TEACCH IL PROGRAMMA. L AUTISMO NELLA SCUOLA: dalla diagnosi alle strategie operative

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1 L AUTISMO NELLA SCUOLA: dalla diagnosi alle strategie operative IL PROGRAMMA TEACCH A cura della Dr.ssa Michela Pinton Psicologa e Psicoterapeuta michela.pinton@psicologiapadova.it

2 OBIETTIVI DEL SEMINARIO Formazione su uno specifico programma educativo per l autismo: IL PROGRAMMA TEACCH. Promozione di un intervento di comprovata efficacia. Collaborazione tra diverse figure professionali a favore della prevenzione e cura dell autismo. A cura della Dr.ssa Michela Pinton Psicologa e Psicoterapeuta michela.pinton@psicologiapadova.it

3 CONTENUTI DEL SEMINARIO Introduzione al programma TEACCH: i presupposti le caratteristiche del disturbo la relazione genitori/figli Perché il TEACCH? Studi di efficacia Il programma TEACCH cenni storici definizione obiettivi i 7 principi la metodologia le strategie d intervento (strutturazione, rinforzo, aiuto, generalizzazione) i problemi di comportamento le linee guida A cura della Dr.ssa Michela Pinton Psicologa e Psicoterapeuta michela.pinton@psicologiapadova.it

4 INTRODUZIONE AL TEACCH: i presupposti Per comprendere come è nato e si è sviluppato il programma TEACCH è importante considerare due aspetti principali che riguardano l autismo: le caratteristiche del disturbo; la relazione genitori figli.

5 Le caratteristiche del disturbo dal DSM V Nel DSM V è stata creata una unica diagnosi comprensiva = DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO che comprende il disturbo autistico, disturbo di Asperger, disturbo disintegrativo dell infanzia e disturbo generalizzato dello sviluppo NAS perché i sintomi sono simili. Le caratteristiche principali del disturbo sono: A. Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell interazione sociale in diversi contesti, in particolare deficit nella reciprocità socioemotiva, deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l interazione sociale, deficit nello sviluppo e mantenimento di relazioni, appropriate al livello di sviluppo.

6 Le caratteristiche del disturbo dal DSM V Le caratteristiche principali del disturbo sono: B. Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive, in particolare linguaggio e/o movimenti motori e/o uso di oggetti stereotipato e/o ripetitivo, eccessiva aderenza alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati e/o eccessiva resistenza ai cambiamenti, fissazione in interessi altamente ristretti con intensità o attenzione anormale, iperreattività e/o ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi inusuali rispetto a certi aspetti dell ambiente.

7 Le caratteristiche del disturbo dal DSM V I bambini con autismo possono apprendere con successo perché l autismo va considerato come uno sviluppo atipico e non un ritardo globale.

8 La relazione genitori-figli Ipotesi sulla genesi del disturbo come i genitori, troppo freddi, distaccati e perfezionisti sono la causa dell'autismo dei figli (Kanner 1943) il concetto madre frigorifero (Bettelheim 1967) sono ormai superate. Schopler (anni 60) in controtendenza afferma: i genitori dei bambini autistici non sono responsabili della condizione dei loro figli anzi possono essere una fonte attendibile di informazioni e possono essere coinvolti nel programma di trattamento come partner dei professionisti.

9 La relazione genitori/figli Le persone con autismo sono membri della famiglia e della comunità pertanto devono avere un ruolo e sperimentare la partecipazione in questi due contesti.

10 Perché ricorrere al programma TEACCH? STUDI DI EFFICACIA La letteratura scientifica sull efficacia del programma TEACCH per il trattamento di individui con autismo è limitata. Le difficoltà nel dimostrare in maniera obiettiva l efficacia del programma secondo i parametri della ricerca scientifica sono diverse: 1. la base organica dell autismo; 2. la complessità del programma; 3. la genericità dell obiettivo del TEACCH = adattamento per la vita. Oltre 250 studi sono stati comunque condotti in collaborazione con il Division TEACCH tra il 1964 ed il Un numero limitatissimo di questi studi è stato però indipendentemente revisionato e pubblicato in riviste scientifiche.

11 STUDI DI EFFICACIA Ricerca: Schopler, Mesibov and Baker (1982) valutarono i risultati di 647 studenti nel programma TEACCH, in età tra i 2 ed i 26 anni. Un gruppo di studenti ricevette una valutazione diagnostica, un gruppo valutazione e parent training ed un terzo gruppo una valutazione ed inserimento in una classe TEACCH. Questionari di valutazione furono poi mandati ai genitori degli studenti. I genitori i cui figli erano stati inseriti in classi TEACCH riportarono maggior progresso. Lo studio riportò come l introduzione del Division TEACCH portò la percentuale di istituzionalizzazione dal 74% al 7%.

12 IL PROGRAMMA TEACCH: cenni storici TEACCH = Treatment and Education of Autistic and Communication Handicaped Childreen Programma educativo per individui con autismo, ideato e progettato da Eric Schopler (anni 60) Venne sperimentato nella Carolina del Nord per un periodo di 5 anni con l aiuto dell ufficio all Educazione e dell Istituto Nazionale della Sanità: dati i risultati estremamente positivi raggiunti, dagli anni 70 il Programma Teacch è ufficialmente adottato e finanziato dallo Stato. Oggi è diventato il programma d intervento più usato nelle scuole speciali nel mondo anglosassone.

13 IL PROGRAMMA TEACCH: definizione Non è un singolo approccio né metodo di intervento. E un programma politico, una organizzazione dei servizi statali per persone autistiche, che prevede una presa in carico globale in senso sia "orizzontale" che "verticale", cioè in ogni momento della giornata, in ogni periodo dell anno e della vita e per tutto l arco dell esistenza. Prevede centri di diagnosi, centri di aiuto a domicilio, classi speciali presso le scuole e posti di lavoro per adulti; tutti i servizi sono collegati fra di loro per garantire la globalità e la continuità dell intervento Un intervento pervasivo" per un disturbo pervasivo!

14 IL PROGRAMMA TEACCH: applicazione Centri di aiuto a domicilio Centri di diagnosi Centri d inserimento per il lavoro Classi speciali nelle scuole Il TEACCH non si può comprare o applicare individualmente. E possibile organizzare programmi educativi strutturati secondo il modello TEACCH ed è necessario che più servizi siano collegati tra loro per garantire la globalità e continuità dell intervento. Anche in Europa la maggiorparte delle classi specializzate per bambini autistici e i centri d inserimento per il lavoro o residenziali per adulti sono organizzati secondo il modello del programma TEACCH.

15 OBIETTIVI DEL TEACCH * L obiettivo non è il raggiungimento della normalizzazione o compensazione dei deficit. Scopi principali dell approccio TEACCH: 1. sviluppare il massimo livello di autonomia nella vita personale, sociale e lavorativa dell individuo con autismo, tenendo conto dei deficit specifici che il disturbo comporta; 2. favorire l adattamento della persona autistica nel proprio ambiente di vita. Ciò avviene attraverso precise modalità organizzative e specifiche strategie educative personalizzate che hanno due obiettivi: incrementare le abilità emergenti dell individuo; rendere l ambiente più comprensibile all individuo con autismo adattandolo alle sue necessità.

16 OBIETTIVI DEL TEACCH L obiettivo essenziale è che la persona autistica possa vivere con gli altri membri della società in un contesto meno segregante possibile e che gli sia permesso di gestire al meglio la propria vita quotidiana.

17 PRINCIPI DEL TEACCH: 1. la conoscenza del disturbo Al giorno d oggi l autismo viene definito come un handicap della comunicazione, della socializzazione e della immaginazione. (DSM V) Il bambino autistico non è più visto come un soggetto normodotato o superdotato che si rifiuta di collaborare ma come una persona svantaggiata, disorientata in un mondo incomprensibile e frustrata dagli insuccessi.

18 PRINCIPI DEL TEACCH: 2. collaborazione con le famiglie Dal momento che non si crede più ad una responsabilità della famiglia nella genesi del disturbo la collaborazione tra genitori e professionisti diventa condizione indispensabile per il trattamento a tutte le età perchè consente la generalizzazione delle competenze acquisite; garantisce una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica. Il coinvolgimento dei genitori incide al 50% sulle possibilità di successo del programma. Inoltre l estrema variabilità delle manifestazioni e dei livelli di sviluppo nell ambito della sindrome autistica rendono indispensabile la testimonianza dei genitori per una corretta valutazione delle capacità del soggetto, delle sue potenzialità e del suo livello di sviluppo.

19 PRINCIPI DEL TEACCH: 3. diagnosi e valutazione funzionale La variabilità delle manifestazioni e livelli di sviluppo nell ambito della sindrome autistica rendono indispensabile: diagnosi precisa e corretta (osservazione clinica, test diagnostici specifici, informazioni dai genitori); valutazione del livello di sviluppo, delle capacità e potenzialità del soggetto (test appropriati PEP e APEP, profilo psicoeducativo). * Il profilo di sviluppo ottenuto sarà il punto di partenza per costruire il programma educativo, cioè per determinare i tipi di attività da proporre.

20 PRINCIPI DEL TEACCH: 4. programma educativo individualizzato Variabilità estrema della sintomatologia e del livello di sviluppo nell ambito della sindrome autistica elaborazione strettamente individuale del programma educativo + continue e frequenti rivalutazioni e aggiustamenti tenere conto delle priorità della famiglia e dell ambiente di lavoro, in modo da affrontare innanzi tutto ciò che appare più urgente tenere conto delle predisposizioni dell individuo, in modo da aumentare la motivazione e rendere l apprendimento il più gradevole possibile. * Se la persona con autismo dispone di un buon programma, apprende in un tempo ragionevole. Se l apprendimento non avviene a breve termine, è il programma che non funziona e che deve essere rivisto.

21 PRINCIPI DEL TEACCH: 5. valorizzazione dei punti di forza L efficacia del programma è data da: porre grande enfasi sui punti di forza dell individuo, le sue predisposizioni e le sue potenzialità; porsi obiettivi realistici e raggiungibili partendo dai punti di forza; scegliere i compiti fra le abilità "emergenti", cioè fra le prestazioni che il soggetto riesce a portare a termine con aiuto; far sì che durante l apprendimento la persona possa essere gratificata da frequenti successi. Per es. spesso le capacità visuo-spaziali, generalmente buone nelle persone autistiche, sono alla base della scelta di utilizzare strategie comunicative e strutturazione di tipo visivo. * I punti di debolezza vanno riconosciuti e accettati.

22 PRINCIPI DEL TEACCH: 6. modello teorico cognitivo-comportamentale Il programma TEACCH non è strettamente un approccio comportamentale perché il soggetto non è forzato a modificare il proprio comportamento. Tuttavia l intervento è centrato sul comportamento indirettamente ossia modificando l ambiente intorno al soggetto in modo da rendere il più agevole possibile l apprendimento. L approccio cognitivo pone l attenzione sui processi mentali come pensiero, ragionamento, attenzione, memoria con implicazioni positive sullo stato di coscienza o consapevolezza e sulla comunicazione degli stati mentali.

23 PRINCIPI DEL TEACCH: 7. formazione degli operatori Aree formative: conoscenza teorica sull autismo; conoscenza teorico-pratica sullo sviluppo normale; conoscenza teorico-pratica sull educazione speciale; training in itinere sull educazione strutturata. Caratteristica del programma TEACCH: la formazione integrata dell èquipe (psicologi, pedagogisti, insegnanti, tecnici della riabilitazione). Consente di: 1. potenziare la conoscenza del disturbo; 2. avvalersi in modo più efficace dei contributi dei consulenti clinici; 3. affinare l abilità per affondare i problemi che si possono presentare; 4. sviluppare un sentimento di responsabilità congiunta; 5. vedere il bambino in maniera globale; 6. lavorare in collaborazione con i genitori nel corso dello sviluppo.

24 METODOLOGIA Il programma TEACCH prevede le seguenti fasi: 1. VALUTAZIONE 2. PROGRAMMAZIONE 3. EDUCAZIONE

25 METODOLOGIA: 1. Valutazione Si formula una DIAGNOSI CORRETTA (DSM V) e si VALUTANO SISTEMATICAMENTE LE CAPACITA del soggetto con autismo attraverso: 1. Colloquio con la famiglia e la persona Conoscere le aspettative dei genitori, avere informazioni utili sui comportamenti e sulle modalità educative adottate, strutturare una sinergia di lavoro comune tra operatori e famiglia 2. Assessment Osservazione diretta e indiretta (attraverso genitori) sia in ambulatorio sia in contesti sociali del soggetto + valutazione del disturbo, delle abilità e del livello cognitivo attraverso test specifici.

26 METODOLOGIA: 2. Programmazione La valutazione esplicita le capacità apprese, emergenti e assenti del soggetto. Si formula quindi un programma che si fonda per l 80% sulle abilità già presenti e per il 20% su quelle emergenti, che possono essere apprese con poca fatica. * Non si considerano le capacità che non fanno parte del repertorio dell individuo. Si applica il programma a tutti gli ambiti di vita significativi della persona: casa, scuola/lavoro, ambulatorio Le aree di competenza su cui si concentra il programma riguardano l autonomia, la comunicazione, il lavoro, il tempo libero secondo ciò che è prioritario per la persona e la sua famiglia. Conseguenze: il soggetto si impegna su compiti per lui comprensibili; apprendimento facilitato problemi di comportamento limitati

27 METODOLOGIA: 3. Educazione * Dopo aver condiviso con i genitori la diagnosi, la prognosi e il programma educativo con realismo e chiarezza si passa all intervento vero e proprio. I criteri dell insegnamento ad una persona con autismo sono quelli comuni: presentazione del compito, motivazione, suggerimenti, rinforzo, esercizio. Bisogna però tener presente la difficoltà principale dell autistico nell apprendimento: non comprende il significato socialmente condiviso delle varie attività proposte! Soluzioni: strutturazione dell insegnamento; sfruttamento delle abilità del soggetto. (memoria meccanica, ripetitività, adesione alla routine, buona motricità fine e globale, capacità percettive fuori dal comune, abilità visive)

28 STRATEGIE D INTERVENTO In passato si dava libera espressione ai sentimenti e desideri dei soggetti autistici pensando che in questo modo potessero liberare le proprie potenzialità inibite. In realtà l esperienza ha insegnato che in questo modo si otteneva l effetto contrario: a causa del deficit di comunicazione e dell interazione sociale, la loro angoscia e i problemi comportamentali aumentavano. Le persone con autismo hanno bisogno di una strutturazione dell ambiente per orientarsi e rassicurarsi. L ansia diminuisce quando la persona è informata su ciò che succederà, dove e con chi.

29 STRATEGIE D INTERVENTO Un quadro temporo-spaziale molto strutturato costituisce il primo passo per poter impostare un lavoro educativo con il soggetto autistico. Strutturare tempo e spazio è uno strumento evolutivo, un mezzo per aiutare la persona con autismo a raggiungere una migliore padronanza del proprio ambiente e della propria vita. E come un impalcatura che sorregge un abitazione e che va tolta gradualmente man mano che ci si rende conto che la persona può farne a meno.

30 STRATEGIE D INTERVENTO Strutturazione non significa rigidità: deve essere costruita in base ai bisogni del soggetto e al suo livello di sviluppo e deve essere flessibile e passibile di modifiche in ogni momento. La strutturazione non ha lo scopo di creare un rituale anzi, è una forma di comunicazione verso il soggetto autistico che gli permette di liberarsi dai rituali che gli danno sicurezza e prevedibilità.

31 FASI DELL INTERVENTO Il consolidamento di una abilità o l apprendimento di nuove abilità avviene sempre in due fasi consecutive: 1. apprendimento con un operatore (educatore, insegnante, psicologo ) 2. esercizio indipendente dell abilità appresa. Questa strutturazione dell intervento ha i seguenti scopi: mantenimento delle acquisizioni potenziamento delle acquisizioni attraverso l esercizio incremento dell autostima incremento dell attitudine a lavorare senza aiuti facilitazione dei processi di generalizzazione in contesto naturale

32 STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO La strutturazione dello spazio ha lo scopo di rendere chiaro al bambino dove si intende proporgli un attività. Caratteristiche dello spazio strutturato: ben organizzato in modo da ridurre ambiguità e imprevisti definito chiaramente (con sedie, tavolini, tappeti e altro) contrassegnato da opportuni simboli di identificazione visivamente limitato sempre lo stesso non deve presentare stimoli che possano distrarre ha funzioni specifiche chiaramente visualizzate (il bambino deve sapere con precisione ciò che ci si aspetta da lui in ogni luogo e in ogni momento) dedicato ad una singola attività (in questo modo sarà molto facile per il bambino orientarsi da solo e raggiungere presto una autonomia di movimento che sarà per lui molto gratificante)

33 STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO E utile organizzare diversi spazi: spazio di lavoro individuale, spazio di riposo, spazio per le attività di gruppo, spazio per il tempo libero. L organizzazione attenta della struttura favorisce l emergere di comportamenti sociali. Mediante l aiuto degli adulti è possibile insegnare ai bambini autistici a condividere un gioco, a rispettare l attesa durante un attività e a rispettare le regole.

34 STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO

35 STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO: fase lavoro con operatore L APPRENDIMENTO di NUOVE ABILITÀ può avvenire in condizioni di lavoro: - vis a vis - fianco a fianco Solo quando l abilità è padroneggiata si può passare all esercizio indipendente di quell abilità.

36 STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO: fase lavoro indipendente L'angolo per il lavoro indipendente è di solito organizzato con un banco rivolto verso il muro, affiancato da due scaffali disposti perpendicolarmente, su cui disporre il materiale di lavoro. Le scatole che contengono i lavori da svolgere sono riposte sugli scaffali di sinistra, talmente vicine che il soggetto non ha bisogno di alzarsi per andare a prenderle, mentre sugli scaffali di destra potrà riporre il lavoro già eseguito.

37 STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO: fase lavoro indipendente In una seconda fase dell apprendimento la persona non avrà più bisogno di un muro davanti a sé. Il materiale di lavoro potrà essere posto in uno scaffale alle spalle della persona che non avrà più problemi ad alzarsi, sia per prenderlo che per riporlo.

38 STRUTTURAZIONE DEL TEMPO Il passare del tempo è la nozione più difficile da apprendere perché si appoggia su dati non visibili. Organizzare il tempo significa informare la persona su ciò che sta accadendo, ciò che è accaduto e che accadrà, aumentando la prevedibilità e il controllo della situazione, e diminuendo l ansia derivante dall incertezza.

39 STRUTTURAZIONE DEL TEMPO: l agenda Ogni persona dovrà disporre di un agenda giornaliera, costituita da una sequenza di oggetti, di immagini o di parole scritte, a seconda delle sue abilità, ordinati dall'alto verso il basso. Al termine di ogni attività ogni relativo simbolo verrà spostato dalla persona in un altro apposito spazio che registra il tempo trascorso: in questo modo gli sarà possibile sapere in ogni momento quanto tempo è passato e quanto ne manca per la prossima attività.

40 STRUTTURAZIONE DEL TEMPO: l agenda

41 STRUTTURAZIONE DEL TEMPO: l agenda

42 STRUTTURAZIONE DELLE ATTIVITA Agenda Nella scelta delle attività bisogna alternare le attività impegnative a quelle più piacevoli, per mantenere alta la motivazione, in base a: - motivazione - grado di acquisizione - durata di ogni attività FASI DI LAVORO: Check-in: ogni attività da svolgere è indicata da un simbolo (oggetto, immagine o parola) che si trova sia sullo schema dell agenda che nel luogo dove si deve svolgere l attività. La persona deve appaiare la coppia dello stesso simbolo e a quel punto svolgere l attività. Carta di transizione: è un oggetto o simbolo che richiama visivamente l agenda delle attività e che va consegnato alla fine di ogni sessione per indicare di tornare allo schema.

43 STRUTTURAZIONE DEL MATERIALE DI LAVORO La strutturazione del materiale di lavoro ha lo scopo di rendere chiaro e concreto che compito deve svolgere il bambino, cosa deve fare. La persona deve disporre, presso il tavolo da lavoro, di uno schema di lavoro costituito da simboli (es. lettere, numeri, talloncini colorati, oggetti o figure che richiamano il compito), ognuno dei quali rappresenterà un singolo compito da svolgere. Ogni compito sarà contenuto in una scatola e contrassegnato da uno dei simboli riportati sullo schema di lavoro. * Se per il bambino è ancora troppo difficile gestire uno schema di lavoro costituito da simboli, il numero delle scatole sullo scaffale di sinistra indicherà quanti sono i compiti da svolgere.

44 STRUTTURAZIONE DEL MATERIALE DI LAVORO Le scatole con il lavoro ancora da eseguire saranno disposte sugli scaffali a sinistra, mentre quando un lavoro è terminato verrà riposto sugli scaffali a destra, così ché, in ogni momento, alla persona sia chiaro quanto lavoro ha svolto e quanto ne resta ancora da eseguire. Il lavoro si articola da sinistra a destra perché questa è l organizzazione tipica della cultura occidentale.

45 STRUTTURAZIONE DEL MATERIALE DI LAVORO Ogni scatola contiene le diverse componenti, che saranno a loro volta contrassegnate da un simbolo: un colore o una forma, presenti anche sul piano del banco, in modo che le possa disporre nell'ordine esatto ed eseguire il lavoro autonomamente. * Se per il bambino è ancora troppo difficile organizzarsi il lavoro attraverso l accoppiamento di simboli, ogni scatola sarà suddivisa in scomparti contenenti le parti del lavoro da fare.

46 STRUTTURAZIONE DEL MATERIALE DI LAVORO E' importante che, una volta disposto secondo le indicazioni visive, il compito sia "self explaining", cioè comprensibile senza bisogno di spiegazioni. Incastri, puzzle o lavori di montaggio sono esempi semplici di questo genere, ma con un po di fantasia qualunque compito può essere presentato in modo che si spieghi da sé.

47 L IMPORTANZA DEI SUPPORTI VISIVI Gli schemi non sono una modalità di apprendimento ma un canale di comunicazione. Nella scelta degli aiuti visivi bisogna scegliere il livello che favorisce il maggior grado d indipendenza. È importante verificare se la persona comprende il significato del simbolo, ed evitare comportamenti dettati solo dalla routine. Caratteristiche dei supporti visivi: Chiari Flessibili Adeguati a livello evolutivo In continua trasformazione Facili e veloci da costruire e da usare Adatti al trasporto

48 L IMPORTANZA DEI SUPPORTI VISIVI Facilitano: LA COMPRENSIONE DI UNA ATTIVITÀ, LA CONOSCENZA DI UN OGGETTO, L AUTONOMIA Compensano le difficoltà di: COMPRENSIONE VERBALE, ASTRAZIONE Riducono i problemi di: MEMORIA, ATTENZIONE, COMPORTAMENTO, ORIENTAMENTO TEMPORALE, ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ

49 TIPI DI SUPPORTI VISIVI Per accentuare uno stimolo Per distinguere stimoli diversi Per predisporre una sequenza

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51 IL RINFORZO Per le persone con autismo può essere difficile capire il motivo per il quale svolgere un determinato compito. Le motivazioni che velocemente spingono una persona normale, ad esempio accontentare le persone significative o fare bella figura, per il soggetto con autismo sono troppo astratte. Sarà necessario dargli delle motivazioni concrete, collegate nel tempo all esecuzione del compito. Poniamo attenzione ai comportamenti del bambino che vogliamo rinforzare.

52 IL RINFORZO POSITIVO Una ricompensa alimentare è il rinforzo più semplice ma si può ben presto sostituire con quello sociale, costituito da lodi e complimenti. Anche il permesso di dedicarsi ad una attività preferita, anche se stereotipata, può costituire un rinforzo adeguato. Ovviamente bisogna individuare delle ricompense adatte alle preferenze della persona: ad es. è controproducente abbracciare una persona che ha difficoltà ad accettare la vicinanza fisica. Spesso la soddisfazione di riuscire da solo in un compito è già di per sé un ottimo rinforzo.

53 IL RINFORZO NEGATIVO Non permettiamo che ottenga un rinforzo finchè non ha compiuto il comportamento che vogliamo rinforzare. Un accesso illimitato ai rinforzi toglie loro valore. Ignoriamo i comportamenti inappropriati: alcuni comportamenti distruttivi o pericolosi possono richiedere una conseguenza, ma molti altri possiamo ignorarli perché commentarli, guardarli o porvi attenzione può essere rinforzante. E un errore incoraggiare ogni tipo di comunicazione. Bisogna assicurarsi di rinforzare in modo diverso la comunicazione rilevante e quella no, altrimenti si avranno più atteggiamenti irrilevanti, perché il bambino capisce che sono un mezzo per attirare la nostra attenzione.

54 L AIUTO L operatore illustra alla persona come dovrà eseguire il suo compito. Vi sono tre tipi di aiuto: Fisico = consiste nell accompagnare con la mano quella del soggetto nell esecuzione del compito. E il grado maggiore di aiuto ma deve comunicare un incoraggiamento e non costituire una costrizione. Visuale = consiste nell indicare con il dito o anche spostando un oggetto dal posto sbagliato al posto giusto, o dando una dimostrazione pratica di come eseguire il compito. Verbale = consiste nell utilizzare parole semplici, essenziali e sempre uguali per una stessa spiegazione, evitando i sinonimi e un linguaggio troppo figurato.

55 L AIUTO La rappresentazione del compito attraverso una serie di immagini che ne illustrano le varie tappe disposte da sinistra a destra costituisce il tipo di aiuto più conciliabile con l autonomia del lavoro.

56 LA GENERALIZZAZIONE DEL COMPITO Lavoro Servizio età adulta Casa Servizio età infantile Bisogna tenere in considerazione il fatto che la persona con autismo tende ad associare l apprendimento con una data situazione o ad un ambiente, quindi sarà necessario sviluppare dei programmi di generalizzazione delle acquisizioni per estendere le competenze acquisite. Bisogna provvedere in anticipo a dotare il bambino delle competenze che gli serviranno da adulto per un inserimento lavorativo. E importante: 1. servirsi della collaborazione dei genitori che diventa un requisito indispensabile del processo educativo; 2. la continuità educativa e la coordinazione dei servizi per l'età infantile e per l'età adulta, sebbene appaiano estremamente difficili da realizzare concretamente, perché rappresentano i presupposti fondamentale per un inserimento sociale e lavorativo efficace.

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58 I PROBLEMI DI COMPORTAMENTO Il comportamento è un indice di adattamento del soggetto al suo ambiente. Tutti noi presentiamo problemi di comportamento di tanto in tanto! Può capitare a chiunque di perdere il controllo, di manifestare aggressività, di scaricare le proprie emozioni in modo incontrollato attraverso il pianto o il riso, o di scaricare la tensione attraverso tic nervosi o altri comportamenti inadeguati. Per fortuna si tratta generalmente di episodi passeggeri e che possono essere dovuti allo stress o a disturbi organici (dolore, fatica, ingestione di farmaci, fame, stanchezza).

59 I PROBLEMI DI COMPORTAMENTO Le persone con autismo non sono evidentemente immuni da tutte le circostanze che possono influenzare il comportamento anzi possono vivere in modo più disagevole le situazioni stressanti a causa di: 1. sensibilità più acuta e difficoltà di decifrare le proprie sensazioni; 2. incapacità a comunicare il proprio stato o a richiedere aiuto; 3. difficoltà a comprendere il nostro mondo e i nostri codici sociali. I limiti della persona vengono facilmente superati provocando ansia e paura che aumentano lo stato di stress. Le necessità vengono espresse attraverso atti: distruttivi, aggressivi, autoaggressivi o inappropriati.

60 I PROBLEMI DI COMPORTAMENTO LA TEORIA DELL ICEBERG: I problemi di comportamento della persona autistica sono la punta dell iceberg sommerso del suo disagio delle sue difficoltà (stress e impossibilità a farsi capire). (E. Schopler) E assurdo intervenire direttamente per modificarli. SOLUZIONI: 1. strutturazione e prevedibilità dell ambiente 2. adeguatezza delle richieste 3. chiarezza, concretezza e stabilità dei messaggi 4. potenziare le capacità di comunicazione 5. utilizzare forme di comunicazione più adatte. La riduzione dei problemi di comportamento è il miglior test per capire se la persona è stata correttamente valutata e se il programma individuale è davvero adatto alle sue potenzialità e ai suoi bisogni.

61 I PROBLEMI DI COMPORTAMENTO Occasioni di disagio o di malessere possono comunque residuare nonostante le strategie adottate. Se si desidera aiutare una persona con autismo, si devono decodificare i suoi messaggi. Metodo: 1. osservazione dei comportamenti nelle situazioni e contesti; 2. analisi e comprensione dei problemi; 3. individuazione di una strategia di intervento adeguata, tesa a valorizzare la persona e a permetterle di superare le proprie difficoltà. Non esistono purtroppo ricette prefabbricate applicabili ad ogni problema: ogni situazione dovrà essere vagliata, non prima di aver provveduto ad adattare l ambiente e lo stile comunicativo alla diversità della persona autistica.

62 ALCUNE LINEE GUIDA Avere aspettative alte Non dare per scontato che la persona con autismo non possa fare qualcosa; ci aspettiamo che invece si comporti correttamente, risponda alle domande, venga, se chiamato e completi i lavori assegnatigli. Siamo coscienti che possa impiegare più tempo a fare queste cose e che possa avere bisogno di aiuto, ma ci aspettiamo cose positive da lui e non scusiamo i suoi comportamenti negativi.

63 ALCUNE LINEE GUIDA Usare un approccio positivo Cerchiamo di essere sempre positivi e stiamo attenti ad ottenere comportamenti appropriati. Usiamo affermazioni dirette e comandi, non domande o divieti. Quando il soggetto si comporta bene, facciamo commenti su di lui e rinforziamo i comportamenti con elogi verbali specifici. Per ottenere nuovi buoni comportamenti, diamo altri rinforzi fisici (una pacca sulla spalla, un batti cinque. ecc) o primari (cibo). Spieghiamo inoltre la connessione tra quanto ha detto o fatto e l'evento relativo.

64 ALCUNE LINEE GUIDA Richiedere una risposta Non chiediamo di fare qualcosa, ma diciamo di farlo di farlo. Usiamo affermazioni dirette e comandi, non domande o divieti (ad es. siediti sulla sedia e non non stare in piedi o vuoi sederti? ). Dopo aver fatto la richiesta, diamo un po di tempo per rispondere, quindi aiutiamo ad eseguire quanto richiesto. Qualunque risposta riusciamo a farci dare (anche se siamo costretti ad usare un aiuto fisico), lo premiamo per aver eseguito quanto richiesto. Non permettiamo mai che un'istruzione (comando) non venga completata. Se si facesse questo, il soggetto imparerebbe che le risposte non sono sempre necessarie e quello che lui esegue non è importante, quindi dobbiamo sempre essere sicuri di avere una risposta.

65 ALCUNE LINEE GUIDA Parlare in modo lento, chiaro e specifico La persona con autismo può avere dei problemi a decodificare quello che stiamo dicendo, quindi parliamo in modo chiaro perché riceva tutte le indicazioni verbali; successivamente parleremo nel modo più normale possibile, in modo che capisca tutti, non solo gli operatori che quotidianamente lavorano con lui. Ci assicuriamo che la persona ci guardi, affinchè possa cogliere anche i suggerimenti non verbali. Usiamo i nomi come nomi, gli aggettivi come tali e i verbi anche. Per es. se stiamo insegnando i colori usando dei blocchi colorati, non diciamo "questo è blu, ma questo è un blocco blu".

66 ALCUNE LINEE GUIDA Usare una comunicazione che prepari agli eventi successivi o ai cambiamenti Solitamente il soggetto autistico si oppone ai cambiamenti e preferisce la monotonia perché: 1. non riesce a capire completamente e a prestare attenzione a tutte le indicazioni ambientali che annunciano una transizione; 2. si focalizza solo su una parte della situazione e rimane concentrato solo sull'attività che sta eseguendo in quel momento. Ha bisogno di sapere quali attività vengono prima, quali dopo e quali per ultime, perciò avvisiamolo quando un'attività deve cambiare (ad es. "tra 5 minuti smetteremo di mettere gli incastri ) e deve iniziarne un'altra (ad es."quando finirai gli incastri metteremo i chiodini ); lo prepariamo se verrà qualcuno o se sta per accadere qualcosa di insolito o che può creare paura.

67 ALCUNE LINEE GUIDA Non alzare la voce, afferrare la persona o minacciarla di punizioni Alzare la voce sembra un modo naturale per ottenere arrendevolezza, ma il soggetto autistico è ipersensibile nell'udito perciò alzando il tono della voce si può recare fastidio. Inoltre, se alziamo la voce perché abbiamo già dato un comando 4 o 5 volte trasmettiamo al soggetto l impressione che l'unica volta che facciamo sul serio è quando alziamo la voce e che quindi non ci aspettiamo che lui obbedisca se non quando gridiamo. Per evitare questo problema, occorre dare un comando alla volta e, se non obbedisce, bisogna aiutarlo a fare quanto richiesto nel modo meno intrusivo possibile. (Es.: se con voce calma abbiamo già detto al soggetto 2 volte di sedersi e lui è ancora in piedi, gli mettiamo la mano sulla spalla e lo guidiamo sulla sedia. Quando si siede, gli diciamo "bravo per esserti seduto, mi piaci quando mi ascolti ). Invece che inseguire o afferrarlo mentre fugge via, gli diciamo cosa dovrebbe fare ("devi tornare qui") e gli offriamo la possibilità di tornare da solo. Es.: "appena torni e finiamo questo lavoro, avrai un pezzo di cracker".

68 ALCUNE LINEE GUIDA Non permettere che i comportamenti negativi portino al risultato di evitare le richieste Se diamo un'istruzione ad una persona con autismo e lui protesta, ci ignora, si autostimola, se ne va via, o rifiuta di fare l'attività, dobbiamo continuare a insistere finchè il compito non sarà completato. Aspettiamo che sia calmo e ci assicuriamo che il compito sia completato. Usiamo una frase che aiuti la sua motivazione. (Es. "so che non ti piace andare sovente in bagno, ma appena avrai fatto la pipì ti darò un goccino d acqua.) Questo risulterà una situazione in cui tutte e due le parti saranno dei vincitori, che è quello che noi cerchiamo sempre, infatti permettere al soggetto di sottrarsi ai suoi compiti è un rinforzo molto potente per i comportamenti di evitamento e sarà un'abitudine molto difficile da eliminare, una volta che si sia stabilita.

69 ALCUNE LINEE GUIDA Ottenere attenzione Spesso il soggetto ha difficoltà a prestare attenzione alle cose importanti e si concentra su aspetti irrilevanti di quello che stiamo dicendo o facendo oppure è distratto dai suoi stessi interessi, azioni, o bisogni sensoriali. Per insegnargli in modo efficace, dobbiamo prima ottenere la sua attenzione, questo significa che deve essere in un punto preciso della stanza, preferibilmente seduto e ci deve guardare. Le mani non devono muoversi nell'aria, giocare con qualcosa od essere messe in bocca. Le mani devono essere pronte per lavorare.

70 ALCUNE LINEE GUIDA Protocollo Apprendimento/Partecipazione a. Dare il comando "seduto". Se il soggetto non si siede, lo aiutiamo fisicamente a farlo, quindi lo lodiamo per essersi seduto bene. b. Dare il comando "mani sulla tavola" o "mani pronte". Se il soggetto non lo fa, lo aiutiamo fisicamente a farlo, quindi lo lodiamo per aver smesso di compiere movimenti stereotipati con le mani. c. Dare il comando "guardami". Se non ci guarda, aspettiamo e, quando avremo anche un piccolissimo contatto oculare, lo elogiamo per il "fatto di stare a guardarci" e gli presentiamo un'attività piacevole. Ci accertiamo sempre che queste tre cose siano presenti prima di dare un'istruzione, un'attività o una ricompensa. Questo preparerà il soggetto a imparare, aiuterà a controllare gli stimoli esterni e insegnerà l'abitudine d imparare e ascoltare quello che gli si sta insegnando.

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