LA PROPRIETA INTELLETTUALE QUALE STRUMENTO CHIAVE NELLE STRATEGIE COMMERCIALI DEL MERCATO GLOBALE
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- Silvia Angelini
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1 LA PROPRIETA INTELLETTUALE QUALE STRUMENTO CHIAVE NELLE STRATEGIE COMMERCIALI DEL MERCATO GLOBALE di Avv. Elena Marangoni Le aziende devono guardare alla Proprietà Intellettuale da una prospettiva d attacco e cominciare a considerarla un Prodotto che frutta denaro K.Rivette-D.Kline Operando da oltre quindici anni nell ambito della proprietà industriale a più riprese mi sono trovata ad interrogarmi sui motivi della mancanza di attenzione di una grande parte delle aziende italiane verso il loro stessi patrimoni di beni intellettuali. Si tratta infatti di una classe imprenditoriale che nulla ha da invidiare ai concorrenti degli altri paesi quanto a conoscenze, sagacia, capacità di sviluppare strategie produttive e commerciali di espansione o di conservazione della propria area di mercato, forte intuito sulle nuove tendenze del mercato e dei concorrenti e capacità di rispondere efficacemente. Tale capacità imprenditoriale ha reso nei decenni passati l Italia un concorrente di rispetto per gli altri paesi del mondo occidentale e dell oriente. Tuttavia i cambiamenti epocali introdotti dall avvento dell era informatica e di Internet, e dalla globalizzazione dei mercati, seguita al crollo dei regimi comunisti, non sembrano essere ancora stati metabolizzati dalle nostre imprese. Sempre più il mercato va scindendosi in titolari di (piccoli o grandi) patrimoni intangibili marchi, brevetti, disegni industriali, varietà vegetali, know-how e segreti aziendali, copyrights su software, banche dati, opere creative etc. e terzisti che realizzano il prodotto per conto dei primi, spesso sottoposti condizioni contrattuali al limite della sopravvivenza. Tra questi due gruppi una massa in costante crescita di produttori di beni generici, spesso anonimi, in forte competizione tra di loro una volta di più su meri parametri di prezzo la cui sopravvivenza oggi è messa a grave rischio dall apparizione sempre più massiccia di prodotti provenienti da paesi orientali o ex-sovietici ove il costo del lavoro ha valori non confrontabili. 1
2 Con la delocalizzazione della produzione e la forte tendenza ad una elevazione del livello qualitativo dei prodotti originanti dai paesi dell estremo oriente o del terzo mondo, inoltre, il collegamento qualità paese d origine andrà sempre più riducendosi a limitate fasce di prodotti- ad es. alimentari- e si legherà sempre più ad effettive peculiarità qualitative del prodotto con denominazione d origine, - quali le modalità do produzione, coltivazione, lavorazione, conservazione. Conseguentemente, anche la attuale proliferazione di denominazioni d origine o protette, che si limitano spesso ad essere dei nomi dietro ai quali si celano prodotti di qualità poco elevata e comunque molto disomogenei, dovrà cedere il passo alla creazione di vere e proprie aree protette della produzione alimentare, con rigide regole di entrata e severi controlli qualitativi. Per il resto, è avviso della scrivente, che nel corso dei prossimi decenni la percezione del consumatore verso il prodotto made in verrà sempre più ad allentarsi, come logica conseguenza della succitata delocalizzazione produttiva decisa dalle imprese stesse. Come ho accennato sopra l altra conseguenza della globalizzazione, ma soprattutto della delocalizzazione produttiva è l esportazione delle conoscenze e della expertise produttiva costruita dalle nostre aziende nel corso degli anni. Se tale azione di export del patrimonio intellettuale dell azienda non avviene in modo controllato, cosciente e strategico il rischio, - abbastanza evidente - è che nel giro di pochi anni, una volta che l azienda o i lavoratori del paese di delocalizzazione abbiano acquisito sufficiente capacità di gestire autonomamente tali conoscenze e di conseguenza l iter produttivo, finiranno per volersi sostituire nelle commesse al partner originario, provocando la sua uscita dalla eventuale partnership - spesso aiutati da normative nazionali più o meno chiuse che vietano la creazione di società ad azionariato solo straniero o semplicemente costituendo nuove imprese concorrenti, spesso a poca distanza e deviando verso di queste personale tecnicamente esperto e clienti. Si pensi per un esempio vicino alla partnership spagnola Fiat- Seat, risoltasi nella esportazione del know how FIAT e scarsi risultati in termini di acquisizione di nuovi mercati di produzione o commercializzazione. Tale tendenza a una distribuzione delle conoscenze e delle capacità produttive sta elevando il potenziale qualitativo dei prodotti provenienti dai paesi terzi, 2
3 radicalizzando la competizione sul prezzo. A parità di qualità del prodotto, infatti, la contrattazione non può che ridursi al prezzo, e il peso del costo del lavoro ( che, ricordiamolo è il peso del nostro benessere), non può non porre i nostri prodotti fuori dalla competizione rispetto a quelli dei paesi dell est e dell estremo oriente. A nulla può valere lo schermirsi dietro la maggiore qualità dei prodotti nostrani, quando gli stessi produttori realizzano i loro prodotti a volte qui a volte in quei paesi. Nè sulla mancanza di paritarie condizioni di lavoro, giacché tali argomenti hanno natura prettamente politica e poco possono valere in una contrattazione commerciale. Altrettanto utopista è la posizione di chiusura che molte voci auspicano, per esempio contro la Cina, con l imposizione di dazi o limiti all export nel nostro paese. Va infatti detto che la Cina, e seguiranno a breve India e Vietnam, già da anni sta attuando una politica di strategia commerciale davvero illuminata. Sin dal 1989 la Cina è membro della Convenzione di Madrid sul marchio Internazionale e dal 1995 ha aderito anche al Protocollo di Madrid (l Italia, che è membro della convenzione dal 1894, ha aderito al protocollo solo nel 2000), ed è membro delle maggiori convenzioni sulla Proprietà Intellettuale. Le sue normative in materia sono conseguentemente assimilate a quelle dei maggiori paesi occidentali, e con la sua entrata nel WTO, avvenuta l , ha accettato di attivarsi nell applicazione della tutela giuridica della PI, così come previsto dagli accordi TRIPS. Nel corso del 2004 il numero di depositi di Marchio internazionale effettuati da società cinesi è salito a 1015, un numero ancora basso se comparato a quello dei maggiori paesi europei e dell Italia stessa, ma indicativo qualora si valuti il dato statistico: la crescita dei depositi rispetto all anno 2003 è stata infatti del 135%! Questo dato sta ad indicare che la Cina non intende restare semplicemente un economico centro di produzione di prodotti di società straniere ma intende ora iniziare a competere con esse direttamente nei mercati occidentali sfruttando gli strumenti di Proprietà Industriale per aprire e proteggere la strada ai propri prodotti nei mercati occidentali. 3
4 Condizione di accesso e permanenza nel WTO è il mantenimento di regole di mercato paritarie tra gli operatori nazionali e quelli degli altri paesi membri, così da favorire la creazione di un sistema concorrenziale il più possibile aperto, trasparente e leale. Non è questa la sede per considerazioni in merito alla effettiva capacità del WTO di favorire un sistema di libero commercio o in merito alla distruzione dei tessuti produttivi tradizionali che questo sistema rischia di provocare. Sul piano operativo l adozione di misure vecchio stampo di protezione del prodotto interno 8dazi, limitazioni quantitative all import etc..) è oggi bloccata e duramente sanzionata sia a livello comunitario, sia a livello mondiale, dal WTO, quando miri a imporre trattamenti differenziati dei suoi membri. L adozione di tali misure, spesso demagogicamente auspicate in questi ultimi tempi per scopi propagandistici o politici, è pertanto una via ardua, se non impossibile. Il messaggio del Presidente della Repubblica Ciampi del 1 maggio 2005, che proprio su queste linee giunge a sollecitare le imprese italiani a sviluppare la protezione di marchi e prodotti italiani, mi pare un segnale evidente. La creazione da parte del Legislatore di un nuovo Codice di Proprietà Industriale, entrato in vigore lo scorso 19 marzo 2005, che raggruppa, semplifica e organizza le oltre 39 leggi che regolamentavano la materia armonizzandole con il diritto comunitario e delle Convenzioni cui l Italia partecipa sono i segni di uno sforzo (una volta tanto) positivo del mondo politico per favorire l imprenditoria del nostro paese. Altrettanto importante è la creazione di Sezioni Specializzate dei Tribunali Civili, che avranno anche la funzione di giudici comunitari, dove le materie di Proprietà Intellettuale potranno essere trattate davanti a giudici competenti e, a partire dal prossimo settembre 2005 secondo norme processuali improntate alla celerità dei giudizi e alla loro ecomomicità. 4
5 Molte ed aperte sono infatti le vie dell eccellenza produttiva, sia a livello tecnologico sia a livello qualitativo od estetico per rendere le nostre produzioni uniche agli occhi dei consumatori e dei concorrenti. Tali vie sono quelle della ricerca di una originalità estetica e d immagine, della quale il nostro paese è da decenni leader a livello mondiale; della ricerca scientifica e tecnologica, che deve sempre più coesistere con l attività d impresa; della creazione intellettuale nei tradizionali settori delle arti, ma anche in quelli più moderni delle creazioni informatiche, delle banche dati. Ma tale attività di ricerca non potrà più essere prerogativa di pochi industriali illuminati poi seguiti in modo più o meno evidente o leale dagli altri. Ciascuna azienda dovrà studiare, ricercare e sviluppare propri modelli di eccellenza, e proteggerli, eventualmente coalizzandosi sul piano operativo con altre aziende produttivamente complementari per sviluppare al meglio i reciproci potenziali produttivi e commerciali, con la massima ottimizzazione dei costi. In quest ottica la funzione strategica della proprietà industriale nella competizione dei prossimi decenni appare evidente. L enorme sforzo, anche economico, teso al raggiungimento di eccellenza e di originalità produttiva e commerciale che dovrà essere fatto per trasformare la nostra industria e renderla capace di continuare a competere efficacemente nel mercato, non potrà essere lasciato alla mercé dei concorrenti che oggi sono in grado di appropriarsi degli elementi innovativi di un prodotto con tempi produttivi quasi identici a quelli del produttore originario. Lo strumento fornito dalle legislazioni di tutti i paesi per la tutela della creatività e delle tecnologie è la registrazione di marchi o disegni o la brevettazione dei trovati. Non vi è altro strumento di tutela altrettanto ampia, efficace e valida e non può più essere disatteso. D altro canto alle obiezioni che spesso vengono opposte in merito ai costi della brevettazione e della tutela non posso che replicare che il costo della perdita di un mercato, di tutti gli sforzi di sviluppo, di lancio e di promozione del prodotto, la perdita dei fatturati conseguente alla distrazione di clientela dovuta all imitazione di un marchio o di un prodotto, sono tutti costi che superano in maniera esponenziale 5
6 i costi di una registrazione o di un brevetto e anche quello della sua eventuale difesa. Certo, poiché si tratta di costi questi dovrebbero essere assunti solo a seguito di valutazioni e considerazioni strategiche efficaci e finalizzate al raggiungimento di precisi scopi imprenditoriali, non come attività fini a sé stesse, improduttive e irrilevanti che si delegano a un impiegato privo di conoscenze sulla strategia dell impresa e di responsabilità. * * * * * * 6
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