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1 Reddito d'impresa, 3 le novità. Costi black list e rapporti internazionali. N Costi black list e dividendi black list Controlled foreign companies (CFC) Stabile organizzazione

2 Sommario Costi black list e dividendi black list Costi black list: entrata in vigore nuova procedura Costi black list: la nuova procedura Costi black list: il valore normale Costi black list: vale il riferimento al mercato del fornitore estero Costi black list: la parte che eccede il valore normale Costi black list: il Decreto internalizzazione non cambia le modalità dichiarative Dividendi black list: applicazione limitata Dividendi black list: la nozione di controllo... 6 Controlled foreign companies (CFC) Entrata in vigore delle nuove regole CFC. Esclusa l applicazione per le collegate estere CFC: l individuazione degli stati paradisiaci CFC black list: interpello facoltativo CFC black list e white list: la determinazione del reddito della controllata estera CFC white list: tax rate test Stabile organizzazione Entrata in vigore delle nuove regole Branch exemption: è sempre conveniente? Stabili organizzazioni italiane: novità... 15

3 Costi black list e dividendi black list Costi black list Oltre il nuovo limite del valore normale, i costi sostenuti con operatori paradisiaci saranno deducibili ove sussista il vantaggio economico dell operazione. È quanto prevede il nuovo art. 110, co. 10 e ss. del D.P.R. 917/1986, dopo le modifiche introdotte dal Decreto crescita e internalizzazione (D.Lgs. 147/2015, pubblicato sulla G.U. n. 220 del ). Le modifiche normative si applicano dal periodo d imposta 2015 e pertanto ne dovremo tener conto già dalla presentazione del Modello UNICO Entrando più nel dettaglio, la nuova normativa sulla deducibilità dei costi sostenuti con operatori paradisiaci prevede la piena deducibilità dei suddetti costi entro il limite del valore normale (la cui individuazione ancora non è del tutto chiara), rinviando la deduzione per la parte che eccede il valore normale alla dimostrazione del vantaggio economico dell operazione. Orbene, la dimostrazione della citata condizione non è affatto semplice e implica per l impresa il porre in essere di un vero e proprio confronto di convenienza dell operazione posta in essere con quella che in alternativa avrebbe dovuto realizzare. Vediamo nello specifico come. È appena il caso di evidenziare che per fortuna il Legislatore nella nuova formulazione dell art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986 ha eliminato la tortuosa ipotesi della dimostrazione dell effettiva attività commerciale. A tal proposito è appena il caso di ricordare che la stessa Amministrazione Finanziaria, con la R.M. 46/E/2004, aveva indicato, a titolo esemplificativo, una serie di dati e documenti ritenuti idonei a dimostrare l esercizio dell attività commerciale (il bilancio e atto costitutivo del fornitore paradisiaco; un prospetto descrittivo dell attività esercitata; i contratti di locazione degli immobili utilizzati come sede degli uffici e dell attività; la copia delle fatture delle utenze elettriche e telefoniche; ecc..). La suddetta condizione era praticamente inutilizzata da parte del contribuente, data l elevata difficoltà insita nel reperire la necessaria documentazione. Per dedurre la parte di costo che eccede il valore normale, al contribuente, una volta individuato il valore normale dell operazione, non resta che predisporre l adeguata documentazione dalla quale si evinca in modo inequivocabile che sussiste un effettivo vantaggio economico dalle operazioni poste in essere. 1

4 DIVIDENDI BLACK LIST L articolo 3 del Decreto contenente misure sulla crescita e l internalizzazione introduce una serie di modifiche riguardanti il regime fiscale da applicare in ordine alla percezione di dividendi da parte di soci (soggetti IRPEF o IRES) residenti in Italia che provengono da società residenti in paesi a fiscalità privilegiata, attualmente disciplinata da diversi articoli del TUIR (art. 47, co. 4 e 89, co. 3). In particolare il comma 1, alla lettera a), sostituendo il primo periodo dell'articolo 47, comma 4 del TUIR, specifica che concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile gli utili provenienti da società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata. La vera novità consiste nella specificazione della locuzione provenienti. Sulla questione, l Amministrazione Finanziaria con la C.M. 51/E/2010 e ancora prima con la C.M. 28/E/2006 aveva chiarito che l utilizzo del termine provenienti rispondeva all esigenza di evitare triangolazioni sui dividendi che consentissero ai soci residenti in Italia di percepire utili provenienti dai paradisi fiscali attraverso società intermedie (c.d. conduit companies), sostanzialmente interposte, localizzate in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata. Appariva evidente a parere dell Agenzia - l intenzione del Legislatore nazionale di comprendere nell ambito applicativo degli articoli 47, comma 4 e 89, comma 3, del TUIR anche gli utili distribuiti da una società conduit europea, ma provenienti da Paesi o territori a fiscalità privilegiata. In termini pratici, ipotizzando che una società italiana Alfa detenga il controllo totale di una società francese che a sua volta detenga partecipazioni in società paradisiache, i dividendi erogati dalla società francese alla società italiana dovrebbero scontare la tassazione integrale (in luogo della più favorevole applicazione della Direttiva madre figlia) se fossero qualificati come provenienti dalla società paradisiaca. Con la nuova normativa viene chiarito che si intendono provenienti da società paradisiche gli utili relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali società o di controllo (anche di fatto, diretto o indiretto) in altre società residenti all estero che conseguono utili dalla partecipazione in società residenti in Stati o territori a regime privilegiato e nei limiti di tali utili. Come chiarito nella relazione illustrativa, l effetto della norma è quello di ridurre le ipotesi di tassazione dei dividendi black list ai soli casi in cui il socio italiano è in grado di conoscere la provenienza degli utili e di agire come dominus dell'investimento partecipativo nella società di black list. 2

5 1. Costi black list: entrata in vigore nuova procedura Quando entra in vigore la nuova disciplina sui costi black list? Oltre il nuovo limite del valore normale, i costi sostenuti con operatori paradisiaci saranno deducibili ove sussista il vantaggio economico dell operazione. È quanto prevede il nuovo art. 110, co. 10 e ss. del D.P.R. 917/1986 dopo le modifiche introdotte dal Decreto crescita e internalizzazione (D.Lgs. 147/2015, pubblicato sulla G.U. n. 220 del ). Le modifiche normative si applicano dal periodo d imposta 2015 e pertanto ne dovremo tener conto già dalla presentazione del Modello UNICO Costi black list: la nuova procedura Quali sono i nuovi criteri di deducibilità per i costi black list? Mentre nella normativa vigente fino al sussisteva una presunzione di indeducibilità, in base alla quale tutti i costi sostenuti con operatori paradisiaci si consideravano indeducibili salvo provare la sussistenza delle condizioni esimenti, la nuova previsione normativa prevede che i suddetti costi siano sempre deducibili, qualora ovviamente abbiano avuto concreta esecuzione, nei limiti del valore normale degli stessi secondo quanto determinato ai sensi dell'articolo 9 del TUIR. Per la parte di costo che eccede il valore normale, questa sarà deducibile qualora sia data dimostrazione dell apposita esimente, che illustreremo di seguito. 3. Costi black list: il valore normale Quali sono i criteri da utilizzare per individuare il valore normale di un operazione sostenuta con operatori paradisiaci? Per dimostrare tale valore normale sussistono obblighi di predisposizione di qualche documentazione? Per l individuazione del valore normale per le operazioni sostenute con operatori paradisiaci potrà farsi riferimento all'articolo 9 del TUIR. Si pone il problema dell individuazione del valore normale. A tale fine potranno essere utilizzati gli stessi criteri utilizzati ai fini della normativa sul transfer price ex art. 110, co. 7, del TUIR. Le Linee Guida dell OCSE sui prezzi di trasferimento individuano diversi metodi (c.d. metodi tradizionali) per la determinazione del valore di mercato, distinguendo tra metodi tradizionali e metodi alternativi. Vengono classificati tra i metodi tradizionali : il metodo del confronto del prezzo (Comparable Uncontrolled Price method - CUP); il metodo del prezzo di rivendita (Resale price method - RPM); il metodo del costo maggiorato (Cost Plus Method - CPM). Il primo dei metodi indicati, metodo del confronto del prezzo (CUP), può basarsi su un confronto interno o su un confronto esterno. Nel primo caso, si confronta il prezzo applicato nella transazione intercompany con una transazione effettuata dallo stesso soggetto con una parte indipendente. Nel secondo caso il prezzo applicato nella transazione intercompany viene confrontato con i prezzi applicati da imprese indipendenti che hanno posto in essere transazioni similari. Tale metodo è di difficile utilizzo data la grande difficoltà di individuare transazioni comparabili. Per quanto riguarda il requisito della comparabilità, le Transfer Pricing Guidelines OCSE, individuano due condizioni alternative, al verificarsi delle quali un operazione sul libero mercato si ritiene comparabile: 1. nessuna delle differenze, ove esistenti, può effettivamente incidere sul prezzo di mercato; 2. è possibile effettuare correzioni economiche che eliminino gli effetti essenziali delle differenze. L altro metodo tradizionale è il metodo del prezzo di rivendita (RPM). 3

6 Tale metodo si basa sulla comparazione dei margini lordi generati dalle transazioni che s intendono analizzare o: con analoghe operazioni effettuate da rivenditore con operatori indipendenti (confronto interno); o con transazioni analoghe effettuate tra soggetti terzi (confronto esterno). Secondo tale metodo i prezzi infragruppo devono essere in linea con i prezzi di vendita del distributore sul mercato. Tale metodo risulta ideale per valutare attività distributive in cui il rivenditore/acquirente non operi particolari operazioni sui beni acquistati ma provveda esclusivamente alla loro commercializzazione. Il metodo del costo maggiorato (CPM), in diretto contatto con la contabilità industriale dell impresa, esamina i costi diretti ed indiretti di produzione sostenuti dal fornitore di beni o servizi nel corso di una transazione controllata relativa a beni o servizi forniti a un soggetto collegato. Con tale metodologia si attua il processo inverso rispetto al metodo RPM. Si parte dal costo di produzione, aggiungendo allo stesso un adeguato mark-up in modo da ottenere un utile normale tenuto conto delle funzioni svolte e delle condizioni di mercato. Il metodo in oggetto è appropriato soprattutto nei casi in cui l analisi riguardi transazioni relative a imprese che svolgono esclusivamente attività di produzione o quando la transazione controllata consiste nella fornitura di servizi. Tale metodo è applicabile: quando è possibile effettuare una comparazione tra vendite dello stesso tipo di prodotto effettuate dal cedente sia a società collegate, sia a parti indipendenti nell ambito dello stesso mercato di riferimento (confronto interno); o in alternativa, quando è possibile fare riferimento al margine lordo realizzato in transazioni che hanno le stesse caratteristiche effettuate fra parti indipendenti (confronto esterno). Un problema che sorge, non certo irrilevante, è la necessità del contribuente di predisporre un adeguata documentazione per dimostrare i costi black list ritenuti deducibili in base al valore normale. Si ricorda che con l art. 26 D.L 78/2010 conv. con mod. L. 122/2010 (rubricato Adeguamento alle direttive OCSE in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento ) è stato introdotto nell ordinamento italiano un regime di oneri documentali, e il contestuale obbligo di darne comunicazione all Amministrazione Finanziaria, con riferimento ai prezzi di trasferimento dei beni o servizi rientranti nell ambito di applicazione dell art. 110, comma 7, D.P.R. 917/1986. Se ciò dovesse essere ritenuto necessario anche ai fini della normativa sui costi black list lieviterebbero in maniera esponenziale costi e adempimenti del contribuente, rendendo forse più conveniente considerare i costi in questione indeducibili. 4. Costi black list: vale il riferimento al mercato del fornitore estero Per l individuazione del valore normale può farsi riferimento al mercato italiano? Forniamo la risposta con un esempio. Alfa SRL acquista beni da un fornitore residente ad Hong Kong per 100. Il valore normale nel mercato asiatico è 80, il valore normale sul mercato italiano è 200. Dall esempio proposto emerge la seguente criticità: il valore normale va individuato nel mercato del fornitore paradisiaco o in quello italiano? L opzione per l uno o l altra ipotesi ha effetti del tutto differenti. Infatti, se si dovesse optare per il mercato italiano i costi sostenuti con il fornitore paradisiaco saranno interamente deducibili, in quanto il valore normale è superiore al corrispettivo pagato. Diversamente, se si dovesse optare per il mercato asiatico, i costi sarebbero deducibili nel limite di 80. La parte che eccede il valore normale (20= 100-4

7 80) diventa deducibile alla sola condizione della sussistenza del vantaggio economico dell operazione. Per stabilire a quale mercato deve farsi riferimento per individuare il valore normale, ci si può rifare all art. 9 del TUIR che oltre a dettare i criteri per l individuazione del valore normale, specifica anche il mercato di riferimento. In particolare, l art. 9, co. 3, D.P.R. 917/1986 prevede che il valore normale vada individuato nel paese e nel luogo in cui i beni e servizi sono stati acquistati o prestati. Ritenendo valido tale riferimento, non ci sono dubbi nel sostenere che il mercato di riferimento è quello del fornitore paradisiaco. 5. Costi black list: la parte che eccede il valore normale Per la parte di costo che eccede il valore normale, quale documentazione dovrà essere prodotta per assicurarci la deducibilità? Oltre il nuovo limite del valore normale, i costi sostenuti con operatori paradisiaci saranno deducibili ove sussista il vantaggio economico dell operazione. È quanto prevede il nuovo art. 110, co. 10 e ss. del D.P.R. 917/1986 dopo le modifiche introdotte dal Decreto crescita e internalizzazione (D.Lgs. 147/2015, pubblicato sulla G.U. n. 220 del ). Le modifiche normative si applicano dal periodo d imposta 2015 e pertanto ne dovremo tener conto già dalla presentazione del Modello UNICO Entrando più nel dettaglio, la nuova normativa sulla deducibilità dei costi sostenuti con operatori paradisiaci prevede la piena deducibilità entro il limite del valore normale (la cui individuazione ancora non è del tutto chiara), rinviando la deduzione per la parte che eccede il valore normale alla dimostrazione del vantaggio economico dell operazione. Orbene, la dimostrazione della citata condizione non è affatto semplice e implica per l impresa il porre in essere di un vero e proprio confronto di convenienza dell operazione posta in essere con quella che in alternativa avrebbe dovuto realizzare. Vediamo nello specifico come. Prima di analizzare come dimostrare il vantaggio economico dell operazione, è appena il caso di evidenziare che per fortuna il Legislatore nella nuova formulazione dell art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986 ha eliminato la tortuosa ipotesi della dimostrazione dell effettiva attività commerciale. A tal proposito è appena il caso di ricordare che la stessa Amministrazione Finanziaria, con la R.M. 46/E/2004, aveva indicato, a titolo esemplificativo, una serie di dati e documenti ritenuti idonei a dimostrare l esercizio dell attività commerciale (il bilancio e atto costitutivo del fornitore paradisiaco; un prospetto descrittivo dell attività esercitata; i contratti di locazione degli immobili utilizzati come sede degli uffici e dell attività; la copia delle fatture delle utenze elettriche e telefoniche; ecc..). La suddetta condizione era praticamente inutilizzata da parte del contribuente, data l elevata difficoltà insita nel reperire la necessaria documentazione. Per dedurre la parte di costo che eccede il valore normale, al contribuente, una volta individuato il valore normale dell operazione, non resta che predisporre l adeguata documentazione dalla quale si evinca in modo inequivocabile che sussiste un effettivo vantaggio economico dalle operazioni poste in essere. Riguardo a tale condizione, l Amministrazione Finanziaria nella C.M. 51/E/2010 ha chiarito che la valutazione della sua sussistenza va effettuata tenendo conto di tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano il caso concreto, attribuendo rilevanza alle condizioni complessive dell operazione, quali ad esempio: il prezzo della transazione; la presenza di costi accessori, quali, ad esempio, quelli di stoccaggio, magazzino; le modalità di attuazione dell operazione (ad esempio, i tempi di consegna); la possibilità di acquisire il medesimo prodotto presso altri fornitori; l esistenza di vincoli organizzativi/commerciali/produttivi che inducono ad effettuare la transazione con il 5

8 fornitore Black list o comunque, che renderebbero eccessivamente onerosa la medesima transazione con altro fornitore. L analisi congiunta di tali elementi evidenzia che il fine ultimo, a parere dell Amministrazione Finanziaria, è dimostrare che il comportamento adottato dall impresa italiana risulti vantaggioso sotto il profilo imprenditoriale e, al contempo, che la stessa operazione non sarebbe realizzabile con altro fornitore. La visione restrittiva dell Amministrazione Finanziaria è stata ampliata dalla giurisprudenza di merito. Ci si riferisce in particolare alla sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, sez. III, del 22 giugno 2010, n. 5, nella quale è stato chiarito che l effettivo interesse economico dell operazione si rinviene a condizione che le operazioni siano effettivamente svolte a condizioni di mercato e che l impresa abbia posto in essere un operazione in grado di generare profitto, a prescindere dalla dimostrazione della maggiore convenienza della stessa rispetto a quella di altri fornitori. Più di recente, nella sentenza della Corte di Cassazione dell 8 maggio 2013, n , la Suprema Corte ha ritenuto che le operazioni poste in essere dall impresa residente rispondessero ad un effettivo interesse economico, specificando che per tale si intendono non solo prezzi competitivi ma anche altri fattori, quali la puntualità nelle forniture e la serietà del fornitore in genere. La condotta posta in essere non deve essere riconducibile a manovre elusive poste in essere con il solo scopo di ridurre il carico fiscale. Pertanto sarà necessario evidenziare quali sono i reali vantaggi dell operazione e per quale motivo si è scelto di acquistare beni o servizi dal fornitore localizzato in un paradiso fiscale. 6. Costi black list: il Decreto internalizzazione non cambia le modalità dichiarative Cosa cambia da un punto di vista dichiarativo con l entrata in vigore del Decreto crescita e internalizzazione (D.Lgs. 147/2015)? Nulla cambia per ciò che riguarda le modalità dichiarative. I costi black list dovranno essere sempre separatamente indicati. Si dovrà procedere dunque ad operare una variazione in diminuzione per l intero ammontare dei costi black list e operare una variazione in aumento per i costi entro il valore normale o, in caso di eccedenza rispetto al valore normale, per i quali sussista l interesse economico dell operazione. 7. Dividendi black list: applicazione limitata Dopo le modifiche introdotte dal Decreto crescita e internalizzazione, in quali casi si applica la tassazione integrale dei dividendi provenienti da società residenti o localizzate in Stati paradisiaci? Va innanzitutto evidenziato che la norma fa esclusivo riferimento alla partecipazioni dirette nelle società paradisiache. Quindi, anche una percentuale minima di partecipazione nella società paradisiaca fa scattare la tassazione integrale dei dividendi. Inoltre, la tassazione integrale si applica anche nel caso in cui tra il socio italiano e la società paradisiaca via sia una società intermedia a patto che la società italiana detenga una partecipazione di controllo nella società intermedia. In entrambi i casi, la tassazione integrale dei dividendi si applicherà qualora non abbia trovato applicazione la tassazione per trasparenza (CFC). 8. Dividendi black list: la nozione di controllo La nuova disciplina sui dividendi black list prevede che la tassazione integrale si applica anche nel caso in cui tra il socio italiano e la società paradisiaca via sia una società intermedia a patto che la società italiana detenga una partecipazione di controllo nella società intermedia. Qual è la nozione di controllo a cui far riferimento? La norma nulla dice in merito alla nozione di controllo a cui far riferimento. 6

9 Si può ipotizzare che così come avviene ai fini della disciplina CFC si debba far riferimento alla definizione di controllo ex art del Codice civile. 7

10 Controlled foreign companies (CFC) L art. 8 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 220 del , destinato alla crescita e alla internazionalizzazione delle imprese, modifica le disposizioni vigenti in tema di società controllate e collegate estere, contenute negli articoli 167 e 168 del D.P.R. 917/1986 (TUIR), in attuazione della lettera b), comma 1, dell art. 12 della Legge Delega (Legge 23/2014). Le nuove disposizioni in materia CFC si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Dunque, già dal 2015 bisognerà tener conto delle nuove regole CFC. Tra le novità di maggior rilievo: abrogazione dell art. 168 del TUIR e dunque dell applicazione della disciplina CFC per le collegate estere residenti in un paradiso fiscale; sostituzione dell obbligo con la facoltà di presentazione dell interpello all Amministrazione Finanziaria, ai fini della disapplicazione della disciplina CFC, in presenza di partecipazioni in imprese estere controllate. 1. Entrata in vigore delle nuove regole Le nuove regole sulla CFC trovano applicazione già dal periodo d imposta 2015? La risposta è positiva. L art. 8 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 220 del , destinato alla crescita e alla internazionalizzazione delle imprese, modifica le disposizioni vigenti in tema di società controllate e collegate estere, contenute negli articoli 167 e 168 del D.P.R. 917/1986 (TUIR), in attuazione della lettera b), comma 1, dell art. 12 della Legge Delega (Legge 23/2014). Le nuove disposizioni in materia CFC si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Dunque, già dal 2015 bisognerà tener conto delle nuove regole CFC. 2. CFC. Esclusa l applicazione per le collegate estere La normativa sulle controlled foreign companies (CFC), come ridisegnata dal Decreto crescita e internalizzazione, prevede ancora l applicazione per le collegate estere? La risposta è negativa. La normativa in materia di controlled foreign companies (CFC) è stata introdotta, nel nostro ordinamento, dalla Legge n. 342 del 2000 che ha aggiunto l attuale art. 167 del TUIR (all epoca art. 127-bis). La norma prevede, in sintesi, che il reddito realizzato dalla società controllata residente in un paradiso fiscale, venga imputato per trasparenza alla controllante italiana. Successivamente, il Legislatore ha introdotto l articolo 168 che estendeva l applicazione della disciplina CFC prevista dall articolo 167 anche alle collegate estere residenti in un paradiso fiscale, nelle quali un soggetto residente in Italia detenesse, direttamente o indirettamente, una partecipazione agli utili non inferiore al 20% (al 10% 8

11 nel caso in cui la partecipata estera sia quotata in borsa). Il Decreto n. 268 del 7 agosto 2006, pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 20 ottobre 2006, ha dato attuazione a tale norma a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 21 ottobre Prima dell entrata in vigore del decreto attuativo le disposizione previste dall articolo 168 erano da considerarsi non operative. L art. 13, comma 1, lett. c), D.L. 1 luglio 2009, n. 78, in vigore dal 1 luglio 2009, convertito dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, ha introdotto l art.167 co. 8- bis del TUIR in base al quale la disciplina CFC si applica anche in relazione alle controllate (ma non anche alle collegate) insediate in paesi a fiscalità ordinaria se sono congiuntamente verificate alcune condizioni. L art. 8, co. 3, D.L. 147/2015 prevede quanto segue: L'articolo 168 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è abrogato. A seguito della citata modifica normativa, la normativa sulle controlled foreing companies (CFC), si applica nelle seguenti ipotesi: Controllate estere Possibile SI residenti in paradisi fiscali. applicazione CFC prima dopo del D.L. 147/2015 (Controlled foreign companies) Collegate estere residenti in paradisi fiscali. Controllate estere residenti in paesi white list. Collegate estere residenti in paesi white list. NO SI NO In sostanza, la normativa CFC troverà applicazione solo in caso di partecipazioni di controllo in società paradisiache o in società white list al verificarsi di determinate condizioni. 3. CFC: l individuazione degli stati paradisiaci Quali sono gli stati da considerare black list ai fini della normativa CFC? Con il co. 1 dell art. 8 del D.L. 147/2015 il Legislatore provvede ad allineare la disciplina della trasparenza alle nuove modalità di individuazione dei Paesi e/o territori a fiscalità privilegiata. In particolare: la lettera a) sostituisce il primo comma dell articolo 167, introducendo in luogo del riferimento agli Stati o territori esclusi dalla white list ai sensi dell articolo 168-bis (abrogato) il riferimento all art. 167, co. 4, ovvero agli Stati ed ai territori a regime fiscale privilegiato in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti (articolo 167, comma 4 TUIR). la lettera b) effettua la stessa modifica nel comma dell art. 167 del TUIR. Dunque, l individuazione degli Stati paradisiaci deve avvenire secondo le indicazioni fornite dall art. 167, co. 4, TUIR. Per l applicazione della CFC black list, la previgente versione dell art. 167, co. 4, del D.P.R. 917/1986, in vigore fino al , prevedeva che i paradisi fiscali venissero individuati in ragione sia del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia che della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti. La suddetta disposizione è stata abrogata dalla Finanziaria 2008 (art. 1, comma 83, lett. l), n. 3), L. 24 dicembre 2007, n. 244, in vigore dal 1 gennaio 2008), prevedendo tuttavia che la stessa continuasse ad applicarsi fino al periodo di imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione in G.U. del Decreto previsto dall'art. 168-bis, D.P.R. n. 917/1986. Il Decreto previsto dall'art. 168-bis, D.P.R. n. 917/1986 non è stato emanato e pertanto l art. 167, co. 4, del TUIR esplica ancora i propri effetti. In attuazione del citato art. 167, co. 4, il DM del 21 novembre 2001, considerato che la Camera dei deputati, nella seduta del 4 ottobre 2000, durante la quale è stata approvata la Legge 21 novembre 2000, n. 342, ha formalmente impegnato il Governo in sede di prima applicazione della nuova disciplina a definire in via transitoria, quale livello di 9

12 tassazione sensibilmente inferiore, quello che in media si discosti di almeno il 30% dal livello di tassazione medio applicato in Italia, ha individuato nel seguente modo i paradisi fiscali. Art Contenuto In primo luogo, nell'articolo 1 del decreto, sono stati identificati i Paesi totalmente a fiscalità privilegiata: tutti i soggetti, controllati da soggetti residenti in Italia, che svolgono la loro attività in questi Stati e territori sono considerati CFC con le relative conseguenze in termini di obblighi di dichiarazione e versamento delle imposte da parte dei soci di controllo italiani In secondo luogo sono stati considerati, nell'articolo 2 del Decreto, i Paesi aventi un regime fiscale privilegiato, che presentano alcuni particolari soggetti, specificamente identificati che vengono esclusi dalla disciplina CFC in quanto si ritiene che per questi non si verifichino i presupposti per l'applicazione della norma. Infine vengono prese in considerazione, all'interno dell'articolo 3 del decreto, una serie di tipologie di società e di agevolazioni specifiche che riguardano particolari soggetti a regime fiscale privilegiato anche se si tratta di operatori che sono localizzati o residenti in paesi a fiscalità non privilegiata. Con il co. 680 della Legge di Stabilità 2015 è stato modificato il co.4, art. 167, D.P.R. 917/1986 stabilendo che si considera livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia un livello di tassazione inferiore del 50 per cento rispetto a quello italiano. In primo luogo, non era chiaro se il livello impositivo atteneva alla sola IRES o si dovesse tener conto anche dell IRAP. Sembravano applicabili in tal senso i chiarimenti forniti dall Amministrazione Finanziaria nella C.M. 51/E/2010, par. 5, in riferimento alla CFC White List, laddove si precisava che dovesse farsi riferimento alle sole imposte sul reddito, da individuare facendo riferimento, qualora esistente, alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni vigente con lo Stato estero, ed escludendo in ogni caso I IRAP. In tal modo, sarebbero escluse dall applicazione della CFC black list tutte le controllate/collegate residenti in Stati che presentato un livello impositivo maggiore del 13,75% (27,5 : 2). Invece, nella relazione illustrativa al Decreto, si chiarisce che si è partiti da un livello di tassazione domestico pari al 31% (27,5% IRES +3,5% IRAP). Pertanto, lo spartiacque è rappresentato dal livello di tassazione del 15,5%. Andava altresì chiarito se dovesse farsi riferimento alla tassazione nominale o alla tassazione effettiva estera. Per l applicazione della CFC black list sembrava plausibile (e così è stato) il riferimento ai livelli impositivi nominali. Con il D.M. 30 Marzo 2015 sono stati espunti dall articolo 1 gli Stati che oltre ad avere un accordo con l Italia sullo scambio di informazioni, applicano un regime generale di imposizione non inferiore al 50% di quello applicato in Italia, vale a dire Filippine (tax corporate 30%), Malesia (tax corporate 25%) e Singapore (tax corporate 17%) (dunque 3 paesi su 67 paesi pari a meno dell1%). Viene inoltre, abrogato l articolo 3 con l esclusione tra l altro di Svizzera, Panama, Costarica e Ecuador. Per prevenire manovre elusive, la nuova norma prevede altresì che si considerano in ogni caso privilegiati i regimi fiscali speciali che consentono un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia, ancorché previsti da Stati o territori che applicano un regime generale di imposizione non inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia. Con provvedimento del direttore dell agenzia delle Entrate viene fornito un elenco non tassativo dei regimi fiscali speciali. L Agenzia delle Entrate dovrà emettere ora un provvedimento per fornire un elenco dei regimi fiscali speciali che prevedono un livello di tassazione inferiore al 50% di quello previsto in Italia, anche se applicati da un Paese con regime di tassazione generale non inferiore al 50% di quello italiano. 10

13 4. CFC black list: interpello facoltativo Alla luce delle modifiche normative introdotte dal Decreto crescita e internalizzazione, è ancora obbligatorio presentare l interpello disapplicativo per evitare la CFC black list? Ora si prevede che in caso di risposta positiva all interpello da parte dell Agenzia, non sarà più necessario dimostrare le condizioni esimenti in sede di controllo, fermo restando il potere dell'amministrazione Finanziaria di controllare la veridicità e completezza delle informazioni e degli elementi di prova forniti in tale sede. È possibile disapplicare la disciplina CFC black list al verificarsi delle seguenti condizioni: - l impresa, l ente o la società non residente svolga un attività industriale o commerciale effettiva quale attività principale nel Paese dove è collocata; - se il soggetto residente dimostra che dalle partecipazioni non consegue l effetto di localizzare i redditi in Stati o territori sottoposti a regimi fiscali privilegiati. Al fine della sostituzione delle suddette esimenti, la previgente versione del co. 5, dell art. 167 del TUIR prevedeva l obbligo per il contribuente di interpellare obbligatoriamente preventivamente l Agenzia delle Entrate. Con la lettera b), del co. 1, dell art. 8, D.L. 147/2015 viene sostituita la parola deve con la parola può nell art. 167, co. 5, D.P.R. 917/1986. Così facendo si sostituisce l obbligatorietà con la facoltà di presentazione dell interpello preventivo per la disapplicazione della CFC Black list. Da evidenziare che già l Amministrazione Finanziaria con la C.M. 51/E/2010 aveva avuto modo di soffermarsi sull obbligatorietà dell interpello, chiarendo che: - nel caso in cui il contribuente non provvedesse a presentare preventivamente l interpello disapplicativo per dimostrare una delle due esimenti, il reddito della controllata estera doveva essere imputato per trasparenza ai soci italiani in proporzione alle partecipazioni da esse detenute; - in caso di presentazione dell interpello con parere negativo dell Agenzia non era necessario effettuare la tassazione per trasparenza; il contribuente poteva quindi non adeguarsi alla risposta fornita dall Agenzia. In tal caso, però, la documentazione predisposta non poteva essere utilizzata in sede di contenzioso. 5. CFC black list e white list: la determinazione del reddito della controllata estera Come va determinato il reddito della controllata estera da imputare per trasparenza al socio italiano? Il reddito della CFC da tassare per trasparenza, e in modo separato, in capo al soggetto controllante residente in Italia va determinato tenendo conto non soltanto delle norme del TUIR ma anche di tutte le norme collocate al di fuori di esso (cosiddette norme extra-tuir) per effetto di previsioni specifiche. La significativa novità è contenuta nell articolo 8, comma 1, lettera c) del D.L. 147/2015 La previgente normativa prevedeva invece che il reddito realizzato dalla controllata estera andasse rideterminato secondo le regole domestiche esclusivamente previste dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, salvo alcune deroghe. In particolare, nella previgente normativa si prevedeva che il reddito della "CFC black-list (controllata)" e della "CFC white-list" fosse determinato secondo le regole ordinarie previste per la determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti, fatta eccezione per: la disciplina della rateazione delle plusvalenze patrimoniali (art. 86, comma 4 T.U.I.R.); la disciplina del riporto delle perdite (art. 84, T.U.I.R.); la disciplina prevista per le imprese di assicurazione (art. 111, T.U.I.R.); la disciplina delle operazioni fuori bilancio (art. 112, T.U.I.R.). La nuova normativa prevede invece che i redditi della società estera vengano determinati in base 11

14 alle disposizioni applicabili ai soggetti residenti titolari di reddito d'impresa, ad eccezione dell'articolo 86, comma 4. In sostanza, la nuova normativa prevede che il reddito della partecipata estera vada computato tenendo conto delle norme del TUIR (con l unica eccezione per l applicazione dell articolo 86, comma 4) e anche di alcune norme extra-tuir, Come chiarito dalla relazione illustrativa, tale scelta risponde all esigenza di garantire una maggiore equivalenza della base imponibile del reddito estero rispetto a quella del reddito prodotto in Italia, fermo restando la modalità di tassazione separata del primo. 6. CFC white list: tax rate test Quali sono i criteri da seguire per effettuare il tax rate test? La normativa CFC trova applicazione anche per redditi derivanti da soggetti localizzati in Stati e territori diversi da quelli contenuti nelle succitate "black list" qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni (art. 167, co. 8-bis, TUIR): sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia (cd. tax rate test); hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall'investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l'ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l'ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari (cd. Passive Income Test). Per quanto riguarda la prima condizione, il confronto tra la tassazione effettiva estera (tax rate estero) e quella "virtuale" italiana (tax rate domestico) va effettuato secondo i seguenti criteri: vanno considerate esclusivamente le imposte sul reddito (ad esempio, l'ires), individuate facendo riferimento, qualora esistente, alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni vigente con lo Stato estero; in mancanza di una Convenzione tra l'italia e lo Stato estero, vanno considerate, sul fronte interno, unicamente l'ires e sue eventuali addizionali, mentre, sul fronte estero, le corrispondenti imposte sul reddito, a prescindere dall'ente riscossore (es. imposte sul reddito federali, statali, ecc.); per l'effettuazione del suddetto confronto deve essere esclusa in ogni caso l'irap. Ai fini della comparazione richiesta dalla norma, per entrambi i termini di raffronto occorre fare riferimento al carico effettivo di imposizione e non all'aliquota nominale di imposizione societaria gravante sulla società estera. Per tale motivo occorre considerare l' "effective tax rate", che viene determinato dal rapporto tra l'imposta corrispondente al reddito imponibile e l'utile ante imposte. Inoltre, i due termini di raffronto devono essere omogenei e vanno prese in considerazione solo le imposte correnti e non anche le eventuali imposte anticipate e differite. Tale chiarimento fornito dall Agenzia delle Entrate nella C.M. 51/E/2010 viene ora recepito nel Decreto Legislativo crescita e internalizzazione 1. Si prevede infatti che un provvedimento dell Agenzia delle Entrate specificherà i criteri per determinare con modalità semplificate l effettivo livello di tassazione, tra cui quello della irrilevanza delle variazioni non permanenti (temporanee) della base imponibile. In tal modo le differenze temporanee derivanti da mere questioni di imputazione a periodo non 1 È da evidenziare che nella Circolare 23/2011, paragrafo 2.4. è stato ulteriormente chiarito che è facoltà, quindi, del contribuente chiedere, in sede di interpello CFC, di non considerare ai fini del calcolo del tax rate test eventuali differenze di carattere temporaneo, illustrandone le ragioni e specificando se l applicazione della CFC rule dipende dalla mancata considerazione di tali circostanze. 12

15 dovrebbero più determinare effetti distorsivi nel rapporto tra imposizione estera e quella virtuale italiana.. 13

16 Stabile organizzazione Il Decreto Legislativo sulla crescita e l internalizzazione delle imprese (D.Lgs. 147/2015) modifica numerosi aspetti concernenti la determinazione del reddito d impresa, con particolare riferimento ai rapporti internazionali. Tra le numerose modifiche, vengono ridisegnati i criteri di tassazione delle stabili organizzazioni: sia delle stabili organizzazioni estere di imprese italiane; sia delle stabilii organizzazione italiane di soggetti non residenti. In merito alla prima questione, si prevede la possibilità per il soggetto residente di optare per la branch exemption per tutte le stabili organizzazioni estere. Tradotto in termini pratici, in deroga al principio di tassazione su base mondiale, l impresa italiana potrà decidere di non far concorrere alla determinazione del proprio reddito imponibile gli utili e le perdite prodotti dalla stabile organizzazione estera. L altra novità riguarda la determinazione del reddito pe le stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti. L art. 7 riscrive integralmente gli artt. 151, 152 e 153, D.P.R. 917/1986 prevedendo, conformemente ai dettami dell Ocse, che i rapporti tra casa madre e branch rispettino il valore normale, così da evitare allocazione arbitraria del reddito imponibile tra i due soggetti, evitando in tal modo la tassazione più elevata. 1. Entrata in vigore delle nuove regole Le possibilità di optare per l esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni estere da parte dell impresa italiana si può applicare già dal 2015? La nuova normativa prevede che l esercizio dell opzione per la branch exemption deve avvenire al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d'imposta, ed è irrevocabile. Per le stabili organizzazioni già esistenti si prevede che l opzione in argomento possa essere esercitata entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle norme in esame, con effetto dal periodo d'imposta in corso a quello di esercizio della stessa. In sostanza, dal periodo d imposta 2016, congiuntamente alla scelta di operare in uno Stato estero attraverso la stabile organizzazione piuttosto che la società di diritto locale, ci si troverà dinnanzi alla scelta di procedere o meno all esercizio irrevocabile dell opzione per la branch exemption. Un po più di temo per le valutare la convenienza dell opzione per le stabili già esistenti, che potrà essere effettuata nel 2017 con effetto dal medesimo periodo d imposta. 2. Branch exemption: è sempre conveniente? Quali sono i fattori di cui tener conto per valutare la convenienza o meno di optare per la branch exemption? La nuova opzione per la branch exemption introdotta dal Decreto crescita e internalizzazione (D.Lgs. 147/2015), la quale prevede in deroga al principio di tassazione su base mondiale di 14

17 escludere da imposizione in Italia i redditi di tutte le stabili organizzazioni estere, può risultare in taluni casi non conveniente. Esercitando infatti la suddetta opzione non si potranno computare in diminuzione dal reddito imponibile della casa madre italiana le eventuali perdite realizzate dalla stabile organizzazione estera. Il suddetto caso non è affatto raro. Infatti, è assai probabile che nei primi anni di vita la stabile organizzazione estera di un impresa italiana realizzi delle perdite che possono essere portate in diminuzione, nel rispetto di determinati limiti, dal reddito della casa madre italiana. La realizzazione di perdite nei primi anni di vita dell impresa estera è uno dei motivi che induce l impresa italiana a investire in uno Stato estero utilizzando il veicolo della stabile organizzazione in luogo della società di diritto estero. Quest ultimo veicolo permette, tranne al verificarsi di determinate condizioni (CFC black list e white list controllate estere), di evitare la tassazione per trasparenza, facendo sorgere il momento impositivo all erogazione dei dividendi da parte della controllata estera. Ecco allora che sorge il problema circa la convenienza di optare o meno per l esenzione degli utili e delle perdite della stabile organizzazione estera. Chiariamo con un esempio gli elementi da considerare per stabilire la convenienza o meno di optare per la branch exemption. Ipotizziamo che una società italiana possieda una stabile organizzazione in uno Stato estero white list la quale realizzi un utile di 100 che sconti nello Stato estero una tassazione del 20%. In tale contesto, l utile realizzato dalla stabile organizzazione verrà tassato in Italia con la possibilità per l impresa italiana di scomputare le imposte pagate nello Stato estero. Ipotizzando ulteriormente che l impresa italiana sia una società, gli utili della stabile organizzazione estera sconteranno in Italia la tassazione del 27,5%, scomputando le imposte estere (20%) con una tassazione complessiva del 27,5%, di cui 20% nel paese estero e il 7,5% in Italia. Se però l impresa estera sconta un imposizione più alta di quella italiana, ipotesi probabile in vista della riduzione dell aliquota IRES prevista dalla Legge di Stabilità 2016, nessuna ulteriore imposta sarà dovuta in Italia. Optando per la branch exemption il reddito realizzato dalla stabile organizzazione estera risulterà ininfluente (fiscalmente) per la casa madre italiana. E se l impresa italiana ha più stabili organizzazioni estere, alcune delle quali realizzano delle perdite e altre degli utili? Le valutazioni si fanno più complesse, ma tenendo sempre conto dei medesimi fattori: utile o perdita della stabile organizzazione e tassazione nello Stato estero. 3. Stabili organizzazioni italiane: novità Quali sono le novità introdotte dal Decreto crescita e internalizzazione per ciò che riguarda le stabili organizzazioni italiane di imprese estere? Coerentemente con la scelta di aderire all impostazione OCSE in tema di reddito attribuibile alla stabile organizzazione di soggetti non residenti stabiliti nel territorio dello Stato, l art. 152 TUIR viene modificato prevedendo che: 1. (comma 1) il reddito della stabile organizzazione debba essere determinato sulla base degli utili e delle perdite riferibili alla stessa e secondo le disposizioni previste per i soggetti IRES. Inoltre, al fine di aderire più compiutamente ai fatti di gestione riferibili alla stabile organizzazione è stato previsto, sempre al comma 1, l obbligo di redigere da parte dei soggetti non residenti un apposito rendiconto economico e patrimoniale secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche, fatta eccezione per quella dell emissione da parte della casa madre estera di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati UE; 2. (comma 2) ai fini di determinare del reddito della stabile organizzazione, questa è considerata come entità separata ed indipendente, svolgente le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o 15

18 similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati. Il fondo di dotazione alla stessa riferibile è determinato in conformità ai criteri definiti in sede OCSE, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati. Tali modifiche confermano l applicazione del principio elaborato dall OCSE, che vede la stabile organizzazione come functionally separate entity, secondo il quale il reddito attribuibile ad essa così come l entità del relativo fondo di dotazione è quello che scaturisce dall analisi funzionale e fattuale volta ad individuare le funzioni svolte, i rischi assunti e i beni impiegati secondo una visione di assoluta centralità della stessa. 16

19 LE DATE DA RICORDARE Argomento Già pubblicati Il ravvedimento del Modello UNICO Professionisti: verifiche e antiriciclaggio Il nuovo bilancio Comunicazione dei beni ai soci Reddito d'impresa, le novità (1). Sopravvenienze attive e interessi passivi Reddito d'impresa, le novità (2). Perdite su crediti e spese di rappresentanza Reddito d'impresa, le novità (3). Costi black list e rapporti internazionali Argomento Versamento del secondo acconto delle imposte Da pubblicare Job act: tutte le novità

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