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1 - SIRIA, A.D Credo che le incaute speranze e gli ancor più incauti entusiasmi per le cosiddette primavere arabe si siano ormai volatilizzati, soprattutto in seguito alla vicenda che ha coinvolto Gheddafi in Libia. Gheddafi è stato un tiranno a lungo tollerato e perfino adulato dagli occidentali, finché questi, soprattutto i francesi e i britannici, non hanno cominciato ad accorgersi che egli stava rompendo le uova nel paniere ai loro interessi africani, opponendosi contemporaneamente alle speculazioni di alcune multinazionali nei lucrosi campi dell acqua e della telefonia in quel martoriato continente. Allora, le coscienze democratiche degli europei si sono repentinamente risvegliate: e la NATO si è affrettata a una manovra d interposizione a senso unico tra il colonnello e i ribelli di Bengasi, promossi patrioti e democratici sul campo. L uccisione di un diplomatico statunitense a Bengasi il 12 settembre 2012 in seguito ai moti provocati da un provocatorio film offensivo nei confronti dell immagine del Profeta ha poi provato che quei democratici non erano del tipo che i media occidentali di solito immaginano e ha subito fatto scattare le solite querimonie contro i fanatici fondamentalisti. Del resto, già alcuni mesi or sono, alcune di quelle vere o supposte primavere arabe erano state tacitamente e brutalmente soffocate dal Marocco all Algeria alla Giordania al Bahrein al Qatar allo Yemen all Arabia Saudita, alcuni governi dei quali e gli organismi mediatici che essi finanziano sostengono invece decisamente i gruppi fondamentalisti, che altrove hanno animato, se non addirittura egemonizzato, la rivolta. Infine a parte l iniziale caso tunisino, che aveva forse preso in contropiede sia i governi che gli imprenditori occidentali la rivolta si è invariabilmente indirizzata contro i paesi musulmani retti da quei regimi che noi, impropriamente, definivamo laici. Nemmeno uno dei ricchi e feroci tirannelli degli emirati, che il petrolio e il turismo hanno ormai reso arciopulenti e che sono interlocutori preziosi delle banche e delle lobbies occidentali, è stato rovesciato, mentre, fra i regimi arabi laici, quello dei militari algerini è rimasto indisturbato nonostante il responso negativo delle urne 1. Quanto alla Libia, i tragici fatti di Bengasi sono piuttosto eloquenti e gettano un ombra inquietante sia sulla leggerezza con la quale in passato, pur di rovesciare Gheddafi, si sono sostenuti i gruppi fondamentalisti, sia sul trend statunitense degli ultimi mesi di ricreare l atmosfera da luna di miele tra gli USA e i fondamentalisti sunniti dell Iraq, dell Iran, del Pakistan e dell Afghanistan. Il puzzle siriano Questa premessa è indispensabile, per aiutarci a osservare in modo più obiettivo e ragionevole ciò che sta accadendo proprio ora in un paese-chiave del Vicino Oriente: la Siria. Già, la Siria: un grande paese, con una grande civiltà. Storicamente, l area, che già nell antichità era una delle più civili e popolose al mondo con culture di villaggio fin dal VII millennio a.c. e fiorenti centri urbani, come Ugarit e Mari, dal III a.c. corrispondeva al territorio oggi occupato dalla Siria, da Israele, dalla Giordania e dal Libano. Si trattava di un immensa area di più di 310mila chilometri, in gran parte desertica, ma resa rigogliosa 1 In Egitto, per esempio, non si è riusciti a salvare Mubaraq, sebbene fosse compromesso quanto lo era Ben Ali, il presidente tunisino, esiliato all estero all inizio del Secondo l opinione pubblica occidentale, infatti, i fondamentalisti moderati rappresentati dal movimento dei Fratelli Musulmani, ben radicato in molti paesi arabi, sono preferibili ai nuovi gruppi nascenti sulla stessa scena politica.

2 dai corsi dell Eufrate, dell Oronte e del Giordano. L area coincideva, pertanto, con gran parte della cosiddetta mezzaluna fertile, la fascia ubertosa e popolata attigua a quei grandi fiumi. La Siria di oggi è il risultato della provincia dipendente dal governatorato di Adana creata dall Impero ottomano, che fu occupata dalle truppe francesi nel 1919 in seguito alla violazione degli accordi presi con le popolazioni arabe locali. Dopo oltre un quarto di secolo di dure lotte, nel 1946 fu conquistata l indipendenza e nacque così la Repubblica Araba di Siria: chilometri quadrati in gran parte desertici, abitati da una popolazione di oltre 22 milioni di abitanti in buona parte concentrata nelle grandi città di Damasco, Aleppo e Homs. Dopo l effimera unione con l Egitto nella Repubblica Araba Unita, dal 1963 lo Stato siriano è dominato dal regime monopartitico del partito Baath ( rinascita ), originariamente a tendenza nazionalista e socialista nasseriana. Dal 1970, il potere è prima nelle mani della famiglia del generale Hafezel-Assad, e poi del figlio Bashar, il cui ruolo presidenziale è stato confermato nel 2007 da un referendum. Hafezel-Assad era un uomo duro (tristemente celebre la repressione dei ribelli sunniti a Homs) e le accuse, che da parte internazionale pesano sul governo siriano, riguardano la violazione dei diritti umani in politica interna, il costante atteggiamento favorevole all Iran in politica estera, l atteggiamento egemonico in Libano culminato nel 2007 nell assassinio del presidente libanese, il sunnita Hariri e l appoggio al partito Hizbollah. Sotto altri aspetti, tuttavia, gli osservatori internazionali sono finora stati concordi nel sottolineare alcuni caratteri positivi del governo di Bashar, che non ha ereditato la spietatezza paterna. Lo Stato sociale siriano si è distinto per il buon funzionamento, per le istituzioni e le strutture pubbliche e per il sistema di welfare, nettamente migliore rispetto a quello della maggior parte dei Paesi del vicino Oriente. Giochi di potere Le sanzioni, imposte dal 2004 alla Siria sulla base di presunte e mai ben precisate connivenze con il terrorismo islamico, finora erano state applicate con mano leggera e il clima diplomatico, anche rispetto agli USA, nel 2009 era nettamente migliorato. Le cose sono andate diversamente con Israele, su cui pesano il contenzioso per il Golan (la regione siriana importante in quanto vera e propria grande riserva idrica, in parte occupata da Israele nel 1967 durante la guerra dei Sei Giorni e quindi da Israele stesso annessa nel 1981) e i postumi del raid aereo israeliano del 2007 contro alcune presunte installazioni nucleari siriane (la cui esistenza non è mai stata comprovata). Per una più corretta comprensione della situazione della Siria di oggi, bisogna valutare anzitutto quattro cose: 1. dagli anni Sessanta, la Siria è stata la più costante, sicura e valida interlocutricealleata, nel Vicino Oriente, prima dell URSS e poi della Russia; 2. il governo di Assad, di famiglia alawita, controlla un Paese, che è all 80% di osservanza sunnita (gli alawiti, non più dell 11%, costituiscono piuttosto un gruppo sciita-ereticale ); 3. dal 1979 è sempre stata in buoni rapporti con il governo della repubblica islamica dell Iran, paese sciita; 4. permane l occupazione israeliana del Golan, con relativo sfruttamento delle sue risorse idriche, nonostante le risoluzioni dell ONU al riguardo.

3 A margine di questo, va tenuta in conto anche l annosa tensione tra la Siria e la Turchia, dovuta a questioni sia etno-religiose che confinarie e idriche le sorgenti dell Eufrate sono in territorio turco e alla recente scoperta di giacimenti sottomarini di gas nelle acque territoriali turche, cipriote, libanesi e siriane. Bisogna inoltre in questo momento considerare che, con i venti di guerra che sembrano soffiare tanto dai paesi arabi e sunniti del Golfo quanto da Israele contro l Iran, l eliminazione del governo baathista siriano isolerebbe ulteriormente il governo iraniano e indebolirebbe l influenza della Russia nel Vicino Oriente. 2 Da qui, l appoggio dei paesi arabi sunniti (alcuni dei quali come per esempio il Bahrein, il Qatar e l Oman hanno al loro interno delle minoranze sciite, nei confronti delle quali seguono una linea politica ferocemente repressiva) al cosiddetto esercito di liberazione siriano, che è in realtà una complessa galassia di gruppi comprendente anche molti volontari non siriani, impegnati nella jihad sunnita. Uno degli aspetti più importanti da tenere presente, infine, è che gli alawiti, nella cui dottrina musulmana sono presenti anche elementi di origine cristiana e mazdaica, hanno sempre avuto tutto l interesse a mantenere in Siria un clima costituzionale, che noi definiremmo laico. Temendo l egemonia sunnita, gli alawiti hanno fraternizzato con i cristiani siriani i quali, mettendo insieme le tre principali Chiese, rappresentano il 9% della popolazione, cioè circa due milioni di persone e con le minoranze maronite, armene, e caldee che, pur avendo ormai aderito alla Chiesa cattolica, hanno mantenuto i loro riti liturgici. Il patriarca cristiano melkita Gregorio III Laham è più volte intervenuto in modo autorevole, ma restando inascoltato dai media sull attuale situazione, per sottolineare che, pur non essendo i cristiani favorevoli al regime di Assad, fino ad oggi la costituzione e il governo di Damasco abbiano garantito libertà e tutela alle Chiese cristiane e che, invece, le Chiese cattoliche hanno motivo di temere che, nel fronte ribelle, possano prevalere i sunniti fondamentalisti, i quali hanno aumentato le rappresaglie anticristiane; il patriarca ha inoltre denunciato le forti presenze e ingerenze straniere e occidentali all interno del fronte sunnita. Insomma, una Siria 2012 che comincia stranamente a somigliare, per certi versi, alla Spagna E tanto i governi quanto i media occidentali fanno di tutto per sottolineare tale somiglianza parlando ormai francamente di paesi arabi come il Qatar che, con il consenso e l appoggio della NATO, potrebbero intervenire nella situazione interna siriana modificandola a favore degli insorti. Il modello delle brigate internazionali del sembra,mutatis mutandis, puntualmente seguito. Le Chiese cristiane si sono comunque in genere dette favorevoli al piano di pace proposto da Kofi Annan a nome dell ONU e dalla lega Araba e appoggiato dai movimenti siriani non-violenti come l interreligioso Mussalah. Analoghe posizioni sono, nella sostanza, sostenute da uno dei più seri e intelligenti conoscitori italiani della questione siriana: il gesuita Paolo dall Oglio, che pure è stato praticamente espulso dalla Siria, nel giugno del 2012, dopo esservi vissuto per trent anni e avervi fondato la bella comunità di Deir Mar Musa. Fin dall inizio del movimento che noi chiamiamo primavera araba in Siria, padre dall Oglio ha parlato apertamente sia della spontaneità e della sincerità dei tanti cittadini (soprattutto giovani), che chiedono libertà e un futuro migliore, sia delle menzogne e delle violenze del governo; egli ha anche sottolineato che, messi alle strette, gli esponenti del gruppo minoritario sciita che sono ancora al governo (che rappresentano un paio di milioni di persone) potrebbero puntare sulla resurrezione dello stato autonomo 2 D altronde, l isolamento dell Iran e della Russia è un dato tanto caratteristico della propaganda mediatica dei paesi occidentali quanto obiettivamente lontano dalla realtà. Per quanto riguarda la situazione vicinoorientale, tanto Cina quanto India nonostante i non idillici rapporti tra loro sembrano allinearsi con la Russia; e lo stesso vale per altri due grandi paesi emergenti dell ex-terzo Mondo, il Brasile e il Sudafrica. Come tale situazione possa configurare un isolamento diplomatico, resta francamente arduo a comprendersi.

4 alawita insediatosi nella zona attorno a Lattakya, nel sud-ovest del paese che era stato prima riconosciuto dalla Francia nel 1922 e poi eliminato nel 1946, alla fine del mandato francese. Dall Oglio sostiene inoltre che Assad, dopo avere visto fallire il suo primitivo progetto di semplice repressione del movimento ribelle, messo ormai alle strette ha tutto l interesse a prolungare la resistenza, andando però a rafforzare, sul fronte ribelle, la pericolosa componente sunnita fondamentalista. La posizione del Dall Oglio sembra tuttavia sottovalutare due dati effettivi: primo, la forza e l intensità con cui i Paesi arabi sunniti si sono impegnati per islamizzare la rivolta contro Assad; secondo, il fatto che, per accelerare al massimo la soluzione del conflitto, occorrerebbe un accordo internazionale e non l invio di una Forza ONU a sostegno dei ribelli come è stato fatto in Libia, con le conseguenze che tutti conosciamo al quale, per il momento, si oppone la Russia con il suo veto al Consiglio di Sicurezza. La diplomazia russa, appoggiata da quella di altri paesi, chiede che si conducano le trattative tenendo presenti anche le posizioni del governo di Damasco e non facendo di esso un pregiudiziale capro espiatorio; ma le sue posizioni vengono presentate dai nostri media come ispirate solo dagli interessi geopolitici e petroliferi, nonché da un pregiudizio unilateralmente filoiraniano. In modo analogo, è passata sotto silenzio la lettera con la quale Kofi Annan, l inviato speciale delle Nazioni Unite, ha denunciato il fatto che «si è insediata in Siria una forza terroristica, ostile a ogni mediazione» e ha smascherato la speculazione mediatica sul famoso massacro di Hula, precipitosamente e, a quel che pare, ingiustamente attribuito alle forze governative. Ora, sono proprio queste continue forzature interpretative a scoprire una parte importante della realtà. Qui non si tratta di isterico complottismo antiamericano, si tratta della più che ragionevole ipotesi che, alla base dell impegno teso a eliminare il governo baathista, ci sia la volontà, da parte di alcuni ambienti statunitensi e israeliani, di portare un attacco militare diretto contro le vere o supposte installazioni nucleari iraniane. E anche questo è un tipo di isterismo complottista, uguale e contrario al complottismo antiamericano, ma molto più forte politicamente e militarmente, e potrebbe anche prevalere, se i repubblicani vincessero le elezioni statunitensi del prossimo novembre. Che le cose stiano così, risulta chiaro facendo una pacata analisi di quanto è accaduto da un anno a questa parte: non a caso, il n. 1 del 2012 di Limes, Protocollo Iran, già mesi fa collegava correttamente il problema dell atomica iraniana ( minaccia o pretesto?) alla questione dell estrazione e del commercio del petrolio quindi alle tensioni arabo-iraniane nel Golfo di Hormuz, minacciato dal blocco e alla crisi siriana, nonché alla situazione irakena, afghana e pakistana. Primavera o disgregazione del mondo arabo? L evidenza, però, è sotto gli occhi di tutti: mentre, da un lato, dalla primavera del 2011 si diradavano o cessavano del tutto le notizie sulle manifestazioni e sulle repressioni dall Algeria al Marocco e alla penisola arabica, dall altro prendeva corpo il caso egiziano e si addomesticavano le rivolte, mettendo in evidenza quelle che servivano e facendo sparire le altre. In questo modo, le folle che chiedevano la democrazia in Siria, così come in Libia, diventavano un argomento dell informazione quotidiana, anche se Assad, già dai primi di novembre del 2011, aveva accettato il piano di pacificazione con l esercito di liberazione, proposto dalla Lega Araba. Invece che all avvio di detto piano, si assisté a un escalation di notizie unilaterali garantite dalla sola autorità del Consiglio Nazionale Siriano in esilio a Istanbul, organizzazione dell opposizione sulle violenze governative e sulle pretese basi

5 nucleari, nonché al successivo ritiro, alla fine del gennaio 2012, degli osservatori della Lega Araba dalla missione internazionale in Siria, in attesa delle decisioni degli altri membri. La lega Araba, ritirandosi, non trovava niente di meglio che auspicare l invio in Siria dei caschi blu dell ONU. Tra gennaio e febbraio, vista l opposizione russa e cinese alla prospettiva di un intervento armato in Siria, caldeggiato soprattutto dai francesi e dai britannici, da parte dei Paesi occidentali veniva intensificata l attività di sostegno diplomatico e finanziario alle opposizioni 3, mentre al governo siriano venivano regolarmente imputate azioni come quella di Homs, durante la quale perse la vita il giornalista francese Jacques Jacquier che erano piuttosto frutto di attività patriottiche (o terroristiche, come indubbiamente sarebbero definite in differenti contesti). Sempre ai primi di febbraio, il portale Debkafile, vicino a Israele, annunciava l invasione della Siria da parte di truppe britanniche e qatariote, mentre dalla Libia liberata giungeva l auspicio che i reggimenti turchi arrivassero per primi: essendo formati da musulmani sunniti, sarebbero stati accolti meglio dei caschi blu. Che questi reparti stranieri calchino o meno il suolo di un paese sovrano e membro delle Nazioni Unite, non sembra interessare nessuno. Come in Afghanistan a partire dal 2001 e in Iraq a partire dal 2003, siamo in piena deregulation: l agire nel più pieno disprezzo delle norme giuridiche internazionali sembra diventata la regola. In seguito al clima così instauratosi, alla fine del gennaio 2012 la Russia annunciava il suo rifiuto di partecipare al gruppo di contatto sulla Siria, previsto per il febbraio successivo. Si profilava, infatti, l eventualità che il gruppo di contatto fosse disposto a sostenre il progetto di Hisamuddin al-awk, un ufficiale siriano disertore in Egitto, che mirava a mettere insieme un corpo di mercenari per spedirlo a combattere nel suo Paese. In tale situazione, il referendum indetto dal governo siriano per il 26 gennaio 2012, che prevedeva una riforma costituzionale in senso pluralistico, non solo non veniva tenuto in alcun conto, ma veniva immediatamente derubricato con noncuranza come demagogico, senza alcuna considerazione per il suo significato distensivo. Intanto, i media occidentali davano rilievo alle notizie sulle fughe all estero dei capitali dell élite di governo e sulle defezioni di alcuni collaboratori di Assad; e trascuravano, come del tutto irrilevanti, le denunce all ONU dell ambasciatore russo Vitaly Churkin sull ingerenza libica nella crisi siriana e sulla presenza sul suolo siriano di volontari di al-qaida addestrati in Libia. Proprio loro: gli uomini di Bin laden, fino a ieri pericolosi terroristi e oggi precipitosamente promossi a combattenti democratici. Il piano di pace dell ONU venne presentato tra l 11 e il 12 aprile 2012; secondo l Osservatorio Siriano sui Diritti Umani, organizzazione dell opposizione con sede a Istanbul, il governo siriano vi si oppose subito. In realtà una delle ultime scelte del francese Sarkozy, prima di andarsene dall Eliseo, fu tesa a vanificare il piano di pace dell ONU per favorire invece i corridoi umanitari, in modo da tenere in vita l opposizione ad Assad. La posizione francese è stata portata poi avanti dal governo Hollande, con l appoggio concreto di fondi ed equipaggiamenti attraverso l associazione Amis du Peuple Syrien. Alla fine di maggio, al suo arrivo a Damasco, Kofi Annan aveva parlato di un cessate il fuoco e di una concreta disponibilità governativa: ma le diplomazie occidentali avevano replicato che ormai in Siria si era alla guerra civile e formulato invece ipotesi unilaterali su una no fly zone in territorio siriano, garantita dal Qatar e dalla Turchia. Nonostante la grande abbondanza di informazioni attingibili, i principali media dell Europa occidentale si affidavano solo alle notizie diffuse dal network «Al Jazeera» e ad alcuni commenti diffusi 3 Nello stesso periodo, il governo statunitense induceva quello italiano a stanziare 18 miliardi di euro per l acquisto di alcuni cacciabombardieri F 35.

6 da Tweeter. 4 Tutto il resto non contava. Per esempio, il 17 maggio 2012 in Siria si sono tenute le elezioni amministrative, che hanno visto un affluenza alle urne del 51,26%, una percentuale molto alta, tenendo conto del contesto; tuttavia, i commenti al riguardo sono stati a priori: si è parlato, infatti, di manipolazione, di intimidazione e di propaganda governativa. Il 29 maggio 2012, Il Corriere della Sera con un linguaggio che il Minculpop 5 avrebbe trovato massimalista definiva grazie alla penna del giornalista e filosofo Bernard- Henri Lévy, da Parigi, «disfattista» l atteggiamento di tutti coloro che, a proposito della situazione siriana, esigevano prudenza e maggiori informazioni. Il Lévy considerava appunto disfattisti «che si sono sempre sbagliati» coloro che «la vigilia della caduta di Tripoli, prevedevano ancora un pantano». Altro che pantano: i fatti di Bengasi dell settembre successivo, con l assassinio del diplomatico americano in Libia hanno confermato che i cattivi profeti e i profeti cattivi coincidono sempre. Quanto a Kofi Annan, egli ha affermato chiaramente che è impossibile invitare le parti contrapposte in Siria a un confronto costruttivo, in quanto una di esse le forze di liberazione non ha una leadership riconoscibile ed è fortemente inquinata da istanze fondamentaliste: le medesime che si rivelano sempre più importanti in quella nuova Libia democratica tanto ben gradita a Bernard-Henri Lévy. Sta di fatto che il sangue di un innocente diplomatico statunitense, in seguito a una sconsiderata provocazione e a una feroce reazione, è stato sparso, nella Bengasi liberata, dai democratici fondamentalisti libici di nuovo alleati dell Occidente (come lo erano in Afghanistan nei primi Anni Novanta del Novecento), non dai servi del tiranno di Damasco. Si tratta di quegli stessi democratici che, appena qualche mese prima, erano stati aiutati dalla NATO a liberarsi di un altro tiranno... E allora, Monsieur Lévy, davanti all ipotesi che i Caschi Blu, appoggiati magari dalla solerte artiglieria turca provocata, naturalmente - 6 e dagli ausiliari del Qatar, possano far domani in Siria quello che ieri ha fatto la NATO in Libia, sono con il Suo permesso un disfattista anch io: anch io chiedo prudenza e maggiori informazioni. Franco Cardini 4 Lo ha fatto correttamente notare Eduardo Zarelli in un articolo comparso sul numero di luglio-agosto 2012 di Diorama. 5 Il Ministero della Cultura Popolare del governo fascista italiano. 6 Il 9 ottobre 2012 il presidente turco Erdogan si è formalmente dichiarato pronto, per il suo paese, alla guerra contro la Siria: e puntualmente, tempestivamente, gli alti comandi della NATO hanno assicurato che in questo caso l organizzazione di difesa nordatlantica (la NATO, non dimentichiamolo, è sul piano formale questo: quanto l Atlantico settentrionale abbia a che fare con Siria e Turchia, chiunque può apprezzarlo grazie alla consultazione di un normale atlante geografico ) sarebbe al fianco dell alleato turco. Si sta replicando il copione che ha condotto al rovesciamento di Gheddafi in Libia. Il punto è che la Libia di Gheddafi appariva davvero isolata, mentre dietro la Siria di Assad c è la Russia e non solo. La prospettiva che l attacco alla Siria possa essere premessa e prova generale dell attacco all Iran se i repubblicani vinceranno le elezioni statunitensi fa ragionevolmente ritenere che si stia rischiando sul serio una catastrofe.

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