2. Politiche per favorire l accesso al lavoro delle persone provenienti dal carcere e dalla penalità

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1 2. Politiche per favorire l accesso al lavoro delle persone provenienti dal carcere e dalla penalità di Alessandra Naldi 1. Carcere, lavoro, reinserimento sociale La pena detentiva, come recita l articolo 27 della Costituzione, deve «tendere alla rieducazione del condannato» e favorire, alla fine dell espiazione della pena, un positivo reinserimento sociale di chi ha commesso un reato. Questo obiettivo, specifica la nostra legislazione, va perseguito attraverso un trattamento rieducativo che deve essere garantito a tutti i detenuti condannati o internati e che ha lo scopo di «promuovere un processo di modificazione delle condizioni personali e delle relazioni familiari e sociali, che sono di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale» 1. Una delle chiavi principali per promuovere questo cambiamento e consentire a chi esce dal carcere di non ricadere nel mondo della devianza e della criminalità è identificata nel lavoro; è infatti solo con l avvio di un attività lavorativa regolare alla fine della pena che possono venir meno quelle condizioni di necessità che talvolta spingono alla commissione dei reati e, più in generale, che si possono costruire alternative a quell ambiente di devianza e marginalità in cui la condotta criminale ha avuto origine. Per realizzare il processo di rieducazione e di risocializzazione di chi ha commesso un reato, l Ordinamento penitenziario (L. 354/1975) assegna quindi un ruolo particolare all istruzione e al lavoro. Tra le condizioni sociali e personali che ostacolano la costruttiva partecipazione delle persone detenute e che rendono difficile il loro positivo reinserimento sociale e lavorativo alla fine della pena vi è infatti una serie di handicap di base che segna le caratteristiche della popolazione detenuta in Italia, tra cui 1 Art. 1 del Regolamento di esecuzione dell Ordinamento penitenziario (D.P.R. 30 giugno 2000). 337

2 sicuramente la bassa scolarità della grande maggioranza dei detenuti e il cattivo rapporto con il mondo del lavoro. Stando ai dati disponibili 2, quasi la metà delle persone detenute (esattamente il 43,3% al 31 dicembre 2003) non ha assolto l obbligo scolastico, a fronte di poco più del 10% (10,5% alla stessa data) che ha concluso percorsi di scolarità superiore, scuole professionali comprese; riguardo alle condizioni lavorative precedenti all arresto, inoltre, solo un quarto dei detenuti risulta avere un occupazione regolare prima della carcerazione. L erogazione di corsi scolastici e di formazione in carcere e l avvio di attività lavorative durante la detenzione sono dunque, almeno sulla carta, le strade identificate per favorire il reinserimento sociale delle persone incappate in problemi di giustizia. Sulla carta, perché la cronica carenza di personale e di risorse che caratterizzano in negativo il sistema carcerario italiano impedisce di fatto ad una larga fetta della popolazione detenuta di accedere ai percorsi trattamentali; e anche la quantità di ore di istruzione e di formazione erogate all interno delle carceri non è assolutamente sufficiente per risolvere le carenze che segnano la condizione della maggioranza delle persone detenute. Per fare un esempio, basti segnalare che nel primo semestre del 2003 in tutta Italia sono stati organizzati in tutto 361 corsi di formazione professionale in carcere, che hanno coinvolto in totale meno di quattromila persone detenute (esattamente 3.879); ma si stima anche che solo poco più della metà di questi tra scarcerazioni, trasferimenti ad altre carceri e interruzioni volontarie o involontarie della frequenza abbiano concluso il corso e conseguito un attestato finale. Anche per quanto riguarda il lavoro in carcere, che secondo la nostra legislazione dovrebbe essere assicurato a tutti i detenuti già condannati 3, vi è una pesantissima discrepanza tra la normativa vigente e la situazione reale del sistema penale e penitenziario italiano. Nel nostro Paese riesce a 2 I dati più aggiornati in materia sono disponibili al sito nelle pagine Pianeta carcere. Per un analisi più approfondita della composizione demografica e sociale della popolazione detenuta in Italia cfr. Mosconi, G. Sarzotti, C. (2004), Antigone in carcere. Terzo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia, Carocci/Associazione Antigone, Roma. 3 L art. 15 dell Ordinamento penitenziario sancisce infatti che «Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, ai condannati e agli internati è assicurato il lavoro», mentre per i detenuti in attesa di giudizio, per cui non è ancora ipotizzabile un percorso trattamentale con finalità rieducative (chi non è stato ancora condannato non può essere considerato colpevole e quindi non può essere rieducato ) il lavoro è previsto come opportunità volontaria. 338

3 lavorare in carcere solo un detenuto su quattro 4, e si tratta nella gran parte dei casi di impieghi nelle cosiddette attività domestiche alle dipendenze dell amministrazione penitenziaria: lavori strettamente legati al mantenimento e al funzionamento degli istituti carcerari pulizie, aiuto cucina, distribuzione del vitto e della posta, eccetera a cui i detenuti accedono su graduatorie e spesso a rotazione o con orari limitati. Questi lavori servono essenzialmente ai detenuti per garantirsi un reddito minimo da spendere dentro le mura (per comprarsi il sapone, le sigarette o qualcosa da mangiare che non sia il vitto, spesso scadente, fornito dall amministrazione penitenziaria) o da inviare ai familiari fuori dal carcere, o ancora per avere la possibilità di passare più tempo fuori dalle singole celle. In genere non si tratta però di attività che possano consentire loro di acquisire alcuna qualificazione o professionalità spendibile sul mercato del lavoro esterno; le stesse denominazioni usate per queste attività scopino, spesino, scrivano, portavitto... sono un evidente simbolo della loro dequalificazione e dell assenza di un qualsiasi corrispettivo nel mondo del lavoro esterno alle mura del carcere 5. A fronte dell importanza attribuita al lavoro e alla formazione nel trattamento rieducativo che dovrebbe costituire il fulcro e dare significato alla pena detentiva, si registra quindi una pesante carenza di interventi e di opportunità usufruibili dalle persone detenute durante la carcerazione. Una situazione del tutto analoga è quella che si registra al momento dell uscita dalla condizione di detenzione, anche con l eventuale erogazione di misure alternative e l assegnazione alla cosiddetta area penale esterna. Le possibilità di accesso al lavoro esterno di cui possono usufruire coloro che stanno in carcere risultano infatti del tutto insufficienti per soddisfare le esigenze e garantire che, alla conclusione della pena detentiva, ci possa realmente essere quella modificazione delle condizioni personali e delle relazioni familiari e sociali che dovrebbe costituire la finalità della pena stessa. L inserimento nel mondo del lavoro alla fine della pena resta così una possibilità accessibile realmente ad una percentuale molto bassa di coloro che passano attraverso un esperienza di carcerazione. D altronde l attuale mercato del lavoro non offre molte opportunità per una popolazione con gli handicap formativi e professionali descritti in precedenza, soprattutto se questi si sommano ad una serie di caratteristiche socio-demografiche che 4 Esattamente al 31 dicembre 2003, sempre secondo i dati ministeriali, i detenuti lavoranti risultavano essere il 25,4% dell intera popolazione detenuta. 5 Cfr. Naldi, A. (a cura di) (2004), Araba fenice. L inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi penali, Sinnos editrice/quaderni di Antigone, Roma, pp

4 rendono comunque più difficile l accesso al mercato del lavoro. Per fare un esempio di queste difficoltà ulteriori, basti citare il fatto che più della metà della popolazione detenuta in Italia (il 52,7% al 31 dicembre 2003) ha più di trentacinque anni e addirittura più di un terzo (esattamente il 35,1% alla stessa data) ha più di quarant anni, con percentuali che salgono ulteriormente se si escludono dal computo i detenuti stranieri. Le condizioni sociali e personali non sono però gli unici fattori ad ostacolare l inserimento lavorativo delle persone in uscita dal carcere. Infatti, anche quando si potrebbero reperire opportunità lavorative adatte a queste persone, le difficoltà di inserimento dovute in primis da quell abitudine all ozio che la prigione comporta, piuttosto che gli ostacoli burocratici e i vincoli di controllo che si frappongono in particolare per chi è ancora soggetto ad una qualche misura penale alla fine della carcerazione, e, soprattutto, i pregiudizi del mondo esterno nei confronti di chi ha commesso un reato e ha trascorso un periodo più o meno lungo in galera limitano pesantemente le possibilità di accesso al lavoro delle persone in uscita dal carcere. 2. La situazione nelle carceri della provincia di Milano In provincia di Milano sono operativi quattro istituti penitenziari: due case circondariali San Vittore e Monza e due case di reclusione Milano-Opera e il nuovo istituto di Milano-Bollate. Complessivamente in questi quattro istituti sono recluse circa persone, cioè più della metà del totale dei detenuti nell intera regione Lombardia (cfr. tab. 1). La composizione della popolazione detenuta nelle quattro carceri provinciali rispecchia complessivamente quella che è la situazione generale delle carceri nel nostro paese: un numero relativamente basso di donne, una popolazione tendenzialmente non più giovanissima, composta in maggioranza da persone accusate di reati minori ma con frequenti recidive e caratterizzata da livelli di istruzione e di professionalità decisamente al di sotto della media oltre che da un elevata problematicità dal punto di vista sociale e sanitario (povertà, emarginazione, tossicodipendenza, Aids...). Caratteristica specifica delle carceri della provincia di Milano, come di molti istituti penitenziari delle grandi aree metropolitane del Centro e del Nord Italia, è invece l elevata presenza di detenuti stranieri, per i quali l attuale normativa sull immigrazione vanifica di fatto tutte le considerazioni sopra esposte sul trattamento penitenziario e sull accesso al lavoro a fine pena 6. 6 Sulla condizione specifica dei detenuti stranieri e sulle contraddizioni tra l ordinamento penale e penitenziario e l attuale normativa in materia di 340

5 Tab. 1 Presenze di detenuti nelle carceri della provincia di Milano (dati al 31 dicembre 2003) Donne Uomini Totale C.r. Milano Opera C.r. Milano Bollate C.c. Milano San Vittore C.c. Monza Totale detenuti in provincia di Milano Totale detenuti in regione Lombardia % detenuti in provincia di Milano 47,4% 52,7% 52,2% Fonte: Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Anche per quanto riguarda il rapporto tra detenuti condannati e detenuti in attesa di giudizio, il dato complessivo delle carceri della provincia di Milano è analogo a quella nazionale, con più di un terzo dei reclusi che attendono ancora una sentenza definitiva. Tab. 2 Posizione giuridica dei detenuti reclusi nelle carceri della provincia di Milano (dati al 31 dicembre 2003) Condannati Imputati Totale C.r. Milano Opera (91,1%) (8,9%) C.r. Milano Bollate (77,5%) (22,5%) C.c. Milano San Vittore (34,9%) (65,1%) C.c. Monza (52,9%) (47,1%) Totale provinciale (63,7%) (36,3%) Totale nazionale (62,7%) (37,3%) Fonte: Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria immigrazione si rimanda a Naldi, A. (2002), Mondi a parte: stranieri in carcere, in Anastasia, S. Gonnella, P. (a cura di), Inchiesta sulle carceri italiane, Carocci/Associazione Antigone, Roma. 341

6 Al riguardo è interessante notare come, nonostante la presenza sul territorio provinciale di due case circondariali 7, vi sia una quota cospicua di detenuti in attesa di giudizio anche nelle due case di reclusione e in particolare in quella di Bollate (cfr. tab. 2): le drammatiche e ormai croniche condizioni di sovraffollamento e di precarietà del carcere di San Vittore costringono infatti a periodici sfollamenti di detenuti, anche neoarrestati e in attesa di primo giudizio, verso l istituto di Bollate che ha visto così ridimensionata la sua vocazione iniziale di carcere modello, pensato, progettato e costruito per ospitare esclusivamente detenuti impegnati in attività lavorative nel quadro di un percorso trattamentale già avanzato. Per quanto riguarda la situazione dell accesso al lavoro all interno del carcere, la situazione che si registra in provincia di Milano, pur non essendo affatto rosea, è comunque migliore di quella nazionale. A Milano sono infatti impegnati in una qualche attività lavorativa circa il 30% dei detenuti (esattamente il 30,3%, secondo i dati raccolti a fine marzo 2004 dall Agenzia di Solidarietà per il Lavoro di Milano, contro una media nazionale del 24,2%). La situazione anche in questo caso cambia da istituto a istituto, con una maggiore quota di detenuti lavoranti nelle due case di reclusione di Opera e Bollate (cfr. tab. 3). Tab. 3 Detenuti lavoranti nelle carceri della provincia di Milano (dati al 31 marzo 2004) Totale detenuti Detenuti lavoranti % su totale detenuti C.r. Milano Opera ,6% C.r. Milano Bollate ,3% C.c. Milano San Vittore ,6% C.c. Monza ,5% Totale provinciale ,3% Fonte: AgeSol Anche guardando alle tipologie dei lavori svolti dai detenuti nelle carceri della provincia di Milano, si ricava un quadro non certo positivo ma comunque migliore di quello del resto d Italia. Anche qui, infatti, la grande 7 Schematicamente, per chiarire ai non addetti ai lavori la distinzione tra i due tipi di istituti penitenziari: le case circondariali sono le carceri in cui vengono rinchiuse le persone arrestate in un determinato territorio; se già condannate o dopo il processo e l eventuale sentenza di colpevolezza, queste persone andrebbero smistate nelle case di reclusione (o nelle sezioni penali aperte all interno delle case circondariali) che dovrebbero quindi ospitare solo detenuti già condannati. 342

7 maggioranza dei detenuti che lavorano in carcere sono impegnati in attività lavorative alle dipendenze dell amministrazione penitenziaria che, come già accennato in precedenza, sono attività prevalentemente dequalificate e poco professionalizzanti. Sono invece solo 365, tra tutte e quattro le carceri della provincia di Milano, i detenuti impegnati in attività lavorative vere e proprie, alle dipendenze di datori di lavoro esterni imprese o cooperative sociali o più raramente lavoranti in proprio: una cifra quindi molto bassa, ma che rappresenta comunque più di un quarto (esattamente il 28,3% al 31 marzo 2004) dei detenuti ammessi al lavoro nelle quattro carceri provinciali, contro una media nazionale addirittura inferiore al 20%. Tab. 4 Detenuti lavoranti nelle carceri della provincia di Milano per tipologia di lavoro svolto (dati al 31 marzo 2004) 343 Totale detenuti lavoranti Lavoranti alle dipendenze dell amm. penitenz. Lavoranti non alle dipendenze dell amm. penitenz. C.r. Milano Opera (69,8%) (30,2%) C.r. Milano Bollate (68,8%) (31,2%) C.c. Milano San Vittore (78,3%) (21,7%) C.c. Monza (64,8%) (35,2%) Totale provinciale (71,7%) (28,3%) Fonte: AgeSol Occorre però ricordare che in queste statistiche rientrano anche le persone formalmente detenute ma che svolgono attività lavorative fuori dalle mura del carcere, in regime di semilibertà o di lavoro all esterno 8. 8 La semilibertà è uno dei benefici premiali introdotti con la cosiddetta Legge Gozzini per agevolare e incentivare i percorsi di reinserimento sociale delle persone detenute; in particolare il regime di semilibertà (che può essere concesso solo a particolari condizioni e comunque non prima di aver scontato almeno metà della pena) consente al detenuto di trascorrere l intera giornata fuori dalle mura del carcere, anche per svolgere attività lavorative o formative, rientrando in cella solo di notte. Viceversa il lavoro all esterno, regolato dall articolo 21 dell Ordinamento

8 Tolti questi, i detenuti che svolgono vere e proprie attività lavorative all interno dei quattro istituti penitenziari della provincia di Milano risultano essere complessivamente solo poco più di duecento (esattamente 206 al 31 marzo 2004): un dato quindi molto basso, che conferma anche nella realtà milanese la sostanziale non attuazione non solo del diritto al lavoro che dovrebbe essere garantito alle persone detenute esattamente come a tutti i cittadini, ma anche del diritto/dovere al lavoro nell ambito del trattamento penitenziario di cui si è parlato in precedenza. Tab. 5 Dettaglio detenuti lavoranti non alle dipendenze dell amministrazione penitenziaria (dati al 31 marzo 2004) Totale detenuti lavoranti non alle dipendenze dell amm. penitenz. Lavoranti all interno del carcere per imprese o cooperative esterne Lavoranti fuori dal carcere in regime di semilibertà Lavoranti fuori dal carcere in regime di lavoro all esterno C.r. Milano Opera (30,2%) (11,4%) (16,3%) (2,4%) C.r. Milano Bollate (31,2%) (25,4%) (5,7%) C.c. Milano San Vittore (21,7%) (15,1%) (6,6%) C.c. Monza (35,2%) (15,6%) (17,2%) (2,3%) Totale provinciale (28,3%) (16,0%) (7,9%) (4,4%) Fonte: AgeSol % calcolate sul totale dei detenuti lavoranti 3. Il senso dell intervento dell ente provinciale nelle politiche per l accesso al lavoro delle persone in uscita dal carcere I dati e le considerazioni esposte in precedenza introducono alla necessità di intervenire per sostenere e agevolare l accesso al lavoro delle penitenziario, consente solo di uscire dal carcere per il tempo strettamente necessario a svolgere l attività lavorativa o formativa a cui si è stati destinati, con una serie di vincoli e limitazioni rigide negli orari, negli spostamenti e nelle possibilità di incontrare persone fuori dal carcere. 344

9 persone detenute al momento dell uscita dal carcere. Se, infatti, gli interventi trattamentali per elevare il livello di istruzione e formazione e per rafforzare (o costruire ex novo) la professionalità di chi sta in carcere risultano del tutto insufficienti, i problemi e le difficoltà dell inserimento lavorativo tornano a porsi, drammaticamente, con la fine della pena detentiva. Con l aggravante del fatto che il mancato accesso al mondo del lavoro regolare si traduce inevitabilmente in un ricorso alla recidiva, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione detenuta, cioè per coloro che non disponevano in partenza di (o che hanno perso per colpa della carcerazione le) risorse culturali, familiari e sociali cioè di una quota di capitale sociale capace di offrire un sostegno nel difficile momento dell uscita dal carcere e del reingresso nella società civile. D altronde l incapacità del carcere di rispondere ai bisogni formativi e lavorativi delle persone detenute durante la carcerazione si traduce in una assoluta e pesante carenza di interventi e di opportunità promosse dall istituzione penitenziaria per garantire che venga effettivamente realizzata quella che è stata indicata come finalità della pena, cioè il reinserimento sociale del reo anche attraverso l inserimento in un attività lavorativa regolare. Di qui, la necessità che la comunità esterna nel suo complesso si faccia carico del carcere e dei problemi che esprime. Le stesse leggi in materia penitenziaria stabiliscono che «la finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all associazione rieducativa» 9 ; e, in particolare «nel periodo che precede la dimissione, possibilmente a partire da sei mesi prima di essa, il condannato e l internato beneficiano di un particolare programma di trattamento, orientato alla soluzione dei problemi specifici connessi alle condizioni di vita familiare, di lavoro e di ambiente a cui dovranno andare incontro. [...] Per la definizione e l esecuzione del suddetto programma, la direzione richiede la collaborazione del centro di servizio sociale, dei servizi territoriali competenti e del volontariato» 10. Già quindi a livello di normativa penale e penitenziaria si afferma l importanza del coinvolgimento della comunità esterna al carcere tra cui gli enti locali e i servizi territoriali, oltre al mondo del volontariato e del no profit nel percorso di trattamento delle persone detenute e di reinserimento nella comunità stessa. 9 Art. 17 dell Ordinamento penitenziario. 10 Art. 88 del Regolamento di esecuzione dell Ordinamento penitenziario. 345

10 Parallelamente, per quanto riguarda lo specifico dell accesso al lavoro alla fine della pena, un altra normativa apre ambiti specifici per un intervento attivo degli enti locali. Il riferimento è in particolare al corpus di leggi e decreti che stabiliscono le competenze di regioni, province e comuni a partire dalla cosiddetta Legge Bassanini assegnando loro, tra l altro, il compito di promuovere politiche attive per la formazione e per l accesso al lavoro delle categorie svantaggiate, tra cui rientrano detenuti, ex detenuti e in generale persone provenienti da percorsi penali 11. A partire da ciò, molti enti locali hanno promosso e/o sostenuto azioni e interventi per favorire l inserimento lavorativo delle persone soggette a misure penali; queste azioni e interventi sono riconducibili essenzialmente a tre grandi categorie: la predisposizione di percorsi formativi e di orientamento professionale in carcere (che si tratti di attività da inserire nell ambito della formazione professionale ordinaria o di quella finanziata con risorse del Fondo sociale europeo); l erogazione diretta di incentivi economici per le imprese che assumono detenuti o ex detenuti o la predisposizione di strumenti di mediazione al lavoro (tirocini formativi e lavorativi, borse lavoro) come copertura parziale o totale dei costi del primo periodo di inserimento in azienda delle persone in uscita dal carcere; la promozione, la partecipazione in partnership o il finanziamento diretto di progetti sperimentali nell ambito dell inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi penali. In Lombardia, la normativa regionale ha previsto espressamente l erogazione di incentivi economici alle imprese che assumono detenuti o ex detenuti 12 e, più in generale, la promozione di «iniziative finalizzate all omogeneizzazione qualitativa e quantitativa degli interventi da 11 La definizione di detenuti, ex detenuti e persone sottoposte a misure penali come categoria svantaggiata nell accesso al mondo del lavoro viene in primis dalla legge sulla cooperazione sociale (L. 381/1991) che inserisce «i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione consistenti nell affidamento in prova al servizio sociale, nella detenzione domiciliare e nel regime di semilibertà» tra i soggetti per cui è previsto l inserimento lavorativo nelle cooperative sociali di tipo B; successivamente la cosiddetta Legge Smuraglia (L. 193/2000) ha ampliato questa definizione fino a comprendere tutte «le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all esterno» anche nei sei mesi successivi alla scarcerazione. 12 Si veda l articolo 10 della L.R. 1/

11 realizzarsi in tutti gli istituti di pena sollecitandone il raccordo con il sistema della formazione professionale e con le politiche attive del lavoro, da favorirsi anche attraverso la messa a punto di una rete di servizi di orientamento e accompagnamento al lavoro» 13. È su questa base che la Provincia di Milano, da qualche anno a questa parte, ha esteso il suo intervento nell ambito dell inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi penali. Tradizionalmente l intervento dell ente provinciale si limitava all erogazione di corsi di formazione professionale in carcere (Settore Formazione professionale) e alla messa a disposizione di borse lavoro per detenuti in uscita dal carcere o in articolo 21 (a carico del Settore Servizi sociali), piuttosto che all erogazione di finanziamenti diretti a realtà della cooperazione sociale o del volontariato penitenziario (anche queste prevalentemente a carico del Settore Servizi sociali). A partire dagli anni 1999/2000, invece, è iniziato un coinvolgimento attivo anche del Settore Economia e lavoro in azioni mirate all inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti, fino alla creazione nel 2002 di un Presidio carceri operante con il distaccamento parziale di cinque funzionari e impiegati del Settore. Ultimo passaggio di questo inedito coinvolgimento della Provincia di Milano nelle azioni in materia di carcere e lavoro è la definizione, con l insediamento della nuova giunta provinciale, di una delega assessorile specifica per le politiche di integrazione lavorativa e sociale per le persone in carcere o ristrette nelle libertà. 4. Le modalità di intervento: alcuni progetti 14 L intervento del Settore Economia e lavoro della Provincia di Milano nell ambito dell inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi penali ha portato all estensione dei servizi dei Centri per l impiego anche all utenza detenuta nelle quattro carceri provinciali; questo intervento si è concretizzato soprattutto nella partecipazione dell ente provinciale ad una 13 Accordo quadro tra la Regione Lombardia e il Ministero della Giustizia (agosto 2002). 14 Questo paragrafo riprende parzialmente informazioni e analisi già presentate nel rapporto di ricerca L inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi penali realizzata nell ambito del Progetto Equal Araba Fenice della Regione Calabria (Cod. ITALCAL 0051) e pubblicate in Naldi A. (a cura di) (2004), op. cit.; all interno di questo rapporto di ricerca l intervento della Provincia di Milano è stato uno dei casi analizzati come esempio di buone prassi promosse e realizzate da enti locali sul territorio nazionale per favorire l inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi penali. 347

12 serie di progetti finalizzati a promuovere percorsi di inserimento lavorativo per le persone detenute. Si è trattato di progetti promossi e realizzati da una rete di attori istituzionali (enti locali e istituzioni penali e penitenziarie), del privato sociale (Caritas Ambrosiana, AgeSol Agenzia di Solidarietà per il lavoro, cooperative sociali e associazioni di volontariato penitenziario), e indirettamente anche del mondo sindacale e datoriale 15 ; proprio per la complessità e ricchezza della partnership che li ha avviati e sostenuti, rappresentano un esperienza esemplare su tutto il territorio nazionale. La storia di questi progetti inizia nel 1999, quando la Provincia di Milano demanda ad AgeSol la sperimentazione e la realizzazione di un servizio rivolto ai detenuti delle tre carceri dell area milanese 16 attraverso l apertura di sportelli di informazione e supporto all inserimento al lavoro e il parallelo avvio di un progetto formativo realizzato anch esso all interno delle tre carceri milanesi finalizzato a creare gruppi di detenuti che fungessero da operatori/facilitatori per i percorsi di integrazione lavorativa del resto della popolazione reclusa nei tre istituti penitenziari. Questi progetti hanno segnato di fatto l avvio di una serie di interventi che hanno via via ingrandito la rete di attori coinvolti e che di volta in volta hanno visto variare la forma di coinvolgimento dell ente provinciale. In questi interventi, infatti, la Provincia di Milano ha giocato un duplice ruolo, ponendosi a volte come ente finanziatore e a volte, invece, come ente promotore di interventi finanziati con fondi regionali, ministeriali o del Fondo sociale europeo. L accesso a varie fonti di finanziamento risulta in un certo senso strumentale all esigenza di trovare continuità ad un intervento complessivo la cui dimensione oltrepassa quella sostenibile con un unico tipo di risorse finanziarie. Dalla ricostruzione della storia dell intervento si può infatti rintracciare una sorta di filo conduttore tra i vari progetti, strutturati in interventi separati proprio per accedere progressivamente alle varie fonti di finanziamento disponibili. 15 L Agenzia di solidarietà per il lavoro, struttura di privato sociale che ha rappresentato una realtà fondamentale per la costituzione di questa rete, è infatti nata dalla convergenza di impegni, tra gli altri, del sindacato e di alcune associazioni datoriali (Cna, Api, Apa,...) che hanno recepito le istanze provenienti da un gruppo di detenuti del carcere milanese di San Vittore, dando vita a un agenzia che si è posta come scopo precipuo quello di favorire l incontro tra domanda e offerta di lavoro da parte della popolazione detenuta. 16 San Vittore, Opera e Monza. All avvio del progetto la casa di reclusione di Bollate non era ancora stata aperta. 348

13 Progetto Meglio Fuori (maggio 1999 aprile 2000) Nel 1999 il coinvolgimento attivo del Settore Economia e lavoro della Provincia di Milano in interventi per favorire l inserimento delle persone provenienti da percorsi penali comincia con due progetti paralleli e per molti aspetti complementari: il Progetto Sportelli e il progetto Meglio fuori. Il progetto Meglio fuori rappresenta un Pom (Programma operativo multiregionale) inserito nell ambito del progetto-quadro I percorsi dell esclusione sociale promosso dal Dipartimento per gli Affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Finalità del progetto era la realizzazione di azioni formative e di integrazione lavorativa rivolte a detenuti ed ex detenuti, in particolare attraverso la creazione di gruppi di reclusi nei tre istituti penitenziari dell area milanese che fungessero da promotori dell inserimento lavorativo dei loro compagni detenuti, facilitandone il contatto con il mondo del lavoro e con le opportunità formative, oltre alla sperimentazione di percorsi formativi e di sinergie con imprese for profit per facilitare l assunzione di persone provenienti da esperienze detentive. In questo caso la Provincia di Milano si è posta come ente proponente e responsabile del progetto, a cui ha collaborato anche economicamente con un cofinanziamento pari al 10% del contributo ministeriale richiesto e ottenuto (che ammontava complessivamente a Lire ). Ha quindi delegato la realizzazione del progetto all Agenzia di Solidarietà per il Lavoro (ente attuatore), che si è a sua volta avvalsa della collaborazione di due enti di formazione (Consortium e Orientamento Lavoro). La Provincia, insieme all ente attuatore e ai suoi partner, ha anche partecipato con un suo rappresentante al Comitato di Progetto deputato al coordinamento delle azioni progettuali e alla gestione dei passaggi decisionali e procedurali. Progetto Sportelli (settembre 1999 aprile 2001) Le azioni prevalentemente formative realizzate attraverso il progetto Meglio fuori si sono quindi accompagnate agli interventi realizzati attraverso il contemporaneo Progetto Sportelli, che aveva come finalità generale proprio quello della sperimentazione di sportelli d informazione e supporto all inserimento al lavoro per soggetti ristretti nella libertà all interno e all esterno degli istituti penitenziari. A differenza di quanto avvenuto con Meglio fuori, per il Progetto Sportelli il ruolo della Provincia di Milano è stato essenzialmente quello di ente finanziatore dell intervento promosso, avviato e gestito dall Agenzia di Solidarietà per il Lavoro. 349

14 Nell ambito del Progetto Sportelli sono state avviate una serie di azioni integrate: la creazione di un area di servizio sugli aspetti motivazionali e di orientamento al lavoro per la popolazione detenuta; l approntamento di percorsi d inserimento mirati e personalizzati basati sull analisi dei bisogni del singolo detenuto; la realizzazione di una mappatura sui servizi di sostegno al reinserimento della persona in uscita dal carcere (pubblici, privati e del volontariato) per consentire agli operatori degli sportelli di offrire informazioni a 360 e di indirizzare l utente verso i servizi specifici operanti sul territorio d appartenenza; l avvio di una rete con i soggetti pubblici e privati che promuovono interventi dentro e fuori il carcere; la raccolta e la sistematizzazione di materiale informativo sulle modalità migliori di ricerca del lavoro, sulle procedure di accesso al mercato del lavoro e sulle opportunità di formazione e qualificazione professionale esistenti dentro e fuori il carcere. Tramite questo progetto sono stati attivati tre sportelli all interno delle tre carceri dell area milanese e uno esterno presso la sede dell Agenzia di Solidarietà per il Lavoro; è stata anche avviata l attività dello sportello informativo per le imprese, che ha visto il coinvolgimento attivo di alcuni Centri Lavoro della Provincia, per elaborare congiuntamente progetti di inserimento lavorativo con alcune aziende. Il progetto ha portato alla creazione di una rete multilivello: un livello operativo con la partecipazione degli operatori delle carceri, del Cssa, dei Ser.T. e delle comunità terapeutiche, degli assistenti sociali dei Comuni e dei Sil (Servizi comunali per l inserimento lavorativo), delle cooperative sociali e delle aziende; un livello informativo e di confronto che ha coinvolto molte delle realtà associative che si muovono sul mondo carcerario milanese; e, infine, un livello istituzionale a cui la Provincia di Milano ha partecipato attivamente, insieme alle altre realtà istituzionali coinvolte nel progetto (Provveditorato Regionale, Magistratura di Sorveglianza, le Direzioni delle carceri). Progetto Cercare Lavoro (luglio 2001 luglio 2002) Le azioni sperimentate con i due progetti Meglio fuori e Progetto Sportelli hanno poi trovato una continuazione e un consolidamento con le attività realizzate grazie al successivo progetto Cercare Lavoro. In questo caso si è trattato di un progetto integrato per l offerta di servizi di orientamento e di sostegno all inserimento lavorativo intra ed 350

15 extramurario alle persone detenute nelle carceri della provincia milanese e a quelle in esecuzione penale esterna. Per la prima volta il progetto è stato promosso e gestito attraverso la costituzione di un Ats (associazione temporanea di scopo) formata da diversi soggetti del privato sociale Agenzia di Solidarietà per il Lavoro, Consorzio CS&L (Cascina Sofia e Lavorint), Consorzio Nova Spes, Consorzio SIS che hanno siglato un appalto con la Provincia di Milano, che ha giocato quindi ancora il ruolo di ente finanziatore del progetto. La Provincia ha anche partecipato con un suo rappresentante, così come il Prap regionale, al comitato scientifico e dei garanti. Obiettivi specifici di questo progetto erano: fornire servizi di orientamento finalizzato al reinserimento lavorativo di detenuti ed ex-detenuti; supportare i soggetti ristretti nella libertà nella ricerca di opportunità lavorative a loro idonee; informare le persone detenute dei cambiamenti del mondo del lavoro; supportare lo sviluppo in ognuno di autonomia e capacità progettuale; offrire l opportunità alla persona di sviluppare maggiore coscienza di sé al fine di anticipare il confronto con la realtà lavorativa. Anche in questo caso il progetto ha visto la realizzazione di alcune attività all interno degli istituti penitenziari (sportelli di informazione e orientamento per detenuti sulla realtà lavorativa e formativa; costruzione di progetti di inserimento lavorativo con bilancio di competenze e confronto con gli operatori penitenziari) e di altre attività all esterno (sportello di informazione e inserimento lavorativo per ex-detenuti e detenuti in esecuzione penale esterna al carcere; sportello di consulenza e assistenza normativa e procedurale alle imprese; individuazione di opportunità lavorative; accompagnamento e supporto all inserimento lavorativo; assistenza per l elaborazione di piani d impresa). Progetto Or.f.eo (ottobre 2002 settembre 2003) Anche nel caso del progetto Or.f.eo (ORientamento, Formazione Ed Occupazione detenuti) si è trattato di un progetto integrato per l offerta di servizi d orientamento, consulenza ed accompagnamento all inserimento lavorativo intra ed extramurario per le persone detenute (sia adulte che minori) nelle carceri della provincia milanese e per quelle in esecuzione penale esterna. Questo progetto è stato realizzato con l utilizzo di risorse messe a disposizione dal Fondo sociale europeo (esattamente Fse 2001/2002 Ob. 3 - Dispositivo multimisura orientamento, consulenza e accompagnamento). 351

16 Così come per Cercare Lavoro, il progetto è stato promosso e gestito attraverso la costituzione di una nuova associazione temporanea di scopo che, oltre agli enti di privato sociale già coinvolti nella precedente Ats, ha visto stavolta la partecipazione nel ruolo di partner anche della Provincia di Milano, oltre all inserimento di un Centro di formazione professionale convenzionato con la Provincia (la Fondazione Enaip Lombardia) soprattutto per gli interventi sull area minorile. In questo caso gli obiettivi del progetto sono stati identificati in: fornire servizi d orientamento ed accompagnamento finalizzato al reinserimento lavorativo di detenuti ed ex-detenuti, adulti e minori; supportare i soggetti ristretti nella libertà nella ricerca di opportunità lavorative; informare le persone detenute sugli strumenti e la realtà del mondo del lavoro; fornire servizi d orientamento finalizzati ai percorsi di formazione professionale; fornire servizi che riguardano l accesso al lavoro; supportare la crescita d autonomia e capacità progettuale con interventi di gruppo e sulla singola persona; supportare i familiari dell utenza nel percorso di reingresso nella società; fornire aggiornamento professionale agli operatori del progetto. Concretamente, il progetto Or.f.eo ha visto la realizzazione di una serie di attività all interno degli istituti penitenziari incontri di informazione orientativa, colloqui di accoglienza, formazione orientativa di gruppo, determinazione di un bilancio attitudinale personale, colloqui orientativi e motivazionali e all esterno del carcere percorsi di integrazione sociale, di conoscenza del mondo del lavoro locale e delle sue esigenze, tutoraggio all inserimento lavorativo in cooperative sociali e aziende private oltre ad alcune azioni di supporto per il rafforzamento del sistema informazione orientativa rivolta ai familiari finalizzata a creare le precondizioni per un sostegno che continui oltre il termine del progetto e alla realizzazione di un percorso formativo rivolto agli operatori del progetto e del sistema carcerario. Progetto Euridice (aprile 2003 aprile 2004) Sviluppato in parallelo al progetto Or.f.eo, il progetto Euridice si è concentrato soprattutto sugli interventi di accompagnamento all inserimento lavorativo e sulla realizzazione di momenti di formazione 352

17 integrata per gli operatori, oltre che sul proseguimento delle attività di sportello sia per detenuti ed ex detenuti che per le imprese. Il progetto ha visto la costituzione di una nuova Ats con gli stessi partner che hanno dato vita al progetto Or.f.eo con l unica novità di identificare proprio la Provincia di Milano come ente capofila. Obiettivi specifici di questo progetto sono stati: fornire servizi di sostegno e di accompagnamento finalizzato al reinserimento lavorativo di detenuti ed ex-detenuti e supportare i soggetti ristretti nella libertà nella ricerca di opportunità lavorative; sensibilizzare e coinvolgere il sistema produttivo milanese nell inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti; implementare un Centro Documentazione e Spazio Informagiovani presso il Cgm e l Ipm Beccaria; realizzare formazione integrata. Progetto Or.f.eo 2 (ottobre 2003 ottobre 2004) Il Progetto Or.f.eo 2, in corso di realizzazione al momento della stesura di questo testo, è il seguito ideale e di fatto del primo progetto Or.f.eo e del progetto Euridice, di cui riprende finalità, contenuti e modalità di realizzazione. Con una sostanziale differenza: in questo caso la Provincia di Milano è tornata ad essere l ente finanziatore del progetto, erogando fondi a sostegno delle azioni promosse e gestite da una partnership composta esclusivamente dai soggetti del privato sociale che componevano le precedenti Ats. 5. I risultati raggiunti e le prospettive di azione per il futuro Nonostante la caratteristica essenzialmente sperimentale dei progetti avviati e realizzati finora, i dati sull utenza che ha potuto usufruire degli interventi messi in atto in questi cinque anni mostrano che si cominciano a raggiungere esiti complessivamente ragguardevoli anche dal punto di vista quantitativo. Ammontano infatti già ad oltre tremilacinquecento le persone coinvolte nelle varie azioni previste nell ambito dei singoli progetti, con esattamente cinquecento inserimenti al lavoro già conclusi (cfr. tab. 6). È d obbligo specificare come si tratti solo in parte di persone ancora recluse, anche perché alcuni progetti si sono indirizzati parzialmente o totalmente ad un utenza già uscita dalla detenzione o sottoposta a misure penali esterne. Anche il dato sugli inserimenti al lavoro comprende situazioni diverse: dai percorsi di inserimento con strumenti di mediazione al lavoro (borse lavoro, tirocini) alle assunzioni in aziende private, agli inserimenti in cooperative sociali per attività lavorative in qualche caso 353

18 interne e in altri casi esterne alle mura del carcere, fino all avvio di attività lavorative in proprio. A questo riguardo si riportano ad esempio (cfr. tab. 7-9) i dati relativi alle azioni di avviamento al lavoro realizzate nell ambito di alcuni dei progetti precedentemente presentati, che mostrano tra l altro come con il passare degli anni sia aumentata la capacità di coinvolgere anche il mondo delle imprese for profit in questo tipo di interventi. Nonostante queste puntualizzazioni, l esito complessivo di questo articolato percorso di intervento è sicuramente di rilievo, soprattutto se si rapportano i dati sopra riportati con le opportune cautele che questi confronti sempre richiedono 17 all entità della popolazione detenuta nelle carceri provinciali che, come evidenziato in precedenza, è quantificabile in una cifra compresa tra le quattromila e le quattromilacinquecento persone (cfr. tab. 1). Tab. 6 Esiti degli interventi di orientamento e accompagnamento al lavoro realizzati nell ambito dei progetti avviati e realizzati finora (*) Persone coinvolte nelle varie azioni Utenti di percorsi di orientamento Persone inserite al lavoro Progetto Sportelli Progetto Cercare Lavoro Progetto Or.f.eo Progetto Euridice Progetto Or.f.eo 2 (**) Totale (*) Il Progetto Meglio Fuori non rientra in questa tabella poiché prevedeva solo la realizzazione di azioni formative. (**) Dati provvisori sul progetto non ancora concluso. Fonte: AgeSol 17 Ovviamente non si propone qui un raffronto diretto con i dati sulla popolazione reclusa, sia perché come evidenziato in precedenza l utenza dei vari progetti non comprende esclusivamente persone recluse, sia perché il dato sulle presenze in carcere è solo indicativo del numero effettivo di persone che annualmente transitano all interno degli istituti penitenziari, con periodi di reclusione anche molto brevi e anche con frequenti casi di reingresso in carcere delle stesse persone. 354

19 Tab. 7 Progetto Cercare Lavoro (luglio 2001 luglio 2002): esiti degli interventi in termini di opportunità lavorative (abbinamenti azienda/persona individuati) Disponibilità all avvio al lavoro (*) Avvio al lavoro all esterno Avvio al lavoro in attività interne Borsa lavoro/tirocinio Assunzione in cooperativa Assunzione in azienda Contratti di collaborazione Formazione Con orientamento In modo autonomo Totale (*) Persone per cui sono state individuate opportunità lavorative ma che alla chiusura del progetto risultavano ancora in attesa della decisione della Magistratura di Sorveglianza Fonte: AgeSol Tab. 8 Progetto Or.f.eo (ottobre 2002 settembre 2003): utenza raggiunta con le principali azioni previste nel progetto Azioni interne alle carceri Azioni all esterno Azioni rivolte ai minori Incontri informativi Colloqui di accoglienza Formazione orientativa Percorsi di integrazione sociale Bilancio attitudinale Counselling orientativo Inserimenti lavorativi Sostegno ai familiari Totale (*) (*) Il totale non corrisponde alla somma degli utenti delle singole azioni poiché uno stesso utente può avere usufruito di più azioni. Fonte: Nostre elaborazioni su dati AgeSol 355

20 Tab. 9 Progetto Or.f.eo (ottobre 2002 settembre 2003): inserimenti lavorativi realizzati Utenti adulti Inserimenti realizzati in cooperative sociali 36 di cui confermate alla fine del percorso di tutoraggio 20 Inserimenti realizzati in aziende private 18 di cui confermate alla fine del percorso di tutoraggio 10 Utenti che hanno trovato una diversa collocazione 7 lavorativa nel corso del tutoraggio Inserimenti in via di definizione alla fine del progetto 17 Utenti minori Percorsi di tutoraggio e tirocinio lavorativo conclusi 12 Percorsi di tutoraggio e tirocinio lavorativo interrotti 4 Fonte: Nostre elaborazioni su dati AgeSol Al di là dei dati quantitativi sull utenza raggiunta dai singoli progetti, è importante riflettere sull esperienza complessiva che questi interventi hanno rappresentato, anche in funzione di ripensare e ridefinire le strategie di azione per il prossimo futuro. Infatti, come più volte sottolineato, i progetti avviati e realizzati nel corso di questi cinque anni si sono inseriti in un quadro complessivo di azioni integrate, finalizzate ciascuna al raggiungimento di obiettivi concreti in termini di realizzazione di percorsi di formazione, di orientamento e di inserimento lavorativo, ma con lo scopo più generale talvolta implicito, altre volte espressamente esplicitato anche nella progettazione dei singoli interventi di sperimentare nuove pratiche di intervento per favorire l accesso al lavoro delle persone provenienti dal carcere e dalla penalità, anche attraverso la strutturazione e il consolidamento di una rete di attori pubblici, privati e del privato sociale operanti nel settore. Per questa ragione una valutazione complessiva degli interventi realizzati finora e delle strategie di azione fin qui intraprese richiede soprattutto un analisi dell efficacia del percorso complessivo che tenga conto di tutte le peculiarità più volte evidenziate: dall efficacia e innovatività delle pratiche di intervento messe in atto, alla ricchezza, complessità e solidità della partnership attivata, fino alla capacità reale di modificare le condizioni ambientali che ostacolano l inserimento o reinserimento lavorativo di chi esce dal carcere o comunque è o è stato sottoposto ad una qualche misura penale. Elementi che occorre tenere in considerazione anche nell ottica di riflettere sulle possibili strategie di intervento da intraprendere nei prossimi anni. 356

21 Da questo punto di vista è importante sottolineare come l efficacia dei progetti descritti in precedenza abbia sicuramente oltrepassato gli obiettivi specifici che attraverso di essi ci si era posti in termini di avvio e realizzazione di percorsi di inserimento lavorativo per un numero limitato ancorché consistente di persone recluse o comunque provenienti da percorsi penali. L aspetto forse più interessante di questo percorso di intervento è stato il consolidamento della rete di attori che si è creata attorno a questi progetti, anche con la partecipazione attiva dell ente provinciale. Si tratta di una partnership che ha già mostrato non solo la possibilità di lavorare insieme tra attori così diversi e con vocazioni e missions così diverse, ma anche la capacità di focalizzare l attenzione anche dell opinione pubblica e degli attori locali sui temi dell accesso al lavoro per le persone detenute. Restano sicuramente i limiti di un intervento per progetti, primi fra tutti la necessità di uscire dalla sperimentazione per strutturare una modalità di intervento accessibile, come è giusto, a tutta la cittadinanza detenuta o sottoposta a misure penali e la necessità di garantire anche nel prossimo futuro la continuità dell intervento stesso, anche nella prospettiva di un ulteriore riduzione delle risorse comunitarie, statali e locali utilizzabili per simili progetti. In questo senso appare fondamentale che, soprattutto da parte dell ente locale, si operi nella direzione di integrare l offerta di azioni e di servizi fin qui sperimentata all interno degli interventi erogati dalle strutture istituzionali operanti sul territorio per garantire l accesso al lavoro di tutte le categorie svantaggiate e più in generale di tutte le persone in difficoltà occupazionale. 357

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