Introduzione all'elettromiografia di Superficie (semg) dei muscoli masticatori

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1 Introduzione all'elettromiografia di Superficie (semg) dei muscoli masticatori a cura del L.A.F.A.S. Laboratorio di Anatomia Funzionale dell'apparato Stomatognatico Istituto di Anatomia Umana Normale Università degli Studi di Milano

2 SOMMARIO Sommario Concetti generali Fondamenti di elettrofisiologia Proteine contrattili, accoppiamento eccitazione-contrazione, rilasciamento Eccitazione del muscolo scheletrico La contrazione muscolare Generalità sull'azione dei muscoli Architettura dei muscoli della masticazione 16 Azione dei muscoli sulla mandibola Movimenti dell'articolazione temporomandibolare (ATM) 18 Considerazioni funzionali Riflessi mandibolari (Taylor 1990,Yang e Türker 1999, Trulsson e Gunne 1998) 20 Riflesso da stiramento 20 Riflesso di apertura 20 Riflesso di scarico 20 Riflessi orizzontali Introduzione all'elettromiografia di superficie (semg) 21 Elettrodi di superficie 23 Il volume conduttore 25 Il fenomeno del crosstalk 26 Variabili nel dominio del tempo e della frequenza 26 Muscolo a riposo 26 Contrazione minima 27 Contrazione massima Introduzione all'interpretazione degli indici % Concetti di biomeccanica applicata all'apparato Stomatognatico 30 Reazione condilare durante il carico degli elementi incisivi 32 Reazione condilare durante il carico degli elementi canini 32 Reazione condilare durante il carico degli elementi molari Indice di asimmetria Indice di attivazione Torsione La fatica muscolare 37 Indici di fatica 37 Bibliografia 38 2 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

3 1.0 CONCETTI GENERALI La funzione del muscolo è di contrarsi, e così facendo, di produrre lavoro. Il lavoro del muscolo può determinare un moto angolare attorno ad una articolazione, come nel caso dei muscoli scheletrici; compiere movimenti lineari o manovre complesse come per la lingua; o alterare la pressione e il volume tanto da spingere in avanti il contenuto di un organo cavo come nel caso dell azione di pompa del miocardio. Nell uomo circa il 40% del peso corporeo è composto da muscoli striati, il che significa che è il tessuto del corpo più diffuso. La massa del muscolo scheletrico è composta da fasci di fibre in cui ogni singola fibra è composta da un unica cellula. Le fibre del muscolo possono essere sistemate a guisa di penna o in parallelo o in varie combinazioni di queste sistemazioni (Fig. 1.1). Poiché la forza esercitata da una fibra muscolare è una funzione costante della sua sezione (di solito tra 1 e 2 Kg/cm 2 ) e non della sua lunghezza, e poiché vi sono più fibre per lo stesso volume quando la sistemazione è a penna, i muscoli con questa forma esercitano una forza maggiore, per grammo di muscolo di quelli a fibre parallele. Tuttavia poiché la direzione di accorciamento delle singole fibre è diversa da quella dell intero muscolo, l accorciamento dei muscoli pennati è minore di quello dei muscoli a fibre parallele e questa proprietà permette a questi ultimi di muoversi più rapidamente per piccoli accorciamenti. Fig. 1.1 Una singola fibra muscolare in un uomo adulto può avere un diametro di circa 60 µm con una lunghezza da pochi millimetri a decine di centimetri. E approssimativamente cilindrica, le sue estremità di solito si fondono con un tessuto poco o del tutto inestensibile che forma tendini o lamine fibrose che si inseriscono sull'arto. Ogni fibra è rivestita da una membrana composta, il sarcolemma, che la separa dal liquido interstiziale. Ogni fibra contiene un fascio di unità elementari, le fibrille. Le fibrille sono cilindri dell ordine di 1µm di diametro, la cui lunghezza è quella della fibra; vi possono essere anche 1000 fibrille per fibra e queste non sono circondate da membrana. Gli spazi tra di loro sono riempiti da citoplasma o sarcoplasma, che contiene mitocondri, e attraverso il quale passa un sottile reticolato tubolare, il reticolo sarcoplasmatico. Le fibre sono costituite da un unità ripetuta in serie: il sarcomero. Un sarcomero (Fig. 1.2a e 1.2b) è un cilindro la cui lunghezza, che dipende dallo stato (accorciamento o stiramento) della fibra, va da circa 1.5 a 3.5 µm. Il sarcomero è legato a ciascuna estremità ad un disco, il disco o linea Z. Le fibrille all interno di una fibra sono disposte in modo tale da avere i loro dischi Z allineati. Fig. 1.2a FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 3

4 Osservate al microscopio ottico, le fibre sembrano avere striature longitudinali, che in realtà sono le fibrille, e striature trasversali; da queste ultime deriva la denominazione di muscolo striato. Le strie trasversali sono dovute all alternanza di bande isotropiche o bande I con bande anisotropiche o bande A. Ogni banda I è divisa in due trasversalmente da un disco Z. Le bande A, lunghe circa 1.5 µm, hanno spesso una zona centrale relativamente isotropica, la zona H. Quando il muscolo si accorcia, il sarcomero si accorcia e la distanza tra due dischi Z diminuisce. Questo avviene per la maggior parte, se non completamente, a spese delle bande I. Osservate al microscopio elettronico, le fibrille risultano composte da due principali famiglie di filamenti lineari. La banda I è composta da un solo filamento sottile, lungo circa 1µm che dal disco Z corre longitudinalmente attraverso la banda I e penetra nella banda A. La banda A non contiene solo filamenti sottili di varia lunghezza, ma anche filamenti più spessi lunghi circa 1,5 µm. La zona H è la regione al centro della zona A e non presenta filamenti sottili. L isotropicità risulta dalla presenza di una sola classe di filamenti; l anisotropicità dalla presenza sia di filamenti spessi che sottili. L unica connessione visibile tra i filamenti spessi e Fig. 1.2b quelli sottili è costituita da processi trasversi nella banda A chiamati ponti. I ponti si estendono tra le superfici dei filamenti spessi e di quelli sottili. Sezioni trasverse rivelano l organizzazione dei filamenti: eccetto che nelle immediate vicinanze del disco Z, i sottili filamenti sono sistemati in una formazione esagonale regolare. Ogni cellula muscolare o fibra, è avvolta da una membrana plasmatica bilaminare rivestita a sua volta da una struttura amorfa, che si colora come una mucoproteina o un polisaccaride. Lo strato amorfo è a sua volta circondato da un reticolo di fibre collagene, intessute strettamente attorno alla fibra e poi più intervallate, cosicché il collagene attorno alla fibra non può essere distinto dal collagene tra le fibre. Queste strutture formano le barriere agli scambi tra interstizio e l'interno delle fibre e contribuiscono alle proprietà meccaniche del muscolo. Una o più strutture reticolate tubulari aderiscono per tutta la fibra costituendo due sistemi principali (Fig. 1.3): a. il sistema tubulare trasversale o sistema T; b. il reticolo sarcoplasmatico SR; composto di tubuli paralleli alle fibrille. Gran parte del sistema T è in stretta relazione con le sacche o cisterne terminali del SR. I sistemi tubulari SR e T sono fondamentali nell'eccitazione e nell'accoppiamento eccitazione-contrazione. La disposizione interdigitata dei filamenti spessi (banda A) e sottili (banda I) è alla base dell'accorciamento del muscolo e i legami tra filamenti spessi e sottili nelle regioni di sovrapposizione permettono al muscolo di esercitare una tensione. 4 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

5 1.1 Fondamenti di elettrofisiologia A differenza del tessuto epiteliale e del tessuto connettivo e di sostegno, la muscolatura e il sistema nervoso sono caratterizzati da una attività funzionale straordinariamente rapida e finemente controllata. Entrambi i tipi di tessuto sono eccitabili, vale a dire che la membrana dei loro elementi Fig. è dotata, 1.3 al pari di un condensatore elettrico, di cariche elettriche che influiscono sul funzionamento della cellula. La membrana cellulare può essere caricata e scaricata elettricamente e la polarità positiva e quella negativa possono invertirsi in breve tempo. Potenziale di riposo della membrana La membrana cellulare di tutte le cellule del corpo possiede una carica elettrica. Di norma il lato interno della membrana è caricato negativamente, quello esterno positivamente. Fra lo spazio intracellulare e quello extracellulare si determina una differenza di potenziale elettrico che viene definita differenza di potenziale di membrana (DPm). Il potenziale di membrana raggiunge normalmente ca. -60 mv, con un range tra -10 e -85 mv. In caso di relativa quiescenza il valore viene definito potenziale di riposo della cellula (PRM). Il PRM deriva da due processi differenti che sono frutto di due equilibri elettrici che devono essere mantenuti tra l'interno e l'esterno della membrana, l'equilibrio elettrochimico di Donnan. L'equilibrio è conseguenza del fatto che nella cellula sono presenti proteine che nel particolare ambiente biochimico interno sono cariche negativamente, cioè sono legate a molti ioni negativi. Questa situazione tende ad attrarre all'interno della cellula un maggior quantitativo di ioni positivi, come gli ioni K +, che contribuiscono attivamente alla generazione del potenziale transmembrana. Le cellule che contengono in grande concentrazione proteine cariche negativamente hanno un potenziale di membrana maggiore, un ambito intracellulare più negativo. L'interno della cellula, al contrario dello spazio extracellulare è ricco di K + e povero di sodio Na +. Sulla membrana esistono strutture specializzate definite canali che tendono a favorire lo scambio degli ioni tra lo spazio intra e quello extracellulare. La conduttività di membrana (l'ampiezza di questi canali), varia nei differenti momenti funzionali della cellula, e a riposo la conduttività della membrana per il K + è superiore a quella per il Na +. Potenziale di azione La caratteristica fondamentale del tessuto muscolare e nervoso è la capacità di variare velocemente, ritmicamente e in modo controllato il proprio DPm. Ogni variazione della DPm può generare attività del tessuto (contrazione), a questo fenomeno è stata attribuita la definizione di potenziale d'azione PA. Ciascun PA esordisce con una depolarizzazione locale, ovvero con una riduzione della DPm relativamente lenta. Questo fenomeno si instaura sia in conseguenza di uno stimolo adeguato (chimico, meccanico o elettrico), sia per la propagazione locale di un PA dalla membrana di una cellula adiacente. Durante questa fase la conduttività rimane invariata. La depolarizzazione locale, una volta raggiunto un valore soglia induce immediatamente e irreversibilmente un PA completo (legge del tutto o nulla). Segue la fase di depolarizzazione veloce, ca. 1 msec che coincide all'apertura dei canali del Na +, cioè all'aumento della conduttività della membrana al Na +. La riduzione della differenza del potenziale di membrana aumenta la permeabilità agli ioni Na + sino all'inversione del DPm, che è ora positivo (overshoot). Nei tessuti eccitabili è neccesario non solo che si determini velocemente l'eccitazione, ma anche che la stessa regredisca altrettanto velocemente in modo da poter arrestare ad esempio un movimento già iniziato. La fase di ripristino delle condizioni di riposo o ripolarizzazione che dura da 5 a 50 ms, consta di due fasi: innanzitutto grazie all'inversione del potenziale di membrana, aumenta repentinamente la conduttività dei canali del K + e gli ioni K + defluiscono all'esterno ristabilendo un potenziale transmembrana negativo. Nella seconda fase di ripolarizzazione si chiudono gradualmente anche i canali del Na + e il potenziale di membrana torna al valore di riposo. L'ultima fase o periodo di refrattarietà, serve alla ricostituzione della situazione di equilibrio di riposo, una pompa Na + / K + agisce utilizzando l'energia derivante dalla scissione di ATP per pompare all'esterno Na + scambiandolo con uno ione K +. FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 5

6 1.2 Proteine contrattili, accoppiamento eccitazione-contrazione, rilasciamento Ci sono due tipi principali di miofilamenti: i filamenti spessi della banda A ed i filamenti sottili della banda I. Col termine proteine contrattili si intende soltanto le proteine che costituiscono i filamenti delle bande A e I. I filamenti spessi sono composti da una singola proteina, la miosina, mentre i filamenti sottili contengono tre proteine; l actina, la tropomiosina e la troponina. (Fig. 1.4) Fig. 1.4 La miosina è composta da due frammenti, uno leggero (LMM) responsabile delle proprietà autoaggreganti della proteina, ed uno pesante (HMM) che si attacca con un estremo alla LMM e con l altro si attacca all actina. l monomero fondamentale dell actina, actina G, è globulare e contiene ATP legato. L actina è composta da due filamenti intrecciati a spira l uno all altro, in modo che ci siano 13 sottounità globulari per un completo giro d elica. La tropomiosina è una proteina filamentosa. Due filamenti di tropomiosina sono avvolti intorno alla doppia spirale di actina in modo di giacere negli interstizi dell actina attorcigliata. La troponina è una proteina globulare legata ad intervalli regolari alla tropomiosina. La funzione di questa globulina è quella di legare avidamente lo ione Ca 2+. I ponti tra i filamenti spessi ed i filamenti sottili si formano tra le teste globulari della meromiosina pesante con un recettore posto sull actina. Durante questo legame viene scisso ATP. L accoppiamento eccitazione contrazione avviene mediante liberazione di Ca 2+ dal SR, il successivo trasporto di Ca 2+ alla troponina con la conseguente attivazione dell ATPasi actomiosinica e l associazione di actina e miosina quando la concentrazione del Ca ++ raggiunge un livello soglia. (Fig. 1.5) Fig FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

7 Nel muscolo a riposo il Ca ++ si deposita in massima parte nelle parerti delle cisterne terminali. La depolarizzazione che si propaga lungo il tubulo T induce la liberazione del Ca ++ dalle cisterne terminali. Il Ca ++ diffonde alle miofibrille e penetra nei miofilamenti, dove viene legato dalla troponina. Il legame comporta l attivazione dell ATPasi, l unione actina miosina e gli eventi della contrazione. La contrazione è causata dall interdigitazione o scivolamento dei filamenti, i filamenti grossi scivolano lungo i filamenti sottili mediante i ponti di collegamento. Il processo è simile all azione di un uomo che si arrampichi lungo una corda, i ponti di collegamento sono le braccia e le gambe. L uomo alza le braccia, si aggrappa e si tira su, interrompendo la presa e afferrando di nuovo la corda ad un livello più alto, e così via (Fig. 1.6). In un sarcomero la somma della lunghezza dei filamenti sottili e spessi è circa 3,5 µm. Quando la lunghezza del sarcomero supera 3,5 µm, non vi è più sovrapposizione di filamenti e il muscolo non si contrae. Quando avviene la contrazione, i filamenti sottili e spessi scivolano uno rispetto all altro, la zona di sovrapposizione aumenta mentre si riduce la zona H. Questa interdigitazione può continuare soltanto finchè il sarcomero si è accorciato fino alla lunghezza alla quale i filamenti sottili si sovrappongono nello stesso sarcomero, cioè circa 2 µm. La tensione sviluppata è proporzionale al numero dei ponti di collegamento e man mano che il sarcomero si accorcia dalla sua lunghezza iniziale il numero dei ponti aumenta linearmente con l accorciamento stesso. Se la tensione è in funzione del numero dei ponti, allora anche la tensione dovrebbe aumentare linearmente con l accorciamento. Poiché vi è un numero finito di possibili ponti, una volta esauriti questi si raggiunge la massima tensione o tensione totale. Fig. 1.6 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 7

8 1.3 Eccitazione del muscolo scheletrico Ciascuna branca dell'assone motore mielinico si avvicina alla fibra muscolare e si divide poi per formare un insieme di filamenti terminali amielinici che si diffondono lungo la fibra muscolare in entrambe le direzioni, occupando spesso diverse migliaia di micron quadrati della sua superficie. Le ramificazioni si slargano all'estremità in un bottone terminale che è in stretta prossimità di un segmento speciale della fibra muscolare chiamato placca motrice. Il motoneurone e la placca costituiscono insieme la giunzione neuromuscolare. Il complesso composto da una singolo motoneurone, dall'assone o fibra nervosa efferente con i suoi terminali multipli e le fibre muscolari associate, viene chiamato unità motoria (UM). Le fibre che compongono una singola UM non sono necessariamente adiacenti; nel muscolo umano le fibre della stessa UM si addensano in aree (cluster) composte al massimo di 30 fibre, e queste sono frammiste a fibre di altre UM. Poiché fibre della stessa UM sono sparse nel volume del muscolo e la lunghezza delle diramazioni nervose terminali varia all'interno di una singola UM, l'impulso di una singola fibra efferente non arriva simultaneamente a tutte le sue placche. Quando si stimola una fibra nervosa motoria, l'impulso che giunge alle terminazioni nervose induce la liberazione di un mediatore chimico (acetilcolina nella maggioranza, o noradrenalina). Il mediatore diffonde solo per una breve distanza, giunge in molti punti della placca motrice ed aumenta la permeabilità della placca che diventa meno negativa (si depolarizza) rispetto all'ambiente interstiziale. Il potenziale di placca diffonde solo per elettrotono, depolarizzando solo le superfici immediatamente adiacenti della fibra muscolare. Se l'ampiezza dello stimolo supera il valore di soglia, l'impulso si propaga lungo tutta la fibra. Quando il muscolo è a riposo c'è una differenza di potenziale ddp, tra l'interno della fibra ed il liquido interstiziale, con l'interno elettronegativo di circa -70 mv. Consideriamo ora gli eventi meccanici della contrazione muscolare quali la velocità di accorciamento, la dimensione dell'accorciamento e la tensione sviluppata ad una data lunghezza. Se le estremità di un muscolo o i suoi tendini sono fissati in modo che il muscolo non possa accorciarsi si svilupperà tensione. Questo genere di contrazione è definita isometrica (a volume costante). Di fatto il muscolo si accorcia ma di una lunghezza piccola da venire trascurata, e quindi si suole dire che il muscolo si contrae con un lavoro compiuto dai sarcomeri uguale al lavoro compiuto sui sarcomeri e non vi è lavoro netto compiuto dalla fibra. Inoltre benché le estremità del muscolo non si muovano, gli elementi contrattili si accorciano a spese di elementi elastici posti in serie, che si stirano. Perciò anche se non c'è accorciamento dei capi del muscolo, i sarcomeri si sono accorciati sotto carico, compiendo un lavoro interno. Se una sola estremità del muscolo è fissa quando stimolato si accorcia. Quando si fa sollevare un peso all'estremità libera del muscolo o si oppone una resistenza costante durante la contrazione, la contrazione è isotonica (tensione costante) e il lavoro fatto è il prodotto tra l'accorciamento dx, e il peso sollevato o la forza esercitata per superare la resistenza esterna P. Uno stimolo adeguato induce una contrazione del muscolo e se sufficientemente breve si sviluppa rapidamente una tensione fino ad un massimo da cui decade più lentamente con andamento curvilineo. Questa risposta singola o scossa semplice (Fig. 1.7a) rimane qualitativamente identica sia che venga stimolata una sola fibra, sia che venga stimolato un intero muscolo con la massima intensità (cosicché tutte le fibre si contraggano). Quando il muscolo abbia raggiunto la tensione di riposo, un secondo stimolo evoca una risposta identica. Se si abbrevia l'intervallo tra stimoli successivi, il muscolo non torna alla sua tensione di riposo tra una eccitazione e l'altra in una risposta definita tetano incompleto (Fig.1.7b). La tensione sviluppata ad ogni stimolo è cumulativa, e infine, quando gli stimoli divengono sufficientemente frequenti, la Fig. 1.7 tensione raggiunge un massimo e il miogramma non mostra alcuna variazione in relazione alle salve di impulsi. Questo è il tetano completo (Fig.1.7c) nel quale la tensione massimale viene mantenuta fino alla fatica. 8 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

9 I muscoli sono divisi in due categorie, rapidi e lenti, secondo la frequenza di stimolazione più bassa richiesta per la fusione. I muscoli lenti presentano un tetano completo quando vengano stimolati a 16 Hz; i muscoli rapidi raggiungono la frequenza di fusione a 60 Hz o più. La velocità alla quale un muscolo si accorcia e l'accorciamento finale durante un tetano, dipendono dal carico. Un muscolo scarico si accorcia molto rapidamente, all'aumentare del carico diminuisce la velocità e l'ammontare dell'accorciamento, sino ad una condizione di contrazione isometrica quando il carico eguaglia la tensione totale massima sviluppata dal muscolo. FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 9

10 1.4 La contrazione muscolare Il muscolo scheletrico striato è quindi organizzato in unità funzionali costituite da un dato numero di fibrocellule muscolari, simili per caratteristiche morfologiche e istochimiche, tutte innervate dallo stesso motoneurone, che rispondono secondo la legge del tutto o nulla agli impulsi generati dal motoneurone. Tale unità funzionale costituita dal motoneurone, le ramificazioni efferenti, la placca motrice e il pool di fibre muscolari è nota come unità motoria (UM). La forza di contrazione di un muscolo dipende in modo direttamente proporzionale da due fattori: 1 frequenza di scarica delle singole unità motorie (sommazione temporale) 2 numero delle unità motorie reclutate nella contrazione (sommazione spaziale) La contrazione pertanto è modulata sia dalla frequenza di scarica che dalla somma di unità motorie reclutate. Un muscolo deve avere la capacità di produrre tensioni variabili, dalle contrazioni più delicate agli sforzi estremi per sviluppare la massima potenza; deve accorciarsi in modo sufficiente per fornire una completa gamma di movimenti a livello dell'articolazione; deve spesso funzionare senza affaticarsi e, soprattutto deve essere suscettibile al controllo fine su ogni livello di lunghezza, tensione, velocità e carico. Come vedremo per soddisfare questi requisiti il muscolo scheletrico consiste di un insieme di tipi di fibre con proprietà diverse, solo pochi muscoli sono composti da un unico tipo di fibre. Nei muscoli scheletrici si possono distinguere molto bene tre tipi di fibre che abbiano subito trattamenti atti ad evidenziare l'adenso in trifosfatasi (ATPasi) mitocondrica (Fig. 1.8): tipo I: fibre piccole e scure, ricche di ATPasi tipo IIC: di grandezza ed intensità di reazione ATPasica intermedia, con mitocondri localizzati alla periferia della cellula, con un centro più pallido tipoiia eiib: fibre grandi e pallide contenenti relativamente pochi mitocondri Fig. 1.8 Classificazione delle fibre muscolari basata sulle caratteristiche biochimiche La classificazione istochimica é correlata alla classificazione anatomica in fibre bianche, rosse ed intermedie. Il sistema di rilevamento introdotto da Brooke-Kaiser 1970 é in grado di riconoscere le vari forme di miosina lenta o veloce estratta dalle fibre dei muscoli scheletrici, basandosi sul differente grado di stabilità in ambiente acido o alcalino della stessa. Ad oggi si conoscono 2 classi di miosina a lenta e 3 a veloce metabolizzazione dell ATP. Di regola i muscoli contengono entrambe le forme di miosina, ma la proporzione dei differenti isoenzimi varia. Materiale bioptico, viene preincubato in ambienti a ph 9.4, 4.6 o 4.3 in modo da definirne l attività ATPasica. La preincubazione a ph 9.4 comporta per le fibre la cui miosina è alcalino-labile la perdita della capacità di assumere i coloranti specifici per la miosina, per contro le fibre alcalino-stabili si presentano colorate. La preincubazione a ph 4.3 rileva la mancanza di colorante nelle alcalino-stabili, mentre le fibre acido-stabili assumono il colorante. Dalla preincubazione a ph 4.6 emerge una ulteriore suddivisione delle fibre in 3 sottoclassi in relazione alla resistenza mostrata dalla miosina nella perdita di attività ATPasica al decrescere dei valori di ph. Le fibre vengono così classificate come: Tipo I (Slow) IIA e IIB (Fast), IIC (Intermedie) in accordo al profilo di sensibilità al ph dell attività ATPasica della miosina. 10 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

11 La composizione in fibre della maggioranza dei muscoli scheletrici é riconducile ad una delle tre sottoclassi: I, IIA, IIB. Le IIC presenti in numero esiguo nei muscoli scheletrici, data la composizione mista in miosina, sono considerate fibre in evoluzione da Fast (F) a Slow (S) e viceversa, (Howald 1982 citato in Taylor 1990). Le fibre IIC sono invece presenti in numero significativo nei muscoli della masticazione, dove costituirebbero una popolazione stabile. Le varie forme di miosina presenti nelle diverse fibre, non differiscono solo per l attività ATPasica, ma anche nelle struttura primaria tanto da essere distinguibili immunologicamente (Pierobon-Bormioli 1981; Rowlerson 1983 citato in Taylor 1990). Gli anticorpi specifici per le isoforme della miosina, hanno il vantaggio di non essere specie-specifici per cui vengono utilizzati in studi di comparazione della composizione di muscoli analoghi nelle diversi specie. Ognuna dei tre tipi di fibre (I, IIA, IIB) presentano isoforme distinguibili bioimmunologicamente (Dalla Libera 1980; Pierobon-Bormioli 1981 citato in Taylor 1990). Le fibre IIC contengono un ulteriore isoforma ben distinta. Come nell indagine istochimica, anche l immunologia utilizza fette di tessuto muscolare preparate al criostato e come markers degli avvenuti legami anticorpo-miosina si utilizza l immunofluorescenza di vettori quali l immunoperossidasi. Il sistema biochimico di classificazione delle isoforme di miosina, é quindi basato sull attività metabolica delle fibre (in termini di potenzialità di sintesi dell ATP lungo la catena ossidativa o la via glicolitica) e sulla diversa stabilità ph dipendente dell attività ATPasica. I markers metabolici di più comune impiego sono la Succinato-Deidrogenasi (SDH) per l attività ossidativa e la αglicerofosfato-deidrogenasi per l attività glicolitica. L attività metabolica viene classficata come: O = ossidazione dominante SG = glicolisi dominante Sebbene le fibre componenti un muscolo siano distinguibili in F e S, la loro attività metabolica presenta una più ampia variabilità, che comporta la generazione di cluster di classificazione istochimica. Infatti se le caratteristiche metabolica-istochimica e la alcalino-stabilità dell attività della miosiona vengono vagliate densitometricamente ed espresse graficamente si evidenzia come le fibre rientrino in aree di concentrazione definite SO, FG, FOG. L attività metabolica risulta largamente variabile anche in fibre composte da isoforme di miosina analoghe, inoltre esiste una piccola differenza nell attività ossidativa delle fibre poste ai confini superiore ed inferiore delle aree di concentrazione. Dato che le fibre IIA hanno attività ossidativa maggiore alle IIB, si tende ad assumere l equivalenza: I=S=O= IIA=F=OG= IIB=FG= fibre rosse, piccole di diametro, producono tensioni, di bassa forza ma sostenute nel tempo, atte a mantenere la postura dei segmenti scheletrici ai quali si inseriscono. Devono il loro caratteristico colore ad elevate concentrazioni di mioglobina, proteina che lega ossigeno; contengono una elevata concentrazione di enzimi mitocondriali; presentano caratteristiche intermedie sia metaboliche che anatomiche fibre bianche, hanno diametro maggiore, presentano scarse concentrazioni di mioglobina, un metabolismo prevalentemente anaerobico, una concentrazione in enzimi mitocondriali bassa e pertanto si affaticano velocemente Comunque l estensione IIA=FOG, IIB=FG è tuttora al centro di accesi dibattiti, dato ad esempio che nei muscoli striati degli arti le IIB presentano un attività ossidativa sufficiente allo sconfinamento in fibre FOG e che nei muscoli masticatori, dove le fibre IIC rappresentano popolazioni stabili i confini divengono ancora più sfumati. La composizione in fibre costituisce una guida alle proprietà dei muscoli analizzati. L approccio istochimico permette un analisi rapida e sistemica interspecie, inter ed intramuscolare delle differenti caratteristiche funzionali. La correlazione tra proprietà fisiologiche e composizione in tipi di fibre è stata analizzata sia nel muscolo in toto che a livello dell UM, analizzando la risposta alla stimolazione diretta del motoneurone, registrata a livello dell UM competente. Alcune UM raggiungono la tensione massima dopo 4/8 contrazioni, in altre la tensione presenta un incremento continuo. FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 11

12 Queste osservazioni hanno derivato la classificazione delle fibre in Fast e Slow. La classificazione delle caratteristiche fisiologiche delle fibre muscolari si basa quindi, sulle proprietà dei miofilamenti contrattili o in modo più specifico, sul tempo necessario a raggiungere la tensione di contrazione (time to peak tension). Nell uomo é dimostrata una distribuzione bimodale del time to peak tension, di ca. 36 ms per le fibre a contrazione rapida (F) e di 90 ms per le fibre a contrazione lenta (S). Un altro obiettivo perseguito nella sperimentazione è la suscettibilità dei muscoli alla fatica. La stimolazione prolungata e continua, in un tipo di UM comporta un rapido esaurimento (pari a circa il 75% della tensione massima) della forza prodotta, in ca. due minuti e vengono definite affaticabili. Un secondo tipo di UM a parità di stimoli un decremento solo del 25%, meritando la definizione di UM resistenti alla fatica. Da classici esperimenti di questo tipo, Burke (citato in Taylor 1990) conclude che esistono tre tipi di UM nel gatto: 1. U/FF (fibre tipo IIB/FG fast contracting and fatigue susceptible) 2. UM/FR (fibre tipo IIA/FOG fast contracting and fatigue resistent) 3. UM/S (fibre tipo I/SO slow contracting and fatigue resistant). Esiste un quarto gruppo di UM le cui caratteristiche sono intermedie tra le FF e le FR, le UM/FI (fast contracting and intermediate fatigue resistant). Quando l enfasi viene posta sulle caratteristiche dell affaticabilità é da preferirsi l utilizzo della classificazione SO / FOG / FG. La classificazione in fibre FG nei muscoli masticatori richiede cautela, in quanto il loro livello di attività ossidativa raramente é ridotto come nelle FG delle fibre degli arti, tanto che le UM da loro composte sono meglio definibili come UMFI (intermedie) che non UMFF. La densità dei capillari presenti nell'interstizio situato tra le fibre si rivela massima intorno alle piccole e scure fibre I, leggermente minore intorno alle fibre IIC e minima intorno alle fibre pallide IIA e IIB. Le differenze in grandezza, attività enzimatica e vascolarizzazione di questi tre tipi di fibre sono in diretta relazione con le loro funzioni specifiche nell'attività contrattile. Riveste grande importanza il fatto che i diversi tipi di fibre muscolari siano utilizzate più o meno a secondo della loro innervazione. Le più attive sono le fibre più piccole; di conseguenza esse hanno un apporto più ricco di sangue e una maggiore attività enzimatica e, grazie al diametro più piccolo, sono immediatamente esposte alle sostanze diffusibili, in primo all'ossigeno. La maggior parte dei muscoli consiste in un miscuglio dei tre tipi di fibre, ma la proporzione di fibre I, IIA e IIB varia notevolmente nei diversi muscoli. I muscoli eterogenei sono conosciuti come muscoli pallidi perché ad una grossolana osservazione appaiono più chiari di quelli di un altro tipo, noti come muscoli rossi, costituiti in prevalenza da fibre tipo I. Queste caratteristiche istologiche ed istochimiche si riflettono nelle proprietà delle unità motorie, un motoneurone innerva un gruppo di fibre muscolari tutte dello stesso tipo, di conseguenza dobbiamo aspettarci tre tipi di unità motorie corrispondenti ai tre tipi di fibre. Mediante tecniche appropriate è possibile sotto un microscopio da dissezione separare una singola unità motoria dividendo ripetutamente i filamenti di una radice motoria isolando un solo assone che innerva il muscolo indagato. E' possibile registrare da questo filamento il potenziale d'azione antidromico tutto-o-nulla che provoca contrazioni del muscolo. In queste condizioni è possibile indagare la velocità di conduzione dell'unità, la tensione e la velocità di contrazione delle sue fibre muscolari, la tensione tetanica e l'affaticamento dell'unità. Queste proprietà sono correlate e ciascuna importante per il controllo del muscolo. I muscoli differiscono significativamente nella velocità di contrazione, nell'affaticamento e nella risposta alle diverse frequenze di stimolazione e queste differenze sono correlate alla prevalenza di un tipo di fibre, cioè al fatto che si tratti di muscoli rossi o bianchi. I muscoli estrinseci dell'occhio che fanno ruotare il bulbo, raggiungono la tensione massima durante una contrazione singola in soli 7.5 msec, il soleo, muscolo antigravitario dell'arto inferiore, molto lento raggiunge la tensione massima in 100 msec. La velocità di contrazione della maggioranza dei muscoli bianchi è compresa tra questi estremi. Il fatto che singole unità motorie differiscano quanto a velocità di contrazione indica che ciascuna unità è omogenea e che le sue fibre muscolari sono assai simili tra loro. 12 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

13 Il carattere di omogeneità dell'unità motoria rappresenta il risultato del controllo nervoso uniforme esercitato dal motoneurone sulle fibre muscolari, ciascun motoneurone è in grado di specificare le proprietà contrattili delle sue fibre muscolari entro limiti molto ristretti; di conseguenza le proprietà funzionali di ciascun motoneurone sono strettamente accoppiate con quelle delle sue fibre muscolari. Spesso si dimentica che anche i muscoli più specializzati, come quelli che si contraggono a grande velocità devono avere la capacità di mantenere lo stato di attività senza affaticarsi, non sorprende quindi che siano costituiti da una miscela di fibre dei tre tipi e le caratteristiche delle singole unità motorie differiscono notevolmente nell'ambito di uno stesso muscolo, costituendo un ampio spettro di proprietà contrattili. Generalmente la presenza di unità motorie piccole, composte da poche fibre muscolari, e numerose permette che la funzione muscolare avvenga in modo preciso e ben graduato, mentre la presenza di un esiguo numero di unità motorie molto grandi rende possibile sforzi massimali. In generale le grandi unità motorie si contraggono sempre rapidamente, mentre le piccole unità motorie, con qualche eccezione, tendono ad essere lente. Se si esprimono le tensioni tetaniche massimali delle singole unità motorie in funzione della velocità di conduzione delle fibre nervose, si trova una relazione lineare. La tensione sviluppata dall'um è tanto maggiore quanto più sono grosse le fibre nervose, esiste una relazione diretta tra tensione e taglia delle afferenze nervose. Esiste infine una relazione fra la grandezza dell'um e la sua suscettibilità alla fatica. Generalmente la suscettibilità alla fatica è tanto più pronunciata quanto più grande è l'um. UM piccole mantengono la massima tensione per lunghi periodi senza segni di affaticamento. Le UM grosse a contrazione rapida sono composte in prevalenza da fibre di tipo II, bianche e di grande diametro. La tendenza delle grosse UM ad affaticarsi rapidamente dipende quindi dalla composizione in fibre II, alla relativa scarsità di mitocondri e di capillari nell'interstizio con ridotto apporto di sangue (Fig. 1.9a). Le UM composte di fibre tipo I non si contraggono velocemente, non sono molto grosse e non presentano suscettibilità alla fatica, fatto che può essere spiegato dalla ricchezza in mitocondri e dell'albero capillare nell'interstizio tra le fibre muscolari (Fig. 1.9b). fig 1.8 a Fig. 1.9a Fig. 1.9b L'eccitabilità dei motoneuroni dipende dalle loro dimensioni, le UM di un muscolo scaricano in un particolare ordine determinato dalle dimensioni dei loro motoneuroni. Un motoneurone viene eccitato tanto più facilmente quanto più è piccolo; una maggiore energia necessita per eccitare motoneuroni di grossa taglia. Poiché dimensioni del motoneurone e dell'um sono direttamente correlate, ne consegue che la partecipazione di una UM all'attività motoria graduata viene ordinata dalla sua dimensione. FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 13

14 Un corollario a questa regola è che l'attività di una unità nel tempo diminuisce all'aumentare delle sue dimensioni. Essendo le UM piccole governate da motoneuroni piccoli, che sono i più eccitabili tra le cellule α, esse sono le prime UM del muscolo ad essere attivate. I dati sperimentali indicano che i grossi motoneuroni liberano grandi quantità di energia e le piccole cellule piccole quantità. La base anatomica che giustifica quanto esposto è costituita dal fatto che i grandi motoneuroni hanno grandi assoni che si ramificano dando origine a numerosissimi terminali. Un piccolo motoneurone non può alimentare molte ramificazioni terminali. In armonia con questi fatti è evidente che è necessaria una quantità di energia assai maggiore per eccitare motoneuroni di grossa taglia. La soglia della relativa eccitabilità di un motoneurone è funzione inversa della dimensione. Tensioni di piccola entità sono prodotte e controllate in modo preciso mediante la mobilitazione selezionata di una quantità diversa di piccole UM. Quando la tensione muscolare totale aumenta, vengono attivate le UM più grosse. Le UM più grosse non si attivano mai senza la partecipazione di tutte le UM più piccole. Nel gastrocnemio (muscolo bianco) alcune UM non sviluppano tensione superiori a 0.5 g, le UM più grosse possono raggiungere 120 g, una tensione 240 volte quella dell'um più piccola. La gamma dinamica del soleo (muscolo rosso) è invece solo di 13 a 1. Nella gradazione della tensione in un muscolo, l'incremento più piccolo che può essere aggiunto alla tensione sviluppata è più grande man mano che la forza totale della contrazione aumenta. Questo comporta che se tutti gli incrementi di tensione sono rapportati come percentuale della tensione totale preesistente, non si ha perdita del controllo fine man mano che la tensione totale raggiunge il suo massimo. Poiché i motoneuroni piccoli scaricano più facilmente di quelli di taglia maggiore, nel corso della normale attività essi scaricano più spesso. Di conseguenza le piccole UM cui sono connessi vengono "usate" molto più che le UM grandi. L'utilizzo di una UM è inversamente proporzionale alle sua dimensioni. Dato che le UM piccole vengono reclutate, di frequente e per lunghi periodi di tempo, esse debbono di necessità essere composte da fibre muscolari che funzionino a basso costo metabolico e che non siano soggette alla fatica. Tali unità devono inoltre essere in grado di rispondere anche dopo una attività prolungata. Le fibre bianche non possiedono tali requisiti che sono invece caratteristici delle fibre rosse. Quindi le piccole dimensioni di una UM che denotano una intensa utilizzazione, corrispondono alle fibre rosse, le quali si contraggono lentamente. Le fibre bianche a diametro maggiore, innervate da UM grosse, si contraggono di rado e quindi necessitano di una attività ATPasica ridotta. Di conseguenza hanno bisogno di un minore substrato per l'ossidoriduzione e quindi sono servite da un albero capillare rado. Le fibre rosse, di piccolo diametro, innervate da motoneuroni piccoli, si contraggono di frequente e necessitano di una attività metabolica intensa supportata dall'adeguato apporto di sangue garantito dalla ricchezza del microcircolo. 14 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

15 2.0 GENERALITÀ SULL'AZIONE DEI MUSCOLI Nel vivente la stimolazione ripetuta e sincrona di tutte le UM disponibili in un muscolo non si realizza, di norma le richieste funzionali sono asincrone e la contrazione distribuita spazialmente tra le UM disponibili. Nell attività fisiologica in ogni istante si verifica la commistione di UM attive e quiescenti, di fibre contratte e rilasciate in una alternanza di stati definita (sommazione). Un mosaico di UM accese-spente, di contrazioni-rilasciamento, caratterizza il tono muscolare. La proporzione di UM attive é adeguata alla richiesta funzionale. Se il muscolo si accorcia, si allunga, mantiene la sua lunghezza o lo stato di tensione dipende da svariati fattori quali: la sua lunghezza iniziale, il numero delle UM attive, la velocità di variazione del numero di UM attive e dalla somma delle forze intrinseche ed estrinseche alle quali è sottoposto, specie a livello delle sue inserzioni. Questo implica una infinita varietà di risposte possibili per ogni muscolo. Ad un estremo un muscolo viene definito completamente rilasciato, quando nessun tipo di attività elettrica viene registrata; il muscolo è elettricamente silente. Considerando il sistema muscolare, risulta riduttivo ricondurre la contrazione ad un accorciamento del corpo muscolare con aumento della tensione, ed il rilasciamento al semplice allungamento con riduzione della tensione muscolare. Molti più gradi di combinazioni non solo sono possibili ma costituiscono le basi delle infinite varietà dei modelli motori programmati a livello centrale. Quando la contrazione di un muscolo innesca un movimento, i fattori che si oppongono all accorciamento sono molteplici ed includono: le resistenze meccaniche passive interne al tessuto muscolare sopra menzionate; resistenze simili dei tessuti articolari, le resistenze offerte dagli antagonisti e dai tessuti delle regioni contigue, lo stato di contrazione della muscolatura antagonista, l inerzia dei segmenti da muovere, la presenza di eventuali carichi esterni, in ultimo l azione della gravità su tutte le componenti elencate. Un sufficiente numero di UM vengono reclutate per vincere queste resistenze e per impartire una accelerazione angolare al segmento osseo mobile fino a raggiungere la velocità prevista dal modello motorio (vincere l inerzia del sistema), dopo di ché un diverso numero di UM resta attivo per finalizzare il movimento. Di norma i movimenti possibili a livello delle diverse articolazioni sono riconducibili a preordinati modelli motori che coinvolgono gruppi muscolari diversi classificabili in relazione all azione svolta (estensori, flessori, pronatori, etc..) con l eccezione dei movimenti che si verificano lungo la forza di gravità (come si verifica per l azione di apertura della bocca da parte degli abbassatori), uno o più muscoli sono costantemente attivi per iniziare e mantenere un tipo di movimento, del quale questi muscoli risultano il motore (p.e. il brachiale nella flessione dell avambraccio sul braccio con fulcro al gomito). I muscoli che si oppongono al movimento o che innescano il movimento opposto sono definiti antagonisti (p.e. il tricipite nel movimento opposto a quello sopra). Nell'azione sinergica, coordinata dal SNC, gruppi agonisti ed antagonisti si contraggono simultaneamente, per ottenere un incremento della azione transarticolare, di stabilizzazione del giunto articolare, spesso a vincolare il fulcro di azione di muscoli che agiscono su un segmento mobile. Alle volte la stabilità viene svolta dalla sola gravità specie nelle posizioni in cui l articolazione è vicina o giace nella posizione di blocco (p.e. il ginocchio e l anca nella postura eretta); altre dall azione di muscoli di bilanciamento delle forze passive (p.e. l articolazione scapolo omerale a braccia pendenti o come il tono posturale dei muscoli occlusori per mantenere la mandibola nella posizione di riposo, evidente se si pensa alla bocca tenuta aperta nel sonno, quando il tono posturale viene meno). In ogni caso se intervengono carichi esterni, entrambi i gruppi agonisti ed antagonisti svolgono azione di stabilizzatori dell articolazione per ogni grado di libertà possibile. Bisogna enfatizzare il fatto che tutti i movimenti (ad eccezione del teorico movimento di una articolazione monoassiale in un piano perfettamente orizzontale) vengono contrastati o facilitati dalla gravità, la quale ha una profonda influenza sul ruolo dei muscoli nel modello motorio. L attività dei muscoli che innescano il movimento é alle volte vicariata dalla gravità e questo ruolo comporta spesso una inversione della funzione muscolare. Ad esempio il muscolo dell estensione dell avambraccio al gomito è il tricipite: quando la mano tenuta lungo il corpo é caricata di un peso, l estensione dovuta all azione della gravità é bilanciata dall allungamento attivo dei flessori; analogamente l incremento della lunghezza e della tensione degli estensori dell anca, controllano la flessione del tronco sull anca. Queste considerazioni si applicano a numerose attività muscolari, pertanto i nomi attribuiti ai singoli muscoli costituiscono una semplificazione delle reali attività che lo stesso può svolgere in momenti funzionali diversi. FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 15

16 2.1 Architettura dei muscoli della masticazione La conoscenza dell'architettura di un muscolo è importante per comprenderne le capacità funzionali. La forza che un muscolo è in grado di produrre dipende dalla lunghezza, dalla velocità e dall'accorciamento dei sarcomeri ed è proporzionale alla distanza tra origine-inserzione occupata dal tessuto contrattile. Maggiore è la lunghezza delle fibre, maggiore il numero dei sarcomeri in serie, minore sarà la variazione relativa in lunghezza del singolo sarcomero. Ci si deve aspettare che durante i movimenti della mandibola, l'escursione dei sarcomeri e delle fibre non siano gli stessi nelle diverse regioni di un muscolo. La massima tensione attiva può essere sviluppata alla lunghezza ottimale del sarcomero lungo la curva che descrive la relazione tensione-lunghezza, il rendimento si riduce all'aumentare o al decrescere rispetto al valore ottimale della lunghezza del sarcomero. Nel muscolo le fibre sono disposte in una complessa geometria sia tra i tendini intermedi che tra le inserzioni tendinee. Il muscolo presenta una grande variazione nella lunghezza delle fibre rispetto alla lunghezza del muscolo, nell'inclinazione delle fibre rispetto ai tendini e nel numero di sarcomeri disposti in serie ed in parallelo. Data la particolare disposizione dei sarcomeri nel volume muscolo, le capacità funzionali del muscolo come organo potrebbe essere differente rispetto aisingoli sarcomeri. Nei muscoli pennati la variazione della lunghezza delle fibre è minore della variazione dell'intero muscolo e la capacità della singola fibra di variare la propria lunghezza iniziale, aumenta all'aumentare dell'angolo di pennazione. Se si comparano due muscoli di eguale volume, quello con il minore grado di pennazione produce forza attiva in un ampio intervallo di escursione e presenta una maggiore velocità di accorciamento. La forza massimale, che può essere prodotta da un muscolo dipende dal numero di fibre in parallelo, mentre il valore di massima escursione, dal numero di fibre disposte in serie. L'area di sezione trasversa e la lunghezza delle fibre sono indici della quantità di elementi disposti in serie e in parallelo. Il lavoro prodotto dal muscolo è proporzionale al prodotto dell'area di sezione trasversa (cross sectional area PCS) ed alla lunghezza delle fibre, quindi al volume. A parità di volume due muscoli sono in grado di fornire la stessa quantità di lavoro. Un muscolo progettato per produrre forza sarà caratterizzato da fibre corte disposte in parallelo, mentre uno progettato per produrre velocità in accorciamento risulterà composto da un numero relativamente scarso di lunghe fibre. La capacità di lavoro di un muscolo è altamente dipendente dalla sua posizione nel volume muscolo-segmento osseo-articolazione. La posizione nello spazio determina le linee d'azione del muscolo, il braccio del momento e la lunghezza delle fibre durante il movimento che, a loro volta, sono strettamente correlati all'angolo relativo tra i due segmenti ossei articolati. Nei vertebrati, mandibola e muscoli che agiscono su di essa, risultano adattati alla domanda funzionale. Dato che la masticazione é il primo (ma non il solo) determinante la morfologia della mandibola, é ovvio che nei mammiferi, la cui evoluzione ha comportato una dieta diversificata, dovrà corrispondere una differente morfologia dell apparato stomatognatico. Nell apparato muscolare questa diversità é presente sia a livello macro che microscopico. La morfologia dei muscoli della masticazione varia enormemente tra le specie, e questo risulta ovvio anche ad una analisi superficiale del volume del massetere o del temporale. Di regola maggiore é la componente anteriore e laterale dei movimenti masticatori, più sviluppato è il volume del massetere. Una predominanza del temporale si osserva nelle specie con una maggiore componente verticale del movimento della mandibola, associata ad un morso potente (carnivori, scimmie). La definizione in muscoli occlusori e/o disclusori risulta riduttiva, infatti temporale, massetere, pterigoideo mediale (Ptm) risultano ampiamente coinvolti nelle componenti di lateralità, protrusione e retrusione associate al complesso movimento masticatorio (Vitti-Basmajian 1976; Weijs-Dantuma 1981; Wood 1987 citati in Taylor 1990). Il digastrico risulta fondamentale per l apertura della bocca, mentre lo pterigoideo laterale (Ptl) é difficilmente inquadrabile in quanto non agirebbe né come occlusore, né come disclusore, ma la sua funzione comporterebbe movimenti di lateralità e/o protrusione nel capo inferiore, di stabilizzazione nel capo superiore. Nell uomo il capo inferiore dello Ptl é attivo in apertura, il capo superiore nel serramento (si oppone alla componente di carico sull articolazione in una reazione di vincolo Ferrario 1992). Pertanto la sua azione consisterebbe nello stabilizzare l ATM e la mandibola protrusa durante i movimenti masticatori. Questa interpretazione troverebbe sostegno nella ridotta dimensione dello Ptl nei mammiferi, come il gatto, nei quali la componente di protrusione e lateralità risultano limitate dalla morfologia dell ATM. 16 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

17 Morfologicamente i muscoli occlusori sono complessi, stratificati, multipennati; la risultante dei vettori di azione varia lungo il movimento di chiusura e varierebbe anche nei diversi strati che compongono il muscolo. E reperto comune, che il massetere sia scomponibile in tre strati separati da aponeurosi di origine ed inserzione. I fasci sono orientati lungo queste aponeurosi dall arco zigomatico al ramo della mandibola con una disposizione, se riferita all asse orizzontale dell arcata superiore, estremamente varia, da una disposizione ca. verticale (80 ) del bordo anteriore, a meno di 40 del bordo posteriore (Herring 1979 citato in Taylor 1990). Il temporale è suddiviso in tre fasci principali dall interposizione di aponeurosi di inserzione complete e non, di cui la componente zigomatica é ca. parallela all asse orizzontale dell arcata superiore, la porzione anteriore ca. ortogonale. Nello svolgimento dei movimenti della mandibola i muscoli possono presentare azioni antagoniste. Nel ratto ad esempio, lo strato superficiale del massetere e la porzione posteriore del temporale agiscono in antagonismo nel definire protrusione e retrusione della mandibola (Hiemae 1967 citato in Taylor 1990). L orientamento obliquo delle fibre del massetere depone per una componente di lateralità nella contrazione monolaterale, antagonizzata dalla contrazione monolaterale dello Ptm. Nei muscoli dell'apparato stomatognatico, la lunghezza dei sarcomeri nelle differenti regioni dello stesso muscolo non è significativamente differente, mentre i muscoli occlusori presentano sarcomeri più corti rispetto ai disclusori. La lunghezza dei sarcomeri varia da 2.31 µm del temporale posteriore a 2.54 µm dello peterigoideo mediale, contro i 2.65 µm del genioideo ed i 2.89 µm dello miloioideo porzione posteriore. La massa di tessuto contrattile nei muscoli occlusori è 2.7 volte maggiore a quella dei muscoli disclusori. Esiste una differenza di circa nove volte per quanto riguarda la componente tendinea, lo pterigoideo mediale contiene la percentuale più elevata di connettivo tendineo (24%). Lo pterigoideo laterale è il muscolo disclusore con la maggiore percentuale di tessuto contrattile (14.4%), mentre il digastrico contiene una relativa alta percentuale di componente tendinea. Negli altri disclusori tale percentuale si aggira intorno allo %. (van Eijden and Raadsheer 1997) Azione dei muscoli sulla mandibola L analisi delle risultanti dei vettori di azione dei muscoli inseriti sulla mandibola ha derivato la classificazione in muscoli occlusori e disclusori. L apertura viene ottenuta dai ventri anteriori dei digastrici, dai miloidei e genioidei con una azione di rotazione sul condilo della mandibola associata all azione di protrusione dello Ptl e all azione sinergica di blocco sullo ioide esercitata dai muscoli infraioidei (Fig. 2.1); in deglutizione è la mandibola ad essere fissata mentre lo ioide si muove. La contrazione omolaterale dello Ptl conporta una deviazione controlaterale della mandibola grazie allo scivolamento Fig. 2.1 in avanti e mediale del condilo omolaterale, e laterale e posteriore del controlaterale. Al fascio superiore del capo superiore dello Ptl si assegna una azione di vincolo che tende ad opporsi al dislocamento posteriore del condilo nel serramento (l ATM si può assimilare ad un giunto con carrello che tende muoversi lungo la direzione del vettore forza. I muscoli occlusori la cui azione è responsabile del ritorno del condilo nella fossa glenoidea sono i muscoli temporale, massetere e Ptm. La porzione più superficiale del massetere presenta una azione di protrusione che stabilizza il condilo contro l eminenza. I fasci medi e posteriore del temporale presentano azione di retrusione sul condilo, mentre lo Ptm se si contrae omolateralmente agonizza lo Ptl nella azione di lateralità. FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 17

18 2.2 Movimenti dell'articolazione temporomandibolare (ATM) L articolazione temporo mandibolare è una diartrosi (articolazione per contiguità dei capi articolari) doppia (per la presenza di due spazi articolari divisi dall'interposizione di un menisco), completa (il menisco è un disco che divide lo spazio articolare in due camere separate, un compartimento condilo-meniscale, uno temporomeniscale) e complessa (con sei gradi di libertà) mediante la quale la mandibola, osso impari, si articola in modo analogo alle sue due estremità ad un complesso osseo stabile, la fossa mandibolare del temporale, osso pari e simmetrico della base cranica. Funzionalmente è un condilo-artrosi complessa in grado di movimenti di rotazione (comparto condilo meniscale) e di traslazione (comparto temporo meniscale con movimento di scivolamento). La mandibola costituisce una leva interpotente del terzo tipo con fulcro a livello dell articolazione. Tra i due capi ossei è interposto un disco articolare costituito da tessuto fibroso non vascolarizzato. Osservato dall alto appare di forma ovale con due estensioni triangolari ai lati mediale e laterale. In sezione sagittale presenta due formazioni cuneiformi una anteriore ed una posteriore, che convergono in una zona intermedia assottigliata, le caratteristiche funzionali sono strettamente legate alla morfologia del disco. La banda posteriore segna il confine condilo fossa a riposo e ricopre la faccetta superoposteriore dell ovoide condilare. La faccetta anterosuperiore si affronta all eminenza attraverso la parte intermedia del disco, la banda anteriore avvolge la faccetta anteriore del condilo interposta tra questa e la cresta articolare del temporale. E universalmente riconosciuta al disco la funzione di adattatore viscoelastico che permette la congruenza ottimale dei capi articolari nei diversi momenti funzionali. La capsula articolare è un manicotto fibroso, i cui fasci orientati dall alto verso il basso, inglobano i segmenti ossei dell articolazione. La capsula articolare, relativamente sottile e lassa è rinforzata dalla presenza di diversi legamenti, di cui il principale per importanza è il legamento temporo-mandibolare composto da due distinti fasci il laterale superficiale ed il mediale profondo. In passato l ATM era considerata una articolazione sospesa non sottoposta a carichi, questo non corrisponde a verità, ma certamente solo parte delle sollecitazioni applicate al sistema vengono trasmesse alle strutture articolari. Questo deriva in primo luogo dall imbracatura muscolare con origine su ossa craniche e inserzione sulla mandibola, secondariamente dal fatto che parte delle sollecitazioni applicate alle arcate si scarica lungo i contrafforti ossei presenti nel blocco maxillofacciale (pilastri canini, arcata zigomatica Fig. 2.2). L esistenza di tiranti muscolari, origina coppie meccaniche, Fig. 2.2 quale quella costituita da sinergie di attivazione delle fibre posteriori del muscolo temporale bilanciata dall azione del complesso pterigo-masseterino, che supporta la testa del condilo nella posizione di minore attrito all interno della fossa glenoidea. L ATM permette sia un movimento di rotazione che di traslazione. La maggioranza dei movimenti funzionali prevede una combinazione dei due. Alcuni movimenti coinvolgono entrambe le articolazioni e sono simmetrici quali l apertura, la chiusura, la protrusione e la retrusione, altri sono asimmetrici con gradi di movimento diversi nelle due ATM quali le lateralità e gli atti masticatori monolaterali (condilo lavorante o ruotante e condilo bilanciante o orbitante). L ampiezza della libertà articolare è vincolata dalla presenza di strutture fibrose inestensibili che limitano le escursioni dei capi articolari. Le posizioni di massima apertura e protrusione sono possibili grazie alla traslazione della superficie anterosuperiore del condilo mandibolare lungo la cresta dell eminenza articolare che si sviluppa con andamento da laterale a mediale e dall alto verso il basso. 18 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

19 La retrusione della mandibola dalla posizione di riposo è scarsa, dell ordine del millimetro e clinicamente definisce la posizione retrusa e riproducibile di relazione intermascellare o posizione legamentosa. Le vacanze di volume che si creano tra le strutture articolari con i condili in movimento vengono colmate dai tessuti lassi periarticolari, ma soprattutto dalla replezione del plesso venoso retromandibolare, al cui interno sotto la trazione delle fibre elastiche del legamento posteriore si crea una depressione che richiama sangue. Durante la rototraslazione di apertura la parte vascolare della superficie anteroinferiore del menisco, grazie al sistema anastomotico che corre lungo il versante laterale del menisco stesso, come una sorta di tampone idraulico, scarica l accumulo di pressione grazie al movimento di fluido verso il plesso retromandibolare, viceversa in chiusura. Considerazioni funzionali Le due ATM lavorano in parallelo come una singola unità funzionale. La combinazione di due compartimenti articolari in ciascun lato, con l interposizione delle superfici concave mobili dei dischi, offre la garanzia di una certa libertà in tutti i piani dello spazio e la possibilità di eseguire movimenti di circonduzione caratteristica, in genere, delle enartrosi. Il tragitto di circonduzione definisce i più ampi limiti della mobilità articolare, in quanto le parti in movimento si spostano in una continua sequenza che va da una posizione limite all altra. I fisici insegnano che il tipo più generale di movimento al quale un corpo può andare incontro è la combinazione di traslazione e rotazione. La traslazione è definita come un movimento in cui tutti i punti di un corpo rigido si muovono nella stessa direzione, con la stessa velocità, in ogni dato momento e relativamente ad un qualsiasi punto situato al di fuori del corpo stesso. La rotazione è il movimento in cui, in ogni istante, alcuni punti di un corpo rigido si muovono in una direzione, mentre altri si spostano nella direzione opposta. L apertura della bocca comporta un movimento della mandibola con tutti i punti dell osso che si spostano nella stessa direzione, con la stessa velocità in ogni dato momento. Pertanto nella semplice apertura-chiusura della mandibola, il condilo ruota relativamente al disco, il disco ruota relativamente alla eminenza con la contemporanea traslazione della mandibola lungo il piano dell eminenza. In conseguenza della considerevole obliquità dei condili nel piano frontale, il movimento di apertura della mandibola, deve necessariamente essere associato a continui assestamenti tra condilo e menisco. Le aree di contatto articolare si spostano reciprocamente, in modo costante e durante un apertura semplice il punto di contatto scivola progressivamente verso il basso in direzione mediale. Wiliams e Warwick (1980) hanno definito i vantaggi dell interposizione di un disco tra i due capi articolari dell ATM: assorbimento degli insulti meccanici, migliore adattamento delle due superfici ossee, facilitazione dei movimenti composti, distribuzione del carico su di una superficie più ampia, protezione dei bordi delle superfici articolari, diffusione del liquido sinoviale secondaria alla compressione alternata del disco. L elevato grado di libertà di movimento dell ATM, richiede il minimo contatto tra le superfici articolari contrapposte. Può essere di aiuto richiamare alla mente l area di contatto tra i pneumatici di una macchina in movimento e l asfalto. Se il pneumatico è ben gonfio, esiste una piccola area di contatto e lo scorrimento ne viene facilitato. Un pneumatico sgonfio si deforma, l area di contatto aumenta e lo scorrimento è difficoltoso per l aumentato attrito. Durante l apertura della mandibola il condilo è solidale al disco grazie alla presenza dei legamenti collaterali mediale e laterale (come il manico di un secchio), altrettanto non si verifica tra il disco e l eminenza articolare. Questo permette al disco ed al condilo in esso alloggiato di traslare liberamente lungo il piano dell eminenza. Pertanto da un punto di vista biomeccanico il disco non servirebbe a stabilizzare il complesso articolare, ma al contrario a destabilizzare il complesso disco condilo a favore di ampi gradi di libertà della mandibola durante i movimenti della masticazione. FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori - 19

20 2.3 Riflessi mandibolari (Taylor 1990,Yang e Türker 1999, Trulsson e Gunne 1998) Si conoscono tre principali riflessi che controllano la relazione verticale intermascellare: 1 riflesso da stiramento 2 riflesso di apertura 3 riflesso da scarico Riflesso da stiramento Simile al riflesso patellare, in risposta allo stiramento rapido delle fibre dei muscoli occlusori ottenuto con un secco colpo al mento diretto dall alto verso il basso, evoca una contrazione riflessa dei muscoli stirati. Questo riflesso esprime la presenza di un feedback ecccitatorio che da afferenze in origine dai fusi neuromuscolari proietta monosinapticamente ai motoneuroni del nucleo motore del trigemino (V). Probabilmente questo feedback permette fini aggiustamenti durante il movimento in risposta ad esempio alla consistenza del cibo da masticare. Al momento non si conoscono feedback simili che agiscano sui muscoli disclusori. Riflesso di apertura Sotto il termine di riflesso di apertura rientrano tutte le reazioni muscolari che comportano l apertura della mandibola o il cessare della contrazione isometrica nel serramento. Nell uomo questo riflesso è secondario ad una inibizione dei muscoli occlusori e non all eccitazione dei disclusori. Il riflesso di apertura si ottiene attraverso la stimolazione dei meccanocettori intraorali o di recettori della cute della faccia. La via del riflesso è polisinaptica con la prima stazione di arresto a livello del nucleo sensitivo mediano mesencefalico del V o nella adiacente sostanza reticolare e la sinapsi terminale a livello del nucleo motore del V. Funzionalmente questo riflesso previene la possibilità di danno alle strutture dentali e articolari, in conseguenza a forze eccessive applicate alle arcate. Riflesso di scarico Consiste nell inibizione dell attività dei muscoli occlusori con attivazione dei disclusori in conseguenza ad esempio della rottura istantanea di un oggetto interposto tra le arcate. Pertanto si verifica in conseguenza della perdita istantanea del carico sulla resistenza che si interponeva tra le arcate. La via nervosa del riflesso non è chiara data la molteplicità dei recettori stimolati durante l applicazione del carico sull oggetto interposto (fusi neuromuscolari, recettori parodontali, meccanocettori articolari, etc..). La memoria cognitiva (l esperienza) del soggetto che si appresta a schiacciare un oggetto resistente tra le arcate, pone in allerta neuroni con azione inibente (feedback negativo) i muscoli occlusori e facilitante (feedback positivo) i disclusori onde prevenire danni alle strutture sottoposte a stress con il meccanismo della inibizione reciproca. Riflessi orizzontali Sommati ai riflessi sopra descritti è doveroso menzionare la presenza di riflessi che comportano movimenti di lateralità, protrusione e retrusione in risposta a stimoli che investono i recettori parodontali, i meccanocettori articolari e intraorali. Sebbene meno estesamente conosciuti, i riflessi di movimento orizzontale sembrano assumere notevole significato nei comuni movimenti di triturazione 20 FREELY Introduzione alla semg dei muscoli masticatori -

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