SPECIALE PARIGI. PATRIZIA TOIA capodelegazione degli eurodeputati Pd, vicepresidente commissione Industria

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1 SPECIALE PARIGI PATRIZIA TOIA capodelegazione degli eurodeputati Pd, vicepresidente commissione Industria Gli attacchi Parigi sono stati un attacco al cuore dell Europa e oggi come cittadini europei ed eurodeputati sentiamo il dovere e la responsabilità di contribuire a dare delle risposte. Da venerdì 13 novembre l Europa non è più la stessa. Innanzitutto i nostri pensieri vanno alle vite spezzate, ai familiari delle vittime, alle persone ferite e a quelle che ancora oggi lottano tra la vita e la morte in un letto di ospedale. Dalle prime confuse notizie di venerdì 13 a oggi abbiamo vissuto con orrore e con grande partecipazione ogni minuto di questa tragedia e dei suoi sviluppi. Quello avvenuto a Parigi è un atto di barbarie insensato che non ha nulla a che vedere con la religione. Il nostro primo dovere è non cedere agli isterismi alla tentazione delle generalizzazioni. Milioni di cittadini europei di religione musulmana sono ugualmente scioccati da questi attacchi e in questi giorni non sono mancate le condanne pubbliche di leader religiosi e dei vertici delle organizzazioni religiose, come dimostrano le manifestazioni di piazza in Italia e negli altri Paesi. In secondo luogo non accettiamo l equazione rifugiati uguale terroristi. I rifugiati sono vittime come noi e fuggono dagli stessi terroristi che dopo aver portato morte e distruzione in Siria e in Medio Oriente ora cercano di esportarla anche in Europa. Riprendendo le parole del presidente Sergio Mattarella a Strasburgo: i rifugiati fuggono dai nostri stessi nemici. Oggi il terrorismo colpisce nei quartieri dell Europa, nei luoghi di vita quotidiana e a farlo sono ragazzi spesso cresciuti qui. Questo è un fenomeno che dovrà molto farci riflettere per capirne le ragioni di questa radicalizzazione e per riuscire a prevenirla. Non possiamo però ignorare che i terroristi, anche se alcuni sono nati e cresciuti in Europa, hanno eseguito or- dini venuti da fuori, hanno realizzato degli attacchi ideati, pianificati, finanziati e organizzati all esterno e sono stati addestrati dall estero. E necessario quindi alzare lo sguardo oltre le frontiere europee e avviare un dibattito serio su quello che sta succedendo. Non possiamo più permetterci di vivere in un Europa ripiegata su se stessa. Ma stiamo attenti a non limitarci soltanto alla reazione. Oggi stiamo pagando il prezzo di troppe reazioni militari avventate che non sono state precedute e seguite da strategie politiche a lungo termine. Penso alla guerra all Iraq e alla guerra alla Libia. Come italiani e come eurodeputati invece dobbiamo portare l Europa, sia i Governi che le istituzioni comunitarie, a riflettere sulla necessità di una politica a lungo termine. In Siria non ci sono solo terroristi da bombardare, c è un conflitto mondiale per procura a cui va messo fine innanzitutto portando intorno a un tavolo tutti i protagonisti, così come è stato fatto a Vienna. Le azioni militari possono essere efficaci solo se accompagnate da un intenso lavoro diplomatico teso ad arrivare a una soluzione politica il più inclusiva possibile. Dal punto di vista interno invece le storie tragiche di questi giovanissimi ragazzi europei finiti nelle maglie del terrorismo ci devono far riflettere sulle lacune del nostro modello di integrazione e dei nostri sistemi di educazione. La vera risposta ad un attacco ai nostri valori e alla nostra civiltà è la scommessa sulla cultura e sulla scuola, sulla formazione e sull integrazione, come sta facendo il Governo italiano. Dal punto di vista della sicurezza poi servono più investimenti in tecnologie, serve maggiore collaborazione e integrazione tra servizi di intelligence, serve un giro di vite efficace contro il traffico di esseri umani, il traffico di armi e il contrabbando di petrolio e serve un azione efficace per tagliare ai terroristi le fonti di finanziamento illecito. Abbiamo accolto con favore anche la proposta della Commissione per ridurre le troppe armi in circolazione nel nostro Continente. Ma, sia per la politica estera che per la sicurezza interna, serve più Europa. Bisogna avere il coraggio di guardare lontano e porre le basi per una vera difesa europea, una vera agenzia d intelligence europea e una vera politica comune sull immigrazione. Per sconfiggere il terrorismo bisogna essere uniti e bisogna tradurre questa unità in una vera integrazione europea. Non si punti il dito verso l Europa incapace di dare sicurezza. L Europa è pronta e capace, sono gli Stati che non accettano di condividere le loro intelligence e le loro forze. Chi accusa l Europa dovrebbe invece chiedere ai propri Governi di fare questo salto di qualità. 1

2 LA SFIDA DELL EDUCAZIONE SILVIA COSTA presidente commissione cultura e istruzione silvia.costa@europarl.europa.eu LA SFIDA CHE ABBIAMO DI FRONTE DOVREBBE INCORAGGIARCI AD ASSUMERE IL MODELLO EDUCATIVO DELLA INTERCULTURALITÀ COME RICERCA CON L ALTRO DI UN TERRENO DI VALORI COMUNI CHE NON RINNEGHINO O PRIVATIZZINO CULTURE, CREDI O CONVINZIONI MA NE FACCIANO CRESCERE LO SPESSORE CULTURALE, LA CAPACITÀ DI PENSIERO CRITICO, LO SCAMBIO E IL RECIPROCO ARRICCHIMENTO, FAVORENDO ANCHE IL DIALOGO TRA LE DIVERSE COMUNITÀ Cosa fare? È la domanda che ci poniamo dal giorno dell attacco terroristico dell Isis a Parigi. Il Governo francese ha dichiarato lo stato di guerra. I cittadini francesi ed europei sono disorientati, mentre la comunità internazionale G20 ad Antalya ha deciso di combattere insieme il terrorismo. Nel documento finale si riconosce l esigenza di lavorare a tutti i livelli per prevenire l estremismo violento e sostenere la società civile nel coinvolgimento dei giovani e nel promuovere l inclusione sociale. Quindi l educazione diventa uno degli ambiti e degli strumenti privilegiati per prevenire e contrastare estremismo e radicalismo, considerando che tra i terroristi e i foreign fighters, come nell attentato al giornale Charlie Hebdo, sono presenti anche giovani cittadini francesi e belgi, appartenenti alla seconda o terza generazione di famiglie immigrate. Così si apre una prospettiva rischiosa per l Europa, per i suoi valori e la sua cultura: quella di un aumento di ideologie estremiste e di populismi che si autoalimentano e si contendono lo spazio pubblico e minano le istituzioni democratiche. Oggi la sfida all educazione deve aiutare a non far cadere le nuove generazioni nella trappola di una guerra di civiltà, che offende milioni di musulmani che rispettano valori e regole comuni e si sentono cittadini europei, ma aiutarle a riconoscersi in un altra narrazione, cui loro possono dare un contributo specifico con la ricchezza di una identità più ricca ed europea. Allo stesso tempo la scuola deve creare occasioni, strumenti e luoghi di dibattito tra i giovani anche con il coinvolgimento delle famiglie, delle associazioni culturali e delle comunità per aumentare la conoscenza e il rispetto reciproco. Oggi si impone un altro racconto. Tra questi fatti si colloca la riflessione sul ruolo e il valore della educazione e della cultura, in due direzioni: per prevenire e combattere l estremismo violento come non accettazione dell altro da se e del dialogo tra le diversità, promuovendo conoscenza ed empatia; ma anche per responsabilizzare le comunità e le organizzazioni cui appartengono o a cui fanno riferimento i violenti e i terroristi perché prendano visibilmente e con determinazione le distanze ma anche perché approfondiscano con coraggio le ragioni della deviazione fondamentalista. Credo che la sfida che abbiamo di fronte dovrebbe incoraggiarci ad assumere il modello educativo della interculturalità come ricerca con l altro di un terreno di valori comuni che non rinneghino o privatizzino culture, credi o convinzioni ma ne facciano crescere lo spessore culturale, la capacità di pensiero critico, lo scambio e il reciproco arricchimento, favorendo anche il dialogo tra le diverse comunità. Le armi più potenti di una democrazia, non dimentichiamolo mai, sono l educazione, l inclusione, la cittadinanza attiva, l equità, la cultura. 2

3 L EUROPA DOPO GLI ATTACCHI DI PARIGI DANIELE VIOTTI bilanci IL PARLAMENTO EUROPEO DEVE INIZIARE UNA RIFLESSIONE - CHE SIA POLITICA, MA SOPRATTUTTO CULTURALE - PER RILANCIARE IL PROGETTO EUROPEO : AFFRONTIAMO L ANNOSA QUESTIONE DELLE RESPONSABILITÀ DELL OCCIDENTE NELLA GESTIONE DEL TERRORISMO (DALLE ALLEANZE SBAGLIATE ALLE PROSPETTIVE DI MEDIO TERMINE BASATE SUL CALCOLO ECONOMICO E BASTA) Tutto quello che ci viene in mente per commentare i fatti di Parigi rischia di essere fuori luogo o inutile. Cos altro possiamo dire, noi, che non sia già stato detto da persone più titolate o semplicemente più intelligenti? Dobbiamo pensare subito al dopo Parigi. Cosa sarà. In che tipo di scenario ci muoveremo e cosa possiamo fare noi politici europei. Spesso, infatti, si accusa l Europa di non avere una linea di condotta sulla politica estera: troppi interessi nazionali da tutelare, poca governance, poca autonomia. Questa emergenza può essere l occasione per riflettere tutti assieme sulla costruzione di un nuova politica Europa. Mai come in questo periodo, infatti, si sente l esigenza di più Europa. Il Parlamento Europeo deve iniziare una riflessione - che sia politica, ma soprattutto culturale - per rilanciare il progetto europeo : affrontiamo l annosa questione delle responsabilità dell occidente nella gestione del terrorismo (dalle alleanze sbagliate alle prospettive di medio termine basate sul calcolo economico e basta); decidiamo assieme come vogliamo costruire lo scenario che influenzerà tutto il ventunesimo secolo; portiamo l Europa all esame di maturità. Non dobbiamo lasciare la Francia da sola. È il momento di crescere come comunità e tornare all idea di un continente basato su pace, tolleranza, integrazione; superare divergenze locali per la ragione superiore di un continente che non ha paura di affrontare i problemi e le sfide, le responsabilità e le difficoltà. Un Europa che non ha timore di chiamare le cose col proprio nome. Fosse anche per ridefinire un vocabolario per orientarsi in questi tempi interessanti, come li ha definiti Slavoj Žižek riprendendo una maledizione cinese. Affrontiamo i nostri demoni. Compreso quello della guerra. L Europa è chiamata a intervenire. Facciamolo, ma facciamolo bene. Tutti assieme e con un alleanza vera con altri paesi come la Turchia o la Russia che sia basata anche sul rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali: dobbiamo ricordarci per cosa stiamo per lottare e non accettare compromessi al ribasso. Nella nostra Europa, i diritti non sono una moneta di scambio. Costruiamola assieme, quindi. Partiamo da Parigi per costruire il ventunesimo secolo. E facciamolo bene, perché non voglio che un leader socialista, in futuro, sia nuovamente chiamato a rispondere di atti scriteriati per cui passerà alla storia dal lato sbagliato. È il nostro tempo. 3

4 UN ATTACCO ALLA LIBERTÀ BRANDO BENIFEI occupazione e affari sociali brando.benifei@europarl.europa.eu CIÒ CHE PUÒ ACCADERE È CHE CI COSTRINGANO A CAMBIARE LA NOSTRA VITA E LE NOSTRE ABITUDINI. A QUESTA PRESSIONE NON DOBBIAMO ASSOLUTAMENTE CEDERE: VIVERE CON LA PAURA DEL VICINO, CON CONTROLLI DI POLIZIA PER OGNI ATTIVITÀ, BLOCCANDO O IMPEDENDO MANIFESTAZIONI E INCONTRI CHE POSSANO ESSERE RITENUTI OFFENSIVI DA UNA QUALCHE RELIGIONE SAREBBE UN ATTEGGIAMENTO DISTRUTTIVO VERSO I NOSTRI VALORI DI ITALIANI ED EUROPEI Quando mi trovavo qualche anno fa in vacanza a Parigi con la famiglia, io stesso sono stato a un concerto rock nella sala concerti Bataclan, teatro della orrenda strage dei giorni scorsi. Pochi mesi dopo l attacco alla nostra libertà di espressione con l assalto alla redazione di Charlie Hebdo, i terroristi decidono di colpire la quotidianità dei parigini e degli europei, colpendo in strada, in un ristorante multietnico, allo stadio, in mezzo ai giovani appassionati di musica. E abbastanza evidente che con questi atti di violenza, anche con una regia ben organizzata, non si può distruggere o conquistare l Europa, non è questo che si vuole ottenere con queste azioni. Ciò che può accadere, invece, è che ci costringano a cambiare la nostra vita e le nostre abitudini. A questa pressione non dobbiamo assolutamente cedere: vivere con la paura del vicino, con controlli di polizia per ogni attività, bloccando o impedendo manifestazioni e incontri che possano essere ritenuti offensivi da una qualche religione sarebbe un atteggiamento distruttivo verso i nostri valori di italiani ed europei. Quello che dobbiamo fare è intervenire insieme per estirpare il brodo di coltura profondo di questa ideologia dell odio e colpire militarmente dove l ISIS ha stabilito il suo radicamento territoriale, fra Siria e Iraq prima di tutto. Serve una strategia comune europea e un azione su più livelli: sostenere chi sul campo combatte già Daesh da molti mesi, come i Peshmerga curdi, con più equipaggiamento e più addestramento per i loro soldati (è stato un orgoglio per me sentire dai loro generali che l Italia li sta già aiutando molto, specie su quest ultimo fronte); rafforzare la cooperazione di intelligence e di polizia in Europa e con gli alleati extraeuropei; intervenire per bloccare il flusso di denaro, su cui si sono chiusi gli occhi per troppo tempo, che arriva da alcuni stati verso le casse dell ISIS con l acquisto di petrolio e altri beni, alzando al massimo la pressione politica e anche economica e commerciale; coinvolgere il mondo arabo e la Russia in una coalizione ampia che porti avanti i passi necessari su tutti questi fronti. Sabato 21 novembre, i musulmani italiani si ritroveranno con le forze politiche in Piazza Santi Apostoli a Roma. Con le forze sane della società civile dobbiamo promuovere educazione e rispetto, sostenendo il dialogo interreligioso e colpendo senza timore chi mette a rischio la nostra sicurezza. Non possiamo vincere se perdiamo noi stessi. 4

5 ANCHE I RIFUGIATI SONO VITTIME DEI TERRORISTI CECILE KASHETU KYENGE libertà civili giustizia e affari interni kashetu.kyenge@europarl.europa.eu I RIFUGIATI SONO VITTIME COSÌ COME LO SIAMO NOI, RIPETIAMOLO E GRIDIAMO QUESTA VERITÀ FINO ALLO SFINIMENTO. QUELLI CHE HANNO COMPIUTO QUESTI ATTI DI TERRORISMO SONO GLI STESSI DA CUI I RIFUGIATI SCAPPANO. I POPULISTI PROPONGONO DI BLINDARE LE FRONTIERE DEI PAESI DELL UNIONE EUROPEA, MINANDO ALLE FONDAMENTA E DISTRUGGENDO, INSIEME A SCHENGEN, IL SOGNO EUROPEO. SE QUESTA FOSSE LA RISPOSTA EUROPEA, IL TERRORE AVREBBE OTTENUTO QUELLO CHE VUOLE Siamo tutti ancora sgomenti dagli attentati di Parigi, ma non possiamo farci atterrire. Dobbiamo rispondere con maturità politica che, ancora una volta, passa dall agire insieme come Europa. Più Europa. Non commettiamo gli stessi errori del dopo 11 settembre. Allora la reazione della comunità internazionale assunse la forma di una vendetta e vide divisa l Europa. Il terrorismo va combattuto, nelle forme e con gli strumenti con cui si combatte il terrorismo dei nostri tempi, con una posizione, una forza e con strumenti comuni europei, lasciandosi alle spalle la stagione fallimentare delle scelte solitarie dei singoli Stati nazionali. Serve l unità dell Europa anche all interno di una necessaria coalizione internazionale riconosciuta e investita del potere di contrastare l avanzare del Daesh. Dobbiamo moltiplicare l impegno dell Europa per un accordo in Siria dal quale Assad non può essere escluso, ma che non deve prevederne la continuità al potere. Daesh ci vuole divisi, una divisione figlia della paura e del terrore, una divisione a cui siamo tremendamente esposti per quanto stiamo faticando a trovare una risposta solidale europea alla crisi dei rifugiati: per questo la scelta e il messaggio più forte che l Unione ora possa dare è la solidarietà vera e la vera unità dell Europa. La vicenda del passaporto siriano trovato vicino a uno degli attentatori, se confermata, evidenzia il messaggio che vogliono insinuare: tutti i rifugiati possono essere terroristi. Questa equazione folle va combattuta, perché l insinuazione di questa paura è il loro cavallo di Troia, la paura che scaturirebbe dell identificazione di un milione di rifugiati giunti o in cammino verso l Europa come nemico da combattere e respingere. I rifugiati sono vittime così come lo siamo noi, ripetiamolo e gridiamo questa verità fino allo sfinimento. Quelli che hanno compiuto questi atti di terrorismo sono gli stessi da cui i rifugiati scappano. I populisti propongono di blindare le frontiere dei Paesi dell Unione Europea, minando alle fondamenta e distruggendo, insieme a Schengen, il sogno europeo. Se questa fosse la risposta europea, il terrore avrebbe ottenuto quello che vuole. Non dobbiamo cedere al ricatto della paura e lasciare che le nostre grandi conquiste, come la libertà di movimento, strumento e volto dell integrazione europea, siano messi in discussione. La soluzione è nel solco del sogno europeo. Come? Rafforzando tutti gli strumenti esistenti, e introducendone di nuovi, quale espressione di una vera politica estera, di difesa e di sicurezza comune europea. Fa male dircelo, ma responsabilità di quanto accaduto è anche nel vuoto, nell assenza di questa Europa. 5

6 ESERCITO E POLITICA SULL IMMIGRAZIONE COMUNE MERCEDES BRESSO coordinatrice commissione sviluppo regionale e affari costituzionali mercedes.bresso@europarl.europa.eu PENSO CHE QUESTO SIA IL MOMENTO PER ACCELERARE IL PROCESSO D INTEGRAZIONE EUROPEA: LA COSTRUZIONE DEGLI STATI UNITI D EUROPA È LA VIA DA PERCORRERE. QUELLO CHE OCCORRE È UN ESERCITO COMUNE EUROPEO, UNA POLITICA EUROPEA SULL IMMIGRAZIONE E UNA RITROVATA UNITÀ CHE SIA ANTIDOTO AL FONDAMENTALISMO RELIGIOSO. I fatti di Parigi ci gettano nello sconforto, facendo riemergere pericolosi sentimenti di paura. Siamo chiamati a una risposta che sia ferma, unitaria ed efficace, senza lasciarsi trascinare dalle emozioni. Sul piano internazionale, servirà rilanciare il dialogo e le azioni diplomatiche per garantire stabilità in quei paesi che talvolta loro malgrado ospitano le centrali del terrorismo internazionale. Sul piano interno, servirà intensificare le attività d intelligence, approfondire la collaborazione tra le forze dell ordine e i servizi investigativi degli stati membri, velocizzare lo scambio d informazioni e le capacità di reazione rapida in caso di emergenza, ma non solo: una migliore integrazione delle comunità immigrate spesso emarginate potrà aiutare a dare un futuro di speranza a quei giovani che oggi, senza lavoro e senza prospettive, sono attratti dalla propaganda del terrorismo. Non possiamo accettare che sia la paura a guidare le nostre scelte. Chiudersi dentro i propri confini e costruire muri sempre più alti non potrà essere la risposta per contrastare il fanatismo religioso e il terrorismo, perché è proprio un Europa fragile, impaurita e disunita il primo obiettivo di chi ha colpito Parigi. Penso che questo invece sia il momento per accelerare il processo d integrazione europea: la costruzione degli Stati Uniti d Europa è la via da percorrere. Quello che occorre è un esercito comune europeo, una politica europea sull immigrazione e una ritrovata unità che sia antidoto al fondamentalismo religioso. È nostro dovere dimostrare vicinanza e supporto alla Francia, non solo a parole. Il Presidente Hollande ha chiesto l aiuto degli altri paesi europei tramite l attivazione dell articolo 42 del Trattato, e la risposta è stata unanime e convinta: saremo al fianco della Francia. Questa scelta percorre la strada del metodo intergovernativo, utile per l urgenza, ma non sufficiente sul medio lungo termine. Un ruolo attivo e concreto dell Unione e delle sue istituzioni è vitale per trovare risposte adeguate. Per questo motivo, credo sia fondamentale che si inizi anche a discutere dell articolo 222 del Trattato, il quale contiene un preciso riferimento alla prevenzione del terrorismo all interno degli stati membri, e che prevede un coinvolgimento più diretto dell Unione e delle istituzioni, così da fornire una risposta europea e veramente unitaria. Il modo migliore per onorare il sacrificio delle vittime innocenti di Parigi sarà fare il possibile per evitare che fatti del genere si ripetano. Con uno sforzo congiunto e coordinato dei paesi membri e delle istituzioni dell Unione europea sono convinta che l Europa potrà uscire rafforzata e ancora più unita nei suoi valori di libertà, pace, solidarietà e giustizia. 6

7 LE ARMI DELLA DIPLOMAZIA PIER ANTONIO PANZERI affari esteri ORA PIÙ CHE MAI OCCORRE UNA STRATEGIA CAPACE DI TROVARE UNA VIA D USCITA DAL CAOS IN CUI È SPROFONDATO IL MEDIO ORIENTE. IN PASSATO, ALLE AZIONI MILITARI NON SI SONO ACCOMPAGNATI ADEGUATI SFORZI DIPLOMATICI PER TROVARE UNA SISTEMAZIONE POLITICA, FONDAMENTALE PER ASSICURARE UN EQUILIBRIO DURATURO Gli avvenimenti dello scorso venerdì segnano una pagina gravissima per la Francia e per l Europa intera. Il nostro continente, sempre più spesso colpito dal terrore (dagli attacchi al museo ebraico di Bruxelles alla tragedia di Charlie Hebdo), appare in difficoltà di fronte ad avversari tanto pericolosi quanto imprevedibili. Passato il tempo delle reazioni a caldo, la realtà si mostra come sempre complessa, quasi indecifrabile. Gli attentatori che sono stati identificati erano di nazionalità francese, e altri soggiornavano in Belgio. Alcuni di questi erano soliti viaggiare indisturbati da e per la Siria fino a pocho tempo fa. Ed è proprio sulla Siria che, nelle ultime ore, si sono rivolti i pensieri della classe dirigente europea messa alla prova dai fatti di Parigi. In occasione della riunione che si è tenuta sabato 14 novembre a Vienna sul tema della riconciliazione in Siria, Federica Mogherini ha invitato la comunità internazionale a dimostrarsi più unita che mai e cercare di superare le differenze di vedute. Un appello importante che non deve cadere nel vuoto. In questi giorni la Francia ha lanciato un imponente attacco contro le roccaforti di Daesh a Raqqa, in Siria. L operazione è avvenuta in coordinamento con le forze degli Stati Uniti e ha permesso di colpire un campo di addestramento, un centro di comando e un deposito per le munizioni. Il successo di questa singola operazione non deve far dimenticare che ora più che mai occorre una strategia capace di trovare una via d uscita dal caos in cui è sprofondato il Medio Oriente. In passato, alle azioni militari non si sono accompagnati adeguati sforzi diplomatici per trovare una sistemazione politica, fondamentale per assicurare un equilibrio duraturo. Per questo è importante la firma da parte di Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia, Iran e Arabia Saudita di un trattato che fissa al 1 gennaio la data entro la quale iniziare il dialogo fra governo siriano e opposizione, con lo scopo di arrivare a un cessate il fuoco entro il 14 maggio. Sebbene la comunità internazionale abbia ancora vedute divergenti riguardo al regime di Assad, questo nuovo spirito unitario potrebbe aprire una nuova fase all insegna del dialogo e della cooperazione. Bisogna essere consapevoli, tuttavia, che la Siria non è l unico nodo da affrontare. La Libia è ancora un focolaio di instabilità, lo Yemen appare altrettanto lacerato e i gruppi islamisti si sono infiltrati in molti Paesi dell Africa, come dimostra l attacco a Bamako in Mali di queste ore. Di fronte a una minaccia globale, serve una strategia complessiva capace di comprendere le divisioni che percorrono la grande comunità islamica mondiale e di tessere relazioni politiche con chi, all interno di questo insieme variegato, condivide con l Europa la necessità di bloccare i piani di conquista dello Stato Islamico, e di sconfiggere questa logica del terrore. 7

8 LA RISPOSTA DELLA POLITICA NICOLA CAPUTO agricoltura e sviluppo regionale nicola.caputo@europarl.europa.eu LA FRANCIA E L EUROPA HANNO SUBITO QUESTO DURISSIMO ATTO TERRORISTICO PERCHÉ PATRIA DEI DIRITTI UMANI, COME HA SOSTENUTO IL PRESIDENTE FRANCESE HOLLANDE. ED È PROPRIO PER QUESTO CHE QUELLO CHE NON POSSIAMO PERMETTERCI È CHE L OFFENSIVA TERRORISTA CI TRASCINI IN UNA GUERRA DI CIVILTÀ. L attacco a Parigi è stata una vile aggressione al nostro modo di vivere e alla storia della nostra civiltà. La Francia e l Europa hanno subito questo durissimo atto terroristico perché patria dei diritti umani, come ha sostenuto il Presidente francese Hollande. Ed è proprio per questo che quello che non possiamo permetterci è che l offensiva terrorista ci trascini in una guerra di civiltà. L emotività per quanto giustificata, deve far spazio alla ragione. La situazione - come ha sostenuto il primo ministro italiano Matteo Renzi - deve essere affrontata con una visione strategica complessiva dell intero scacchiere regionale. L emergenza terrore è globale e serve una risposta globale. Questa è una vera e propria guerra che va combattuta, a mio avviso, con determinazione e non solo con le armi convenzionali ma anche con efficaci politiche di prevenzione, allacciando un dialogo interculturale con le diverse comunità religiose, rafforzando lo scambio di informazioni fra i Paesi Ue e naturalmente con lo smantellamento le reti del terrorismo, puntando a colpire anche il riciclaggio di denaro che finanzia le reti criminali e terroristiche. Mai nessuno ha prestato veramente attenzione al grido di allarme lanciato in più occasioni da Papa Francesco che denunciava, senza mezzi termini, l avvio da parte di ignoti di una terza guerra mondiale a macchia di leopardo per l egemonia politica e il controllo delle risorse naturali del pianeta. Abbiamo a questo punto il dovere di capire la genesi della crisi che a fatica riusciamo a decifrare e l onestà intellettuale di ammettere errori ed omissioni che come occidente potremmo aver commesso. I motivi che destabilizzano il Medio Oriente e alimentano la violenza verso l occidente non sono solo politici o religiosi. Alla base dell instabilità ci sono come è noto ragioni economiche e anche climatiche. Per questo faremo molta attenzione ai risultati della prossima conferenza di Parigi sul clima. Non può essere escluso che i cambiamenti climatici nei prossimi anni potrebbero colpire duramente il Medio Oriente e l Africa, alimentando nuovi conflitti e spingendo ancora di più masse di uomini e donne verso l Europa e l occidente. E per questo che bisogna combattere nel modo più determinato il terrorismo ma non farsi trascinare in alcun modo in una guerra che rappresenterebbe solo uno scontro tra civiltà. 8

9 INTERVISTA A MARTIN SCHULZ Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo. Come cambierà l Europa dopo gli attacchi di Parigi? I terroristi credono di poterci dividere, di poterci piegare alla loro logica della violenza, alla loro follia omicida. L Europa ha dimostrato solidarietà e unità con la Francia dopo il grande dolore di Parigi, ma la solidarietà e l unità dovranno continuare ora nei fatti. Dobbiamo sostenere la Francia nella lotta al terrorismo, internamente così come esternamente. Lo dobbiamo ai francesi e alle vittime degli attacchi infami di venerdì scorso, e alle famiglie delle vittime. Ma questa unità e solidarietà è tanto più necessaria in quanto è l Europa intera a essere l obiettivo della follia di Daesh, sono i nostri valori, le nostre libertà, il nostro modo di vivere. L Europa deve dimostrare nei giorni, nei mesi e negli anni a venire la forza della democrazia di fronte al pericolo jihadista. La nostra risposta deve essere di reazione, ma dobbiamo anche pensare alla prevenzione: non solo in un ottica di sicurezza, ma anche in un ottica sociale. Com è possibile che tanti cittadini si siano allontanati dalla società e siano caduti nella trappola di un ideologia mortale? Abbiamo bisogno di fermezza e lungimiranza allo stesso tempo. Pensa che quello che è successo cambierà la politica europea sui rifugiati? Credo che non dovremmo assolutamente commettere l errore di collegare due fenomeni che non c entrano. I rifugiati scappano da quella stessa violenza che i terroristi cercano di esportare. La nostra politica nei confronti dei rifugiati dovrebbe cambiare nel senso che dovrebbe trasformarsi in una vera politica europea efficace e solidale. Al momento ricollocazione e reinsediamenti vanno a rilento. Questo deve cambiare. Ma allo stesso tempo dobbiamo dimostrare maggiore fermezza con chi non riceve lo status di rifugiato. Se vogliamo difendere chi veramente ne ha bisogno dobbiamo allo stesso tempo dimostrare fermezza con chi purtroppo non si qualifica come rifugiato. La nostra relazione con i Paesi limitrofi alla Siria dev essere di un sostegno molto maggiore. Turchia, Libano e Giordania sono a tutt oggi i Paesi che maggiormente soffrono per la guerra in Siria, eppure il nostro sostegno tarda ad arrivare e ci preoccupiamo dei rifugiati solo quando arrivano sulle nostre coste. Dobbiamo non semplicemente sostenere gli sforzi dei vicini, ma dobbiamo assicurarci che la vita dei rifugiati sia degna, e per dignità c è bisogno non soltanto di cibo e cure mediche, ma anche di educazione e lavoro. Come giudica la scelta di intensificare i bombardamenti contro le postazioni di Daesh in Siria? E inevitabile. Daesh semina morte e distruzione dentro e fuori la Siria e l Iraq. Questa piaga dev essere non solo contenuta, ma estirpata. Ma per farlo i bombardamenti aerei da soli non bastano ed è necessaria una soluzione politica al dramma siriano. In questo senso i progressi che hanno avuto luogo a Vienna vanno sostenuti con forza. In Siria assistiamo non solo a una guerra civile, ma anche a una guerra per procura tra attori regionali. Portarli tutti attorno al tavolo e raggiungere una soluzione, è il primo passo per mettere fine alla miseria. Il Parlamento europeo è coinvolto nei negoziati interistituzionali per arrivare a un archivio dei dati dei passeggeri aerei, il cosiddetto PNR. Con la lotta al terrorismo dobbiamo abituarci a vivere con minore privacy e meno libertà civili? Sicurezza e libertà non sono in contraddizione, anche se la ricerca dell equilibrio è difficile e delicata. Questo vale anche per il PNR, ma c è un momento per il dibattito e un momento per le decisioni e non possiamo prolungare l attesa. Abbiamo bisogno di un testo equilibrato, che dia certezze, che eviti abusi, ma che possa davvero aiutare a lottare contro i terroristi in maniera efficace. Compagnie private accedono a una quantità impressionante di dati, e li usano per aumentare i loro profitti. Il potere pubblico sta chiedendo di avere accesso a dei dati per la protezione della nostra sicurezza nel rispetto della proporzionalità. E necessario arrivare a una sintesi, e in fretta. E allo stesso tempo è anche necessario concludere le negoziazioni sul pacchetto della protezione dei dati. Con volontà politica sufficiente, dovremmo concludere entrambe le negoziazioni entro l anno. Per la prima volta in Europa è stato utilizzato l articolo 42.7 del Trattato, sulla solidarietà militare tra Stati membri. Pensa che questo è un passo in avanti nella direzione di una vera difesa europea o è un altro strumento intergovernativo che porterà alle solite dispute tra Paesi come è già successo per i rifugiati? Credo che la richiesta dell articolo 42.7 sia assolutamente giusta e legittima. L articolo prevede un obbligo di aiuto e assistenza da parte dei paesi dell Unione. L ottica rimane quindi intergovernativa. E per me evidente che la Francia va aiutata anche in quanto al momento è lo Stato che nell Unione si sta facendo maggiormente carico della sicurezza, dal Sahel alla Repubblica Centroafricana fino alla Siria. In questo caso non credo si arriverà a delle dispute, in quanto la Francia ha chiesto aiuto agli Stati in relazione alla disponibilità di mezzi che loro possono mettere a disposizione, ma è chiaro che la solidarietà sarà chiaramente quantificabile in relazione alle domande francesi. Sembra che due dei terroristi che hanno partecipato agli attacchi di Parigi fossero noti ai servizi segreti del Belgio, ma l informazione non è mai arrivata in Francia. Ritiene sufficiente una maggiore condivisione delle informazioni o pensa che è ora che l Ue si doti un servizio di intelligence europeo? L idea di un intelligence europea è per me utile, ma al momento non ho visto sostegno da parte degli Stati. Nel breve termine dobbiamo migliorare la condivisione delle informazioni e delle best practice. E dovremmo utilizzare al meglio le risorse e le piattaforme che già possediamo: per esempio il Sistema d informazione Schengen ed Europol. Questo migliorerebbe già, e di molto, la sicurezza degli europei. (Intervista pubblicata su l Unità del 20 novembre 2015) 9

10 BRANDO BENIFEI occupazione e affari sociali GOFFREDO MARIA BETTINI affari esteri SIMONA BONAFE ambiente, sanità e sicurezza alimentare MERCEDES BRESSO coordinatrice commissione sviluppo regionale e affari costituzionali RENATA BRIANO vicepresidente commissione pesca NICOLA CAPUTO agricoltura e sviluppo regionale CATERINA CHINNICI libertà civili, giustizia e affari interni SILVIA COSTA presidente commissione cultura e istruzione ANDREA COZZOLINO vicepresidente commissione sviluppo regionale NICOLA DANTI vicepresidente commissione mercato interno PAOLO DE CASTRO coordinatore commissione agricoltura e sviluppo rurale ISABELLA DE MONTE trasporti e turismo ENRICO GASBARRA membro commissione giuridica ELENA GENTILE occupazione e affari sociali MICHELA GIUFFRIDA sviluppo regionale ROBERTO GUALTIERI presidente commissione affari economici e monetari CECILE KASHETU KYENGE libertà civili, giustizia e affari interni LUIGI MORGANO cultura e istruzione ALESSIA MOSCA commercio internazionale PIER ANTONIO PANZERI affari esteri MASSIMO PAOLUCCI ambiente, sanità e sicurezza alimentare PINA PICIERNO membro commissione bilanci GIANNI PITTELLA presidente Gruppo S&D DAVID SASSOLI vicepresidente Parlamento europeo RENATO SORU affari economici e monetari eurodeputatipd.eu PATRIZIA TOIA vicepresidente commissione industria, ricerca ed energia DANIELE VIOTTI membro commissione bilanci FLAVIO ZANONATO industria, ricerca ed energia DAMIANO ZOFFOLI ambiente, sanità e sicurezza alimentare 10

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