizione e la qualità della vita (rapporti con i coetanei, tempo libero, sport, vita scolastica). Gestire un paziente pediatrico con una malattia gastroenterologica richiede non soltanto una cultura e una capacità clinica di rilievo, ma anche sensibilità e doti umane peculiari. In ciò la gastroenterologia pediatrica si differenzia da quella dell adulto (dalla quale i gastroenterologi pediatri hanno, tuttavia, imparato tantissimo, in termini di diagnostica strumentale e di strategie terapeutiche). Non si può non sottolineare lo sviluppo straordinario dell endoscopia digestiva (sia diagnostica che operativa), al punto che modernamente la capacità di eseguire endoscopia è parte del corredo e della formazione di un vero gastroenterologo pediatra. L endoscopia digestiva è insostituibile in moltissime malattie gastroenterologiche del bambino. Non si può, inoltre, non enfatizzare il ruolo cruciale della diagnostica per immagini (ecografia, risonanza magnetica, scintigrafia) che consente un approccio al paziente pediatrico in modo non invasivo I principali campi in cui si è sviluppata recentemente la gastroenterologia pediatrica sono: - le malattie infiammatorie intestinali, cioè la malattia di Crohn e la colite ulcerosa: in questo ambito i progressi maggiori riguardano l uso della cosiddetta terapia biologica (cioè la terapia fatta di anticorpi in grado di neutralizzare singole molecole causa della infiammazione) - i disordini funzionali gastrointestinali, cioè condizioni che determinano una sintomatologia importante, ma alla cui base vi è un alterazione della funzione del sistema nervoso intestinale - la malattia celiaca, della quale si è recentemente riconosciuta una straordinaria incidenza e che si manifesta in tantissimi casi in maniera subdola e atipica - le malattie acido-correlate (fra tutte l infezione da Helicobacter pylori, responsabile di gastrite cronica, e la malattia da reflusso gastroesofageo) - la allergia alimentare, che può manifestarsi con un quadro sintomatologico variegato e tende a regredire con gli anni - le malattie epatiche croniche, di natura infettiva o autoimmune o metabolica, di difficile gestione diagnostica e terapeutica - le disbiosi intestinali, condizioni in cui un alterata flora batterica intestinale e un alterato rapporto tra questa e l intestino stesso può determinare condizioni morbose, nelle quali l uso di probiotici (ma soltanto di quelli per i quali vi è evidenza scientifica in letteratura!!) può essere risolutivo. Il futuro vedrà sempre più un forte legame tra clinici e ricercatori di base, ormai indissolubile in tempi di esplosione della biologia molecolare; inoltre saranno necessarie energie notevoli nei programmi di formazione del pediatra, del medico di medicina generale e dei giovani che aspirano a diventare gastroenterologi pediatri. Sarà compito delle Società Scientifiche sviluppare protocolli e di linee guida che rendano razionale in termini clinici e economici la pratica della gastroenterologia pediatrica, e, infine, promuovere la ricerca di finanziamenti per progetti di ricerca, di formazione e di sostegno a giovani ricercatori.

4 4 pubblicità GASTROENTEROLOGIA La Celiachia Dalle cause alle manifestazioni cliniche La celiachia (anche denominata malattia celiaca o morbo celiaco) è un enteropatia causata dall ingestione del glutine, la componente proteica della farina di frumento, orzo, avena e segale. Si tratta di una patologia molto diffusa nel mondo, che registra in alcune aree geografiche, inclusa l Italia, prevalenze di 1 caso su 100 abitanti. Lo sviluppo della malattia è fortemente condizionato dall assetto genico dell individuo, come testimoniato dall elevata prevalenza nei parenti di primo grado (10%), nei fratelli aventi gli stessi geni del complesso maggiore di istocompatibilità HLA (30%), e nei gemelli monozigoti (75%). Quasi tutti i pazienti sono portatori di una variante del gene HLA-II codificante per l eterodimero DQ2 o DQ8. La positività di questi geni non è sufficiente per formulare una diagnosi di celiachia, in quanto lo stesso assetto genico può essere riscontrato nel 25-35% della popolazione generale. Tali geni sono comunque necessari affinché l ingestione di glutine porti all attivazione del sistema immunitario intestinale che, attraverso la partecipazione di diversi tipi cellulari, induce alcune lesioni caratteristiche della malattia. Tra queste, la distruzione dei villi intestinali, minuscole sporgenze digitiformi deputate all assorbimento dei nutrienti, vitamine, e minerali, rappresenta la causa principale della comparsa dei sintomi e/o segni della malattia. Le ragioni per cui il sistema immunitario dei celiaci reagisce in misura smisurata all ingestione del glutine rimangono da essere accertate. Un intrigante possibilità è che infezioni intestinali, esempio quelle indotte da virus, possono facilitare il passaggio di maggior quantità di glutine attraverso la barriera intestinale ed innescare la risposta immunitaria locale. La celiachia può insorgere in qualunque fase della vita, manifestandosi sul piano clinico con quadri subdoli e variabili, e spesso con sintomi di minor entità. Frequente è il riscontro di disturbi a carico di distretti extra-intestinali (Tabella 1). La malattia può anche essere diagnosticata in pazienti asintomatici e rimanere clinicamente silente per lunghi periodi di tempo. Questo può ad esempio verificarsi in soggetti ad alto rischio di malattia (Tabella 2), sottoposti ad indagini di screening mediante dosaggio nel sangue circolante degli anticorpi antiendomisio ed anticorpi anti-transglutaminasi. La positività anticorpale non è comunque sufficiente per formulare la diagnosi definitiva che deve, in ogni caso, essere affidata all esame microscopico dei piccoli frammenti intestinali (biopsie) prelevati nel corso dell esame esofagogastroduodenoscopico cui il paziente deve essere sottoposto, prima ancora di iniziare una dieta aglutinata. Il trattamento della malattia celiaca è facilitato dalla possibilità di rimuovere il fattore causale, cioè il glutine. Pertanto, l esclusione dalla dieta di alimenti contenenti glutine rappresenta l unica terapia oggi attuabile nei celiaci, tenendo in considerazione che il glutine può anche essere contenuto in vari prodotti farmaceutici, così come in bevande ed alimenti commerciali presenti nella dieta occidentale, e comunemente ritenuti essere privi di glutine. La dieta glutinata consente di ottenere, nella quasi totalità dei casi, la rapida risoluzione del processo infiammatorio intestinale, la scomparsa delle manifestazioni sintomatiche, e la riduzione del rischio di complicanze e patologie associate. Tabella 1. Alcuni sintomi e segni extra-intestinali con cui può manifestarsi la malattia celiaca. Anemia sideropenia Osteoporosi (dolori ossei, fratture patologiche) Bassa statura Disturbi della sfera genitale-riproduttiva (menarca tardivo, menopausa precoce, irregolarità del ciclo mestruale, infertilità, aborti ripetuti) Alterazioni cutanee ed ungueali Alterazioni dentali ed after buccali Disturbi neurologici (cefalea, epilessia, neuropatie periferiche) Aumenta livelli sierici delle transaminasi ed amilasi Tabella 2. Soggetti ad aumentato rischio di malattia celiac Familiari di celiaci Pazienti con diabete mellito insulino-dipendente Pazienti con tiroiditi autoimmunitarie Pazienti con Sindrome di Down Prof. Giovanni Monteleone Cattedra di Gastroenterologia Dipartimento di Medicina Interna Università di Roma Tor Vergata Gastropanel: biopsia sierologica Prof. Francesco Di Mario Professore ordinario di gastroenterologia Università degli Studi di Parma E sempre necessario eseguire una gastroscopia per fare diagnosi di gastrite? La diagnosi di gastrite è per definizione una diagnosi istologica, tuttavia dobbiamo valutare caso per caso quando tale indagine è realmente necessaria. Infatti, i disturbi a carico delle prime vie digestive sono molto comuni e, secondo alcune stime, coinvolgono fino al 20% della popolazione. E quindi necessario selezionare i soggetti da sottoporre a questo esame invasivo sulla base della storia clinica, dell intensità e durata dei sintomi, della presenza di segni e sintomi di allarme (perdita dell appetito, calo di peso, anemia ecc ). Pur con queste avvertenze, sono ancora numerose le gastroscopie che risultano negative per presenza di lesioni organiche e che indirizzano ad inquadrare i disturbi tra le forme cosiddette funzionali. Un recente studio realizzato in Italia in due differenti regioni il Veneto e l Emilia- ha mostrato che circa un terzo dei pazienti dispeptici che si sottopongono alla gastroscopia presenta un quadro di normalità. Emerge, quindi la necessità come per altre metodiche- di migliorare l appropriatezza dell esame. Come si potrebbe ottenere questo risultato, sicuramente importante per evitare esami inutili, risparmiare risorse, sempre più preziose, ed evitare disagi ai pazienti? In generale, la corretta indicazione all esame la si ottiene con un confronto continuo tra i medici che operano sul territorio, che vedono i pazienti con i disturbi, e gli specialisti che operano nelle strutture ospedaliere, e mi risulta che sforzi in questo senso si vanno facendo in numerose aree del nostro paese. Tecnicamente, parlando della gastroscopia, è oggi possibile utilizzare un metodo non invasivo, un prelievo di sangue, che è stato proposto per la prima volta negli anni ottanta del secolo scorso da un ricercatore americano, Micael Samloff, che lo ha chiamato, per le sue potenzialità biopsia sierologica. Ovviamente, si tratta di una contraddizione in termini, giacchè il termine biopsia implica l esecuzione di una gastroscopia per prelevare i frammenti di mucosa gastrica ed il termine sierologico si riferisce ad un prelievo di sangue, ma l importante, per ciò di cui stiamo trattando, è che questo prelievo che si basa su 4 parametri: i pepsinogeni 1 e 2, la gastrina a 17 aminoacidi prodotta nell antro gastrico e gli anticorpi contro un batterio, l helicobacter pylori correlato con varie patologie gastriche tra cui il tumore dello stomaco - si è rivelato in grado di correlare con una accuratezza diagnostica di oltre il 90% con la presenza nella mucosa gastrica di alterazioni precancerose come la gastrite atrofica. Ciò è stato dimostrato in numerosi studi comparsi negli ultimi anni sulla letteratura scientifica ed anche nel già citato studio collaborativo italiano, dove si dimostrava che i pazienti con Gastropanel (questo è il nome del test) normale presentavano assenza di lesioni alla gastroscopia ed alla relativa istologia della mucosa gastrica. Questo test viene estensivamente usato in Estremo Oriente (Giappone e Cina), regioni in cui il cancro dello stomaco ha una larga diffusione e in cui si verifica ogni anno il maggior numero di decessi (oltre un milione) ed ha permesso di individuare su gruppi di popolazione a rischio, infettata da Helicobacter pylori, pazienti con sviluppo di tumore gastrico in follow-up di 5-8 anni, con prelievi periodici dei pepsinogeni sierici e degli anticorpi contro il batterio. Nel corso di quest anno, poi è giunta l importante notizia che la Food and drug Amninistration, l ente regolatorio Statunitense ha dato il claim, l indicazione all utilizzo di questo test per il target gastrite atrofica, cioè per l individuazione della principale condizione precancerosa gastrica.

5 GASTROENTEROLOGIA pubblicità 5 L epatite C Si può prevenire, curare, spesso guarire L epatite C è attualmente la causa più diffusa di malattia cronica del fegato nel mondo occidentale ed è molto temuta, non tanto per i sintomi, che sono molto spesso del tutto trascurabili, ma per la sua possibile evoluzione in malattie epatiche gravi quali la cirrosi e l epatocarcinoma. Dal 1989, anno della scoperta del virus, ad oggi molte problematiche sono state affrontate e superate. E stata identificata ed eliminata la più frequente via di trasmissione (iatrogena ) che, specie attraverso l utilizzo di pratiche medico- chirurgiche (trasfusioni, piccola chirurgia, materiale non a perdere, ecc.), ha contribuito alla diffusione della malattia negli ultimi 40 anni. Le nuove infezioni avvengono per la gran parte tra tossicodipendenti o per trattamenti estetici (tatuaggi, piercing ecc.) condotti con strumentazione non sterile o sterilizzata in maniera non appropriata. La trasmissione sessuale è rara e non rappresenta una via di trasmissione epidemiologicamente rilevante. Ne consegue che raramente oggi si osservano nuove infezioni e la gran parte dei pazienti che curiamo hanno una malattia cronica conseguenza di una infezione L epatite B avvenuta nei decenni passati. La diagnosi di epatite C è molto semplice e si basa su test, eseguiti sul siero del paziente, diretti ad identificare gli anticorpi anti-hcv e l RNA del virus. I test in commercio sono sicuri e sensibili e danno la certezza dell avvenuto contagio o della presenza dell infezione nel 100 % dei casi. Nella lotta condotta a questa malattia il fronte ancora aperto è rappresentato dalla terapia. Attualmente la terapia delle forme acute (se iniziata nei primi 3 mesi dal contagio) porta alla guarigione del paziente nel % dei casi ed un fallimento terapeutico è un evento eccezionale. Per le epatiti croniche, invece, la percentuale di guarigione oscilla tra il 50 ed il 90% dei casi che affrontano la terapia per la prima volta. La diversa percentuale di guarigione è legata al genotipo virale che è molto sensibile alla terapia nel caso del genotipo 2, scarsamente sensibile nel genotipo 1 e mediamente sensibile nel caso del genotipo 3 e 4. I farmaci disponibili sono fondamentalmente due: l interferone, oggi utilizzato nella sua forma peghilata a somministrazione settimanale, e la Ribavirina, un antivirale L epatite B ha rappresentato in passato uno dei maggiori problemi di salute pubblica in Italia. Nella seconda metà del 900 la malattia itterica acuta era causa frequente di ricoveri e l infezione cronica dilagava nel territorio nazionale; si contavano in oltre i cosiddetti portatori cronici del virus dell epatite B (HBV). Fortunatamente lo scenario contemporaneo è cambiato. L endemia da HBV è drammaticamente declinata tant è che il tasso di epatite B nei giovani, vittime allora privilegiate della malattia è calato da oltre 40/ a 1/ e si valutano ora in circa i portatori cronici del virus. Vari fattori hanno contribuito al calo dell epatite B ma il contributo maggiore è derivato dalla vaccinazione obbligatoria contro l HBV, il cui scopo dichiarato e raggiunto è stato quello di rendere immune la nuova generazione di italiani. Il clamoroso successo nel controllo dell epatite B non ha tuttavia sradicato la malattia. Questa permane nei residui portatori del virus contagiati quando l infezione era endemica, si diffonde ancora nella comunità di tossicodipendenti, ed è rinfrancata dagli afflussi migratori di extracomunitari che provengono da aree dove l HBV rimane endemico, come i paesi dell Est e del versante Africano del Mediterraneo. Mentre i portatori domestici invecchiano progressivamente e sono ad esaurimento, i portatori extracomunitari sono spesso giovani, attivi socialmente e sessualmente; rappresentano dunque una fonte importante ed in aumento di contagio con l HBV. Nel nuovo contesto epidemiologico l HBV non viene più trasmessa dalle che, associato al primo farmaco, migliora e stabilizza l eradicazione dell infezione. Se l eradicazione dell infezione, ottenuta durante terapia, si mantiene nel periodo post-terapeutico (almeno 6 mesi dopo la fine della terapia) l infezione è debellata ed in genere non si osservano recidive. In questi casi si deve comunque continuare un follow-up clinico-strumentale, in quanto sebbene l evoluzione della malattia si arresti e nel lungo tempo regredisca, non è stato ancora definito se ed in quale misura si modifica il rischio di epatocarcinoma. Per i pazienti che non guariscono non esiste una strategia terapeutica codificata e le possibilità di guarigione sono legate a tentativi di trattamenti più aggressivi e/o di tipo sperimentale con diverse schedule terapeutiche o con nuovi farmaci. La ricerca sta mettendo a disposizione nuove ed interessanti molecole più potenti, che sembrano in grado di incrementare il numero di soggetti che guariscono dall infezione. Filomena Morisco Prof.ssa Associato di Gastroenterologia Università di Napoli "Federico II" HBV: Evoluzione e possibilità terapeutiche Gentile professore, qual è il suo punto di vista in merito all epidemiologia dell HBV nel nostro paese? La circolazione dell HBV in Italia è molto diminuita a partire dalla metà degli anni 80 e soprattutto con l introduzione della vaccinazione obbligatoria a partire dal 1991, tanto è vero che l incidenza di epatite acuta negli adolescenti, che erano le vittime più colpite, è passata da 40 a 1 (su 100 mila). Tuttavia negli ultimi tempi c è una recrudescenza ancora limitata all epatite B, soprattutto dovuta ai flussi migratori e alla presenza nel suolo nazionale di immigrati dell est europeo, dove l HBV è ancora endemica. Inoltre segregandosi in ghetti metropolitani, queste persone si trasmettono facilmente la malattia stessa attraverso contatti promiscui e/o prostituzione con la popolazione adulta italiana. Quali sono i rischi evolutivi della patologia dell HBV? L infezione da HBV, una volta contratta, può assumere una forma acuta, come l epatite acuta, oppure andare in cronica. I portatori di virus B possono essere portatori sani e possono ammalarsi di epatite cronica, e quindi sviluppare la cirrosi o un carcinoma epatico. Questo è un rischio non indifferente in soggetti che divengono infetti di virus B. Qual è l approccio tradizionale alla malattia? L interferone è stato il primo farmaco usato per l epatite B e poi è diventato la panacea terapeutica perché viene usato anche nell epatite C. Ha purtroppo una azione terapeutica limitata ad una minoranza di pazienti. Ha inoltre effetti collaterali notevoli. Negli ultimi dieci anni sono stati sviluppati farmaci antivirali che si assumono per via orale che non danno effetti collaterali, che non riescono a sradicare ma solo a contenere l infezione e la malattia. E come l insulina con il glucosio, richiede continuità di somministrazione. Questi farmaci vanno assunti per anni e anni, con il rischio che si sviluppi resistenza ai farmaci trasfusioni, viene ormai ben poco trasmessa per motivi iatrogeni (operazioni, dentista), ma si acquisisce soprattutto con contatti interpersonali, soprattutto con sesso promiscuo e mercenario; il risultato è un aumento recente delle epatiti B soprattutto negli adulti. Quali le misure profilattiche? In primis, evitare i comportamenti a rischio, soprattutto il sesso mercenario, l uso intravena di droga, manovre come l agopuntura ed il piercing in ambienti non qualificati nell igiene. Da ricordare la disponibilità d un vaccino sicuro ed efficace che garantisce protezione permanente senza bisogno di richiami. Come si fa la diagnosi? Nel sospetto di contagio basta fare la ricerca nel sangue dell antigene di superficie dell epatite B (HBsAg). Un risultato positivo impone l accertamento dello stato di infezione e di malattia del soggetto HBsAgpositivo, definiti dalla determinazione della viremia, cioè dell HBV-DNA e dalla misura delle transaminasi. Sulla scorta dell analisi virologico/clinica i portatori di HBsAg si suddividono in portatori con infezione attiva (alti tassi di HBV-DNA) e con infezione inattiva (bassi tassi di HBV-DNA). Poiché la malattia epatica è indotta dalla replicazione virale, la malattia e le anormalità degli enzimi epatici sono presenti nei primi, ma non nei secondi; questi ultimi venivano una volta definiti portatori sani dell HBsAg. Le prospettive terapeutiche sono migliorate con lo sviluppo recente di farmaci antivirali, che affiancano l Interferone, introdotto sin dalla fine degli anni 80. Sono disponibili la Lamivudina, l Adefovir, l Entecavir, la Telbivudina e fra stessi, rendendoli inefficaci. Che cosa si intende nello specifico per resistenza di un virus? Il virus muta il suo assetto genomico e non solo non è più sensibile a quel determinato farmaco, ma anche aumenta parzialmente la resistenza anche ad un secondo farmaco e via così, rendendo il virus, di resistenza in resistenza, insensibile ad alcun farmaco (si tratta di una ipotesi, ma il rischio è creare mostri virali non più attaccabili). Un paragone è rappresentato dagli antibiotici, che alla fine possono risultare non efficaci. Quali sono le nuove possibilità terapeutiche? Le nuove possibilità sono legate proprio alla creazione di farmaci che colpiscano il virus B nella sua struttura quindi antivirali diretti che non creino resistenze. Quanto più è potente il farmaco meno induce resistenza, e tanto più viene preferito nel combattere l epatite B. Quali sono le ultime linee guida in Italia? Le ultime linee guida lavorate l anno scorso e pubblicate solo ad agosto 2008, comprendono l interferone e gli antivirali di cui ho parlato prima tra cui entecavir, la telbivudina, adefovir, lamivudina. Prof. Mario Rizzetto Cattedra di Gastroenterologia Università di Torino breve il Tenofovir. Essi inibiscono profondamente la replicazione virale e quindi controllano la malattia epatica causata dalla sintesi dell HBV. Tuttavia non sono capaci di sradicare l infezione se non in una minima parte di pazienti; nella maggioranza dei casi devono essere dati continuativamente per anni, forse per sempre, pena la recidiva della viremia e della malattia alla sospensione dell antivirale. Sfortunatamente l uso continuativo di questi farmaci può indurre l emergenza di varianti dell HBV mutate nel loro assetto genetico che scappano all attacco farmacologico e ne vanificano l efficacia. Le strategie terapeutiche attuali privilegiano dunque i farmaci che forniscono la combinazione ottimale di efficacia antivirale (capacità di abbattere l HBV-DNA) ed un alta barriera genetica (diminuito rischio di resistenza), Idealmente, la terapia ancor più adeguata è rappresentata dalla combinazione di più antivirali, IFN compreso: tale approccio è tuttavia limitato dall elevato costo intrinseco all uso simultaneo di più farmaci. Sebbene il declino dell infezione da HBV sia rallentato negli ultimi anni, i progressi terapeutici permettono ora d affrontare il problema dell epatite B con maggiore efficacia e serenità, in modo da garantire spesso buona qualità di vita e lunga sopravvivenza ai portatori di HBsAg malati. La speranza è che la prevenzione in atto e l ulteriore miglioramento della terapia possano finalmente eradicare l epatite B un in futuro non lontano. Prof. Mario Rizzetto Cattedra di Gastroenterologia Università di Torino Le linee guida italiane per la terapia dell epatite b cronica dicono che: A parte l uso di interferone, con i limiti di cui sopra, l uso degli analoghi nucleotidici e nucleosidici è la terapia d elezione. Essa deve prevedere una sequenza in cui il farmaco più potente viene usato per primo. In particolare entecavir e telbivudina sono gli analoghi più potenti e sono indicati come prima linea nei pazienti naive. In particolare entecavir va preferito nelle situazioni a più alta carica virale. Adefovir ha invece un ruolo secondario insieme a lamivudina a causa dell alto rischio di sviluppare resistenze, specie nel lungo termine.

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8 8 GASTROENTEROLOGIA LA GASTROPROTEZIONE DA FANS e ASPIRINA ed il ruolo della GASTROPROTEZIONE Livio Cipolletta Direttore U.O. Complessa di Gastroenterologia, Ospedale Maresca, Torre del Greco - Napoli Le lesioni gastro-duodenali da farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS)o da aspirina sono condizioni estremamente frequenti: si calcola che negli USA oltre l 1% della popolazione usa FANS quotidianamente, con oltre 35 milioni di prescrizioni/anno e tonnellate di aspirina vendute senza prescrizione, e che circa il 40% di tutti gli episodi di sanguinamento del tratto digestivo superiore sia attribuibile all uso di questi farmaci [1,2]. Le complicanze gastrointestinali si verificano globalmente nel 2-5% dei casi dopo 12 mesi di utilizzo, con necessità di ospedalizzazione circa 3 volte maggiore rispetto alla popolazione generale [3] ed una mortalità del 5-10% (circa 7000 decessi/anno in Italia) [4]. La associazione di farmaci gastrolesivi (FANS + aspirina) raddoppia il rischio di emorragia digestiva [5]. Secondo stime di farmaco-economia, per ogni euro speso per l acquisto di questi farmaci, ne spendiamo almeno un altro per gli effetti collaterali da essi indotti [6]. A dispetto delle raccomandazioni cliniche diffuse dalle più importanti società scientifiche nazionali ed internazionali, la prevenzione del danno gastrointestinale da FANS o aspirina è sottovalutata e spesso disattesa nei pazienti a maggior rischio (età superiore a 70 anni, con storia di pregressa ulcera e/o emorragia o che assumono terapie concomitanti). Anche la stima reale del danno è ancora imprecisa in quanto nella maggior parte dei casi i pazienti lamentano sintomi aspecifici (bruciore, dolore di stomaco, nausea) o il danno decorre in modo asintomatico. La gastroprotezione è basata sul principio che l impiego di farmaci in grado di bloccare la produzione di acido nello stomaco (inibitori della pompa protonica o PPI), riduce il rischio di sviluppare lesioni gastroduodenali. L evidenza scientifica disponibile indica chiaramente che, oggi, i PPI sono da considerare i farmaci anti-secretivi di scelta in virtù della loro maggior potenza ed efficacia [7,8]. Infatti, rispetto ai vecchi antagonisti dei recettori H 2 (es. ranitidina), i PPI sono in grado di offrire un efficace e sicura prevenzione del danno sia a livello gastrico che duodenale, con riduzione del rischio di complicanze del 40-50% [9]. Dal momento che la popolazione a maggior rischio è rappresentata da pazienti anziani, cardiopatici e/o con patologie degenerative osteo-artrosiche e che assumono contemporaneamente altri farmaci, il farmaco antisecretivo più sicuro è risultato essere in questa popolazione il Pantoprazolo (alla dose di 20 mg/die) in quanto non interferisce con il metabolismo degli altri farmaci grazie ad un ridotto impatto sui sistemi di de-tossificazione del fegato [10]. In un recente studio italiano (studio PROMETEO), nella popolazione a rischio meno del 20% dei pazienti riceveva una qualche forma di terapia gastroprotettiva [11], dato ancora inferiore al già deludente 27% riportato negli USA [12]. Appare dunque evidente che in Italia vi è la necessità di una cultura della gastroprotezione con i PPI nei pazienti a rischio di complicanze gastrointestinali. Per tutti i pazienti che assumono FANS o aspirina è opportuno ricordare che bisogna valutare le indicazioni al trattamento ed i fattori di rischio, limitare durata e dosaggio della terapia gastrolesiva, evitare associazione con altri FANS, trattare la infezione da Helicobacter Pylori se nota (in quanto aumenta significativamente il rischio di complicanze) e, soprattutto, monitorare i pazienti per cogliere i segni clinici di un eventuale danno gastrointestinale. I pazienti anziani, con storia di pregressa ulcera e/o emorragia o che assumono terapie concomitanti (FANS, aspirina, cortisonici), come già detto, rappresentano i soggetti a maggior rischio per i quali la gastroprotezione è OBBLIGATORIA e deve essere effettuata esclusivamente con i PPI. Tra le varie molecole disponibili, il Pantoprazolo risponde a tutti i necessari requisiti di efficacia e soprattutto di sicurezza ed il suo impiego appare dunque da raccomandare come trattamento di prima scelta. Valutazione rischio gastrointestinale RISCHIO ELEVATO Rivalutare necessità di aspirina e FANS o uso di terapie alternative Necessita FANS o aspirina o entrambi { Pregresse complicazioni gastrointestinali Età avanzata (> 70 aa) Uso di steroidi, anticoagulanti. Gastroprotezione con farmaci antisecretivi (PPI) Storia di ulcera Associazione di più FANS o altre dosi

9 GASTROENTEROLOGIA pubblicità 9 BIBLIOGRAFIA 1. Lanas A, et al. A nationwide study of mortality associated with hospital admission due to severe gastrointestinal events and those associated with nonsteroidal antiinflammatory drug use. Am J Gastroenterol 2005;100: Laine L. The role of proton pump inhibitors in NSAID-associated gastropathy and upper gastrointestinal symptoms.rev Gastroenterol Disord 2003;3:S Ray WA, et al. Risk of peptic ulcer hospitalizations in users of NSAIDs with gastroprotective cotherapy versus Coxibs. Gastroenterology 2007;133: Chevat C, et al. Healthcare resource utilisation and costs of treating NSAID-associated gastrointestinal toxicity. A multinational perspective. Pharmacoeconomics 2001;19 (Suppl 1): Laine L. Review article: gastrointestinal bleeding with low-dose aspirin - what s the risk? Aliment Pharmacol Ther 2006; 24: Straus WL, et al. Gastrointestinal toxicity associated with nonsteroidal anti-inflammatory drugs. Epidemiologic and economic issues. Gastroenterol Clin North Am 2001;30: Chan FK, et al. Review article: prevention of non-steroidal antiinflammatory drug gastrointestinal complications--review and recommendations based on risk assessment. Aliment Pharmacol Ther 2004;19: Wilcox CM, et al. Consensus development conference on the use of NSAIDs and Aspirin. Clin Gastroenterol Hepatol 2006;4: Lanas A. Prevention and treatment of NSAID-induced gastroduodenal injury. Curr Treat Options Gastroenterol 2006;9: Regula J, et al. Prevention of NSAID-associated gastrointestinal lesions: a comparison study pantoprazole versus omeprazole. Am J Gastroenterol 2006;101: Del Piano M, et al. NSAIDs use and gastroprotective therapy in acute non-variceal upper gastrointestinal haemorrhages: preliminary data from PROMETEO study. Dig Liver Dis 2007;39 (suppl. 2): S Abraham NS, et al. National adherence to evidence-based guidelines for the prescription of nonsteroidal anti-inflammatory drugs. Gastroenterology 2005;129: NYCOMED S.p.A. Via Libero Temolo, Milano

10 10 pubblicità GASTROENTEROLOGIA La videocapsula nella diagnostica delle malattie dell apparato digerente Tumori del colon Il Cancro del colon retto è la terza causa di cancro nel mondo e la seconda nei paesi ad alto sviluppo industriale e pertanto costituisce un problema rilevante per i sistemi sanitari. La prevenzione primaria (eliminazione delle possibili cause ambientali che portano allo sviluppo del tumore) e la prevenzione secondaria ( diagnosi precoce in soggetti asintomatici: screening in lingua inglese) rappresentano la strategia più efficace per ridurre la mortalità legata a questo tumore. In Italia i dati epidemiologici provenienti dai registri dimostrano che la malattia ha una incidenza(numero di casi nuovi per anno) di 75 casi per abitanti tra gli uomini e 59 casi per abitanti nelle donne con una tendenza all aumento nel tempo del cancro del colon ed una riduzione del cancro del retto. Per la prevenzione primaria sembra rilevante lo stile di vita: dieta e fumo sono i due fattori più studiati. I dati sulla dieta sono contraddittori ma dati provenienti da recenti studi epidemiologici sembrano dimostrare che la dieta ricca di carne rossa ed alto contenuto glucidico aumenta il rischio di neoplasia mentre una dieta ricca di frutta e verdura riduce il rischio anche se questa modifica del rischio si assesta su valori numerici modesti. Anche il ruolo del fumo è controverso; dati recenti provenienti da revisioni sistematiche di studi epidemiologici sembrano dimostrare che il fumo aumenta di circa una volta e mezzo il rischio di cancro soprattutto del retto. Anche se i dati non sono estremamente convincenti una modifica dello stile di vita (dieta ricca di fibre e povere di carne ) potrebbe determinare una riduzione di almeno il 20-30% dei tumori del colon nei prossimi anni. La prevenzione secondaria del tumore del colon si realizza con diversi tests: la ricerca del sangue occulto nelle feci con tests chimici ed immunochimici che permettono l identificazione della presenza di sangue;la rettosigmodoscopia (una sonda che raggiunge il retto ed il sigma);la colonscopia (una sonda che esplora tutto il colon). Naturalmente l indagine di screening deve iniziare in una fascia d età a rischio maggiore di neoplasia che,nel cancro del colon, è dopo i 50 anni. Nella popolazione ad alto rischio cioè quei soggetti che hanno un rischio più alto di sviluppare la neoplasia indipednetemente dall età (soggetti con familiarità di cancro del colon o con malattie associate quali le malattie infiammatorie del colon) lo screening deve iniziare più precocemente e con modalità diverse. Studi controllati (confronto tra una popolazione sottoposta a screening ed una popolazione non sottoposta a screening) condotti negli Stati Uniti e nel paesi La Video Capsula, emergente tecnologia diagnostica in Gastroenterologia, ha dato l avvio a una nuova era dell endoscopia digestiva non invasiva, con cui è possibile esplorare tutto il piccolo intestino, viscere peraltro di difficile studio per la sua lunghezza e tortuosità. In pochi anni la Video Capsula ha superato tutte le aspettative e si è inserita come metodologia diagnostica per lo studio e la ricerca delle malattie del piccolo intestino. Il sistema per effettuare l indagine endoscopica comporta l ingestione di una capsula monouso di 26mm di lunghezza e di 11 di diametro, che raccoglie un laboratorio elettronico costituito da telecamera miniaturizzata, fonte di luce, batterie, trasmettitore, antenna. Durante il suo viaggio nel piccolo intestino, spinta dalla normale motilità intestinale, la capsula cattura in 7-8 ore, circa immagini a colori ad alta risoluzione per essere poi espulsa per via naturale. Le immagini raccolte in un recorder saranno successivamente valutate dallo specialista su computer dotato di idoneo software. Numerose esperienze hanno dimostrato un alta accuratezza diagnostica verso altre metodologie diagnostiche, con indubbi vantaggi per il paziente e riduzione dei costi, in quanto permette di identificare lesioni minimali, cambiamenti della superficie mucosica, identificare fonti di sanguinamento. Con riferimento ai risultati di numerosi studi ed esperienze italiane e mondiali, l endoscopia con Video Capsula può essere considerata metodica diagnostica di routine in gastroenterologia, particolarmente indicata nei sanguinamenti oscuri, malattia di Crohn sospetta, poliposi intestinale, tumori, celiachia, enteropatie da farmaci e altre, così da permettere diagnosi corretta e conseguentemente mirata strategia terapeutica, sia negli adulti che in età pediatrica. Oltre alla valutazione diagnostica del piccolo intestino, oggi, con la video capsula, è possibile, dopo accurata preparazione, effettuare colonscopia come test di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori del grosso intestino. La colonscopia diagnostica con video capsula potrà sostituire in prima istanza la colonscopia tradizionale invasiva, con l obiettivo di incrementare l accettabilità dei pazienti a sottoporsi alla prevenzione dei tumori del retto colon, unica strategia utile per ridurre la mortalità. Francesco Rossini Primario Emerito di Gastroenterologia Ospedale S. Giovanni Battista Torino nord Europei hanno dimostrato che l applicazione dello screening riduce la mortalità nella popolazione sottoposta a screening rispetto alla popolazione non sottoposta a screening. E dibattuto quale sia la migliore modalità di screening (sangue occulto seguita da rettoscopia in caso di positività del sangue occulto, rettoscopia, colonscopia). Secondo le linee guida delle società scientifiche americane tutte 3 le strategie sono accettabili anche se l American College dei Gastroenterologi ritiene la colonscopia la procedura preferibile. In Italia le campagne di screening del cancro del colon sono iniziate in ritardo rispetto ai paesi nord Europei ed Americani. Nel 2006 il 44% della popolazione è stata raggiunta da un programma di screening. Le regioni maggiormente impegnate nella campagna di screening sono le regioni del nord Italia (Lombardia;Veneto, Piemonte,Toscana ed Emilia Romagna). Nel sud solo la Basilicata ha a vviato un programma di screening. Questa differenza tra Nord e Sud si potrebbe tradurre in futuro in aumentata mortalità per cancro del colon nel Sud. Un ultima osservazione importante nella strategia della prevenzione secondaria:dati dell ultimo decennio sembrano indicare che l aspirina e i farmaci antinfiammatori (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei e mesalazina),usati regolarmente per anni, riducono il rischio di cancro nel colon tuttavia questi farmaci hanno effetti collaterali : è in corso una valutazione del costo/ beneficio di questa strategia. Professore Mario Cottone Ordinario di Medicina Interna Università di Palermo

11 GASTROENTEROLOGIA pubblicità 11 La fitoterapia e gastroenterologia oggi in Italia Quale è la situazione della fitoterapia in Italia allo stato attuale? La fitoterapia sta vivendo un momento di grande significato oggi nel nostro paese proprio perché l approccio nuovo al problema attraverso lo sviluppo della ricerca e nuovi dati scientifici, ha permesso di dare una efficacia a questo modello terapeutico, che prima non aveva. Oggi alcune aziende e industrie hanno deciso di entrare in questo nuovo capitolo terapeutico, e questo ha permesso di ottenere potenziali terapeutici molto significativi. Si tratta di un nuovo strumento terapeutico per il medico di medicina generale e per lo specialista. Che rapporto c è tra la gastroenterologia e la fitoterapia? La moderna tecnologia permette oggi di ottenere delle preparazioni derivate da prodotti di tipo vegetale e naturale di grande significato farmacologico e terapeutico perché permette l estrazioni di fitocomplessi e di composti che possono essere titolati e standardizzati. Il punto è concentrare ovvero realizzare una quantità farmacologicamente attiva dell estratto, attività non facilmente realizzabile in natura viste le minime quantità presenti all origine. E possibile associare composti diversi (derivati da prodotti vegetali diversi), per garantire un determinato risultato terapeutico. L area gastroenterologica ben si presta ai fitofarmaci perché esistono situazioni cliniche causate da sintomi o sindromi che rispondono in maniera significativa alla terapia con fitofarmaci. Per esempio nella dispepsia funzionale (quindi: nausea, senso di peso, dolore, senso di sazietà, alitosi, bruciore, vomito occasionale) non legata a patologie organiche, e anche nella sindrome del colon irritabile (quindi: contratture, spasmi, irregolarità nella funzione, diarrea, ecc. e la presenza di meteorismo). Queste due grandi sindromi che coinvolgono una gran parte della popolazione trovano opportunità terapeutiche in campo fitoterapico. Analizziamo entrambi i casi: quale aiuto può derivare dalla fitoterapia per quanto concerne la sindrome del colon irritabile? La sindrome da colon irritabile trova risposte in alcuni estratti quali: cannella, carvi, argilla, prebiotici. I prebiotici sono fibre assorbibili da pazienti di ogni età, regolando la flora dell intestino, stimolando la produzione di bacilli salutari (lattobacilli). L argilla verde è un composto con funzioni antibatteriche: è in grado di disintossicare il materiale presente nella sede intestinale. Si tratta di una trappola per tossine e sostanze di vario tipo e in questo modo interviene in modo positivo nel paziente con sindrome da colon irritabile. Il finocchio ha una potenzialità di impiego elevata perché se ne conoscono in maniera dettagliata gli effetti. L estratto di questa pianta ha particolare potenzialità in due contesti: è un antimeteorico (blocca la produzione di gas intestinali) e inoltre è spasmolitico (riduce la contrattura intestinale) e questo è particolarmente utile nel paziente con sindrome da colon irritabile. E per quanto concerne la dispepsia? La Dispepsia trova risposte valide nel carciofo e nei composti da questo estraibili, tra cui gli acidi fenolici e la cinaropicrina che peraltro è responsabile del sapore amaro del carciofo. Ha una azione importante perché ha effetto sulla secrezione di bile del fegato. Stimola infatti la produzione di bile che è fondamentale per la digestione della materia grassa. Gli estratti del carciofo hanno effetti anche sulla colesterolemia. Il colesterolo è eliminato dall organismo attraverso il succo biliare, e quindi l assunzione di estratti di carciofo ne agevola l espulsione. Oltre al carciofo particolare giovamento al paziente potrà derivare dalla curcuma, che è antispastico, dal Tarassaco che favorisce la produzione di succo biliare, e dal rosmarino. Una nota conclusiva in merito alle terapie con estratti vegetali? La frequenza di eventi cronici quando parliamo di malattie funzionali impegna la terapia per tempi lunghi, quindi è importante garantire la sicurezza del paziente cosa che la fitioterapia annovera tra le sue qualità. Prof. Attilio Giacosa Direttore Dipartimento di Gastroenterologia Policlinico di Monza Integrazione tra assistenza e ricerca per la buona pratica di cura. La conoscenza dei fenomeni naturali si fonda sull analisi delle relazioni causa effetti e la pratica medica non può essere ridotta al solo esercizio strumentale di algoritmi probabilistici. Dio non gioca ai dadi, diceva Albert Einstein. Le conoscenze del genoma umano insegnano che ciascuno di noi è unico e irripetibile. La personalizzazione della cura è quindi necessaria, ma non può seguire solo la casualità del lancio dei dadi e la logica del cieco che guida ciechi che sono giustamente alla base degli studi di popolazione e verifica di efficacia degli strumenti di diagnosi e cura. Per migliorare il carattere scientifico della personalizzazione della cura occorre rivitalizzare la ricerca e pratica fisiopatologica, intese come virtuosa sinergia tra pratica medica e tecnica. Il clinico che meglio conosce le tecniche che usa garantisce maggiore sicurezza e qualità delle cura. E possibile favorire tale sinergia provvedendo un adeguata organizzazione delle squadre e luoghi di lavoro di una moderna medicina di laboratorio che preveda l area e centri di Fisiopatologia Clinica come strumento di razionalizzazione e integrazione delle diverse risorse economiche, strumentali ed umane coinvolte. Tale modello efficacemente applicato nella Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena integra 3 livelli di attività di medicina di laboratorio mediante una rete fra laboratorio centrale e le sezioni di Fisiopatologia Clinica specialistiche operanti i sinergia con UO di ricovero e cura: Area della Patologia Clinica Generale per prestazioni, consolidate nel loro utilizzo e erogate mediante sistemi ad alta automazione (Core Lab) e rapida refertazione. e Area della Patologia Clinica Speciale per attività rese mediante metodologie innovative. Le prestazioni delle due aree, rese, all interno di protocolli e linee guida definite sulla base delle richieste del medico curante e/o delle integrazioni apportate dal laboratorista secondo le indicazioni regionali in merito. Area della Fisio-Patologia clinica per prestazioni il cui risultato necessità di interpretazione medico specialistica integrata con altre indagini diagnostiche cliniche e\o risultati terapeutici. Tali prestazioni avvengono nel contesto di un pacchetto diagnostico terapeutico comprensivo della consulenza medico specialistica per garantire l appropriatezza. L attività del Centro di Fisiopatologia Clinica è svolta in collaborazione funzionale col laboratorio centrale e il coordinamento specialistico fra la componente laboratoristica e la clinica specialistica è garantita dal referente laboratorista o clinico con maggiore e comprovata esperienza nel settore. Prof. Ferruccio Bonino Direttore scientifico della Fondazione IRCCS Policlinico di Milano Brunetto Maurizia Direttore U.O. Epatologia - Pisa

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